LA NUOVA DISCIPLINA DEGLI ATTI DI DESTINAZIONE
Dottorato di ricerca in
DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI CIVILI, COMMERCIALI E DEL LAVORO
23º CICLO
(a.a. 2007/2008– a.a. 2009/2010)
LA NUOVA DISCIPLINA DEGLI ATTI DI DESTINAZIONE
L’ART. 2645 TER C.C.
Settore scientifico-disciplinare di afferenza: IUS/01 Diritto Privato
Tesi di dottorato di XXXXX XXXXXXX (955447)
Coordinatore del dottorato Tutore della dottoranda
Xxxx. XXXXX XXXXXXXXX Xxxx. XXXXXXXX XXXXXXXXX
INDICE - SOMMARIO
Introduzione 1
CAPITOLO I L’ATTO DI DESTINAZIONE
1. Il percorso di formazione dell’art. 2645 ter c.c. 5
2. La natura della disposizione: norma sulla fattispecie o norma sugli effetti 13
3. La struttura degli atti di destinazione: contratto o atto unilaterale.
........................................................................................................ 17
4. Altre caratteristiche della fattispecie: contratto tipico o atipico, a titolo oneroso o gratuito 26
5. Destinazione dinamica o statica? 30
6. I soggetti degli atti di destinazione: conferente, beneficiario e gestore. 39
7. Il vincolo di destinazione e la questione della tipicità dei diritti reali 49
8. La forma 60
9. L’atto di destinazione può avere forma testamentaria? 64
10. L’oggetto 67
11. La durata 73
12. L’utilizzo dei beni e dei frutti 78
13. Le conseguenze della violazione delle regole di impiego dei beni: azioni a tutela 79
CAPITOLO II
LA MERITEVOLEZZA DEGLI INTERESSI
1. Introduzione: il rinvio all’art. 1322 comma 2 c.c. 81
2. Brevi cenni sulle principali teorie in materia di causa del contratto. 83
3. Il giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. 92
4. Atto di destinazione e meritevolezza di tutela: gli orientamenti in dottrina 105
CAPITOLO III
LA SEPARAZIONE DEL PATRIMONIO E L’OPPONIBILITA’ DEL VINCOLO
1. Atto di destinazione e separazione patrimoniale: il rapporto tra il principio di autonomia privata e l’art. 2740 c.c. 120
2. Azione revocatoria 133
3. La trascrizione dell’atto di destinazione 134
4. L’effetto segregativo 141
5. La circolazione dei beni destinati e il problema dell’opponibilità ai terzi del vincolo. 147
6. I diritti degli eredi del disponente. 158
7. Estinzione del vincolo di destinazione. 159
CAPITOLO IV CONFRONTO CON IL TRUST
1. Brevi cenni sul trust. 166
2. Il rapporto tra gli atti di destinazione e il trust 175
3. La recente giurisprudenza. 179
Riflessioni conclusive 184
Bibliografia 188
INTRODUZIONE
L’art. 39-novies (Termine di efficacia e trascrivibilità degli atti di destinazione per fini meritevoli di tutela) del D.L. 30 dicembre 2005
n. 273, aggiunto dalla legge di conversione 23 febbraio 2006 n. 51, ha inserito, dopo l’art. 2645-bis del codice civile, l’art. 2645-ter, avente ad oggetto la trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o ad altri enti o persone fisiche. L’art. 2645 ter c.c. dispone che “gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”.
La portata innovativa della norma, entrata in vigore il 1° marzo 2006, ha subito innescato un vivace ed articolato dibattito tutt’altro che sopito a livello dottrinario, il quale si muove in molteplici direzioni e linee di indagine.
La prima parte della disposizione in parola prevede espressamente la possibilità di trascrivere gli atti in forma pubblica con cui un soggetto (qualificato come “conferente”) costituisce, su beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, un vincolo di destinazione finalizzato, per un periodo di tempo determinato (non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria), a realizzare interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 secondo comma c.c., riferibili ai soggetti individuati, peraltro con ampia formulazione, dalla stessa disposizione (c.d. “beneficiari”).
In estrema sintesi, con gli atti di cui trattasi è possibile costituire un vincolo di destinazione su di una massa patrimoniale che, pur restando nella titolarità giuridica del “conferente”, assume, per la durata stabilita, la connotazione di massa patrimoniale “distinta” (separata) rispetto alla restante parte del suo patrimonio, proprio in virtù del vincolo di destinazione impresso e reso opponibile nei confronti dei terzi con l’esecuzione della formalità di trascrizione.
La fattispecie in esame, se pure assimilabile, quanto agli effetti prodotti (di tipo vincolativo), ad istituti giuridici già presenti nel nostro ordinamento – ad esempio, nell’ambito del diritto di famiglia, al fondo patrimoniale (art. 167 e seguenti c.c.), oppure, nell’ambito del diritto societario, ai patrimoni destinati a specifici affari (art. 2447- bis c.c.) – appare caratterizzata da una connotazione del tutto atipica e peculiare; l’art. 2645 ter c.c., infatti, non prevede né una tipizzazione delle possibili finalità cui è preordinato il vincolo di destinazione costituito con gli atti in parola, né specifiche regole preordinate all’amministrazione o alla gestione dei beni destinati. In effetti, la disposizione in esame contiene un generico riferimento
alla compatibilità degli interessi sottesi alla costituzione dei vincoli in parola con l’art. 1322 c.c., che, come è noto, ammette la stipulazione di contratti atipici, purché “diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Il riferimento al parametro costituito dagli “interessi meritevoli di tutela (…) ai sensi dell’art. 1322 , secondo comma…” è probabilmente il fulcro della disciplina introdotta dall’art. 2645 ter c.c.
Come si vedrà, infatti, cuore del problema è il significato da attribuire alla meritevolezza di tutela ed il rilievo che assume l'autonomia privata nel bilanciamento con gli interessi dei terzi, la sicurezza della circolazione e la tutela dei creditori.
La seconda parte della disposizione in esame prevede che i beni conferiti - cioè sottoposti al vincolo di destinazione costituito con gli atti in parola - e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione soltanto per debiti contratti per tale scopo, purché, in conformità al disposto di cui all’art. 2915, comma primo, codice civile, l’atto di disposizione sia stato trascritto anteriormente al pignoramento.
Nella disamina degli atti di destinazione assume, pertanto, un ruolo fondamentale la questione del rapporto tra separazione patrimoniale e autonomia patrimoniale: l’art. 2645 ter c.c., infatti, è tra le ipotesi normative di limitazione della responsabilità patrimoniale quella più significativa, perché in essa trova maggior spazio l’autonomia privata. Alla luce di tale peculiarità dell’art. 2645 ter c.c. e di fronte al proliferare di figure di separazione del patrimonio, si è discusso in
dottrina se si debba ritenere implicitamente superato il sistema della responsabilità patrimoniale fissato dall’art. 2740 c.c.
Altra linea di indagine su cui si sono mossi gli interpreti è il rapporto tra l’atto di destinazione e trust, istituto che, come è noto, da tempo si è imposto sulla scena della dottrina e della giurisprudenza di merito.
Ci si interroga in ordine alla possibilità di ricondurre l’atto di destinazione ex art. 2645-ter nell’ampia nozione di trust fornita dall’art. 2 della Convenzione dell’Aja. A ciò ostano una serie di perplessità difficilmente superabili non fosse altro per la scarna disciplina fornita dalla novella e, dunque, la difficile riconduzione agli indici richiesti dalla Convenzione. Di grande interesse, invero, è il confronto con il c.d. trust interno, preso atto dell’orientamento che ne riconosce l’ammissibilità.
Le pagine che seguono si propongono, per l’appunto, di dare una ricostruzione della nuova fattispecie, evidenziando i problemi che essa solleva e proponendo delle soluzioni.
CAPITOLO I
L’ATTO DI DESTINAZIONE
SOMMARIO: 1. Il percorso di formazione dell’art. 2645 ter c.c. - 2. La natura della disposizione: norma sulla fattispecie o norma sugli effetti. 3. La struttura degli atti di destinazione: contratto o atto unilaterale. – 4. Altre caratteristiche della fattispecie: contratto tipico o atipico, a titolo oneroso o gratuito. - 5. Destinazione dinamica o statica? - 6. I soggetti degli atti di destinazione: conferente, beneficiario e gestore. - 7. Il vincolo di destinazione e la questione della tipicità dei diritti reali. – 8. La forma – 9. L’atto di destinazione può avere forma testamentaria? – 10. L’oggetto - 11. La durata. - 12. L’utilizzo dei beni e dei frutti. – 13. Le conseguenze della violazione delle regole di impiego dei beni: azioni a tutela.
1. Il percorso di formazione dell’art. 2645 ter c.c.
Il Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 2731, convertito, con modificazioni, nella Legge 23 febbraio 2006, n. 51, ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’art. 2645-ter c.c., che disciplina la “trascrizione degli atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”2.
1 Trattasi del c.d decreto milleproroghe (Definizioni e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative).
2 Detta l’art. 2645 ter c.c.: “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni
mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322 , secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del
L'iter legislativo iniziò il 14 maggio 2003 con la presentazione alla Camera dei deputati del progetto di legge n. 39723: tale progetto
fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915 primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”.
3 Progetto di legge 14 maggio 2003 n. 3972 – Camera dei Deputati:
Art. 1 (Finalità)
1. La presente legge reca disposizioni finalizzate:
a) a favorire l'autosufficienza economica dei soggetti portatori di gravi handicap, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni;
b) a favorire il mantenimento, l'istruzione e il sostegno economico di discendenti.
2. Le disposizioni di natura tributaria contenute nella presente legge entrano in vigore a decorrere dalla data del 1^ gennaio 2004, nelle more del completamento dell'attuazione della riforma del sistema fiscale statale di cui alla legge 7 aprile 2003, n. 80.
3. Ai fini della presente legge si intendono per:
a) disponente: il soggetto che destina beni agli scopi di cui al comma 1, lettere a) e b);
b) gestore: il soggetto investito della amministrazione di beni finalizzata agli scopi di cui al comma 1, lettere a) e b)
c) beneficiario: il soggetto nel cui interesse è disposta la destinazione di beni per gli scopi di cui al comma 1, lettere a) e b).
4. Il disponente può assumere le funzioni di gestore.
5. Per le finalità di cui al comma 1, il disponente può costituire un patrimonio con vincolo di destinazione ai sensi dell'art. 2.
6. Il patrimonio con vincolo di destinazione costituisce una massa distinta rispetto al patrimonio del disponente e del gestore.
Art. 2 (Destinazione di beni in favore di soggetti portatori di gravi handicap e di discendenti).
1. La destinazione negoziale di beni in favore dei soggetti di cui all'art. 1, comma 1, lettere a) e b), mediante la costituzione di patrimoni di cui al comma 5 del medesimo articolo 1, è regolata dalla presente legge.
2. La destinazione negoziale si considera in favore di soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), qualora l'atto:
a) imponga al gestore di destinare ogni reddito del patrimonio destinato alla cura, al mantenimento, all'istruzione e al sostegno di uno o più soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b);
b) risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero da testamento;
c) contenga l'accettazione dell'incarico da parte del gestore, ove la destinazione non sia stata disposta con atto a causa di morte;
d) consenta al gestore di alienare i beni oggetto della destinazione ove l'alienazione sia dal medesimo ritenuta necessaria per le finalità di cui alla lettera a);
e) contenga, ove il disponente non rivesta la qualità di gestore, l'indicazione di uno o più soggetti supervisori, ai quali sia attribuito il diritto di agire per ottenere l'adempimento delle obbligazioni a carico del gestore;
prevedeva la possibilità di destinare beni esclusivamente per la tutela di soggetti portatori di handicap o per anche per il mantenimento, istruzione e sostegno economico dei discendenti del disponente.
Veniva richiesta quale forma per tali atti di destinazione del patrimonio: l’atto pubblico, la scrittura privata autenticata o il testamento (art. comma 2, lett. b). Quanto alla durata del vincolo di destinazione, la proposta di legge individuava in venticinque anni il termine massimo nell’ipotesi in cui beneficiario fosse un discendente del disponente (art. 1, comma 1, lett. b) e l’intera vita del beneficiario nel caso in cui questi fosse un soggetto portatore di xxxxxxxx0.
f) relativamente ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), preveda, alla morte degli stessi, la restituzione al disponente, ovvero ai suoi eredi, dei beni originari o di quelli esistenti a tale momento, ovvero l'attribuzione di detti beni ad un destinatario finale indicato dal disponente;
g) relativamente ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), preveda un termine di durata non superiore a venticinque anni, nonché l'indicazione di un destinatario finale se diverso dal beneficiario.
Art. 3. (Svolgimento dei compiti del gestore).
1. Nello svolgimento dei propri compiti il gestore deve:
a) comportarsi con la diligenza del buon padre di famiglia e con correttezza;
b) assicurare una sana amministrazione dei beni oggetto di destinazione;
c) adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei soggetti interessati.
2. Il gestore, se diverso dal disponente, è tenuto a presentare un rendiconto annuale al supervisore.
3. Il gestore può rinunciare all'incarico mediante comunicazione in forma scritta con data certa al disponente ovvero, in mancanza, al supervisore. Il gestore resta in carico sino alla nomina del nuovo gestore.
4. Nell'ipotesi di cui al comma 3, il nuovo gestore è nominato dal disponente con atto scritto di data certa. In assenza del disponente, il gestore è nominato dal tribunale in camera di consiglio su istanza dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, del supervisore ovvero di chiunque vi abbia interesse.
5. L'attività del gestore è prestata a titolo gratuito salva diversa disposizione dell'atto costitutivo. Ove il gestore sia il disponente, l'attività deve essere sempre prestata a titolo gratuito.
Artt. 4 – 7 (omissis)
4 La coincidenza della durata del vincolo con quella di vita del beneficiario portatore di handicap sembra potersi dedurre dall’art. 2, comma 2, lett. f del disegno di legge
Per quanto concerne la separazione patrimoniale tra i beni oggetto di destinazione e quelli del disponente o del gestore (se persona diversa del disponente), la proposta di legge già così dettava all’art. 1 comma 7: “il patrimonio con vincolo di destinazione costituisce una massa distinta rispetto al patrimonio del disponente o del gestore”.
Al disegno di legge 3972/2003 si affiancava successivamente il n. 5414 del 10 novembre 2004, pressoché analogo al primo5.
3972/2003, ove è previsto solo alla morte del soggetto beneficiario la restituzione dei beni destinati al disponente o ai suoi eredi.
5 Progetto di legge 10 novembre 2004, n. 5414 – Camera dei Deputati
Art. 1.(Finalità).
1. La presente legge reca disposizioni finalizzate a:
a) favorire l'autosufficienza economica di persona con grave disabilità, ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni;
b) favorire il mantenimento, l'istruzione e il sostegno economico di discendenti privi di mezzi adeguati di sostentamento.
2. Le disposizioni di natura tributaria contenute nella presente legge entrano in vigore a decorrere dal 1o gennaio 2005, nelle more del completamento dell'attuazione della riforma del sistema fiscale statale di cui alla legge 7 aprile 2003,
n. 80, e successive modificazioni.
3. Ai fini della presente legge si intendono per:
a) disponente: il soggetto che destina beni agli scopi di cui al comma 1, lettere a) e
b);
b) gestore: il soggetto investito della amministrazione di beni finalizzata agli scopi di cui al comma 1, lettere a) e b);
c) beneficiario: il soggetto nel cui interesse è disposta la destinazione di beni per gli scopi di cui al comma 1, lettere a) e b).
4. Il disponente può assumere le funzioni di gestore.
5. Possono essere nominati gestore l'amministratore di sostegno di cui alla legge 9 gennaio 2004, n. 6, le fondazioni e le associazioni di promozione sociale.
6. Per le finalità di cui al comma 1, il disponente può costituire un patrimonio con vincolo di destinazione ai sensi dell'articolo 2.
7. Il patrimonio con vincolo di destinazione costituisce una massa distinta rispetto al patrimonio del disponente e del gestore.
Art. 2. (Destinazione di beni in favore di persone con gravi disabilità e di discendenti).
1. La destinazione negoziale di beni in favore dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), mediante la costituzione di patrimoni di cui al comma 6 del medesimo articolo 1, è regolata dalla presente legge.
I due progetti convergevano poi in un unico testo, inserito inizialmente all’art. 1 comma 8 del disegno di legge relativo al piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale6.
2. La destinazione negoziale si considera in favore di soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), qualora l'atto:
a) imponga al gestore di destinare ogni reddito del patrimonio destinato alla cura, al mantenimento, all'istruzione e al sostegno di uno o più soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b);
b) risulti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata, ovvero da testamento;
c) contenga l'accettazione dell'incarico da parte del gestore, ove la destinazione non sia stata disposta con atto a causa di morte;
d) consenta al gestore di alienare i beni oggetto della destinazione ove l'alienazione sia dal medesimo ritenuta necessaria per le finalità di cui alla lettera a);
e) contenga, ove il disponente non rivesta la qualità di gestore, l'indicazione di uno o più soggetti supervisori, ai quali è attribuito il diritto di agire per ottenere l'adempimento delle obbligazioni a carico del gestore;
f) relativamente ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), preveda, alla morte degli stessi, la restituzione al disponente, ovvero ai suoi eredi, dei beni originari o di quelli esistenti a tale momento, ovvero l'attribuzione di tali beni a un destinatario finale indicato dal disponente;
g) relativamente ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), preveda un termine di durata non superiore a venticinque anni, nonché l'indicazione di un destinatario finale se diverso dal beneficiario.
Art. 3. (Svolgimento dei compiti del gestore).
1. Nello svolgimento dei propri compiti il gestore deve:
a) comportarsi con la diligenza del buon padre di famiglia e con correttezza;
b) assicurare una sana amministrazione dei beni oggetto di destinazione;
c) adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei soggetti interessati.
2. Il gestore, se diverso dal disponente, è tenuto a presentare un rendiconto annuale al supervisore.
3. Il gestore può rinunciare all'incarico mediante comunicazione, in forma scritta con data certa, al disponente ovvero, in mancanza, al supervisore. Il gestore resta in carica sino alla nomina del nuovo gestore.
4. Nell'ipotesi di cui al comma 3, il nuovo gestore è nominato dal disponente con atto scritto di data certa. In assenza del disponente, il gestore è nominato dal tribunale su istanza dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, del supervisore ovvero di chiunque vi abbia interesse.
5. L'attività del gestore è prestata a titolo gratuito salva diversa disposizione dell'atto costitutivo. Ove il gestore sia il disponente, l'attività deve essere sempre prestata a titolo gratuito.
Artt. 4 – 7 (omissis).
6 Il testo del predetto art. 8 comma 1 era il seguente: “Dopo l’articolo 2645-bis del
codice civile inserire il seguente: Art. 2645-ter (Trascrizione di atti di destinazione)
La disposizione veniva in seguito spostata all’art. 34 del medesimo disegno di legge e successivamente confluiva, dopo alcune modifiche, nell’art. 39 – novies del D.L. n. 273/2005 rubricato “Termine di efficacia e trascrivibilità degli atti di destinazione per fini meritevoli di tutela”, convertito nella anzidetta legge n. 51 del 2006, che ha introdotto nel codice civile l’art. 2645 ter c.c.
La prima formulazione della norma nel D.L. 273/2005, come risulta dalla rubrica di essa, non faceva dunque riferimento ai soggetti disabili, né agli interessi della pubblica amministrazione, facendo solo genericamente riferimento alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela.
La formulazione definitiva, invece, nella legge 51/2006 ha messo espressamente in evidenza gli interessi dei disabili e della pubblica amministrazione, oltre che di “altri enti o persone fisiche”7.
- Gli atti risultanti da atto pubblico, con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’articolo 1322, secondo comma, del codice civile possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, del codice civile, solo per debiti contratti per tale scopo”.
7 Come osserva criticamente XXXXXXXXXXX, Atti istitutivi di vincoli di destinazione.
Riflessioni introduttive, testo dattiloscritto della relazione agli atti del convegno organizzato da Paradigma a Milano il 22 maggio 2006: “La nuova disposizione in esame era già stata affacciata in una proposta di legge presentata in Parlamento il 14 maggio 2003, ma con previsione limitata alla sola destinazione a favore di soggetti portatori di gravi handicap (rimasta poi nel testo finale solo quale prima ipotesi tra le varie contemplate dalla norma), indirizzata a favorire l’autosufficienza di persone “disabili”. Successivamente l’inserimento nel codice civile proprio di un nuovo articolo 2645-ter, come alla fine avvenne, secondo quanto si è già anticipato, fu proposto nel luglio 2005, con l’approvazione alla Camera dei Deputati del Disegno
Gran parte della letteratura ha criticato l’iter legislativo appena descritto che, oltre ad aver più volte ripensato le finalità della norma, avrebbe da ultimo dato vita ad una disposizione mal formulata ed imprecisa8.
di legge governativo n. 5736 (intitolato “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, anch’esso costituito da ben 38 articoli su svariatissimi temi, privo di uno specifico baricentro e di qualsiasi organica finalità), il cui articolo 34, esso pure valutabile come extravagante (e forse pure … stravagante !), inserito sotto la rubrica “Trascrizione degli atti di destinazione”, già stabiliva che “Dopo l’articolo 2645-bis del codice civile” si sarebbe aggiunto nel codice un nuovo articolo, contrassegnato con il numero 2645-ter, intitolato “Trascrizione di atti di destinazione”, simile, ma ancora ben diverso dal testo poi divenuto legge, prevedendo allora quali possibili beneficiari soltanto persone fisiche, ma non più i soli disabili, senza peraltro la successiva estensione, alla fine, a chiunque, tanto persone fisiche che giuridiche. Tuttavia, trasmesso al Senato, a luglio 2005, il progetto approvato dalla Camera, il programmato “Piano di azione per lo sviluppo” non è divenuto legge ed è quindi decaduto con la chiusura della legislatura. Ecco perché, in sede di conversione in legge del D.L. 273/2005, fra le numerose aggiunte fu ripresa anche l’idea di inserire nel codice un nuovo articolo 2645-ter per consentire la trascrivibilità “di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”, il cui testo, tuttavia, fu ampiamente rimaneggiato rispetto al precedente disegno di legge che lo contemplava, sebbene, francamente, sia davvero difficile rendersi conto delle ragioni che hanno ispirato sia l’intera norma, sia la sua estensione a qualsiasi beneficiario, individuo o ente, e senza che siano stati previsti solo fini meritevoli di particolare attenzione (come poteva essere se si fossero contemplati soltanto, ad es., handicappati o pubbliche amministrazioni)”.
8 Così CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 0000,
p. 147; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., 2006, vol. LVI, p. 165; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., 2006, II, p. 162; SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta, in Negozi di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 120; D’XXXXXXXX, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. not., 2007, p. 1517. CIAN (in CIAN, Riflessioni intorno a un nuovo istituto del diritto civile: per una lettura analitica dell’art. 2645 ter c.c., in Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, vol I, Padova, 2007, p. 82) ha addirittura suggerito che si possa essere “in presenza di una norma a tal punto ambigua e incompleta che rispetto alla stessa non sia dato di giungere ad alcun risultato ermeneutico, con la conseguenza che la norma in questione, nonostante la sua promulgazione, dovrebbe considerarsi, per la ragione su esposta, del tutto inefficace, non produttiva, cioè, di alcuna regola giuridica”.
In pratica quasi tutti gli autori che si sono dedicati all’esegesi della norma non hanno mancato di rilevarne l’infelice tecnica legislativa, oltre ad evidenziare la laconicità della disposizione, che nulla dice espressamente ad esempio sulla struttura dell’atto di destinazione, sulla natura del vincolo di destinazione o sulle posizioni giuridiche soggettive che ne derivano.
Al di là delle critiche enunciate e su cui ci si soffermerà nel proseguo del lavoro, va anzitutto riconosciuto, come è stato autorevolmente osservato9, che l’intervento legislativo in esame è la risposta legislativa ad esigenze che erano sempre più avvertite nella prassi economica sociale e che spingevano verso un ampliamento dello spazio di operatività dell’autonomia privata nel settore della destinazione di beni ad uno scopo con separazione patrimoniale10.
9 In tal senso si leggano le parole di FALZEA, pronunciate in apertura della Tavola rotonda tenutasi presso l’Università di Roma “La Sapienza” il 17 marzo 2006 (ora in FALZEA, Riflessioni preliminari, in La Trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645 ter del codice civile, Milano, 2007, p. 3), secondo il quale con l’art. 2645 ter c.c. il legislatore avrebbe introdotto nel nostro ordinamento giuridico un istituto “che colma una lacuna del diritto positivo, tanto più avvertita dalla società in quanto ha a suo fondamento un autentico vuoto etico. Appartiene alla civiltà del diritto non lasciare senza riscontro positivo valori socialmente diffusi. In questi casi l’intervento del legislatore rientra nei suoi compiti istituzionali, di garantire mediante regole di comportamento, la tutela delle istanze che si vanno affermando nella vita sociale. Per questo suo ruolo, l’introduzione, nel nostro ordinamento giuridico della destinazione allo scopo, ha diritto ad essere guardata con l’atteggiamento il più possibile favorevole”.
10 Si pensi soprattutto dopo la Convenzione dell’Aja del 1 luglio 1985, ratificata in Italia con la legge 16 ottobre 1989 n. 364, all’intenso dibattito apertosi sul c.d. trust interno, che presenta cioè come unico elemento di estraneità all’ordinamento italiano il riferimento, per la sua disciplina, ad una legge straniera che preveda l’istituto (del trust in rapporto all’art. 2645 ter c.c. ci si occuperà più approfonditamente nel capitolo IV). Attraverso l’art. 2645 ter c.c. si è voluto così intervenire per fornire ai privati un nuovo strumento di diritto interno, che potesse concorrere con il trust: sul punto si veda ad esempio LENZI, Le destinazioni atipiche e l’art. 2645 ter c.c., in Contratto e impresa, 2007, p. 229 ss.
2. La natura della disposizione: norma sulla fattispecie o norma sugli effetti.
La collocazione sistematica dell’art. 2645 ter c.c. tra le norme che disciplinano la trascrizione, ha aperto subito tra gli interpreti un dibattito sulla natura di tale disposizione, ossia se si tratti di una norma che si limita a disciplinare la trascrizione dell’atto di destinazione e quindi il profilo dell’opponibilità ai terzi della separazione patrimoniale oppure se l’art. 2645 ter c.c. realizzi una nuova fattispecie.
Secondo alcuni studiosi, che negano ogni rilievo sostanziale alla norma, con l’art. 2645 ter c.c. il legislatore si sarebbe limitato ad introdurre una “norma sugli effetti”, in altre parole l’art. 2645 ter c.c. avrebbe introdotto nel nostro ordinamento un particolare tipo di effetto negoziale, quello di destinazione11.
La norma in esame, dunque, avrebbe solamente legittimato in via generale la trascrizione del vincolo di destinazione.
11 MANES, La norma sulla trascrizione di atti di destinazione è dunque norma sugli effetti, in Contratto e impresa, 2006, p. 626 ss.; PICCIOTTO, Orientamenti giurisprudenziali sull’art. 2645 ter c.c., in Atti di destinazione e trust, Padova, 2008,
p. 297 (va peraltro rilevato che quest’ultimo autore è il giudice estensore dei decreti tavolari di cui alla nota successiva); XXXXXXXX, Destinazione e pubblicità immobiliare. Prime note sul nuovo art. 2645 ter c.c., in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, Milano, 2007, p. 146; STEFINI, Destinazione patrimoniale ed autonomia negoziale: l’art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 0000, p. 55, secondo cui: “che la norma non intenda creare un nuovo negozio tipico, ma un nuovo tipo di effetto negoziale, è provato non solo dalla sedes materiae della nuova disposizione, ma proprio dal fatto che il legislatore non indichi un’unica causa che valga a sorreggere l’operazione, ma rinvii invece alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell’art. 1322, 2° comma”.
In questo senso si è pronunciato il Tribunale di Trieste in una delle prime sentenze in materia, secondo cui con l’art. 2645 ter non è stata coniata una nuova figura negoziale, né si è voluto introdurre un nuovo atto ad effetti reali, bensì semplicemente è stato introdotto nel nostro ordinamento solo un particolare tipo di effetto negoziale, quello di destinazione, accessorio rispetto agli altri effetti di un negozio tipico o atipico cui può accompagnarsi”12.
Secondo la dottrina maggioritaria, tuttavia, l’art. 2645 ter c.c. ha dato vita ad una nuova fattispecie, quella dell’atto di destinazione, di cui individua gli elementi e cioè i soggetti, l’oggetto, la funzione, la forma, la durata13.
Prima ancora che norma di disciplina dell’opponibilità ai terzi, l’art. 2645 ter c.c. è pertanto una norma sostanziale sulla fattispecie e in tal
12 Trib. Trieste, 7 aprile 2006, in Nuova giur. comm., 2007, I, p. 524, poi ripresa anche da Trib. Trieste, 19 settembre 2007, in Foro It., 2009, p. 1555. Secondo il Giudice tavolare di Trieste (Decreto 7 aprile 2006, annotato da X. XXXXXX, Il nuovo art. 2645 ter. Notazioni a margine di un provvedimento del Giudice tavolare di Trieste, in Giust. civ., 2006, II, p. 190) l’art. 2645 ter c.c. introduce nel nostro ordinamento solo un particolare tipo di effetto negoziale (quello di destinazione) e non una nuova figura negoziale “la cui causa è quella finalistica della destinazione del bene alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela”. In particolare la sentenza annotata ha ritenuto che l’art. 2645 ter fosse privo di contenuto sostanziale e quindi non consentisse l’esame di una qualificazione dell’atto di trust alla luce di detta normativa. Decisamente critica rispetto all’approccio adottato dal Xxxxxxx Xxxxxxxx appare BIANCA, che nel citato commento alla pronuncia sottolinea che la norma in discorso ha natura sostanziale, in quanto regola, “oltre alla pubblicità, altri aspetti che sono la durata del vincolo, la forma, l’azione del beneficiario e la meritevolezza, che sono elementi che non hanno nulla a che vedere con la pubblicità”. Ad analoga conclusione giunge XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000.
13 Così QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, 2006, p. 1720 ss, che parla di norma sostanziale che indica le condizioni di ammissibilità dei negozi di destinazione; DE NOVA, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 00 giugno 2006, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx, il quale ravvisa nell’art. 2645 ter un ministatuto dell’atto di destinazione.
senso si esprime buona parte della dottrina14, seppur a volte con diversità di impostazioni.
Vi è, ad esempio, chi ritiene che l’art. 2645 ter c.c. contenga due diverse norme: la prima volta a disciplinare la fattispecie primaria produttiva di effetti obbligatori e cioè l’atto di destinazione; la seconda volta a disciplinare la fattispecie secondaria produttiva dell’effetto dell’opponibilità della separazione, risultante dalla trascrizione dell’atto di destinazione e dalla concreta esistenza di un interesse meritevole di tutela15.
La dottrina maggioritaria, dunque, appare concorde nel ritenere l’art. 2645 ter c.c. non solo norma sugli effetti, ma norma (anche) sostanziale, che riconosce definitivamente la categoria generale dell’atto di destinazione16.
14 ALESSANDRINI CALISTI, L’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. non esiste? Brevi considerazioni a margine della pronuncia del Tribunale di Trieste in data 7 aprile 2006, in Notariato, 2006, 5, p. 531; CIAN, Riflessioni intorno a un nuovo istituto del diritto civile: per una lettura analitica dell’art. 2645 ter c.c., in Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, cit., p. 81; XXXXX XXXXXXX, Il rapporto tra l’art. 2645 ter c.c. e l’art. 2740 c.c.: un’analisi economica della nuova disciplina, in Banca, borsa e tit. di credito, 2007, p. 203; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000, xxxxxxx cui l’art. 2645-ter c.c. è “prima ancora che norma sulla pubblicità, e quindi sugli effetti, norma sulla fattispecie, che avrebbe meritato dunque, previa scissione, di figurare in un diverso contesto, di disciplina sostanziale”; X. XXXXXX, Il nuovo art. 2645 ter. Notazioni a margine di un provvedimento del Giudice tavolare di Trieste, in Giust. civ., cit., p. 190.
15 Questa è la ricostruzione di XXXXX, Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in La Trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, a cura di M BIANCA, Milano, 2007, p. 60.
16 Così CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000; XXXXXXXXXXXX, Profili dell’atto di destinazione, Rassegna di diritto civile, 2008,
p. 994. Risulta così recepito a livello di diritto positivo quell’orientamento dottrinale (cfr. per tutti PALERMO, Autonomia negoziale e fiducia (breve saggio sulla libertà di forme), in Studi in onore di Xxxxxxxx, V, Milano, 1998, p. 339; LA PORTA,
Tale impostazione condivisibile trova conferma anche in alcune delle prime pronunce giurisprudenziali in materia.
Così ad esempio sembra riconoscere la natura sostanziale della norma il Tribunale di Genova con il provvedimento del 14 marzo 2006, che in riferimento all’art. 2645 ter c.c. parla di “un istituto frutto di autonomia privata, conformemente all'art. 1322 comma 2 c.c.”17.
Sulla stessa linea più di recente si è espressa anche la Corte d’Appello di Roma, secondo cui il nuovo art. 2645 ter c.c. si riferisce ad una “categoria generale di atti di destinazione in grado di imprimere sulla res un vincolo per il perseguimento di interessi meritevoli”18.
L’art. 2645 ter c.c., in conclusione, non si limita a disciplinare un effetto, ma è una disposizione che ha una valenza sostanziale, in grado di offrire ai privati uno schema generale di atti di destinazione all’interno del quale scegliere il contenuto che meglio si presta al soddisfacimento dei propri interessi.
Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994, p. 42 e ss.) che già prima dell’avvento della norma in esame aveva ritenuto ammissibile una figura generale di negozio di destinazione. Come si vedrà più approfonditamente in seguito, un tale orientamento – prima dell’introduzione nel codice civile dell’art. 2645 ter c.c. – era difficilmente conciliabile con la riserva di legge in tema di patrimoni separati contenuta nell’art. 2740 comma 2 c.c.
17 Trib. Genova, 14 marzo 2006, in Nuova giur. civ., 2006, 12, p. 1209, con nota di VENCHIARUTTI
18 Corte Appello Roma, 4 febbraio 2009, in Corriere del Merito, 2009, 6, p. 619 con nota di VALORE. Si legge così nella motivazione che l’art. 2645 ter c.c. “risulta applicabile non solo al trust ma a qualsiasi atto innominato che persegua le finalità previste dalla nuova norma. Pertanto il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno, quale provvedimento in forma pubblica, che stabilisca l'indisponibilità di un bene immobile di proprietà dell'incapace con vincolo di destinazione a favore di quest'ultimo, è atto trascrivibile ai sensi del citato articolo”.
3. La struttura degli atti di destinazione: contratto o atto unilaterale.
Nel silenzio della norma ci si è interrogati su quale struttura debba avere l’atto istitutivo del vincolo di destinazione.
L’atto di destinazione rientra indubbiamente nella categoria generale del negozio giuridico, trattandosi infatti di una manifestazione o dichiarazione di volontà diretta a produrre effetti giuridici, che il diritto realizza in quanto voluti19.
Si discute, però, su quale sia la natura di tale negozio: ossia se si tratti di un atto unilaterale o piuttosto di un contratto20.
Secondo parte della dottrina l’atto di destinazione avrebbe struttura perfettamente unilaterale: si tratterebbe, infatti, di un atto rispetto al quale il beneficiario non è parte dello stesso, ma soltanto destinatario degli effetti derivanti dalla destinazione finalizzata e conseguentemente titolare della pretesa, opponibile ai terzi per mezzo della trascrizione21.
19 DE NOVA, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 00 giugno 2006.
20 Si tratta di un dibattito per certi versi analogo a quello che è sorto nel contesto civilistico in riferimento al trust. È noto infatti che, pur se nel contesto del modello tradizionale inglese il trust è nato come negozio unilaterale, nel nostro paese la ricostruzione quale atto unilaterale non è stata del tutto pacifica: affianco ai sostenitori della tesi del negozio unilaterale (cfr. per tutti LUPOI, Riflessioni comparatistiche sui trusts, in Europa e diritto privato, 1998, p. 425 ss; XXXXXXX, Il Trust, Milano, 2001, p. 219 ss.) non mancano autorevoli opinioni a favore della tesi contrattuale (così ad esempio DE NOVA, Trust: negozio istitutivo e negozi dispositivi, in Trust e attività fiduciarie, 2000, p. 166 ss.).
21 Così X’XXXXXXXX, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. not., cit., p. 1537, che sottolinea come un’indiretta conferma della struttura unilaterale degli atti di destinazione perviene dalla previsione contenuta nello stesso art. 2645 ter c.c. secondo cui per la realizzazione dell’interesse sotteso alla
In base a tale impostazione sarebbe sufficiente un atto unilaterale, in quanto l’atto di destinazione produrrebbe nella sfera del beneficiario un effetto non pregiudizievole che comunque quest’ultimo resta libero di rifiutare22.
Per i sostenitori della tesi unilaterale, la circostanza che la norma faccia volutamente riferimento in modo generico ad una serie di beneficiari della destinazione (disabili, pubbliche amministrazioni, enti o persone fisiche) renderebbe improbabile che vi possa essere un incontro o accordo di sorta tra disponente e c.d. beneficiari”.23
La natura unilaterale dell’atto, poi, sarebbe avvalorata dalla espressa attribuzione a qualsiasi interessato della facoltà di agire per la realizzazione della destinazione: ciò escluderebbe che soggetti diversi dal destinante possano essere parti dell’atto di destinazione24.
Si è affermato, infatti, che se il negozio di destinazione costituisse un contratto, l’azione spetterebbe solo ai soggetti che sono stati parti dello stesso contratto, con esclusione di ogni altro25.
Tali argomenti portati dai sostenitori della tesi unilaterale sono stati, tuttavia, oggetto di varie critiche in letteratura.
costituzione negoziale del vincolo “può agire oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso”.
22 La conclusione trae origine dal principio per cui l’intangibilità della sfera del terzo è compatibile con atti attributivi di diritti, relativi o assoluti, salva la facoltà del rifiuto del terzo. Tra i sostenitori della tesi della struttura unilaterale: DI MAJO, Il Vincolo di destinazione tra atto e effetto, in M. BIANCA (a cura di) La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 111 ss., secondo cui l’atto di destinazione è atto unilaterale revocabile.
23 DI MAJO, Il Vincolo di destinazione tra atto e effetto, in M BIANCA (a cura di)
La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 118.
24 RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c., in Vita not., 2006, p. 1238.
25 Così XXXXXXXXXX, Il negozio di destinazione, Milano, 2009, p. 17.
Si è evidenziato, infatti, come con l’indicazione generica dei soggetti richiamati (disabili, pubbliche amministrazioni, enti o persone fisiche) la norma faccia riferimento ai soggetti cui gli interessi meritevoli di tutela sono riferibili, che dovranno tuttavia essere necessariamente determinati nell’atto26.
Quanto al riconoscimento ad ogni interessato dell’azione per la realizzazione dell’interesse meritevole di tutela, si è replicato invece come vi siano altre fattispecie (ad esempio il contratto a favore di terzo) ove a terzi che non sono parti del contratto viene riconosciuta l’azione per ottenere l’adempimento e ciò senza che venga meno la natura contrattuale dell’accordo27.
Per di più, anche se non specificato dal legislatore, si ritiene implicito che l’azione a tutela del fine di destinazione spetti innanzitutto al beneficiario; l’attribuzione della medesima anche a qualsiasi interessato troverebbe infatti la sua giustificazione nell’interesse di
26 CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000. Xxxxxxx x’autore che i soggetti beneficiari debbano essere necessariamente determinati “risulta chiaramente quando il beneficiario è una persona fisica e l’interesse a tutela del quale viene posto il vincolo di destinazione è direttamente ed immediatamente ad essa riferibile, visto che la durata del vincolo di destinazione è, al limite, parametrata alla vita di questa, che quindi non potrà non essere determinata; ma ciò vale anche nel caso in cui l’interesse cui si riferisce sia di tipo generico – diffuso (e quindi in astratto i “beneficiari” possano essere indeterminati), perché anche in questo caso dovrà esserci un beneficiario diretto ed immediato, da individuarsi, precisamente, nell’ente esponenziale dell’interesse diffuso perseguito”. 27 Così sempre CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000, xxx a sostegno cita: Xxxx., 4 febbraio 1988, n. 1136; Cass., 17 marzo 1995, n. 3115; Cass., 9 dicembre 1997, n. 12447; Cass., 18 settembre 2008, n. 23844; XXXXXXXXXX, Il contratto a favore di terzo, in Enc. Giur., Roma, 1988; XXXXXXXXX, Il contratto a favore di terzi, in Comm. cod. civ. Schlensiger, Milano, 1997 p. 4 e ss; TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, Milano, 1977, p. 323.
portata ultraindividuale, pubblicistica e non meramente egoistica cui l’atto di destinazione è preordinato28.
Alla teoria unilateralistica si contrappone quella secondo la quale l’atto di destinazione avrebbe natura contrattuale29.
Secondo questa tesi l’atto di disposizione è comunque un contratto che si perfeziona con il consenso del beneficiario e come tale, in base al rinvio di cui all’art. 1323 c.c, è assoggettato alle norme generali contenute nel titolo secondo del libro quarto (art. 1321 – 1469 c.c.) e dunque potrà essere sottoposto a condizione o termine30.
Secondo tale prospettiva solo la struttura contrattuale e il consenso del beneficiario, infatti, sarebbero garanzia dell’effettiva esistenza dell’interesse perseguito; diversamente l’atto unilaterale non
28 Cfr. CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
00 Tra i sostenitori, GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000, xxxxxxx cui “l’uso del termine atto in luogo di contratto non sembra essere il risultato di una meditata presa di posizione, se si considera l’assoluta vaghezza che contraddistingue la norma sul piano disciplinare, essendo la sua collocazione sistematica più che indicativa del problema che si voleva risolvere, quello cioè dell’opponibilità collegata alla limitazione di responsabilità”.
30 SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, Piacenza, 2010, p. 2666. Ci si è chiesti, poi, se sia possibile concludere un contratto preliminare di destinazione ex art. 2645 ter c.c. Non sussistendo divieti specifici, deve ritenersi ammissibile anche un preliminare di contratto di disposizione. Non si può, infatti, ritenere operante qui il divieto di preliminare di donazione, in quanto l’atto di disposizione, sebbene caratterizzato da intento liberale, non attribuisce in via definitiva la proprietà (stante la durata anche di novanta anni ma comunque temporanea dell’atto di destinazione): le conclusioni sono sempre di XXXXXXXXX, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666, il quale ipotizza possa concludersi un preliminare nel caso in cui ad esempio si attendano le autorizzazioni di legge per l’accettazione del beneficiato.
consentirebbe di verificare l’esistenza di tale interesse se non in termini ipotetici31.
In altre parole, ricostruendo l’atto di destinazione come un contratto e cioè come un accordo fra conferente e beneficiario che si perfeziona con il consenso di quest’ultimo, l’accettazione del beneficiario contribuirebbe a rendere effettiva la ricorrenza dell’interesse meritevole perseguito con la destinazione.
Sotto questo aspetto si ritiene allora che la struttura contrattuale meglio si armonizzi con l’interesse di tutela dei creditori del destinante, che possono – attraverso l’accettazione del beneficiario - verificare l’effettiva ricorrenza dello scopo perseguito32.
Per i fautori della struttura contrattuale, inoltre, difficilmente il beneficio di cui all’art. 2645 ter c.c. potrà derivare da atto unilaterale, stante il principio di tipicità delle promesse unilaterali ex art. 1987 c.c., che trova la sua ragion d’essere da un lato nel principio di
31 XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000. Xxxxx xx xxxx contrattualistica ha sollevato alcune critiche in letteratura: si è evidenziato come l’accettazione del beneficiario non garantisca di per sé l’effettività dell’interesse, poiché potrebbe essere il frutto di un accordo ad hoc con il destinante, così XXXXXXXXXXXX, Profili dell’atto di destinazione, Rassegna di diritto civile, 2008, p. 899 ss.
32 Non vi è dubbio che, ove il destinatario dell’atto sia una pubblica amministrazione, sia necessaria la struttura contrattuale. Trova, infatti, in questi casi applicazione la speciale disciplina di contabilità dello Stato (r.d. 18 novembre 1923
n. 2440 e r.d. 23 maggio 1924 n. 827) che richiede una accettazione espressa degli atti di liberalità da parte della pubblica amministrazione, previa valutazione della convenienza economica: sul punto si veda RUOTOLO, Gli interessi riferibili alle pubbliche amministrazioni, in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, in Quad. Fondazione di Notariato, Milano, 2007, pp. 296 xx x 000 xx.
xxxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxx xxx xxxxx e dall’altro nel principio di causalità33.
Come noto, infatti, la tipicità delle promesse unilaterali consente di surrogare al requisito della causa, in tal caso debole o astratta, legittimando il coinvolgimento del terzo senza che questi debba esprimere il suo consenso34.
33 Così XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000; allo stesso modo anche SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., cit., ritiene poco probabile che l’atto di destinazione possa avere natura unilaterale, precisando in ogni caso che ove tale struttura fosse prospettabile l’atto sarebbe in ogni caso regolato dalle norme generali in materia di i contratti, in quanto compatibili, per il rinvio contenuto all’art. 1324 c.c. Ovviamente tale impostazione, che esclude la configurabilità dell’atto unilaterale, stante il principio di tipicità delle promesse unilaterali ex art. 1987 c.c., presuppone che dall’art. 2645 ter scaturiscano solo effetti obbligatori (come vedremo in seguito, tuttavia, non è pacifico tra gli studiosi che gli atti di destinazione producano solo effetti obbligatori; ad esempio SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta, in Negozi di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 125 secondo cui “la destinazione non è un attribuzione obbligatoria”). Diversamente vi è invece chi ritiene che l’art. 2645 ter sia sufficiente ad integrare la riserva di legge di cui all’art. 1987 c.c. (XXXXX, Il patrimonio finalizzato, in Riv. dir. civ., 4/2007, p. 485).
34 Le promesse unilaterali sono infatti atti unilaterali diretti a costituire rapporti giuridici patrimoniali con effetti obbligatori che si producono in base alla sola promessa indipendentemente dalla accettazione del soggetto, il promissario, a favore del quale la prestazione deve essere eseguita; per le promesse unilaterali vige una regola opposta rispetto a quella propria dei contratti: esse sono ammissibili solo nei casi espressamente previsti dalla legge (sulla tipicità delle promesse unilaterali vedi XXXXXXX, Trattato di diritto civile, vol II, Padova, 2009, p. 820; MANES, Commento all’art. 1987 c.c., in Commentario compatto al codice civile, a cura di Xxxxxxx, Piacenza, 2010, p. 2037; XXXXXXX e FERRARA, Negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1948, p. 147 ss.; CARRESI, L’autonomia dei privati nei contratti e negli altri atti giuridici, in Riv. dir. civ., 1957, I, p. 273 ss; FERRI, Autonomia privata e promesse unilaterali, in Studi per Betti, V, Milano, 1962, p.127; XXXXXXXX, L’autonomia privata e le promesse unilaterali, in Studi per Betti, V, Milano, 1962, p. 127). Una lettura innovativa dell’art. 1987 c.c. ne circoscrive l’applicazione alle sole nude promesse, ritenendo inammissibili solo le promesse atipiche astratte ed ammettendo invece l’atipicità di quelle causali cioè dirette a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ex art. 1322 c.c. (così BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, p. 235 ss; XXXXXX, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972). È stato evidenziato, tuttavia, da autorevole dottrina come tale lettura dell’art. 1987
Con riguardo al profilo strutturale, dunque, è stato affermato che la struttura unilaterale non è ipotizzabile, perché l’art. 2645 ter c.c. non integra quella riserva di legge voluta dall’art. 1987 c.c. per legittimare una promessa unilaterale.
La struttura unilaterale, poi, andrebbe esclusa in quanto nell’ipotesi di cui all'art. 2645 ter c.c. la giustificazione della destinazione non solo deve risultare a livello di expressio causae, ma è suscettibile di sindacato di meritevolezza35.
In conclusione, secondo tale impostazione, solo la struttura contrattuale permette allora di rispettare il principio di causalità e far emergere, specie a tutela dei creditori, la giustificazione della destinazione: l’accordo contrattuale tra conferente e beneficiario permette, infatti, di palesare l’effettiva e concreta ricorrenza dell’interesse perseguito, fermo restando il successivo sindacato di meritevolezza.
D’altronde lo stesso rinvio che l’art. 2645 ter fa all’art. 1322 c.c pare rafforzare la tesi contrattualistica36.
c.c. urti contro il principio di causalità che regola il nostro ordinamento giuridico e che respinge qualsiasi dichiarazione astratta, derivante sia da nuda promessa che da nudo patto (così XXXXXXX, Trattato di diritto civile, cit., p. 831; XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997). Ne consegue che l’art. 1987 non può essere letto come norma che ammette, nei casi eccezionali previsti dalla legge, una promessa astratta; ma va letto come norma che circoscrive ai casi tipici, espressamente previsti dalla legge, la validità di promesse unilaterali, siano esse promesse causali, come la promessa al pubblico o come l’atto di oblazione, oppure promesse solo processualmente astratte, come la promessa di pagamento ex art. 1988 c.c.
35 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 145.
36 DI PROFIO, Vincoli di destinanzione e crisi coniugale: la nuova disciplina dell’art. 2645 ter c.c., in Giur. Mer., 2007, p. 3190.
Diversamente dalle tesi “unilaterale” o “contrattualistica” appena descritte, una parte condivisibile della dottrina ha assunto invece una posizione “intermedia”, risolvendo il problema in termini di versatilità della struttura che potrebbe essere indifferentemente unilaterale o bilaterale.
Vi è chi ritiene, infatti, che il legislatore con l’art. 2645 ter c.c. abbia voluto configurare una categoria generale di negozio di destinazione da realizzare al di fuori di modelli predeterminati e che pertanto, anche da un punto di vista strutturale, esso possa essere unilaterale o bilaterale, inter vivos o mortis causa37.
Secondo autorevole dottrina la scelta da parte del legislatore del termine “atti” non è casuale: essa viceversa esprimerebbe una precisa presa di posizione del legislatore in favore della più estesa libertà di scelta da parte del destinante della categoria giuridica di iniziativa da adottare, in relazione alle circostanze38.
In tal senso si è espressa anche una delle prime pronunce in materia (Tribunale di Reggio Xxxxxx, 26 marzo 2007), secondo cui
37 FALZEA, Riflessioni preliminari, in La Trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645 ter del codice civile, Milano, 2007, p. 5; DE NOVA, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 00 giugno 2006, cit.; XXXXX, Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in La Trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, a cura di M BIANCA, cit., p. 60; XXXXXXXXXXXX, Profili dell’atto di destinazione, Rassegna di diritto civile, cit., p. 995.
38 Cfr FALZEA, Riflessioni preliminari, in La Trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645 ter del codice civile, cit., p. 5, per il quale, dunque, “qualunque tipo di atto che sia adatto alla finalità della destinazione allo scopo può essere portato alla formalizzazione notarile e dal notaio munito di quella formalità aggiuntiva costituita dalla trascrizione. L’unico temperamento sostanziale è costituito dal concorso del requisito della meritevolezza dello scopo, che esige una considerazione specifica”.
l’espressione “atti di destinazione” farebbe riferimento agli "atti in forma pubblica".
Per il Tribunale di Reggio Emila, infatti, “poiché è impensabile che il legislatore abbia voluto esautorare il contratto (apparentemente escluso dalla norma che riguarda esplicitamente i soli "atti") e, cioè, lo strumento principe attraverso il quale si esprime l'autonomia negoziale, il riferimento letterale ("atti") dell'art. 2645-ter cod. civ. deve intendersi limitato al requisito formale richiesto per la trascrizione, la quale deve essere effettuata sulla scorta di un "atto pubblico" ai sensi dell'art. 2699 c.c.. Proprio per la centralità riconosciuta all'autonomia negoziale privata, la locuzione impiegata all'inizio dell'articolo 2645-ter cod. civ. deve, perciò, essere riferita al genus dei negozi (atti e contratti) volti ad imprimere vincoli di destinazione ai beni, purché stipulati in forma solenne; del resto, il successivo richiamo all'art. 1322, comma 2, c.c. dimostra che la norma concerne certamente anche i contratti”.
Insomma il legislatore, proprio per la genericità dell’espressione utilizzata nella norma (“atti”), non sembra abbia voluto porre dei limiti alla libera manifestazione dell’autonomia privata anche per quanto attiene alla scelta della struttura negoziale dell’atto di destinazione: il titolare dei beni potrà, dunque, utilizzare lo strumento più idoneo – l’atto unilaterale o il contratto – per realizzare gli scopi per cui è posto il vincolo39.
39 Sul punto DICILLO, Atti e vincoli di destinazione, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), Torino, 2007, p. 159, la quale sottolinea come, lasciata al disponente la facoltà di scegliere tra atto unilaterale o contratto, il contratto sarà in ogni caso un valido strumento per rafforzare dal punto di vista obbligatorio il vincolo di destinazione che
4. Altre caratteristiche della fattispecie: contratto tipico o atipico, a titolo oneroso o gratuito.
Il legislatore all’art. 2645 c.c. non ha fissato un elenco di atti di destinazione, preferendo invece connotare tali atti mediante il richiamo all’art. 1322 c.c., ai sensi del quale la destinazione deve essere idonea a “realizzare interessi meritevoli di tutela”.
Il giudizio di meritevolezza è il nodo fondamentale della norma in esame e su di esso ritorneremo più approfonditamente in seguito.
Va tuttavia fin da subito evidenziato come, per quanto riguarda la natura degli atti di destinazione, il richiamo all’art. 1322 c.c. abbia portato gli interpreti a chiedersi se gli atti in esame siano allora contratti tipici o atipici.
Secondo alcuni studiosi l’interesse potrà venir perseguito sia mediante un contratto tipico sia un contratto atipico.
Nel primo caso si sarà dinnanzi ad un contratto in cui lo schema tipico si piegherà alla realizzazione di un interesse meritevole diverso da quello della causa astratta e per la cui realizzazione sarà consentito anche derogare alla disciplina ordinaria del tipo40.
tuttavia è già forte di per sé; STEFINI, Destinazione patrimoniale ed autonomia negoziale: l’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00, xxxxxxx cui è d’altronde “conquista della civilistica moderna che la scelta della struttura debba essere teleologicamemte orientata al perseguimento degli interessi dei contraenti e che l’autonomia privata possa andare ad incidere anche sull’aspetto strutturale del negozio “plasmandolo” a seconda delle proprie esigenze, in una parola a seconda della causa concreta dell’operazione”.
40 Così SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, Piacenza, 2010, p. 2666, che fa l’esempio di una locazione ad un canone ridotto ma per tutta la vita del beneficiato in difficoltà economiche o psicofisiche, in deroga così al termine massimo trentennale previsto per la locazione all’art. 1573 c.c. In questo caso il beneficio a favore della persona in difficoltà viene
Secondo altri, invece, con l’art. 2645 ter c.c. vi sarebbe stata una tipizzazione oltre che degli effetti anche della causa degli atti di destinazione41.
Quanto agli effetti (separazione patrimoniale, opponibilità del vincolo) questi sono tipizzati proprio dalla norma.
Anche la causa, poi, sarebbe stata tipizzata dall’art. 2645 ter c.c.: si tratterebbe, infatti, della causa destinatoria42.
Proseguendo nell’individuazione delle caratteristiche dell’atto di destinazione, si è discusso in letteratura se si tratti di contratto a titolo gratuito o a titolo oneroso.
Parte della dottrina ritiene che l’atto di destinazione abbia natura essenzialmente gratuita43.
Per altri studiosi, invece, l’atto di destinazione può essere sia a titolo oneroso sia a titolo gratuito, rientrando tra gli atti c.d. incolore o indifferenti o a causa variabile44.
perseguito attraverso un contratto a titolo oneroso e la meritevolezza dell’interesse perseguito, derogando alla disciplina ordinaria del tipo, fa prevalere la durata più ampia rispetto al limite ordinario previsto dall’art. 1573 c.c.
41 CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c, cit., p. 177, secondo il quale di atipicità della causa potrebbe tutt’al più parlarsi nel senso che con l’atto di destinazione possono essere perseguiti i più diversi interessi, purché meritevoli di tutela ex art. 1322 comma 2 c.c.
42 NAVARETTA, Le prestazioni isolate nel dibattito attuale, in Riv, dir. civ., 6/2007, p. 823, che definisce “la destinazione allo scopo” quale nuova causa degli atti di destinazione, idonea a produrre l’effetto di separazione patrimoniale oltre che quello traslativo.
43 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000, xxxxxxx cui gli interessi che spingono il conferente alla destinazione non sono certo quelli di lucrare.
44 Prima dell’entrata in vigore dell’art. 2645 ter c.c. XXXXXXX XXXXXXX, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, cit. Sull’art. 2645 si veda BARALIS, Prime riflessioni in tema di art. 2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 134.
Si ritiene, dunque, che l’atto di destinazione possa avere indifferentemente natura gratuita oppure commutativa (sia cioè posto in essere in cambio di qualche prestazione), essendo il concetto di meritevolezza così ampio da poter “esprimere sia fini interessati che disinteressati”45.
Gli studiosi si sono poi chiesti quale sia il modo di conclusione del contratto a seconda che l’atto di destinazione sia appunto a titolo oneroso oppure gratuito.
Nel caso di atto a titolo gratuito, pare che la modalità di perfezionamento possa essere quella dell’art. 1333 c.c.46, la cui applicazione non sarebbe ostacolata dalla forma pubblica richiesta dall’art. 2645 ter c.c.4748.
45 Così BARALIS, Prime riflessioni in tema di art. 2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p.
146. Ritengono che l’atto di destinazione possa avere natura sia gratuita che onerosa: GABRIELLI, Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari, in Xxx. xxx. xxx., 0000, 0, x. 000; XXXXXXXX, L’interesse meritevole di tutela negli atti di destinazione, in Studium iuris, 2008, p. 1060, secondo il quale “è astrattamente configurabile sia la natura di atto a tiolo oneroso che quella di atto a tiolo gratuito”; PALERMO, La destinazione di beni allo scopo, in La proprietà e il possesso, Diritto civile, diretto da Lipari e Xxxxxxxx, vol. II, Successioni, donazioni, beni, Milano, 2009, p. 396.
46 Così CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000; XXXXXXXXX, Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari, in Xxx. xxx. xxx., 0000, 0, x. 000, il quale – partendo dall’idea che dell’atto di destinazione possano beneficiare anche una collettività di persone indeterminate - ritiene astrattamente ammissibile anche il negozio unilaterale.
47 Sull’applicabilità dell’art. 1333 c.c. anche ai contratti formali: MARICONDA, Il pagamento traslativo, in Contratto e impresa, 1988, p. 767; MARICONDA, Articolo 1333 c.c. e trasferimenti immobiliari, in Corriere giur., 1988, p. 144; SACCO, Il Contratto, in Tratt. dir. civ. it., diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1975, p. 48. In giurisprudenza si veda poi Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500 (in Giust. civ., 1988, I, p. 1237) secondo cui “la disciplina delineata dall'art. 1333 c.c., all'infuori dei casi espressamente previsti dalla legge, come in tema di donazione, non soffre deroga
allorché il contratto unilaterale sia soggetto all'esigenza della forma scritta ad substantiam; tale esigenza, invero, deve ritenersi soddisfatta sol che sia consacrato in iscritto l'obbligo del promittente (che nella specie si verifica), mentre a conferire certezza al negozio concluso è sufficiente la produzione in giudizio, da parte del promissario, dello scritto contenente l'obbligazione dell'altro contraente, unico obbligato”. Diversamente in letteratura vi è però chi ritiene che, in quanto basato sul consenso tacito del destinatario della proposta l’art. 1333 c.c. non sia applicabile ai contratti formali e in particolare alla donazione (BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 2000, p. 263) .
48 Si è discusso in dottrina sulla natura giuridica dell’art. 1333 c.c. Secondo la maggior parte della dottrina si tratta di un contratto in cui il silenzio del destinatario della proposta vale come tacita accettazione e il contratto di perfeziona se, entro il termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, il destinatario non rifiuti la proposta; si è pertanto in presenza di un’ipotesi di silenzio legalmente tipizzato come accettazione (FERRI, La nozione di contratto, in A.A.V.V., I contratti in generale, vol. I, a cura di XXXXXXXXX, Torino, 1999, p. 21; SEGNI, Autonomia privata e valutazione legale tipica, Padova, 1972, p. 349; BELVEDERE, Il problema delle definizioni nel codice civile, Milano, 1977, p. 153; ROLLI, Antiche e nuove questioni sul silenzio come tacita manifestazione di volontà, in Contratto e impresa, 2000, p. 256; Cass., 31 ottobre 2008, n. 26325; Cass., 26 giugno 1995, n. 7216); all’espresso rifiuto è equiparato il comportamento del destinatario della proposta, inequivocabilmente apprezzabile come dettato dalla volontà di non avvalersene (Cass., 4 settembre 2001, n. 1139). Diversa costruzione dottrinale è quella per la quale il silenzio o il comportamento omissivo “non è mai consenso”: in altre parole in questi casi il contratto si conclude “senza bisogno del consenso” avendo la legge “semplificato la fattispecie contrattuale, eliminando il requisito del consenso dell’una o dell’altra parte” (SACCO, La conclusione dell’accordo, in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1995, vol. 10, p. 32; CARRESI, Il contratto, in Tratttato di diritto civile e commerciale, diretto da Xxxx e Messineo, continuato da Xxxxxxx, V, XXI, tomo 1, Milano, 1987, p. 93). Secondo parte della letteratura si tratterebbe di un atto unilaterale produttivo di effetti in virtù della sola volontà del dichiarante (BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, cit., p. 261; GAZZONI, Manuale di Diritto privato, Napoli, X ediz., 2003, p. 816) oppure in un atto unilaterale soggetto a rifiuto (BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, p. 240) oppure configurerebbe addirittura una promessa unilaterale (XXXXXXXX, Le promesse unilaterali, in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxxxxx, IX, Torino, 1984, p. 266) disattendendosi così il principio della tipicità delle promesse unilaterali di cui all’art. 1987 c.c. La maggior parte della letteratura ritiene, poi, che l’art. 1333 c.c. si riferisca solo ai contratti con effetti obbligatori e non a quelli con effetti reali (BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, cit., p. 264); secondo altri tuttavia il presente schema sarebbe applicabile anche ai contratti con effetti traslativi (SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Roma – Bologna, 1972,
p. 167; XXXXXXXXX, La formazione del contratto, vol I, Milano, 1973, p. 350; Cass., 21 dicembre 1987, n. 9500, che applica l’art. 1333 c.c. ad una fattispecie con effetti traslativi della proprietà).
Vi è tuttavia chi esclude possa essere utilizzato lo schema perfezionativo di cui all’art. 1333 c.c., ritenendo sempre necessaria un’espressa dichiarazione di accettazione davanti al notaio da parte del beneficiario e ciò anche a tutela dei creditori che in tal modo potranno verificare l’effettiva ricorrenza dell’interesse destinatorio49
5. Destinazione dinamica o statica?
Un'altra questione posta dalla norma attiene alla struttura dell’atto di destinazione.
Ci si è chiesti se la destinazione possa o meno implicare un effetto traslativo, cioè il trasferimento del diritto di proprietà a soggetto diverso dal conferente.
In astratto, infatti, l’atto di destinazione potrebbe realizzarsi secondo due dinamiche alternative: mediante un trasferimento di beni dall’autore della destinazione ad un soggetto terzo – gestore (c.d. destinazione dinamica) oppure mediante la mera apposizione del vincolo di destinazione sui beni che rimangono di proprietà dell’autore della destinazione (c.d. destinazione statica).
La norma non pare offrire elementi testuali decisivi in un senso o nell’altro, poiché utilizza ora termini neutri al riguardo (beni “destinati”; “vincolo di destinazione”; “fine di destinazione”), ora termini ambivalenti, in quanto evocano l’immagine di un trasferimento di beni (“conferente”; beni “conferiti”), che vengono tuttavia inseriti in un contesto in cui mai viene menzionata l’esistenza
49 Cfr. GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., 2006, cit., p. 174.
di un soggetto gestore che sia diverso dal soggetto autore della destinazione.
In dottrina si sono delineate varie soluzioni.
Secondo una prima ricostruzione, è il soggetto disponente che vincola i beni sui quali egli è titolare di diritti reali e assume su di sé le relative obbligazioni gestorie nei confronti dei beneficiari.
È quindi tale soggetto che dichiara e auto-impone il vincolo e non vi è trasferimento alcuno di diritti a terzi (come avviene anche nel campo del diritto societario per i patrimoni destinati ad uno specifico affare). L’atto di destinazione in questa prima ricostruzione ha diversi punti di contatto con la dichiarazione di trust, fattispecie nella quale un soggetto si dichiara trustee rispetto ad un bene determinato (già proprio o che gli è stato trasferito senza alcun riferimento al trust già istituito o ancora da istituire) al fine di non confonderlo con il proprio patrimonio.
In tal senso parte della dottrina sottolinea l’uso improprio del termine “conferente” nell’art. 2645 ter, dato che a differenza del trust qui il bene rimane di proprietà dell’autore della destinazione e non confluisce nel patrimonio di un altro soggetto50.
Secondo un'altra ricostruzione, il soggetto disponente può altresì trasferire, contestualmente o successivamente all’imposizione del vincolo, determinati beni a un terzo (fiduciario) che assume l’obbligazione di realizzare la destinazione.
50 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000; X’XXXXXXXX, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. not., cit., p. 1517, il quale osserva come l’atto di destinazione non necessita dell’attribuzione dei beni ad altro soggetto, tanto che - anche secondo X’Xxxxxxxx - sarebbe meglio parlare di “disponente” anziché “conferente”.
I sostenitori di tale tesi evidenziano che l’art. 2645 ter c.c. si riferisce al soggetto che impone il vincolo quale “conferente”, termine che potrebbe far presupporre un trasferimento, ma soprattutto, prevede come ipotesi normale il fatto che il vincolo abbia durata superiore alla morte del disponente stesso, consentendo a terzi interessati di agire per la sua realizzazione anche dopo tale evento.
Anche questa fattispecie è già conosciuta nel nostro ordinamento: il caso più noto è il fondo patrimoniale costituito da soggetto diverso dai coniugi, che trasferisce i beni in proprietà ai coniugi per la costituzione in fondo patrimoniale.
Secondo una terza ricostruzione il soggetto disponente conserva la titolarità dei beni, impone il vincolo e ne affida l’attuazione a terzi, attraverso un mandato gestorio.
Esempi tipici di questo modello ove c’è scissione tra proprietà e legittimazione, si possono rinvenire ad esempio nella cessione dei beni ai creditori e parzialmente nel fondo patrimoniale, quando uno dei coniugi si riserva la proprietà dei beni costituenti il fondo, mentre l’amministrazione è affidata ex lege ad entrambi i coniugi secondo le norme sulla comunione legale.
Tra le alternative sopra esposte l’opinione pressoché unanime in letteratura è quella secondo cui l’effetto traslativo negli atti di destinazione sia del tutto eventuale51.
51 D’XXXXXX, Le modalità della trascrizione ed i possibili conflitti che possono porsi tra beneficiari, creditori ed aventi causa del “conferente”, in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 90; DE NOVA, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 00 giugno 2006, cit.; DI XXXXX, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in
Al riguardo si sottolinea l’erroneità dell’utilizzo del termine “conferente”, evidenziando come ad esempio la stessa giurisprudenza utilizzi il termine “conferimento” in una diversa fattispecie (quella del fondo patrimoniale) e ciò unicamente per individuare il vincolo cui sono sottoposti i beni e non per indicare invece il trasferimento dei medesimi52.
L’effetto immediato e diretto che l’atto di destinazione produce non è quindi quello traslativo, ma quello di far sorgere un vincolo (temporaneo di destinazione) al libero godimento di un bene53.
A tale effetto immediato di destinazione si ritiene possa poi accompagnarsi – ma solo in via eventuale - l’effetto traslativo del diritto dalla sfera giuridica del soggetto destinante ad altro soggetto54.
Atti di destinazione e trust, Padova, 2008, p. 49; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXXX, Atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in Contratto e impresa Europa, 2007, p. 400; LUPOI, Gli “atti di destinazione” nel nuovo art. 2645 ter cod.. civ. quale frammento di trust, in Trust e attività fiduciarie, 2/2006., p. 169 e in Rivista del notariato, 2/2006, p. 469; GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 165; XXXXXX, Le posizioni dell’accademia nei primi commenti dell’art. 2645 ter c.c., in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 35.
52 OBERTO, Atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in
Contratto e impresa Europa, cit., p. 401. Tra le pronunce della Suprema Corte in cui viene utilizzato il termine “conferimento” per indicare, non il trasferimento, ma semplicemente il vincolo cui sono sottoposti i beni oggetto del fondo patrimoniale, si vedano ex multis: Cass., 07 luglio 2009, n. 15862; Cass., 31 maggio 2006, n.
12998; Cass., 26 luglio 2005, n. 15603; Cass., 07 marzo 2005, n. 4933; Cass., 23
settembre 2004, n. 19131; Cass., 08 settembre 2004, n. 18065.
53 XXXXXX, Atto negoziale di destinazione e separazione, in Riv. dir. civ., 2007, p. 209, secondo la quale “l’atto negoziale di destinazione di regola non è attributivo”. 54 Nel senso che il vincolo di destinazione possa essere accompagnato o meno da un effetto traslativo del bene dal disponente ad altro soggetto, cfr. XXXXX, Gli “atti di destinazione” nel nuovo art. 2645 ter cod.. civ. quale frammento di trust, in Rivista del notariato, cit., p. 470.
A tale conclusione la dottrina giunge, in particolare, muovendo dal rilievo che l’art. 2645 ter c.c. attribuisce espressamente la possibilità al conferente di agire per la realizzazione dell’interesse.
Si è ritenuto, infatti, che la legittimazione d’agire riconosciuta al disponente presupponga che il diritto di proprietà possa da questi anche essere trasferito per il fine di destinazione ad un soggetto diverso55.
Ciò chiarito, si è discusso poi in che termini nell’atto di destinazione possa inserirsi anche una vicenda circolatoria, in cui il bene venga trasferito dal disponente a soggetto terzo o al beneficiario stesso.
Al riguardo non sembra vi possano essere dubbi sulla circostanza che all’atto di destinazione possa accompagnarsi un contratto traslativo con una propria causa autonoma. Si pensi ad esempio alla donazione di un appartamento e al collegato atto di destinazione con cui quell’immobile viene vincolato ex art. 2645 ter a beneficio di una persona disabile: in questo caso si avranno semplicemente due contratti autonomi e collegati.
Diversamente ci si è chiesti se la destinazione possa costituire una causa sufficiente per giustificare il trasferimento.
55 Così XXXXX, Gli “atti di destinazione” nel nuovo art. 2645 ter cod.. civ. quale frammento di trust, in Rivista del notariato, cit., p. 470; BIANCA, D’ERRICO, DE XXXXXX, PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 0000, p. 31; D’ERRICO, La trascrizione del vincolo di destinazione nell’art. 2645 ter c.c.: prime riflessioni, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 121.
Prima dell’entrata in vigore dell’art. 2645 ter c.c., per dare risposta al quesito la dottrina aveva ideato il c.d. negozio di destinazione (atipico)56.
Secondo i teorizzatori di tale figura, attraverso il principio generale di autonomia contrattuale si poteva arrivare ad ammettere un negozio di destinazione atipico, avente come causa sufficiente la destinazione allo scopo.
Il negozio di destinazione atipico altro non sarebbe stato dunque che un atto di autonomia, che si affermava avrebbe dovuto essere sottoposto al giudizio di liceità e meritevolezza imposto dall’art. 1322
c.c. per i contratti atipici57.
La causa destinatoria si riteneva poi potesse essere sufficiente a giustificare attraverso il negozio di destinazione l’eventuale trasferimento del bene, trasferimento che si sarebbe realizzato non in base alla causa tipica di scambio, ma in forza di una causa atipica, quella appunto di destinazione del bene ad uno scopo.
Con l’entrata in vigore dell’art. 2645 ter c.c. si è sopita la discussione sull’ammissibilità del negozio di destinazione, avendo la norma in esame riconosciuto definitivamente la categoria generale dell’atto di destinazione.
Rimane tuttavia aperta la questione se gli atti di destinazione disciplinati dall’art. 2645 ter c.c. possano prevedere anche il
56 LA PORTA, Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994, p. 42 e ss.; MINNITI, La proprietà nell’interesse altrui, in Destinazione di beni allo scopo, Milano, 2003, p. 280; PALERMO, Sulla riconducibilità del “trust interno” alle categorie civilistiche, in Riv. dir. comm., 2000, I, p. 147.
57 PALERMO, Ammissibilità e disciplina del negozio di destinazione, in Destinazione di beni allo scopo. Strumenti attuali e tecniche innovative, Milano, 2003, p. 243.
trasferimento del bene ad un soggetto diverso del disponente e in tal caso quale sia la causa che giustifica tale trasferimento.
Non vi dubbio, per i motivi già esposti, che l’atto di destinazione possa accompagnarsi ad una vicenda circolatoria58. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il bene venga destinato dal soggetto cui viene trasferito per compravendita o donazione: in tale ipotesi l’atto di destinazione si unisce ad un contratto traslativo tipico.
La questione, tuttavia, è se l’atto di destinazione in sé possa produrre l’effetto traslativo, ossia se la causa destinatoria sia sufficiente a realizzare l’effetto attributivo.
Al problema parte della letteratura ha dato risposta positiva.
Secondo tali studiosi, infatti, qualora il trasferimento risulti funzionale e strumentale all’attuazione della destinazione, allora è da ritenere che il trasferimento stesso trovi causa sufficiente ed autonoma nella destinazione59. È il caso, ad esempio, di un atto di destinazione in cui il bene venga trasferito a un soggetto gestore, laddove tale trasferimento risulti funzionale alla realizzazione del fine di destinazione.
Una volta accertata l’esistenza di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 comma 2 c.c. e una volta accertata, altresì, la ricorrenza
58 Come evidenziato da XXXXXXX, (in Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 165), “il vincolo di destinazione può infatti accedere a una donazione quale onere della stessa o sotto forma di donazione remuneratoria o di vendita con destinazione a favore di un terzo”.
59 XXXXXXX, Atto di destinazione e trascrizione. L'art. 2645 ter, cit., p. 181; LA PORTA, L’atto di destinazione di beni allo scopo trascrivibile ai sensi dell’art. 2645 ter x.x., xx Xxx. xxx xxxxxxxxx, 0/0000, p. 1069.
del nesso strumentale tra destinazione e trasferimento, il giudizio di meritevolezza sarà idoneo a coprire anche l’effetto traslativo60.
In questo modo, si sostiene, non vi sarebbe il pericolo di dare spazio nel nostro ordinamento al discusso “negozio traslativo atipico o astratto”, in quanto il trasferimento del bene non avverrebbe per se stesso a prescindere dalla causa del negozio, ma la causa destinatoria sarebbe sufficiente a produrre l’effetto reale tipico (quello traslativo)61.
Vi sono tuttavia numerose voci accademiche contrarie a tale ricostruzione.
Secondo l’opinione di Xxxxxxx00, ad esempio, in un contesto circolatorio, il vincolo di destinazione può solo accedere a una donazione quale onere della stessa o sotto forma di donazione
60 Così CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c, cit., p. 175. Secondo l’autore la trascrizione dell’atto di destinazione produrrebbe sia gli effetti di cui all’art. 2645 ter x.x. (xxxxx x’xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxx xx xxxxx) sia quelli dell’art. 2644 c.c. per quanto concerne l’effetto traslativo.
61 Il timore, manifestato soprattutto in giurisprudenza, è che il considerare l’art. 2645 ter c.c. quale norma sulla fattispecie potrebbe determinare l’ingresso nel nostro ordinamento del dubbio “negozio traslativo atipico”. Si legge, infatti, in Tribunale Trieste 7 aprile 2006 (Decreto 7 aprile 2006, annotato da X. XXXXXX, Il nuovo art. 2645 ter. Notazioni a margine di un provvedimento del Giudice tavolare di Trieste, in Giust. civ., cit., p. 190) che “con l’art. 2645 ter c.c. non si è voluto introdurre nell'ordinamento un nuovo tipo di atto a effetti reali, un atto innominato, che diventerebbe il varco per l'ingresso del tanto discusso negozio traslativo atipico; non costituisce la giustificazione legislativa di un nuovo negozio la cui causa è quella finalistica della destinazione del bene alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela. Non c'è infatti alcun indizio da cui desumere che sia stata coniata una nuova figura negoziale, di cui non si sa neanche se sia unilaterale o bilaterale, a titolo oneroso o gratuito, a effetti traslativi od obbligatori”. In ogni caso sul punto va ricordato come la stessa giurisprudenza abbia ammesso la configurabilità di negozi traslativi atipici, purché sorretti da causa lecita, fondandola sul principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 comma 2 c.c. (così Cass., 9.ottobre 1991, n. 10612, in Giust. Civ., 1991, I, p. 2895 nota di GAZZONI).
62 XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 165.
remuneratoria o di vendita con destinazione a favore di un terzo. In questo modo viene disconosciuta l’idoneità della causa fiduciae a porre in essere l’atto di destinazione con trasferimento ex art. 2645-ter c.c.
Riassumendo, dunque, quanto detto finora, può affermarsi che all’effetto di destinazione non necessariamente debba affiancarsi un effetto traslativo.
Questa è l’interpretazione data alla norma dalla maggior parte degli studiosi, secondo i quali può verificarsi tanto l’ipotesi in cui l’effetto di destinazione si produca nella sfera giuridica dello stesso conferente, senza che ad esso si accompagni alcun effetto traslativo (destinazione
c.d. statica), quanto quella in cui all’effetto di destinazione del bene allo scopo si affianchi l’effetto traslativo del bene dal conferente ad altro soggetto.
La circolazione dei beni oggetto di destinazione, dunque, non è esclusa in virtù del vincolo impresso agli stessi. Spesso al contrario il fine sotteso alla destinazione si può perseguire solo attraverso atti di disposizione dei beni medesimi63.
Viceversa allo stato attuale la posizione di dottrina e giurisprudenza non può certo dirsi chiarita in ordine alla possibilità che la causa destinatoria realizzi da sola l’eventuale effetto traslativo che accompagna la destinazione.
Come si è visto per alcuni studiosi è escluso che la causa dell’atto di destinazione possa di per giustificare la produzione di effetti reali; altri
63 DICILLO, Atti e vincoli di destinazione, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), cit., p. 167.
invece ritengono che il trasferimento, quando vi è, possa trovare causa autonoma e sufficiente proprio nell’atto di destinazione64.
6. I soggetti degli atti di destinazione: conferente, beneficiario e gestore.
L’art. 2645 ter c.c. prevede testualmente quali soggetti dell’atto di destinazione il “conferente” e i “beneficiari”.
Quanto al “conferente” parte della dottrina, come si è già avuto modo di sottolineare, ha evidenziato come tale termine sia stato utilizzato impropriamente dal legislatore, in quanto mediante l’atto di destinazione non vi sarebbe alcun trasferimento di un diritto da un soggetto ad un altro65.
Il soggetto conferente potrà essere tanto una persona fisica quanto una persona giuridica.
Non sembra vi siano motivi per escludere che “conferente” possa essere anche una società, che potrebbe così porre in essere atti di
64 CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c, cit., p. 156; VETTORI, Atto di destinazione e trust: prima lettura dell'art . 2645 ter, Obbl. Contr., 2006, 4, p. 779. Secondo questa impostazione sarebbe quindi proprio il dato positivo di cui all’art. 2645 ter x.x. x xx xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxx xx xxx. 0000 x.x. xxxxx xxxxx richiamato a costituire il fondamento in base al quale riconoscere che la causa destinatoria possa essere sufficiente di per sé a realizzare l’effetto traslativo, indipendentemente da separati rapporti contrattuali.
65 Così XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000; X’XXXXXXXX, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. not., cit., p. 1517.
destinazione non solo onerosi, ma anche gratuiti, purché non a titolo di donazione66.
Legittimato a realizzare la destinazione sarà innanzitutto il pieno proprietario dei beni sui quali viene apposto il vincolo67.
Si è discusso se “conferente” possa essere anche il titolare di un diritto reale limitato. La soluzione sembra essere positiva e si afferma, quindi, che anche il titolare di un c.d. diritto reale minore può effettuare la destinazione, purché quest’ultima abbia luogo nei limiti del diritto goduto e purché non sia incompatibile con il diritto altrui sul medesimo bene68.
È indubbio, poi, che nessun vincolo di destinazione potrà essere apposto sul bene da chi sul medesimo non ha alcun diritto: va esclusa pertanto la possibilità di realizzare destinazioni su beni altrui.
66 Così CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c, cit., p. 180.
67 XXXXX, Il patrimonio finalizzato, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1240, secondo il quale se il destinante non è proprietario del bene immobile o mobile registrato l’atto di destinazione sarà privo di effetti.
68 Ritengono che “conferente” possa essere anche il titolare di diritti reali e che questi possa destinare ad un beneficiario le utilità traibili dal bene: XXXXXX, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c, cit., p. 180; ANZANI, Atti di destinazione patrimoniale; qualche riflessione alla luce dell’art. 2645 ter cod. civ., in Nuova giur. civ. comm., 10/2007, II, p. 398; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; DI XXXXX, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust, cit.,
p. 62; XXXXXXX, Le destinazioni patrimoniali atipiche, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in Rass. dir. civ., 2007, p. 23, il quale – nel caso ad esempio di immobile ipotecato – precisa che il disponente potrà destinare a favore del beneficiario l’immobile ipotecato e far conseguire al medesimo le utilità che il bene può dare; non potendo tuttavia evitare che il bene sia assoggettato ad esecuzione forzata da parte dei creditori ipotecari.
Quanto ai beneficiari, l’art. 2645 ter c.c. prevede che gli interessi meritevoli di tutela - che costituiscono il fulcro della disciplina in esame – devono essere riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni o altri enti o persone fisiche.
Si è evidenziata da più parti l’infelice scelta del legislatore di richiamare specificamente le persone con disabilità e le pubbliche amministrazioni, trattandosi di soggetti che rientrano chiaramente nella più ampia categoria delle “persone fisiche” o degli “enti”69.
Con riferimento ai beneficiari ci si è chiesti poi se sia configurabile un atto di destinazione a favore di un soggetto non ancora venuto ad esistenza.
Bisogna al riguardo distinguere a seconda che l’atto di destinazione sia posto in essere inter vivos oppure mortis causa.
Nel caso in cui l’atto di destinazione sia oggetto di una specifica disposizione testamentaria – e tale circostanza non sembrerebbe da escludersi70 - potrebbe trovare applicazione l’art. 462 c.c. che riconosce la possibilità di ricevere per testamento sia in capo ai
69 Così ad esempio QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1717 ss., che ritiene che il richiamo esplicito alle persone disabili potrebbe essere spiegato considerando il particolare rilievo riconosciuto agli interessi riferibili a tali soggetti: non a caso, evidenzia l’autore, proprio nella proposta di legge anteriore all’introduzione dell’art. 2645 ter
c.c. la destinazione di beni era prevista proprio in favore di soggetti portatori di handicap (si vedano al riguardo le note nn. 1 - 5). È del tutto evidente, però, come l’attuale formulazione dell’art. 2645 ter c.c. abbia ampliato e di molto (rispetto ai progetti di legge) le ipotesi concretamente attuabili di destinazione patrimoniale, dato il riferimento generico agli “enti” e “persone fisiche”. Secondo QUADRI si ha la sensazione che il richiamo ai soggetti disabili contenuto all’art. 2645 ter c.c., a fianco dell’ampliamento della sfera soggettiva apportato dall’inserimento tra i soggetti beneficiari degli enti e persone fisiche, sia soltanto il pretesto per giustificare – sul piano dei valori e degli interessi generali – l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico di una disciplina dell’atto di destinazione.
70 Sul tema vedi paragrafo 9 del presente capitolo.
concepiti (comma 1) sia in capo ai nascituri non concepiti purché figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore (comma 3)71.
In questo caso il vincolo di destinazione avrebbe effetto a partire dal momento della venuta ad esistenza del nascituro72.
Qualora, invece, l’atto di destinazione sia posto in essere inter vivos, buona parte della dottrina ha individuato nell’art. 784 c.c.73 la disciplina cui fare riferimento nell’ipotesi di atto di destinazione in favore di concepito o nascituro74.
La letteratura, inoltre, si è poi domandata se beneficiario dell’atto di destinazione possa essere lo stesso disponente, ossia se il “conferente” possa allo stesso tempo assumere sia la veste del soggetto che fa
71 Per testamento, come noto, si possono lasciare i propri beni al figlio non ancora concepito di una data persona già vivente; il figlio di questa acquisterà l’eredità se e quando nascerà; ma se quella persona morirà senza avere il figlio, si darà luogo alla successione legittima, facendo riferimento alla data di apertura della successione (sui diritto del nascituro si veda TRINCHILLO, Riflessioni sui nascituri e sull’art. 715 c.c., in Rivista del notariato, 2000, p. 621).
72 Così QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in
Contratto e Impresa, cit., p. 1735.
73 L’art. 784 c.c., infatti, nel regolare la donazione in favore di xxxxxxxxx dispone che “la donazione può essere fatta a favore di chi è soltanto concepito, ovvero a favore dei figli di una persona vivente al tempo della donazione, benché non ancora concepiti”.
74 L’applicazione dei principi espressi dagli artt. 462 e 784 c.c. anche all’atto di destinazione è affermata da XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 175, secondo il quale “beneficiario del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. potrà essere sia una persona vivente al momento della costituzione del vincolo, sia il nascituro che risulti concepito a quel momento, sia infine il figlio nascituro non concepito di persona vivente a quel momento”. Ritengono che il beneficiario possa essere anche un nascituro non concepito in applicazione analogica con quanto previsto in tema di donazione dall’art. 784 c.c.: M BIANCA, D’ERRICO, DE DONATO, PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1735; XXXXXX, La destinazione tra atto e rimedi, Milano, 2009, p. 495.
sorgere il vincolo di destinazione sia quella di beneficiario della destinazione.
Alcuni autori escludono che il disponente possa essere anche beneficiario75, in quanto ritengono assolutamente necessario che – ai fini dell’instaurazione del meccanismo di cui all’art. 2645 ter c.c. – sussista un dualismo soggettivo tra disponente e titolare dell’interesse76.
Vi sarebbe altrimenti il rischio dell’esistenza di atti destinazione che hanno quale unica finalità quella di eludere il principio posto dall’art. 2740 comma 2 c.c. Qualora, infatti, fosse consentito al proprietario di destinare un bene nel proprio esclusivo interesse, l’atto di destinazione finirebbe con il risultare mero strumento per aggirare le ragioni dei creditori, violando così le finalità dell’art. 2740 c.c.77.
Per altri studiosi, al contrario, non vi sarebbe ragione per negare la possibilità di un atto di destinazione con effetto c.d. autosegregativo, ossia in cui il disponente vincoli a proprio favore alcuni beni del suo patrimonio78.
75 Per tale soluzione negativa: XXXXXX - XXXXXXX, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano, 2007, p. 250; BARALIS, Prime riflessioni in tema di art. 2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 136; QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1735; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 175; XXXXXX, La destinazione tra atto e rimedi, cit., p. 495.
76 QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1735; XXXXXX - XXXXXXX, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, Milano, 2007, p. 250.
77 Cfr QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in
Contratto e Impresa, cit., p. 1736.
78 SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666.
Evidenziano, infatti, questi autori che l’interesse meritevole di tutela non può consistere nella mera salvaguardia del patrimonio del costituente da azioni esecutive dei propri creditori79.
Di conseguenza secondo tale impostazione il disponente potrà assumere anche la qualifica di beneficiario e non potrà escludersi la validità di un tale atto, qualora sia rispettato il presupposto della meritevolezza richiesto dall’art. 2645 ter c.c.
Diversamente non sarebbe opponibile ai terzi l’atto di destinazione volto esclusivamente a limitare la responsabilità patrimoniale del disponente in violazione del generale principio di cui all’art. 2740 c.c., dato che un tale atto non superebbe il suddetto giudizio di meritevolezza degli interessi perseguiti80.
79 Così XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000.
80 SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666, A sostegno di tale tesi viene evidenziato come in più occasioni sia stata riconosciuta validità anche nel nostro ordinamento al trust c.d autodichiarato: così Trib. Reggio Xxxxxx, 14 maggio 2007 (in Contratti, 2008, 1, p. 15, con nota di REALI), secondo cui il “trust” autodichiarato istituito dal socio accomandatario di una società in accomandita semplice su beni immobili di sua proprietà per il pagamento dei creditori sociali è da considerarsi astrattamente meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico italiano; di conseguenza, deve essere sospeso il procedimento esecutivo immobiliare promosso da un creditore della società in accomandita semplice, avente ad oggetto beni conferiti nel "trust" (da considerarsi in via di principio inaggredibili da parte dei creditori del disponente e, quindi, non assoggettabili ad esecuzione forzata). Altra pronuncia favorevole al trust autodichiarato si rinviene in Trib. Milano, 23 febbraio 2005, per la quale può essere omologato un accordo di separazione consensuale prevedente l'istituzione, da parte di uno dei coniugi, di un trust interno autodichiarato nel quale il disponente, allo scopo di soddisfare le esigenze abitative della figlia minorenne, conferisce un bene immobile di sua proprietà. Contra: Trib. Napoli, 01 ottobre 2003 (in Contratti, 2004, 7, p. 722), che ha ritenuto ammissibile nel nostro ordinamento la costituzione di un trust, da cui non derivi un contratto ma unicamente un fatto giuridico di separazione patrimoniale, a condizione che non vi sia identificazione del disponente con il trustee.
Tra le due tesi vi è poi anche un’opinione intermedia, di chi sostiene che anche il disponente stesso possa essere beneficiario della destinazione, purché non in via esclusiva81.
Altra questione dibattuta attiene alla possibilità di porre in essere atti di destinazione volti alla realizzazione di uno scopo, senza che vi siano dei beneficiari determinati82.
In tale ipotesi la risposta data da gran parte della dottrina è negativa: per i più il beneficiario dovrà essere soggetto determinato83 o comunque determinabile84, con esclusione della possibilità di prevedere destinazioni di scopo.
Si ritiene, infatti, non possa realizzarsi un atto di destinazione ove non siano identificabili dei soggetti titolari del relativo interesse, in quanto l’art. 2645 ter c.c. esige testualmente la presenza di un beneficiario85. Alcuni studiosi, tuttavia, sostengono al contrario che i beneficiari possano essere anche indeterminati, posto che l’art. 2645 ter x.x. xxx
00 XX XXXXX, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust, cit., p. 65, nota 53.
82 La problematica richiama quella del trust di scopo: sul tema si xxxx XXXXX,
Trusts, Milano, 2001, p. 206 ss.
83 OBERTO, Atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in Contratto e impresa Europa, cit., p. 412; BARALIS, Prime riflessioni in tema di art. 2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 146; PALERMO, Interesse a costituire il vincolo di destinazione e tutela dei terzi, in Atti di destinazione e trust, Padova, 2008, p. 292.
84 M BIANCA, X’XXXXXX, DE XXXXXX, PRIORE, L’atto notarile di
destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00; XXXXXX, L’art. 2645 ter. Riflessioni critiche, in Vita not., 1/2007, p. 399; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 178, secondo il quale “il beneficiario può essere determinato dal conferente in un secondo momento ovvero la determinazione potrebbe essere rimessa anche ad un terzo”
85 QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1736; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000.
presuppone che il titolare della pretesa debba essere necessariamente determinato o determinabile86.
Basandosi sull’espressione “interessi meritevoli di tutela riferibili a persone fisiche o giuridiche”, questa parte della dottrina argomenta che i beneficiari non sarebbero parte dell’atto di destinazione, ma semplicemente l’interesse che la destinazione è volta a realizzare “avrebbe riguardo” a tali soggetti, senza esigenza alcuna di loro determinatezza87.
Varie sono state le critiche alla tesi che sostiene la possibile indeterminatezza dei beneficiari.
Da un lato si è affermato che tale impostazione, muovendo dall’espressione “riferibili” contenuta all’art. 2645 ter c.c., confonderebbe il piano soggettivo (i beneficiari) con quello oggettivo (ossia l’interesse meritevole di tutela)88.
Dall’altro è stato evidenziato come la stessa indicazione testuale di un limite di durata per la destinazione (la vita della persona fisica o novant’anni per quella giuridica) faccia propendere per la necessaria determinatezza dei beneficiari: la durata del vincolo non può
86 ANZANI, Atti di destinazione patrimoniale; qualche riflessione alla luce dell’art. 2645 ter cod. civ., in Nuova giur. Civ. comm., 10/2007, II, p. 402; RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1251; XXXXXX - XXXXXXX, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, cit., p. 249; XXXXX, Il patrimonio finalizzato, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000.
87 GABRIELLI, Vincoli di destinazione importanti separazione patrimoniale e pubblicità nei registri immobiliari, in Riv. Dir. civ., cit., 3, p. 334.
88 Così CEOLIN (in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000), xxxxxxx il quale una cosa è l’interesse personale del soggetto cui va a beneficio la destinazione e altra cosa è l’interesse meritevole di tutela che giustifica causalmente la destinazione.
oltrepassare quella della vita del beneficiari, con ciò presupponendosi indubbiamente la loro determinatezza89.
Si è poi osservato, a sostegno della necessaria identificazione dei soggetti beneficiari, che la norma prevede una segregazione patrimoniale strumentale ad un’obbligazione e non può esserci un’obbligazione senza soggetti determinati90.
Continuando nella disamina dei soggetti dell’atto di destinazione, l’art. 2645 ter c.c. non fa alcun riferimento ad un soggetto gestore diverso dal disponente.
La dottrina prevalente ritiene che il gestore sia un soggetto eventuale dell’atto di destinazione, in altre parole non si tratterebbe di una figura necessaria, ma possibile accanto a quella del disponente e del beneficiario91.
L’ammissibilità di una tale figura troverebbe giustificazione nel dato testuale: la possibilità data al conferente di agire per la realizzazione dell’interesse lascia, infatti, presupporre che il disponente possa
89 Sempre CEOLIN, in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
00 XXXXXXX, Xx destinazioni patrimoniali atipiche, Esegesi dell’art. 2645 ter c.c., in
Rass. dir. civ., cit., p. 10.
91 XXXXXX, Xxxx negoziale di destinazione e separazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta, in Negozi di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 125; RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1259; CEOLIN (in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000; XXXXXXX, Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore nell’art. 2645 ter c.c., in Giur. Merito, suppl. n. 1/2007, p. 45.
nominare un gestore cui affidare il compito di realizzare lo scopo della destinazione92.
La dottrina, secondo cui l’attività di gestione costituirebbe un quid eventuale dell’atto di destinazione, ritiene per lo più che il compito di gestore venga assunto mediante un contratto di mandato che si affiancherebbe all’atto di destinazione. La gestione avrebbe dunque una fonte autonoma e distinta dall’atto di destinazione93.
Diversamente vi è chi sostiene che l’attività di gestione costituisca un quid implicito al vincolo di destinazione, il quale per realizzarsi e soddisfare gli interessi meritevoli di tutela richiederebbe sempre un’attività di gestione94. In tal senso il soggetto gestore può essere lo stesso disponente oppure anche un terzo, cui l’attività di gestione potrà essere disciplinata anche attraverso un distinto contratto di mandato95.
Ci si è chiesti poi se la gestione possa essere affidata anche al beneficiario.
92 M BIANCA, D’ERRICO, DE XXXXXX, PRIORE, L’atto notarile di
destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00; D’ERRICO, La trascrizione del vincolo di destinazione nell’art. 2645 ter c.c.: prime riflessioni, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 127; SPADA, Articolazione del patrimonio da destinazione iscritta, in Negozi di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 127.
93 XXXXXX, Atto negoziale di destinazione e separazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 209.
94 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXX, Atti di destinazione del patrimonio e rapporti reali, in Contratto e impresa, 2008, p. 1054.
95 XXXXXXX, Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore nell’art. 2645 ter c.c., in Giur. Merito, suppl. n. 1/2007, p. 45; D’ERRICO, La trascrizione del vincolo di destinazione nell’art. 2645 ter c.c.: prime riflessioni, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 122; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 175.
Al riguardo vi è chi sostiene che il beneficiario non possa essere anche gestore, in quanto la natura stessa dell’attività di gestione richiede una separazione soggettiva tra gestore e beneficiario della gestione96.
Altri, invece, hanno ritenuto che la gestione possa essere affidata anche allo stesso beneficiario97, senza trasferimento del diritto di proprietà che rimarrà in capo al disponente.
7. Il vincolo di destinazione e la questione della tipicità dei diritti reali.
Tra le questioni più interessanti sollevate dall’introduzione dell’art. 2645 ter c.c. vi è quella che ha coinvolto il principio di tipicità dei diritti reali e il numerus clausus degli stessi98
96 XXXXXXXX, Destinazione e pubblicità immobiliare. Prime note sul nuovo art. 2645 ter c.c., in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 148.
97 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXXX - XXXXXXX, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, cit.,
p. 250; XXXXXXX, Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore nell’art. 2645 ter c.c., in Giur. Merito, suppl. n. 1/2007, p. 45; CEOLIN (in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000. secondo il quale “in questo caso gravando l’obbligo di attivarsi per la realizzazione della destinazione sullo stesso interessato, un’eventuale inerzia del medesimo configurerà una volontà dismissiva o rinunciativa del diritto”.
98 Sul rapporto tra tipicità dei diritti reali e numerus clausus degli stessi, x. XXXXXXXXXX, Contributo alla teoria dei diritti di godimento su cosa altrui, Milano, 1940, p. 169 ss.; COMPORTI, Xxxxxxx reali in generale, in Trattato di dir. civ. e comm., fondato da Xxxx e Messineo, VIII, tomo 1°, Milano, 1980, pp. 216 ss; NATUCCI, La tipicità dei diritti reali, Padova, 1988, p. 153. La ratio di tali principi si rinviene nell’esigenza di limitare i vincoli reali – cioè opponibili ai terzi – ad ipotesi tipicamente individuate, onde favorire lo sfruttamento produttivo e la libera circolazione della ricchezza; ma soprattutto nell’esigenza di rispettare la necessaria relatività degli effetti del contratto ex art. 1372 c.c., evitando di andare ad intaccare la sfera patrimoniale di terzi soggetti mediante la creazione di situazione giuridiche atipiche ad essi opponibili.
Ci si è chiesti in pratica se con la disciplina degli atti di destinazione sia stato introdotto nel nostro ordinamento un nuovo diritto reale oppure se il vincolo di destinazione si risolva in un rapporto obbligatorio caratterizzato dalla opponibilità ai terzi.
Alcuni autori hanno sostenuto che con l’atto di destinazione il beneficiario diventi titolare di un diritto reale99 o comunque di una posizione dotata di una qualche connotazione di realità100.
Altri autori, invece, negano che si crei un diritto reale e ritengono che il beneficiario dell’atto di destinazione sia titolare solo di un diritto di credito opponibile101.
Tra le ragioni che hanno condotto parte della dottrina a prediligere la natura reale del vincolo, vi è innanzitutto il fatto che il vincolo di destinazione è qualificato dall’art. 2645 ter c.c. come opponibile ai terzi, essendo come noto l’opponibilità caratteristica distintiva dei diritti reali.
99 XXXXXXXXXX, Il negozio di destinazione, cit., p. 52, secondo il quale “la destinazione incide sul diritto di proprietà e ne modifica il contenuto, costituendo una limitazione dello stesso contenuto del diritto. Tale limitazione ha natura reale e non obbligatoria”.
100 ANZANI, Atti di destinazione patrimoniale; qualche riflessione alla luce dell’art. 2645 ter cod. civ., in Nuova giur. Civ. comm., cit., p. 398; M BIANCA, X’XXXXXX, DE DONATO, PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00; XXXXXX, Atto negoziale di destinazione e separazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXX, Il patrimonio finalizzato, in Riv. dir. civ., 4/2007, p. 507; RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1247.
101 XXXXXXX, Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore nell’art. 2645 ter c.c., in Giur. Merito, suppl. n. 1/2007, p. 44; DI XXXXX, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust, cit., p. 52; BARALIS, Prime riflessioni in tema di art. 2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 139; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 167.
Di fronte a tale deduzione si è tuttavia obiettato che, pur essendo l’opponibilità una peculiarità dei diritti reali, essa è parimenti prevista anche in situazioni giuridiche obbligatorie: si pensi ad esempio all’opponibilità ai terzi acquirenti del contratto di locazione sancita dall’art. 1599 c.c.102
Tanto che da più parti si è consapevolmente affermato che, parlando di “realità” in relazione al vincolo di destinazione, si farebbe riferimento non alla natura del diritto in capo al beneficiario, ma piuttosto e unicamente all’opponibilità ai terzi del vincolo medesimo103.
Si è osservato, peraltro, come il diritto in capo al beneficiario del vincolo di destinazione non avrebbe altre caratteristiche essenziali dei diritti reali, quali ad esempio il requisito dell’immediatezza e dell’autosufficienza104, dato che appare implicita nell’atto di
102 CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
000 XXXXX, Atto di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione, cit., p. 72; XXXXXX, Atto negoziale di destinazione e separazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 00; XXXXXX - XXXXXXX, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, cit., p. 233; XXXXXXXX, Destinazione e pubblicità immobiliare. Prime note sul nuovo art. 2645 ter c.c., in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione, cit., p. 149, secondo il quale sarebbe non fruttuoso “parlare di vincolo/i reale/i se non nel senso di disciplina sulla produzione giuridica opponibile a qualsiasi soggetto terzo rispetto all’atto di costituzione del vincolo”.
104 Come noto trattasi del principio in base al quale è possibile trarre dal bene l’utilità senza che sia necessario l’intervento di un soggetto tenuto ad intermediare o a rendere possibile quella attività. Sicché si parla dei diritti reali come situazioni autosufficienti. Sul tema si veda: XXXXXXX XXXXXXXXXX, voce Diritti assoluti e relativi, in Enc. del dir., Milano, 1980, p. 752.
destinazione un’attività gestoria per la realizzazione del vincolo di destinazione105.
I diritti reali, poi, sono suscettibili di possesso e quindi di acquisto a titolo originario, caratteristica del tutto assente negli atti di destinazione106.
In questo senso appare, pertanto, condivisibile l’opinione di chi afferma che nel caso di specie il beneficiario dell’atto di destinazione non sia titolare di un diritto reale, ma piuttosto di una situazione soggettiva personale qualificabile come diritto di credito107.
Il beneficiario, dunque, è titolare non di un diritto reale, ma di un diritto obbligatorio di credito108, caratterizzato dall’opponibilità ai terzi mediante la trascrizione109.
105 L’osservazione è di CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
000 Come noto i diritti reali hanno in comune con la proprietà un altro carattere, assente invece nei diritti personali di godimento: sono suscettibili di possesso e godono, a questo modo, di una protezione che non ha confronto con quella dei diritti personali di godimento: i diritti reali, infatti, a differenza dei secondi, sono protetti non solo come diritto, ma anche come potere di fatto sulla cosa, difeso con le azioni possessorie (sul tema XXXXXXX, Trattato di diritto civile, volume I, Padova, 2009, p. 463).
107 XXXXXXX, Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore nell’art. 2645 ter c.c., in Giur. Merito, suppl. n. 1/2007, p. 44; DI XXXXX, L’atto di destinazione dell’art. 2645 ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust, cit., p. 52; BARALIS, Prime riflessioni in tema di art. 2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 139; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 167.
108 In tal senso pare esprimersi la dottrina prevalente: QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1717 ss., il quale raffrontando la concreta situazione soggettiva in cui versa il beneficiario dell’atto di destinazione con quella del beneficiario nei confronti del trustee, ritiene che “anche con riguardo al beneficiario dell’atto di destinazione appare condivisibile l’impostazione in termini di diritto di credito della relativa situazione soggettiva”; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., xxx., x. 000;
Ne deriva che la mancata realizzazione della destinazione costituirà un vero e proprio inadempimento per il beneficiario, che in qualità di titolare di un diritto di credito potrà agire per il risarcimento del danno.
Premesso che il beneficiario è titolare di un diritto di credito, si tratta di verificare come tale diritto incida sul diritto di proprietà in capo al disponente.
Sotto questo profilo parimenti ci si interroga sul rapporto tra il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c. e il principio di tipicità e numerus clausus dei diritti reali: ci si domanda, insomma, se l’art. 2645 ter c.c. incida o meno sul principio del numero chiuso dei diritti reali e se questo possa dirsi superato dall’introduzione della norma in esame110.
XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 163 ss; XXXXXXX, Atti di destinazione del patrimonio e tutela del creditore nell’art. 2645 ter c.c., in Giur. Merito, suppl. n. 1/2007, p. 45; LUMINOSO, Contratto fiduciario, trust, e atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c., in Riv. not., 2008, p. 1003, che afferma come l’atto di destinazione attribuisca al beneficiario la titolarità non di situazioni reali, ma di semplici pretese di natura personale; MANES, La norma sulla trascrizione di atti di destinazione è dunque norma sugli effetti, in Contratto e impresa, cit., p. 628, che parla di posizione del beneficiario solo di tipo obbligatorio. 109 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 213.
110 Come noto la tipicità dei diritti reali è tradizionalmente ritenuta uno dei principi fondamentali dell’ordinamento. Mentre le parti sono libere di concludere, nella loro autonomia negoziale, qualsiasi tipo di contratto, con qualsiasi contenuto (art. 1322 c.c.) non sono invece libere di costituire nuovi diritti reali, diversi da quelli espressamente disciplinati dal codice civile. Questo principio esprime linee di politica del diritto assai precise: non si vuol gravare la proprietà di pesi ulteriori rispetto a quelli espressamente disciplinati dalla legge e, al tempo stesso, si vuol tutelare chi entra in rapporto con il proprietario, o il titolare del diritto reale minore, al fine di porlo in condizione di conoscere con esattezza l’ampiezza dei propri diritti. Oltre alla tutela dei terzi, il principio di tipicità risponde all’esigenza di tutela dell’interesse superiore dell’economia ad una libera circolazione dei beni. Il favore legislativo, dunque, è per la piena proprietà: ogni diritto altrui, che riduce le facoltà del proprietario, è considerato un’eccezione alla regola, da contenere entro precisi limiti di legge; la ragione di questo favore per la piena proprietà è nell’esigenza di politica economica di assicurare il più intenso sfruttamento della ricchezza e la sua
In particolare la letteratura si è chiesta se con l’art. 2645 ter c.c. il legislatore abbia legittimato l’autonomia privata alla creazione di un diritto reale nuovo ovvero ad una proprietà nuova, modificata o atipica.
Per parte della dottrina il vincolo di destinazione darebbe vita ad un’ipotesi di proprietà atipica111.
Secondo questa impostazione il vincolo di destinazione, in quanto opponibile, comprimerebbe e conformerebbe la proprietà, la quale sarebbe funzionalizzata alla realizzazione dello scopo112. Verrebbe
massima circolazione, considerata anch’essa un determinante fattore di sviluppo economico. Sul principio di tipicità si vedano ex multis: NATUCCI, La tipicità dei diritti reali, Padova, 1988, p. 44; GIORGIANNI, voce Diritti reali (dir. civ.), in Noviss. Dig. It., V, Torino, 1968, p. 752; XXXXXXX, Trattato di diritto civile, volume I, Padova, 2009, p. 326.
111 VETTORI, Atto di destinazione e trust: prima lettura dell'art . 2645 ter, in Obbl. e contr., 2006, 4, p. 779; QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1738, secondo il quale “la situazione soggettiva in capo al titolare del patrimonio separato è pur sempre suscettibile di riconduzione al modello proprietario, purché sia chiaro che non ci si intende riferire al tradizionale statuto del diritto di proprietà, come delineato dall’art. 832 c.c., bensì ad una diversa forma di appartenenza, strumentale o funzionale alla realizzazione dello scopo prefissato”; RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1248; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 169.
112 XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXXX, L’art. 2645 ter e gli strumenti tradizionali di separazione dei patrimoni, in Riv. del notariato, 5/2006, p. 1196; XXXXXXXXXXXX, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in A.A.V.V., Trust. Applicazioni ne diritto commerciale e azioni a tutela dei diritti in trust, cit., p. 260.
così a crearsi una proprietà modificata113 o atipica, detta anche funzionalizzata/ conformata o nell’interesse altrui114.
Con l’art. 2645 ter c.c. avrebbe, dunque, fatto ingresso nel nostro ordinamento una nuova concezione del diritto di proprietà, strumentale o funzionale alla realizzazione del fine di destinazione e quindi al perseguimento di un interesse diverso da quello del titolare del bene vincolato: si tratterebbe, cioè, non dell’acquisto di una titolarità piena e definitiva, bensì dell’acquisto di una titolarità strumentale, che si giustifica in capo al titolare – gestore del bene esclusivamente in vista del perseguimento delle finalità che sono alla base della vicenda destinatoria115.
A sostegno di tale tesi viene evidenziato come da tempo sia stata individuata in dottrina una crisi della nozione tradizionale del diritto di proprietà, che andrebbe configurata non più come concetto unitariamente inteso, ma piuttosto come “più proprietà”, quanti sono gli interessi che coesistono accanto a quello del proprietario formale116.
113 QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1738, che ritiene di adottare proprio la formula “proprietà modificata”, già impiegata dalla dottrina per spiegare la situazione di appartenenza dei beni del fondo patrimoniale (in questo senso OPPO, Patrimoni autonomi familiari ed esercizio di attività economica, in Rivista di diritto civile, 1989, p. 318).
114 XXXXXXX, Appunti sulla proprietà nell’interesse altrui, in Trust e attività fiduciarie, 2007, p. 170.
115 Cfr. QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in
Contratto e Impresa, cit., p. 1738.
116 Sulla frattura dell’unitarietà dell’istituto della proprietà x. XXXXXXXXX, La proprietà e le proprietà, in La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1964, p. 308 ss. La dottrina, invero, da tempo individua una crisi della nozione tradizionale e monolitica di proprietà, mettendo in discussione l’unitarietà dell’istituto: così ad esempio nel caso di obbligazione derivante da contratto preliminare o negozio
L’art. 2645 ter c.c. avrebbe, dunque, segnato l’ingresso nel nostro sistema di una nuova concezione del diritto di proprietà c.d. “funzionale”, dissociabile tra il titolare e i soggetti “interessati” in funzione di un miglior sfruttamento del bene oggetto dell’atto di destinazione117.
Secondo altra parte della dottrina, invece, va escluso che l’art. 2645 ter c.c. costituisca un’apertura all’atipicità sul piano del diritto sostanziale118.
Si argomenta, infatti, che sebbene l’art. 2645 ter c.c. con il rinvio all’art. 1322 c.c. dia ampio spazio all’autonomia privata nell’individuazione della c.d. causa destinationis, a tale “atipicità” dell’atto di destinazione non conseguirebbe necessariamente anche un’atipicità del diritto costituito o trasferito.
Il rinvio all’art. 1322 c.c., dunque, riguarda solo la causa dell’atto di destinazione e non l’effetto, in quanto considerare atipico anche il
fiduciario, si tende a riconoscere nel diritto dell’obbligato una proprietà “dissociata”, limitata dall’obbligazione stessa, rilevando come il proprietario non possa alterare lo stato giuridico e materiale della cosa e anzi gravi su di lui l’obbligo di custodia nell’interesse di un diverso soggetto (così SACCO, Il possesso, in Trattato di dir. civ. e comm., fondato da Xxxx e Messineo, VII, Milano, 1988, p. 101 ss, che definisce “proprietà smembrata” quella in capo al mandatario nel mandato senza rappresentanza ad acquistare immobili); altre ipotesi di proprietà “dimezzata” si ravvisano nella proprietà dell’alienante sotto condizione sospensiva o dell’acquirente sotto condizione risolutiva (v. XXXXXX, voce Aspettativa di diritto, in Digesto dic. priv., sez. civ., I, Torino, 1987, p. 466).
117 STEFINI, Destinazione patrimoniale ed autonomia negoziale: l’art. 2645 ter x.x.,
xxx., x. 00.
000 X’XXXXXXXX, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. not., cit., p. 1547; CEOLIN, in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
diritto di proprietà su cui incide il vincolo di destinazione si porrebbe in contrasto con il principio di tipicità dei diritti reali119.
Neppure potrebbe sostenersi che l’art. 2645 ter c.c. abbia introdotto un nuovo diritto reale, posto che il principio di tipicità, per essere rispettato pretende che la norma preveda espressamente e tassativamente il diritto reale e lo disciplini altrettanto espressamente ed esaurientemente. Nel caso, tuttavia, dell’art. 2645 ter c.c., il legislatore ha tipizzato il modello (l’atto di destinazione) ma non il contenuto lasciato all’autonomia privata, per cui va escluso che la norma in esame abbia dato vita ad un nuovo diritto reale tipizzato120. Secondo tale impostazione che appare condivisibile, l’art. 2645 ter
c.c. non avrebbe, dunque, legittimato una proprietà atipica in quanto funzionalizzata.
In altre parole il vincolo di destinazione non andrebbe ad incidere intrinsecamente sul diritto di proprietà (che rimane quello di diritto comune), ma costituirebbe unicamente un limite al potere di godimento del proprietario, il quale dovrà tenere un comportamento tale da rendere possibile la realizzazione del vincolo di destinazione121.
119 Così sempre CEOLIN, in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000, il quale precisa che “se è certo vero che l’atto di destinazione è previsto dalla legge (ed è quindi tipico), non altrettanto può dirsi per il suo contenuto che non è chiaramente determinato; essendo rimesso, in concreto, alla determinazione delle parti, esso può risultare atipico nel senso di cui all’art. 1322 c.c.: ossia l’individuazione dello scopo è rimessa di volta in volta all’autonomia privata”.
120 Così GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 167. 121 XXXXX XXXXXXX, Il rapporto tra l’art. 2645 tre c.c. e l’art. 2740 c.c.: un’analisi economica della nuova disciplina, in Banca, borsa e titoli di credito, cit.,
p. 185, secondo la quale il vincolo di destinazione è un fattore esterno che non modifica intrinsecamente il diritto del proprietario; RUSSO, Il negozio di
Il conferente, dunque, è titolare del diritto di proprietà sul bene vincolato ed assume con l’atto di destinazione l’obbligo di non tenere un comportamento incompatibile con la realizzazione dello scopo di destinazione.
Allo stesso modo, nel caso in cui vi sia un trasferimento di proprietà del bene ad un gestore per la realizzazione dell’interesse meritevole di tutela, questi sarà titolare di una proprietà formalmente piena ed assumerà l’obbligo di gestire il bene in modo da realizzare lo scopo della destinazione.
Ricostruito il vincolo di destinazione come una limitazione al diritto di godimento del proprietario, viene spontaneo chiedersi in quale rapporto la nuova fattispecie introdotta dall’art. 2645 ter x.x. xx xxxxx xxx xx x.x. xxxxxxxxx xxxxxxxxxx.
Secondo parte della dottrina la proprietà vincolata ex art. 2645 ter c.c. sarebbe una proprietà simile a quella fiduciaria così come tradizionalmente intesa122, ossia come proprietà di diritto comune caratterizzata da un vincolo meramente obbligatorio123.
destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1249; PALERMO, La destinazione di beni allo scopo, in La proprietà e il possesso, Diritto civile, diretto da Lipari e Xxxxxxxx, vol. II, Successioni, donazioni, beni, cit., p. 396.
122 Così CEOLIN, Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla
destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
000 Xx parla di “negozio fiduciario” quando un soggetto (fiduciante) trasferisce un
bene ad un altro soggetto (fiduciario) imponendogli nello stesso tempo il vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto oppure di trasferirlo ad un terzo oppure di farne un uso determinato (ci si riferisce al riguardo alla “fiducia cum amico”). Tradizionalmente si ritiene che il patto fiduciario abbia efficacia meramente obbligatoria, non efficacia reale, ossia vincola le parti tra loro, ma non è opponibile ai terzi; così chi acquista un bene con contratto fiduciario ne acquista la piena proprietà, non una proprietà limitata e può validamente disporne. Se il fiduciario, violando il patto, vende ad un terzo, questi acquista validamente e il
Al di là di tale somiglianza, tuttavia, la fattispecie in esame pare discostarsi dal negozio fiduciario per quanto concerne vari aspetti.
Quanto alla struttura, si era più volte in passato tentato di ricostruire il contratto fiduciario come un unitario contratto, avente una propria causa, la causa fiduciae124.
Abbandonati tali tentativi, la teoria oggi maggioritaria e più accreditata ritiene che il contratto traslativo e il patto fiduciario costituiscano contratti separati, anche se tra loro collegati e la nozione
fiduciante avrà definitivamente perduto il bene; altro non potrà ottenere se non la condanna del fiduciario infedele al risarcimento dei danni (così ex multis in dottrina XXXXXXX, Diritto Civile e Commerciale, Le obbligazioni e i contratti, vol. II, tomo I, p. 524; XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile,, cit.,
p. 197; XXXXXXX XXXXXXX, Negozio giuridico nel diritto privato italiano, cit., p. 244; BIANCA, Diritto Civile, Il Contratto, Milano, 2000, p. 711; in giurisprudenza Cass., 29 novembre 1985, n. 5958, secondo cui “Il divieto di alienazione, posto a carico dell'acquirente in forza di pactum fiduciae, spiega effetti meramente interni (art. 1379 c.c); l'inosservanza di tale divieto, pertanto, non interferisce sulla validità del contratto con il quale il fiduciario abbia trasferito il bene ad un terzo, indipendentemente dalla buona o mala fede di quest'ultimo, salvo restando il diritto del fiduciante di essere risarcito del danno derivantegli dall'inadempimento di quel patto”). Si distingue tra fiducia dinamica, implicante un atto traslativo dal fiduciante al fiduciario e fiducia xxxxxxx, ove il fiduciario è già proprietario del bene (generalmente in base ad un acquisto effettuato da un terzo con denaro del fiduciante), ma in forza del pactum fiduciae si obbliga verso il fiduciante ad esercitare il proprio diritto secondo le istruzioni di quest’ultimo ed a ritrasferirglielo su sua richiesta.
124 Così GRASSETTI, Del negozio fiduciario e della sua ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico, in Riv. dir. comm., 1936, I, p. 345, secondo il quale l’effetto obbligatorio (ossia l’obbligo di utilizzare il bene per un fine determinato) costituirebbe la causa giustificatrice dell’effetto reale. Tale tentativo di ricostruzione del negozio fiduciario come negozio unitario e dotato di una propria causa è stato da più parti criticato, tanto da essere poi abbandonato dalla letteratura (critiche sono state sollevate da XXXXXXXXX, voce Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, in Xxx. xxx xxx., Xxxxxx, 0000, x. 00 xx; SACCO, La causa, in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxxxxx, volume X, Torino, 1995, p. 325 ss.
di causa fiduciae altro non esprimerebbe se non il collegamento fra questi due contratti125.
L’atto di destinazione, viceversa, non si caratterizza di norma per la coesistenza di due contratti collegati, di cui uno opponibile ai terzi e l’altro con effetti obbligatori limitati alle parti, ma sarebbe invece un atto unitario e causalmente orientato.
Rispetto al patto fiduciario, poi, la fattispecie di cui all’art. 2645 ter
c.c. si distingue in quanto prevede espressamente l’opponibilità del
vincolo nei confronti dei terzi126.
8. La forma
L’art. 2645 ter c.c. richiede la redazione in forma pubblica dell’atto di destinazione.
Nel nostro ordinamento giuridico la forma dell’atto pubblico è prescritta ad substantiam in alcuni casi per la rilevanza degli effetti dell’atto nei confronti dell’autore o di terzi (così nella donazione, patto di famiglia, riconoscimento del figlio naturale, convenzioni matrimoniali) in altri casi per il conseguimento della personalità giuridica (ad esempio per la costituzione di società di capitali).
125 XXXXXXX, Diritto Civile e Commerciale, Le obbligazioni e i contratti, vol. II, tomo I, p. 525; Cass., 7 agosto 1982, n. 4438, che statuisce: “il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto ed avente efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del negozio esterno, per cui il fiduciario è tenuto a trasferire la cosa o il diritto attribuitogli con il negozio reale all’altro contraente o a un terzo”.
126 Del tema si tratterà più approfonditamente nel capitolo 3.
Ci si è chiesti in dottrina se la forma pubblica sia prevista dall’art. 2645 ter c.c. quale requisito per la trascrivibilità oppure ad substantiam.
Secondo una parte della dottrina tale prescrizione formale sarebbe richiesta ad substantiam127.
A sostegno di tale tesi viene confrontato l’art. 2645 ter c.c. con il precedente art. 2645 bis c.c. relativo alla trascrizione del preliminare, che espressamente prevede che la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente è richiesta ai soli fini della trascrizione; la mancanza di tale precisazione all’art. 2645 ter c.c. renderebbe, pertanto, la forma pubblica richiesta da quest’ultimo articolo regola sulla fattispecie e quindi rilevante anche ai fini della validità dell’atto di destinazione128.
L’opinione prevalente in dottrina appare, tuttavia, essere quella per cui la prescrizione della forma pubblica non è prevista a pena di nullità, ma ai soli fini dell’accoglimento della formalità pubblicitaria e quindi di opponibilità del vincolo di destinazione nei confronti dei terzi129.
127 XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 171. In senso analogo anche XXXXXX, Il nuovo art. 2645 ter c.c., in Notariato, 2006, p. 318, che ritiene tale prescrizione caratterizzare il profilo strutturale, e non pubblicitario, della fattispecie.
128 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit., p. 172. A sostegno della forma pubblica ad substantiam si schiera anche XXXXXXXXXXXX, Profili dell’atto di destinazione, Rassegna di diritto civile, cit., p. 1007, secondo cui l’atto pubblico, come processo di formazione del negozio, si propone quale strumento eccellente per far emergere e valutare la meritevolezza dell’interesse.
129 Così SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 163 ss; XXXXXXXXXXXX, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in A.A.V.V., Trust. Applicazioni ne diritto commerciale e azioni a tutela dei diritti in trust, cit., p. 257; M BIANCA, D’ERRICO, DE DONATO, PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00 xx;
La separazione dei beni vincolati, dunque, è effetto che può essere unicamente ottenuto ed opposto se l’atto di destinazione riveste la forma solenne dell’atto pubblico ed è trascritto.
Si tratterebbe, dunque, di una previsione di forma pubblica “ad transcriptionem”130.
La mancanza di forma non comporta, pertanto, la nullità dell’atto di destinazione, non essendo richiesta ad substantiam, bensì la sua non trascrivibilità e conseguentemente l’inopponibilità della destinazione131.
L’atto di destinazione resta comunque valido e produce in questo caso unicamente effetti obbligatori132.
XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; X’XXXXXXXX, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. not., cit., p. 1535 ss.
130 A sostegno di tale tesi si argomenta anche dal tenore letterale dell’art. 2645 ter c.c., che parla di “atti in forma pubblica (..) che possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione”, così XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000 ss, secondo cui la forma pubblica richiesta “ad transcriptionem” va ricondotta sostanzialmente all’obiettivo di rendere edotte le parti interessate della gravità degli effetti scaturenti dal negozio di destinazione, del quale si vorrebbe la trascrizione allo scopo di rendere opponibili ai terzi i suoi effetti; obiettivo la cui realizzazione dipenderebbe principalmente dalla presenza del notaio, tenuto a verificare che tutti gli elementi strutturali della fattispecie sussistano per la valida opponibilità del vincolo di destinazione costituito con il relativo negozio. Sempre secondo XXXXXXXX la necessità della forma pubblica ai fini della trascrizione dell’atto di destinazione si giustifica alla luce della particolare ratio della sua prescrizione che sarebbe quella, tramite l’indagine della volontà delle parti che il notaio deve svolgere obbligatoriamente a pena di nullità ex art. 47 l. not., di assolvere la funzione di protezione degli interessi delle parti.
131 Sul punto X’XXXXXXXX, Il negozio di destinazione nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Riv. not., cit., p. 1535 ss., che evidenzia come solo negando che la forma pubblica sia prescritta ad substantiam si potrà consentire la valida conclusione di un atto di destinazione mediante l’utilizzo di una procura rilasciata anche in forma non pubblica.
132 Critica tale conclusione XXXXXXXXXXXX, Profili dell’atto di destinazione, Rassegna di diritto civile, cit., p. 1005, secondo cui l’efficacia meramente
Ciò significa che un atto di disposizione per scrittura privata potrà ritenersi valido esclusivamente tra le parti e secondo la disciplina ordinaria; qualora la sottoscrizione sia autenticata l’atto potrà essere trascritto ove rientri tra gli atti soggetti a trascrizione ai sensi degli artt. 2643 e 2645 bis, ma ai soli effetti previsti dall’art. 2644 c.c. e non per dar vita all’effetto segregativo133.
Il requisito della forma pubblica potrà dirsi assolto anche nei casi in cui l’atto di destinazione sia contenuto in un verbale di conciliazione giudiziale ex art. 185 c.p.c. o in un verbale di separazione consensuale omologato dal Tribunale, stante la natura di atto pubblico del verbale sottoscritto dal cancelliere o dal Giudice134.
obbligatoria dell’atto di destinazione non concluso in forma pubblica sarebbe tutto sommato “inutile, tranne voler sostenere un interesse delle parti alla destinazione a prescindere dalla sua opponibilità, situazione questa assolutamente improbabile”.
133 La precisazione è di SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666, il quale evidenzia come l’effetto segregativo non potrà essere ottenuto neppure mediante un giudizio di accertamento delle sottoscrizioni, dato che il problema non è quello di veridicità delle firme, ma della forma prescritta dall’art. 2645 ter c.c. per la trascrizione dell’atto ai fini della produzione degli effetti segregativi.
134 Come riconosciuto dalla dottrina e giurisprudenza prevalenti, infatti, ha natura di atto pubblico ed è titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c. il verbale redatto dal cancelliere avanti al Presidente del Tribunale. In tal senso si vedano in giurisprudenza: Cass., 14 maggio 2003, n. 7437, in Fisco, 2003, p. 5706 (che ha ribadito la natura di atto pubblico del verbale di separazione); Cass., 15 maggio 1997, n. 4306, in Fam. e dir., 1997, p. 417, con nota di CARAVAGLIOS. In dottrina vedi: SICCHIERO, La trascrizione e l’intavolazione, Torino, 1993, p. 402; OBERTO, Prestazioni “una tantum” e trasferimenti tra coniugi in occasione di separazione e divorzio, Milano, 2000, p. 177 ss; OBERTO, Famiglia e rapporti patrimoniali. Questioni d’Attualità, Milano, 2002, p. 517 ss.; XXXXXXXXX, La trascrizione, in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxxxxx, XIX, Torino, 1985,
p. 153; XXXXXXX, I trasferimenti di beni tra coniugi nel procedimento di separazione personale nel diritto civile e nelle leggi fiscali, in Vita not., 1993, p. 1048; XXXXX, Trasferimenti immobiliari ( e costituzioni di altri diritti reali) tra coniugi separandi o divorziandi, nota a Trib. Firenze, 7 febbraio 1992, in Dir. fam, 1993, p. 171 ss; XXXXXXX, L’intervento del notaio nei trasferimenti di beni tra coniugi nella separazione personale, in Riv. not., 1994, I, p. 289; XXXXXXXX, Dati
Non può escludersi poi la configurabilità di un preliminare di un atto di destinazione.
In tal caso qualora il contratto preliminare abbia forma di atto pubblico la sua trascrizione produrrà l’effetto segregativo di cui all’art. 2645 ter c.c. (fermi i presupposti di efficacia previsti dall’art. 2645 bis c.c.); nel caso in cui, invece, il preliminare sia stato concluso per scrittura privata autentica la sua trascrizione produrrà solo gli effetti di opponibilità previsti dall’art. 2645 bis c.c135.
9. L’atto di destinazione può avere forma testamentaria?
Ci si è chiesti se l’atto di destinazione possa rivestire anche forma testamentaria.
Sono vari gli argomenti portati da chi ritiene che gli atti di destinazione non possano avere forma di testamento.
catastali e pubblicità dell’assegnazione al coniuge separato della casa familiare, in Fam. e dir., 1994, p. 442; GIVRI, Separazione consensuale: ricevimento di dichiarazioni negoziali ed ambito della giurisdizione, in Dir. fam., 1998, p. 998; XXXXX, Autonomia privata e “causa” familiare. Gli accordi traslativi tra i coniugi in occasione della separazione personale e del divorzio, Milano, 1996, p. 383; XXXXXXXXXX, I rapporti patrimoniali nella crisi della famiglia e nel fallimento, Milano, 1996, p. 204; GAMMONE, Rassegna di dottrina e giurisprudenza in tema di trascrivibilità del verbale di separazione personale dei coniugi, in Riv. not., 1998, p. 176.
135 Così SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., cit.. L’autore prende in considerazione anche l’ipotesi della trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare (art. 2652 n. 2 c.c.), ove pure dovrà distinguersi se il preliminare sia redatto in forma pubblica oppure solo per scrittura privata. Nel primo caso l’effetto segregativo prodotto dalla sentenza retroagirà alla trascrizione della domanda, nel secondo caso invece l’effetto segregativo sarà prodotto dalla trascrizione della sentenza (atto pubblico), mentre la retroattività della sentenza riguarderà solo l’opponibilità ai sensi dell’art. 2644 c.c.
La collocazione della norma tra l’art. 2645 bis c.c. sulla trascrizione del contratto preliminare e l’art. 2646 c.c. avente ad oggetto la trascrizione delle divisioni potrebbe, infatti, far ritenere che gli atti di destinazione possano avere soltanto natura inter vivos e non anche mortis causa.
Manca, poi, nell’art. 2645 ter c.c. un riferimento alla forma testamentaria, come invece avviene per il fondo patrimoniale all’art. 167 c.c. e d’altronde l’art. 2648 c.c. in tema di trascrizione degli acquisti a causa di morte non richiama il nuovo art. 2645 ter c.c136.
Si evidenzia, inoltre, come l’art. 2645 ter c.c. - attribuendo la legittimazione ad agire per la realizzazione del fine di destinazione in primo luogo al “conferente” e precisando che gli altri soggetti interessati possiedono una siffatta legittimazione “anche durante la vita del conferente stesso” - appare presupporre la necessaria esistenza in vita (non solo quando il negozio istitutivo viene posto in essere, ma quando esso sta producendo i suoi effetti) dell’autore della destinazione137.
136 XXXXXXXXXXXX, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in A.A.V.V.,
Trust. Applicazioni nel diritto commerciale e azioni a tutela dei diritti in trust, cit.,
p. 257, la quale evidenzia in ogni caso come la mancanza all’art. 2648 c.c. del richiamo all’art. 2645 ter c.c. si tratti probabilmente di un difetto di coordinamento. Sul punto anche DE ROSA, Atti di destinazione e successione del disponente, in Atti notarili di destinazione di beni. L’art. 2645-ter c.c., Convegno Milano del 19 giugno 2006; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000 ss.
137 BARTOLI, Riflessioni sul nuovo art. 2645 ter c.c. e sul rapporto tra negozio di destinazione di diritto interno e trust, in Giur. it., 5/2007, p. 1301, che a favore della tesi negativa all’atto di destinazione in forma testamentaria rileva anche come l’art. 603 c.c. richieda per il testamento pubblico la presenza di due testimoni, di cui invece l’art. 2645 ter c.c. non parla.
La dottrina, tuttavia, in modo pressoché uniforme appare concorde nel ritenere che l’atto di destinazione possa rivestire la forma di testamento138.
Conformemente a quanto si è visto nel capitolo che precede per quanto attiene alla forma, l’effetto dell’opponibilità del vincolo ai terzi potrà essere conseguito solo qualora il testamento rivesta la forma dell’atto pubblico139.
La letteratura prevalente, infatti, ritiene che solo il testamento pubblico rappresenti titolo per la trascrizione assimilabile all’atto pubblico inter vivos, mentre la pubblicazione del testamento olografo e il deposito del testamento segreto costituirebbero formalità riconducibili essenzialmente all’accertamento della giuridica esistenza di una scrittura privata140.
Al contrario vi è qualche autore secondo cui l’atto di destinazione potrebbe essere contenuto anche in un testamento olografo141.
A sostegno di tale tesi viene evidenziato da un lato come al fine di favorire l’autonomia testamentaria, il nostro ordinamento attribuisca piena equipollenza quanto agli effetti alle diverse forme di testamento
138 DE XXXXXX, Elementi dell’atto di destinazione, in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 00 giugno 2006.
139 DE XXXXXX, Elementi dell’atto di destinazione, in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 00 giugno 2006; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; M BIANCA, D’ERRICO, DE DONATO, PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00 xx.; XXXXXXXXXXXX, Profili dell’atto di destinazione, Rassegna di diritto civile, cit., p. 1008.
140 Cfr D’ERRICO, Trascrizione del vincolo di destinazione, in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter x.x., Xxxxxx, 00 giugno 2006. 141 XXXXX, Xxxxx note in tema di vincolo testamentario di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., in Riv. Not., 2007, p. 509.
(olografo, pubblico e segreto)142; dall’altro come anche per altre fattispecie di destinazione di un patrimonio ad uno scopo, quali ad esempio la fondazione, vi sia accordo in letteratura sulla possibilità di costituzione mediante testamento olografo143.
10. L’oggetto
Un problema ulteriore si pone con riguardo all'oggetto, poiché l'art. 2645 ter c.c. menziona inizialmente quali oggetti degli atti di destinazione i beni immobili e i beni mobili registrati, mentre successivamente la norma precisa che possono essere impiegati per il fine di destinazione non solo i “beni conferiti”, ma anche i “loro frutti”.
Tale precisazione fa sorgere la questione se possano o meno costituire oggetto della destinazione anche beni diversi da beni immobili o mobili registrati.
Vi è chi sostiene che la norma implicitamente ammetta anche l’atto di destinazione relativo a beni mobili non registrati, purché per tali beni sia prevista una forma di pubblicità idonea a rendere edotti i terzi della presenza del vincolo di destinazione144.
142 TONDO, Appunti sul vincolo di destinazione. L’art. 2645 ter c.c., in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 168.
143 Così XXXXXXXXXXXX, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in A.A.V.V., Trust. Applicazioni nel diritto commerciale e azioni a tutela dei diritti in trust, cit., p. 258.
144 Tale tesi estensiva è sostenuta da BARALIS, Prime riflessioni in tema di art.
2645 ter c.c., in Negozio di Destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 134; BIANCA, Novità e continuità dell'atto negoziale di destinazione, in La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione, cit.,
Così potrebbero essere sottoposti a vincolo di destinazione i titoli di credito, per i quali è possibile procedere a specifico annotamento del vincolo, analogamente a quanto avviene per il fondo patrimoniale145. Vi è perfino chi ritiene che oggetto dell’atto di destinazione possano essere anche quote di s.r.l.146.
A favore della tesi positiva si è rimarcato come in base alla lettera della norma anche i frutti dei beni destinati (cioè beni, appunto, mobili non registrati) soggiacciano al vincolo di destinazione.
L’art. 2645 ter c.c. parlerebbe, poi, solo di beni immobili e mobili registrati perché, come suggeriscono sia la sua collocazione nel codice civile sia la sua parte iniziale, si tratta di norma dettata in tema di trascrizione.
La norma poi contiene, al suo interno, il rinvio all'art. 1322 comma 2
c.c. da cui potrebbe evincersi l'ammissibilità, quale che ne sia l'oggetto e ferma la realizzazione di interessi meritevoli di tutela, di un atto di destinazione147.
p. 37; DE XXXXXX, L’atto di destinazione – profili applicativi, in Vita not., 1/2007, p. 344; XXXXX, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Vita not., 2006, p. 982; QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1717 ss; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; possibilista parrebbe altresì TONDO, Appunti sul vincolo di destinazione. L’art. 2645 ter c.c., in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, cit., p. 168.
145 QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in
Contratto e Impresa, cit., p. 1727.
146 BIANCA, D’ERRICO, DE XXXXXX, PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00.
147 Così XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit.,
p. 162. Sul tema va ricordato, tuttavia, che è discussa la possibilità di costituire quote di srl in un fondo patrimoniale. Fino all’introduzione della legge 12 agosto 1993 n. 310, che ha previsto il deposito per l’iscrizione al registro delle imprese della cessione, la dottrina e la giurisprudenza negavano risolutamente tale
Vi sarebbero d’altronde nel nostro ordinamento sia norme codicistiche sia numerose leggi speciali, che prevedono forme di separazione patrimoniale concernenti anche mobili non registrati148.
Xxxxxxx autore sostiene addirittura che qualsiasi bene mobile a prescindere da adeguate forme di pubblicità possa essere oggetto dell’atto di destinazione, purché quest’ultimo abbia data certa149.
possibilità. Con l'entrata in vigore della l. 310/93, le vicende traslative e di costituzione di diritti che riguardano la cessione di quote di srl sono state inserite in un meccanismo di pubblicità legale, reso più rilevante dopo l'entrata in vigore della riforma del diritto societario, che ha introdotto l'art. 2470 terzo comma c.c. in base al quale in tema di cessione di quote di srl il conflitto tra gli aventi diritto di uno stesso xxxxx causa è risolto in base alla priorità dell'iscrizione dell'acquisto nel registro delle imprese; inoltre è stata espressamente prevista la possibilità che la quota di srl sia oggetto di sequestro, pegno ed usufrutto, con ciò ammettendo, almeno nei primi due casi, l'apposizione di vincoli di destinazione. L’introduzione delle forme di pubblicità appena richiamate ha portato vari autori a ritenere ammissibile il conferimento in fondo patrimoniale pure di quote di srl, che sarebbero da qualificare come beni mobili registrati (così DE MARCHI, Fondo patrimoniale, Milano, 2005, pp. 151 ss.; XXXXXXX, Costituzione di partecipazione di s.r.l. in fondo patrimoniale, in Fam. pers. e succ., 2007, p. 159; DI SABATO, Diritto delle società, Milano, 2005, p. 479). In realtà la stessa natura della quota di srl quale bene mobile registrato è dubbia. La giurisprudenza in varie pronunce ha escluso la possibilità di conferire quote di srl in fondo patrimoniale, affermando che la quota di srl non è qualificabile come bene mobile registrato, bensì come bene mobile immateriale (così di recente Cass., 21 ottobre 2009, n. 22361, che ha appunto affermato: “la quota di partecipazione in una società a responsabilità limitata esprime una posizione contrattuale obiettivata, che va considerata come bene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell'art. 812 c.c., per cui ad essa possono applicarsi, a norma dell'art. 813, ultima parte, c.c., le disposizioni concernenti i beni mobili; si vedano poi Cass., 23 gennaio 1997, n. 697; Cass., 12 dicembre 1986, n. 7409; Cass., 27 gennaio 1984, n. 640; Trib. Milano, 28 marzo
2000; Cass., 26 maggio 2000, n. 6957, in Dir e prat. soc., 2000, p. 95; in dottrina XXXXXXX, Diritto Commerciale, Le società, Bologna, 2003, p. 456; CAMPOBASSO, Diritto commerciale, Torino, 2004. p. 198).
148 Sul punto sempre XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 162, che cita le disposizioni del codice civile in tema di vincoli sulle partecipazioni societarie e di patrimoni destinati ad uno specifico affare nella s.p.a., nonché le leggi sulla cartolarizzazione dei crediti, sui fondi pensione, sui fondi comuni di investimento, sulle Sicav e sulla dematerializzazione dei titoli di credito. 149 Così per XXXXXXXX (in La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir. civ., cit., p. 162), che ritiene che oggetto degli atti di destinazione possano essere
Quest’ultima impostazione, tuttavia, non appare condivisibile, in quanto laddove una forma di pubblicità idonea non sia possibile, come avviene per i beni mobili in generale, non si potrà produrre l’effetto della separazione e neppure sarà possibile ricorrere all’art. 2645 ter c.c.150
Altra parte della dottrina tuttavia propende per la tesi che limita l’oggetto degli atti di destinazione ai beni immobili e mobili registrati151.
beni mobili non registrati, l’opponibilità del vincolo discenderà pertanto dal rispetto dei principi ordinari, cioè dalla data certa come si evincerebbe dall'art. 2915, 1° comma, c.c. cui la stessa parte finale dell'art. 2645 ter c.c. fa rinvio. Ipotizza che questo possa essere un argomento a favore della tesi del negozio di destinazione mobiliare anche GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter c.c., in Giust. civ., cit.,
p. 165, il quale però propende poi per un’interpretazione della norma in senso restrittivo (l'autore, fra l'altro, come si vedrà in seguito ritiene errato il rinvio dell'art. 2645 ter c.c., al 1° comma dell'art. 2915 c.c.).
150 Così CEOLIN (in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato -
Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x.
000) che evidenzia come elemento essenziale della fattispecie di cui all’art. 2645 ter
c.c. sia quello della separazione patrimoniale, separazione che per prodursi richiede necessariamente uno strumento pubblicitario di modo da rendere opponibile il vincolo ai terzi; secondo l’A., infatti, ammettere una destinazione opponibile anche per i beni mobili non pubblicizzati e fondata solo sulla data certa dell’atto significherebbe addossare ai creditori il rischio della separazione, in contrasto proprio con la ratio della norma, la quale, se indubbiamente ha introdotto un’ulteriore eccezione all’art. 2740 c.c., tuttavia richiede un adeguato equilibrio di interessi, nel senso che la separazione patrimoniale, con consequenziale impossibilità per i creditori di agire esecutivamente sui beni, deve accompagnarsi ad un’adeguata forma di pubblicità oggettiva.
151 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000; XXXXXXX, Le destinazioni patrimoniali atipiche, Esegesi dell’art. 2645 ter x.x., xx Xxxx. xxx. xxx., xxx., x. 0; MURITANO, Negozio di destinazione e trust interno, in Atti di destinazione e trust, Padova, 2008, p. 267; NONNE, Separazione patrimoniale e modelli familiari: il ruolo del trust, in Famiglia, pers. e succ., 2007, p. 449; PALERMO, La destinazione di beni allo scopo, in La proprietà e il possesso, Diritto civile, diretto da Lipari e Xxxxxxxx, vol. II, Successioni, donazioni, beni, cit.,
p. 401; RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1252; BARTOLI, Riflessioni sul nuovo art. 2645 ter c.c. e sul rapporto tra negozio di destinazione di diritto interno e trust, in
Vari sarebbero gli argomenti a favore delle tesi restrittiva.
Innanzitutto l'art. 2645 ter c.c. non si limita a prevedere la trascrivibilità degli atti di destinazione, ma ne fornisce la nozione e ne descrive gli effetti, sì che pare innegabile la sua natura non solo di norma sulla trascrizione, ma anche di norma sostanziale: di conseguenza si ritiene non si possa andare oltre la lettera della disposizione in quanto trattasi di norma sulla fattispecie.
Appare poi probabile che, al di fuori di quanto consentito dall'art. 2645 ter c.c., riprenda vigore la riserva di legge di cui all'art. 2740, 2° comma, c.c. e che, pertanto, mancando una norma sostanziale su cui fondare un atto di destinazione mobiliare, ne dovrebbe risultare precluso l'effetto di separazione152.
Neppure il riferimento ai “frutti” contenuto nell'ultimo periodo dell'art. 2645 ter c.c. pare decisivo per l'adesione alla tesi estensiva, poiché anche in tema di fondo patrimoniale, è pacifico che – pur essendovi una norma (l'art. 167 c.c.) restrittiva in tema di oggetto iniziale del fondo e norme (gli artt. 168, 2° comma e 170 c.c.) che dichiarano inclusi nel medesimo anche i frutti dei beni inizialmente
Giur. it., cit., p. 1298, il quale evidenzia come a suo parere neppure il rinvio all'art. 1322, 2° comma c.c. sembri decisivo, sia perché esso è contenuto in una norma recante inequivoca menzione dei soli immobili o mobili registrati, sia perché l'art. 2645 ter c.c. (il quale, prevedendo il negozio di destinazione, lo rende “tipico”) avrebbe forse più propriamente dovuto rinviare all'art. 1322, 1° comma, c.c. (che consente all'autore della destinazione di liberamente determinare, sia pure nel rispetto dei limiti di legge, il contenuto del negozio).
152 Così D’ERRICO, Le modalità della trascrizione ed i possibili conflitti che possono porsi tra beneficiari, creditori ed aventi causa del “conferente”, in Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata, Milano, 2007, p. 92, che parla di inderogabilità dell’art. 2645 ter; XXXXXXXXXX, Il negozio di destinazione, cit., p. 43.
conferiti – i beni mobili non registrati non possano essere conferiti in detto fondo destinato.
Un’interpretazione estensiva dell’art. 2645 ter c.c. d’altronde non potrebbe ricavarsi neppure dal rinvio che la norma fa all’art. 2915 comma 1 c.c. e dalla circostanza che quest’ultima disposizione prenda in considerazione anche l’ipotesi dei beni mobili non registrati, per i quali viene richiesta la certezza della data153.
In conclusione per la tesi restrittiva non potranno essere oggetto dell’atto di destinazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 2645 ter c.c. altro che i beni espressamente indicati nella disposizione in questione, ossia i beni immobili e mobili registrati, con esclusione anche di quei beni mobili per i quali sia prevista una qualche forma di pubblicità.
Tale argomentazione appare condivisibile se si considera che – come più volte evidenziato – l’art. 2645 ter c.c. è norma sostanziale, nella quale sono indicati tutti gli elementi della fattispecie.
Non parrebbe, dunque, potersi effettuare un’interpretazione estensiva della norma, che testualmente limita l’oggetto degli atti di destinazione ai soli beni immobili e mobili registrati.
153 GAZZONI, Osservazioni sull’art. 2645-ter x.x., xx Xxxxx. xxx., 0000, xxx., x. 000, xxxxxxx cui il richiamo all’art. 2915 comma 1 c.c sarebbe un vero e proprio errore: non essendo il vincolo di destinazione un vincolo di indisponibilità il richiamo avrebbe dovuto essere fatto al secondo comma dello stesso art. 2915 c.c.
11. La durata
L’art. 2645 ter fissa la durata massima degli atti di destinazione, che non possono produrre effetti per un periodo superiore a novanta anni o alla vita della persona fisica beneficiaria.
Superato tale termine il contratto potrà eventualmente rimanere valido tra le parti, ma cesserà l’effetto segregativo e quindi la sua opponibilità ai creditori154.
Scaduto il termine fissato dalle parti o quello massimo indicato dalla legge, il bene rientrerà nella disponibilità del titolare ove ancora vivente o dei suoi eredi.
Al riguardo si ritiene che fino alla scadenza il beneficiario sarà detentore del bene oggetto dell’atto di destinazione nell’interesse proprio; scaduto il termine qualora il beneficiario rifiuti di restituire il bene, tale rifiuto varrà come interversione del possesso ai fini dell’acquisto per usucapione155.
In relazione alla durata degli atti di destinazione, ci si è chiesti in dottrina se il termine di novanta anni previsto dalla norma possa essere riferito anche alle persone fisiche o solo alle persone giuridiche. In altre parole se nell’atto di destinazione in cui beneficiario sia persona fisica sia possibile individuare un termine diverso dalla vita
154 Sul tema SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666, che evidenzia come l’effetto segregativo venga veno anche in presenza di clausole di proroga del termine, se la durata prorogata ecceda il termine massimo fissato dall’art. 2645 ter c.c.
155 Sempre SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666.
del beneficiario, purché entro il limite massimo di novanta anni previsto dall’art. 2645 ter c.c.
Il quesito è stato risolto da parte della dottrina nel senso che il termine di novant’anni si riferirebbe anche alle persone fisiche oltre a quelle giuridiche156.
Tale conclusione pare possa trarsi anche dal confronto con l’art. 979
c.c. che in tema di usufrutto, diversamente dall’art. 2645 ter c.c., distingue in modo netto la durata massima del diritto per le persone giuridiche da quella per le persone fisiche157.
Di conseguenza quando il vincolo di destinazione ha per beneficiario una persona fisica sarà possibile individuare un termine che non potrà comunque essere superiore a novanta anni oppure collegare la durata dell’atto alla vita del beneficiario, che - per astratto - potrebbe anche essere superiore a novant’anni158.
Si è posto in questi casi il problema degli effetti di un atto di destinazione in cui il beneficiario persona fisica muoia prima della scadenza del termine previsto nell’atto di destinazione.
Pare condivisibile al riguardo la soluzione della dottrina che, sottolineando la natura di diritti di credito dei beneficiari dell’atto di destinazione, ha ritenuto che in linea generale i diritti dei beneficiari
156 DE XXXXXX, L’atto di destinazione – profili applicativi, in Vita not., 1/2007, p. 346; BIANCA, D’XXXXXX, DE XXXXXX, PRIORE, L’atto notarile di
destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00.
000 X’argomentazione condivisibile è di XXXXXX, in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
000 Sul punto BIANCA, D’ERRICO, DE XXXXXX, PRIORE, L’atto notarile di destinazione. L’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 00, xxxxxxxxx che il termine collegato alla vita del beneficiario sarebbe appunto un termine di favore rispetto a quello di novant’anni.
possano in questi casi trasmettersi ai loro aventi causa a titolo universale o particolare159.
Di conseguenza se è stato prestabilito un termine diverso dalla durata della vita del beneficiario e questo muore prima della scadenza del termine, non ne deriverà l’estinzione dell’atto di destinazione ma la prosecuzione dei suoi effetti in capo agli eredi del beneficiario e ciò fino alla scadenza del termine prefissato160.
Per concludere il termine di durata massimo previsto per il caso in cui il soggetto sia persona giuridica è inderogabilmente novant’anni. Quando, invece, il beneficiario è una persona fisica il termine di efficacia dell’atto di destinazione potrà essere fissato dal conferente, purché nel limite di novanta anni oppure collegato alla vita del beneficiario, che potrà essere anche superiore a novant’anni.
Nel caso in cui sia stato prefissato un termine diverso dalla vita del beneficiario e questi muoia prima della scadenza del termine, il vincolo di destinazione non si estinguerà ma durerà fino alla scadenza prevista nell’atto e si trasmetterà agli eredi secondo i principi generali in materia di successioni, purché naturalmente gli interessi che sono alla base della destinazione possano realizzarsi anche a seguito della morte del beneficiario161.
159 XXXXXX, in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000, xxx mette in evidenza come il diritto del beneficiario non sia un diritto personalissimo e in quanto tale intrasmissibile, ma un diritto di credito come tale trasmissibile secondo i generali principi di trasmissione mortis causa.
160 Contra PATTI, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Vita not., cit., p. 984.
161 Così QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in
Contratto e Impresa, cit., p. 1749; CEOLIN, in Destinazione e vincoli di
Posto che con l’atto di destinazione si perseguono interessi meritevoli di tutela, si ritiene, a ragione, che l’avente causa del beneficiario defunto possa subentrare nei diritti di credito del de cuis, purché possieda i requisiti soggettivi richiesti per la realizzazione dell’interesse meritevole di tutela cui l’atto di destinazione è preordinato162.
Un ulteriore quesito cui si è cercato di rispondere è cosa accada se nell’atto di destinazione non sia previsto alcun termine oppure sia stato previsto un termine superiore a novanta anni.
Gli studiosi appaiono concordare sull’inderogabilità del termine di novant’anni163.
Si discute, tuttavia, sulle conseguenze della previsione di un termine superiore a novant’anni.
Parte della dottrina ritiene che in questo caso trovi applicazione il secondo comma dell’art. 1419 c.c.: di conseguenza la pattuizione sul termine sarebbe nulla e la clausola nulla verrebbe sostituita di diritto
destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
000 Così se il beneficiario è un soggetto con disabilità l’atto di destinazione continuerà a produrre effetti nei confronti del successore se anche questi è disabile; se la destinazione è finalizzata allo svolgimento di attività di impresa, pare pure ammissibile che il vincolo di destinazione permanga a favore dell’avente causa, se a quest’ultimo pure è riferibile il medesimo interesse: gli esempi sono di QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1750.
163 XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXXX, L’atto di destinazione: problemi applicativi, in Rivista del notariato, 5/2006, II, p. 1183; XXXXXX - XXXXXXX, Atti di destinazione, trust e responsabilità del debitore, cit., p. 260; XXXXX, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Vita not., cit., p. 982.
ex art. 1339 c.c.164. Il termine superiore a quello legale verrebbe così ridotto automaticamente a quello massimo previsto dall’art. 2645 ter c.c165.
Altri diversamente sostengono che in questo caso non potrebbe operare una sostituzione automatica della clausola invalida con quella legale, ma troverebbe applicazione solo il comma 1 dell’art. 1419 c.c.: la previsione di un termine superiore a quello previsto dall’art. 2645 ter c.c. determinerebbe così la nullità parziale ex art. 1419 comma 1 c.c.166.
Si sottolinea al riguardo che non potrebbe esservi una sostituzione automatica, visto che i termini previsti dall’art. 2645 ter c.c. non sono termini fissi, ma al contrario termini massimi cui la destinazione può al limite arrivare ed è lasciata alle parti la discrezionalità nella scelta del termine, anche in relazione all’interesse alla cui realizzazione l’atto di destinazione tende.
Secondo tale impostazione si tratterà, quindi, di verificare ex art. 1419 comma 1 c.c. se la previsione di quel termine fosse essenziale o meno per le parti: nel primo caso ne seguirà la caduta dell’intero atto di
164 XXXXX, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645 ter c.c., in Vita not., cit., p. 982; XXXXXXXX, La trascrizione degli atti di destinazione, in Xxx. xxx. xxx., xxx., x. 000; XXXXXX, Atti di destinazione (art. 2645 ter c.c.) e trust: analogie e differenze, in Contratto e impresa Europa, cit., p. 400.
165 QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1728, secondo il quale ove accada che il termine prefissato sia superiore ai novant’anni, esso si ridurrà automaticamente al termine di novant’anni, così attivandosi un meccanismo conservativo-riduttivo della portata dell’atto di destinazione.
166 CEOLIN, in Destinazione e vincoli di destinazione nel diritto privato - Dalla destinazione economica all’atto di destinazione ex art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000.
xxxxxxxxxxxx; xxx xxxxxxx xxxx, invece, si tratterà di procedere alla determinazione del termine.
L’atto di destinazione potrebbe, poi, essere privo di un termine.
L’atto in questo caso non potrà reputarsi nullo, ma non potrà neppure restare in piedi privato di una indicazione che si presenta necessaria ai fini della determinazione del relativo effetto167.
La soluzione preferibile appare quella di conservazione dell’atto, ritenendosi ammissibile un potere del giudice di fissare il termine reputato maggiormente conveniente in relazione al concreto atto di destinazione posto in essere e all’interesse che ne è alla base168.
12. L’utilizzo dei beni e dei frutti
I beni conferiti nell’atto di destinazione e i loro frutti possono essere impiegati – detta l’art. 2645 ter c.c. – solo per la realizzazione del fine di destinazione.
167 Cfr QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in
Contratto e Impresa, cit., p. 1728.
168 Sempre QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1728, il quale precisa che una simile soluzione presuppone ovviamente una concezione estensiva dei poteri del giudice in materia. Sul margine di discrezionalità da riconoscersi all’autorità giudiziaria, l’A. richiama poi le considerazioni di DI MAJO (in Rilevanza del termine e poteri del giudice, Milano, 1972, p. 194) secondo cui “il metodo della fissazione giudiziale del termine potrebbe manifestarsi come il più idoneo nella misura in cui tenga conto della realtà contrattuale descritta nonché degli interessi di entrambe le parti e persino di quelli dei terzi, cercando di mediare gli uni e gli altri, sempre con riguardo alle circostanze che il caso concreto prospetta”. Proprio il riferimento “alle circostanze che il caso concreto prospetta” dovrebbe secondo QUADRI rappresentare il criterio guida per desumere il termine di durata della vicenda destinatoria, in assenza di una precisa indicazione al riguardo.
L’utilizzo dei beni e dei frutti per scopi diversi costituiscono inadempimento e consentono, quindi, le azioni di manutenzione e risoluzione sopra indicate.
Si ritiene che i creditori non possano agire esecutivamente sui beni e frutti effettivamente destinati ma a loro volta non utilizzati secondo il fine di destinazione, in quanto in tal modo l’azione esecutiva impedirebbe l’azione di manutenzione.
I creditori potrebbero, invece, aggredire i frutti derivanti dall’uso difforme del bene e non utilizzati per il fine di destinazione, ciò in quanto solo con la destinazione effettiva del bene anche i frutti sono vincolati al fine dichiarato nell’atto, prima di quel momento invece costituiscono frutti ordinari (si pensi al caso di un bene immobile originariamente destinato, i cui canoni di locazione non vengano impiegati per reperire al beneficiato nuova abitazione)169.
Salvo che l’atto di destinazione non preveda diversamente, qualora i frutti non siano utilizzati per lo scopo di destinazione andranno restituiti al disponente e rientreranno nel suo patrimonio ex art. 821 c.c.170.
13. Le conseguenze della violazione delle regole di impiego dei beni: azioni a tutela.
169 SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit., p. 2666.
170 Come noto, infatti, l’art. 821 c.c. dispone che i frutti appartengano al proprietario della cosa, salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri.
Stabilisce l’art. 2645 ter che per la realizzazione degli interessi meritevoli può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso171.
L’azione è data ad ogni interessato per la manutenzione del contratto, esclusa invece la sua risoluzione.
Essendo il più delle volte l’atto di destinazione contratto gratuito, si ritiene che il disponente possa esercitare il diritto di recesso in presenza di persistente inadempimento da parte del beneficiato, il quale ad esempio utilizzi il bene in modo difforme dalle previsioni contrattuali.
Nel caso in cui l’atto di destinazione sia a titolo oneroso, invece, l’azione di risoluzione per inadempimento spetterà al solo disponente, esclusi i terzi172.
Il disponente oltre alla restituzione del bene potrà anche chiedere la condanna al risarcimento dei danni subiti e ciò anche autonomamente dalle azioni di manutenzione o risoluzione.
171 SICCHIERO, Commento all’art. 2645 ter c.c., in Commentario compatto al codice civile, cit, p. 2666, secondo cui l’interesse è quello previsto dall’art. 100
c.p.c. , che può essere anche puramente morale (Cass., 25 agosto 1997, n. 7943), come nel caso in cui ad agire per la realizzazione degli interessi siano i parenti del beneficiario incapace oppure il pubblico ministero o un tutore o un curatore speciale per gli accordi contenuti nel verbale di separazione consensuale omologato (Trib. Reggio Xxxxxx, 26 marzo 2007, in Guida al diritto, 2007, fasc. 18, p. 58).
172 I terzi potranno nel caso agire in surrogatoria ex art. 2900 c.c. per far rientrare i beni nel patrimonio del disponente. La risoluzione potrà inoltre anche essere prevista nello stesso contratto di destinazione, mediante l’inserimento di una clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c.
CAPITOLO II
LA MERITEVOLEZZA DEGLI INTERESSI
SOMMARIO: 1. Introduzione: il rinvio all’art. 1322 comma 2 c.c. - 2. Brevi cenni sulle principali teorie in materia di causa del contratto. – 3. Il giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. - 4. Atto di destinazione e meritevolezza di tutela: gli orientamenti in dottrina.
1. Introduzione: il rinvio all’art. 1322 comma 2 c.c.
Il fulcro della disciplina introdotta dall’art. 2645 ter c.c. deve individuarsi in quella parte della norma che lega il profilo della destinazione alla “realizzazione di interessi meritevoli di tutela” ai sensi dell’art. 1322 c.c. riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche.
Va innanzitutto esaminata la portata del richiamo testualmente operato dal legislatore all’art. 1322 comma 2 c.c., ossia a quella disposizione del codice civile che - in tema di autonomia contrattuale – subordina l’ammissibilità dei contratti atipici alla condizione della realizzazione di interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
Tra i primi studiosi della norma vi è chi ha affermato l’erroneità del rinvio all’art. 1322 comma 2 c.c.: secondo questi studiosi l’art. 2645 ter c.c., avendo tipizzato gli atti di destinazione, avrebbe forse più propriamente dovuto far rinvio al comma 1 dell’art. 1322 c.c., considerato che il nuovo istituto consente di determinare nel modo più
vario il contenuto dell’atto di destinazione173.
Come si è già avuto modo di osservare, tuttavia, la maggior parte della dottrina ha obiettato come il richiamo all’art. 1322 comma 2 c.c. induca a ricostruire la disposizione di cui all’art. 2645 ter non solamente come norma che regola il profilo pubblicitario dell’atto di destinazione (stante la collocazione nel titolo I del libro sesto del codice civile appunto dedicato alla “Trascrizione degli atti”), bensì anche come una disposizione volta a disciplinare i profili sostanziali di tali atti, indicando i presupposti per la loro ammissibilità.
L’atto di destinazione, infatti, per essere trascritto e prima ancora per potersi ritenere ammissibile deve realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322 comma 2 c.c.174.
Il rinvio al secondo comma dell’art. 1322 c.c. non sarebbe pertanto un rinvio tanto al genus ivi previsto (i c.d. contratti atipici) quanto al
173 BARTOLI, Riflessioni sul nuovo art. 2645 ter c.c. e sul rapporto tra negozio di destinazione di diritto interno e trust, in Giur. it., cit., p. 1305; XXXXX XXXXXXX, Il rapporto tra l’art. 2645 ter c.c. e l’art. 2740 c.c.: un’analisi economica della nuova disciplina, in Banca, borsa e tit. di credito, cit., p. 203, che evidenzia come il rinvio al comma 2 dell’art. 1322 c.c. non abbia alcun senso, in quanto il controllo sul tipo (cui appunto si riferisce il 2 comma) è già avvenuto a monte da parte del legislatore; RUSSO, Il negozio di destinazione di beni immobili o di mobili registrati (art. 2645 ter c.c.), in Vita not., cit., p. 1243, il quale - pur partendo dalla constatazione che l’art. 2645 ter c.c. avrebbe tipizzato gli atti destinazione - conclude per la non-irragionevolezza del rinvio al secondo comma dell’art. 1322, in quanto anche un contratto nominato dovrebbe essere sottoposto alla valutazione di meritevolezza quanto al suo contenuto.
174 In tal senso: QUADRI, L’art. 2645 ter e la nuova disciplina degli atti di destinazione, in Contratto e Impresa, cit., p. 1717 ss; LUPOI, Gli “atti di destinazione” nel nuovo art. 2645 ter cod.. civ. quale frammento di trust, in Trust e attività fiduciarie, cit., p. 169 e in Rivista del notariato, 2/2006, p. 467; XXXXXXX, Osservazioni sull’art. 2645 ter x.x., xxx., x. 000, xxxxxxx il quale appunto “l’art. 2645 ter è, prima ancora che norma sulla pubblicità, e quindi sugli effetti, norma sulla fattispecie, che avrebbe meritato dunque, previa scissione, di figurare in un diverso contesto di disciplina sostanziale”.
contenuto sostanziale, ossia al parametro della meritevolezza degli interessi.
2. Brevi cenni sulle principali teorie in materia di causa del contratto.
Quanto ai contorni del giudizio di meritevolezza con riguardo agli atti di destinazione, appare opportuno richiamare le principali teorie e questioni sorte in ordine alle valutazioni contemplate rispettivamente dall’art. 1343 c.c. e dall’art. 1322 c.c.
Infatti solo attraverso un excursus dottrinale in tema di effettiva portata delle disposizioni di cui agli artt. 1322 comma 2 c.c. e 1343
c.c. è possibile fare chiarezza sul reale significato del controllo di meritevolezza.
A tal fine è indispensabile ricordare, seppur brevemente, le principali teorie che si sono succedute sulla causa del contratto.
La causa come noto è uno dei requisiti essenziali del contratto ai sensi dell’art. 1325 n. 2 c.c. e così pure degli atti unilaterali per il richiamo di cui all’art. 1324 c.c.
Con riguardo alla natura della causa numerose sono le teorie che si sono sviluppate in letteratura175.
Già sotto la vigenza del codice civile del 1865 il problema della nozione e della natura della causa aveva sollevato non poche discussioni: nel codice previgente, invero, la causa veniva riferita, nel
175 Per un approfondita ricostruzione della letteratura sul tema della causa si veda SICCHIERO, Il contratto con causa mista, Padova, 1995.
solco della codificazione napoleonica, per di più all’obbligazione e non al contratto, in quanto quest’ultimo, nell’assetto del code civil, veniva inteso solo come fonte di rapporti obbligatori176.
In questa fase storica, la dottrina dominante intendeva la causa in senso soggettivo ovvero come scopo per il quale un soggetto assume l’obbligazione177.
La causa veniva quindi intesa, in definitiva, come la motivazione del consenso e per distinguerla dai tanti motivi che possono indurre un soggetto a contrarre veniva identificata nello scopo che entra nel contratto in quanto entra nel contenuto dell’atto di volontà.
In altre parole, secondo la teoria soggettiva (eredità del pensiero francese), la causa si distingueva per essere il motivo ultimo determinante del consenso, che risulta costante in ciascun tipo di contratto178.
Non mancavano, tuttavia, già all’epoca del codice previgente, alcune voci di dissenso rispetto alla teoria soggettiva179.
176 Cfr per tutti CAPITANT, De le causes des obligations, Parigi, 1924, pp. 42 – 44. Sulla letteratura francese si veda GORLA, Il contratto, Milano, 1954, I, pp. 227 ss.
177 Si vedano: MOTTA, La causa delle obbligazioni nel diritto civile italiano, Torino, 1929; XXXXXXXXXX, La causa nei negozi giuridici, Xxxxxx, 0000.
178 Sul punto BIANCA, Il contratto, Milano, 2000, p. 449.
179 Va ricordato, infatti, che la nozione di causa come funzione economico sociale venne formulata per la prima volta da SCIALOJA Negozi giuridici. Corso di diritto romano, A.A. 1892 – 1893, III ristampa, Roma, 1933, pp. 88 – 94. Già sotto la vigenza del codice del 1865, malgrado l’imperare della concezione soggettiva della causa, si levano voci di dissenso contro tale ricostruzione, la quale era accusata di portare alla confusione del requisito oggettivo della convenzione (la causa, appunto) con l’elemento soggettivo imperniato sulla volontà delle parti del negozio: si iniziò così opportunamente a notare come la causa sia un antecedente storico della volontà, che da essa non può in alcun modo dipendere (XXXXXXXX, Il contratto e la causa del contratto, in Riv. dir. comm. 1908, II, p. 115 ss.) in quanto, rileva questa dottrina, non può essere vista come il motivo per il quale la parte agisce ma - semmai – come il motivo in virtù del quale l’ordinamento riconosce e sanziona
L’abbandono della teoria soggettiva ed il passaggio ad una concezione oggettiva avviene, tuttavia, solo con l’entrata in vigore del codice civile del 1942180.
Senza ripercorrere in questa sede un secolo di letteratura sul tema, si può ricordare come le teorie sulla causa si dividano in buona sostanza tra la concezione che la coglie nella funzione economico-sociale del contratto ed in quella che vi ravvisa invece la funzione economico individuale dell’accordo181.
Le due tesi, nella loro formulazione originaria, si contrapposero principalmente per ragioni ideologiche.
È noto che il significato di causa come funzione economico – sociale
giuridicamente il rapporto che le parti hanno posto in essere. Quindi, già sotto la vigenza del codice postunitario si sosteneva da alcuni l’idea della causa come essenza materiale ed oggettiva del contratto, in quanto non sfuggiva la necessità di separarla dalla volontà: ciò era ben evidente anche in chi (DE XXXXXXXX, Istituzioni di diritto civile, Messina,1929, pp. 266 - 273), pur considerando ancora la causa in chiave soggettiva come il motivo ultimo delle parti in base al quale esse stipulano, comunque poi iniziava ad avvicinarsi ad una ricostruzione caratterizzata da maggiore oggettività, affermando che tale motivo ultimo (o “prossimo”) fondante la volontà negoziale si risolveva nella natura intrinseca e nella finalità economico – giuridica del contratto concluso, fine economico – giuridico che veniva considerato come costante in tutti i contratti appartenenti ad una stessa specie. Questo motivo ultimo o funzione economico – giuridica del negozio non poteva quindi essere confusa coi motivi remoti o impellenti, che orientano la volontà dell’agente, che sono dotati di marcata rilevanza sociale ma assolutamente privi di valore giuridico: lo scopo o funzione del negozio, in questa linea interpretativa, costituisce dunque la causa oggettiva della contrattazione, il lato oggettivo del negozio giuridico (SCIALOJA, Negozi giuridici, Roma 1933, pp. 88 – 90).
180 Il nuovo testo normativo, per la verità, non pone una scelta chiara, positiva e di ordine testuale in tal senso. Però, nella Relazione che accompagna la nuova codificazione, è assai indicativamente scritto, al paragrafo 613, che sono ormai maturi i tempi per un superamento dell’esegesi che vede nella causa lo scopo soggettivo perseguito dai contraenti nel caso concreto e, conseguentemente, per configurare tale elemento come la funzione appunto economico – sociale che il diritto riconosce come rilevante, e che giustifica la tutela apportata alla stipulazione intesa come atto esplicativo dell’autonomia privata.
181 Sul punto SICCHIERO, Tramonto della causa del contratto?, in Contratto e impresa, 2003, p. 106.
riecheggia pienamente la teoria di Xxxxx, che intende la causa come strumento di controllo dell’autonomia privata182, come funzionalizzazione della stessa al metodo dell’economia.
La teoria di Betti coincide chiaramente con la visione del diritto dell’economia propria del ventennio fascista183.
Secondo la nozione bettiana la causa va intesa in termini di utilità sociale, quale funzione d’interesse sociale dell’autonomia privata. In altre parole, secondo tale impostazione, il contratto deve realizzare un interesse che sia utile alla stregua dell’apprezzamento sociale184.
Tra gli studiosi più autorevoli che respingono la nozione bettiana della causa si trova schierato G. B. Xxxxx, che contesta la genesi ideologica del collegamento bettiano tra autonomia contrattuale e utilità sociale e la funzionalizzazione bettiana degli interessi privati, rilevando che si è ricorsi “ad una concezione del negozio, che pur rispettando nell’apparenza le formulazioni più classiche, le viene completamente a snaturare, attribuendosi all’ordinamento statuale la funzione di
182 Tale teoria viene elaborata da BETTI dapprima in una concezione illiberale (si veda al riguardo lo scritto Xxx principi generali di un nuovo ordine giuridico, in Riv. dir. comm., 1940, I, p. 217) e più tardi, in un’ottica comunque poco propensa a configurare un concetto di autonomia privata che non rendesse conto dei propri obiettivi a regole socialmente condivise (cfr. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, nel Trattato Vassalli, Torino, 1960, pp. 172 ss).
183 COSTANZA, Il contratto atipico, Milano, 1981, p. 50, parla di “compromesso fra tradizione liberale e ideologia fascista”.
184 Tale idea bettiana di funzionalizzazione del contratto viene ripresa nella Relazione al codice, dove il testo del n. 613 della Relazione esordisce indicando che “nonostante gli equivoci e le critiche a cui il requisito della causa ha dato luogo, si è stimato necessario conservarlo e anzi conferirgli massima efficienza, non solo e non tanto in omaggio alla secolare tradizione del nostro diritto comune (che pure ha il suo peso), quanto, e soprattutto, perché un codice fascista ispirato alle esigenze della solidarietà, non può ignorare la nozione di causa senza trascurare quello che deve essere il contenuto socialmente utile del contratto.”. Anche al n. 603, poi, si rinvengono ulteriori indicazioni per la necessità di perseguire, con il contratto, finalità socialmente utili.
rappresentare l’unità nazionale, di essere portatore dei fini generali di tutti i cittadini, in nome dei quali vengono spesso ed arbitrariamente sacrificate le possibilità di realizzazione di interessi individuali”185.
L’Autore, contrapponendosi all’idea bettiana di funzionalizzazione della causa all’utilità sociale, intende la causa come funzione economica individuale del contratto e afferma la totale libertà nella conclusione dell’accordo alla semplice condizione che non si ponga in contrasto con norme imperative di legge 186.
Ferri, pertanto, intesa la causa come funzione economica individuale del contratto, ritiene – come meglio si vedrà nel paragrafo successivo - che per ogni contratto tipico o atipico sussista sempre la necessità di verifica della meritevolezza ex art. 1322 c.c., giudizio che anche per il contratto atipico viene fatto coincidere con quello di non illiceità.
La valenza politica di questa interpretazione si coglie nel momento storico in cui venne formulata (la metà degli anni ’60), volta infatti a sottrarre l’autonomia delle parti ad ogni tentativo di imporre ai singoli di perseguire interessi eteronomi.
Ovviamente le concezioni sulla causa non si esauriscono nelle due ipotesi ora ricordate giacché, citando solo alcuni tra i più noti autori, vi è chi preferisce la nozione di ragione giustificativa del contratto da valutarsi in concreto187 o quella di funzione tout court del contratto188; ancora, altri privilegiano l’idea che la causa vada identificata con la
185 FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, pp. 98-99.
186 XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit., pp. 98-99.
187 ROPPO, Il contratto, nel Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 2001, pp. 361 ss., ove avvisa però che non si tratta dell’antica nozione soggettiva.
188 CATAUDELLA, I contratti, parte generale, Torino, 2000, p. 155.
ragione pratica del contratto189 o la “giustificazione degli effetti complessivamente riconducibili al contratto”190, giungendosi infine a diffidare da qualsiasi formula ed identificando la causa, in definitiva, nell’interesse alla controprestazione 191.
Insomma il dibattito sulla causa del contratto non può dirsi ancora sopito e gli studi sulla causa del contratto sono ben lontani dall’aver raggiunto traguardi univoci.
Ad ogni modo a partire dagli anni ’60 e a tutt’oggi ad avere il consenso della dottrina prevalente192 oltre che della giurisprudenza193 appare la nozione di causa come funzione economica sociale del contratto.
Questa nozione si allontana dalla teoria oggettiva classica della causa194, in quanto la causa diviene la funzione tipica ed astratta del
189 BIANCA, Il contratto, Milano, 2000, pp. 447, 452 ss.
190 BARCELLONA-CAMARDI, Le istituzioni del diritto privato contemporaneo, Napoli, 2002, p. 188.
191 SACCO, La causa, in Sacco-De Nova, Il contratto, nel Tratt. Sacco Torino, 1993, I, p. 635 ss., spec. p. 654 ss.
192 XXXXXXX, Diritto Civile e Commerciale, Le obbligazioni e i contratti, vol. I, 2, Padova, 1993, p. 179; ZATTI COLUSSI, Lineamenti di diritto privato, Padova, 1933, p. 382; XXXXXXXX, Manuale di diritto privato italiano, Napoli, 1992, pp. 333 – 334; XXXXXXX XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, cit., pp. 127 – 128; MESSINEO, Il contratto in genere, nel Trattato Cicu – Messineo, I, Milano, 1973, pp. 111 – 116.
193 Per la Cassazione “la causa del contratto si identifica con la funzione economico sociale che il negozio obiettivamente persegue e che il diritto riconosce rilevante ai fini della tutela apprestata”: così tra le molte Cass., 24 agosto 1993, n. 8919; Cass., 18 febbraio, 1983, n. 1244, in mass. Foro it., 1983; Cass., 15 luglio 1993, n. 7844, in Giur. it., 1995, I, 1, p. 734, con nota di SICCHIERO, La causa del contratto si identifica con la funzione economico – sociale dell’atto. Il medesimo principio si ritrova di recente in Cass., 13 febbraio 2009, n. 3646; Cass., 20 agosto 2003, n.
12216; Cass., 04 aprile 2003, n. 5324; Cass., 19 marzo 1999, n. 2526; Cass., 13
gennaio 1995, n. 367.
194 La teoria oggettiva classica ha riguardo alle singole obbligazioni o attribuzioni contrattuali e ravvisa la causa di ciascuna di esse nella controprestazione. Così la
negozio.
Per costituire, regolare o estinguere un rapporto patrimoniale non è sufficiente la volontà delle parti interessate: perché un bene passi da un soggetto ad un altro, perché sorga l’obbligazione di un soggetto verso un altro soggetto, non basta l’accordo in tal senso tra alienante e acquirente o fra debitore e creditore. Il bene non passa e l’obbligazione non sorge, se manca una causa, una giustificazione economico – sociale dell’atto di autonomia contrattuale195.
Venuta meno la matrice ideologica che aveva spinto ad elevare la causa come mezzo di controllo dell’utilità sociale del contratto, la nozione di causa tipica quale elemento del contratto è risultata insoddisfacente.
Si è osservato, infatti, come se vi fosse una causa già astrattamente determinata per ogni tipo di contratto, non sarebbe spiegabile ad esempio per quale motivo un contratto possa avere una causa illecita (art. 1343 c.c.). Salvo che non si voglia poi ricondurre tutti i contratti atipici ai modelli tipici predisposti dal legislatore la causa tipica
causa dell’obbligazione del venditore è il prezzo; come messo in evidenza da XXXXXX, Diritto Civile, Il Contratto, Milano, 2000, p. 449, uno dei punti deboli di questa dottrina è dato dalle donazioni dove, in mancanza di un fondamento oggettivo, si ammette che la causa consista nell’intento di liberalità. La nozione di causa in tal modo perde la sua linearità, offrendo il fianco alla critica da parte della dottrina soggettiva.
195 Cfr. XXXXXXX, Diritto Civile e Commerciale, Le obbligazioni e i contratti, vol. II, tomo I, p. 227. Così la causa della vendita (art. 1740 c.c.), ossia la funzione economico – sociale di questo contratto è lo scambio di cosa con prezzo: qui la proprietà della cosa passa non solo per la ragione, soggettiva, che così hanno voluto i contraenti (requisito necessario, ma non sufficiente), ma anche per l’ulteriore, oggettiva, ragione che al trasferimento del bene dal venditore al compratore corrisponde l’obbligazione di quest’ultimo di pagarne il prezzo. Il trasferimento della proprietà del bene e l’obbligazione di pagare il prezzo sono l’uno la giustificazione dell’altro.
rimane estranea ai contratti atipici.
Ma soprattutto si è rilevato come, la nozione di causa tipica, porti a trascurare gli interessi reali che il contratto di volta in volta è diretto a realizzare.
I contratti tipici, proprio perché previsti e regolati dalla legge, hanno tutti una causa (cosiddetta causa tipica) e per essi non si pone il problema di verificare la sussistenza di una funzione economica e sociale, essendo tale questione già risolta positivamente dalla legge196. La letteratura ha però nel tempo evidenziato la necessità di distinguere tra causa in astratto e causa in concreto.
Per quanto riguarda i contratti tipici, come detto, non è necessario verificare l’esistenza della causa in astratto, posto che questa è prefissata dal legislatore; diversamente si potrà porre il problema anche nei contratti tipici della verifica della causa in concreto197.
Un semplice caso rappresentativo è quello di chi acquisti un bene già suo: in questo caso il contratto presenta astrattamente la causa del contratto tipico di compravendita (ossia lo scambio tra bene e prezzo), ma tale causa in concreto non può attuarsi perché l’acquirente non riceve nulla in cambio del prezzo, dato che il bene era già suo. Nel caso di specie dunque si sarà dinanzi ad un contratto tipico, ma nullo
196 XXXXXXX, Diritto Civile e Commerciale, Le obbligazioni e i contratti, vol. II, tomo I, p. 227.
197 Sulla necessità della verifica della causa in concreto nei contratti tipici si è
espressa Cass., 23 maggio 1987, n. 4681, in Foro It., 1987, I, p. 2366, con nota di PARDOLESI, ove si legge che “la causa, posta direttamente dalla norma per ciascun contratto tipico deve essere presente anche nel contratto tipico concretamente posto in essere, il quale deve avere una funzione concreta che corrisponda ad una delle funzioni tipicamente e astrattamente determinate”. Si vedano di recente inoltre: Cass., 25 maggio 2007, n. 12235; Cass., 8 maggio 2006, n. 10490; Cass., 24 luglio
0000, x. 00000.
per mancanza di causa in concreto198.
Diversamente dai contratti tipici, per i contratti atipici o innominati il problema della causa si pone sotto il profilo della ricerca della causa sia in astratto che in concreto.
In merito è ormai punto acquisito in dottrina che per i contratti atipici spetti al giudice verificare se tali contratti siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, in applicazione del criterio fissato dall’art. 1322 comma 2 c.c.
In altre parole il giudice dovrà accertare se nel modello di operazione economica non previsto dalla legge, al quale le parti hanno conformato il regolamento dei propri interessi, ricorra il requisito della causa (cosiddetta causa atipica)199.
198 Sulla nullità del contratto per mancanza di causa in concreto si è pronunciata in più occasioni la Cassazione. Si vedano ad esempio Cass., 27 luglio 1987, n. 6492, in Mass. Foro it., 1987: “è nullo per mancanza di causa il contratto a prestazioni corrispettive nel quale non vi sia una equivalenza, almeno approssimativa o tendenziale, delle prestazioni, come quando una delle parti si obblighi ad una prestazione senza che, in cambio, le venga attribuito nulla di più di quanto già le spetti per legge”; Cass., 23 maggio 1987, n. 4681”; Cass. 15 giugno 1999, n. 5917, in Giust. civ., 2000, I, p. 135 (commentata da SICCHIERO, L’inadempimento preordinato è causa di nullità del contratto, in Contratto e Impresa, 2000, p. 613), ove la S.C. ha enunciato il seguente principio: “E' nullo per mancanza assoluta di causa un contratto di compravendita stipulato in assenza, da parte dell'acquirente, di qualsiasi seria intenzione di pagare il prezzo concordato (nella specie, l'acquirente aveva versato alla controparte, a titolo di acconto sul prezzo convenuto, un assegno postdatato e privo di copertura, tratto su di un conto corrente da tempo estinto, vicenda ritenuta, da parte del giudice di merito, espressione evidente del preordinato piano truffaldino di conseguire la titolarità del bene senza versare alcunché a titolo di corrispettivo”. Alla mancanza di causa in concreto, poi, pare ispirarsi la pronuncia della Suprema Corte (Cass., 14 novembre 2005, n. 22932), secondo cui “È nullo il contratto di costituzione di usufrutto di azioni, stipulato per motivi fiscali, dal quale l'usufruttuario non consegue alcun vantaggio economico, perché la mancanza di qualunque valida ragione economica dell'operazione, che investe nella sua essenza lo scambio tra le prestazioni contrattuali, costituisce un difetto di causa, che dà luogo a nullità del contratto”.
199 XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, Padova, 1999, II, 1, p. 188 ss.
Per concludere secondo tale lettura più moderna e non disponibile a funzionalizzare il contratto, dato che la funzione economico sociale del tipo contrattuale nulla dice sulla causa in concreto perseguita dalle parti 200, spetterà al giudice accertare se l’accordo abbia o meno una causa appunto in concreto, senza accontentarsi di valutare in astratto se quel patto sia riconducibile ad un tipo codificato per assumerne senza esitazione la causa 201.
In tal senso sembra allora utilizzabile ancora oggi la nozione di causa come funzione economico sociale del contratto: senza leggervi un limite all’autonomia dei contraenti, che dovrebbero altrimenti perseguire interessi eteronomi; del pari senza ritenere esistente il requisito solo per il raffronto tra tipo codificato e funzione astratta del contratto, omettendo di verificare se l’operazione economica in concreto realizzata possa risultare illecita 202.
3. Il giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c.
Come si è visto nel paragrafo precedente ove il contratto realizzato dalle parti possieda una causa tipica, non si porrà alcun problema circa
200 Così SICCHIERO, Tramonto della causa del contratto?, in Contratto e impresa, cit., p. 106, che evidenzia come l’indicazione fosse già nel n. 614 della Relazione.
201 XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, cit., p. 188 ss. e sempre XXXXXXX,
Il negozio giuridico, nel tratt. Cicu-Messineo diretto da Xxxxxxxxxxx, Milano, 2002,
p. 99 ss.; XXXXXXXXXX, I contratti, parte generale, Torino, 2000, p. 186 ss.
202 Cfr. SICCHIERO, Tramonto della causa del contratto?, in Contratto e impresa, cit., p. 106.
la sua ammissibilità, giacché in questo caso il legislatore ha già verificato l’opportunità di accogliere tali contratti nell’ordinamento203. Viceversa nel caso di un contratto atipico sarà necessaria una verifica diversa: perché il contratto risulti ammissibile, infatti, dovrà essere svolto un controllo che ne accerti la “meritevolezza di tutela” ai sensi dell’art. 1322 c.c.
In altre parole la funzione svolta dall’art. 1322 c.c. secondo la gran parte della letteratura sarebbe quella di un filtro in ordine all’ammissibilità del contratto atipico204: le parti possono concludere anche contratti non appartenenti ai tipi legali, purché diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322, comma 2 c.c.).
Si tratta, dunque, di approfondire il significato del controllo di meritevolezza previsto dall’art. 1322 comma 2 c.c. per i contratti atipici, per poi verificare se le medesime regole siano applicabili anche agli atti di destinazione alla luce del rinvio che l’art. 2645 ter
c.c. fa all’art. 1322 c.c.
203 Sul punto x. XXXXXXX, Il negozio giuridico, nel tratt. Cicu-Messineo, Milano, 2002, p. 100; CATAUDELLA, I contratti Parte generale, Torino, 2000. p. 184; MESSINEO, Il contratto in genere, nel tratt. Cicu e Messineo, Milano, 1972, I, p. 706; SCOGNAMIGLIO, Dei contratti in generale, nel comm. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1970, p. 42; CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Xxxxxx, xxx., x. 000; SICCHIERO, Tramonto della causa del contratto?, in Contr. impr., cit., p. 107. In senso opposto x. XXXXX, L’autonomia privata, Milano, 1959, pp. 313-316; CARRESI, Il contratto, nel tratt. Cicu- Messineo, Milano, 1987, p. 245; SCOGNAMIGLIO, Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992, p. 229.
204 CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico, Napoli, 1949, pp. 213 – 215; OSTI, voce Contratto, in Nvss. dig. it., vol. IV, Torino, 1959, p. 498; XXXXXXX – XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, cit., p. 184; XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, I, 2, Padova, 1993, pp. 181 – 184; XXXXXXXX, Note sull’atipicità contrattuale (a proposito di integrazione dei mercati e nuovi contratti d’impresa), in Contratto e impresa, 1990, p. 45.
Il requisito della meritevolezza previsto per i contratti atipici dall’art. 1322 c.c. è da sempre stato oggetto di discussioni e contrasti in letteratura.
La dottrina, infatti, già all’indomani dell’introduzione della norma in questione nel codice del 1942 e fino ai nostri giorni (in occasione appunto dell’introduzione codicistica dell’art. 2645 ter c.c. che richiama l’art. 1322 c.c.) si è interrogata sul significato da attribuire al giudizio di meritevolezza.
Va anzitutto rilevato come i contrasti in letteratura sull’interpretazione dell’art. 1322 c.c. hanno principalmente riguardato l’origine storica - ideologica della norma205 e la sua sopravvivenza alla morte del regime fascista.
La dottrina, in proposito, si è attestata, sia pur con inevitabili diversità di accenti, sostanzialmente su due posizioni contrapposte.
Un primo orientamento formatosi in occasione dell’entrata in vigore del codice civile ha ravvisato nella meritevolezza degli interessi,
205 Si legge nel n. 603 della Relazione al codice: “Se si traggono le logiche conseguenze dal principio corporativo che assoggetta la libertà del singolo all’interesse di tutti, si scorge che, in luogo del concetto individualistico di signoria della volontà, l’ordine nuovo deve accogliere quello più proprio di autonomia del volere. L’autonomia del volere non è sconfinata libertà del potere di ciascuno, non fa del contratto un docile strumento della volontà privata; ma, se legittima nei soggetti un potere di regolare il proprio interesse, nel contempo impone ad essi di operare sempre sul piano del diritto positivo, nell’orbita delle finalità che questo sanziona e secondo la logica che lo governa (art. 1322, comma primo). Il nuovo codice, peraltro, non costringe l’autonomia privata a utilizzare soltanto i tipi di contratto regolati dal codice, ma le consente di spaziare in una più ampia orbita e di formare contratti di tipo nuovo se il risultato pratico che i soggetti si propongono con essi di perseguire sia ammesso dalla coscienza civile e politica, dall’economia nazionale, dal buon costume e dall’ordine pubblico (art. 1322, comma secondo): l’ordine giuridico, infatti, non può prestare protezione al mero capriccio individuale, ma a funzioni utili che abbiano una rilevanza sociale e, come tali, meritino di essere tutelate dal diritto”.
prevista dall’art. 1322 comma 2 c.c., l’esigenza avvertita dal legislatore dell’epoca di sottoporre il regolamento contrattuale ad un controllo in termini di utilità sociale ed economica.
Secondo tale impostazione, di cui l’esponente più autorevole è Xxxxx, il concetto di meritevolezza sarebbe quindi strettamente connesso con quello di utilità sociale: gli interessi non potrebbero essere considerati come meritevoli e l’autonomia privata non troverebbe tutela fuori del perseguimento di funzioni utili da un punto di vista sociale e rispondenti all’economia nazionale206.
Questa linea di pensiero era senz’altro espressione dell’ideologia del legislatore del tempo, tanto che con la caduta del regime fascista e poi con l’entrata in vigore della Carta Costituzionale parte della letteratura si è opposta al mantenimento della chiave di lettura bettiana dell’art. 1322 c.c207.
Da qui il diffondersi in letteratura, accanto alla lettura c.d. classica del giudizio di meritevolezza, di differenti interpretazioni dell’art. 1322 c.c., che prendono le distanze dalla matrice ideologica che aveva consentito una lettura della causa in termini di strumento di controllo dell’utilità sociale del contratto.
Questi diversi orientamenti dottrinali considerano l’art. 1322 comma 2
c.c. come una norma oramai vuota e priva di autonoma rilevanza,
206 BETTI, Sui principi generali di un nuovo ordine giuridico, in Riv. dir. comm.,
1940, I, p. 217; XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1950, p. 399
– 403; XXXXX, Sui principi generali del nuovo ordine giuridico, in Studi sui principi generali dell’ordinamento giuridico fascista, Pisa, 1943, p. 329.
207 XXXXXXXXX, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale del contratto, in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 814.
giungendo sostanzialmente a identificare il giudizio di meritevolezza con quello di liceità208.
Secondo Xxxxxxx, ad esempio, il dibattito sull’art. 1322 c.c. sarebbe stato afflitto da un eccessiva ideologizzazione; per l’Autore, infatti, l’art. 1322 c.c. non avrebbe alcuna funzione autonoma e si risolverebbe in definitiva nell’accertamento della reale volontà di obbligarsi delle parti209, ossia di assumere un impegno giuridicamente vincolante e ogni controllo su quell’accordo si svolgerebbe in termini di accertamento di liceità della relativa causa210.
Una lettura diversa dell’art. 1322 c.c. viene data, poi, da quella letteratura che intende la causa come funzione economica individuale del contratto211.
Intesa in questo modo la causa non costituisce elemento di valutazione dell’atto di volontà (non sarebbe in altre parole l’indicatore discretivo di valutazioni già effettuate dal legislatore) e di conseguenza, per evitare che l’operazione economica si sottragga ad ogni valutazione, viene ricercato un indice di controllo ulteriore che viene individuato
208 Per la tesi della coincidenza v. ad es. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit., pp. 129-131 e 406 ss..; XXXXX, Meritevolezza degli interessi ed utilità sociale, in Riv. dir. comm., 1971, II, p. 91 ss.; XXXXX, Il negozio giuridico, Padova, 2001, pp. 109 ss.; più di recente ROPPO, Il contratto, nel Tratt. Iudica e Zatti, Milano, 2001, pp. 424-425; XXXXXX, La disciplina della causa, in AA.VV., I contratti in generale, a cura di X. Xxxxxxxxx, Torino, 1999, pp. 539-541 e, parrebbe in definitiva, anche XXXXX, in SACCO-DE NOVA, Il contratto, nel Tratt. Xxxxx, Torino, 1993, II, pp. 448-449.
209 GAZZONI, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, in Riv. dir. civ., 1978, I, p. 69.
210 GAZZONI, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, cit., pp. 57 – 58, ove l’autore rileva come l’art. 1322 c.c. non faccia altro che “richiamare, con specifico riferimento ai contratti atipici, ciò che vale genericamente per tutti i contratti”.
211 FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, pp. 98-99.