Contract
xxx.xxxxx.xx, 30 novembre 2009
Problematiche dei contratti di solidarietà difensivi
di Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx
Con l’avvento della crisi economico-finanziaria mondiale le imprese italiane, per affrontare questo difficile periodo, si sono viste costrette a fare ricorso agli ammortizzatori sociali; tra quelli previsti dall’ordinamento, particolare interesse ha suscitato il contratto di solidarietà istituito con la l. n.
863/1984. Tale contratto, pensato e istituito per la salvaguardia dei posti di lavoro, risulta a volte utilizzato in alternativa ad altri ammortizzatori sociali ma con un effetto indesiderato che può creare problemi alle imprese che lo applicano.
A fronte di tutti gli aspetti positivi che si possono riscontrare nell’utilizzo di questo strumento, ultimo in termini di tempo l’aumento dell’integrazione salariale per i dipendenti dal 60% all’80% della retribuzione (fino al 31 dicembre 2010) grazie al decreto legge “anticrisi” varato dal Governo, si riscontrano dei limiti: l’avversità delle aziende ad usare “nuovi” strumenti non risolutivi per la gestione degli esuberi e la scarsa flessibilità oraria, entrambe elementi che le imprese tengono in forte considerazione.
A fronte dei vistosi cali produttivi e della conseguente riduzione del magazzino, il contratto di solidarietà non permette quella quantità di riduzione necessaria per affrontare nel modo adeguato ed efficiente la grave crisi economica. Infatti, le imprese fruitrici del contratto di solidarietà si vedono spesso costrette ad utilizzare un secondo ammortizzatore sociale, la Cassa Integrazione Ordinaria o Straordinaria, per affrontare nel migliore dei modi il periodo negativo di mercato. Ciò scatena forti perplessità in quanto le aziende non sono pronte ed organizzate ad affrontare con ben due ammortizzatori sociali la suddetta crisi.
Concludendo questo l’imprenditore deve valutare se una notevole diminuzione dell’attività lavorativa comporti, già a priori, l’impossibilità di utilizzare il solo strumento in esame. Viceversa le aziende rischierebbero di applicare uno strumento improprio per affrontare i vistosi cali di ordinativi conseguenti all’attuale crisi.
Il secondo argomento da tenere in considerazione riguarda la limitata flessibilità del contratto di solidarietà. Tale scarsa flessibilità si riscontra nell’impossibilità, da parte dell’imprenditore, di modificare una ben determinata riduzione dell’orario e garantirla per tutto il periodo di attuazione del contratto di solidarietà. Le imprevedibili richieste e gli ulteriori cali del mercato, in continuo mutamento, infatti, impongono all’impresa la necessità di gestire in modo molto flessibile gli orari lavorativi dei dipendenti, al fine di poter affrontare nel modo migliore questo periodo. La poca flessibilità, dunque, si riscontra nell’inattuabile possibilità di un’ulteriore riduzione di orario di lavoro rispetto a quello concordato nel contratto di solidarietà, salvo l’utilizzo di CIG o di una stipula di un nuovo contratto di solidarietà.
L’unico metodo ravvisabile, per il superamento di questo ostacolo, sarebbe l’opportunità, da parte dell’azienda, di poter procedere calcolando una riduzione dell’orario su base annuale, attualmente vietata, mentre è già possibile, entro determinati limiti e con adeguate clausole nei contratti stessi, calcolare la riduzione su base mensile, anche se, in ogni caso, la domanda amministrativa per accedere all’ammortizzatore sociale in questione prevede un calcolo di riduzione su base settimanale come richiesto dall’art. 4, comma 5, d.m. n. 31445/2002.
Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx
Scuola internazionale di Dottorato in Diritto delle relazioni di lavoro
Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx
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