CORRETTEZZA E LEALE COOPERAZIONE TRA CONTRAENTI IN ALCUNE NORME DI RECENTE ADOZIONE. SPUNTI PER UNA CHIAVE DI LETTURA DELL’ATTUALE EVOLUZIONE DEL DIRITTO DEI CONTRATTI
XXXXXXXX XXXXXXXX
Ricercatrice di Diritto Privato – Università Ca’ Foscari di Venezia
CORRETTEZZA E LEALE COOPERAZIONE TRA CONTRAENTI IN ALCUNE NORME DI RECENTE ADOZIONE. SPUNTI PER UNA CHIAVE DI LETTURA DELL’ATTUALE EVOLUZIONE DEL DIRITTO DEI CONTRATTI
SOMMARIO: 1. Correttezza e leale cooperazione: dalla valorizzazione in chiave rimediale alla valorizzazione in chiave “positiva”. – 2. Il dibattito dottrinario sul rilievo normativo dei contratti d’impresa. – 3. Segue. Asimme- tria di potere contrattuale e buona fede nella riflessione dottrinaria sui contratti d’impresa. – 4. Segue. I contratti d’impresa nella prospettiva del paradigma della regolazione giuridica del mercato. La categoria concettuale del “terzo contratto”. – 5. La differenziazione della disciplina dei contratti d’impresa per tipologie soggettivamente connotate: osservazioni critiche. – 6. Dalla differenziazione della disciplina dei contratti d’impresa per tipologie soggettivamente connotate al rilievo normativo assegnato alla qualità oggettiva delle condotte negoziali dei con- traenti. – 7. La qualità delle condotte negoziali ed extranegoziali degli operatori di mercato. I nuovi poteri di in- tervento attribuiti all’AGCM. – 8. Qualche considerazione conclusiva sulla lettura proposta della più recente evo- luzione del diritto dei contratti.
1. – Quando ci si sofferma sul carattere inedito o speciale di alcune norme che, nel discipli- nare profili particolari dei rapporti contrattuali tra professionisti/imprese, si affiancano e si so- vrappongono al diritto dei contratti in generale, l’approccio più diffuso spiega la loro “speciali- tà” riconducendola all’asimmetria di potere negoziale riconoscibile tra le parti e al conseguente bisogno di protezione e riequilibrio del rapporto a favore della parte più debole, soddisfatto pro- prio attraverso la predisposizione di strumenti legali di “razionalizzazione” dell’esercizio dell’autonomia contrattuale 1.
1 Al netto delle indiscutibili differenze di approccio, tra gli innumerevoli contributi sul tema, cfr. P. SIRENA, L’integrazione del diritto dei consumatori nella disciplina generale del contratto, in Riv. dir. civ., n. 5/2004, p. 787 ss.; X. XXXX, Contratti civili, contratti commerciali e contratti d’impresa: valore sistematico-ermeneutico delle clas- sificazioni, in Riv. dir. civ., n. 6/2004, p. 850 ss.; X. XXXX, osservazioni sulla categoria dei contratti d’impresa, in I Contratti, n. 11/2004, p. 1059 ss.; X. XXXXXXX, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull’asim- metria contrattuale nei rapporti di scambio, in Riv. crit. dir. priv., 2005, p. 549 ss.; ID., Tecniche di controllo dell’autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto Europeo, in Eur. dir. priv., n. 4/2008, p. 831 ss.; P.G. XX- XXXXXX, I contratti d’impresa e il diritto comunitario, in Riv. dir. civ., n. 5/2005, p. 504 ss.; X. XXXXXXXXXX, Buona fede oggettiva, contratti d’impresa e diritto europeo, in Riv. dir. civ., n. 5/2005, p. 507 ss.; X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore, e contratti asimmetrici (con postilla sul «terzo contratto»), in Riv. dir. priv.,
n. 4/2007, p. 669 ss.; ID., Behavioural Law and Economics, regolazione del mercato e sistema dei contratti, in Riv. dir. priv., n. 2/2013, p. 167 ss.; X. XXXXXX, Il terzo contratto. Il problema, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, Il Mulino, 2008, p. 9 ss.; X. XXXXXXXXX, Conclusioni, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, Il Mulino, 2008, p. 331 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Per una lettura dell’abuso contrattuale: contratti del consumatore, dell’imprenditore debole e della microimpresa, in Riv. dir. comm., n. 2/2010, p. 409 ss.; A.M. XXXXXXXXX, (voce) Contratto asimmetrico, in Enc. dir., Xxxxxx X, Xxxxxxx, 2012, p. 370 ss.; X. XXXXX, I contratti d’impresa nel diritto
Ove tuttavia si provi a guardare oltre il dato fattuale dell’asimmetria di potere contrattuale, non sempre facilmente rilevabile e peraltro non sempre espressamente presupposto quale condi- tio sine qua non dell’operatività di tali norme, appare plausibile ricavare dalla loro formulazione in primo luogo una chiara sollecitazione a che le parti contraenti osservino condizioni di accesso trasparente e cooperativo alla negoziazione ed all’esecuzione di un’operazione di scambio.
Sembra questa la logica che presiede in ultima analisi ad una serie di previsioni legali che di recente hanno integrato l’insieme di norme specificamente destinate, nell’ambito del diritto dei contratti, alla disciplina dei contratti tra imprese e/o professionisti. Ci si riferisce segnatamente all’adempimento di obblighi di informazione da parte dell’impresa affiliante nella fase prelimi- nare alla conclusione del contratto, secondo quanto disposto dalla l. 6 maggio 2004, n. 129 re- cante norme sulla disciplina dell’affiliazione commerciale; alla dettagliata disciplina della forma e del contenuto del contratto di subfornitura, disposta dalla l. 18 giugno 1998, n. 192; alla disci- plina altrettanto dettagliata della forma e del contenuto dei contratti di cessione di prodotti agroalimentari, disposta dal d.l. 18 ottobre 2012 convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221; alla disciplina delle pratiche commerciali sleali e la sua recente estensione alle relazioni tra profes- sionisti/imprese e microimprese, disposta dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in l. 24 mar- zo 2012, n. 27; al rinnovato divieto di ricorrere a pratiche commerciali scorrette nelle relazioni commerciali tra operatori economici, contenuto nel d.l. 18 ottobre 2012 convertito in l. 17 di- cembre 2012, n. 221; all’implicito richiamo alla coerenza nell’osservanza di precisi impegni ne- goziali assunti in relazione all’esecuzione di rapporti di natura commerciale, al fine di garantire una ragionevole certezza nella programmazione dei loro effetti patrimoniali, rinvenibile nella disciplina dei ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali dettata dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, come di recente riformato da d.lgs. 9 novembre 2012, n. 192; alla determinazione legale del periodo di tempo minimo necessario per consentire l’effettiva realizzazione degli inte- ressi sottesi da entrambi i contraenti all’operazione di scambio programmata, disposta dalla l. n. 129/2004, recante norme per la disciplina dell’affiliazione commerciale; infine, al divieto di abusi di natura negoziale o anche extranegoziale nei confronti di controparti in posizione eco- nomica di sfavore, ove tale posizione sia dovuta all’oggettiva impossibilità di intrattenere rela- zioni commerciali con professionisti/imprese diversi da quelli cui il divieto di abuso è rivolto, secondo quanto disposto dall’art. 9 della l. 18 giugno 1998, n. 192 recante la disciplina della subfornitura nelle attività produttive.
Certo, non c’è dubbio che in tutti i casi citati ciò che a primo acchito colpisce è la particolare attenzione riservata dal legislatore a situazioni “relazionali” in cui l’asimmetria di potere nego- ziale tra operatori economici, seppure tra loro indipendenti, è particolarmente frequente. Tale attenzione è espressa da un chiaro intento protettivo verso la c.d. parte debole del rapporto, rea- lizzato attraverso la previsione di obblighi e sanzioni di vario tipo nei confronti delle parti che,
italiano ed europeo: problemi attuali e prospettive future, in Riv. crit. del dir. priv., n. 4/2012, p. 533 ss.; X. XXXXX- XXXX, Il contratto di diritto europeo, Xxxxxxxxxxxx, 2012, p. 135 ss.
in forza della propria supremazia economica, potrebbero tenere o tengano un comportamento deviante rispetto al modello presupposto e indirettamente imposto dal legislatore nella negozia- zione e/o nella successiva esecuzione del regolamento contrattuale pattuito 2. Colpisce l’incon- sueto rilievo che si ritiene sia attribuito ad un dato fattuale dai contorni piuttosto indefiniti come quello della debolezza economica o di potere contrattuale, per di più ove esso riguardi non più solo la persona umana nella sua irriducibile dimensione valoriale 3, ma il soggetto impresa, per definizione votato all’iniziativa economica e, in qualità di animatore e protagonista delle rela- zioni di mercato, tradizionalmente rappresentato come soggetto insofferente ad ogni forma di svalutazione o addirittura compressione della sua libertà negoziale. E colpisce altresì che una tendenza evolutiva del diritto dei contratti, a lungo associata solo alla contrattazione di massa tra il professionista/impresa e il consumatore come reazione all’asimmetria informativa che tipica- mente connota gli scambi di beni di consumo sui mercati finali 4, interessi ora in modo sempre più articolato anche i rapporti negoziali tra operatori economici indipendenti, da sempre consi- derati formalmente uguali e avveduti, perseguendo peraltro la correzione più che di una sempli- ce asimmetria informativa di una ben più ingombrante asimmetria di potere economico 5.
Gran parte degli osservatori, come si diceva, spiega una simile evoluzione normativa come una fase di avanzamento nel solco della differenziazione specialistica della disciplina dei con- tratti, già da tempo avviata attraverso l’adozione di norme a tutela del contraente debole/con- sumatore impegnato nella realizzazione di scambi di beni o servizi con il professionista/im- presa 6. Il nuovo banco di prova del processo di differenziazione normativa sarebbe dato dalle
2 Cfr. A.M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 373 ss.
3 Cfr. P. PERLINGERI, diritto dei contratti e dei mercati, in Rass. dir. civ., n. 3/2011, p. 883 ss.
4 A proposito del sistema contemporaneo degli scambi di mercato, si è acutamente osservato che “il prezzo reale si correla sempre di più al contenuto specifico e concreto del contratto, ossia a quel dato per lo più invisibile ai terzi costituito dal complessivo «trattamento» giuridico dell’operazione economica che si rinviene nelle clausole contenute nei contratti, nei formularti e nelle condizioni generali predisposte da uno dei contraenti”, per poi rilevare che “l’asimmetria informativa dianzi individuata costituisce una delle cause fondamentali del fallimento del mercato con- correnziale e dell’inevitabile frantumazione di quest’ultimo”. Cfr. X. XXXXXXXXXX, La disciplina dell’atto e dell’at- tività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in X. XXXXXX (a cura di), Tratt. di Dir. Contr. Eur., Xxxxx, 2003, p. 24.
5 Tra i primi a cogliere ed analizzare i tratti peculiari della dipendenza economica che può condizionare i rapporti contrattuali tra imprese X. XXXXXXXXX, I contratti di distribuzione, Jovene 1979, p. 322 ss. Ma si vedano anche tra i tanti, X. XXXXXXXXX, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti, Xxxxxxxxxxxx, 2004, p. 42 ss.; X. XXXXXX, L’abuso di dipendenza economica, Jovene 2004, p.56 ss.; X. XXXXXX, L’abuso di dipendenza economica, Xxxxxxx, 2006, p. 87 ss.; X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 156 ss.; X. XXXXXXXXXXX, cit.,
p. 417 ss.; X. XXXXXXX, Premesse sistematiche all’analisi del recesso nel contratto tra imprese, in X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 239 ss.; X. XXXXXXXXXX, Abuso del diritto e contratti asimmetrici d’impresa, in Annuario del Contratto 2011, Xxxxxxxxxxxx, 2012, p. 87.
6 Il tema è stato oggetto di ampio dibattito anche in occasione di due importanti Convegni. Del primo, tenutosi a Siena nel 2004, gli atti sono raccolti in P. SIRENA (a cura di), Il diritto europeo dei contratti di impresa, Xxxxxxx, 2006; del secondo, tenutosi a Pisa nel 2007, gli atti sono raccolti in X. XXXXXXXXXX (a cura di), Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore, Xxxxxxx, 2007.
ipotesi di asimmetria di potere negoziale nei rapporti tra professionisti e/o imprese, che, in quan- to qualitativamente diverse dalle ipotesi di asimmetria informativa tipica dei rapporti contrattua- li tra professionisti/imprese e consumatori, richiederebbero un distinto trattamento giuridico. Si assisterebbe così ad una crescente ramificazione del diritto dei contratti in ragione della distinta caratterizzazione soggettiva degli attori economici che animano gli scambi nel mercato, sia che delle diverse articolazioni del diritto dei contratti si sottolinei soprattutto la comune riconducibi- lità al minimo comune denominatore dell’attività di regolazione della concorrenza e del merca- to 7, sia che invece, pur nella condivisione della loro comune matrice “pro concorrenziale”, ne sia valorizzata maggiormente la distinta funzionalità e la conseguente “impermeabilità” dei ri- spettivi ambiti di applicazione 8.
In questa sede si intende adottare una prospettiva di osservazione che consenta di progredire nel perfezionamento delle capacità esplicative proprio dell’approccio che, in quanto particolar- mente rivolto ad evidenziare il crescente intreccio funzionale tra diritto dei contratti e regolazio- ne della concorrenza e del mercato, sembra meglio di altri rappresentare le nuove forme assunte dall’attuale stadio di evoluzione dell’incessante interazione tra dinamiche economiche e catego- rie normative.
In questa prospettiva, si proporranno in particolare diverse livelli di lettura e analisi delle norme del diritto dei contratti tra imprese appena richiamate. Quelle più risalenti, come le dispo- sizioni relative alla forma e al contenuto del contratto di subfornitura riportate dalla l. 18 giugno 1998, n. 192, le analoghe previsioni di forma e contenuto del contratto di affiliazione commer- ciale e di un termine minimo di durata del relativo rapporto disposte ex art. 3 della l. 6 maggio 2004, n. 129, il divieto di abuso di dipendenza economica ex art. 9 della l. 18 giugno 1998, n. 192 e infine le norme sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali disposte dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 non saranno oggetto di specifico approfondimento per due ragioni. Da un lato, per evitare di ribadire considerazioni già note ed espresse nei molti contributi nel tempo elaborati su tali materie 9; dall’altro, e soprattutto, perché ciò che più interessa in questa sede è
7 Cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit., pp. 169-170; X. XXXXXXX, Tecniche di controllo dell’autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto europeo, cit., p. 842 ss.
8 Cfr. X. XXXXXXXXX, Conclusioni, in X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 345 ss.; X. XXXXXX, op. cit., p. 16 ss.; X. XXXXXXX, Premesse sistematiche all’analisi del recesso nel contratto tra imprese, in X. XXXXX, op. ult. cit., p. 239 ss.
9 Sulla disciplina del contratto di subfornitura, cfr. X. XXXXXXXX, Disciplina della subfornitura nella legge 192/98: problemi di diritto sostanziale, in I contratti, 1999, p. 188 ss.; R. CASO X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina del con- tratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori?, in Riv. dir. priv., 1998,
p. 712 ss.; A MUSSO, La subfornitura, in Comm. del Codice Civile Scialoja Branca, Zanichelli-Soc. ed. Foro Italiano, 2003; X. XXXXXXXXX, Le regole di trasparenza nel contratto di subfornitura, in Giur. comm., 2000, p. 216 ss.; X. XXXXXXX, La subfornitura, in X. XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXX (a cura di), I contratti d’impresa, Il Mulino, 2012,
p. 207 ss.; X. XXXXXXX, La forma del contratto di subfornitura tra finalità di protezione ed esigenze di certezza, in Riv. dir. priv., 2012, p. 409 ss. Sulla disciplina del contratto di franchising, cfr. X. XXXX, La nuova legge sull’affiliazione commerciale. Commentario, in Nuove leggi civili commentate, 2004, p. 1170 ss.; G. DE NOVA, La nuova legge sul franchising, in Xxxxxxxxx, 2004, p. 761 ss.; L. DELLI PRISCOLI, Franchising, contratti di integrazione e
solo segnalare come alla base di tali provvedimenti normativi si possano riconoscere le prime tracce del modello di regolamentazione dei rapporti negoziali tra professionisti e/o imprese cui si ritiene il legislatore abbia successivamente ispirato in modo sempre più deciso i propri inter- venti disciplinari nella stessa materia. Non interessa tanto, in altri termini, ribadire che l’im- posizione conformativa di una precisa griglia contenutistica al regolamento contrattuale di sub- fornitura o di affiliazione commerciale cui le parti intendono vincolarsi o, ancora, il divieto di abusare della propria posizione di dominanza economica nei confronti della controparte contrat- tuale rappresentino altrettante previsioni rivolte a prevenire o sanzionare modalità patologiche di esercizio dell’autonomia privata e della libertà di iniziativa economica, ogni volta che l’asimmetria del potere contrattuale tra le parti rispettivamente renda prevedibile che siffatti esiti distorsivi si verifichino o di fatto ne provochi il manifestarsi.
Prendendo spunto dal modello di condotta negoziale che il legislatore presuppone alla base
delle disposizioni menzionate, appare più utile invece approfondire i contenuti di altre più re- centi disposizioni, in modo da verificare se la trasparenza e la leale cooperazione, in quanto ine- vitabili capisaldi di quel modello di condotta, abbiano nel tempo ricevuto una più marcata san- zione positiva, confermando così l’affermarsi di una rinnovata qualità normativa nella disciplina dei rapporti negoziali tra operatori economici che sul mercato assumano le vesti di imprese e/o professionisti.
Rientrano tra le norme cui dunque sarà riservata maggiore attenzione, quelle relative alla di- sciplina delle cessioni di prodotti agroalimentari e al divieto di ricorrere a pratiche commerciali scorrette nelle relazioni commerciali tra operatori economici, entrambe contenute nel d.l. 18 ot- tobre 2012 convertito in l. 17 dicembre 2012, n. 221, la norma modificatrice dell’art. 9, comma
3 bis della l.18 giugno 1998, n. 192, disposta dall’art. 10, comma 2, l. 11 novembre 2011, n. 180 e, ancora, diverse norme che nel tempo hanno costantemente rafforzato i poteri di monitoraggio, analisi e sanzione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei confronti di rela- zioni contrattuali e pratiche commerciali tra imprese/professionisti e consumatori o piccole e medie imprese, indipendentemente dal preventivo accertamento della violazione diretta della legislazione antitrust. Si proverà in particolare a dimostrare che la disciplina dei rapporti con-
obblighi precontrattuali di informazione, in Riv. dir. comm., 2004, p. 1163 ss.; X. XXXXXXX (a cura di), L’affiliazione commerciale, Xxxxxxxxxxxx, 2005; X. X’XXXXX, Il procedimento di formazione del contratto di franchising secondo l’art. 4 della legge 129/2004, in Riv. dir. priv., 2005, p. 769 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Il ruolo dell’informazione nel con- tratto di franchising, in Giust. civ., 2012, II, p. 245 ss.; X. XXXX, Il contratto di franchising, Esi, 2012, p. 81 ss.; X. XX XXXX, Il “franchising», in X. XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXX (a cura di), I contratti d’impresa, cit., p. 453 ss.; F. XXXXX, “Neoformalismo” e tutela dell’imprenditore debole, in Obbligazioni e Contratti, 2012, p. 6 ss. Sull’art. 9 del- la l. n. 192/1998, oltre agli autori citati nella nota 5, cfr. C. OSTI, L’abuso di dipendenza economica, in Mercato Con- correnza Regole, n. 1/1999, p. 9 ss.; X. XXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, Xxxxxxx, 2003. Sulla disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, cfr. G. DE CRISTOFARO, La disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in Nuove leggi civili commentate, 2004, p. 461 ss.; V. PAN- DOLFINI, Le modifiche alla disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in Il Corriere del Meri- to, 2013, p. 379 ss.
trattuali tra operatori economici, evolvendosi, tenda ad arricchire la disciplina del contratto di sollecitazioni normative perché la trasparenza e la leale cooperazione tra le parti contraenti, in quanto condizioni essenziali di efficienza e dinamismo concorrenziale, vengano elette a metro fondamentale di preventiva conformazione dell’autonomia privata, oltre che a parametro di con- trollo della liceità e di possibile limitazione delle sue espressioni.
È comprensibile infatti che, a fronte dei primi episodici provvedimenti adottati per contrasta- re ipotesi di distorsione della libertà economica consumate nell’ambito di relazioni negoziali prevalentemente intrattenute tra operatori economici dotati di un potere di mercato fortemente squilibrato si sia valorizzata la loro specialità, riconoscendo ai loro contenuti innovativi il rango del rimedio giuridico predisposto contro particolari ma isolati fenomeni di degenerazione dell’esercizio dell’autonomia privata. Ove tuttavia si constati il moltiplicarsi di simili interventi normativi e il contestuale diradarsi dei presidi rivolti a limitarne l’applicabilità, allora si ritiene sia altrettanto comprensibile nutrire l’esigenza di accertare le implicazioni più profonde di tale tendenza evolutiva, secondo direttrici di indagine che potrebbero non escludere possibili conta- minazioni tra la dimensione della disciplina generale la dimensione della disciplina speciale del contratto.
In questa prospettiva, la traccia argomentativa che si intende seguire mira a individuare una logica unitaria alla base del fenomeno di marcata articolazione che attualmente investe il diritto dei contratti, senza però confondersi in ciò con l’idea, pure autorevolmente sostenuta in dottrina, che l’evoluzione normativa in atto sia da ricondurre all’affermarsi di un nuovo paradigma con- trattuale, progressivamente consolidatosi intorno al parametro dell’equilibrio o, se si vuole, della giustizia dello scambio quale generalizzata chiave d’accesso alla dimensione della regolazione giuridica 10. Come si tenterà di mostrare meglio più avanti, infatti, nell’esaltare il crescente rilie- vo normativo che l’idea di equità e giustizia dovrebbe rivestire nella disciplina dei contratti, tale ultimo orientamento dottrinario ne lascia ampiamente indefinito il contenuto, demandando di fatto alla casistica giudiziale la sua incerta caratterizzazione.
10 D’obbligo il rinvio a X. XXXXX, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimme- tria di potere contrattuale; genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in X. XXXXXXXXX (a cura di), Il contratto e le tutele, Xxxxxxxxxxxx, 2002, p. 639 ss.; ID., Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimme- trici, cit., p. 679 ss.; ID., Behavioural Law and Economics, regolazione del mercato e sistema dei contratti, cit., p. 167 ss. Mostrano analoga sensibilità al tema della giustizia dello scambio contrattuale, seppure espressa attraverso il diverso registro della valorizzazione normativa della clausola generale della buona fede, X. XXXXXXXXXX, Il contratto nei Principi di diritto europeo, in X. XXXXXXXXX, Il contratto e le tutele, cit., p. 52 ss.; ID., Diritto generale privato e diritti secondi, la ripresa di un tema, in X. XXXXX, Diritto civile e diritti speciali, Xxxxxxx, 2008, p. 19 ss.; X. XXXXX- RETTA, Buona fede oggettiva, contratti d’impresa e diritto europeo, cit., p. 514 ss; ID., Xxxxx fede e ragionevolezza nel diritto contrattuale europeo, in Eur. dir. priv., n. 4/2012, p. 953 ss.; X. XXXXXXX, Contratto giusto e rimedi effetti- vi, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 3/2015, p. 787 ss. Una crescente attenzione al controllo della giustizia dello scambio contrattuale, azionando la clausola generale della buona fede, si registra anche in giurisprudenza. Cfr. Cass. 20 aprile 1994, n. 3775; Cass. 24 settembre 1999, n. 10511; Cass. 13 settembre 2005, n. 18128; Cass. 18 settembre 2009, n.
20106; Cass. 10 novembre 2010, n. 22819; Trib. Bari, sez. III, 13 marzo 2014, n. 1327; App. Roma, sez. II, 16 di-
cembre 2010, n. 5300.
Diversamente, l’indirizzo che si propone esclude che il legislatore si stia convertendo al per- seguimento positivo di una idea non meglio identificata di giustizia o equità negli scambi tra operatori economici, indipendentemente dalla circostanza che a motivare tali scambi siano inte- ressi soggettivi di natura professionale ovvero connessi a mere esigenze di consumo. Piuttosto aspira a dimostrare come ci si stia muovendo, anche e soprattutto su sollecitazione del legislato- re europeo, verso l’affermazione normativa di più rigorosi standard qualitativi nella valutazione delle condotte manifestate dagli operatori economici nelle loro interazioni di mercato. La corret- tezza e lo spirito di leale cooperazione tra attori economici, in quest’ottica, piuttosto che rappre- sentare meri strumenti formali di controllo e contenimento del potere di autodeterminazione in- dividuale espresso attraverso il libero esercizio dell’autonomia privata, costituirebbero i presup- posti essenziali di un più ampio sviluppo delle dinamiche concorrenziali, divenendo oggetto di un investimento normativo “in positivo” 11. Ciò, per un verso, comporterebbe la valorizzazione e il potenziamento di norme in vario modo rivolte ad incentivare il reciproco affidamento, la tra- sparenza, e lo spirito di leale cooperazione nelle interazioni tra operatori economici, evitando che i relativi interventi di “regolazione” dell’esercizio dell’autonomia privata assumano la cifra esclusiva della definizione di rimedi alla eventuale frustrazione di simili standard di comporta- mento. Mentre, per altro verso, ciò comporterebbe che, ove si presenti la necessità di interventi giudiziali proprio sul piano rimediale, la misura dell’eventuale devianza da contrastare sia tratta più dalla specifica connotazione causale del rapporto contrattuale tra le parti e dalla prassi delle relazioni economiche nel settore degli scambi di mercato maggiormente affine 12, che non dall’interpretazione giudiziale della funzione normativa attribuita dal legislatore al singolo dirit- to o allo specifico potere soggettivo che nell’interazione economica si ritenga sia stato oggetto di un uso distorto 13. La disparità di potere economico andrebbe considerata come un dato fisio-
11 Un’analoga ispirazione sembra riconoscibile nell’approfondita analisi dell’abuso di dipendenza economica ex art. 9 della l. n. 192/1998 condotta da X. XXXXXX, op. cit., p. 69 ss. Sottolineando il costante rafforzamento della corre- lazione tra diritto dei consumatori e diritto della concorrenza nelle varie fasi di sviluppo della disciplina consumeri- stica, osserva che, a partire dall’adozione in sede europea della disciplina delle pratiche commerciali sleali, “le nor- mative … non dettano più regole dirette esclusivamente ad incidere l’atto, ma guardano, piuttosto, al comportamento del professionista, determinando un significativo passaggio che sposta l’attenzione dall’atto all’attività” X. XXXXX XXXXXX, Il public enforcement nella tutela dei consumatori, in Corr. giur., n. 7/2014, p. 6.
12 Per una lucida ed approfondita rappresentazione del significato normativo attribuibile all’espressione “causa” o “profilo causale” del contratto, si rinvia a M. BARCELLONA, Della causa – Il contratto e la circolazione della ricchez- za, Cedam, 2015, p. 143 ss.
13 Si ricorda a riguardo il vivace dibattito suscitato qualche tempo fa dal dispositivo di Xxxx. 18 settembre 2009, n. 20106. Tra i numerosissimi commenti alla citata pronuncia, cfr. X. X’XXXXX, Recesso ad nutum, buona fede e abuso del diritto, in I Contratti, 2010, p. 11; X. XXXXXXX, Recesso ad nutum e valutazione di abusività nei contratti tra im- prese: spunti da una recente sentenza della Cassazione, in Corr. giur., 2009, p. 1577 ss.; X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, Della serie «a volte ritornano»:l’abuso del diritto alla riscossa, in Foro it., 2010, c. 95 ss.; X. XXXXXXX, Abuso del diritto e uso dell’argomentazione, in Resp. civ. prev., 2010, p. 354 ss.; X. XXXXXXX, L’abuso del diritto, in Obbl. contr., 2010, p. 166 ss.; X. XXXXXXX, Contro l’abuso del diritto, in Obbl. contr., 2010, p. 172 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Abuso del diritto, buona fede, ragionevolezza (verso una riscoperta della pretesa funzione correttiva dell’interpre- tazione del contratto?), in NGCC, 2010, p. 139 ss.; X. XXXXXXX, Concessione di vendita, recesso e abuso del diritto.
logico ed ineludibile in ogni relazione economica. Essa potrebbe concorrere a spiegare il parti- colare equilibrio dato dalle parti all’assetto di vantaggi, svantaggi e rischi relativo all’operazione di scambio negozialmente programmata, ma la sua semplice ricorrenza non potrebbe di per sé condizionarne il trattamento giuridico, senza che per questo si debba abdicare ad un costante monitoraggio, funzionale ad evitare che lo squilibrio di potere divenga fonte di opportunismi e sopraffazioni della parte economicamente più forte.
Come si proverà a dimostrare, una lettura orientata in tal senso delle norme che di recente hanno arricchito la disciplina della contrattazione tra imprese non ignora certamente che la de- terminazione del solco divisorio tra lecito e illecito e tra correttezza e slealtà rimanga pur sem- pre nelle mani del giudice. Tuttavia, in tale prospettiva, non solo si potrebbe aspirare ad una mi- nore frequenza del ricorso ad interventi giudiziali, per via della valorizzazione di dispositivi normativi rivolti ad incentivare il comportamento virtuoso delle parti; ma si potrebbe anche ot- tenere che i parametri di riferimento da adottare nei processi decisori degli organi giudicanti siano meno “volatili” o, se si vuole, siano rivolti più alla definizione degli standard di condotta oggettivamente associabili allo specifico profilo causale dell’operazione economica dedotta in giudizio 14, che non all’incerta ricerca della regola di condotta di volta in volta applicabile alla specifica posizione soggettiva rivestita dalle parti contraenti o all’ancora più insondabile misu- razione della giustizia del rapporto contrattuale.
2. – La proposta di una lettura in parte innovativa delle norme che a vario titolo riguardano il fenomeno della contrattazione d’impresa rende doveroso un preliminare richiamo, per quanto del tutto sommario, alle diverse voci che nel più recente passato hanno animato il dibattito in materia. Si proverà così in primo luogo a delimitare e chiarire ancora meglio le categorie norma- tive sulle quali maggiormente si concentrerà la riflessione. Ad evidenziare, in secondo luogo, i molteplici risultati raggiunti dalle analisi finora sviluppate, di molti dei quali ci si avvarrà nell’elaborazione della prospettiva interpretativa appena delineata. Si proverà infine ad indivi- duare i punti di quelle stesse analisi che si ritengono di contro deboli o bisognosi di ulteriore ap- profondimento.
Note critiche a Xxxx. N. 20106/2009, in NGCC, 2010, p. 319 ss.; X. XXXXXX, Abuso del diritto e abuso di dipendenza economica, in I Contratti, 2010, p. 524 ss; X. XXXXXX, X. XXXXXXX, Abuso di diritto, risarcimento del danno e con- tratto: quando la chiarezza va in vacanza, in Corr. giur., 2011, p. 109 ss.; F. XXXXXXX, Buona fede, recesso ad nutum e investimenti non recuperabili dell’affiliato nella disciplina dei contratti di distribuzione: in margine a Cass. 18 set- tembre 2009, n. 20106, in Riv. dir. civ., 2010, p. 653 ss.; X. XXXXXXX, Qui suo iure abutitur neminem laedit?, in Contr. impr., 2011, p. 311 ss.; X. XXXXXXXXXX, Buona fede e abuso del diritto di recesso ad nutum tra autonomia privata e sindacato giurisdizionale, in Riv. dir. comm., 2011, II, p. 295 ss.; A. FRIGNANI, Cosa ne è degli affiliati in caso di riorganizzazione aziendale del franchi sor (fino all’incorporazione in altra società?), in I Contratti, n. 7/2014, p. 706 ss.
14 Sembra d’altronde muovere in tale direzione Trib. Massa, 15 maggio 2014, in NGCC, 2015, I, p. 218 ss., con nota di X. XXXXXXXX, op. cit., p. 222 ss.
Appare ampiamente condivisa l’opinione secondo la quale, superata la storica distinzione tra contratti civili e commerciali, sancita in seguito all’entrata in vigore del Codice Civile del 1942 e resa irreversibile dal diffuso processo di “commercializzazione” della disciplina del contratto e delle obbligazioni 15, i principali interrogativi da affrontare in materia riguardino, per un verso, la possibilità di enucleare dal rinnovato tessuto normativo un’autonoma categoria contrattuale, connotata soggettivamente dalla presenza tra i contraenti di almeno un soggetto operante come motore di un’attività d’impresa 16, e, per altro verso, la qualità dei tratti differenziali riguardanti l’insieme di norme rivolte alla disciplina di tale fenomenologia negoziale 17. Al dibattito natu- ralmente fa da sfondo la riflessione sul concetto e la relativa fattispecie giuridica dell’“impresa”, delineata con diversi accenti e riferimenti quale attività economica organizzata rivolta alla pro- duzione di beni e servizi, ovvero insieme di atti funzionalmente connessi in vista del consegui- mento di precisi effetti 18, in modo da sottolineare comunque la sua autonomia concettuale sia dalla figura dell’imprenditore, che, pur essendone il motore, dall’attività d’impresa trae anche origine 19, sia dal profilo oggettivo e irrimediabilmente statico dell’azienda, quale “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa” (art. 2555 c.c.).
È noto che, nel definire la fattispecie in parola e nell’evidenziare la notevole complessità del- la sua rappresentazione giuridica, è sempre stato largamente diffuso l’orientamento tendente ad escludere la possibilità che all’interno della fattispecie “impresa” confluisse anche l’attività con- sistente nell’esercizio delle professioni intellettuali 20. Gli argomenti utilizzati in proposito sono indubbiamente seri, attenendo ora alla sostanziale assenza di disposizioni che, in quanto destina- te alla disciplina dei diversi profili dell’attività di impresa, siano applicabili anche all’esercizio delle professioni intellettuali 21, ora alla valorizzazione del requisito dell’organizzazione quale discrimen tra l’attitudine personale alla programmazione della propria attività da parte del pro- fessionista e la capacità dell’imprenditore di trarre profitto aggiuntivo dall’utilizzo funzional-
15 Per tutti, cfr. X. XXXXXXXXX, (voce) Impresa, in Enc. dir., Xxxxxx X, Xxxxxxx, 2007, p. 814; F. DI XXXXXX, (vo- ce) Contratti d’impresa, in Digesto disc. priv., Xxxx, 2007, p. 315.
16 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 231.
17 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, (voce) Contratti d’impresa, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, p. 1 ss. Riflette acuta- mente sull’autonomia concettuale della categoria dei contratti d’impresa, osservando che il contatto tra l’interesse riconducibile all’attività d’impresa e gli interessi della collettività prodotto dall’inevitabile incidenza dell’atto di au- tonomia dell’impresa sull’utilità sociale “non nuoce alla natura contrattuale dell’atto di autonomia né alla sua consi- derazione unitaria e non sostituisce una «autonomia d’impresa» all’autonomia contrattuale”, X. XXXX, I contratti d’impresa tra Codice Civile e legislazione speciale, in Riv. dir. civ., n. 6/2004, p. 847.
18 Cfr. X. XXXXXX, Riflessioni sul tema dell’impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civi- le, in Riv. dir. comm. n. 1/1956, p. 184 ss.; X. XXXXX, (voce) Impresa, in Digesto Disc. Priv. (sez. comm.), Utet, 1992, p. 42.
19 Cfr. X. XXXX, Impresa e imprenditore, in Diritto dell’impresa – Scritti giuridici, Cedam, 1992, p. 264.
20 Cfr. X. XXXXXXX, Diritto commerciale – L’imprenditore, Zanichelli, 2006, pp.14-15.
21 Cfr. X. XXXXX, op. cit., p. 47.
mente combinato delle proprie capacità personali e di altre risorse 22.
Chiarito, almeno per il momento, che nell’ambito del dibattito sulla contrattazione d’impresa si sia inteso fare riferimento all’impresa come attività organizzata in funzione della realizzazio- ne di uno scopo produttivo e che si sia riconosciuta tale fattispecie nelle diverse attività enume- rate dall’art. 2195 c.c. e più in generale in quelle definibili come imprese commerciali 23, giova anche ricordare come lo stesso dibattito sia stato segnato da diversi stadi di evoluzione, essendo progressivamente passato dalla ricerca all’interno del Codice Civile di dati normativi utili ad evidenziare la presenza di un corpo di norme specificamente orientate a sancire il “valore ag- giunto” dei contratti d’impresa e la loro marcata funzionalità all’attività d’impresa piuttosto che all’autodeterminazione individuale dell’imprenditore 24, alla segnalazione della crescente pre- senza all’interno dell’ordinamento di norme di matrice spiccatamente eterogenea rivolte a rego- lare il fenomeno della contrattazione d’impresa come essenziale ingranaggio delle dinamiche di mercato 25. È proprio in virtù di questo sviluppo che trova nuovo vigore l’interrogativo circa l’ipotesi che dall’insieme delle norme rivolte a disciplinare i contratti che a vario titolo concor- rono all’attività d’impresa si possa e si debba ricavare la presenza nell’ordinamento di un’au- tonoma categoria contrattuale, certamente trasversale rispetto alle diverse tipologie nominate nel Codice Civile, ma particolarmente connotata dalla funzionalità delle sue espressioni al posizio- namento ed all’affermazione dell’impresa nel mercato 26. La sempre più evidente connessione tra il moltiplicarsi di fonti normative destinate a regolare l’esercizio dell’autonomia contrattuale da parte del soggetto impresa e la progressiva definizione di un ordine giuridico del mercato 27,
22 Cfr. X. XXXX, op. ult. cit., p. 282.
23 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, op. cit., p. 2.
24 Ivi, p. 8. Xxxxxxx però criticamente che “non sono dettate regole per i contratti dell’imprenditore, perché espressivi della speciale rilevanza nell’ordinamento dell’attività d’impresa, ma (…) sono dettate regole per i contratti con l’imprenditore, perché espressivi della speciale rilevanza dell’interesse delle controparti” X. XXXXXXX, I contratti d’impresa e il diritto comune europeo, in Riv. dir. priv., n. 1/2006, p. 21. Successivamente ha ritenuto che “le dispo- sizioni che il legislatore unificante ha voluto connettere, esclusivamente o tipicamente, con l’attività d’impresa nel codice civile non appaiono in grado, da sole, di esplicare sotto il profilo sistematico una valenza ordinante, né posso- no costituire il substrato di diritto positivo di una teoria (o categoria) dei contratti d’impresa.”, X. XXXXX, op. cit., p. 556.
25 Rileva che “la disciplina della contrattazione d’impresa travalica la regolamentazione del momento puramente negoziale, per investire in senso più complessivo la dialettica del mercato e dunque gli interessi e le azioni dei sogget- ti che, in ruoli e posizioni varie, ne sono attori”, X. XXXX, Contratti d’impresa (evoluzione recente), in Enc. Giur. Treccani, Roma 2008, p. 1. Si veda anche X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 65 ss.; X. XXXX, I contratti d’impresa tra Codi- ce Civile e legislazione speciale, cit., p.847; P. SIRENA, La categoria dei contratti d’impresa e il principio di buona fede, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx.
00 In questa prospettiva, ritiene che alla locuzione “contratti d’impresa” possa attribuirsi “almeno il connotata di concetto idealtipico e, probabilmente, anche la qualità di concetto normativo «dogmatico»”, X. XXXXXXXXX, Autono- mia individuale e autonomia d’impresa, in X. XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXX (a cura di), I contratti d’impresa, cit.,
p. 44 ss.
27 L’espressione è mutuata da N. IRTI, L’ordine giuridico del mercato, Laterza, 2003.
che si ritiene ispirato ora al principio della “concorrenza dinamica” 28, ora all’insieme dei prin- cipi che innervano l’etica delle relazioni economiche 29, induce altresì ad interrogarsi sulla persi- stente opportunità di considerare all’interno del calderone disciplinare della contrattazione d’im- presa tutte le possibili manifestazioni negoziali degli interessi connessi all’attività d’impresa, o se sia invece preferibile distinguere tra norme che, seppure destinate alla disciplina di contratti nei quali una delle parti sia un’impresa, siano indirizzate prioritariamente alla tutela di interessi diversi da quelli direttamente riconducibili all’impresa stessa, e norme che abbiano di contro come oggetto esclusivo la considerazione di interessi connessi al suo esercizio 30. Il riferimento è, come è chiaro, alla proliferazione all’interno dell’ordinamento giuridico di norme a tutela del contraente debole, con specifico riguardo alla contrattazione tra impresa e consumatore. Essa, infatti, ha fatto sì che, per un verso, si accreditasse l’idea secondo la quale accanto al diritto del contratto in generale si stesse consolidando un diritto speciale dei contratti tra l’impresa e il consumatore, finalizzato, mediante la previsione di meccanismi giuridici di protezione della par- te debole, alla neutralizzazione dell’asimmetria informativa che caratterizza proprio la struttura dei contratti tra l’impresa e la massa indistinta dei consumatori 31. E che, per altro verso, altra parte della dottrina rivalutasse l’importanza di una più netta delimitazione della categoria dei contratti d’impresa, sulla falsariga dell’antica distinzione tra contratti civili e contratti commer- ciali 32. Si tratta, invero, di una stagione del dibattito presto superata dall’apparizione in rapida successione di norme che a vario titolo dispongono meccanismi giuridici di particolare prote- zione della controparte negoziale dell’impresa, senza specificarne più la posizione economica soggettiva o identificandola in quella di un’altra impresa o “microimpresa”. E tuttavia, si tratta di una stagione nella quale tanta autorevole parte della dottrina si è cimenta nel tentativo di ri- portare il processo di radicale trasformazione dei connotati della disciplina del contratto nell’alveo delle categorie ordinanti proprie del diritto civile e al suo interno, del diritto generale del contratto. In qualche caso tale obiettivo è stato perseguito esaltando il rilievo assunto nella disciplina del contratto dalla clausola generale della buona fede 33, o dal principio di equità e
28 Suggerisce di intendere la concorrenza “come processo e non come situazione ottimale”, X. XXXXXXXXX, Auto- nomia privata concorrenza nel diritto italiano, in Riv. dir. comm., 2002, p. 438.
29 Riconosce nella formula dell’utilità sociale, con la quale l’iniziativa economica privata non può contrastare ai sensi dell’art. 41, 2° comma, Cost., il richiamo giuridico all’«etica degli affari» X. XXXX, I contratti d’impresa tra Codice Civile e legislazione speciale, cit., p. 847. Ritiene che l’insieme dei principi generali inderogabili in materia economica, cui l’utilità sociale richiamata dall’art. 41, 2° comma, Cost. farebbe riferimento, si concretizzino attraver- so l’applicazione della clausola generale della buona fede contrattuale, P. SIRENA, La categoria dei contratti d’impresa e il principio di buona fede, cit., p. 421. Si veda anche, X. XXXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 513 ss.
30 Cfr. X. XX XXXXXX, op. cit., p. 337.
31 Cfr. X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 39 ss.
32 Cfr. X. XXXX, Contratti civili, contratti commerciali e contratti d’impresa: valore sistematico-ermeneutico delle classificazioni, in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx.
00 Commentando i contenuti dei Principi di Diritto Europeo dei contratti e gli elementi di continuità riconoscibili con i singoli ordinamenti nazionali, autorevole dottrina attribuisce alla buona fede contrattuale un ruolo centrale nel
giustizia contrattuale 34. In altri casi, invece, si è rimarcato come gli interventi normativi responsa- bili delle maggiori innovazioni del diritto dei contratti riproponessero in forme inedite l’originaria vocazione del diritto civile a dare ordine e governare le dinamiche di mercato, ambendo ora non più solo a definire le regole del gioco degli scambi, ma anche e soprattutto a neutralizzare possibili cause di “fallimento” o distorsione di quello stesso gioco 35. Tra queste, innanzitutto quella identi- ficabile nel fenomeno dell’asimmetria informativa tra le parti, tipica dei rapporti contrattuali tra il soggetto impresa e l’anonimo esponente di una massa indistinta di consumatori 36.
Non manca, invero, in questa fase del confronto dottrinario chi intuisca i limiti e le contrad- dizioni di una ricostruzione delle nuove disposizioni sui contratti, in cui tra le parti sia presente l’impresa, che sia orientata a spiegare la ratio del loro speciale intento protettivo solo in relazio- ne allo squilibrio di potere contrattuale che tipicamente interesserebbe la controparte dell’im- presa, quando essa si identifichi con la posizione soggettiva del consumatore 37. Tale autorevole dottrina sottolinea ripetutamente come ad una attenta lettura già delle prime espressioni della disciplina dei contratti del consumatore di matrice comunitaria emerga come la vera discrimi- nante applicativa sia data più dalla particolare modalità della contrattazione, ovvero dalla can- cellazione della fase di preliminare negoziazione tra le parti del regolamento contrattuale sul quale far convergere il consenso, che non dall’ineffabile qualità soggettiva di una delle parti 38. Siffatta lettura rimarrà tuttavia ampiamente inascoltata, sovrastata sia da quanti, nell’incessante incremento di disposizioni devianti rispetto alle coordinate normative in cui tradizionalmente si iscrive la disciplina codicistica del contratto, riconosceranno i prodromi dell’affermarsi di un nuovo paradigma contrattuale a vocazione generale 39. Sia da quanti, seppure con diversi accen- ti, confermeranno il rilievo determinante assunto nell’attuale fase di evoluzione e differenzia- zione del diritto dei contratti dalla posizione di mercato dei soggetti di volta in volta protagonisti della vicenda contrattuale 40.
“governo” degli atti di autonomia privata, sottolineando tuttavia come, a differenza che in passato, “la buona fede si coniuga con l’atto di autonomia, dunque non opera più dall’esterno come può fare l’ordinamento con le sue leggi, ma piuttosto dall’interno, con l’adozione della stessa logica dell’autonomia”. Cfr. X. XXXXXXXXXX, Il contratto nei prin- cipi di diritto europeo, cit., p. 53, nota 29.
34 Cfr. P. XXXXXXXXXX, op. cit., pp.893-894.
35 Cfr. P. SIRENA, L’integrazione del diritto dei consumatori nella disciplina generale del contratto, cit., p. 787 ss.
36 Molto efficace nell’esplicare come “le tecniche giuridiche di commercializzazione individuate in sede di auto- nomia negoziale” incidano ormai sulla differenziazione dei prodotti non meno della loro differenziazione tecnologica e come, contemporaneamente, ciò sia all’origine di “quella fondamentale asimmetria informativa destinata a privare di effettività il meccanismo della concorrenza”, X. XXXXXXXXXX, op. cit., pp. 40-41.
37 Cfr. X. XXXXXXXXX, Contratti del consumatore e contratti d’impresa, in Riv. dir. priv., 1995, p. 37 ss.
38 Nello stesso senso, sul punto si veda anche X. XXXX, Categorie contrattuali e statuti del rapporto obbligatorio, in Il diritto delle obbligazioni e dei contratti: verso una riforma?, Atti del convegno di Treviso 23-24-25 marzo 2006, Cedam, 2006, p. 50; P. SIRENA, op. ult. cit., p. 809 ss.
39 Cfr. X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici, cit., p. 684 ss.
40 Tra i tanti, si rinvia nuovamente a X. XXXXXXX, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni
3. – Il processo di incessante integrazione e trasformazione del diritto contrattuale interno avviato dal recepimento delle direttive europee sulla disciplina dei contratti del consumatore ha generato, come visto, un’ampia riflessione sulla persistente centralità delle norme del Codice Civile e dei principi che le ispirano, primo fra tutti il principio di autonomia contrattuale. Il tema maggiormente affrontato ha riguardato la qualità dell’influenza esercitata dalle disposizioni di matrice europea: se cioè esse avrebbero accentuato e reso irreversibile il percorso di “decodifi- cazione” e frammentazione del diritto dei contratti già da tempo autorevolmente segnalato 41, o se invece il loro recepimento avrebbe potuto stimolare una rilettura della disciplina interna dei contratti capace di preservarne il tratto unitario, malgrado l’accresciuta complessità e l’inelu- dibile articolazione provocata, in un numero sempre più alto di casi, dalla riconsiderazione nor- mativa della vicenda negoziale non più solo come manifestazione del potere di autodetermina- zione dei singoli, ma anche quale componente decisiva delle dinamiche concorrenziali e dell’ef- ficienza nelle relazioni di mercato. Il protagonismo del soggetto impresa e della logica che ne ispira le iniziative negoziali nell’attuale stadio di evoluzione delle relazioni di mercato appare indiscusso. Xxxxxxx rimane invece la possibilità di rilevare una coerenza di fondo, o al contrario negarla, tra la ratio protettiva della c.d. parte debole del rapporto contrattuale, riconosciuta alla base delle regole particolari dettate in relazione agli accordi che si perfezionano tra l’impresa e la massa indistinta dei consumatori, e i principi ispiratori delle disposizioni che il Codice Civile, nell’ambito della disciplina del contratto, in modo più o meno esplicito riserva ad alcuni profili della contrattazione d’impresa 42.
La prospettiva analitica muta sensibilmente ove, invece, oggetto di attenzione divenga il di-
lagante rilievo normativo che si ritiene abbia assunto il dato empirico dell’asimmetria di potere contrattuale tra le parti, in tutti quei casi in cui almeno uno degli attori del rapporto negoziale sia rappresentato da un’impresa 43. Quanti si soffermano su tale profilo rimarcano il carattere del tutto fisiologico dello squilibrio di potere verificabile in relazione ad una quantità innumerevole di rapporti contrattuali in cui una parte sia un’impresa, riconducendolo alla naturale disparità
sull’asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio, in Riv. crit. dir. priv., 2005, p. 549 ss.; ID., Tecniche di control- lo dell’autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto Europeo, in Eur. dir. priv., n. 4/2008, p. 831 ss.; S. MAZ- ZAMUTO, Il contratto di diritto europeo, cit., p. 145 ss.; X. XXXXX, G. VILLA, Introduzione, in X. XXXXX (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 7.
41 Cfr. X. XXXX, L’età della decodificazione, Xxxxxxx, 1979.
42 Giova ricordare, tuttavia, come autorevole dottrina, in relazione all’espressione “contratti d’impresa” abbia ri- tenuto che sia configurabile solo “una figura descritta empiricamente ma fatta rigorosamente oggetto di una ricerca volta alla loro precisa e più completa identificazione giuridica”, sottolineando poi che “è necessario, al fine di costrui- re una categoria dogmatica dei contratti d’impresa, spiegare e dimostrare come l’interesse della parte imprenditrice si traduca in una componente della causa del contratto d’impresa, così come sarebbe necessario, per configurare una categoria dei contratti dei consumatori, verificare come l’interesse di questi soggetti valga ad integrare una specifica componente della causa della relativa fattispecie negoziale”. Cfr. X. XXXXXX, Il diritto europeo dei contratti d’impresa, in Riv. dir. civ., n. 1/2005, pp. 7-8.
43 Cfr. A.M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 372 ss. Sostiene che “nella prospettiva del diritto contrattuale europeo i «con- tratti d’impresa» siano uno dei nomi del caso di contrattazione ineguale”, X. XXXXXXX, op. cit., p. 22.
della posizione economica rivestita in questa tipologia di rapporti da ciascuno dei contraenti 44. Evidenziano il carattere “pioneristico” delle norme a tutela del contraente debole nella disciplina dei contratti del consumatore 45, ma al tempo stesso osservano come la vocazione protettiva che esse rivelano e le tecniche poste in essere al fine di darvi concretezza siano divenute progressi- vamente un modello di regolazione, che sia il legislatore nazionale che quello europeo tendono ad estendere alla generalità dei rapporti contrattuali nella misura in cui siffatti rapporti, in quan- to condizionati dalla logica ispiratrice dell’attività d’impresa propria di almeno una delle parti, risultino determinanti della composizione e dell’evoluzione delle relazioni di mercato 46. La na- turale conclusione cui si perviene, seguendo la direttrice indicata da tale filone interpretativo, è data dalla registrazione dell’affermarsi di un nuovo paradigma contrattuale, connotato dalla cen- tralità dell’asimmetria di potere negoziale delle parti contraenti e destinato a divenire modello generale di regolazione degli scambi di mercato, allo stesso modo in cui in passato il paradigma contrattuale fondato sui principi di eguaglianza e libertà formale delle parti, tipico del diritto comune, è stato profondamente condizionato e in parte soppiantato dal processo di commercia- lizzazione del diritto civile indotto dall’unificazione del Codice Civile e del Codice di Commer- cio del ’42 47. In altri termini, a fronte dell’irruzione prepotente e persistente sulla scena del di- ritto dei contratti di norme chiaramente rivolte a tutelare e rafforzare la posizione negoziale di uno dei contraenti, in ragione del fisiologico squilibrio di potere registrabile nei confronti della controparte, ove essa operi nell’ambito della propria attività d’impresa, l’interrogativo cui ri- spondere non riguarderebbe tanto la tenuta dell’assetto sistematico che tradizionalmente ha dato ordine alle norme sull’esercizio dell’autonomia privata, ma riguarderebbe piuttosto la direzione evolutiva irrimediabilmente intrapresa dal diritto dei contratti.
In un epoca in cui appare ormai evidente la connessione tra la stragrande maggioranza dei rapporti negoziali intrapresi dai privati, la distribuzione del potere economico nel mercato e il conseguente andamento delle dinamiche concorrenziali, infatti, appare più urgente indagare la strategia di regolazione adottata dal sistema normativo nei confronti del contratto quale nuovo strumento di distribuzione e di governo del potere economico nel mercato, che non attardarsi ulteriormente sulle residue capacità ordinanti del modello di regolazione delle dinamiche con- trattuali finora prevalente. Particolare attenzione, in quest’ottica, dovrebbe riservarsi alla nuova sensibilità manifestata dall’ordinamento giuridico verso le asimmetrie sostanziali che contraddi- stinguono le posizioni di mercato di alcune categorie di attori economici, ove singoli loro espo- nenti siano impegnati ad interagire per la realizzazione di un’operazione di scambio.
Rimane invero piuttosto incerta la misura del divario di potere tra le parti che, rendendolo
44 Cfr. X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici, cit., p. 683.
45 Ivi, p. 693.
46 Ivi, p. 689 ss. Sembra condividere tale impostazione anche X. XXXX, Il contratto di franchising, cit., p. 218.
47 Ivi, pp. 694-695.
giuridicamente rilevante, condizionerebbe sotto vari aspetti la disciplina del contratto, così come alquanto indefiniti resterebbero anche i criteri per riconoscere la ricorrenza dei requisiti sogget- tivi utili all’accesso del singolo rapporto negoziale alla dimensione normativa di particolare pro- tezione apprestata dal legislatore nell’ottica del paradigma del contratto asimmetrico. La mis- sione di tale paradigma sarebbe infatti la regolazione del mercato attraverso la disciplina della contrattazione d’impresa 48, ma, considerata la varietà delle manifestazioni concrete che codesta contrattazione può assumere, non del tutto definiti appaiono ancora gli indicatori che ne caratte- rizzano l’effettivo campo d’azione. Rimane invece innegabile un fondamentale merito: quello di aver proposto una lettura dell’evoluzione del diritto dei contratti che muova dal tentativo di evi- denziare un filo conduttore e ambisca pertanto ad integrare le novità normative in un disegno sistematico che, seppure in modo profondamente diverso da quanto si sia fatto in passato, de- scriva le funzioni normative oggi assolte dal diritto dei contratti.
Un’analoga aspirazione è d’altronde nutrita anche dalle proposte ricostruttive che, anziché individuare nel dato dell’asimmetria di potere contrattuale il fenomeno della realtà economica contemporanea intorno al quale si svilupperebbe un nuovo paradigma contrattuale a vocazione universalistica, riconoscono in un protagonismo finora inedito della clausola generale di buona fede il tratto caratterizzante la più recente evoluzione del diritto dei contratti 49. Dalla disciplina delle clausole vessatorie nei contratti del consumatore di origine europea al divieto da parte del diritto domestico dell’abuso di dipendenza economica nei rapporti tra imprese, passando per le diverse esperienze di c.d. soft law, rappresentate dalle proposte di armonizzazione europea del diritto dei contratti quali i Principles of European Contract Law o i Principi Unidroit, si mostra costante, secondo questo approccio, il rilievo normativo attribuito in modo più o meno diretto alla buona fede, intesa non più come strumento di arricchimento del tessuto obbligatorio dispo- sto nei confronti delle parti dal regolamento contrattuale, ma piuttosto come “criterio di identifi- cazione di squilibri non fisiologici nell’esercizio dell’autonomia contrattuale e, al tempo stesso, canone di interpretazione che accerta l’abuso” 50. La buona fede, dunque, emancipata sia dalla sua riduzione a incerto canone di ricostruzione della volontà delle parti, sia dal suo appiattimen- to a mero criterio mercantile di governo dei rapporti contrattuali, diverrebbe il perno della disci- plina delle differenti espressioni della contrattazione d’impresa, consentendo al tempo stesso la sua articolazione in ragione del variare del controllo esercitato sulla vicenda negoziale, secondo
48 Ivi, p. 697.
49 Afferma che “L’indirizzo europeo e internazionale in materia di diritto contrattuale può dirsi univoco nel prospettare un’esigenza di contemperamento tra salvaguardia della libertà contrattuale e soggezione al principio della buona fede” F.D. BUSNELLI, Note in tema di buona fede ed equità, in Xxx. xxx. xxx., x. 0/0000, x. 000. Nel- lo stesso senso, cfr. X. XXXXXXXXXX, Buona fede oggettiva, contratti d’impresa e diritto europeo, cit., p. 508 ss.; ID., Buona fede e ragionevolezza nel diritto contrattuale europeo, cit., p. 973; A.M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 389.
50 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Buona fede oggettiva, contratti d’impresa e diritto europeo, cit., p. 513.
la posizione economica di volta in volta ricoperta dai contraenti 51. La buona fede viene così de- scritta come criterio di controllo e di indirizzo assiologicamente connotato dell’attività negozia- le dei privati, ove essi animino le relazioni di mercato in qualità di operatori economici bisogno- si di soddisfare le proprie esigenze personali di consumo attraverso i beni o i servizi offerti da questa o quell’impresa o invece siano imprenditori che si accordino con altri imprenditori in po- sizione di dipendenza economica oppure sfruttino intese restrittive della concorrenza “a monte” per concludere “a valle” dello stesso mercato scambi squilibrati a proprio vantaggio 52.
Tale impostazione analitica condivide con la tesi che spiega l’attuale evoluzione del diritto dei contratti mediante il paradigma del contratto asimmetrico l’idea che la nuova priorità norma- tiva, rivelata dall’inedita funzione ordinante attribuita alla clausola generale della buona fede, sia data dal perseguimento del valore della giustizia contrattuale all’interno del variegato mondo della contrattazione d’impresa 53. L’opinione dottrinaria di cui si riferisce, tuttavia, a differenza della precedente segnala la necessaria flessibilità di tale intervento normativo, essendo lo squili- brio normativo prodotto dall’asimmetria informativa dei contraenti nei contratti del consumatore altra cosa rispetto allo squilibrio tipico dei patti segnati dall’abuso di un’impresa in posizione di forza della dipendenza economica in cui l’altra parte è costretta per l’assenza di valide alternati- ve negoziali sul mercato. Nell’un caso, infatti, l’azionamento della buona fede consentirebbe il semplice riequilibrio normativo del contratto, utile a neutralizzare gli effetti distorsivi del diver- so potere di accesso delle parti alle informazioni necessarie per la definizione di un accordo do- tato di un assetto di vantaggi, svantaggi e rischi realmente ponderato da entrambe le parti 54. Nell’altro caso, viceversa, la rimozione dell’abuso sulla scorta di una valutazione secondo buo- na fede e correttezza del patto concluso tra due imprese dovrebbe condurre a ripristinare una giustizia di tipo economico, ovvero un equilibrio di potere negoziale, precedentemente falsato dalla disparità di opportunità economiche sul mercato detenute dalle parti contraenti 55.
4. – Non mancano nel dibattito di cui si riferisce voci fortemente critiche nei confronti degli
51 Ivi, p. 516 ss.
52 Ivi, p. 520.
53 Ivi, p. 527 ss. Per i fautori del paradigma del contratto asimmetrico, in particolare, la giustizia contrattuale coin- ciderebbe con la determinazione per via legale, dato il fisiologico verificarsi di ipotesi, di “fallimento del mercato”, delle condizioni di pari opportunità negoziali tipiche del modello di mercato perfettamente concorrenziale, mai pie- namente realizzabile nella realtà. Cfr. X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici, cit., p. 683.
54 Cfr. X. XXXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 516, ove si chiarisce che il controllo delle clausole abusive alla stregua del- la buona fede nell’ambito del contratto del consumatore servirebbe al contempo a cancellare vantaggi competitivi ac- quisiti in modo scorretto dalla parte predisponente il regolamento contrattuale ed a tutelare in chiave solidaristica il contraente debole.
55 Ivi, p. 519.
orientamenti dottrinari impegnati nella raccolta di dati utili ad evidenziare una rinnovata atten- zione del sistema giuridico verso la tutela della persona umana, anche e soprattutto in relazione a manifestazioni individuali di iniziativa e autodeterminazione economica in posizione di “de- bolezza”, siano esse riconducibili alla persona del consumatore o invece a quella dell’impren- ditore 56. Numerosi e autorevoli sono altresì i contributi rivolti a proporre una ricostruzione del- l’attuale evoluzione del diritto dei contratti attenta, per un verso, a segnalare l’ineluttabilità del processo di frammentazione settoriale che ormai da tempo interessa la disciplina delle manife- stazioni di autonomia negoziale dei privati 57; e incline, per altro verso, a contrastare l’idea che il sistema giuridico debba e stia effettivamente dotandosi di strumenti idonei a realizzare i valori di parità e di equità nei confronti di chi sia parte di rapporti contrattuali asimmetrici nell’ambito delle relazioni di mercato 58.
Tra costoro, vi è innanzitutto chi, contestando una diffusa propensione dottrinaria a rappre- sentare il contratto come uno strumento di composizione cooperativa di contrapposti interessi individuali, sottolinea come in verità, la cifra più frequente delle relazioni di mercato sia da rin- venire nello spiccato antagonismo che caratterizza le interazioni tra operatori economici 59. Co- storo, in qualità di contraenti, piuttosto che confidare nella possibilità di affrontare e risolvere eventuali contrasti o sopravvenienze in ordine all’esecuzione dell’operazione economica dedotta in contratto ricorrendo ad interventi interpretativi e/o integrativi del giudice ispirati dal canone della buona fede, vedrebbero l’eventualità di incertezze esecutive come un rischio da prevenire, onde evitare il ridestarsi dell’originario antagonismo, solo sopito ma non cancellato mediante il perfezionamento dell’accordo. Ne sarebbe una prova l’opposta tendenza rilevata nella prassi dei rapporti commerciali a definire in modo quanto più possibile dettagliato e puntuale i termini ne- goziali dello scambio programmato 60, oltre che ad avversare, mediante apposite clausole com- promissorie, interventi giudiziali forieri di decisioni non necessariamente coerenti allo specifico assetto di vantaggi, svantaggi e rischi concordato 61. In questo contesto, il diritto contrattuale di
56 Fr. X. XXXXX, Imprenditore debole, imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, «terzo contratto», in Contr. e impr., n. 1/2009, p. 120 ss.
57 Cfr. X. XXXXXXX, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull’asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti «reticolari», cit., p. 581 ss., ove si precisa che siffatta differenziazione disciplinare “in ragione della specificità dei mercati e della posizione dei relativi attori” vada ricondotta alla logica “dell’incen- tivazione della concorrenza e della competitività delle imprese sul terreno dell’innovazione”.
58 Ivi, p. 82. Nello stesso senso, cfr. M. BARCELLONA, Sulla giustizia sociale nel diritto europeo dei contratti, in
Eur. dir. priv., n. 3/2005, p. 642 ss.
59 L’opinione dottrinaria di cui si riferisce è ribadita in più sedi. Cfr. P.G. XXXXXXXX, Ripensare il contratto: ver- so una visione antagonista del contratto, in Riv. dir. civ., I, 2003, p. 409 ss.; X. X’XXXXXX, P.G. XXXXXXXX, X. XXXXX, Buona fede e giustizia contrattuale, Xxxxxxxxxxxx, 2005, p. 57 ss.; ID., I contratti d’impresa e il diritto comu- nitario, cit., p. 489 ss.
60 Cfr. P.G. XXXXXXXX, I contratti d’impresa e il diritto comunitario, cit., p. 500 ss. e prima, ID., Ripensare il con- tratto: verso una visione antagonista del contratto, in Riv. dir. civ., I, 2003, p. 412 ss.
61 Del resto, nel tratteggiare magistralmente le trasformazioni istituzionali tipiche dell’era post-industriale, vi è chi già da tempo segnalava il fenomeno di progressivo esautoramento delle giurisdizioni nazionale ad opera di organismi
matrice europea e in particolare le norme sui contratti del consumatore, più che accogliere il modello del contratto cooperativo da governare alla stregua di una buona fede dai contenuti ri- tenuti troppo generici e come tali esposti alle più varie interpretazioni giurisprudenziali 62, intro- durrebbero una variante “coordinata e parallela” del modello generale di contratto, fondato sulla libera espressione dell’autonomia negoziale come essenziale presupposto del dispiegarsi della concorrenza nel mercato 63. La peculiarità di tale variante risiederebbe nel consistente supporto legale apprestato al raggiungimento, attraverso la conclusione di un contratto tra impresa e con- sumatore, di una “tregua provvisoria fra le parti”, in un contesto che altrimenti si presenterebbe come “un gioco conflittuale fra i loro interessi” 64. Ma, al di là del diverso peso dell’intervento regolatorio predisposto dall’ordinamento giuridico, rispettivamente nel modello generale di con- tratto ed in quello rappresentato dal contratto del consumatore, in quest’ultimo caso dovrebbe comunque escludersi la specialità della relativa disciplina, atteso che l’obiettivo perseguito dal legislatore anche qui rimarrebbe pur sempre il conseguimento dell’efficienza economica delle transazioni 65.
L’opinione che le più recenti innovazioni normative in materia contrattuale siano tutte ricon- ducibili ad una medesima matrice, rappresentata dal paradigma della regolazione del mercato quale chiave di lettura della nuova qualità dell’intervento legislativo nella disciplina delle rela- zioni economiche, non è, come si è detto, isolata 66. Si osserva in particolare che, mentre nell’e-
giurisdizionali extrastatuali, le camere arbitrali internazionali, cui la business community sempre più spesso affida la soluzione delle controversie relative ai rapporti commerciali tra i suoi attori, confidando nella coerenza delle loro de- cisioni agli usi del commercio internazionale, a loro volta consolidatisi attraverso la costante applicazione dei modelli contrattuali uniformi puntualmente elaborati dagli uffici legali delle grandi società multinazionali. Cfr. X. XXXXXXX, Le istituzioni della sociretà post-industriale, in X. XXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXX, Nazioni senza ric- chezza ricchezze senza nazione, Il Mulino, 1993, pp. 26-27.
62 Sul punto diffusamente cfr. P.G. MONATERI, Buona fede contrattuale e gestione del conflitto sociale, in X. X’XXXXXX, P. G. XXXXXXXX, X. XXXXX, Buona fede e giustizia contrattuale, cit., p. 75 ss.
63 Cfr. P.G. MONATERI, i contratti d’impresa e il diritto comunitario, cit., p. 505.
64 Il consenso dato all’accordo contrattuale, nella visione antagonista del contratto che tale dottrina sostiene esprima il modello attualmente dominante nei rapporti negoziali tra privati, sarebbe “sempre il frutto di un bargain fra parti antagoniste, quale tregua provvisoria su punti specificati dei loro rapporti conflittuali”. Cfr. P.G. XXXXXXXX, op. ult. cit., p. 500.
65 Cfr. P.G. XXXXXXXX, op. ult. cit., p. 504.
66 Definisce la nozione di “regolazione” come “ l’insieme delle tecniche di controllo pubblico delle attività eco- nomiche private che, agendo dall’interno delle relazioni di mercato, intendono porre rimedio a disfunzioni, fallimenti e asimmetrie del mercato concorrenziale, utilizzando strumenti procedimentali, con l’obiettivo di implementare, con- servare o istituire logiche comportamentali conformi ai principi della concorrenza”, X. XXXXXXX, La protezione dei consumatori tra diritto civile e regolazione del mercato. A proposito dei recenti interventi sul Codice del Consumo, in xxx.xxxxxxxxx.xx, n. 6/2013, p. 308. Sul tema si veda anche A. LA SPINA, X. XXXXXX, Lo stato regolatore, Il Muli- no, 2000, in particolare, p. 23 ss.; X. XXXXXXXXX, Diritto e istituzioni della regolazione, Xxxxxxx, 2005, ove tra l’altro si chiarisce che “la regolazione è in rapporto di complementarietà necessaria con la concorrenza, poiché l’introduzione del principio di concorrenza non soddisfa la condizione di piena ed incondizionata liberalizzazione: infatti la regolazione ne rappresenta con la sua funzione precettrice limitatrice proprio il modo di conformazione”. Cfr. p. 65 ss.; X. XXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, Il Mulino, 2010, p. 9 ss.
poca del Welfare State i meccanismi di correzione delle dinamiche di mercato introdotti dai provvedimenti legislativi in materia di rapporti economici tra privati rispondevano a logiche operative alternative alla logica mercantile 67, la ridefinizione del diritto contrattuale domestico sollecitata prima dalla Comunità e poi dall’Unione Europea sia stata invece ispirata dall’ideale del mercato quale unico sistema idoneo a garantire la razionale distribuzione delle risorse, di tal che il compito assegnato alle norme destinate a disciplinare al suo interno gli scambi tra privati avrebbe dovuto essere esclusivamente quello di rimuovere ogni ostacolo allo svolgersi delle in- terazioni economiche in un regime di libera concorrenza 68. Se dunque l’attuale evoluzione del diritto dei contratti andrebbe ricondotta all’affermarsi di un nuovo rapporto tra Stato e Xxxxxxx, in virtù del quale il primo avrebbe definitivamente ceduto al secondo il primato nella composi- zione dei conflitti sociali e nella ricerca del benessere collettivo 69, l’articolazione settoriale da cui il sistema normativo sarebbe incessantemente investito non sarebbe tanto finalizzata al con- tenimento dell’autonomia privata in funzione solidaristica, ma andrebbe al contrario interpretata come espressione della piena operatività ormai raggiunta dal paradigma della regolazione 70. In questo contesto ciascuno dei diversi sottosistemi normativi che si andrebbero accostando al di- ritto generale dei contratti sarebbe finalizzato alla predisposizione di strumenti di neutralizza- zione della specifica ipotesi di “fallimento” dei meccanismi di composizione mercantile degli interessi privati, tipicamente riconducibile alla posizione di mercato dei soggetti protagonisti dell’incontro negoziale o, in alcuni casi, allo specifico contenuto dell’operazione economica de- dotta in contratto.
Sicché, in relazione ai contratti conclusi tra un professionista/impresa e un consumatore il
fallimento cui ovviare riguarderebbe la fase della formazione del regolamento contrattuale, sa- rebbe riconducibile alla fisiologica asimmetria informativa che contraddistingue le parti con- traenti e condurrebbe alla definizione di strumenti giuridici essenzialmente rivolti a consentire alla parte debole dal punto di vista informativo di effettuare un controllo ex ante, mediante le informazioni che la controparte può essere obbligata a fornire, e soprattutto ex post dei contenuti normativi del regolamento contrattuale, per procedere all’eventuale eliminazione delle clausole ingiustificatamente gravose nei suoi confronti, azionando il meccanismo della nullità di prote-
67 Cfr. M. BARCELLONA, I nuovi controlli sul contenuto del contratto e le forme della sua eterointegrazione: Stato e mercato nell’orizzonte europeo, in Eur. dir. priv., 2008, p. 36.
68 Ivi, p. 38. Ma si veda anche X. XXXXXXXXX, Il contratto di diritto europeo, cit., p. 143 ss.
69 Cfr. M. BARCELLONA, op. ult. cit., p. 37.
70 Cfr. X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 582; ID., Tecniche di controllo dell’autonomia contrattuale nella prospettiva del diritto europeo, cit., pp. 845-846. In particolare, raffigura efficacemente le norme a tutela del consumatore di ma- trice comunitaria come “il cavallo di troia di una logica normativa – quella della concorrenza “come istituzione da costruire e poi da preservare (n.d.r.) – di impianto schiettamente costruttivistico … che finisce per sovrapporsi, con esiti di radicale destrutturazione, ad uno spazio – quello dell’autonomia contrattuale (n.d.r.) – che, viceversa, era ri- masto sin lì, nella sostanza, consegnato alla dimensione della spontaneità” X. XXXXXXX, Al di là del particolarismo giuridico e del sistema: il diritto civile nella fase attuale dello sviluppo capitalistico, in Riv. crit. dir. priv., n. 2/2012, p. 232.
xxxxx, o anche, nel caso della previsione di un recesso di pentimento, per rivalutare in piena li- bertà l’opportunità di rimanere vincolato all’accordo complessivamente considerato 71. Alcuni di questi strumenti di intervento giuridico opererebbero anche con riguardo ad operazioni econo- miche che, al di là della posizione economica delle parti contraenti, sarebbero strutturalmente caratterizzate dal dato dell’asimmetria informativa, come è il caso dei contratti bancari o assicu- rativi 72. Assolverebbero invece funzioni differenti, operando in ragione del diverso tipo di fal- limento del mercato che sarebbero chiamate a contrastare, le disposizioni che il legislatore ha dettato in relazione ad alcuni aspetti delle relazioni contrattuali tra imprese 73. Qui, infatti, l’asimmetria che interesserebbe le parti contraenti e che sarebbe all’origine della produzione di effetti distorsivi rispetto al modello di funzionamento delle relazioni negoziali nell’ambito di un mercato dinamicamente concorrenziale sarebbe di natura prettamente economica e deriverebbe dalla posizione di sostanziale dipendenza in cui si troverebbe un contraente nei confronti del- l’altro. Ebbene, se l’asimmetria di potere economico rimarrebbe un dato da considerare inelimi- nabile e persino utile a favorire l’efficienza e il dinamismo delle relazioni di mercato 74, essa de- ve divenire oggetto di un intervento correttivo ogni volta che l’altro contraente abusi delle con- dizioni di dipendenza in cui la controparte si trovi nei suoi confronti per aver scelto di realizza- re, proprio in funzione della relazione commerciale intrapresa, investimenti non convertibili 75.
71 Cfr. X. XXXXXXXXXX, cit., p. 71 ss.; X. XXXXXXX, Contratti di consumo e contratti tra imprese …, cit., p. 556 ss.;
A.M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 376. Quanto al metodo seguito nella legislazione di derivazione europea relativa ai con- tratti del consumatore, ritiene prevalente un tipo di intervento normativo “orizzontale”, ma riconosce anche, seppure con minor frequenza, la ricorrenza di interventi “verticali” ovvero su singoli tipi contrattuali, X. XXXXXXXXX, op. cit.,
p. 144 ss.
72 Cfr. A.M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 382. Una differenziazione di trattamento per così dire trasversale tra diverse categorie di clienti, fondata in particolare sulla presunzione di un differente grado di asimmetria tra le parti contraenti rispetto alla capacità di reperimento ed elaborazione delle informazioni utili a compiere una scelta negoziale consa- pevole si registra anche nella disciplina, ancora una volta di matrice europea, dei contratti di intermediazione finan- ziaria disposta dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico dell’intermediazione finanziaria) e dal Regolamento Consob 29 ottobre 2007, n. 16190. Cfr. X. XXXX, op. cit., p. 6. A quanti d’altra parte fanno leva sul crescente numero di provvedimenti che, nell’ambito di operazioni di scambio ritenute strutturalmente connotate da uno squilibrio di potere contrattuale, dispongono norme a tutela del cliente piuttosto che del consumatore, per avvalorare la tEsi, del progressivo affermarsi del paradigma del contratto asimmetrico, cfr. X. XXXXX, Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., n. 2/2009, p.271 ss., altra autore- vole dottrina risponde manifestando il sospetto di un’indebita traslazione di senso: “una traslazione che sposta sul versante soggettivo il criterio di specialità di discipline il cui perno con ogni probabilità sembra saldamente ancorato al piano oggettivo delle caratteristiche e delle specificità proprie delle attività economiche o degli atti negoziali di volta in volta regolati”. Cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 247. Per una lettura critica della ratio che presiederebbe all’articolazione in chiave marcatamente soggettiva di tale disciplina, vedi anche, X. XXXXXXX, Mercato, razionalità degli agenti e disciplina dei contratti, in X. XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXX (a cura di), I contratti d’impresa, cit., p. 92 ss.
73 Cfr. X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 573 ss.; ID., Tecniche di controllo dell’autonomia contrattuale …, cit., p. 846 ss. X. XXXXXXXXXXX, op. cit., p. 417 ss.
74 Definisce la disparità di forza negoziale “il sale, il motore immobile dell’attività contrattuale”, X. XXXXXXXXX,
Conclusioni, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 347.
75 Cfr. X. XXXXXX, L’abuso di dipendenza economica, cit., p. 73; X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 240.
Da tale abuso, infatti, scaturirebbero indebiti vantaggi concorrenziali, a scapito delle potenzialità competitive dell’impresa in posizione di dipendenza.
Sarebbe dunque l’approfittamento della specifica condizione di dipendenza economica in cui si trovi un’impresa nello svolgimento della sua attività negoziale 76, e non la posizione di sem- plice svantaggio concorrenziale che essa assuma a causa di sue inefficienze gestionali, a creare i presupposti per sancire, secondo quanto disposto dall’art. 9, l. n. 192/1998, l’invalidità del patto che ne consegua o per imporre il risarcimento del danno, nel caso di comportamenti ugualmente abusivi tenuti nel corso della relazione negoziale. Così come sarebbe sempre l’esigenza di im- pedire altre ipotesi particolari di sopraffazione da parte di imprese in posizione di dominanza nell’ambito della relazione commerciale oggetto di attenzione normativa 77, a giustificare la pre- visione legale di un numero crescente di meccanismi correttivi o rimediali. Ne sono espressione l’obbligo di rispettare la forma scritta e di inserire nel regolamento contrattuale una serie di in- formazioni utili a rendere trasparente la posizione economica della controparte e i termini di esecuzione dell’operazione economica dedotta in contratto (l. n. 192/1998, l. n. 129/2004, l. n. 27/2012); l’invalidità di clausole che riportino contenuti ingiustificatamente gravosi, legalmente tipizzati con riguardo a diversi profili della relazione negoziale, tra i quali la disciplina del re- cesso, i termini di pagamento o la misura dell’interesse di mora (l. n. 192/1998, d.lgs. n. 231/2002) 78; infine il conferimento sempre più frequente all’Autorità garante della concorrenza e del mercato di uno specifico potere di monitoraggio e sanzione nei confronti delle relazioni commerciali tra imprese, indipendentemente dalla rilevazione di una posizione di dominanza sul mercato chiaramente ostativa delle libera concorrenza 79.
All’approccio interpretativo di cui si è appena riferito va riconosciuto l’indubbio merito di aver proposto una lettura dell’evoluzione del diritto dei contratti capace di individuare nel nuo- vo modello di correzione legale dei fallimenti del mercato, rappresentato dal paradigma della
76 Cfr. X. XXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 348.
77 Cfr. X.XXXXXXXXX, Nuovi abusi contrattuali: percorsi di una clausola generale, in Danno e responsabilità, n.
12/2012, pp. 1174-1175.
78 Ma in proposito si segnala che il testo della CESL (Common European Sale Law) prevede l’azionabilità di un più ampio controllo di vessatorietà delle clausole contrattuali anche in relazione ai contratti tra imprenditori, nel caso in cui una delle due parti presenti i requisiti necessari per essere riconosciuta appartenente alla categoria delle PMI. Sul punto cfr. X. XXXXXXX, Il controllo delle clausole abusive nei contratti tra imprese: dal modello delineato dai § 305 ss. del BGB a quello della CESL, in NGCC, 2013, p. 109 ss.; P. SIRENA, Il contratto alieno del diritto comune eu- ropeo della vendita (CESL), in NGCC, 2013, p. 608 ss.; X. X’XXXXX, Direttiva sui diritti dei consumatori e Regola- mento sul Diritto europeo comune della vendita: quale strategia dell’Unione Europea in materia di armonizzazione?, in I Contratti, n. 7/2012, p. 611 ss.
79 Sull’art. 9, comma 3° bis, l. 30 luglio 1998, n. 192, cfr. X. XXXXXXX, Le modifiche alla disciplina dell’abuso di dipendenza economica, in NGCC, 2001, p. 1062 ss.; X. XXXXXXXXX, La responsabilità per abuso di dipendenza eco- nomica: la fattispecie, in Contr. e impr., 2012, p. 12 ss. Con riferimento all’introduzione delle microimprese tra i de- stinatari ex art. 19 Cod. Cons. della disciplina delle pratiche commerciali sleali, disposta dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27 ed alla conseguente estensione delle competenze dell’Autorità Antitrust si veda infra, par. 7.
regolazione della concorrenza e del mercato, il perno cui ricondurre le molteplici e spesso frammentarie innovazioni normative introdotte con riferimento a diversi ambiti soggettivi e og- gettivi della contrattazione. Qualche riserva suscita però proprio il metodo adottato al fine di di- stinguere tra loro i diversi sottosistemi normativi in cui si articolerebbe la nuova disciplina dei contratti. Da un lato infatti si ammettono parziali aperture ad ipotesi di travasi normativi me- diante l’azionamento dell’analogia, limitatamente ai casi in cui le previsioni legali oggetto del detto travaso si mostrino funzionali alla soluzione di tipi di problemi analoghi a quelli posti da interazioni tra operatori economici ancora prive di attenzione da parte dell’ordinamento giuridi- co 80. D’altro lato, però, insistendo sulla riconducibilità della diversità di ratio delle varie norma- tive di settore al diverso rilievo delle posizioni economiche rivestite dalle categorie di contraenti di volta in volta presi in considerazione dal legislatore, si rischia di rendere particolarmente in- certa l’effettiva capienza di quelle stesse normative 81. A maggior ragione ove si consideri che, da un lato, sempre più spesso la figura del consumatore sfuma in quella oggettivamente più in- definita del cliente, senza che però sia chiaro se ciò comporti una attenuazione della delimita- zione soggettiva dell’ambito di applicabilità delle relative disposizioni o se invece segnali sem- plicemente la parziale sovrapposizione di indicazioni normative che per il resto debbano inten- dersi operanti nei confronti di distinte categorie soggettive di destinatari. E ove si consideri, d’altro lato, come il carattere tutt’altro che univoco dei criteri dettati nel tempo dal legislatore al fine di identificare la figura dell’impresa economicamente debole rispetto alla controparte con- trattuale revochi in dubbio ogni tentativo di definire a priori e indipendentemente dalla mera lo- gica casistica i connotati salienti della corrispondente categoria soggettiva 82.
80 Cfr. X. XXXXXXX, Contratti di consumo e contratti tra imprese …, cit., pp. 590-591.
81 Se infatti per un verso il riconoscimento dell’applicabilità analogica del divieto di abuso di dipendenza econo- mica ad ipotEsi, di abuso consumate nell’ambito di rapporti contrattuali tra l’impresa e il prestatore d’opera “coordi- nato”, obbligato secondo uno schema contrattuale irriducibile sia al contratto di lavoro subordinato sia a quello di la- voro autonomo, in questo senso cfr. X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 590, sembra segnalare una certa disponibilità ad ac- crescere la funzionalità normativa di disposizioni pur sempre ritenute ispirate da rationes “speciali” rispetto a quelle fondanti la disciplina generale del contratto, per altro verso, il persistente richiamo al condizionamento soggettivo del loro rispettivo ambito di applicabilità, in questo senso di nuovo cfr. X. XXXXXXX, Tecniche di controllo dell’auto- nomia contrattuale nella prospettiva del diritto europeo, cit., p. 842 ss., rende più difficile riscontrare la ricorrenza dei presupposti per ulteriori ipotEsi, di espansione della loro operatività attraverso l’azionamento del meccanismo dell’interpretazione analogica.
82 Da tempo, come è noto, non è solo dalla norma dispositiva del divieto di abuso di dipendenza economica che si possono ricavare indicazioni sui tratti caratterizzanti la figura giuridica dell’impresa “debole”, ovvero il tipo di operatore professionale verso il quale sia il legislatore europeo sia quello nazionale mostrano di riservare cre- scente attenzione ove esso intrattenga un rapporto contrattuale con un’altra impresa che nei suoi confronti sia o possa rivelarsi economicamente dominante. Tali indicazioni, tuttavia, non sono del tutto univoche in quanto può osservarsi come, mentre l’art. 9, l. n. 192/1998 attribuisce un ampio margine di discrezionalità all’interprete per stabilire lo stato di dipendenza economica di un’impresa rilevante ai fini dell’accertamento dell’abuso che tale norma intende sanzionare (cfr. Trib. Vercelli, 14 novembre 2014, in Foro it., 2015, 10, I, c. 3344; Trib. Modena, 14 febbraio 2014, n. 132; Trib. Bassano del Grappa, 2 maggio 2013, in Giur. comm. 2015, 4, II, p. 774), con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 attuativo della direttiva 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato in- terno e successivamente nelle previsioni modificative degli artt. 118 e 120 quater del T.U.B., disposte dall’art. 8,
D’altronde, ancora più decisa nella rappresentazione del diritto dei contratti alla stregua di un sistema di norme irrimediabilmente destinato alla frantumazione in tronconi disciplinari rigoro- samente distinti, tra i quali dunque non sarebbe possibile alcun tipo di contaminazione, è stata altra parte della dottrina 83. La tesi sostenuta è quella ormai nota secondo la quale ad un primo sistema disciplinare, ispirato dal modello di contratto consegnatoci dalla tradizione e caratteriz- zato da rapporti tra parti formalmente uguali nell’esercizio del proprio potere di autodetermina- zione negoziale, si sarebbero accostati altri due modelli contrattuali, intorno ai quali si sarebbero sviluppati altrettanti specifici sistemi normativi. In particolare il modello del “secondo contrat- to”, rappresentato dall’accordo tra impresa/professionista e consumatore, ispirerebbe una disci- plina connotata da una nuova sensibilità normativa verso lo squilibrio di potere negoziale tra le parti, che troverebbe espressione nella predisposizione di diversi meccanismi di tutela della per- sona del contraente debole con particolare riferimento alla fase della formazione del regolamen- to contrattuale 84. Mentre il terzo modello, quello dei rapporti negoziali tra imprese, darebbe vita ad un diverso sistema normativo, ancora in fieri, che, seppure ugualmente caratterizzato da un’inedita attenzione giuridica verso ipotesi di sostanziale diseguaglianza di potere negoziale tra i contraenti, si distinguerebbe dal precedente per la tipologia di soggetti contraenti presi in con- siderazione (imprese dotate di differente forza economica), per il meccanismo di rilevazione dello squilibrio (condizionato alla verifica dell’esistenza di una effettiva condizione di sogge- zione, quale presupposto dell’abuso dell’autonomia negoziale da parte del contraente forte) e per la diretta connessione tra l’azionamento delle norme destinate a correggere il singolo rego- lamento contrattuale o precisi effetti della sua esecuzione e le ricadute “regolatorie” sulla com- petitività e l’efficienza delle dinamiche di mercato 85.
8° comma, lett. c, n. 3, d.l. 13 maggio 2011, n. 70, conv. in l. 12 luglio 2011, n. 106, il legislatore ha mostrato di voler applicare le stesse norme protettive dettate per il consumatore al contraente “microimpresa”, definendo tale soggetto mediante il rinvio ai precisi requisiti previsti dalla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003. Lo stesso ha fatto attraverso l’art. 7, 1° comma, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27, estendendo così la disciplina delle pratiche commerciali sleali alla stessa categoria della “microimpre- sa”, come identificata secondo i parametri quantitativi dalla già citata raccomandazione della Commissione UE. Le indicazioni normative ricavabili dall’art. 62 dello stesso provvedimento (sul quale si tornerà più diffusamente infra, par. 6) non sembrano, viceversa, altrettanto certe e lo stesso può dirsi di quelle ricavabili dalla l. 11 novem- bre 2011, n. 180, “Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese”, in quanto se da un lato in questa sede il legislatore mostra in più punti di voler riservare particolare attenzione normativa alla promozione della “micro, piccola e media impresa”, ancora una volta come definita in sede europea, dall’altro l’art. 10, comma 2 dello stesso provvedimento, nel modificare il comma 3-bis dell’art. 9, l. n. 192/1998 (vi si tornerà infra, par. 6), sembra consentire l’applicabilità di tale modifica ad una platea di operatori di natura imprenditoriale più ampia di quella coincidente con la categoria della “microimpresa”.
83 Cfr. X. XXXXXXXXX, Conclusioni, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 346. Va nondime- no segnalato come alcuni dei sostenitori di tale orientamento ricostruttivo ammettano possibili interferenze tra la di- sciplina dei contratti del consumatore e la disciplina dei contratti tra imprese, ove una delle parti sia riconosciuta co- me contraente debole. Cfr. X. XXXXXX, Il terzo contratto. Il problema, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 22 ss.
84 Cfr. X. X’XXXXX, La formazione del contratto, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 42 ss.
85 Cfr. X. XXXXXXX, Il contratto asimmetrico tra parte generale, contratti d’impresa e disciplina della con-
La sbandierata distanza dal paradigma del contratto asimmetrico e la proposta di un nuovo ordine sistematico del diritto dei contratti fondato sulla rigorosa distinzione di categorie con- trattuali in base alla posizione economica dei soggetti contraenti, sconta la diffusa sensazione di un rilievo eminentemente descrittivo delle profonde trasformazioni in atto nei meccanismi giuridici di governo delle diverse espressioni dell’autonomia privata 86. Ma anche ove si vo- glia prestare maggiore attenzione alla ricostruzione delle ragioni funzionali sulle quali si base- rebbe l’indubbia differenziazione che investe la disciplina del contratto, emergono non poche ambiguità, soprattutto in relazione al valore attribuito al sistema “mercato”, le cui dinamiche interne sono rappresentate ora quali fonti di insidie al valore della persona umana, ora quali naturali strumenti di composizione dei conflitti attributivi tra privati, ora infine quali cause di strapotere economico e abusi anticoncorrenziali. Sintomatica in questa prospettiva è la circo- stanza che le norme disposte in relazione ai contratti del consumatore rispondano, almeno se- condo taluni dei fautori dell’approccio considerato 87, agli stessi valori di giustizia ed equità richiamati dal paradigma del contratto asimmetrico, con la semplice differenza che nell’ottica “differenziale” del terzo contratto si escluderebbe l’estensione del loro rilievo normativo alla dimensione generale dei contratti connotati dallo squilibrio di potere negoziale tra le parti. Non si spiegherebbe però perché l’esigenza di tutelare in nome della buona fede la persona umana dalle asperità che potrebbero caratterizzare la predisposizione unilaterale del regola- mento negoziale ad opera dell’imprenditore, dopo aver raggiunto la sua massima espansione nella dimensione disciplinare del “secondo contratto”, grazie anche alla previsione della sem- plice presunzione della debolezza negoziale del consumatore, andrebbe del tutto ignorata nel- la dimensione disciplinare del “terzo contratto” 88. In codesta dimensione disciplinare, infatti, una recuperata fiducia nell’efficienza del mercato nella sua versione dinamica e concorrenzia- le imporrebbe che la debolezza negoziale di un’impresa assuma rilievo giuridico solo se og- getto di un abuso ad opera dell’impresa controparte nella conduzione della relazione negozia- le; e per di più, l’accertamento della ricorrenza di tale condizione di soggezione risulterebbe alquanto disagevole, dovendosi fare riferimento a criteri tutt’altro che certi, sia per quanto at-
correnza, in X. XXXXXXXXXX (a cura di), Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore,
p. 373 ss.
86 Si esprime in tal senso X. XXXXXXXXX, il «terzo contratto», in I Contratti, n. 9/2009, p. 499. Sembra condividere tale valutazione, X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 169. Ritiene l’approccio del terzo contratto “carente rispetto all’obiettivo di un adeguato coordinamento sistematico fra il contratto asimmetrico tra imprenditori e altri contratti asimmetrici”,
X. XXXXXXXXXX, Xxxx e ombre nell’immagine del terzo contratto, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contrat- to, cit., p. 322.
87 Cfr. X. XXXXXXX, Premesse sistematiche all’analisi del recesso nel contratto tra imprese, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 237; X. X’XXXXX, La formazione del contratto, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 71.
88 Analoga perplessità manifesta in proposito X. XXXXXXX, Interrogativi deboli sui fondamenti del terzo contratto, in X. XXXXX e G. VILLA (a cura di), Il terzo contratto, cit., p. 305.
tiene al requisito soggettivo dell’essere “impresa” 89, sia per quanto attiene al requisito ogget- tivo dell’essere “debole” 90.
5. – Se il processo di riunificazione nel Codice Civile del 1942 del vecchio Codice Civile e del Codice di Commercio è stato segnato, secondo una diffusa lettura 91, dallo spostamento dell’attenzione normativa dal soggetto agente all’attività esercitata in seno al mercato 92, sia che questa coincidesse con l’esercizio individuale dell’autonomia contrattuale 93, sia che invece as- sumesse i tratti della più complessa attività d’impresa 94, l’attuale tendenza evolutiva del diritto dei contratti sembra abbandonare tale prospettiva, per muovere verso un’articolazione discipli- nare connotata dalla riacquistata importanza dei connotati soggettivi dei contraenti 95. Non a ca- so, dalla ricognizione finora condotta delle diverse letture che la dottrina ha elaborato in merito a tale tendenza evolutiva, sembra emergere in modo abbastanza evidente una comune propen- sione ad individuare nella differenziazione soggettiva delle coppie di contraenti che di volta in volta animano gli scambi di mercato la chiave di lettura principale, se non unica, del processo di frammentazione normativa in atto. E ciò sembra potersi dire sia che gli interpreti tendano a pre- servare il primato normativo del diritto del contratto in generale disposto dal Codice Civile 96, o
89 Nell’ambito di una più ampia riflessione critica sull’impronta marcatamente soggettivista degli approcci con- temporanei all’analisi del diritto dei contratti, si è d’altronde acutamente osservato che “la presenza dell’impresa non è segnale univoco della possibile incidenza di sperequati rapporti di potere, né di potenziale rilevanza sociale del con- tratto, e non fornisce un parametro affidabile su cui costruire principi giuridici in grado di selezionare il livello di in- tervento eteronomo”. Cfr. X. XXXXXXX, Mercato, razionalità degli agenti e disciplina dei contratti, in X. XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXX (a cura di), I contratti d’impresa, cit., p. 82, nota 33.
90 Cfr. X. XXXXX, op. cit., p. 139 ss.
91 Cfr. X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 73, il quale rinvia a X. XXXXXXX, l’impresa dal codice di commercio del 1882 al codice civile del 1942, in Scritti giuridici, VIII, Xxxxxxx, 2001, p. 205 ss.
92 Cfr. B. PORTALE, Il diritto commerciale italiano alle soglie del XXI secolo, in Riv. soc., n. 1/2008, p. 1 ss.
93 Emblematica a questo riguardo è la distinzione, teorizzata da autorevole dottrina in relazione ai caratteri dell’autonomia privata, tra la volontà quale “mera entità psichica individuale” e la volontà quale “precetto” ovvero “entità socialmente apprezzabile, distaccata da chi lo pone”, espressa nella forma della dichiarazione o del compor- tamento. Cfr. X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, p. 163. Non a caso la medesima dottrina, in aspra po- lemica con una rappresentazione “soggetivistica” della causa, afferma che “il diritto approva e protegge l’autonomia privata non in quanto segue il capriccio momentaneo, ma in quanto persegue un oggettivo e tipico interesse al muta- mento dello stato di fatto e si dirige a funzioni sociali degne di tutela”. Xxx, p. 181.
94 Cfr. X. XXXXXXXXX, (voce) Impresa, cit., p. 767 ss.
95 La valorizzazione del profilo soggettivo dell’agente/contraente, piuttosto che della dimensione oggettiva in cui egli opera, fa sì che diventi decisiva “l’analisi della situazione contingente in cui l’agente, visto come soggetto che sta esercitando le sue facoltà di decisore razionale, viene a trovarsi al momento della conclusione del contratto”. Cfr. X. XXXXXXX, op. ult. cit., p. 75. Sul punto vedi anche X. XXXXXXXXX, Status delle parti e disciplina del contratto, in Ob- bligazioni e contratti, n. 1/2008, p. 8 ss.
96 Cfr. X. XXXX, Categorie contrattuali e statuti del rapporto obbligatorio, cit., p. 43 ss.; P. SIRENA, L’integra- zione del diritto dei consumatori nella disciplina generale del contratto, cit., p. 787 ss.
ad esaltare la rinnovata capacità di regolazione da riconoscersi ad alcuni dei suoi dispositivi giu- ridici 97; sia che invece si soffermino maggiormente sulla ricognizione dei nuovi equilibri nor- mativi prodotti all’interno dell’ordinamento dalla tumultuosa evoluzione che ha interessato e ancora interessa la disciplina dei contratti, evidenziando in particolare la rinnovata funzione or- dinante attribuibile alla categoria concettuale dei contratti “unilateralmente” e “bilateralmente” d’impresa 98.
L’attenzione normativa rilevata nei confronti delle diverse tipologie di soggetti economici at- tivi nelle dinamiche contrattuali che animano il mercato, tuttavia, mostra qualità e modalità espressive affatto differenti rispetto a quelle ricorrenti in passato per riconoscere il valore e la centralità della persona umana nelle interazioni tra privati oggetto di regolazione da parte del- l’ordinamento.
Il rilievo di tale differenza sembra valere, in particolare, sia con riguardo alla più risalente tradizione giuridica che nelle figura del diritto soggettivo, della libertà negoziale e della libertà di iniziativa economica celebrava le infinite potenzialità di affermazione individuale e sociale della persona umana, fuori e dentro il mercato 99, sia con riguardo all’indirizzo legislativo che, in un passato più recente, attraverso la predisposizione di norme idonee a proteggere, in via extra- mercantile, svariate categorie di soggetti, in quanto colpite da macroscopiche forme di disegua- glianza ed esclusione sociale, ha ispirato il dibattito dottrinario in ordine ai limiti ed alle con- traddizioni ascrivibili proprio al modello di tutela della persona umana affermatosi nella Moder- nità sulla scorta dei principi fondamentali di libertà ed eguaglianza individuale 100.
L’attuale considerazione della specifica posizione economica ricoperta dal contraente in vi- sta della disciplina della vicenda negoziale che lo coinvolge, infatti, conferma ora, come nel passato più risalente, un’incondizionata fiducia nelle illimitate opportunità di affermazione indi- viduale che il (corretto) funzionamento delle dinamiche di mercato riserva a chiunque scelga di prendervi parte. Diversamente dal passato, però, l’attenzione dedicata alla razionalità soggettiva di chi promuove scambi e forme di cooperazione economica si innesta, per un verso, sulla con- statazione dell’estrema complessità ormai raggiunta dal sistema delle relazioni di mercato e di- scende, per altro verso, dal riconoscimento della loro strutturale fallibilità 101. Sicché, al fine di garantire l’incessante dispiegarsi degli effetti virtuosi del mercato, si ritiene che compito del le- gislatore sia innanzitutto quello di agevolare il funzionamento delle dinamiche concorrenziali
97 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Buona fede oggettiva, contratti d’impresa e diritto europeo, cit., p. 507 ss.; A.M. BENE- DETTI, op. cit., p. 389.
98 Riflette in modo critico su tale distinzione X. XXXX, op. cit., p. 1059. Si veda anche X. XX XXXXXX, (voce) Con- tratti d’impresa, cit., p. 336 ss.
99 Cfr. X. XXXXXXXX, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, in Jus 1960, p. 149 ss.; P. BARCELLONA, Il proble- ma del rapporto tra soggetto e ordinamento, in Scritti in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, Vol. I, T. 1, Xxxxxxx, 1978, p. 47 ss.; P.G. XXXXXXXX, (voce) Diritto soggettivo, in Digesto disc. priv., Sez. civ., VI, Xxxx, 1999, p. 411 ss.
100 Cfr. P. BARCELLONA, Diritto privato e società moderna, Jovene, 1996, p. 208 ss.
101 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 80 ss.
che lo muovono, intervenendo per neutralizzare, in base alla posizione economica che contrad- distingue i contraenti nel settore dell’intervento e rispetto a frammenti di vicende negoziali, i fattori che direttamente o indirettamente impediscono lo sviluppo di una competizione corretta e trasparente.
Il conseguente moltiplicarsi di discipline contrattuali, distinte in base al profilo soggettivo di volta in volta presentato dalle parti contraenti, non risulta, d’altronde, assimilabile neanche al fe- nomeno di consistente differenziazione normativa dal quale, in un passato più di recente, è stato investito il diritto contrattuale interno, per effetto dell’accostamento, alle tradizionali categorie or- dinanti del diritto formale, di nuove categorie ordinanti di matrice sostantiva 102, espressamente ri- volte a consolidare la cittadinanza sociale di quanti, appartenendo alle fasce più deboli della popo- lazione, non erano nelle condizioni di soddisfare sul mercato i propri bisogni essenziali. Tale stra- tegia di diversificazione specialistica delle regole relative alle interazioni economiche tra privati, infatti, rappresentava la traduzione normativa delle politiche di inclusione sociale e correzione per via extramercantile delle disfunzioni del sistema economico capitalista, tipiche del compromesso tra Stato e Mercato posto alla base del Welfare State 103. Anche in quel caso l’evoluzione del dirit- to dei contratti assunse i tratti dell’articolazione disciplinare in base alla differente connotazione soggettiva delle parti contraenti. Ma, al contrario di allora, l’attuale fenomeno di differenziazione normativa esprime più l’esigenza di continuo adeguamento del modello di regolazione degli scam- bi alle innumerevoli forme in cui, a seconda dei soggetti agenti, la logica mercantile può prendere corpo, che non invece la ricerca del compromesso in termini giuridici tra la logica formale dello scambio tra eguali e la logica redistributiva della solidarietà tra diseguali. Mentre allora le disfunzio- ni del sistema economico erano considerate sintomatiche dei limiti strutturali di un modello di orga- nizzazione dei rapporti sociali ed economici, tanto da richiedere interventi di correzione ispirati da logiche aliene rispetto a quella dominante il gioco dell’arena economica, oggi i c.d. fallimenti di mercato sono ritenuti fisiologici momenti di arresto il cui superamento, legalmente assistito, conduce alla rigenerazione e ad una ulteriore espansione del sistema degli scambi di mercato 104.
Nell’ambito del diritto dei contratti, in altri termini, il rapporto gerarchico che in passato si riconosceva tra la regola generale, o il c.d. “diritto primo” fondato sui principi di libertà ed eguaglianza individuale, e la regola speciale, o c.d. “diritto secondo” fondato sulla realizzazione almeno tendenziale dell’eguaglianza sostanziale sancita dall’art. 3, comma 2 Cost. 105, sembra
102 Per una puntuale rappresentazione del rapporto mobile tra diritto formale e diritto sostantivo che ha caratteriz- zato l’evoluzione delle categorie ordinanti del diritto civile nel secondo dopoguerra, cfr. M. BARCELLONA, Diritto si- stema e senso: lineamenti di una teoria, Xxxxxxxxxxxx, 1996, p. 480 ss.
103 Cfr. P. BARCELLONA, Diritto privato e società moderna, cit., p. 135 ss.
104 A riguardo si è precisato efficacemente che “a cambiare è il modo stesso di atteggiarsi del rapporto tra legge e autonomia privata nella misura in cui la prima, ora, (…) si spinge sino al punto da conformare i poteri dei privati sì da renderli del tutto funzionali ad una strategia di piena valorizzazione delle utilità che il mercato concorrenziale è in grado di assicurare alla collettività”. Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 219.
105 Sul tema si veda X. XXXXX, Diritto civile e diritti speciali – Il problema delle normative di settore, Xxxxxxx, 2008.
progressivamente sfumare, incalzato da un rapporto di tipo paritario tra molteplici sezioni disci- plinari di un disegno di regolazione unico e inesauribile, in cui l’obiettivo del miglioramento delle condizioni di vita di ciascuno sarebbe perseguibile azionando nient’altro che le leve della trasparenza e della correttezza della concorrenza economica.
Ciò, tuttavia, dietro e oltre l’attenzione riservata alla posizione economica materialmente ri- coperta dai diversi soggetti contraenti, sembra denotare una priorità normativa marcatamente oggettiva: quella di preservare e potenziare il funzionamento del sistema di mercato quale mo- dello privilegiato di soddisfazione razionale dei bisogni individuali e di ricomposizione dei con- flitti tra i consociati 106.
Il frequente richiamo al recupero del rilievo giuridico attribuito dagli ordinamenti moderni alla persona umana, come ragione esplicativa dell’attuale frammentazione del diritto dei contrat- ti, così come il confronto tra il modello di articolazione normativa presente e quello riconducibi- le alla trasposizione giuridica dei postulati dello Stato Sociale, dunque, piuttosto che contribuire a spiegare la direzione e il senso degli attuali sviluppi, potrebbero essere causa di equivoci e contraddizioni.
La persona umana e l’effettiva soddisfazione dei suoi interessi particolari, infatti, sarebbe sì oggetto di rinnovata attenzione da parte dell’ordinamento, ma solo se ed in quanto essa assuma le vesti spersonalizzanti dell’operatore di mercato ed i suoi interessi siano traducibili in termini economici 107. Si individua nel metodo della differenziazione disciplinare dei rapporti contrat- tuali a seconda dell’appartenenza dei contraenti a questa o a quella categoria di operatori eco- nomici la chiave di lettura delle sembianze tentacolari assunte dal sistema giuridico, senza tutta- via che si presti adeguata attenzione né all’estrema facilità con la quale i ruoli economici rivesti- ti dai singoli operatori possono mutare o sovrapporsi, né alla stranezza di un sistema di regola- zione dei rapporti economici tra privati che, invece di imporre un parametro unico di trasparen- za e correttezza in relazione allo svolgimento delle generalità delle interazioni intraprese dai singoli operatori di mercato, sembra richiederne la modulazione in base alla categoria soggettiva cui essi e i loro interlocutori appartengono: emblematica è a questo proposito la modulazione
106 Degna di considerazione appare in proposito l’opinione di quanti scorgono alla base dell’attuale connotazione del diritto dei contratti di matrice europea il forte condizionamento delle teorie economiche neo-classiche, per le qua- li, al di là delle apparenze, la razionalità individuale di ciascun agente di mercato si distingue da quella di tutti gli altri per ragioni meramente contingenti, essendo tutte comunque rivolte al perseguimento dell’obiettivo comune della massimizzazione dell’utilità economica. Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 79. Individua nella concorrenza il perno del di- ritto civile contemporaneo e afferma che ciò ha portato al passaggio “da un principio d’ordine il quale postulava il funzionamento spontaneo del «sistema dei bisogni» ad un principio per il quale, viceversa, un efficiente funziona- mento della società civile implica una robusta tecnologia giuridica, posto che la costruzione di un ambiente istituzio- nale favorevole alla concorrenza richiede aggiustamenti e interventi continui da parte del legislatore”, X. XXXXXXX, op. cit., p. 234.
107 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 76 ss. Diversamente, almeno con specifico riferimento alla figura del consumato- re, si è sostenuto che “come quadro di riferimento della protezione giuridica del consumatore sta il rispetto dei diritti fondamentali, inviolabili della persona umana e la stessa dignità esistenziale di essa”. Cfr. X. XXXXX, op. cit., p. 125.
degli obblighi di informazione e della conseguente ripartizione dei rischi connessi all’opera- zione economica che si va a realizzare disposta dalla disciplina dei contratti di intermediazione finanziaria in relazione alla tipologia di cliente con il quale l’intermediario si trova ad interlo- quire 108.
Si evoca spesso l’idea che la trasformazione del diritto dei contratti risponda alla necessità di restituire “giustizia” allo scambio tra soggetti condizionati da una diseguale distribuzione di po- tere contrattuale, ma, essendo la denunciata asimmetria o frutto di una presunzione generale (nel caso riguardi la figura astratta del consumatore) o invece espressione della ricorrenza di una se- rie di dati astrattamente considerati (nel caso l’asimmetria colpisca la figura della “microimpre- sa”), e solo in alcuni casi oggetto di accertamento caso per caso (ove in particolare ricorra un’ipotesi di abuso di dipendenza economica), non è del tutto chiaro quale sia la soglia a partire dalla quale si possa accedere ad uno scambio “giusto” e soprattutto quale siano i parametri di definizione della “giustizia” contrattuale 109.
Per non dire, infine, del rischio di assecondare una crescita ipertrofica e caotica del diritto dei contratti, di cui le attuali e più diffuse letture degli indirizzi intrapresi dalla produzione legislati- va contemporanea in materia non mostrano di curarsi particolarmente; un rischio tanto insoste- nibile in termini di certezza del diritto 110, quanto lo è stata, sebbene in quel caso più chiaramen- te in termini prima di tutto finanziari, l’incontrollata moltiplicazione dei “diritti speciali” che ha caratterizzato l’epoca di massimo sviluppo dello Stato Sociale. Che la trasformazione del siste- ma di regolazione delle diverse espressioni dell’autonomia contrattuale sia ricondotta alla ne- cessità di neutralizzare gli ostacoli, provocati dal fisiologico svolgersi delle dinamiche di merca- to, al libero dispiegarsi della concorrenza; o che, invece, le sue ragioni siano identificate nel- l’incessante ricerca del riequilibrio o della giustizia dello scambio contrattuale, l’esito ugual- mente paradossale appare sempre quello di consegnare la definizione del senso normativo insito in ogni aggiornamento incrementale del diritto dei contratti all’inesauribile e imprevedibile esi-
108 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, Informazione, adeguatezza e rimedi nelle operazioni di investimento, in Obbligazioni e contratti, n. 11/2012, p. 759 ss.; X. XXXXXXXX, Violazione degli obblighi di condotta da parte dell’intermediario fi- nanziario: lo stato dell’arte dopo le Sezioni unite, in NGCC, 2010, p. 293 ss.
109 Alla questione è dedicata una recente analisi nella quale si contrappone criticamente l’idea di una “giustizia contrattuale” meramente procedurale, che si realizzerebbe cioè attraverso la predisposizione di meccanismi di com- pensazione dell’asimmetria di potere delle parti contraenti azionabili essenzialmente nella fase della negoziazione preliminare alla conclusione del contratto, ad un’idea di “giustizia contrattuale” che si proponga come “principio e dunque come finalità che giustifica contrazioni per via giudiziale dell’autonomia privata anche ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge al fine di ricondurre il contratto a quel modello di equilibrio, misura e armonia assunto come parametro”. Cfr. X. XXXXXXX, Il diritto europeo e la «giustizia contrattuale», in Eur. dir. priv., n. 2/2015, p. 276. Secondo l’opinione riferita, il metro cui un simile intervento giudiziale sull’autonomia privata dovrebbe ispirarsi sa- rebbe quello “dell’applicazione della buona fede in funzione valutativa, grazie alla figura dogmatica del divieto di abuso del diritto”, ivi, p. 291.
110 Esprime preoccupazione in relazione ad un simile rischio, ritenendo tuttavia maggiori le probabilità di una sua realizzazione ove gli ulteriori sviluppi del diritto dei contratti si muovessero nella direzione della differenziazione tra discipline del “primo”, del “secondo” e del “terzo” contratto, X. XXXXX, op. ult. cit., p. 281.
genza di regolazione settoriale espressa dal sistema economico per riprodursi ed espandersi.
Non solo la recente crisi economica e i ripetuti scandali finanziari, di cui la cronaca di conti- nuo ci informa, ma anche e più semplicemente l’incertezza strutturale del diritto che ne discen- derebbe dovrebbero fornire più di un elemento per dubitare della piena razionalità di una simile lettura della strategia normativa che il legislatore starebbe perseguendo.
6. – Non sono certamente isolati i contributi che, a vario titolo e con diversi accenti, ricondu- cono i limiti e le contraddizioni di molte delle riflessioni sull’evoluzione del sistema di norme che presiede alla disciplina del contratto ad un eccessivo appiattimento su categorie analitiche mutuate dalla teoria economica 111. Si denuncia in particolare l’acritica condivisione dell’idea neo-liberale secondo la quale il modello più efficiente di regolazione delle dinamiche di mercato sia quello che abbia come principale missione la creazione delle condizioni per il libero espli- carsi delle diverse razionalità soggettive che animano le interazioni economiche, piuttosto che il controllo e l’indirizzo del funzionamento “dei grandi aggregati” economici 112.
Né mancano, d’altronde, autorevoli voci che sollecitano ad uno sforzo maggiore nella ricerca di dati utili all’individuazione di un senso oggettivo e unificante delle molteplici articolazioni settoriali di cui si compone l’attuale diritto dei contratti 113.
Proprio sulla scorta di simili riflessioni, in questa sede si proverà allora a fornire un ulteriore contributo analitico, muovendo innanzitutto dall’osservazione di alcuni dati disciplinari che, con la loro adozione, si ritiene abbiano reso più chiaro il senso del disegno normativo perseguito dal legislatore, sinora in modo invero molto confuso e spesso tecnicamente maldestro.
Un primo importante segnale di cambiamento o, se si vuole, di ridimensionamento della ten- denza alla frammentazione settoriale della disciplina dei rapporti contrattuali in base non al tipo di operazione economica programmata 114, bensì alla categoria soggettiva di appartenenza dei contraenti è stato autorevolmente ravvisato sia nei più recenti sviluppi del diritto europeo dei contratti 115, sia nella formulazione di una serie di norme nazionali rivolte, oltre che al recepi- mento di direttive europee in materia di servizi di intermediazione finanziaria, servizi e-com- merce, servizi di assicurazione e di pagamento, al rafforzamento degli strumenti giuridici di ga-
111 Appare orientata in questa direzione anche la considerazione secondo la quale “La crisi del mercato ha eviden- ziato le deficienze di una libertà esercitata al di fuori di direttrici fissate dal legislatore e, quindi, all’insegna della ri- nuncia all’analisi a priori da parte delle regole del sistema”, sviluppata da X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 261 ss.
112 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 81.
113 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Diritto privato generale e diritti secondi. La ripresa di un tema, cit., p. 5 ss. Ma vedi an- che, P. SIRENA, la categoria dei contratti d’impresa e il principio della buona fede, cit., p. 415 ss.; X. XXXXXXXXXX (a cura di), Il diritto europeo dei contratti fra parte generale e norme di settore, cit., pp. XXIV-XXV.
114 Cfr. X. XXXXXXXXX, Il contratto e l’operazione economica, in Riv. dir. civ., n. 2/2003, p. 93 ss.
115 A riguardo di notevole utilità la presentazione dei più recenti provvedimenti adottati dal legislatore europeo in materia contrattuale in X. XXXXX, op. ult. cit., p. 269 xx.
xxxxxx xxxxx xxxxxx xxxxxxxxxxx 000. Il tratto comune di tutti questi interventi è rappresentato dalla definizione di obblighi di informazione e più in generale regole di condotta prenegoziale e ne- goziale il cui ambito di applicazione non si esaurisce più nella categoria dei contratti conclusi tra impresa/professionista e consumatore in ciascun settore di mercato oggetto di attenzione normativa, ma si estende alla generalità dei contratti negoziati dagli operatori economici profes- sionali attivi in quegli stessi settori con controparti genericamente identificate nella figura del cliente. Non è un caso se tale dato venga valorizzato con particolare enfasi soprattutto da quanti ritengono che, dopo una prima fase di apparente disarticolazione indotta dall’irruzione sulla scena del diritto dei contratti delle norme a tutela del contraente debole/consumatore, il sistema stia ricomponendosi intorno al nuovo paradigma unitario del “contratto asimmetrico”, cui do- vrebbe ispirarsi la disciplina di ogni relazione negoziale caratterizzata da una fisiologica dise- guaglianza di potere tra gli operatori di mercato parti contraenti, indipendentemente dalla quali- ficazione della posizione socio-economica di costoro 117.
Il rilevante ridimensionamento del protagonismo del consumatore a favore della più generica figura del cliente, quale prototipo di “contraente debole” in molteplici settori di mercato, tutta- via, non rappresenta l’unico dato da segnalare nel più recente sviluppo del diritto dei contratti. Non si allude tanto alla circostanza che all’oscuramento del rilievo normativo della categoria soggettiva del consumatore faccia da contraltare la proliferazione di norme a tutela di altre cate- gorie socio-economiche di contraenti che si reputano, per ragioni diverse, altrettanto colpiti da una fisiologica debolezza di potere negoziale (è il caso dell’impresa in posizione di dipendenza economica, della “microimpresa” o dell’operatore professionale indipendente, di dimensione piccola, media o grande che sia, che attenda dalla controparte un pagamento quale corrispettivo di una transazione commerciale). Piuttosto si allude all’impressione che dietro la reiterazione compulsiva di disposizioni, che in prima battuta appaiono dirette alla rimozione settoriale di fi- siologici episodi di market failures rispetto all’agire razionale di questa o quella tipologia parti- colare di operatore economico, si celi anche e soprattutto un’ostinata e sempre più marcata pro- pensione all’affermazione normativa di uno standard qualitativo cui l’attività negoziale, indi- pendentemente dal settore di mercato in cui si realizza, deve conformarsi. Ne sono parametri de- finitori la trasparenza, la correttezza e la leale cooperazione tra le parti, in vista dell’effettiva realizzazione dell’operazione economica dedotta in contratto.
Si ritiene che depongano in questo senso alcune norme di recente adozione all’interno del nostro ordinamento. Ci si riferisce in particolare alla disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, disposta dall’art. 62 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in l. 24 marzo 2012, n. 27 e alla modifica dell’art. 9, comma 3 bis, della l.
18 giugno 1998, n. 192, disposta dall’art. 10, comma 2, l. 11 novembre 2011, n. 180.
116 Cfr. X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore, e contratti asimmetrici, cit., p. 684 ss.
117 Vedi infra, par. 3.
Nel primo caso il legislatore ripropone un approccio normativo, già adottato rispetto al con- tratto di subfornitura e al contratto di franchising, in virtù del quale la materia oggetto di atten- zione non è tanto quella della individuazione del particolare assortimento di interessi che con- duce le parti alla stipula dell’accordo contrattuale, né quella della definizione della conseguente ripartizione dei rischi connessi al concreto svolgimento dell’operazione negoziale 118. La materia oggetto di attenzione disciplinare è piuttosto quella della determinazione dei parametri cui gli operatori economici interessati devono conformare le loro condotte, sia nella stesura del rego- lamento contrattuale, ove esse devono ispirarsi ai “principi di trasparenza, lealtà, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti” (art. 62, comma 1,
d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in l. 24 marzo 2012, n. 27), sia, più in generale, nell’in- trattenere relazioni commerciali, rispetto alle quali è vietato ogni comportamento di prevarica- zione e sfruttamento opportunistico di una posizione di dominanza economica nel settore di mercato in cui si operi 119.
La normativa in parola, come è noto, ha suscitato accese polemiche e, per quel che qui inte- ressa, non poche note critiche circa il carattere impreciso e spesso contraddittorio della sua for- mulazione, che invero non brilla per chiarezza neanche dopo l’entrata in vigore del regolamento d’attuazione, disposto con d. m. 19 ottobre 2012, n. 199, né dopo le modifiche apportate al testo dell’art. 62 dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221 120. Tra i principali rilievi la difficile determinazio- ne dell’esatto ambito di applicazione della disciplina, non solo per la genericità dell’espressione “cessione”, definita come “trasferimento della proprietà dietro pagamento di un prezzo” dal Re- golamento di attuazione, eppure ugualmente non circoscrivibile alla compravendita in ragione del riferimento alla durata del contratto che, ai sensi del comma 1 dell’art. 62, deve essere espressamente specificata 121; ma anche per la disinvolta sovrapposizione, nell’ambito della stes- sa normativa, della figura della cessione di prodotti agroalimentari ora con quella delle “relazio- ni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari connotate da significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale”, menzionate dall’art.1 del Regola- mento ministeriale di attuazione e riprese anche dal successivo Regolamento AGCM sulle pro- cedure istruttorie in materia di disciplina delle relazioni commerciali concernenti la cessione di
000 Xxx. X. XXXXXXXXXXX, Xx “pasticcio dell’art.62 L. n. 221/2012: integrazione equitativa di un contratto parzial- mente nullo ovvero responsabilità contrattuale da contratto sconveniente?, in Persone e mercato, n. 2/2014, p. 37.
119 Cfr. X. XXXXXXX, Liberalizzazioni, “terzo contratto” e tecnica legislativa, in Contr. e impr., n. 1/2013, p. 91 ss.; A.M. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimen- tari, in Riv. dir. civ., n. 3/2013, p. 641 ss.
120 Sul punto tra gli altri, cfr. X. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, in Riv. dir. alimentare, n. 1/2013, p. 57 ss.; X. XXXXX, I contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari (e quello di cessione del latte crudo): nuovi tipi contrattuali per il mercato agroalimentare?, in NLCC, n. 2/2013, p. 212 ss.
121 Cfr. X. XXXXXXXXXX, op. cit., p. 58.
prodotti agricoli e alimentari 122, ora con il campo ben più vasto delle “relazioni commerciali tra operatori economici, ivi compresi i contratti che hanno ad oggetto la cessione …”, di cui al comma 2 dell’art. 62.
Diversi sono stati i tentativi di rimettere ordine, in via interpretativa, nella materia. Rimane tuttavia il fatto che, al di là dell’indubbia necessità di certezza applicativa nel caso concreto, proprio la deprecabile approssimazione del legislatore contemporaneo costringe, tanto più ove la riflessione che si conduce riguardi l’interpretazione degli indirizzi evolutivi del diritto dei con- tratti, a procedere ridimensionando il rilievo dei dati sul cui significato normativo è improbabile si possa mai giungere ad un grado di ragionevole certezza, valorizzando viceversa il peso di quelli del cui senso non possa altrettanto ragionevolmente dubitarsi.
Ebbene, appare ragionevole ritenere che il fenomeno economico sul quale il legislatore ha voluto concentrare la propria attenzione sia quello della concatenazione di rapporti, altrimenti detti “di filiera”, tra produttori di una determinata categoria di beni, eventuali trasformatori e ri- venditori del prodotto e distributori sui mercati finali 123. Il settore merceologico è in particolare quello dei prodotti agricoli o alimentari, ma è evidente che il tipo di fenomeno economico preso in considerazione sia ben più diffuso e rappresenti un modello di organizzazione della circola- zione dei beni, dal momento della loro produzione a quello del loro utilizzo finale, struttural- mente consolidato nei mercati contemporanei anche in altri settori merceologici. Non si tratta certo dell’unico modello praticabile e praticato di scambio e circolazione di beni, per cui un maggior rigore nella determinazione della fattispecie da disciplinare sarebbe stato più che op- portuno 124. Deve osservarsi, però, che, anche a voler ricondurre l’intervento legislativo alla per- cezione della particolare esposizione a fenomeni di concentrazione e abuso di potere economico ostativi del pieno dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali, che quel modello di organizzazio- ne dei rapporti economici può provocare negli scambi di prodotti agroalimentari, i contenuti di tale intervento si mostrano chiaramente orientati innanzitutto a sancire un modello di condotta nell’esercizio dell’attività negoziale, di cui invero appare difficoltoso limitare l’applicabilità so- lo a questo o quel settore di scambi. Si tratta infatti di un modello cui certamente devono atte- nersi gli operatori economici attivi nelle contrattazioni del settore agroalimentare, a maggior ra- gione se gli scambi che ne derivano siano frutto di una concatenazione discendente di rapporti dalla fase della produzione a quella della distribuzione finale; ma che, dati i parametri in base ai quali se ne definiscono i contenuti, sembra a pieno titolo candidarsi quale modello di condotta
122 Si allude al decreto 19 ottobre 2012, n. 199 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, recante il Regolamento di attuazione dell’art. 63 del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla l. 24 marzo 2012, n. 27 e alla Delibera AGCM, 6 febbraio 2013, n. 24220.
123 In tal senso, cfr. X. XXXXXXXXX, Nuovi abusi contrattuali: percorsi di una clausola generale, cit., p. 1176.
124 Si sofferma criticamente sul carattere estremamente variegato dei prodotti oggetto delle cessioni prese in con- siderazione dalla disciplina, delle imprese interessate e delle “dinamiche dei distinti mercati in cui esse operano”, X. XXXXX, op. cit., p. 213.
ugualmente valido per la generalità degli operatori economici impegnati in uno scambio in un diverso settore di mercato 125.
Nel settore merceologico di cui si occupa la normativa in parola, al rispetto di quello stan- dard qualitativo, che tra i suoi canoni di definizione annovera anche la trasparenza e la corret- tezza, risponde tra l’altro la stesura in forma scritta del contratto e l’esplicita indicazione di una serie di elementi contenutistici tra i quali la durata del rapporto, la quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento 126. Ma al rispetto di quel modello di comportamento dovrebbe ragionevolmente risponde anche il divieto di adottare condotte comunque riconoscibili come manifestazioni di pratiche commerciali sleali, che l’art. 62, comma 2 dispone con riferimento al più ampio ambito delle relazioni commerciali tra opera- tori economici, formulando anche alcune esemplificazioni a riguardo (art. 62, comma 2, lett. a- d). Forse, dunque, il legislatore in questo caso non ha omesso una più netta delimitazione dell’ambito di applicazione del divieto per mera superficialità. In prima grossolana approssima- zione e nonostante la difficoltà ad abbandonare un approccio eminentemente casistico ed emer- genziale nella regolazione delle dinamiche di mercato, potrebbe invece aver inteso proseguire, dopo la definizione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette nelle relazioni econo- miche tra professionisti e consumatori e la sua successiva estensione anche alle relazioni eco- nomiche tra professionisti e “microimprese” 127, nell’opera di progressiva individuazione delle coordinate entro le quali definire un diverso e più ampio modello di conduzione delle relazioni economiche tra operatori di mercato maturi 128.
Un ulteriore segnale della possibilità che il legislatore, nei propri interventi di aggiornamento
e diversificazione del diritto dei contratti, si sia avviato verso il progressivo ridimensionamento del rilievo normativo finora attribuito alla posizione economica del soggetto contraente, può es-
125 Cfr. A.M. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 654 ss. Rileva che “sarebbe ben strano che regole volte a pre- venire e reprimere condizioni contrattuali «ingiustificatamente gravose», contegni espressivi dell’abuso di posizione dominante ovvero dell’abuso di dipendenza economica e, più in generale condotte commerciali sleali siano suscettibi- li di applicazione ai soli rapporti tra imprenditori agroalimentari” X. XXXXXXX, op. cit., p. 93. Pur escludendo l’applicabilità dell’art. 62, 2° comma a relazioni commerciali tra imprenditori estranei al settore degli scambi di pro- dotti agroalimentari, ammette che la formulazione della disciplina susciti “l’impressione di una normativa irragione- vole e discriminatoria, nella misura in cui si prova ad imbrigliare il potere di mercato della GDO in un solo settore”,
X. XXXXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 51.
126 Nel distinguere “regole destinate a regolare il tipo contrattuale” della cessione di prodotti agroalimentari, e “regole destinate a regolare le (sole) relazioni commerciali asimmetriche”, vi è d’altronde chi puntualizza che quelle appartenenti al primo insieme avrebbero portata generale e opererebbero dunque indipendentemente dall’esistenza di una disparità di potere negoziale tra le parti contraenti. Cfr. A.M. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 643.
127 A riguardo, cfr. G. DE CRISTOFARO, Pratiche commerciali scorrette e “microimprese”, in NLCC 2014, p. 3 ss.;
S. ORLANDO, L’estensione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori alle pratiche commerciali tra professionisti e «microimprese», in X. XXXXXXX (a cura di), Il contratto dei consumatori, dei turisti, dei clienti, degli investitori e delle imprese deboli – Oltre il consumatore, T.I, Cedam, 2013, p. 181 ss.
128 Sembra muovere nella stessa direzione l’osservazione secondo la quale “al di là dalle approssimative scelte tecniche del legislatore, interessa, piuttosto, la logica che lo muove”. Cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 1176.
sere rintracciato nei contenuti della recente modifica dell’art. 9, comma 3-bis, l. n. 192/1998, disposta dall’art. 10.2, legge 11 novembre 2011, n. 180, “Norme per la tutela dell’impresa. Sta- tuto delle imprese”.
Al di là della tecnica dispositiva adottata, che ancora una volta è quella della maldestra so- vrapposizione di indicazioni normative non del tutto omogenee tra loro, emerge infatti in modo piuttosto chiaro la volontà di sancire in termini quanto più ampi ed efficaci possibile il divieto per chiunque operi sul mercato di condurre le proprie relazioni economiche cercando di conse- guire vantaggi direttamente o indirettamente anti concorrenziali 129.
Oggetto di attenzione è in particolare la violazione “diffusa e reiterata” delle disposizioni re- lative alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, riportate dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, che, ove “posta in essere ai danni delle imprese, con particolare riferimen- to a quelle piccole e medie” integrerebbe un abuso, “a prescindere dall’accertamento della di- pendenza economica”.
Forse la scelta di una diversa sede per la formulazione di tale nuova indicazione normativa sarebbe stata sufficiente ad evitare lo sconcerto, giustamente manifestato da qualcuno 130, per la disinvoltura con la quale, là dove si dispone il trattamento giuridico da riservare all’abuso di di- pendenza economica, si sia ritenuto opportuno menzionare anche un’ipotesi di abuso che può ricorrere indipendentemente dalla situazione di dipendenza economica della controparte abusa- ta. Non è la prima volta tuttavia che il legislatore si mostra così poco attento alla coerenza delle materie di cui dispone la disciplina nell’ambito di una medesima fonte normativa. Xxxxx ricorda- re in proposito l’esperienza già fatta proprio con riferimento alla formulazione del divieto relati- vo all’abuso di dipendenza economica, collocato come è noto all’interno di un provvedimento per la parte restante destinato a disciplinare la diversa e più circoscritta fattispecie del contratto di subfornitura. Come in quel caso è infine divenuta largamente maggioritaria l’opinione in base alla quale l’ambito di applicazione del divieto di cui all’art. 9 della l. n. 192/1998 non debba considerarsi limitato agli abusi consumati in relazione alla conclusione o all’esecuzione dei con- tratti di subfornitura, malgrado la fonte normativa che lo prevede sia eminentemente dedicata alla loro disciplina 131, anche in questo caso con ogni probabilità ci si dovrà arrendere ad inter-
129 Utilizza il riferimento a tale modifica legislativa per suffragare l’ipotEsi, che il legislatore stia aumentando la propria attenzione verso la disciplina dei rapporti contrattuali tra imprese strutturalmente caratterizzati da asimmetria di potere contrattuale, ovvero verso l’area normativa del c.d. “terzo contratto”, X. XXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 1169. In questa sede, viceversa, si preferisce più sottolineare l’oggettivo condizionamento che la formulazione della disposi- zione, indubbiamente infelice, può sortire in via preventiva sulle condotte di tutti gli operatori economici, indipenden- temente dalla loro posizione di mercato, che non evidenziare la sua destinazione ad operare presumibilmente con maggiore frequenza nell’ambito di relazioni commerciali condizionate da abusi di posizione dominante o abusi di dipendenza economica.
130 Cfr. X. XXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 1175.
131In questo senso da ultimo, cfr. Cass., Sez. Un., 25 novembre 2011, n. 24906, ove si afferma che “L’abuso di dipendenza economica, di cui all’art. 9 della legge n. 192 del 1998 configura una fattispecie di applicazione generale, che può prescindere dall’esistenza di uno specifico rapporto di subfornitura”. Nella giurisprudenza di merito, cfr.
pretare il significato del divieto in parola al netto della pigrizia concettuale e della imprecisione terminologica del legislatore. Potrà allora ragionevolmente ritenersi che, muovendo dalla rap- presentazione fattuale di ipotesi di abuso di dipendenza economica, si sia finito per riconoscere che, ove la scorrettezza di una parte contrattuale raggiunga livelli palesemente inaccettabili, co- me nel caso della violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al d.lgs. 9 ottobre 2002 n. 231, ricorra un’ipotesi di abuso cui siano applicabili le reazioni sanzionatorie previste a vario titolo dall’art. 9, l. n. 192/1998, senza che l’autorità giudicante di volta in volta chiamata ad esprimersi in proposito, debba attardarsi nell’accertamento preliminare dello stato particolare di dipendenza economica della parte che abbia subito l’abuso 132.
Accanto alle norme che contrastano il fenomeno dell’approfittamento anticoncorrenziale del- la disponibilità dell’altrui liquidità monetaria nelle interazioni economiche tra imprenditori o tra imprenditori e pubblica amministrazione (d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231) con strumenti in preva- lenza azionabili nell’ambito del singolo rapporto contrattuale, dunque, può registrarsi ora anche la previsione giuridica di una nuova ipotesi di abuso nella conduzione di relazioni economiche tra operatori economici indipendenti da perseguire e sanzionare 133. E si tratta di una fattispecie che, può essere utile precisarlo, se per un verso pare sovrapporsi in modo scomposto a quelle definite dal d.lgs. n. 231/2002 al fine di scoraggiare il fenomeno dei ritardi nei pagamenti dovuti nell’ambito di transazioni commerciali tra imprese o imprese e pubblica amministrazione, per altro verso comunque definisce un meccanismo aggiuntivo di accertamento e sanzione della
Trib. Torino, 12 marzo 2010, in Foro it., I, 2011, c. 271 ss.; Trib. Forlì, 27 ottobre 2010, in Foro it., I, c. 1578; Trib. Roma, 5 febbraio 2008, in Foro it., 2008, I, c. 2326; Trib. Torre Annunziata, ord. 30 marzo 2007, cit.; Trib. Trieste, ord. 21 settembre 2006, in I Contratti, 2007, p. 112 ss.; Trib. Isernia, ord. 12 aprile 2006, in Giur. merito, 2006, p.
2149; Trib. Bari, ord. 22 ottobre 2004, in Danno e resp., 2005, p. 750; Trib. Catania, ord. 5 gennaio 2004, in Danno e resp., 2004, p. 426; Trib. Roma, 5 novembre 2003, in Giur. Merito, 2004, p. 457. Si sono schierati invece a favore di un’interpretazione restrittiva dello stesso articolo, Trib. Roma, 17 marzo 2010, in Foro It., 2011, I, c.255; Trib. Ro- ma, 5 maggio 2009, in Foro It., 2011, I, c. 256; Trib. Taranto, ord. 22 dicembre 2003, in Danno e resp., 2004, p. 424;
Trib. Taranto, ord., 17 settembre 2003, in Danno e resp., 2004, p. 65; Trib. Bari, ord., 2 luglio 2002, in Foro It., 2002, I, c. 3208. In dottrina, tra i fautori di un’applicazione restrittiva dell’art. 9 l. n. 192/1998 ai soli rapporti contrattuali di subfornitura, cfr. X. XXXXX, op. cit., p. 484 ss. Tra i tanti che invece in dottrina già da tempo sostengono un’ampia operatività del divieto di abuso di dipendenza economica, cfr. X. XXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e auto- nomia privata, cit., p. 132 ss., ove anche ampi riferimenti bibliografici sul tema; X. XXXXXXXXX, L’abuso di dipen- denza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti, Xxxxxxxxxxxx, 2004, p. 75 ss. Da ultimo, X. XXXXXXXXXX, L’abuso di dipendenza economica. Oltre la subfornitura, in Concorrenza e mercato, 2012, p. 632 ss.;
X. XXXXXXXXX, La responsabilità per abuso di dipendenza economica: la fattispecie, in Contr. Impr., 2013, pp. 2-3.
132 Sul punto cfr. X. XXXXXXX, La subfornitura, in X. XXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXX (a cura di), I contratti d’impresa, cit., p. 227.
133 Xxxxx segnalare a riguardo che sembra muovere in una direzione analoga la previsione contenuta dall’art. 17, comma 3 del già citato d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. in l. 24 marzo 2012, n. 27, ove, con riferimento alle norme volte a favorire la libertà di iniziativa economica e di concorrenza dei gestore di impianti di distribuzione di carburan- ti, si dispone la presunzione della ricorrenza di un abuso ex art. 9 l. n. 192/1998, indipendentemente dall’accer- tamento dello stato di dipendenza economica, nel caso di “comportamenti posti in essere dai titolari degli impianti ovvero dai fornitori allo scopo di ostacolare, impedire o limitare, in via di fatto o tramite previsioni contrattuali, le facoltà attribuite dal presente articolo al gestore”. Per una applicazione giurisprudenziale coerente a tale indirizzo in- terpretativo, cfr. Trib. Massa, ord. 15 maggio 2014, cit., p. 218 ss.
condotta anticoncorrenziale, forse anche più efficace di quelli previsti dal d.lgs. n.231/2002, proprio perché il suo azionamento non risulta necessariamente condizionato dall’iniziativa indi- viduale della parte abusata.
D’altronde può essere interessante osservare come risulti ancora una volta sensibilmente at- tenuata rispetto ad altre sedi normative, ugualmente rivolte a disporre rimedi contro ipotesi di market failures, la cura riposta nella preliminare delimitazione soggettiva dell’ambito in cui l’intervento nei confronti della condotta censurata debba operare. Non solo, infatti, la parte fina- le dell’art. 3-bis omette di chiarire quali siano i requisiti di riconoscibilità della “piccola impre- sa” e della “media impresa”; ma, pur individuando tali due tipologie di operatori economici qua- li principali beneficiarie del previsto divieto di abuso, non sembra escludere che una diffusa e reiterata violazione delle disposizioni di cui al d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 possa verificarsi nel- l’ambito di una transazione commerciale tra imprese di forza e dimensione analoga nel settore di mercato in cui esse risultino attive.
7. – Nell’indagine circa i dati rivelatori di una progressiva ridefinizione in chiave oggettiva degli indirizzi legislativi finora seguiti nell’ammodernamento del diritto dei contratti non sem- bra possa in alcun modo sottovalutarsi neppure l’incremento incessante dei poteri istruttori e sanzionatori attribuiti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti delle condotte negoziali ed extranegoziali tenute dagli operatori economici nelle loro interazioni di mercato 134. A tal proposito può rilevarsi in particolare l’estensione dei poteri di intervento dell’AGCM, oltre che nei riguardi dei rapporti tra imprese in vario modo condizionati da un abuso di posizione dominante, anche rispetto alle relazioni economiche tra professionisti/im- prese e consumatori, come testimoniato sia dall’art. 27 del Codice di Consumo, che proprio a tale Autorità affida un ruolo di primo piano nel monitoraggio e nella censura delle pratiche commerciali sleali 135, sia dall’art. 37 bis del Codice del Consumo, quest’ultimo recante disposi-
134 Cfr. X. XXXXX XXXXXX, Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente: frazionamento e sintEsi, nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Eur. e dir. priv., 2010, p. 685 ss.; ID., La tutela amministrativa contro le clausole vessatorie, in Obb. e contr., 2012, p. 494 ss.; ID., Il public enforcement nella tutela dei consumato- ri, cit., p. 5 ss.; X. XXXXXXX, La protezione dei consumatori tra diritto civile e regolazione del mercato. A proposito dei recenti interventi sul codice del consumo, in Jus civile, 2013, p. 327; X. XXXXXXX, Liberalizzazioni, “terzo con- tratto” e tecnica legislativa, in Contr. e impr., 2013, p. 100 ss. Più in generale, sulle questioni connesse alla funzione di regolazione del mercato attribuita alle Autorità indipendenti, cfr. X. XXXXX (a cura di), L’autonomia privata e le au- torità indipendenti, Il Mulino, 2006.
135 A tal proposito, cfr. X. XXXXXXXXX, Clausola generale e disposizioni particolari nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Contr. e impr., n. 1/2009, p. 73 ss.; X. XXXXX XXXXXX, Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente …, cit., p. 685 ss.; G. DE CRISTOFARO, (voce) Pratiche commerciali scorrette, in Enc. dir., Xxxx- xx, V, Xxxxxxx, 2012, p. 1079 ss.; X. XXXXX, Le pratiche scorrette a danno dei consumatori negli orientamenti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in Contr. e impr., n. 2/2010, p. 433 ss.; X. XXXXX, Rapporto di consumo e pratiche commerciali, in Europa e diritto privato, n. 1/2013, p. 1 ss.
zioni sulla tutela amministrativa contro le clausole vessatorie 136; sia infine dalla riproposizione del c.d. “doppio binario di tutela giurisdizionale”, ordinaria e amministrativa, ex art. 66 Cod. Cons., in relazione alla garanzia dei “diritti dei consumatori nei contratti”, disposti dal Capo I, Titolo III, Parte III del Codice del Consumo, come riformulato dall’art. 1.1, d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 21 in attuazione della direttiva 2011/83/UE 137. Può registrarsi dunque una marcata va- lorizzazione dell’AGCM quale fonte di regolazione unitaria delle interazioni economiche diret- tamente o indirettamente condizionanti le dinamiche concorrenziali che animano il mercato. Ta- le ruolo viene esercitato sulla scorta di standard qualitativi di condotta, che, come visto anche relativamente alla disciplina dei contratti di cessione di prodotti agroalimentari, tendono ad omogenizzarsi nei confronti di una platea sempre più ampia di operatori di mercato 138; e ancora in base ad una differenziazione soggettiva del trattamento giuridico da adottare che, in luogo del meccanismo della presunzione generalizzata di asimmetria di potere negoziale tra consumatore e professionista/imprenditore o di accertamento giudiziale caso per caso nelle ipotesi di abuso di dipendenza economica tra imprese, fa sempre più leva su parametri oggettivi di rappresentazio- ne dei diversi attori economici. Basti pensare, a questo proposito, alla figura del “consumatore medio” delineata dall’art. 20 del Codice del Consumo, alla quale bisogna fare riferimento
136 L’art. 37 bis è stato introdotto dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 21, convertito in l. 24 marzo 2012, n. 27. A riguar- do, cfr. X. XXXXX XXXXXX, La tutela amministrativa contro le clausole vessatorie, cit., pp. 493-494; X. XXXXXXXXX, La tutela amministrativa contro le clausole vessatorie nei contratti del consumatore, in NLCC, n. 3/2012, p. 563 ss.; X. XXXXXXX, op. cit., p. 305 ss.; X. XXXXXXXX, L’intervento dell’autorità Antitrust contro le clausole vessatorie e le pro- spettive di un sistema integrato di protezione dei consumatori, in Eur. e Dir. Priv., n. 1/2014, p. 207 ss.
137 Cfr. X. XXXXX XXXXXX, Il public enforcement nella tutela dei consumatori, cit., p. 7 ss.
138 Appaiono di notevole interesse in proposito le argomentazioni proposte a sostegno dell’orientamento interpre- tativo che, evidenziando la struttura “piramidale” delle norme relative alla definizione della slealtà della condotta, disposte dalla direttiva 2005/29/CE e successivamente recepite dal d.lgs.23 ottobre 2007, n. 221, attribuisce alla defi- nizione di pratica commerciale scorretta riportata dall’art. 5 della Xxxxxxxxx e poi dall’art. 20, comma 2° Cod. Cons., il tenore di clausola generale e alle norme che la dispongono il rilievo di norme “generali” fondamentali, rispetto alle quali le successive disposizioni relative alla definizione delle ipotEsi, di pratiche commerciali da considerarsi presun- tivamente o in ogni caso ingannevoli o aggressive rileverebbero quali norme di dettaglio o “esemplificative”. Cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 80 ss. In prospettiva analoga, osserva che “l’orientamento comunitario appare sempre più teso, da una parte, a rendere concreti principi generali, peraltro già presenti nel nostro Codice, quali quello della «corret- tezza», della «buona fede», della «diligenza professionale», sia pure con particolare riguardo ad una delle parti del contratto; dall’altra, ad incentivare il passaggio dall’armonizzazione minima all’armonizzazione massima”, X. XXXXX XXXXXX, Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente …, cit., p. 700. Valuta viceversa come “residuale” la portata normativa dell’art. 20, comma 2°, Cod. Cons. ed evidenzia il carattere parziale dell’estensione della normativa sulle pratiche commerciali sleali alla categoria soggettiva delle “microimprese”, G. DE CRISTOFARO, Pratiche com- merciali scorrette e “microimprese”, in NLCC, 2014, p. 23 ss. e più ampiamente a proposito dell’art. 20, 2° comma Cod. Cons., ID., Il divieto di pratiche commerciali sleali, in Le “pratiche commerciali sleali” tra imprese e consuma- tori, a cura di Xx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxxxxx, 2007, p. 116 ss. Con il comma 1-bis dell’art. 27 Cod. Cons., inserito dall’art. 1.6, lett a), d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 2, il legislatore ha d’altra parte chiarito il carattere esclusivo della competenza dell’AGCM ad intervenire nei confronti di condotte di professionisti/imprenditori che integrino ipotEsi, di pratiche commerciali scorrette, anche ove esse si siano manifestate nell’ambito dei c.d. mercati regolati, riservando all’Autorità di settore una funzione meramente consultiva. Sul punto, cfr. XXXXX XXXXXXXXX, Il riparto di competenze tra Autorità indipendenti nelle repressione delle pratiche commerciali scorrette, in Riv. it. Antitrust, n. 1/2015 p. 83 ss.
nell’applicazione della disciplina delle pratiche commerciali scorrette: proprio il procedimento di astrazione dalla realtà che la sua individuazione presuppone ridimensiona inevitabilmente la rilevanza giuridica del dato della “debolezza” soggettiva, a favore di una rappresentazione in termini più oggettivi della posizione economica del consumatore nel rapporto contrattuale in- trattenuto con il professionista/impresa 139. Analogamente, di nuovo la disciplina delle pratiche commerciali sleali, con riguardo alla categoria delle “microimprese” 140, al fine della loro indivi- duazione preferisce il rinvio ad alcuni dati oggettivi, tra i quali il fatturato annuo o il totale di bilancio non superiore ai due milioni di euro, a loro volta disposti dall’art. 2 par. 3, dell’allegato alla Racc. n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che non quello a criteri più generici incentrati sull’accertamento dell’eccessivo o significativo squilibrio di diritti e obblighi che un’impresa sarebbe in grado di determinare nei confronti di un’altra impresa nell’ambito delle loro relazioni commerciali 141.
Certo, riscontrare il potenziamento dei meccanismi giuridici di controllo della concorrenza e
139 Il 18° considerando della Direttiva 2005/29/CE, chiarisce che il parametro del consumatore medio preso in considerazione dal legislatore europeo è quello del consumatore “normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia
…”. A riguardo cfr. X. XXXXX XXXXXX, op. ult. cit., p. 708; X. XXXXXXX, op. cit., pp. 316-317, la quale, nel rimarcare la ridefinizione in atto del “tipo” di consumatore cui sia il legislatore europeo che quello italiano mostrano di voler riservare attenzione normativa, rinvia anche alla responsabilizzazione, rispetto ad un utilizzo “diligente” del bene og- getto del contratto, del consumatore che intenda esercitare il diritto di recesso, constatabile sia dalla lettura del consi- derando 47 della direttiva 2011/83/UE, sia dalla formulazione dell’art. 14 della stessa direttiva, poi riprodotta dal te- sto dell’art. 57 Cod. Cons.; DE XXXXXXXXXX, op. cit., pp. 23-24.
140 L’estensione dell’ambito di applicazione delle norme sulle pratiche commerciali scorrette disposte dal Codice del Consumo alla categoria soggettiva delle “microimprese” è stata prevista dall’art. 7 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, conv. dalla l. 24 marzo 2012, n. 27.
141 Benché secondo alcuni autorevoli commentatori l’accertamento della concreta riconducibilità del soggetto nei confronti del quale si ritenga sia stata posta in essere una pratica commerciale sleale da parte di un professioni- sta/impresa alla categoria della “microimpresa” possa non essere agevole, cfr. G. DE XXXXXXXXXX, op. cit., p. 8; X. XXXXXXXXXXX, per una lettura dell’abuso contrattuale: contratti del consumatore, dell’imprenditore debole e della microimpresa, in Riv. dir. comm., 2010, p. 434 ss., sembra che la scelta di condizionare il riconoscimento dei compo- nenti di tale categoria di operatori economici ad alcuni indicatori oggettivi, quali il numero massimo di persone occu- pate nell’esercizio dell’attività economica e il fatturato o il totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro, negando invece rilievo alla qualificazione giuridica del soggetto cui la detta attività economica fa capo, denoti la vo- lontà di estendere ad un intero segmento di mercato la disciplina delle pratiche commerciali scorrette, rinunciando (se non nelle ipotEsi, che, alla luce dei parametri individuati dal legislatore, si collochino ai confini di tale segmento di mercato) al tentativo, forse un po’ velleitario, di accertare caso per caso l’esistenza dei presupposti per l’adozione del trattamento giuridico disposto, ove sia denunciata la ricorrenza di una pratica commerciale sleale. Anche sulla scorta di tale dato, appare dunque plausibile ipotizzare che obiettivo prioritario del legislatore non sia stato tanto quello di definire un’ennesima articolazione delle norme relative ai contratti e alle relazioni commerciali tra imprese con parti- colare riferimento alla categoria soggettiva dell’impresa debole o in posizione di dipendenza economica, ma sia stato piuttosto quello di muovere un primo passo verso l’affermazione normativa di uno standard qualitativo di condotta nelle relazioni di mercato cui un numero sempre più ampio di operatori economici debba uniformarsi, al fine di ga- rantire maggiore trasparenza ed efficienza nelle dinamiche concorrenziali. Sottolinea la funzionalità della disciplina delle pratiche commerciali sleali promossa dal legislatore europeo a superare l’assenza, rilevabile in molte legislazio- ni nazionali sulla concorrenza sleale, di riferimenti agli effetti di comportamenti anticoncorrenziali sulla tutela dei diritti dei singoli consumatori e, si potrebbe aggiungere, delle singole imprese, X. XXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 81.
del corretto funzionamento del mercato e l’elezione in quest’ambito di un’Autorità amministra- tiva indipendente a perno e motore privilegiato del sistema di regolazione delle dinamiche eco- nomiche così definito non basta ad inferire la qualità del modello di condotta economica auspi- cata, né i criteri ispiratori dei provvedimenti adottati dall’AGCM nella promozione dell’effi- cienza e del dinamismo di mercato 142.
Il rischio di interventi episodici, indirizzati in prevalenza ad operatori dotati di minore potere economico e per questo più sensibili ad eventuali moniti contro il ricorso a clausole vessatorie o pratiche commerciali scorrette, non è da sottovalutare 143, così come continua a destare perples- sità la persistente disorganicità dei più recenti provvedimenti legislativi in materia di regolazio- ne della concorrenza e del mercato, anche con riferimento all’assenza di indicazioni normative circa l’eventuale coordinamento delle competenze giurisdizionali rispettivamente dell’AGCM e della magistratura ordinaria 144.
Tuttavia, qualche conclusione circa l’indirizzo seguito dall’attuale evoluzione del sistema normativo rappresentato dalle diverse articolazioni del diritto dei contratti d’impresa può essere tratta, soprattutto ove, all’osservazione dei contenuti riportati dalle diverse misure di diritto so- stanziale precedentemente esaminate, si affianchi la considerazione della scelta legislativa di far rientrare a pieno titolo il diritto dei contratti e delle relazioni economiche tra professioni- sti/imprenditori e consumatori tra le materie sulle quali anche l’AGCM può esercitare i suoi po- xxxx istruttori, monitori e sanzionatori 145.
Si può in particolare ricavare una ulteriore conferma del forte ridimensionato dell’indirizzo normativo volto ad accentuare l’articolazione specialistica del diritto dei contratti d’impresa in base alla posizione di mercato ricoperta dai diversi soggetti contraenti; e si può soprattutto rite-
142 Ritiene discutibile l’indirizzo legislativo rivolto ad attribuire crescente rilievo all’AGCM nel monitoraggio e nell’eventuale sanzione delle condotte degli operatori economici di mercato nelle loro interazioni di natura contrat- tuale e extracontrattuale, sia per il rischio che così si corre di sovraccaricare l’azione dell’Autorità Antitrust, sia per il rischio di snaturamento cui per questa via potrebbero andare incontro norme i cui contenuti sono ritenuti di stretta pertinenza civilistica, G. DE CRISTOFARO, op. cit., p. 29.
143 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 336.
144 Cfr. X. XXXXXXXX, op. cit., p. 263.
145 A questo proposito, degno di nota, anche se specificamente riferito all’ammissibilità di un integrazione nego- ziale ad opera di delibere dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG), appare il principio di diritto enunciato da diverse sentenze della Suprema Corte, tra le quali Cass. 30 agosto 2011, n. 17786 e Cass. 1° ottobre 2013, n. 22453, secondo il quale “Il potere normativo secondario (o, secondo una possibile qualificazione alternativa, di ema- nazione di atti amministrativi precettivi collettivi) dell’Autorità per l’energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 12, lett. h) – l. 14 novembre 1985, n. 481 (N.d.R.) –, si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento di servizio (….),possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla du- plice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la dero- ga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela dell’interesse dell’utente o consumatore, restando, invece, esclusa – salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta non la consenta – la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell’utente e consumatori”. Nella giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Salerno 21 ottobre 2015, n. 4338.
nere più attendibile l’ipotesi di un progressivo mutamento in senso oggettivo della strategia del- la regolazione delle interazioni negoziali di mercato seguita dal legislatore europeo e nazionale, in considerazione dell’incidenza che tali interazioni, anche solo indirettamente, esercitano sull’efficienza e la vitalità delle dinamiche concorrenziali 146. Non vengono meno gli strumenti rimediali individualmente azionabili, predisposti nel tempo a vantaggio di svariate tipologie di soggetti contraenti e di volta in volta modellati al fine di compensare i riflessi sortiti sull’ope- razione economica negozialmente programmata dalla specifica ipotesi di asimmetria soggettiva da contrastare. Ma, accanto e oltre un modello di intervento prevalentemente orientato a correg- xxxx ex post i comportamenti opportunistici e sleali che possono condizionare i rapporti di coo- perazione intrattenuti dagli operatori di mercato in vista della realizzazione dello scambio eco- nomico, si va perfezionando un sistema preventivo di monitoraggio e incoraggiamento di con- dotte negoziali che siano generalmente connotate da livelli di correttezza e reciproca affidabilità senz’altro più elevati che in passato. Un sistema che sembra altresì voler incrementare efficienza e dinamismo nelle relazioni economiche anche attraverso la chiara sollecitazione ad una genera- lizzata responsabilizzazione dell’agire negoziale 147. A ciascun attore di mercato, in virtù della posizione economica ricoperta, non sono più riconosciuti soltanto poteri funzionali alla prote- zione dei propri interessi economici dalle eventuali sopraffazioni consumate nei suoi confronti da controparti negoziali “dominanti”, ma è affidato anche e soprattutto una parte da rappresenta- re nell’ambito di un copione che mira a mettere in scena l’inesauribile capacità di autoregola- zione e crescita del sistema di mercato. La regia sempre più pervasiva è quella di un’Autorità tecnica di regolazione, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che si auspica sia xxx
000 Xxx xxxxx europeo si segnala una costante attività di monitoraggio delle iniziative spontanee di promozione di pratiche commerciali leali nel territorio dell’Unione Europea e dei provvedimenti adottati negli ordinamenti degli Stati membri contro le pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese, con particolare riferimento ai rapporti di filiera nel settore della fornitura alimentare. Tra i più recenti documenti prodotti in proposito il “Libro Verde sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa”, presentato dalla Commissione UE nel 2013, la Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Co- mitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Affrontare le pratiche commerciali sleali nella fi- liera alimentare tra imprese” del 2014, e la Relazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sulle pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese del 29 gennaio 2016. Anche in considerazione dell’in- troduzione di un “rating di legalità per le imprese operanti sul territorio nazionale”, da parte dell’art. 5-ter del d.l. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, secondo un’autorevole analista della materia, “potremmo dire che l’obiettivo cui si tende, perlaltro in linea con l’UE, va anche oltre la correttezza del mercato: si tende a favorire il perseguimento di un «mercato etico»”. Cfr. X. XXXXX XXXXXX, La tutela amministrativa contro le clausole vessatorie, cit., p. 493.
147 Riferendosi in particolare alla previsione dell’impegno di porre fine ad una pratica commerciale che presenti profili di scorrettezza, assunto dal professionista responsabile ex art. 27, comma 7, Cod. Cons. ed al meccanismo dell’interpello preventivo da parte delle imprese interessate nei confronti DELL’AGCM, al fine di verificare la vessa- torietà delle clausole che si intendono utilizzare nelle relazioni commerciali con i consumatori, vi riconoscono una chiara funzione di moral suasion verso la categoria dei professionisti, già peraltro assolta dall’attività di controllo dell’iniquità delle clausole contrattuali unilateralmente predisposte dalle imprese e di promozione di contratti tipo, svolta dalle Camere di Commercio in base a quanto previsto dal d.lgs. 15 febbraio 2010, n. 23, X. XXXXXXX, op. cit.,
p. 330 ss.; X. XXXXXXXX, op. cit., p. 227.
via sempre più impegnata a predisporre interventi quanto più possibile “esemplari” contro con- dotte distorsive dell’efficienza e del dinamismo concorrenziale, indipendentemente dalla dimen- sione “micro” o “macro” dell’operatore economico che ne sia autore.
8. – La più immediata utilità che la lettura appena proposta della direzione e del senso che l’attuale evoluzione del diritto dei contratti sembra aver assunto potrebbe essere individuata nel- la sua idoneità a favorire, in relazione a controversie che riguardino rapporti contrattuali tra ope- ratori di mercato, l’adozione di decisioni giudiziali che, anche grazie ad un rigoroso ricorso al meccanismo dell’analogia, presentino un grado di certezza e coerenza sistematica maggiore di quanto sia accaduto in alcune note occasioni del recente passato 148. Diverse norme, espressa- mente rivolte alla disciplina settoriale di interazioni negoziali in funzione della categoria eco- nomica di appartenenza dei soggetti parti dell’operazione di scambio dedotta in contratto, po- trebbero subire una sensibile estensione della loro efficacia normativa, grazie ad una interpreta- zione dei loro contenuti attenta a mostrare la loro rispondenza ad una medesima logica oggettiva di regolazione delle relazioni di mercato 149, azionabile al di là dell’appartenenza o meno delle parti contraenti a questa o quella categoria soggettiva di operatori economici 150. Il perseguimen- to dell’obiettivo di garantire più elevati livelli di efficienza e dinamismo negli scambi e nella concorrenza economica potrebbe risultare ampiamente facilitato, a dispetto dei ritardi e delle imprecisioni tecniche di un legislatore piuttosto svogliato che, come sembrano dimostrare i con- tenuti del disegno di legge sullo “Statuto del lavoro autonomo” collegato alla legge di stabilità del 2016 di recente presentato dal governo 151, insiste nel formulare disposizioni ispirate dai me-
148 Ci si riferisce a Xxxx. 18 settembre 2009, n. 20106, sulla quale vedi infra, par. 1.
149 Si vuole con ciò evidenziare come in un vasto ambito della regolazione dei rapporti negoziali tra privati, poco importa in questa sede che esso rappresenti ancora una specificità dei rapporti interprivati ovvero tenda a riprodurre un modello di rapporti negoziali ormai nettamente prevalente, si stia affermando un tipo di intervento normativo par- ticolarmente incline alla conformazione delle condotte economiche dei privati, che in tanti vedono finalizzato alla realizzazione di un mercato europeo più efficiente, dinamico e competitivo. Cfr. X. XXXXXXXXX, Autonomia individua- le e autonomia d’impresa, cit., p. 44 ss.; X. XXXXXXX, op. cit., p. 219.
150 Lo stesso legislatore, d’altronde, talvolta sospinge in questa direzione l’interprete. È quanto accade da ultimo in considerazione dell’aggiunta al testo dell’art. 1284 c.c. di un 4° comma, disposta dall’art. 17.1 d.l. 12 settembre 2014, n. 132, conv. in l. 10 novembre 2014, n. 162. In quella sede, infatti, si prevede che, se le parti non ne hanno diversamente determinato la misura, il saggio degli interessi dovuti dal momento della domanda giudiziale volta a far rilevare l’inadempimento del debitore, ovvero il saggio degli interessi moratori, deve essere pari a quello previsto “dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali”, disposta dal d.lgs. 9 xxxx- xxx 2002, n. 231. Appare cioè evidente la scelta del legislatore di attribuire portata generale all’irrigidimento della sanzione contro i ritardi nell’adempimento di prestazioni pecuniarie, in origine previsto solo limitatamente ai ritardi di pagamenti derivanti tra transazioni commerciali tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione, dimostrando così di ritenere universalmente doveroso il puntuale rispetto dei termini per l’estinzione dei debiti pecuniari, quale essenziale precondizione per una gestione più efficiente e dinamica delle disponibilità patrimoniali del creditore, in- dipendentemente dalla sua posizione di mercato.
151 Disegno di legge, Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire
desimi contenuti normativi di altre già presenti nell’ordinamento, seguendo però con ostinazione una logica di intervento eminentemente casistica, del tutto incurante degli effetti destrutturanti e dei costi, in termini di efficienza interpretativa ed applicativa, connessi ad un simile modo di procedere nell’attività legislativa 152.
In altri termini, in attesa di un serio intervento di riordino normativo nella disciplina dei rap- porti contrattuali tra operatori di mercato, ovvero tra soggetti di cui almeno uno agisca nego- zialmente in funzione dell’esercizio di un’attività in senso lato imprenditoriale 153, il giudice chiamato a dirimere una controversia che riguardi la gestione di simili relazioni non solo po- trebbe estendere soggettivamente l’ambito di applicazione di molte norme c.d. “speciali”, rico- noscendo, attraverso il meccanismo dell’analogia legis, l’assimilabilità del tipo di problema bi- sognoso di soluzione al tipo di problema normativo oggettivamente delineato dal legislatore in relazione a categorie di soggetti contraenti diverse da quelle cui appartengono le parti in lite. Ma lo stesso giudice potrebbe anche procedere alla decisione del caso indagando la possibilità di trarre indicazioni normative dall’adozione del diverso meccanismo dell’analogia iuris, stante il ridondante richiamo, nell’ambito di un numero crescente di provvedimenti rivolti alla disciplina dei contratti connessi all’esercizio di un’attività in senso lato d’impresa, ai principi di trasparen- za e correttezza nella cooperazione richiesta alle parti in relazione all’esecuzione del programma
l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato, Comunicato alla presidenza del Senato della Repubblica l’8 febbraio 2016, in Atti parlamentari – Senato della Repubblica, n. 2233.
152 Ci si riferisce in particolare alla previsione, ex art. 3, dell’inefficacia di alcune clausole, definite abusive, dal contenuto espressamente tipizzato, di fatto in parte riproduttivo del testo dell’art. 6 l. 18 giugno 1998, n. 192, Disci- plina della subfornitura nelle attività produttive che tuttavia ne prevede espressamente la nullità e non vi associa inve- ce, come previsto dall’ultimo comma dell’art. 3 del disegno di legge, il diritto al risarcimento del danno a favore della parte che abbia subito l’inserimento di tali clausole in contratto ad opera del committente. Lo stesso diritto è altresì disposto a favore del lavoratore autonomo anche nel caso di rifiuto del committente di stipulare il contratto in forma scritta, senza che tuttavia risulti comprensibile quale possa in concreto essere l’entità del danno, atteso che, nella rela- zione introduttiva del Disegno di legge, per un verso si precisa che la mancanza di forma scritta non incide sulla vali- dità e sull’efficacia del contratto e si chiarisce per altro verso, che “nel caso in cui, pur in mancanza di forma scritta, il contratto abbia avuto regolare esecuzione, di fatto non dovrebbero sussistere danni dei quali il lavoratore possa chie- dere il risarcimento o comunque tali danni dovrebbero essere di minima entità”.
153 Il riferimento ad una nozione di attività d’impresa più ampia di quella tradizionalmente ricavata dalla rappre- sentazione giuridica interna del soggetto impresa, sul modello della nozione adottata dal legislatore europeo di pro- fessionista quale soggetto che contrae in funzione dell’esercizio della propria attività professionale, indipendentemen- te dall’esistenza e dalle dimensioni di una struttura organizzativa che sia sua diretta emanazione, potrebbe anche age- volare l’estensione dell’ambito applicativo di molte norme destinate alla disciplina dei c.d. contratti d’impresa non solo attraverso il meccanismo analogico, ma anche attraverso una più semplice dilatazione della platea dei destinatari diretti della norma di cui si indaga l’applicabilità. Interpretano l’inapplicabilità al professionista intellettuale dello statuto dell’impresa come un’immunità o anche un privilegio di tipo personale concesso per ragioni storiche, P. SPA- DA, (voce) Impresa, cit., p. 54; X. XXXXXXX, Le professioni intellettuali e il concetto comunitario di impresa, in Contr. e impr. eur., 1997, p. 3 ss. Si soffermano in particolare sulla necessità di ridefinire il rapporto tra la configura- zione giuridica delle professioni intellettuali e la nozione di impresa alla luce delle forti sollecitazioni provenienti in tal senso dalle istituzioni comunitarie, X. XXXXXXXXXX, Stato, mercato e concorrenza nella UE: il caso delle profes- sioni intellettuali, in Contr. e impr., 2004, p. 390 ss.; X. XXXXXXXXX, Professione ed impresa dal Codice Civile al dirit- to comunitario, in Studi in onore di Xxxxxxx Xxxx, Padova, 2010, p. 2327 ss.; X. XXXXXXX, Prestazioni d’opera intel- lettuale e regole della concorrenza, in Contr. e impr., 2012, p. 139 ss.
negoziale, sì da realizzare un generalizzato innalzamento della qualità e del dinamismo della competizione economica nell’arena del mercato 154.
Al fine di verificare la solidità degli argomenti finora sviluppati a sostegno dell’approccio in- terpretativo proposto, tuttavia, giova anche soffermarsi brevemente su alcune obiezioni che po- trebbero essere mosse alle sue principali linee direttrici.
Si potrebbe innanzitutto rilevare una certa difficoltà nel cogliere la differenza tra l’idea, appena enunciata, che le norme relative al variegato fenomeno della contrattazione d’impresa siano acco- munate dal fine di promuovere un modello di mercato in cui le condotte soggettive nelle interazioni economiche tra privati tendano a conformarsi a standard universali di trasparenza e leale coopera- zione tali da far crescere il grado di reciproco affidamento e di prevedibilità dell’efficacia dello scambio e l’idea autorevolmente sostenuta da quanti ritengono che il profondo mutamento impres- so al diritto dei contratti da molte delle norme sui contratti d’impresa finora introdotte nell’ordina- mento sia comprensibile solo riconoscendo che la garanzia dell’equilibrio dello scambio, accanto e oltre il potere dei privati di definire autonomamente i contenuti dell’operazione economica dedotta in contratto, sia divenuta un obiettivo prioritario nella disciplina legale dei rapporti contrattuali 155.
Si potrebbe in altre parole denunciare l’eccessiva sottigliezza del discrimine tra la priorità accordata nell’un caso alla definizione di più rigorosi standard giuridici di comportamento negli scambi di mercato ed il rinvio, nell’altro caso, alla centralità della predisposizione di strumenti normativi rivolti alla realizzazione della c.d. giustizia contrattuale. L’uno e l’altro orientamento, potrebbe ancora osservarsi, maturerebbero in considerazione delle strutturali asimmetrie che nell’economia contemporanea caratterizzano i rapporti negoziali tra privati e attribuirebbero en- trambi al legislatore la volontà di contrastarle attraverso l’indicazione normativa di una diversa qualità delle condotte negoziali tra operatori economici.
Sta però proprio nel rilievo giuridico che si ritiene di dover attribuire al dato delle diffuse asimmetrie di potere contrattuale tra privati, così come nella lettura che ne scaturisce in ordine al significato normativo espresso dalle più recenti disposizioni relative alla contrattazione d’impresa, che potrebbe cogliersi un primo importante elemento di distinzione.
In questa sede infatti, preso atto della fisiologica frequenza con la quale tra le parti di un rap-
154 A favore del richiamo all’azionamento dell’analogia iuris potrebbe giocare la circostanza che, ridimensionato il rilievo giuridico della categoria soggettiva di operatori economici cui di volta in volta i contraenti appaiono ascrivi- bili ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile, la diffusa affermazione dei principi di trasparenza e leale cooperazione quali specifici parametri per la regolazione dell’esercizio dell’autonomia privata negli scambi di merca- to, piuttosto che introdurre significativi elementi di novità normativa, sembra sospinga più semplicemente verso una preventiva e più rigorosa definizione dei contenuti normativi attribuibili a strumenti di regolazione delle interazioni economiche tra privati dotati di sicura portata generale, quali le clausole codicistiche di correttezza e buona fede. Con riferimento alla disciplina dei contratti d’impresa, auspica il ricorso non solo all’analogia legis, ma anche all’analogia iuris, al fine di emanciparla quanto più possibile dagli impropri condizionamenti derivanti dalla disciplina dell’auto- nomia privata quale atto di disposizione “dell’individuo proprietario”, tipica del diritto privato c.d. di parte generale,
X. XXXXXXXXX, op. ult. cit., p. 52.
155 Cfr. X. XXXXX, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici, cit., p. 679 ss.
porto contrattuale, in cui almeno una operi secondo una logica imprenditoriale, ricorrono ma- croscopiche differenze di potere contrattuale, si è sostenuta la tesi che il reale intento perseguito dal legislatore fin dalla introduzione delle prime disposizioni in materia di contratti del consu- matore non sia stato tanto quello di rimediare ad un fenomeno circoscritto di debolezza contrat- tuale 156, ma sia stato piuttosto quello di indurre le parti ad una più equilibrata ripartizione dei rischi e dei costi connessi all’operazione di scambio, sì da sollecitare il professionista/impren- ditore a potenziare la competitività della propria offerta soprattutto in relazione alla qualità dello scambio, sia dal punto di vista materiale, sia dal punto di vista comportamentale. In questo sen- so si è condivisa l’opinione di quanti hanno ritenuto che la lettura più corretta della differenzia- zione normativa dalla quale il diritto dei contratti è stato investito negli ultimi decenni sia quella ispirata dal paradigma della regolazione della concorrenza e del mercato. Si è provato però ad evitare che l’efficacia euristica di quel paradigma finisca per disperdersi nella registrazione acri- tica delle innumerevoli sfaccettature che gli interventi legislativi attuativi della strategia della regolazione del mercato possono assumere in considerazione degli specifici connotati soggettivi degli operatori economici interessati dall’ipotesi di market failure cui l’ordinamento di volta in volta intende rimediare. Si è provato cioè ad ipotizzare un filo conduttore unico, capace di tene- re insieme le molteplici disposizioni comunemente ricondotte all’esigenza di contrastare l’abuso della dipendenza economica o della debolezza di potere negoziale di alcune specifiche categorie di contraenti. Se ne è rilevata in particolare la coerenza ad un disegno unitario in fieri, che asso- ci ai benefici ricavabili dalla leale cooperazione nella generalità delle interazioni negoziali tra operatori economici la crescita del dinamismo competitivo e dell’efficienza del sistema di pro- duzione e distribuzione della ricchezza.
In questa prospettiva, alle diseguaglianze nella distribuzione del potere economico non sa- rebbe riconosciuto alcun autonomo rilievo giuridico, in quanto l’esigenza normativa di adeguare le condotte negoziali a più elevati standard di trasparenza e correttezza sarebbe rivolta ad una platea sempre più ampia di operatori economici, indipendentemente dalla categoria soggettiva di appartenenza e dalla eventuale posizione di debolezza contrattuale nei confronti della controparte.
Le diseguaglianze, certo, non devono in alcun modo essere all’origine della riduzione delle opportunità individuali di concorrere alla vitalità del sistema di produzione della ricchezza. Ef- fetto, quest’ultimo, che potrebbe discendere dalla determinazione di una parte economicamente dominante in un certo settore di mercato a cristallizzare la propria posizione di forza. Xxx, a di- spetto dei parametri di comportamento richiesti dall’ordinamento, tale obiettivo sia perseguito nell’ambito di un’operazione economica negozialmente definita, sarebbe dunque ben possibile azionare gli strumenti rimediali che nel tempo il legislatore ha settorialmente predisposto contro lo sfruttamento abusivo di una posizione di forza economica e contrattuale. Ma, come si è nota-
156 In questi termini, come si è già ricordato si esprimeva X. XXXXXXXXX, Contratti del consumatore e contratti d’impresa, cit., p. 37 ss.
to a proposito della disciplina delle cessioni di prodotti agroalimentari, a proposito della rifor- mulazione dell’art. 9, comma 3-bis della l. n. 192/1998 e anche in relazione alla pervasività del- le nuove competenze attribuite all’AGCM, non può omettersi di osservare che anche l’oppor- tunismo e l’abuso di una posizione di relativa dominanza economica nell’ambito della defini- zione e dell’esecuzione di un rapporto contrattuale sempre più spesso divengano oggetto di at- tenzione normativa indipendentemente dalla ragione che ha condotto al loro manifestarsi.
Si potrebbe ancora osservare che l’orientamento interpretativo proposto condividerebbe con l’approccio fondato sul paradigma del contratto asimmetrico l’incertezza contenutistica dei cri- xxxx in base ai quali si ritiene debbano misurarsi rispettivamente la trasparenza e la correttezza della condotta negoziale e l’equilibrio o la c.d. giustizia contrattuale 157. Il rilievo è serio ed il compito di contestarne la fondatezza non appare affatto agevole. Poiché però una delle ragioni che hanno indotto a prendere le distanze dall’idea di una progressiva sensibilizzazione dell’ordi- namento civilistico contemporaneo al tema dell’equilibrio contrattuale è data proprio dalla sen- sazione di un’eccessiva fiducia impropriamente riposta nella capacità del potere giurisdizionale di dare concretezza a tale nozione, individuando volta per volta la “giusta soluzione” del caso concreto oggetto di contenzioso, può innanzitutto escludersi che in questa sede si intenda proce- dere nella stessa direzione. A rafforzare tale intendimento concorre sia l’idea che non spetti ai giudici sostituirsi al legislatore nella produzione di contenuti normativi, per di più secondo l’incedere necessariamente casistico tipico dell’attività giurisprudenziale; sia la considerazione che il crescente coinvolgimento dell’AGCM nel controllo “tecnico” delle condotte negoziali ed extranegoziali dei professionisti/imprenditori, in funzione della garanzia di un mercato efficien- te e competitivo, rappresenti un nuovo rilevante argine all’acritica esaltazione del “diritto viven- te” prodotto e praticato nelle aule dei tribunali. Certo, la centralità che, nel processo di ridefini- zione del diritto dei contratti, si ritiene di dover attribuire a criteri di valutazione delle condotte negoziali quali la trasparenza e la leale cooperazione non consente di ignorare la persistente vi- vacità del dibattito sul contenuto e sulla funzione normativa delle clausole generali 158. Poiché tuttavia non è questa la sede per trattare la questione in tutta la sua complessità, forse l’unico modo per provare a schivare l’incertezza che strutturalmente caratterizza l’utilizzo di tali stru- menti normativi è quello di suggerire che la misura della trasparenza e della leale cooperazione da praticare sia di volta in volta ricavabile non tanto in relazione alla considerazione della posi- zione economica ricoperta dalle parti contraenti, quanto dalla fedele ricostruzione del profilo causale che esse hanno inteso imprimere al contratto. Nel procedere in tal senso, dunque, la fi-
157 Cfr. X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 245.
158 Sul punto, da ultimo cfr. X. XXXXX, L’interpretazione delle clausole generali, in Riv. dir. civ., n. 2/2013, p. 263 ss. Ma vedi anche tra i tanti, X. XX XXXX, Delle obbligazioni in generale, in Commentario Scialoja-Branca, a cura di
X. Xxxxxxx, Zanichelli-Soc., Xx. Xxxx It., 1988, p. 284 ss.; X. XXXXXX, Le clausole generali, in I Contratti in generale, diretto da X. Xxxx, X. Xxxxxxx, Utet, 1992, p. 390 ss.; X. XXXXXXXX, Buona fede ed equità tra le fonti di integrazione del contratto, in Contr. e impr., n. 1/1999; X. XXXXXXX, Spunti per una teoria delle clausole generali, in Riv. crit. dir. priv., 1986, p. 5 ss.
siologica discrezionalità dell’interprete, che, per altro, assumendo sempre più spesso le vesti dell’Autorità amministrativa indipendente, opererebbe sulla base di competenze eminentemente tecniche, potrebbe essere contenuta dalla necessità di attenersi al metro oggettivo rappresentato dal regolamento negoziale concordato dalle parti 159.
Tra gli indicatori più rilevanti ai fini della determinazione della soglia di leale cooperazione dovuta nell’effettiva soddisfazione degli interessi dedotti in contratto, potrebbe riconoscersi, a titolo meramente esemplificativo, la diretta proporzionalità tra il tempo oggettivamente necessa- rio al raggiungimento dei risultati attesi e la misura dell’impegno dovuto dalle parti nell’accredi- tare la loro reciproca correttezza ed affidabilità. Viceversa, il dato fattuale dell’eventuale situa- zione di disparità di potere contrattuale tra le parti potrebbe contribuire alla ricostruzione del ti- po di operazione economica che si è programmato di realizzare, ma non dovrebbe più essere de- terminante né in relazione alla soglia di leale cooperazione cui attenersi, né in relazione ai rime- di eventualmente azionabili, in via diretta o in via analogica, contro condotte difformi dallo standard normativo richiesto.
Un ulteriore meccanismo di contenimento della discrezionalità dell’interprete eventualmente chiamato a giudicare di una lite sui contenuti e/o sull’esecuzione di un rapporto contrattuale po- trebbe essere rappresentato dalla traduzione della misura della condotta virtuosa dovuta da cia- scuno dei contraenti già alla stregua del doveri di correttezza e buona fede sanciti rispettivamen- te dagli artt. 1175 e 1375 c.c., in un valore patrimonialmente apprezzabile, il cui scambio, in forza delle indicazioni normative ricavabili dall’innalzamento qualitativo dei parametri di valu- tazione delle condotte negoziali che si ritiene operato dalle norme sui contratti d’impresa sin qui menzionate, debba necessariamente accompagnare quello delle diverse poste materiali e imma- teriali concordate in vista della realizzazione dell’operazione economica dedotta in contratto. L’operatività di un simile meccanismo, cui già l’autonomia privata fa ampio ricorso, ad esempio attraverso la preventiva quantificazione del costo di eventuali ipotesi di recesso ad nutum dal contratto o attraverso la predisposizione di clausole penali, potrebbe trovare un nuovo impulso normativo, oltre che in futuri interventi legislativi che ne prevedano l’operatività, anche per via interpretativa, ovvero ricercando all’interno dell’ordinamento spunti utili a verificare se il legi- slatore abbia già in alcune ipotesi previsto la necessaria monetizzazione del “prezzo” di condot- te difformi dagli standard normativi richiesti, da corrispondere in caso di inadempimento in al- ternativa alla più tradizionale e a volte macchinosa procedura del risarcimento del danno 160.
Si potrebbe da ultimo rilevare che, in ragione della sua matrice marcatamente oggettiva,
159 In relazione al significato funzionale del giudizio causale e a quanto delle determinazioni negoziali delle parti vada sottoposto a tale giudizio, cfr. M. BARCELLONA, op. cit., Cap. V, par. 3, p. …
160 A tal proposito sia consentito il riferimento a X. XXXXXXXX, La disciplina del recesso del cliente dai contratti di prestazione d’opera e servizi intellettuali a termine oltre gli angusti confini dell’art. 2237 c.c., in Ricerche Giuri- diche, n. 2/2013, p. 508 ss.; ID., Tempo e fiducia nella disciplina del recesso dai contratti di prestazione d’opera e servizi intellettuali, in Contr. e impr., n. 4-5/2014, p. 977 ss.
l’approccio interpretativo proposto sarebbe esposto ad un notevole rischio. Si potrebbe cioè de- nunciare la pericolosità del progressivo trasferimento del potere di definire gli obiettivi econo- mici e i modelli comportamentali da seguire nelle interazioni di mercato, cui esso in prospettiva prelude, da sedi decisionali direttamente o indirettamente vincolate al rispetto della sovranità della volontà popolare, su cui si fondano le moderne democrazie, a sedi decisionali che invece nascono ed operano in modo strutturalmente indipendente da qualsivoglia meccanismo di diretta legittimazione democratica.
Il rilievo è indubbiamente fondato ma si ritiene piuttosto inefficace scongiurare il rischio de- nunciato contrapponendovi il generico richiamo all’idea di giustizia contrattuale o l’evocazione dei diritti fondamentali della persona umana 161, nella malcelata speranza che sia la magistratura a farsi carico della “patata bollente”, ovvero della definizione dei contenuti concreti e delle mo- dalità di tutela da associare di volta in volta a tali nobili astrazioni concettuali.
La sfida che in questa sede si è provato ad accogliere è quella di evitare di rimane travolti dalla logica emergenziale e destrutturante tipica della legislazione contemporanea, insistendo, attraverso l’individuazione di possibili connessioni sistematiche tra i contenuti di una moltepli- cità di previsioni legali, proprio nella ricerca di una sponda di costante legittimazione alla base delle tecniche di intervento e regolazione delle relazioni di mercato attualmente disposte dal no- stro ordinamento. L’esito di tale percorso ha portato ad ipotizzare che, molto più che in passato, molte delle norme attualmente caratterizzanti il diritto dei contratti siano rivolte ad incentivare un modello di dinamismo concorrenziale estremamente sensibile al rispetto di più elevati stan- dard qualitativi, non solo in relazione ai prodotti e ai servizi offerti ma anche in relazione alle condotte osservate dalla generalità degli operatori economici nelle loro interazioni negoziali. Che tale obiettivo, e soprattutto le sue modalità di attuazione, possano rappresentare una minac- cia al rispetto dei principi di libertà ed eguaglianza individuale sui cui si fondano le moderne democrazie è un rischio che si ritiene possa essere scongiurato solo confidando nella disponibi- lità di tutti gli attori della vita sociale ed economica, ciascuno in base alle proprie forze e capaci- tà, a difendere attivamente la persistente centralità di tali principi, tanto all’interno quanto all’e- sterno dell’arena del mercato.
161 Afferma con enfasi che “è fondamentale il superamento di una logica esclusivamente mercantile, nella quale ogni soggetto è soltanto produttore o consumatore. Occorre discorrere di tutela non soltanto del consumatore, quanto della persona in quanto tale”, P. PERLINGERI, La tutela del consumatore tra normative di settore e Codice del Consu- mo, in X. XXXXXXXXX, L. DI NELLA, X. XXXXXXXXXX, X. XXXXX (a cura di), Il diritto dei consumi. Realtà e prospetti- ve, Esi, 2008, p. 14 ss.