ISSN 1123-5055
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Pubblicazione trimestrale
Anno XXXVIII
4/2022
Contratto e impresa
Dialoghi con la giurisprudenza civile e commerciale
RIVISTA FONDATA DA XXXXXXXXX XXXXXXX
Tariffa R.O.C Poste Italiane s.p.a.- Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art. I, comma I, DCB Milano
• La responsabilità civile nel dialogo fra le Corti
• Digital Services Act e nuovo regime di esenzione da responsabilità
per gli intermediari
• Obbligazioni e contratti
Il domicilio digitale
Natura e disciplina delle obbligazioni
in tema di privacy by design e by default
Il donation-based crowdfunding
I pre-commercial procurement contracts
• Impresa e società
Le SSUU sulla validità delle fideiussioni rilasciate da Società di garanzia collettiva dei fidi
In house providing e attuazione del PNRR
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/XX
SAGGI
Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
IL DOMICILIO DIGITALE
SOMMARIO. 1. Il problema. – 2. Il domicilio fisico (profili storici). – 3. Questioni sorte in tema di domicilio fisico. – 4. Natura strumentale della disciplina del domicilio. – 5. Alle origini del domicilio digitale. – 6. Fattispecie manifestamente estranee al domicilio digitale. – 7. Il domicilio digitale e le questioni connesse. – 8. (segue): la pluralita` di domicili digitali. – 9. (segue): le comunicazioni ad un domicilio digitale diverso da quello prescelto. – 10. (segue): domicilio digitale obbligatorio? – 11. Osservazioni conclusive.
1. – L’incipit e` forse banale ma denota come anche gli istituti cui siamo abituati, al punto di ritenerli consolidati e non modificabili, siano invece sempre contingenti: uno degli effetti della rivoluzione digitale e` che anche concetti legati in modo indissolubile alla fisicita` del mondo materiale pos- sono assumere una consistenza diversa, in quanto legata alle nuove nozioni digitali che il diritto sta introducendo (1).
Il «domicilio digitale» e` uno di questi: basti pensare alla nozione classica di domicilio quale «sede principale dei [propri] affari ed interessi» (art. 43 c.c.), che viene intesa come legame tra una persona ed un luogo (2), mentre in ambito digitale tale requisito risulta totalmente irrilevante (3).
Emerge gia` cosı` la prima questione su cui riflettere: sia per compren- dere se esista in senso concreto una sede non fisica – parrebbe un ossi- moro – sia per valutare in che misura operi, al di la` di conseguenze immediatamente intuitive come l’efficacia della comunicazione degli atti
(1) Mi sia consentito di rinviare, quale esempio riferito alla nozione di bene e di deposito, a SICCHIERO, Il contratto di deposito di beni immateriali: i-cloud e files upload, in questa rivista, 2018, p. 681 ss.
(2) V. ad es. XXXX, Domicilio e residenza, nel Comm. Xxxxxxxxxxx-Busnelli, Milano, 2015,
p. 4 ss.; XXX, Domicilio, residenza, dimora, nel Tratt. Xxxxxxxx, I, 2, Torino, 1999, p. 571 ss.; Candian, voce Domicilio, residenza, dimora, in Dig. civile, VII, Torino, 1991, p. 111, ma e` indicazione tradizionale: v. ad es. XXXXXXXX, Manuale del diritto civile italiano, Milano, 1910,
p. 162; DE XXXXXXXX e XXXXX, Istituzioni di diritto privato, I, Messina, 1948, p. 183; MESSINEO, Manuale del diritto civile e commerciale, I, Milano, 1957, p. 252; XXXXXXX-PASSA- RELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1985, p. 28.
(3) Lo sottolinea anche XXXX, op. cit., p. 239.
Contratto e impresa 4/2022
recettizi, l’insieme delle regole sostanziali e processuali che la nuova no- zione porta con se´.
Xx e` ovvio che, a tal fine, occorre procedere anzitutto con la ricogni- zione delle problematiche legate alla formulazione originaria dell’istituto che opera nel mondo fisico, per verificare quante di queste siano comuni alla nuova nozione.
In tale analisi emerge subito un tema che, nel passato, era rimasto sullo sfondo, ovvero quale rilevanza possa assumere «l’indirizzo del destinata- rio» preso in considerazione dall’art. 1335 c.c. per sancire la produzione dell’effetto giuridico della dichiarazione che ivi giunga (4).
Si e` detto che si tratterebbe di ipotesi che riveste «una funzione del tutto peculiare», al punto da doversi delineare «l’autonomia non solo concettuale dell’indirizzo, ma anche strumentale» (5) rispetto al domicilio ed alla residenza, mentre da altri si e` segnalato invece che «il legislatore adotta un’espressione ampia, quanto chiaramente allusiva, al luogo (piu` ) idoneo, perche´ il destinatario possa ricevere la comunicazione» sicche´, in mancanza di domicilio eletto, «si terra` conto secondo un ordine di prefe- renze, suggerito dalla maggior agevolezza della percezione, della residenza, della dimora e del domicilio» (6).
Di tutto cio` dovra` ora verificarsi l’eventuale diversa rilevanza in rela- zione alla funzione assegnata dal legislatore, piu` o meno consapevolmente, all’indirizzo di posta elettronica certificata (pec), oggi chiamato domicilio digitale se reso pubblico in apposito registro.
Come notazione preliminare e` pero` opportuno indicare che, in forza del Reg. UE 2014/910 (c.d. eIdas) (7), il sistema tecnico diretto a garantire
(4) Per Cass., 24 ottobre 1998, n. 10564, in Riv. giur. ed., 1999, I, 445, per indirizzo si deve «intendere il luogo che, o per collegamento ordinario, come la dimora o il domicilio, o la per normale frequentazione, come il posto di esplicazione dell’attivita` lavorativa, o per preventiva indicazione, rientra nella sua sfera di controllo e dominio». Per la funzione
«meramente finalizzata al reperimento del soggetto destinatario degli atti» v. CANDIAN, op. cit., p. 124-125; per un compito di «recapito epistolare» dell’indirizzo, che diviene obbligatorio laddove contenuto in una proposta contrattuale, v. XXXXXX, Diritto civile, I soggetti, Milano, 2002, p. 277.
(5) XXXXXXXXX, Domicilio e residenza, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna Roma, 1970, p. 27-28; COSTANZA, voce Domicilio, in ffnc. giur., Roma, 1988, ad vocem, p. 5; XXXX, op. cit., p. 130 ss., ove sottolinea la difficolta` di attribuirvi un significato unitario.
(6) SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, sempre nel Comm. Scialoja e Branca, 1970, sub art. 1335 c.c., p. 186; concorda sulla funzione di rendere conoscibile la dichiarazione anche RIVA, ibidem.
(7) Su cui v. ad es. XXXXXXX, STAZI e MULA, Diritto dell’informatica e della comunica- zione, Torino, 2019, p. 41 e 49 ss.; XXXXXXXX, Il diritto dell’era digitale, Bologna, 2020, p. 117 ss.
l’identita` delle parti di una comunicazione digitale, il contenuto di questa e la certezza sia della data che del perfezionamento del messaggio, sono stati configurati mediante il c.d. «recapito certificato qualificato» (8) che gli Stati membri dovevano aver gia` istituito (9).
In Italia, ove la pec funziona quasi allo stesso modo, i due sistemi sono indicati in alternativa tra loro dal codice dell’amministrazione digitale (d. lgs. n. 82 del 2005, c.a.d.) (10), probabilmente perche´ la pec ha ormai una diffusione massiccia essendo obbligatoria per i professionisti iscritti agli albi, le imprese e le amministrazioni pubbliche, il che avrebbe reso pro- blematica la sua immediata sostituzione.
Infatti risulta che solo attualmente il certificato sia in fase di attuazio- ne, essendo appena state emanate le «Regole tecniche per i servizi di recapito certificato a norma del regolamento eIDAS n. 910/2014 – Criteri di adozione standard ETSI – REMPolicy-IT» (11), che prevedono specifici standards da utilizzare nelle comunicazioni transfrontaliere che la pec non possiede interamente (12).
(8) La definizione n. 37 dell’art. 3 del Regolamento indica quale «servizio elettronico di recapito qualificato certificato», «un servizio elettronico di recapito certificato che soddisfa i requisiti di cui all’articolo 44», disposizione che contiene appunto i requisiti perche´ la comunicazione elettronica svolga le funzioni indicate, come indicati, a seconda dei casi, nell’allegato 2 o nell’allegato 3 al Regolamento.
(9) L’art. 52 distingue tra le disposizioni entrate in vigore tra il 2014 e quelle entrate in vigore successivamente anno per anno fino al 2017 mentre altre parti del Regolamento sono legate ad una complessa procedura di notificazione dell’adozione delle necessarie misure tecniche da parte degli Stati membri, che dunque avrebbero dovuto adempiere da tempo agli obblighi indicati.
(10) Cos`ı il comma 1-ter dell’art. 1: «ove la legge consente l’utilizzo della posta elet- tronica certificata e` ammesso anche l’utilizzo di altro servizio elettronico di recapito certi- ficato qualificato ai sensi degli articoli 3, numero 37), e 44 del Regolamento eIDAS».
(11) Avvenuta con la determinazione dell’Agenzia per l’Italia digitale, (Agid) n. 233 del 9 agosto 2022 reperibile sul suo sito. La definizione dell’Agid e` nel comma 1, lett. 0a), dell’art. 1, del c.a.d.: «AgID: l’Agenzia per l’Italia digitale di cui all’articolo 19 del decreto- legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con mo-dificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 di cui all’articolo 19 del decreto-legge 22 giu-gno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134». La sua legittimazione ad emanare queste Linee guida e` contenuta nell’art. 71 del c.a.d.: «1. L’AgID, previa consultazione pubblica da svolgersi entro il termine di trenta giorni, sentiti le amministrazioni competenti e il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, nonche´ acquisito il parere della Conferenza unificata, adotta Linee guida contenenti le regole tecniche e di indirizzo per l’attuazione del presente Xxxxxx. Le Linee guida divengono efficaci dopo la loro pubblica- zione nell’apposita area del sito Internet istituzionale dell’AgID e di essa ne e` data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Le Linee guida sono aggiornate o modi- ficate con la procedura di cui al primo pe-riodo». Sull’Agid v. anche XXXXXXXX, Il diritto dell’era digitale, op. cit., p. 338 ss.
(12) Sempre nel sito dell’Agid si reperisce una comunicazione datata 29 luglio 2022,
Trattando dal domicilio digitale faro` quindi riferimento unicamente alla pec resa pubblica nei registri, questa costituendo al momento la sola ipotesi di domicilio digitale concretamente utilizzata, anche perche´, co- munque, il diverso sistema tecnologico digitale del recapito certificato qualificato non pone alcun problema di regole specifiche in ordine alla nozione di domicilio digitale di cui ora si dira`.
Cio` che infatti dovra` avvenire in Italia sara` o l’improbabile e comun- que non immediato adeguamento delle pec agli standard stabiliti dal Re- golamento per le comunicazioni trans-frontaliere oppure l’istituzione di un doppio regime, senza tuttavia incidere sulla nozione in esame, che il pre- detto Regolamento non ha preso in considerazione.
2. – Il domicilio regolato nel titolo terzo del libro primo del codice non ha rappresentato una novita` rispetto al codice previgente, sebbene sia stato frutto di accese discussioni prima della sua sistematizzazione definitiva.
Infatti la Relazione, al n. 65, ha indicato che si erano «apportate innovazioni sostanziali all’istituto del domicilio com’era stato disciplinato nel progetto definitivo», lasciando infatti immutata la disciplina del 1865 rispetto al progetto stesso, tanto che la formula del precedente art. 16 (13) era identica a quella vigente, salvo che oggi e` indicato ove «essa ha stabi- lito» e nel 1865 «essa ha», precisazione ricondotta alla volonta` del legi- slatore di attribuire rilievo all’elemento psicologico nella scelta del domi- cilio (14).
In effetti nel Progetto definitivo (art. 48) si era scelto di unificare le nozioni di residenza e domicilio (15), ma la Relazione spiega che la distin-
dove tra le altre cose e` confermato che «la Posta Elettronica Certificata soddisfa i requisiti previsti dal Regolamento eIDAS per il servizio elettronico di recapito certificato, ma non soddisfa appieno i requisiti previsti sempre dal Regolamento per il servizio elettronico di recapito certificato qualificato. In particolare, attualmente non e` prevista la verifica certa dell’identita` del richiedente della casella di PEC. Inoltre non e` previsto che il gestore debba obbligatoriamente sottoporsi alle verifiche di conformita` da parte degli organismi desi- gnate».
(13) «Il domicilio civile di una persona e` nel luogo in cui essa ha la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza e` nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale». (14) TEDESCHI, voce Domicilio, residenza e dimora, in Nuoviss. dig., VI, Torino, 1957,
p. 195.
(15) Nel progetto definitivo del libro primo del Ministero di grazia e giustizia (Roma, 1937), e` scritto che «La Commissione Reale, non senza vivi contrasti nel suo stesso seno, aveva mantenuta la distinzione, accolta dal codice vigente, tra domicilio e residenza, mal- grado che essa sia stata ripudiata da tutte le legislazioni straniere. Essa si e` soprattutto preoccupata delle difficolta` che la unificazione dei due istituti puo` determinare nella inter-
xxxxx era «ormai consolidata da una tradizione secolare e da una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale», il che aveva suggerito di mantenerle separate.
D’altro canto si aggiungeva che sarebbero rimaste immutate le que- stioni gia` esistenti, «perche´ non sempre sarebbe stato facile accertare quale fosse la dimora abituale di una persona, mentre si sarebbe verificato l’in- conveniente notevole della pluralita` di domicilii per una stessa persona». In effetti la tradizione e` secolare ed anzi millenaria, sebbene origina- riamente domicilio e residenza coincidessero, come indica una costituzione degli imperatori Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxxxxx: «cives quidem origo manumis- sio adlectio adoptio, incolas vero, sicut et divus Xxxxxxxxx edicto suo mani- festissime declaravit, domicilium facit. 1) fft in eodem loco singulos habere domicilium non ambigitur, ubi quis larem rerumque ac fortunarum suarum summam constituit, unde rursus non sit discessurus, si nihil avocet, unde cum profectus est, peregrinari videtur, quo si rediit, peregrinari iam desti-
tit» (16).
Il codice Xxxxxxxxx, da cui poi presero ispirazione quelli preunitari, indicava nella versione originaria dell’art. 102 che «le domicile de tout Frane¯ais, quant a` l’exercice de ses droits civils, est au lieu ou` il a son principal e´tablissement» (17), formula tradotta infatti alla lettera (salvo
pretazione delle numerose leggi speciali nelle quali si fa riferimento al domicilio e alla residenza. Mi e` sembrato, peraltro, che queste difficolta` non debbano soverchiamente impressionare, perche´, a parte la possibilita` di revisioni particolari, una volta che nel codice civile si sia addivenuti alla unificazione dei due istituti, non dovrebbero sorgere incertezze per intendere riferite al nuovo ed unico concetto di domicilio le disposizioni che accennino al domicilio ed alla residenza; comunque questo punto sara` chiarito con una disposizione transitoria. D’altro canto la unificazione, che e` un ritorno alla tradizione romanistica conti- nuata nel diritto comune, elimina i dubbi e le incertezze che sono non rara causa di litigi. Ho, pertanto, mantenuto, per indicare la sede giuridica generale della persona, il solo termine di domicilio e questo ho identificato con il luogo in cui la persona ha la dimora abituale, sia perche´ l’accertamento del rapporto materiale fra la persona e il luogo e` agevole e non determina incertezze, specialmente col perfezionamento del sistema della registrazione negli uffici anagrafici, sia perche´ nella grande maggioranza dei casi il luogo della dimora abituale coincide con quello in cui si svolge la maggior parte dei rapporti della persona»; v. altresı` XXXXXXX, voce Domicilio, residenza e dimora, in N. dig., V, Torino, 1938, p. 175.
(16) C. 10.40. (39).7 pr.-1. «Mancava cioe` l’odierna contrapposizione tra domicilio e residenza»: Xx Xxxxxxxx, Diritto civile, I, Messina, s.d. (VI ed.), 377; un’ampia ricognizione delle fonti romane in Carnelutti, Note critiche intorno ai concetti di domicilio residenza e dimora nel diritto positivo italiano, in Studi di diritto civile, Roma, 1916, 6 ss., ove si indica anche l’evoluzione del concetto e le contrapposte indicazioni sulla possibile pluralita` di domicili; v. altresı` ivi 16 ss. le fonti di diritto comune; RIVA, op. cit., p. 14 ss. e, per il diritto comune, p. 21-22.
(17) Su cui v. ancora CARNELUTTI, op. cit., p. 25 ss. o RIVA, op. cit., p. 22-24; questa parte della disposizione e` rimasta oggi invariata.
ovviamente il riferimento ai francesi) (18) nell’art. 34 x.x. xxxxxxx x xxxx’xxx. 000 x.x. xxxxxxxxxx, come pure nel codice civile albertino (art. 66).
In quest’ultimo era indicato appunto che «il domicilio di ogni suddito, per quanto riguarda l’esercizio de’ suoi diritti civili, e` il luogo, ove egli ha il suo principale stabilimento» e si differiva quindi dalla residenza.
Nel successivo art. 67 si parlava di abitazione reale, indicando che cambiarla «con intenzione di fissare in quest[a] il principale stabilimento, produrra` cangiamento di domicilio» ed anche qui e` evidente la traduzione letterale dell’art. 103 del codice Xxxxxxxxx: «le changement de domicile s’ope´rera par le fait d’une habitation re´elle dans un autre lieu, joint a` l’intention d’y fixer son principal e´tablissement».
Al momento di emanare il codice del 1865 si era aperta una lunga querelle sulla formula da adottare rispetto a quelle dei codici preunitari. Infatti mentre il diritto romano si era incentrato sulla nozione di domus, essendo la casa il luogo degli affari del pater familias (19), la nozione francese di domicilio, legata al «principale stabilimento» degli affari anzi- che´ alla residenza, si riteneva che avrebbe creato difficolta` in ordine a questioni di vario tipo, consistenti nella possibile discrasia tra luogo degli affari e luogo degli affetti («ubi quis larem rerumque ac fortunarum suarum summam constituit») o nella difficolta` di individuare lo stabilimento prin-
cipale laddove ve ne fossero diversi e cosı` via (20).
Fatto sta che la soluzione definitivamente adottata, si disse, non si sarebbe tuttavia discostata da quella francese, perche´ «non potrebbe in- fatti dubitarsi che le parole affari ed interessi vanno intese nel loro piu` largo significato, comprendendosi in esse i rapporti di famiglia e la somma di tutti quegli interessi morali e materiali che possono legare una persona ad un dato luogo» (21).
(18) Anche quell’indicazione fu frutto di discussioni perche´ in Francia vi era chi ritenne che, di conseguenza, gli stranieri non potessero avere ivi un domicilio, questione invece per noi superata dall’assenza di eguale riferimento: cosı` X. XXXXXXX, nella bella voce Domicilio, residenza e dimora di, in Dig., IX, III, Torino, 1899-1902, p. 661.
(19) FERRARA, Trattato di diritto civile italiano, Roma, 1921, 548; XXXXXXX, op. cit., p. 175; FORCHIELLI, voce Domicilio, residenza e dimora (dir. priv.), in ffnc. dir., XIII, Milano, 1964, p. 847.
(20) La ricostruzione delle diverse opinioni e` in ORLANDO, op. cit., p. 656 ss.; una critica anche successiva e` quella di FERRARA, op. cit., p. 550.
(21) ORLANDI, op. cit., p. 660-661, che richiama una sentenza della Corte d’appello di Torino del 9 marzo 1897, in Giur. (it.?) 1898, 370 e di una di quella di Palermo, 6 dicembre 1895, in Foro sic., 1895, I, 63. Contra invece FORCHIELLI, op. cit., p. 847 perche´ per il domicilio secondo la nozione domestica rileverebbe l’animus (su cui v. in senso contrario CARNELUTTI, op. cit., p. 67-68; TEDESCHI, op. cit., p. 195), mentre per la nozione francese si tratterebbe di questione di fatto, al pari (per noi) della residenza.
Si era peraltro giustificata la differenza tra residenza e domicilio per il fatto che nella prima la persona effettivamente si trova, mentre nel secon- do, costituendo la «sede legale della persona», questa «si presume trovarsi dal punto di vista del diritto e per esplicazione del diritto» (22), lettura che tuttavia si sarebbe attratta molte critiche per l’inutilita` ed inconsistenza dell’asserita presunzione (23).
In realta` la presunzione nasceva dalla recezione, in letteratura, della soluzione codificata nella disciplina francese, nella quale era stata accolta una non identica nozione di domicilio rispetto a quella romana. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx dimostro` infatti, oltre un secolo fa, che in quel codice si era attribuito al domicilio un requisito che riguardava la residenza (la costitutio rerum ac fortunarum), che non ricorre appunto nel domicilio romano ma nella residenza (il primo essendo fissato nella seconda), pretendendo cosı` che nel domicilio vi fosse la presenza della persona che invece, nel diritto romano, era individuata nella domus (24).
Quindi la presunzione in esame, tratta dagli interpreti francesi (25) e l`ı
necessaria per giustificare una presenza che nei fatti poteva non ricorrere, era del tutto inutile in Italia, dove invece il tema della presenza fisica era legato alla residenza, non al domicilio (26), sicche´ non sarebbe stato esatto che le due discipline fossero effettivamente coincidenti.
Nel successivo passaggio dal vecchio al nuovo codice e` rimasto tutto immutato (27), cosı` come uguale e` rimasta la facolta` di eleggere un domicilio speciale (art. 19 c.c. 1865; art. 47 c.c. 1942, letteralmente identici).
Uguale anche la formulazione delle regole sul cambio di residenza. Infatti per l’art. 17 del codice anteriore, «il trasferimento della resi- denza in un altro luogo coll’intenzione di fissarvi la sede principale pro- duce cangiamento di domicilio. Tale intenzione si prova colla doppia dichiarazione fatta all’uffizio dello stato civile del comune che si abbando- na, e a quello del comune in cui si fissa il domicilio, o con altri fatti che
(22) ORLANDI, ibidem; XXXXXXXX, op. cit., p. 162, ma e` affermazione che talvolta e` stata riproposta anche dopo: DE XXXXXXXX e XXXXX, op. cit., p. 185, 186.
(23) Ad es. quella di X. XXXXXXX, op. cit., p. 175, per il quale «la presunzione piu` che nella legge e nella mente di coloro che ne parlano»; cosı` anche FERRARA, op. cit., p. 549; TEDESCHI, op. cit., p. 190; XXXXXXXXXX, op. cit., p. 847; RIVA, op. cit., p. 26-27.
(24) XXXXXXXXXX, xx. xxx., x. 00 xx., x. 00-00; cfr. anche FERRARA, op. cit., p. 550; ESU, op. cit., p. 573, n. 4.
(25) Indicati da Xxxxxxxxxx nella n. 2 di p. 29.
(26) XXXXXXXXXX, op. cit., p. 39-40; FERRARA, op. cit., p. 549; CANDIAN, op. cit., p. 112.
(27) XXXXX, Domicilio e residenza, nel Comm. al c.c. diretto da X. Xxxxxxxxx, sub art. 43
s. c.c., Milano, 2011, p. 448; CANDIAN, ibidem.
valgano a dimostrarla» (28); quello attuale ha riproposto una formula analoga inserendola nell’art. 31 disp. att. c.c. (29), sebbene poi la materia sia stata regolata, nel dettaglio, da disposizioni pubblicistiche (30).
Nel codice (art. 44) e` stata invece disciplinata ex novo l’opponibilita` del cambio di residenza agli effetti privatistici, indicando che, ove non sia avvenuto secondo le procedure di legge, tale mutamento «non puo` essere opposto ai terzi di buona fede» (31).
Lo stesso meccanismo fondato sulla buona fede regola poi il cambio di residenza che non porti con se´ il domicilio: i terzi di buona fede possono considerare il contrario.
Nel passato si era pero` distinto il domicilio in senso proprio, ovvero quello privatistico, da quello riguardante il diritto pubblico: si parlava ad es. di «domicilio politico, lorquando al domicilio si riferisce l’esercizio dei diritti esclusivamente politici» (32); la questione oggi non si ripropone nel diritto privato (33), esistendo invece nell’ordinamento, agli effetti dell’im- posizione tributaria, la diversa nozione di domicilio fiscale (art. 58, d.p.r. n. 600/1973).
La natura giuridica della determinazione del proprio domicilio e` stata spesso oggetto di discussioni; vi era chi sottolineava che «il concetto di domicilio e` per cio` costituito da un elemento di fatto esterno, ch’e` la esistenza del centro dei propri affari in un dato luogo, e da un elemento interno o psichico costituito dalla intenzione di avere in quel luogo la sede dei propri affari» (34).
(28) Ma siamo sempre di fronte alla traduzione letterale del codice Xxxxxxxxx, il cui art. 104 dice che «La preuve de l’intention re´sultera d’une de´claration expresse, faite tant a` la municipalite´ du lieu que l’on quittera, qu’a` celle du lieu ou` on aura transfe´re´ son domicile».
(29) Su cui v. RIVA, op. cit., p. 155 ss.
(30) Art. 5 d. l. 9 febbraio 2012, n. 5, conv. con l. 4 aprile 2012, n. 35, che ha modificato le procedure di cui all’art. 13, comma 1, del d.p.r. 30 maggio 1989, n. 223.
(31) Sulla nozione di buona fede in questo ambito v. per tutti RIVA, op. cit., p. 165-166 e CANDIAN, op. cit., p. 122.
(32) DELVITTO, Comm. teorico-pratico del codice civile, I, Torino, s.d., sub art. 16, p. 260, dove aggiunge che «prende il nome di domicilio civile» anche l’esercizio di diritti «di natura mista, cioe` politico-civili»; XXXXXXX, op. cit., p. 176-177.
(33) MESSINEO, op. cit., p. 254; RIVA, op. cit., p. 39.
(34) XXXXXXX, op. cit., p. 177, tesi che sembra fatta propria da FORCHIELLI, op. cit., p. 848 o da BIANCA, op. cit., p. 272-273. Nel passato FERRARA, op. cit., p. 553, aveva evidenziato che nel codice mancasse proprio la parola «costituito» per evidenziare come il domicilio d’origine mergesse «indipendentemente dall’intenzione dell’agente»; sull’equivocita` del ter- mine v. RIVA, op. cit., p. 29, che ribadisce l’irrilevanza dell’intenzione agli effetti dell’indi- viduazione del domicilio (ivi, 31).
Da altri invece si indicava che il domicilio era quaestio facti connessa alle scelte delle persone, nel senso che «la persona puo` infatti conservare un domicilio in un luogo, e trasportare in un altro la sede principale dei suoi affari, materialmente considerati» (35), cui si replicava, al contrario, che «il domicilio e` una condizione di diritto (res iuris), presumendosi la persona sempre presente al suo domicilio, anche se abitualmente dimori altrove» (36).
Riassumendo le due posizioni, con lettura migliore, da altri si eviden- ziava che dove sia stabilito in concreto il domicilio e` una questione di fatto, quale sia l’effetto giuridico del domicilio, invece, questione di diritto (37), soluzione talora estesa anche alla nozione di residenza (38).
Altri temi su cui poi la letteratura moderna si e` concentrata meno, riguardavano anzitutto la possibilita` che manchi un domicilio perche´ non esista in concreto (39), come si riteneva da taluno a proposito delle «per- sone che, per il loro continuo girovagare, per il loro mestiere nomade, siano prive di “sede principale degli affari ed interessi”, e di cui potranno invece esservi solo altrettante successive dimore» (40).
Altro argomento era l’esistenza o meno del domicilio originario, ovvero del domicilio che, acquisito al momento della nascita presso i genitori, restasse immutato fino a che se ne fosse acquisito uno nuovo (41), anche se poi la persona, allontanatasi dai genitori perche´ adulta, non avesse provveduto a fissarne uno nuovo (42), questione che ve-
(35) DELVITTO, op. cit., p. 261 dato che, precisa (ivi, p. 262) ben si possono tenere separati residenza e domicilio; cosı` anche DUSI, Istituzioni di diritto civile, I, Torino, s.d., (2a ed.), p. 91.
(36) DUSI, ibidem; v. anche DE XXXXXXXX e XXXXX, op. cit., p. 186.
(37) Cosı` infatti ORLANDI, op. cit., p. 662; XX XXXXXXXX, op. cit., p. 376; DEGNI, Le persone fisiche, nel Tratt. Vassalli, Torino, 1939, 60; x. xxxxx XXXXXXXX, xx. xxx., x. 000; RIVA, op. cit., p. 13, CANDIAN, op. cit., p. 113.
(38) CARNELUTTI, op. cit., p. 51 ss.; FERRara, op. cit., p. 552 e, piu` di recente, ESU, op. cit., p. 581 ss., p. 593.
(39) Lo riteneva possibile ad es. CARNELUTTI, op. cit., p. 48; contra ad es. DE XXXXXXXX e XXXXX, op. cit., p. 186.
(40) TEDESCHI, op. cit., p. 195, 197 ove aggiungeva «zingari [e] bohemiens». In senso esattamente opposto FERRARA, op. cit., p. 557 («un mendicante avra` il suo domicilio, nel luogo dove accatta!»); XXXXX, op. cit., p. 61; XXXXXXXXXX, op. cit., p. 848, dicendo che
«coloro che esercitano mestieri ambulanti, trasferendosi continuamente da una citta` all’altra, avranno e trasferiranno il loro domicilio nelle diverse localita` ove, trasferendo la loro orga- nizzazione, trasferiscono altresı` il centro dei loro interessi»; contro il domicilio ambulante v. RIVA, op. cit., p. 61.
(41) DE XXXXXXXX e XXXXX, op. cit., p. 186.
(42) A favore v. ad es. ORLANDI, op. cit., p. 662; BARATTTA, op. cit., p. 178. Che si trattasse peraltro «sterile sottigliezza che non puo` dare alcun aiuto nella pratica» era stato
xxxx ovviamente opporsi chi riteneva che il domicilio possa invece mancare (43).
Anche nel passato il domicilio rilevava nel codice diversamente dalla residenza: il primo era il luogo di competenza del tribunale per l’adozione (art. 213) o del consiglio di famiglia per la tutela del minore (art. 249); allora come oggi, la successione si apriva nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto (art. 923); era anche il locus destinatae solutionis salve le specifiche eccezioni indicate dall’art. 1249 (44).
La residenza veniva in considerazione invece per le pubblicazioni del matrimonio (art. 71) e l`ı la moglie doveva seguire il marito (art. 131).
Alle volte invece entrambe le ipotesi potevano assumere rilievo, posto che il matrimonio poteva celebrarsi avanti all’ufficiale di stato civile del comune «ove uno degli sposi abbia il domicilio o la residenza» (art. 93) cosı` come la dichiarazione di assenza si pronunciava quando una persona era scomparsa dal uno dei due luoghi (artt. 20, 21).
Quanto al domicilio speciale, si distingueva tra quello derivante da atto unilaterale e quello contenuto in un contratto, distinzione che oggi si ripete (45), anche per indicare che solo laddove vi sia un’elezione di domicilio per patto e con espressa esclusione degli altri, le comunicazioni dovrebbero necessariamente giungere l`ı posto che, altrimenti, resterebbero valide quelle giunte al domicilio ordinario ai sensi dell’art. 141 comma 2 c.p.c., potendo l’interprete «estendere ed applicare i principi e le regole contenute nelle norme di rito anche ai negozi sostanziali» (46).
In fin dei conti i problemi che sorgevano prima del codice vigente erano gli stessi che si sono affacciati poi e molti di questi, ad es. l’ultimo, mantengono rilevanza anche a proposito del domicilio digitale.
3. – Per individuare la residenza (cioe` la dimora stabile) di un sogget- to, rilevante in ragione del fatto che coincide con il domicilio tutte le volte
rilevato da ORLANDI, op. cit., p. 662, quando «ogni vestigio del domicilio di origine si trovi pienamente cancellato, come sovente accade per i marcanti girovaghi, per gli istrioni, per i commedianti e simili, specialmente se gli ascendenti loro abbiano esercitato eguali profes- sioni»; per l’estinzione possibile del domicilio d’origine v. anche FERRARA, op. cit., p. 555 ed oggi RIVA, op. cit., p. 59-60.
(43) TEDESCHI, op. cit., p. 197, 198; FERRARA, ibidem per il domicilio d’origine.
(44) V. ad es. XXXXXXXX, op. cit., p. 166-167; FERRARA, op. cit., p. 559 ss.
(45) XXXXXXX, voce Domicilio speciale (elezione di), in ffnc. dir., XIII, Milano, 1964, p.
898-899; XXXXXXXXX, op. cit., p. 66 ss. (46) XXXXXXXXX, op. cit., p. 61.
che per quest’ultimo non risulti diversamente (47), il criterio base e` quello delle risultanze anagrafiche, spettando ai comuni la relativa verifica (48). A questo proposito esistono degli indici fissati dalla giurisprudenza: «il luogo di residenza di una persona e` individuato dall’interazione di due elementi: la permanenza per un tempo apprezzabile nel territorio di un determinato Comune (elemento oggettivo) e la volonta` di fissarvi stabil- mente la propria dimora (elemento soggettivo). Il luogo di residenza non muta per effetto di allontanamenti dall’ambito comunale piu` o meno prolungati, purche´ la persona torni sistematicamente alla propria dimora abituale non appena possibile e vi mantenga il centro delle proprie rela-
zioni familiari e sociali» (49).
Una conseguenza e` che l’eventuale ricovero coattivo di una persona in una struttura, proprio perche´ da un lato questa non ne costituisce la residenza e, dall’altro, non dipende da un suo atto volontario, non fa venire allora meno il domicilio, che resta fissato presso la residenza (50): soluzione corretta quantomeno perche´ la struttura di ricovero non diventa certo il luogo principale dei propri affari.
Altro tema emerso a proposito del domicilio – ma qui a fini fiscali – e` la rilevanza di una discrasia tra il luogo principale degli affetti (51) e quello degli affari, posto che la prevalenza del primo avrebbe potuto far ritenere che un soggetto avesse mantenuto il domicilio in Italia e dunque essere soggetto alle imposte domestiche. Senonche´ i giudici hanno ritenuto che gli affari di denaro (la costitutio rerum ac fortunarum) prevalgano su quelli di cuore (inclusi i lares) e non consentano di migrare all’estero il domicilio (52).
(47) E` nozione comune (v. ad es. XXXXXX, op. cit., p. 273, 274) eppure per le critiche a questo indice, qualora vi siano piu` luoghi di eguale importanza quali centri di affari, x. XXXXXXXX, op. cit., p. 2.
(48) In base all’art. 1, comma 1, del d.p.r. 30 maggio 1989 n. 223, «l’anagrafe della popolazione residente e` la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle sin- gole persone, alle famiglie ed alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, nonche´ delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio».
(49) Cass., 15 febbraio 2021, n. 3841, la quale precisa, riferendosi alle verifiche del- l’amministrazione, che «gli accertamenti finalizzati alla verifica della sussistenza della resi- denza nel Comune devono essere condotti in base al principio di leale collaborazione: pur non dovendo essere concordati, essi non devono avvenire nei periodi di assenza della persona dalla propria dimora abituale, onde evitare che essi abbiano necessariamente un esito negativo»; Cass., 28 maggio 2018, n. 13241; Cass., 1˚ dicembre 0000, x. 00000.
(50) Cass., 14 gennaio 2008, n. 588. L’irrilevanza dell’assenza perche´ la persona e` ricoverata in casa di cura e` indicata da Cass., 15 ottobre 2011, n. 21370.
(51) Che pure sono rilevanti per Xxxx., 15 ottobre 2011, n. 21370.
(52) Si legge nella motivazione di Cass., 31 marzo 2015, n. 6501, che «al fine di essere esclusi dal novero dei soggetti residenti in Italia ricade su di essi l’onere di provare di
Xxxx e` tuttavia che le risultanze anagrafiche hanno natura dichiarativa della residenza (53) – e dunque anche del domicilio – e non costitutiva o, come dicono i giudici, rivestono «mero valore presuntivo»: nel senso che ben possa accadere che la residenza effettiva si trovi in luogo diverso da quello dichiarato e quindi legittimamente un atto indirizzato ad un soggetto possa essergli ivi comunicato (54).
D’altro canto, per aversi un domicilio, occorre che sussista un concreto centro di interessi (55) o, come si diceva con belle parole, «il domicilio si puo` mutare quanto si voglia e dove si voglia, purche´ lo si muti rebus ipsis, non nuda contestatione» (56), sicche´ un trasferimento creato artificiosa- mente al solo fine di rendere piu` difficoltose le comunicazioni, non puo` impedire che queste siano comunque effettuate dove era stabilito il domi- cilio precedente. In altre parole non si puo` avere il domicilio generale presso una cassetta postale, un soggetto terzo, la casa delle vacanze ecc., altra essendo beninteso la questione del domicilio speciale (art. 47 c.c.). Una conseguenza, che va segnalata per le implicazioni connesse alla pluralita` dei domicili digitali di cui diro` in seguito, e` che la notifica effet- tuata nel domicilio effettivo e` quindi valida sebbene in luogo diverso da quanto si dichiari ufficialmente su dove si sarebbe stabilito, emergendo allora la necessita` di comprendere perche´ mai la notifica fatta ad un domicilio digitale «personale» sarebbe invalida, siccome diverso da quello
«professionale», una volta che il destinatario sia stato comunque rag-
giunto.
risiedere effettivamente in quei Paesi o territori. In altri termini: avere la sede principale dell’attivita`, sicche´ il centro degli interessi vitali del soggetto va individuato dando preva- lenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi (Cass., 18 novembre 2011 n. 24246; Cass., 15 giugno 2010 n. 14434). Le relazioni affettive e familiari – la cui centrale importanza e` invocata dalla ricorrente Agenzia al fine della residenza fiscale – non hanno una rilevanza prioritaria ai fini probatori della residenza fiscale, venendo in rilievo solo unitamente ad altri probanti criteri – idonea- mente presi in considerazione nel caso in esame – che univocamente attestino il luogo col quale il soggetto ha il piu` stretto collegamento (Cass., n. 24246 del 2011 cit.; Cass., 7 novembre 2001 n. 13803)». V. anche CANDIAN, op. cit., p. 116.
(53) ffx multis x. Xxxxx, xx. xxx., x. 000; Esu, op. cit., p. 613.
(54) Cass., 9 febbraio 2022, n. 4160; Cass, 28 aprile 2021, n. 11228; Cass. 18 giugno 2020, n. 11815 ecc.
(55) MESSINEO, op. cit., p. 253; Xxxxxxxx, op. cit., p. 1; CANDIAN, op. cit., p. 113; ESU, op. cit., p. 581.
(56) CARNELUTTI, op. cit., p. 65 che ivi, 58 o 60, parla di «precetto di Xxxxx (l. 20, D. h.t.)»; contra invece FERRARA, op. cit., p. 556.
4. – A parte le questioni ormai desuete, vi sono alcuni punti fermi in materia di domicilio, piu` che altro perche´ la pratica non ha dimostrato l’esistenza di molte problematiche ad esso connesse, essendosi semmai concentrata sulla nozione di residenza, probabilmente in quanto il domi- cilio e` l`ı per legge ove non risulti altrimenti.
Un dato su cui non si discute e` l‘unicita` del domicilio, potendo sem- mai concorrere con domicili eletti per specifiche questioni, unicita` che ci interessa sottolineare fin da subito, perche´ evidenzia il problema della nozione di domicilio digitale, di cui si deve appurare la consistenza.
Infatti alle parole «domicilio digitale» possono attribuirsi significati diversi: costituendo ad es. un’espressione impropria con cui si denomina un istituto diverso; indicando altrimenti una seconda ipotesi di domicilio, mettendone in crisi la nozione ormai acquisita oppure, ancora, per riferirsi ad una particolare ipotesi di domicilio speciale, accanto a quello di cui parla l’art. 47 c.c.
Senza dover anticipare la soluzione, si puo` peraltro evidenziare subito la natura strumentale che assumono le nozioni di domicilio, residenza e dimora, nel senso che «presuppongono l’esistenza di altre norme, che si servono di dati concetti di relazione di luogo per dati effetti giuridici, e sono destinate a stabilire, attraverso la determinazione legislativa, il conte- nuto delle espressioni rispettivamente racchiuse in altre norme» (57). In altre parole: le disposizioni contenute negli artt. 43-47 c.c. non esprimono comandi immediatamente applicabili a rapporti conflittuali, perche´ sono prese in considerazione da altre disposizioni che disciplinano determinate fattispecie sulla base delle nozioni ivi contenute.
La regola sul domicilio, di per se´, non contiene alcun comando; completa invece (ad es.) la diversa regola sul luogo in cui deve aprirsi la successione (art. 456 c.c.), che attribuisce senso operativo alla nozione di domicilio, la quale sarebbe altrimenti manifestamente inutile perche´ non prescrittiva. Senza le disposizioni che risolvono conflitti sulla base delle nozioni di domicilio o residenza imposte dal legislatore, insomma, gli artt. 43-47 c.c. non svolgerebbero alcuna funzione e dunque solo in relazione a quelle assumono consistenza di criterio di soluzione di pre- tese.
Senonche´ manca un legame sistematico tra le nozioni di domicilio e residenza e le altre disposizioni che dovrebbero riferirsi coerentemente a
(57) TEDESCHI, op. cit., p. 190; DEGNI, op. cit., p. 60-61; amplius MONTUSCHI, op. cit., p.
3 ss.; RIVA, op. cit., p. 33-34.
queste, solo a ricordare anzitutto la rilevanza dell’indirizzo (art. 1335 c.c.) di cui si e` detto in apertura, ma evidenziando altresı` che talora riveste una funzione la nozione di dimora (art. 142 c.p.c.), che pero` il codice non ha fornito; oppure ricordando che in altri casi si parla di «casa di abitazione» (art. 138 c.p.c.), che probabilmente va intesa come residenza, di «ufficio» o di «azienda» o di luoghi ove si esercitano «l’industria o il commercio» che, in base alla rubrica dell’art. 139 c.p.c., dovrebbero costituire il do- micilio, cui indirizzare le notificazioni.
Questi ultimi rilievi servono ad evidenziare come la nozione di domi- cilio non sia esaustiva al fine di individuare le ipotesi in cui rilevi il col- legamento tra una persona ed un luogo, nemmeno se accompagnata da quella di residenza. Osservazione che, pur non ponendosi in contrasto con la conclusione condivisa dell’unicita` del domicilio, ne evidenzia per taluni aspetti l’insufficienza, non essendo in grado di includere tutte le ipotesi di collegamento luogo-persona che il diritto contempli.
Di qui allora un’alternativa: o il domicilio e` disposizione autonoma ma solo sostanziale, che pero` non assorbe in se´ l’indirizzo e dunque non rileva agli effetti processuali, ove si devono considerare (anche) fattispecie diver- se; oppure e` concorrente con altre nozioni ovunque ricavabili, denotando l’inidoneita` delle sole disposizioni contenute negli artt. 43-47 c.c. a risol- vere tutti i problemi in cui si debba prendere in considerazione il predetto collegamento tra la persona ed un luogo.
Ovviamente occorre una scelta di campo: se si opta per la separatezza delle regole sostanziali da quelle processuali, allora in sede di notificazione non opera la pretesa per cui gli atti devono essere necessariamente indi- rizzati al domicilio generale (o a quello specifico eletto per quel giudizio), giacche´ l’impianto processuale e` diretto a rendere valida ogni notificazione che raggiunga lo scopo (art. 138 c.p.c.: «ovunque lo trovi»); quella pretesa resterebbe invece fondata per ogni comunicazione non processuale, salvo verificarne i limiti di operativita`.
Se le regole invece si fondono, allora la soluzione da adottare e` quella opposta, ogni atto che raggiunga un destinatario e` valido, in qualsiasi
«indirizzo» lo si trovi. Di conseguenza dovrebbe ritenersi idonea, ad es., anche la comunicazione che giunga ad un domicilio digitale diverso da quello dichiarato in un determinato registro di indirizzi elettronici ma pur sempre riferibile ad un soggetto, cosı` come lo sarebbe una notificazione fatta a mani proprie ai sensi dell’art. 138 c.p.c. anche se il destinatario sia reperito per strada.
In entrambe le ipotesi si tratta poi di comprendere in che misura un indirizzo di posta certificata costituisca domicilio digitale, tale essendo, in
base al c.a.d., a condizione che risulti da un determinato registro (58); cio` per dire che – pur non contestandosi l’esistenza di un indirizzo pec – lo stesso non costituirebbe valido luogo di comunicazione nelle ipotesi in cui non sia contenuto in quello specifico registro (59).
A ben vedere e` un aspetto del problema del collegamento tra persona e luogo, ma considerato da un punto di vista «digitale»: se si privilegia l’autonomia dei privati, allora ognuno dovrebbe essere libero di scegliere un domicilio digitale per i fini cui lo vuol destinare e non per altri; a maggior ragione potrebbe quindi potersi munire di un indirizzo pec cui le comunicazioni non possano produrre effetto sebbene arrivate.
Se si privilegia la valenza oggettiva di un luogo ove giunga la comu- nicazione, come fanno le regole processuali, cio` che rileva perche´ un atto produca effetti e` che lo stesso raggiunga l’indirizzo, voglia o non voglia il destinatario (in ragione del registro in cui sia inserito) oppure sia o meno pubblico (nel caso in cui l’indirizzo pec non sia inserito in alcun registro). Non e` questione da poco: l’art. 6 quater del c.a.d. consente infatti a chiunque di avere un domicilio digitale «professionale» distinto dal domi-
cilio digitale «privato» (cfr. il par. succ.).
In secondo luogo una persona puo` munirsi di pec senza includerla in alcun registro, perche´ solo la pec di cui siano muniti necessariamente professionisti ed imprese e` inserita automaticamente nel registro Inipec, cosı` come nel mondo fisico e` possibile avere una casella postale fisica senza dover comunicare a nessuno di esserne titolare.
Va infine anticipato che questo sistema complicato si aggroviglia ancor di piu` di fronte alle amministrazioni pubbliche, perche´ queste devono s`ı essere munite di domicilio digitale (60) ma per la notificazione di atti alle
(58) Esistono tre registri ufficiali regolati dagli artt. 6 ss. del c.a.d. agli effetti del domicilio digitale: Inipec, Ipa ed Inad; vi e` poi il Reginde, ovvero il registro istituito dall’art. 16 ter, comma 1, d.l. n. 179 del 2012, che contiene gli indirizzi pec «ufficiali» per la notificazione degli atti giudiziari: cfr. infra il par. 5.
(59) Ad es. per Cass., 16 giugno 2022, n. 19351, «a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale”, corrispondente all’indirizzo pec che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, la notificazione dell’impugnazione va eseguita all’in- dirizzo pec del difensore costituito risultante dal Reginde; poiche´ solo quest’ultimo e` qua- lificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’organizzazione preordinata all’effettiva difesa, sicche´ non e` idonea a determinare la decorrenza del termine breve di cui all’art. 326 c.p.c., la notificazione della sentenza effettuata ad un indirizzo di pec diverso da quello inserito nel Reginde (Cass. n. 30139 del 2017; Cass. n. 13224 del 2018)».
(60) Cos`ı l’art. 6 ter, comma 1, del c.a.d.: «al fine di assicurare la pubblicita` dei riferimenti telematici delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi e` istituito il pubblico elenco di fiducia denominato “Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi”, nel quale sono indicati i domicili digitali
stesse destinati e` possibile che siano creati specifici indirizzi diversi dal domicilio digitale (61), creando un meccanismo irto di difficolta`.
Infatti e ad es. l’avvocatura dello Stato ha due indirizzi pec: uno per gli atti sostanziali ed uno per gli atti processuali; se si notifica un atto pro- cessuale all’altro indirizzo (62), l’avvocatura non si costituisce in giudizio e la giurisprudenza sembra ritenere nulla tale notifica (63).
Tutto cio` e` dovuto al «doppio regime» che deriva dalla contestuale esistenza dei domicili digitali istituiti dal c.a.d. e di un ulteriore registro ufficiale per le notifiche (Reginde) che contiene gli indirizzi per le notifiche degli atti giudiziari, nel quale non sempre vi e` coincidenza di indirizzi pec rispetto ai domicili digitali, come poi si vedra` piu` in dettaglio.
Al di la` dei rimedi esperibili, quale la rinnovazione della notifica (64), la questione va quindi affrontata funditus, perche´ dimostra come la nozio- ne di domicilio e, se ad essa riconducibile, quella di domicilio digitale,
da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di docu- menti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati».
(61) Il comma 12, dell’art. 16, del d.l. n. 179 del 2012 prevede che «al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le ammini- strazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (…) comunicano al Ministero della giustizia (…) l’indirizzo di posta elettronica certi- ficata conforme a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e successive modificazioni, a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni (…)». Il successivo art. 16 ter, nel comma 1 ter introdotto dall’art. 28 del d.l. n. 76 del 2020, prevede che, laddove le amministrazioni non abbiano comunicato al ministero quell’indi- xxxxx, la notificazione «e` validamente effettuata, a tutti gli effetti, al domicilio digitale indicato nell’elenco previsto dall’articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e, ove nel predetto elenco risultino indicati, per la stessa amministrazione pubblica, piu` domicili digitali, la notificazione e` effettuata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata primario indicato, secondo le previsioni delle Linee guida di XxXX, nella sezione ente dell’amministrazione pubblica destinataria».
(62) Quella generale ha la pec xxxx@xxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx per le comunicazioni e la pec xxx.xx@xxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx per le notificazioni di atti processuali.
(63) Ad es. per Cass., 9 gennaio 2019, n. 287, «e` nulla la notifica del ricorso effettuata in sede di rinnovazione in luogo telematico pertinente alla corrispondenza istituzionale dell’Avvocatura Distrettuale e quindi ad indirizzo PEC non presente in REGINDE e di- verso da quello istituito dall’Avvocatura dello Stato per il processo telematico. L’assegna- zione di un ulteriore termine per la notificazione, in deroga al principio generale di impro- rogabilita` dei termini perentori ex art. 153 c.p.c., e` possibile solo a condizione che l’esito negativo del procedimento notificatorio sia dipeso da un fatto oggettivo ed incolpevole del quale la parte deve offrire puntuale e rigorosa dimostrazione mentre nella fattispecie la parte ricorrente non aveva dedotto sul punto alcuna giustificazione»; v. anche Cass. 9 maggio 2018, n. 11154.
(64) Ordinata ad es. da Cass., 16 giugno 2022, n. 19351, sul presupposto appena indicato della nullita` della notifica fatta ad un indirizzo pec destinato dall’avvocatura dello Stato per la corrispondenza relativa all’attivita` legale.
sono oggi portatrici di questioni nemmeno immaginabili prima della c.d. era digitale.
5. – Individuare le origini della nozione di domicilio digitale e` faticoso: bisogna risalire a disposizioni modificate piu` volte e spesso abrogate o sostituite da altre, su cui talora sono giunti ulteriori interventi, senza provvedersi peraltro ad una qualsiasi sistematizzazione della materia.
Le radici possono ricondursi alla previsione che voleva diffondere l’utilizzo della posta elettronica certificata, inizialmente imposta ai profes- sionisti ed alle imprese dall’art. 16 del d.l. n. 185 del 2008, senza che si parlasse tuttavia di domicilio digitale (65), poi estesa alle comunicazioni e notificazioni processuali (66).
Invece per l’uso della pec al di fuori delle attivita` professionali e d’impresa, l’art. 16 bis del medesimo d.l. n. 185 del 2008, come introdotto dalla legge di conversione n. 2 del 2009, aveva previsto al comma 5 che,
«per favorire la realizzazione degli obiettivi di massima diffusione delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni, previsti dal codice dell’ammi- nistrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai cittadini che ne fanno richiesta e` attribuita una casella di posta elettronica certificata. L’utilizzo della posta elettronica certificata avviene ai sensi degli articoli 6 e 48 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, con effetto equivalente, ove necessario, alla notificazione per mezzo della posta».
Al tempo, l’art. 6 del c.a.d. regolava l’utilizzo della posta certificata con le pubbliche amministrazioni, ma non conteneva riferimenti al domicilio digitale, sicche´ la pec valeva come indirizzo sia per le comunicazioni ordi-
(65) La disposizione, all’origine, indicava al comma 6, che «le imprese costituite in forma societaria sono tenute a indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge tutte le imprese, gia` costituite in forma societaria alla medesima data di entrata in vigore, comunicano al registro delle imprese l’indirizzo di posta elettronica certificata. L’iscrizione dell’indirizzo di posta elettronica certificata nel registro delle imprese e le sue successive eventuali variazioni sono esenti dall’imposta di bollo e dai diritti di segreteria»; il comma 7 aggiungeva che «i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco consultabile in via telematica i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificate».
(66) Il d.l. n. 193 del 2008, come modificato dalla l. n. 24 del 2009, aveva previsto nell’art. 4 l’utilizzo della pec per la notifica di atti giudiziari, previa adozione di apposite regole tecniche avvenuta con d.m. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44.
xxxxx sia per quelle processuali, sebbene nel 2009 questa possibilita` non fosse ancora contemplata testualmente (67).
Il temine «domicilio digitale» compare invece nella versione dell’art. 6
c.a.d. derivante dalle modifiche apportate dall’art. 7 del d. lgs. n. 217 del 2017: «1. Le comunicazioni tramite i domicili digitali sono effettuate agli indirizzi inseriti negli elenchi di cui agli articoli 6-bis, 6-ter e 6-quater, o a quello eletto come domicilio speciale per determinati atti o affari ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 4-quinquies».
E` dunque e` da questo momento che si crea una convergenza tra il
tentativo di diffondere la posta certificata e la sua valenza, a determinate condizioni, quale «domicilio digitale».
Il d.lgs. n. 217 del 2017 era stato emanato in forza della legge delega n. 124/2015, il cui art. 1 e` significativamente intitolato «Carta della cittadi- nanza digitale» e che motivava la delega «al fine di garantire ai cittadini e alle imprese, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalita` digitale, nonche´ al fine di garantire la semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessita` dell’accesso fisico agli uffici pubblici».
Ed e` proprio nella lett. g), dell’art. 1, della l. n. 124 del 2015 che si prevede la modifica del c.a.d. con la finalita` di «favorire l’elezione di un domicilio digitale da parte di cittadini e imprese ai fini dell’interazione con le amministrazioni, anche mediante sistemi di comunicazione non ripudia- bili, garantendo l’adozione di soluzioni idonee a consentirne l’uso anche in caso di indisponibilita` di adeguate infrastrutture e dispositivi di comuni- cazione o di un inadeguato livello di alfabetizzazione informatica, in modo da assicurare, altresı`, la piena accessibilita` mediante l’introduzione, com- patibilmente con i vincoli di bilancio, di modalita` specifiche e peculiari, quali, tra le altre, quelle relative alla lingua italiana dei segni».
A seguito di questa delega l’art. 1 c.a.d. e` stato modificato dall’art. 1 del d.lgs. n. 179 del 2016, il quale ha introdotto il comma «n-ter) domicilio digitale: un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettro- nica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la
(67) Il d.l. n. 179 del 2012 ha poi inserito nella l. n. 53 del 1994, che consente agli avvocati di notificare atti a mezzo posta, l’art. 3 bis, che consente la notifica a mezzo pec
«all’indirizzo risultante da pubblici elenchi».
direttiva 1999/93/CE, di seguito “Regolamento eIDAS”, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale» (68).
Il termine compare altres`ı nella settima versione dell’art 16 bis c.a.d., operata con le modifiche apportate dal d.l. n. 76 del 2020; nell’attuale art. 16 del d. l. n. 185 del 2008 si indica nei commi 6 e 7 che i professionisti e le imprese devono indicare «il proprio domicilio digitale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82». L’unica definizione del domicilio digitale, quindi, e` quella di indirizzo elettronico pec per le comunicazioni, sebbene questa indicazione sia in- completa, perche´ manca il requisito della pubblicazione dell’indirizzo pec
negli appositi registri quale elemento che completa la fattispecie.
Il c.a.d. contiene infatti anche la disciplina dei registri dove gli indirizzi pec sono ufficialmente consultabili, che sono Inipec (Indice Nazionale Indirizzi pec) regolato dall’art. 6 bis del c.a.d. (69) ed Ipa (Indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi) regolato dall’art. 6 ter del c.a.d. L’art. 6 quater del c.a.d. prevede infine l’istituzione di un «pubblico elenco dei domicili digitali delle per- sone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione nell’indice di cui all’articolo 6-bis» che le Linee guida adottate dall’Agid (Agenzia per l’Italia digitale), di cui e` stata emanata la «Versione
2.0 del 7 luglio 2022» (70), definiscono con l’acronimo Inad.
La nozione completa di domicilio digitale si ricava quindi dall’art. 6, comma 1, del c.a.d. sopra gia` riportato: «le comunicazioni tramite i do- micili digitali sono effettuate agli indirizzi inseriti negli elenchi di cui agli articoli 6 bis, 6 ter e 6 quater, o a quello eletto come domicilio speciale per determinati atti o affari ai sensi dell’articolo 3 bis, comma 4 quinquies». Sebbene la disposizione sia tortuosa (quel «tramite» e` manifestamente errato) e non dica testualmente che solo la pec inserita nel registro costi- tuisce domicilio digitale, apparendo quasi che si tratti di elementi diversi, in realta` cio` che il legislatore intende e` appunto che solo l’indirizzo pec
inserita in uno specifico registro diventa domicilio digitale.
(68) Il Regolamento n. 2014/910 del Parlamento europeo e del Consiglio non disciplina il domicilio digitale ma regola le comunicazioni in forma elettronica indicando i requisiti per l’identificazione di un soggetto tramite sistemi digitali ed i meccanismi di firma digitale dei documenti.
(69) L’iscrizione avviene automaticamente: «l’INIPEC acquisisce dagli ordini e dai collegi professionali gli attributi qualificati dell’identita` digitale ai fini di quanto previsto dal decreto di cui all’articolo 64, comma 2 sexies»: art. 6 bis, comma 2 bis, c.a.d.
(70) Consultabile al link (indicato nella G.U. n. 172 del 25 luglio 2022): xxxxx://xxx- xxxxxxxx.xxxx.xxx.xx/xxxxxxxx00_xxxxxxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx_0_00000x_000_0.xxxx.
Si tratta di una differenza fondamentale rispetto alla nozione codici- stica di domicilio, perche´ in questo caso le risultanze anagrafiche hanno valore di pubblicita` notizia, come si e` visto supra nel par. 3, mentre per il domicilio digitale l’iscrizione dell’indirizzo pec nell’apposito registro e` elemento della fattispecie.
La funzione del domicilio digitale e` cosı` indicata sempre nell’art. 6, comma 1, del c.a.d.: «le comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali di cui all’articolo 3 bis producono, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comuni- cazioni a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversa- mente. Le suddette comunicazioni si intendono spedite dal mittente se inviate al proprio gestore e si intendono consegnate se rese disponibili al domicilio digitale del destinatario, salva la prova che la mancata consegna sia dovuta a fatto non imputabile al destinatario medesimo. La data e l’ora di trasmissione e ricezione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformita` alle Linee guida».
Diverso dai tre registri indicati per costituire il domicilio digitale, e` infine il Reginde, cioe` il Registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia ai sensi del d.m. n. 44 del 2011, nel quale sono inseriti sia gli indirizzi pec di imprese e professionisti iscritti ad albi, sia di pubbliche amministrazioni (71). Le iscrizioni nel Reginde, siccome non richiamate nell’art 6 c.a.d, appunto non danno vita a domicili digitali,
(71) Art. 7 (Registro generale degli indirizzi elettronici), «1. Il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia, contiene i dati identificativi e l’indirizzo di posta elettronica certificata dei soggetti abilitati esterni di cui al comma 3 e degli utenti privati di cui al comma 4. 2. Per i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, il registro generale degli indirizzi elettronici e` costituito mediante i dati contenuti negli elenchi riservati di cui all’articolo 16, comma 7, del decreto-legge 29 no- vembre 2008, n. 185, convertito nella legge del 28 gennaio 2009, n. 2, inviati al Ministero della giustizia secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34. 3. Per i soggetti abilitati esterni non iscritti negli albi di cui al comma 2, il registro generale degli indirizzi elettronici e` costituito secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 4. Per le persone fisiche, quali utenti privati, che non operano nelle qualita` di cui ai commi 2 e 3, gli indirizzi sono consultabili ai sensi dell’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 maggio 2009, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34. 5. Per le imprese, gli indirizzi sono consultabili, senza oneri, ai sensi dell’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella legge del 28 gennaio 2009, n. 2, con le modalita` di cui al comma 10 del medesimo articolo e secondo le specifiche tecniche di cui all’articolo 34. 6. Il registro generale degli indirizzi elettronici e` accessibile ai soggetti abilitati mediante le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34».
ma servono esclusivamente per le comunicazioni e notificazioni proces- suali.
E` opportuno ricordare che mentre i professionisti e le imprese non
possono scegliere se adottare il domicilio digitale, perche´ devono esserne muniti (art. 3 bis, comma 1, c.a.d.), le altre persone hanno invece la relativa facolta` (art. 3 bis, comma 1 bis, c.a.d.).
Quanto alle amministrazioni, anche queste devono munirsi di domici- lio digitale (art. 3 bis, comma 1, c.a.d.), ma qui sono le amministrazioni stesse a dover comunicare all’Agid i dati necessari per l’inserimento (72). Il comma 1 quater dell’art. 3 c.a.d. prevede invece per tutti i soggetti muniti di domicilio digitale «l’obbligo di fare un uso diligente del proprio domicilio digitale e di comunicare ogni modifica o variazione del medesi-
mo secondo le modalita` fissate nelle Linee guida» (73).
La disposizione e` particolarmente rilevante: poiche´ il domicilio digitale e` l’indirizzo dove si ricevono le comunicazioni, laddove per effettuarle si usa la pec (e non «il domicilio»), ritengo che la regola vada intesa come obbligo dal duplice contenuto: anzitutto di rendere possibili le comunica- zioni, ovvero di tenere libero lo spazio necessario perche´ i messaggi giun- gano a destinazione (74) e pagare il servizio in modo che sia sempre attivo (75). In secondo luogo di doverlo consultare nel senso comunemente at-
(72) Infatti sebbene il comma 2 dell’art. 6 ter c.a.d. indichi che «la realizzazione e la gestione dell’Indice sono affidate all’AgID, che puo` utilizzare a tal fine elenchi e repertori gia` formati dalle amministrazioni pubbliche», il comma 3 prevede che «le amministrazioni di cui al comma 1 e i gestori di pubblici servizi aggiornano gli indirizzi e i contenuti dell’Indice tempestivamente e comunque con cadenza almeno semestrale, secondo le indi- cazioni dell’AgID».
(73) Sebbene si parli piu` correttamente di onere (XXXX, op. cit., p. 237; CANDIAN, op. cit.,
p. 118; ESU, op. cit., p. 632), il senso della disposizione e` di rendere irrilevanti tutte le contestazioni connesse con problemi soggettivi di consultazione o di funzionalita` dell’indi- xxxxx pec.
(74) Per Cass., 11 febbraio 2020, n. 3164, «e` onere del difensore provvedere al con- trollo periodo dello spazio disco a disposizione sulla sua PEC, al fine di assicurare che gli effetti giuridici connessi alla notifica di atti tramite lo strumento telematico si possano produrre nel momento in cui il gestore del servizio PEC rende disponibile il documento nella casella di posta del destinatario. Per questo, il soggetto abilitato esterno e` tenuto a dotarsi di un servizio automatico di avviso dell’imminente saturazione».
(75) Per Cass., 23 giugno 2021, n. 17968, «nell’ipotesi di notifica del decreto ingiuntivo a mezzo pec, la circostanza che la e-mail pec di notifica sia finita nella cartella della posta indesiderata (“spam”) della casella pec del destinatario e sia stata eliminata dall’addetto alla ricezione, senza apertura e lettura della busta, per il timore di danni al sistema informatico aziendale, non puo` essere invocata dall’intimato come ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore ai fini della dimostrazione della mancata tempestiva conoscenza del decreto che legittima alla proposizione dell’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 650 c.p.c.». Nella stessa scia anche Xxxx., 7 luglio 2016, n. 13917, Fall., 2017, 859, «in tema di notifica telematica del
tribuito all’art. 1335 c.c., ovvero che il disinteresse del titolare del domi- cilio nel leggere ogni comunicazione che vi giunga si ritorca a suo danno, non potendo invocare l’assenza di colpa per paralizzare gli effetti della ricezione del messaggio nella casella pec (76).
Sebbene in entrambe le ipotesi si dovrebbe ritenere, con miglior pre- cisione, che si tratti di oneri e non di obblighi, e` invece proprio questo il termine utilizzato dal legislatore ed il senso e` che il corretto impiego del domicilio digitale, in senso «macroeconomico», corrisponde all’interesse generale dell’ordinamento alla diffusione ed al buon funzionamento dei sistemi di comunicazione digitale, come viene spesso indicato in apertura delle varie norme intervenute negli ultimi anni.
Da questa ricostruzione, in cui sono omessi molti passaggi intermedi, emerge dunque un dato: per il legislatore il domicilio digitale e` il nome attribuito all’indirizzo di posta certificata che consente di individuare con certezza il destinatario di una comunicazione, purche´ reso pubblico in quanto inserito in uno degli appositi registri (77).
Elementi costitutivi del domicilio digitale sono quindi la titolarita` della pec ed il suo inserimento automatico (professionisti iscritti ad albi, imprese ed amministrazioni) o volontario (chiunque lo chieda senza essere obbli- gato) nei registri indicati dal c.a.d. ad opera dei soggetti che li conservano.
ricorso di fallimento, e` manifestamente infondata la questione di legittimita` costituzionale dell’art. 15, comma 3, l.fall. nella parte in cui non prevede una nuova notifica dell’avviso di convocazione in caso di accertata aggressione ad opera di esterni all’”account” di posta elettronica del resistente: quest’ultimo, infatti, tenuto per legge a munirsi di un indirizzo pec, ha il dovere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata e di utilizzare dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intru- sione, oltre che di controllare prudentemente la posta in arrivo, ivi compresa quella consi- derata dal programma gestionale utilizzato come “posta indesiderata”». Peraltro v. infra nel testo, par. 7, sull’obbligo, in generale, di rinnovare la notifica all’indirizzo fisico del desti- xxxxxxx, se noto, in caso di casella pec piena.
(76) V. ad es. Cass., 2 novembre 2021, n. 31045: «il gestore della pec utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la cd. ricevuta di avvenuta consegna (rac), che costituisce, quindi, il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico e` pervenuto nella casella di posta elettro- nica del destinatario; nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina, analogamente a quanto avviene per le dichiarazioni negoziali ai sensi dell’art. 1335 c.c., una presunzione di cono- scenza da parte dello stesso, il quale, pertanto, ove deduca la nullita` della notifica, e` tenuto a dimostrare le difficolta` di cognizione del contenuto della comunicazione correlate all’utilizzo dello strumento telematico».
(77) XXXXXXXX, La cittadinanza digitale, Bologna, 2021, 92; XXXXXXX, STAZI e MULA, op. cit., p. 52.
Non vi sono indicazioni di altro genere sulla nozione e relativa fun- zione.
Ma allora il domicilio digitale e` anzitutto un domicilio (sia pure non fisico) generale?
Sebbene non vi sia una presa di posizione del legislatore, la risposta si ricava a contrariis da quanto indica il comma 4 quinquies dell’art. 3 bis del c.a.d.: «e` possibile eleggere anche un domicilio digitale speciale per de- terminati atti, procedimenti o affari. In tal caso, ferma restando la validita` ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale, colui che lo ha eletto non puo` opporre eccezioni relative alla forma e alla data della spedizione e del ricevimento delle comunicazioni o notificazioni ivi indi- rizzate».
Esistono dunque un domicilio digitale senza altre indicazioni ed uno digitale speciale; restando nell’ambito analogico delle definizioni del codi- ce civile, il primo e` allora generale.
Anche per l’Inad, cioe` il registro dei domicili elettronici di soggetti non obbligati a munirsene, la definizione dell’art. 2 della Linee guida e` pressoche´ identica: «il domicilio digitale e` l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata (di seguito pec) o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal Regolamento eIDAS, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera n-ter del c.a.d.» (78). Per l’Inad le Linee guida confermano nell’art. 2.3 la possibilita` di coesistenza tra domicilio fisico e domicilio digitale: «resta ferma, in ogni caso, la facolta` di eleggere al di fuori dell’Inad un domicilio speciale per
determinati atti o affari, ai sensi dell’articolo 47 c.c.».
Fin qui, in definitiva, il domicilio digitale sembra allora destinato solo alle comunicazioni; in altre parole riemerge la nozione di indirizzo di cui all’art. 1335 c.c., salvo verificare quali ulteriori rilievi possa assumere, come ora faro`.
6. – Prima di valutare quali problemi derivanti dalla nozione di do- micilio fisico si ripropongano per quello digitale, occorre anzitutto inter-
(78) Probabilmente e` per evitare equivoci sull’ambito di operativita` dell’Inad che l’art.
2.3 delle Linee guida ha indicato che «il domicilio eletto dalle persone fisiche puo` essere utilizzato anche per le comunicazioni aventi valore legale a loro dirette nella qualita` di tutori, curatori, procuratori o altre forme di rappresentanza di altre persone fisiche, previste dalla legge», dato che potrebbe sia trattarsi di attivita` professionale di soggetto non iscritto ad albi come di attivita` per la quale e` necessaria la comunicazione informatica dei dati inerenti la procedura in cui la persona fisica svolga quel ruolo sebbene non professionalmente.
xxxxxsi su cosa sia quest’ultimo: infatti solo partendo dal dato per cui un
«domicilio digitale», in concreto, e` semplicemente l’indirizzo (reso pub- blico) di destinazione di messaggi di posta certificata che sono salvati nella memoria residente del server del destinatario, server che puo` trovarsi in qualsiasi parte dell’Italia ed essere spostato in ogni momento, emerge che la totalita` delle questioni «fisiche» gia` note si manifesta fin da subito estranea a questa nozione.
In altre parole: la comunicazione a mezzo pec effettuata al domicilio digitale attesta l’indirizzo del soggetto mittente cui e` stata attribuita la firma, la circostanza che una comunicazione che provenga dal suo indi- xxxxx pec sia attribuita al medesimo e l’efficacia che assume quella comu- nicazione appena arrivi all’indirizzo del domicilio digitale del destinatario.
E` appunto l’effetto indicato dall’art. 1335 c.c. quanto alla comunica-
zione, con la sicurezza attribuita anche all’individuazione del mittente e alla data ed ora della comunicazione.
Il domicilio digitale e` allora e` del tutto irrilevante rispetto alle dispo- sizioni che riferiscono determinate conseguenze al domicilio fisico, quali ad es. il luogo di apertura della successione o quello di adempimento delle obbligazioni, laddove si tratti di consegnare una cosa.
Diversamente dai casi in cui rilevi un domicilio fisico, che e` sempre legato o alla residenza o al luogo degli affari principali se diverso o a quello eletto specificamente, l’assenza di fisicita` del domicilio digitale impedisce che questo assuma qualsivoglia importanza a quegli effetti, essendo mani- festamente indiscutibile che il luogo ove si trovi il server in cui sono conservate le comunicazioni digitali non svolga qualsivoglia ruolo di col- legamento fisico.
Del pari il domicilio digitale non produce alcun effetto in ordine alla competenza del giudice, che l’art. 18 c.p.c. radica anche presso il domicilio fisico del convenuto.
Un ambito di operativita` estraneo a quello delle mere comunicazioni puo` essere svolto eventualmente solo in ipotesi di commercio elettronico
«diretto» (79), cioe` quello nel quale una prestazione e` digitale e quindi si esegue con mezzi telematici. Basti pensare, ad es., all’acquisto di un soft- ware che pero` -magari per ragioni di riservatezza- si chieda sia inviato,
(79) Sulla nozione cfr. XXXXXXXX, Il diritto dell’era digitale, cit., p. 159 ss. e XXXXXXX, STAZI e MULA, op. cit., p. 159 ss. Si ritiene costituire commercio elettronico anche quello che intercorre tra i c.d. negotation agents, ovvero softwares che si interfacciano per concludere contratti a determinate condizioni: DURANTE e PAGALLO, Manuale di informatica giuridica e diritto delle nuove tecnologie, Milano, 2012, p. 131.
trasmettendo l’apposito link per ottenerlo, ad un determinato indirizzo pec. Si tratta pero` di un profilo che non assume rilievo in relazione alla nozione di domicilio, quanto semmai al locus destinatae solutionis scelto dal creditore.
In realta`, a ben vedere, queste indicazioni rappresentano l’ovvio svi- luppo della rilevata natura strumentale delle norme sul domicilio (supra, par. 4), regole cioe` non direttamente prescrittive ma che completano altre fattispecie che facciano riferimento a tale nozione sicche´, in definitiva, solo quando esistano specifiche disposizioni che richiamino il domicilio digitale si completera` una determinata fattispecie.
7. – Collegandosi all’ultima osservazione precedente, una volta ricor- dato che il c.a.d. indica nell’art. 6 la funzione del domicilio digitale nel costituire un indirizzo elettronico di posta elettronica certificata inserito in uno dei tre elenchi pubblici previsti, agli effetti della certezza delle comu- nicazioni dirette al destinatario, senza pero` aggiungere altro, questa risulta essere, in fin dei conti, l’unica consistenza certamente attribuibile alla nozione.
Dunque ed anzitutto, il «domicilio digitale» non e` un domicilio nel senso indicato dall’art. 43 c.c.; le parole indicano il meccanismo giuridico legato alla tecnologia digitale che consente: a) di attribuire una comuni- cazione elettronica ad un soggetto mittente; b) di attribuire certezza al momento in cui la comunicazione parta dal mittente; c) di individuare il momento in cui giunga al destinatario, a prescindere dal fatto che questi ne abbia conoscenza in concreto, secondo la regola posta dall’art. 1335 c.c.; d) il tutto a condizione dell’inserimento dell’indirizzo pec del desti- xxxxxxx in uno dei tre appositi registri.
Da cio` il rilievo che il termine «domicilio» e` fuorviante se il lemma sia accostato alla nozione del codice civile, che lo intende quale relazione tra una persona ed un determinato luogo, dovendosi quindi intenderlo solo come indirizzo (digitale).
Si possono pero` affrontare ugualmente alcune tematiche connesse al domicilio fisico laddove rappresentino questioni non slegate dalla nozione sopra indicata.
Anzitutto e non serve soffermarsi a lungo, non esiste alcun domicilio digitale d’origine, giacche´ ha avuto durata effimera la regola dell’assegna- zione automatica di una casella pec ad ogni persona, indicata dall’art. 14 del d.l. n. 69 del 2013, che aveva introdotto un’apposita previsione inse- rendo il comma 3-quater nell’art. 10 della l. n. 106 del 2011, poi abrogato dall’art. 1, comma 636, della l. n. 190 del 2014.
In secondo luogo e senza dover rispolverare la querelle sui mestieri girovaghi, e` ben possibile essere privi di domicilio digitale, perche´ mai chiesto, nemmeno se obbligati, dato che non esistono disposizioni che assegnino un domicilio automatico a chi, pur tenuto, non se ne munisca. E` poi possibile perderlo: perche´ non si provveda al pagamento dei
costi per l’esercizio della casella di posta elettronica al suo fornitore, che dunque sospenda il servizio; in un caso simile la casella non e` attiva e non riceve alcun messaggio; oppure perche´ si cessi l’attivita` d’impresa o pro- fessionale di chi sia iscritto all’albo, venendo cancellati dal registro.
La medesima situazione si crea allorche´ la casella di ricezione sia piena e dunque, pur esistendo l’indirizzo, la posta non sia consegnata xxxxxx´ la casella venga liberata dai messaggi in eccesso, un po’ come accadrebbe di fronte alla cassetta della posta intasata.
E` evidente che in questi casi si crea un conflitto tra chi vuol effettuare
la comunicazione all’indirizzo risultante dal registro e chi non possa leg- xxxx il messaggio perche´ non arriva.
Un criterio di soluzione e` contenuto nel gia` ricordato comma 1-quater dell’art. 3 bis del c.a.d., il quale prevede «l’obbligo di fare un uso diligente del proprio domicilio digitale e di comunicare ogni modifica o variazione del medesimo secondo le modalita` fissate nelle Linee guida», configurando dunque l’onere tanto di rendere possibile la comunicazione quanto anche di verificarne l’arrivo, come si e` detto a proposito della notifica dell’udien- za per la dichiarazione di fallimento non esaminata dal destinatario, non potendo l’amministratore della societa` difendersi dicendo che ignorasse l’indirizzo pec della sua societa`, in quanto attivata e controllata dal com- mercialista (80).
Il tutto con il corollario che la comunicazione deve ritenersi eseguita, pur se non ricevuta dalla casella per le ricordate ragioni: a condizione peraltro che non vi sia modo di procedere diversamente alla comunicazio- ne, ad es. mediante gli ordinari mezzi fisici.
Infatti per quanto il domicilio digitale sia stato istituito al fine di consentire le comunicazioni, la relativa disciplina non ha fatto venir meno
(80) Cass., 3 marzo 2022, n. 7083 ha detto infatti che l’imprenditore, tenuto per legge a munirsi di un indirizzo pec, ha l’onere di assicurarsi del corretto funzionamento della propria casella postale certificata (anche utilizzando dispositivi di vigilanza e di controllo, dotati di misure anti intrusione) e di controllare prudentemente la posta in arrivo (ivi compresa quella considerata dal programma gestionale utilizzato come “posta indesiderata”) richiamando Cass, 7 luglio 2016, n. 13917.
il domicilio proprio, quantomeno perche´ quello digitale non e` un domi- cilio e comunque perche´, quand’anche istituito, non sopprime l’altro. Qui la giurisprudenza ha preso posizione nel medesimo senso, a pro- posito della notificazione degli atti giudiziari, dicendo «che “in caso di notificazione a mezzo pec del ricorso per cassazione non andata a buon fine, ancorche´ per causa imputabile al destinatario (nella specie per ‘casella piena’), ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico eventual- mente in associazione al domicilio digitale – il notificante ha il piu` com- posito onere di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio pres- so il domiciliatario fisico eletto in un tempo adeguatamente contenuto, non potendosi, invece, ritenere la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico” (Cass., sez. III, sent. 20 dicembre 2021, n. 40758, Rv. 663692). In tale ipotesi, si e` configurato, da un lato, a carico del destinatario un obbligo generale di manutenzione e cura della funzionalita` della propria casella di posta elettronica certificata, destinata a ricevere le notificazioni degli atti processuali, e dall’altro lato un onere, a carico del notificante, di riattivarsi tempestivamente per assicurare, comunque, che la notificazione dell’atto processuale, mancata a causa del malfunzionamento della casella elettronica del destinatario, abbia luogo, ancorche´ in forma
“tradizionale”» (81).
Sebbene la soluzione sia stata delineata sulla base della disciplina processuale dell’elezione di domicilio del difensore, la stessa puo` valere in generale, perche´ ogni persona non irreperibile ha una residenza e dun- que un domicilio cui un atto possa essere destinato laddove la consegna digitale sia impossibile.
Il tutto, beninteso, entro i limiti di un comportamento che non e` aggravabile con attivita` di indagine, perche´ nessuno puo` essere costretto a cercare per l’Italia un soggetto di residenza a lui sconosciuta, ad es. xxxxxx´ non dichiarata, per tentare una comunicazione ordinaria laddove sia fallita quella digitale per fatto imputabile al destinatario.
In fondo al notificante altro non si chiede che un comportamento diligente che non leda un suo apprezzabile interesse, consistente appunto nel rinnovare la comunicazione in modo ordinario all’indirizzo fisico pur- che´ noto. Con la precisazione che, laddove una comunicazione debba arrivare entro un dato termine (es. l’accettazione di una proposta, l’eser- cizio del recesso ecc.) ed il termine sia superato per causa imputabile al
(81) Cass., 16 maggio 2022, n. 15564; Cass., 20 dicembre 2021, n. 40758; Cass., 18
novembre 2019, n. 29851.
destinatario, il rinnovo della comunicazione deve ritenersi comunque effi- cace.
Ultimo tema da esaminare rapidamente e` quello della ritenuta validita` dell’elezione di domicilio presso un terzo, in assenza se non contro la volonta` del domiciliatario, ipotesi che va distinta dal caso in cui taluno elegga domicilio presso un proprio luogo che non coincida con il domicilio generale, es. presso una propria dimora o altro proprio luogo disponibile.
Nel primo caso, con riferimento al domicilio regolato dal codice civile la giurisprudenza (82), con forti agganci della letteratura (83), giustifica la validita` di una tale elezione sul rilievo della sua natura di atto unilaterale non recettizio, rispetto alla quale i terzi fondano il loro affidamento senza doversi interrogare sul consenso del domiciliatario.
Senonche´ questa soluzione va ammessa solo a patto che nessun ob- bligo gravi sul domiciliatario estraneo (84), il quale nemmeno accampando un obbligo di solidarieta` costituzionale puo` essere costretto a trasmettere comunicazioni che riceva senza essersi impegnato a farlo, invadendosi altrimenti la sua sfera personale di riservatezza e liberta`. Diversamente, chiunque potrebbe eleggere domicilio ad es. presso la presidenza della Repubblica o a casa di un consigliere della corte di cassazione e pretendere che poi, per ragioni di solidarieta`, questi gli inoltri le comunicazioni che riceva.
In tema di domicilio digitale, si possono riproporre entrambe le ipo-
tesi.
Quanto ad un domicilio dell’eligente, il medesimo dovra` essere munito
di pec distinte, una per il domicilio digitale ordinario ed una per quello che voglia eleggere, come diro` piu` nel dettaglio nel prossimo paragrafo. Invece per l’elezione di domicilio presso altri indirizzi digitali, questo non puo` avvenire indicando per proprio un indirizzo pec altrui; infatti per l’Inad e` vietato che un indirizzo pec sia «contemporaneamente domicilio digitale di due o piu` codici fiscali» (art. 2.3 Linee guida) e quindi ad ogni
pec corrisponde un unico domicilio.
Puo` invece accadere che in un determinato atto (ma non nel registro Inad) taluno indichi come domicilio proprio, l’indirizzo pec di altra per-
(82) Secondo i giudici «l’elezione di domicilio e` un atto giuridico unilaterale che spiega efficacia indipendentemente dal consenso o accettazione del domiciliatario»: Xxxx., 18 feb- braio 2021, n. 4320; Cass., 11 giugno 2014, n. 13243; Cass., 28 gennaio 2003, n. 1219; Cass., 23 settembre 1996, n. 8399 ecc.
(83) XXXXXXXXX, xx. xxx., x. 00; XXXXXXX, op. cit., p. 898; BIANCA, op. cit., p. 276; RIVA,
op. cit., p. 221 ss.; diversamente FERRARA, op. cit., p. 561; DEGNI, op. cit., p. 65.
(84) Cos`ı ad es. XXXXXXXX, op. cit., p. 167.
sona, riproponendosi allora il tema esattamente negli stessi termini con cui e` emerso in sede «fisica»: la persona indicata non sara` quindi tenuta, contro la propria volonta`, a trasmettere le comunicazioni ricevute, sebbene sia stata qualificata da altri come «domiciliataria digitale».
Solo come nota di colore si puo` aggiungere infine che talora il domi- cilio digitale pare sopravvivere alla morte del suo titolare (85), mentre un tempo era certo che il domicilio si perdesse invece con la morte (86); forse la soluzione era esatta.
8. – Un dato pacifico in tema di domicilio fisico e` che quello in senso proprio e` necessariamente unico, in ragione del fatto che e` legato alla sede principale degli affari (87), altra essendo la possibilita` di eleggerne altri per singole questioni.
Invece per quello digitale l’art. 6 quater c.a.d. consente al professioni- sta non iscritto all’albo (non invece alle imprese e alle amministrazioni), di istituire un domicilio digitale professionale ed un domicilio digitale perso- nale (comma 1, ultimo periodo) (88); per il professionista iscritto all’albo e
(85) Cass., 15 aprile 2022, n. 12411 ha respinto l’eccezione di inesistenza della notifica di un ricorso fatta all’indirizzo pec di un avvocato defunto, rilevando che «secondo l’indi- xxxxx risalente di questa Corte “la morte del domiciliatario produce l’inefficacia della di- chiarazione di elezione di domicilio e la necessita` che la notificazione dell’impugnazione sia eseguita, a norma dell’art. 330 c.p.c., comma 3, alla parte personalmente. Tale principio trova deroga nella ipotesi in cui l’elezione di domicilio sia stata fatta presso lo studio di un professionista e l’organizzazione di tale studio gli sopravviva, dovendosi in questo caso considerare lo studio del professionista alla stregua di un ufficio. Tuttavia, allorquando dalla dichiarazione di elezione risulti che lo studio e` indicato come quello proprio di una individuata persona, professionista o meno, la dichiarazione stessa diviene inefficace a seguito della morte del domiciliatario, in quanto in tal caso l’elezione di domicilio deve ritenersi fatta non con riferimento alla organizzazione in se´, indipendentemente dalla per- sona del domiciliatario, ma al luogo in cui questi e` reperibile, attribuendo quindi rilievo all’elemento personale e non a quello oggettivo; ove, peraltro, l’organizzazione del procu- ratore continui ad operare dopo la sua morte, la notificazione eseguita presso lo studio deve ritenersi nulla e non inesistente” (Cass., 4 marzo 2002, n. 3102; conformi Cass., 6 luglio 2010, n. 15846; Cass., n. 11486 del 2013; Cass. 22 aprile 2016, n. 8222)».
(86) FERRARA, op. cit., p. 558; invece per XXXXXXXX, op. cit., p. 167, restano salvi gli effetti che si collegano al luogo anziche´ alla persona, ad es. la competenza del giudice; cosa esatta ma che non attiene all’efficacia delle comunicazioni.
(87) Cosı` dalla letteratura meno recente a quella attuale; v. ad es. XXXXXXXX, op. cit., p. 163; Ferrara, op. cit., p. 551, 557; MESSINEO, op. cit., p. 254; XXXXXXXX, op. cit., p. 2; XXXXX, op. cit., p. 453; XXXXXX, op. cit., p. 273; Xxxx, op. cit., p. 62 ss.; CANDIAN, op. cit., p. 116.
(88) Questo domicilio personale riecheggia la distinzione tra domicilio del commer- ciante per gli affari commerciali distinto da quello per gli affari civili criticato da CARNE- LUTTI, op. cit., p. 81, sebbene ammesso da decisioni che ricorda; ma al tempo esisteva appunto il codice di commercio distinto da quello civile, sebbene CARNELUTTI, op. cit., p. 82, dicesse che il codice civile non contenesse tale distinzione di domicili.
dunque munito di domicilio digitale inserito nell’Inipec, questo e` appunto il domicilio professionale, «fermo restando il diritto di eleggerne uno diverso ai sensi dell’art. 3 bis comma 1 bis» (art. 6 quater, comma 2, c.a.d.).
Quest’ultima disposizione non qualifica tale domicilio digitale (diverso da quello professionale inserito nell’Inipec), ne´ la disposizione che richia- ma, cioe` il comma 1 bis, dell’art. 3 bis, c.a.d., precisa alcunche´, perche´ rinvia alla possibilita` per ogni persona, di munirsi di domicilio digitale «da iscrivere nell’elenco di cui all’art. 6-quater», con evidente circolarita` dei riferimenti.
Poiche´ altro non si legge nel c.a.d., ritengo che l’eventuale «domicilio diverso», senza altre indicazioni, di cui possa munirsi il professionista, debba consistere nel domicilio «personale»; tale conclusione e` infatti cor- roborata dalle indicazioni contenute nell’art. 2.2, ultimo comma delle Linee guida, che vietano al professionista gia` munito di pec ed iscritto nell’Inipec, di essere iscritto simultaneamente all’Inad in quanto tale, «fer- mo restando, in ogni caso, la facolta` di registrazione nell’Inad in qualita` di persona fisica».
E` invece forse per un omaggio alla tradizione che si e` mantenuta la
possibilita` di munirsi anche di un domicilio digitale speciale (art. 3 bis, comma 4 quinquies, c.a.d.) dato che, essendo venuto meno il requisito del collegamento persona-luogo per rendere agevoli le comunicazioni, non si comprende l’utilita` pratica di questa ulteriore facolta`, stante sempre il ricordato obbligo di utilizzare con diligenza ogni domicilio digitale, dun- que sia esso professionale, personale o eletto.
Si affacciano quindi almeno tre tipi di domicilio digitale: quello «pro- fessionale», obbligatorio (art. 3 bis, comma 1) o facoltativo (art. 3 bis, comma 1 bis); quello «personale» (art. 6 quater, comma 1); infine quello
«speciale» previsto dall’art. 3 bis, comma 4 quinquies, «per determinati atti, procedimenti o affari».
C’e` poi il caso, inspiegabile al di fuori di una rassegnazione del legi- slatore alla disorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, della plu- ralita` di indirizzi digitali delle amministrazioni stesse.
Come appena ricordato, le p.a. devono munirsi di domicilio digitale (art. 3 bis, comma 1, c.a.d.) ed il loro indirizzo pec deve essere inserito nell’Ipa (art. 6 ter, c.a.d.).
Inoltre le amministrazioni dovevano indicare al ministero della giusti- zia, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del d.l., gli indirizzi pec «a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni» processuali, da inserire in un apposito «elenco formato dal Ministero della giustizia» (art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012), cioe` il gia` ricordato Reginde.
Poiche´ il c.a.d. non contempla questo diverso registro tra quelli in cui l’iscrizione della pec crea il domicilio digitale, ne deriva l’esistenza di una pec inscritta in un registro senza tuttavia che costituisca domicilio digitale, laddove diversa da quella indicata nell’Ipa.
L’aspetto curioso e tortuoso e` che il domicilio digitale costituisce pur sempre e solo un indirizzo inserito in un pubblico registro ai fini delle comunicazioni, sicche´ non vi e` alcuna differenza sostanziale tra queste ipotesi ed il Reginde; si tratta solo di una regola che crea problemi pratici senza alcuna utilita` concreta.
Infatti il legislatore ha imposto che le notifiche verso le amministra- zioni si facciano esclusivamente presso gli indirizzi indicati nel Reginde in luogo dell’Ipa (89), precisando che «ove nel predetto elenco risultino indicati, per la stessa amministrazione pubblica, piu` domicili digitali, la notificazione e` effettuata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata primario indicato, secondo le previsioni delle Linee guida di XxXX, nella sezione ente dell’amministrazione pubblica destinataria».
E` dunque sancito che le amministrazioni, sebbene non possano avere
domicili «non professionali», possano tuttavia possedere piu` domicili di- gitali (eppure hanno un unico codice fiscale...) e che il domicilio digitale, sebbene sia da «utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di infor- mazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbli- che amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati» (art. 6 ter c.a.d.), non valga tuttavia per notificarvi gli atti, qualora esista un indirizzo pec diverso indicato nel Reginde (90).
(89) «A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6 bis, 6 quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall’articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonche´ il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Mini- stero della giustizia»: art. 16 ter, comma 1, d.l. n. 179 del 2012. Come si vede non c’e` riferimento all’art. 6 ter del c.a.d. e dunque e` venuta meno la possibilita` di notificare presso l’Ipa, venendo destinato a tal fine solo il Reginde.
(90) Se poi l’amministrazione non indichi il proprio indirizzo nel Reginde, ne viene diabolicamente travolto il notificante. Infatti in un caso in cui un comune aveva mantenuto un indirizzo pec che era rimasto nell’Ipa ma non era inserito nel Reginde, «anche se cio` dipenda dall’inadempimento dell’ente pubblico rispetto alla richiesta di comunicare al Re- ginde il proprio indirizzo telematico necessario per le notificazioni PEC ad effetti legali, come nel caso di specie – notificazione al Comune di Diamante, che aveva omesso la comunicazione de qua, a mezzo PEC effettuata in data il 17/11/2017 presso l’indirizzo risultante dall’IPA – cio` non consente di ritenere valida la notificazione ivi effettuata, perche´ quanto previsto dal D.L. n. 76 del 2020, art. 28, comma 1, lett. c), non integra una
Da tutto cio` consegue, oltre ad un differente regime di funzioni del domicilio digitale tra privati ed amministrazioni, anche la possibile plura- lita` dei domicili digitali pur escludendo quelli speciali, ma senza che se ne comprenda l’utilita`.
Se infatti la funzione del domicilio digitale e` quella di agevolare le comunicazioni rendendole rapide ed attribuendo certezza ai soggetti che le utilizzano, il tutto come previsto dal Reg. UE 2014/910, allora tutti questi obiettivi si raggiungono con l’istituzione di un unico indirizzo digi- tale.
Se poi viene sancito l’obbligo per il titolare di utilizzarlo con diligenza, come bene si e` fatto nel comma 1 quater dell’art. 3 bis c.a.d., allora e` francamente difficile affermare che la pluralita` di domicili digitali serva per distinguere tra vari tipi di comunicazioni, perche´ il destinatario, al di la` della regola gia` contenuta nell’art. 1335 c.c., dove comunque consultarli tutti.
Sicche´, se anche si voglia ammettere la loro pluralita` per la comodita` del destinatario, in ogni caso questa non e` ragione per fondare regole sulla validita` delle comunicazioni in ragione dell’indirizzo cui certamente siano in ogni caso arrivate, come subito si dira`, perche´ la comodita` del destina- tario non attiene alla validita` della comunicazione e un’ipotetica inefficacia non e` stata prevista dalla legge.
Questa osservazione ammette pero` un’unica eccezione: quella della comunicazione inviata ad un indirizzo pec che non sia stato inserito nei registri, il che puo` accadere solo per pec non risultanti da albi professio- nali, dal registro imprese o inserite volontariamente nell’Inad: la volonta` di escludere la pec da qualsiasi registro va infatti protetta quale scelta insin- dacabile di autonomia privata, a patto che il titolare di tale indirizzo non lo usi nelle relazioni con i terzi (91) .
Ed ovviamente facendo salva la diversa ed incomprensibile disciplina del domicilio digitale delle amministrazioni, che vale per le comunicazioni ma non per le notificazioni di atti giudiziari se per questi esista un indirizzo pec specifico, creando quindi un regime confuso di cui si poteva pacifi- camente fare a meno.
interpretazione autentica della precedente normativa di settore e non e` applicabile retroat- tivamente (Cass. n. 23445/2021; Cass. n. 32166/2021)»: Cass., 18 maggio 2022, n. 16063.
(91) Si veda il curioso caso ben deciso da Cons. Stato, 6 ottobre 2022 n. 8561/2022: chi indichi in un atto diretto all’amministrazione un proprio indirizzo pec quale domicilio digitale, non puo` contestare le comunicazioni che riceva lı`, pretendendo invece che l’unico domicilio digitale valido sia quello risultante dall’Inipec.
Sono questioni da approfondire, specie alla luce dell’assenza di dispo- sizioni che disciplinino le conseguenze di un errore di comunicazione.
9. – L’appena preannunciata questione da trattare, che ha un rilievo pratico non trascurabile, e` quella del domicilio digitale cui sia inviata una comunicazione, in ipotesi di pluralita` di domicili digitali, ad es. xxxxxx´ il professionista possieda anche un domicilio digitale privato (92): che accade se si precisi in un atto che questo venga destinato a ricevere solo determi- nate comunicazioni e non altre?
Oppure se si notifichi un atto al domicilio digitale Inad «personale»? O se si notifichi un atto ad un’amministrazione nel domicilio digitale risultate dall’Ipa (art. 6 ter c.a.d.) che sia diverso da quello indicato nel
Reginde?
In tema di domicilio fisico la tesi che predomina e` che non sarebbe obbligatorio inviare le comunicazioni al domicilio eletto, perche´ i «terzi estranei al negozio d’elezione, in omaggio al principio di relativita` degli effetti contrattuali, legittimamente potranno continuare a tenere conto, a tutti gli effetti, del domicilio reale della persona» (93). Quindi solo accet- tando di effettuare le notifiche esclusivamente a quell’indirizzo, gli estranei sarebbero a cio` vincolati (94).
Senonche´ il domicilio digitale personale non e` un domicilio digitale eletto, ovvero un domicilio scelto per determinati affari, ma e` un domicilio generale non «professionale», ovvero un domicilio che dovrebbe valere, per esclusione, per le comunicazioni che non rivestano carattere professio- nale (ammesso che si riesca a delimitare con certezza la categoria).
Secondo un certo orientamento dettato per il domicilio digitale profes- sionale, sia pure destinato alle notifiche agli avvocati, quand’anche si indichi che questo sia riservato alle sole comunicazioni di cancelleria, cio` non im- pedirebbe di notificare ugualmente atti diversi presso quel domicilio digitale (95). In altre parole, il titolare del domicilio digitale professionale non po-
(92) Cosı` il punto 2.3 delle Linee guida: «Per quanto concerne l’elezione del domicilio digitale, solo i Professionisti hanno facolta` di eleggere nell’INAD sia un domicilio digitale professionale sia un domicilio digitale personale. La distinzione tra i due domicili digitali appartenenti al medesimo soggetto e` resa evidente all’interno dell’INAD sia all’interessato, al momento dell’elezione del domicilio, sia agli utenti al momento della consultazione dell’INAD».
(93) RIVA, op. cit., p. 221; contra DEGNI, op. cit., p. 65.
(94) Per tutti BIANCA, op. cit., p. 276.
(95) Per Cass., 9 dicembre 2021, n. 39038, «poiche´, oggi ciascun avvocato e` munito di un proprio “domicilio digitale”, conoscibile da parte dei terzi attraverso la consultazione dell’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INIPEC) e corrispon-
trebbe vietare l’invio di comunicazioni a quel domicilio ed e` una lettura spesso condivisa quando si discuta di domicilio (fisico) eletto (96).
Questa soluzione, sorta per consentire il buon funzionamento del processo, riapre il tema centrale a proposito della valenza del domicilio digitale speciale da un lato e della distinzione tra domicilio digitale pro- fessionale e domicilio digitale personale dall’altro.
Occorre infatti ribadire che l’esistenza dell’indirizzo digitale non priva la parte del proprio domicilio fisico e tantomeno della possibilita` di eleg- xxxx un domicilio speciale (97), sicche´ una comunicazione che giungesse qui sarebbe all’evidenza produttiva dei propri effetti tanto sostanziali (art. 1335 c.c.) che processuali (art. 139 c.p.c.) (98). Di conseguenza la tesi della nullita` della notifica che, come indicato supra in chiusura del par. 4, la giurisprudenza ha affermato qualora giunga ad un indirizzo pec diverso da quello destinato alla ricezione degli atti processuali, sembra destare fon- date perplessita`: se e` valida una notifica processuale fatta ad un domicilio digitale che il titolare intendeva destinare solo ad altre comunicazioni, puo` invece egli imporre che le comunicazioni siano distribuite secondo i diversi domicili digitali di cui sia titolare?
dente all’indirizzo PEC che l’avvocato ha indicato al Consiglio dell’ordine di appartenenza e da questi e` stato comunicato al Ministero della giustizia per l’inserimento nel registro generale degli indirizzi elettronici, tale disciplina implica un considerevole ridimensionamen- to dell’ambito applicativo del X.X. x. 00 del 1934, art. 82. Infatti, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria e` oggi prevista solamente nelle ipotesi in cui le comunicazioni o le notificazioni della cancelleria o delle parti private non possano farsi presso il domicilio telematico per causa imputabile al destinatario. Nelle restanti ipotesi, ovverosia quando l’indirizzo PEC e` disponibile, e` fatto espresso divieto di procedere a notificazioni o comu- nicazioni presso la cancelleria, a prescindere dall’elezione o meno di un domicilio “fisico” nel comune in cui ha sede l’ufficio giudiziario innanzi al quale pende la causa. Ne consegue che (cfr. Cass. n. 12876 del 2018), la notificazione del decreto di fissazione dell’udienza camerale e della proposta del relatore e` validamente effettuata all’indirizzo PEC del difen- sore di fiducia, quale risultante dal Reginde, indipendentemente dalla sua indicazione in atti, ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, non potendosi configurare un diritto a ricevere le notificazioni esclusivamente presso il domiciliatario indicato (in tal senso altres`ı le conclusioni scritte del Procuratore generale), non potendo quindi avere portata idonea ad escludere tale notificazione la limitazione della parte dell’indicazione del detto indirizzo per le sole comunicazioni»; v. altresı` id., 12 novembre 2021, n. 33806.
(96) V. ad es. DEGNI, op. cit., p. 61; XXXXXXX, op. cit., p. 898-899, 900.
(97) Lo confermano le Linee guida per l’Inad nel punto 2.3: «Resta ferma, in ogni caso, la facolta` di eleggere al di fuori dell’INAD un domicilio speciale per determinati atti o affari, ai sensi dell’articolo 47 c.c.».
(98) Secondo Cass., 11 febbraio 2021, n. 3557, «ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione, e` possibile procedere alla notificazione della sentenza presso il domicilio fisico eletto dal destinatario anche dopo l’introduzione, da parte dell’art. 16 sexies del d.l. n. 179 del 2012, della notificazione al cd. domicilio digitale, alla quale non puo` essere riconosciuto carattere esclusivo».
Una delle ragioni indicate per sancire una nullita` di cui il c.a.d. non parla (99) e` che «solo quest’ultimo» – cioe` l’indirizzo inserito nel Reginde
– «e` qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’organizzazione preordinata all’effettiva difesa» (100); in altre parole, secondo questo modo di pensare, se un atto giunga ad una pec anziche´ all’altra di cui e` titolare, l’avvocatura dello Stato non sarebbe in grado di «garantire l’organizzazio- ne preordinata all’effettiva difesa».
Pur nella diversita` dei casi, si possono richiamare a tal proposito gli orientamenti in tema di domicilio speciale regolato dall’art. 47 c.c., in cui si distingue se vi sia l’accordo per il suo utilizzo, dall’elezione per atto uni- laterale: anche quando si e` detto che il domicilio speciale renderebbe obbligatorie le comunicazioni in quel luogo, ovvero solo nel primo caso, non risulta che vi siano indicazioni sulla ipotetica inefficacia della comu- nicazione comunque giunta al domicilio ordinario.
Resta dunque il problema: sebbene solo nel primo caso la forma di comunicazione debba ritenersi vincolante per i contraenti (art. 141, com- ma 2, c.p.c.), in realta` il tema piu` generale e` quello dell’efficacia di una comunicazione che giunga certamente al domicilio generale laddove sia stato scelto quello speciale.
Altro aspetto del problema attiene alla validita` della comunicazione che giunga al domicilio digitale personale o a quello eletto, pur constando il domicilio digitale generale. In altre parole, la scelta del domicilio puo` privare di efficacia la comunicazione che sia arrivata lo stesso al destina- tario, sebbene in «luogo» digitale diverso da quello che egli avesse desi- gnato?
Da un primo punto di vista, l’elezione di domicilio puo` rispondere all’interesse a che la comunicazione giunga presso un soggetto che ne valuti la rilevanza, ad es. presso il proprio legale o commercialista. In tal caso, si e` ritenuto, il domicilio speciale, se correttamente eletto, sarebbe
«capace di sovrapporsi in modo univoco, per l’affare in questione, agli altri parametri di individuazione spaziale della persona, vale a dire non solo alla residenza, ma anche al domicilio generale di essa, con ricadute anche di
(99) Cass., 18 maggio 2022, n. 16063 dice che «la nullita` della notifica telematica avvenuta presso altro indirizzo pec dell’amministrazione, e` sanabile esclusivamente con la costituzione in giudizio del destinatario della notificazione, secondo il principio del raggiun- gimento dello scopo previsto dall’art. 156 c.p.c.», ma l’art. 160 c.p.c. non indica alcuna nullita` della notifica «avvenuta presso altro indirizzo pec dell’amministrazione», essendo proprio questo il punto da dimostrare.
(100) Cass., 16 giugno 2022, n. 19351, riferendosi all’indirizzo che l’avvocatura dello Stato indica per gli affari sostanziali, differente da quello per gli atti processuali.
tipo processuale ai sensi dell’art. 141 c.p.c.» (101). Insomma, andrebbe protetto l’interesse della parte a scegliere che le comunicazioni arrivino dove la stessa ritenga opportuno.
Senonche´ questa ipotesi nulla ha a che vedere con il tema che ci interessa, ovvero se un soggetto possa avere piu` domicili digitali – che sono attribuiti a lui personalmente e mai ad altri – e ritenere invalida una comunicazione che giunga all’uno anziche´ all’altro di questi (102). Va infatti ricordato che non stiamo valutando l’elezione di domicilio presso un indirizzo digitale di un terzo, ma gli effetti della designazione del proprio domicilio digitale cui vadano effettuate le comunicazioni.
Cos`ı confinato il tema, la soluzione sembra pero` essere identica, se- condo l’applicazione dell’art. 141, comma 2, c.p.c. per cui «l’elezione di domicilio fatta dalla parte in sede di stipula del contratto non ha, in difetto di un’espressa e chiara volonta` contraria, carattere esclusivo, sicche´ essa non osta a che gli atti inerenti al rapporto contrattuale (nella specie, disdetta) vengano trasmessi al diverso indirizzo riferibile alla parte mede- sima» (103): cio` che confermerebbe a contrariis come un’elezione di do- micilio speciale tranchant dovrebbe vietare le comunicazioni fatte in altro luogo.
Tuttavia c’e` da dire, a proposito del domicilio fisico, che l’elezione di un (proprio) domicilio speciale ben possa rispondere ad interessi merite- voli di tutela, ad es. perche´ il destinatario si trovi per un determinato periodo in un certo luogo e voglia ricevere solo l`ı le comunicazioni, es- sendo certo di poterle esaminare subito, laddove se giungessero in luogo diverso non vi riuscirebbe.
Questo argomento non e` pero` proponibile a proposito del domicilio digitale, sia perche´ le comunicazioni non si esaminano in collegamento ad un luogo fisico – il server dove sono memorizzate puo` anche trovarsi dall’altra parte del mondo senza impedire l’accesso alla casella pec (104)
–, sia perche´ sussiste il gia` ricordato «obbligo di fare un uso diligente del proprio domicilio digitale» (art. 3 bis, comma 1 bis, c.a.d.), inteso anche nell’accezione di onere di verificare (ai sensi dell’art. 1335 c.c.) le comu- nicazioni che arrivino. E questo senza dimenticare che l’art. 141 c.p.c. si
(101) Cass., 10 novembre 1997, n. 11037.
(102) In tema di domicilio fisico ricorda XXXXXXX, op. cit., p. 118, che «non si ammette quindi nel nostro ordinamento l’elezione di un domicilio generale»; cosı` anche ESU, op. cit., p. 627.
(103) Cass., 22 dicembre 2015, n. 25731; Cass., 23 gennaio 2001, n. 904; Cass., 23
settembre 1996, n. 8399; Cass., 21 dicembre 1991, n. 13849.
(104) XXXX, op. cit., p. 237.
riferisce al domicilio concordato pattiziamente, non a quello stabilito uni- lateralmente.
In materia di comunicazioni pec, dunque, nessuno puo` opporre il proprio diritto di non esaminare le comunicazioni che giungano ad un proprio determinato domicilio digitale, magari dicendo che lo consulta solo di tanto in tanto, perche´ questo comportamento non costituisce af- fatto «uso diligente del proprio domicilio digitale».
A ben vedere sarebbe come se qualcuno decidesse di non aprire la cassetta della posta fisica del domicilio fisico, che sia di per se´ sempre accessibile: l’art. 1335 c.c. non gli consentirebbe di negare valenza alla comunicazione, perche´ questo effetto si produce solo se la mancata notizia della comunicazione avvenga «senza sua colpa».
E` certamente vero che in questo modo si priva di funzione la desi-
gnazione di un domicilio digitale non professionale, ma in che modo si puo` distinguere con certezza una comunicazione professionale da un’altra? Una sanzione per divieto di sosta diretta ad un avvocato che ha parcheg- giato l’auto fuori del tribunale in luogo non consentito a quale domicilio digitale va diretta? E quali sono le comunicazioni «professionali» destinate a professioni atipiche non protette? A quale indirizzo va inviato un accer- tamento dell’Agenzia delle Entrate relativo ai redditi di un professionista? Per questa strada il contenzioso sulla validita` delle comunicazioni dirette ad un domicilio digitale anziche´ ad un altro non avrebbe mai fine! Dunque solo se la comunicazione pec non sia esaminabile ad un certo indirizzo pec risultante dai registri per fatto non imputabile al destinatario
–che abbia cioe` fatto «uso diligente del proprio domicilio digitale» – si potra` dire che la comunicazione non abbia prodotto effetto.
Questa soluzione deve pero` ancora affrontare la prova di resistenza della disciplina contenuta nel c.a.d.; in tal senso bisogna anzitutto dare atto che per le amministrazioni pubbliche esiste un regime del tutto particolare. Infatti, sebbene l’art. 6 ter, comma 1, del c.a.d. indichi il domicilio digitale Ipa «da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di infor- mazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbli- che amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati», invece l’art. 16 del d.l. n. 179 del 2012 ha creato il Reginde, cioe` il registro degli indirizzi pec scelto dalle amministrazioni «a cui ricevere le comunicazioni e notifi-
cazioni».
Il successivo art. 16 ter del d.l. n. 179 del 2012 ha quindi previsto che il pubblico elenco da cui trarre gli indirizzi per le notifiche, quanto alle amministrazioni, sia esclusivamente il Reginde, aggiungendo che solo «in caso di mancata indicazione nell’elenco di cui all’articolo 16, comma 12, la
notificazione alle pubbliche amministrazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale e` validamente effettuata, a tutti gli effetti, al domicilio digitale indicato nell’elenco previsto dall’art. 6-ter del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82», cioe` l’Ipa.
Quindi la nozione di domicilio digitale, per le pubbliche amministra- zioni, va ridimensionata, perche´ e` un domicilio diversamente idoneo alle comunicazioni, non valendo infatti per quelle giudiziarie, secondo una lettura ormai granitica nella giurisprudenza civile, sebbene non in quella penale (105).
Quanto invece ai privati, difettano indicazioni di sorta che denotino una invalidita` della comunicazione che giunga concretamente ad un do- micilio digitale del destinatario. Infatti il c.a.d. non prevede alcuna nullita` o inefficacia di una comunicazione che giunga comunque ad un domicilio digitale, sebbene non destinatario di quel tipo di comunicazione ed e` noto che, almeno in materia processuale, le nullita` sono tassative, non sembran- do in alcun modo che si possa essere in presenza di atto che difetti «dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo» (art. 156 c.p.c.), dato che la comunicazione arriva al destinatario.
E d’altronde e` stato lo stesso legislatore, nel modificare la formula originaria dell’art. 149 bis c.p.c., che consente le notificazioni informatiche a mezzo ufficiale giudiziario, a prevedere che questa vada fatta s`ı all’indi- xxxxx pec «risultante da pubblici elenchi», ma non distingue tra questi e percio` include quello Inad «personale».
(105) Infatti a proposito delle impugnazioni penali di inviare allo specifico indirizzo pec indicato dalla Direzione generali dei sistemi informativi e digitali (il tutto e` regolato dall’art. 24 del d.l. n. 137 del 2020 conv. con l. n. 176 del 2020), Cass. pen., sez. V, 8 luglio 2022, n. 26465, richiamando anche le sez. un. penali (sent. 24 settembre 2020, n. 1626), ha indicato che «questa Corte ha, comunque, privilegiato un approccio che ripudia un rigido formali- smo, e che risponde alla necessaria verifica della tutela dei valori che le prescrizioni formali introdotte intendono presidiare e che, sostanzialmente, si individua nella certezza dell’iden- tificazione del mittente, attraverso la identita` digitale delineata dall’indirizzo pec ufficial- mente attribuito al difensore, ed all’autenticita` della sottoscrizione (sez. VI, n. 40540 del 28 ottobre 0000, Xxxxxxxxx, Xx. 000000; Sez. VI, n. 40540 del 2021; Sez. I, n. 2784 del 20 dicembre 2021, dep. 0000, Xxxxxxx, Xx. 000000; Sez. I, n. 41098 del 15 ottobre 0000, Xxxxxx, Xx. 282151)», sicche´ «va affermato che l’impugnazione, trasmessa ad un indirizzo di posta elettronica non censito nell’elenco allegato al provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, contenente l’individua- zione degli indirizzi pec degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui al D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, non puo` essere dichiarata inammissibile se, nel termine, l’atto e` comunque ricevuto dall’ufficio a quo e trasmesso al giudice dell’impugnazione». V. anche la nota succ.
Insomma, sempre alla luce dell’obbligo di far uso diligente di tutti i propri domicili digitali, mi pare che non si possa in alcun modo argomen- tare l’invalidita` di una notifica fatta al domicilio digitale non professionale o a quello eletto unilateralmente. Una tale soluzione mi pare confortata da una decisione, isolata rispetto al resto delle pronunce del S.C. ma che condivido, per la quale «nella pur farraginosa disciplina di settore, del resto, si rinvengono numerosi indizi che confermano l’esattezza dell’inter- pretazione gia` sposata dalle Sezioni Unite di questa Corte, fondata sulla sostanziale equipollenza tra le risultanze dei diversi registri, INIPEC e Re.G.Ind.E.» (106).
Quanto agli atti sostanziali, e` ben difficile sostenere l’ipotesi di una nullita` virtuale, perche´ non emerge in alcun modo che la comunicazione che effettivamente giunga ad un domicilio del soggetto, diverso pero` da quello da lui indicato, violi norme imperative di legge.
Si tratta a tutto concedere di un interesse specifico del destinatario che pero`, come ripetutamente evidenziato, e` comunque tenuto a «fare un uso diligente del proprio domicilio digitale» e dunque a consultarlo, non po- tendo sapere in anticipo cosa giunga nella casella pec. In altre parole, per
(106) E` l’inedita Cass., 3 febbraio 2021, n. 2460, dalla cui lunga motivazione si trae anche, con riferimento all’art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, che «l’elenco di tali indirizzi di posta elettronica certificata (denominato Re.G.Ind.E.), formato dal Ministero della giustizia, e` consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati. Tale norma, pero`, non sancisce espressamente un privilegio di esclusivita` del predetto registro, rispetto agli altri…Nessuna sostanziale differenza, pertanto, si rinviene tra i due registri INIPEC e Re.G.Ind.E., ne´ sotto il profilo della provenienza delle informazioni in essi contenute, che appare analogamente qualificata, ne´ per quanto attiene all’aspetto delle modalita` di gestione e tenuta dei due elenchi, che in entrambi i casi e` assicurata da una amministrazione centrale dello Stato, con modalita` idonee ad assicurare la necessaria sicurezza delle informazioni ritraibili da ambedue le fonti di cui si discute». Con l’affermazione quindi del «seguente principio di diritto: “A seguito dell’istituzione del cd. “domicilio digitale” di cui al D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-sexies convertito con modificazioni in l. 7 dicembre 2012, n. 221 come modificato dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90 convertito con modificazioni in L. 11 agosto 2014, n. 114 le notificazioni e comunicazioni degli atti giudiziari, in materia civile, sono ritualmente eseguite - in base a quanto previsto dal d.l. n. 179 del 2012, art. 16 ter, comma 1, modificato dal d.l. n. 90 del 2014, art. 45-bis, comma 2, lett. a), n. 1), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 114 del 2014, e successi- vamente sostituito dal d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, art. 66, comma 5, con decorrenza dal 15.12.2013 - presso un indirizzo di posta elettronica certificata estratto da uno dei registri indicati dal D.Lgs. n. 82 del 2005, artt. 6-bis, 6-quater e 62 nonche´ dall’art. 16, comma 12 stesso decreto, dal d.l. n. 185 del 2008, art. 16, comma 6, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 2 del 2009, nonche´ il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia e, quindi, indistintamente, dal registro denominato INIPEC e da quello denominato Re.G.Ind.E.”». In senso esattamente opposto v. invece Cass., 16 giugno 2022, n. 19351.
configurare l’inefficacia della comunicazione che giunga ad un domicilio digitale che la parte abbia destinato ad altre comunicazioni, si dovrebbe configurare il suo diritto di «scartare» la comunicazione di cui deve pero` prendere conoscenza e che la pec di ricezione dimostri essergli giunta: francamente mi pare che il risultato sia inaccettabile.
Solo cosı`, ritengo, si rispetta l’indicazione dell’art. 6 c.a.d, per cui «le
comunicazioni elettroniche trasmesse ad uno dei domicili digitali di cui all’articolo 3-bis producono, quanto al momento della spedizione e del ricevimento, gli stessi effetti giuridici delle comunicazioni a mezzo racco- mandata con ricevuta di ritorno ed equivalgono alla notificazione per mezzo della posta salvo che la legge disponga diversamente».
L’unica eccezione ammissibile a questa conclusione e` l’ipotesi dell’in- dirizzo pec che non sia inserito in alcun registro: anzitutto perche´ qui il suo titolare non vuole che sia reso pubblico e quindi non intende che si realizzi l’effetto indicato dall’art. 6 c.a.d. Da questo punto di vista, una pec tenuta riservata o comunque non inserita in pubblici elenchi, sembra riconducibile piu` ad un elemento dell’identita` digitale di un soggetto, che deve essere oggetto di protezione dalle altrui ingerenze (107), che rappresentare un indirizzo cui inviare liberamente le proprie comunica- zioni.
In secondo luogo perche´ e` solo l’inserimento in uno dei tre registri che completa la fattispecie di «domicilio digitale», non la sola creazione di un indirizzo pec.
Come detto prima, tale situazione non puo` pero` riguardare i soggetti che possiedano una pec obbligatoria, perche´ questa e` inserita automatica- mente nell’Inipec e, di qui, dell’Inad.
Quanto alle amministrazioni pubbliche, ferma la gia` ricordata neces- sita` di utilizzare l’indirizzo incluso nel Reginde per gli atti giudiziari, per quelli sostanziali mi pare che la soluzione sia identica. Infatti il comma 1 ter dell’art. 6 c.a.d. prescrive che «elenco dei domicili digitali dei soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettere a) e b), e` l’Indice degli indirizzi della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi, di cui all’arti- colo 6-ter».
La disposizione (in astratto) non consentirebbe cioe` alle pubbliche amministrazioni di avere indirizzi non inseriti nell’Ipa. Inoltre l’art. 6 ter
(107) Sul tema dell’identita` digitale v. il recente studio di C. XXXX, Consenso «negoziato» e circolazione dei dati personali, Torino, 2021, p. 17 ss., dove per dato personale si intende
«qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile» (xxx, p. 20).
c.a.d. precisa che nell’Ipa «sono indicati i domicili digitali da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di docu- menti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati», ma non prevede l’inefficacia della comuni- cazione che comunque giunga ad una amministrazione. Quindi allorche´ un’amministrazione sia munita di piu` pec, come normale per quelle locali e molte altre e queste pec siano inserite nell’Ipa, un errore di comunicazione di un atto sostanziale rispetto alla pec da utilizzare e` irrilevante.
Quanto infine al domicilio digitale solo personale, che puo` essere aperto dal privato nei casi gia` indicati, credo che escludere la validita` di una comunicazione che giunga lı` sia ipotesi da scartare, perche´ manca qualsiasi disposizione che consenta la conclusione, mentre il solo fatto di aver reso pubblico l’indirizzo pec, in assenza di regole che consentano il rifiuto della comunicazione e stante l’obbligo del suo uso diligente, ne comporta l’efficacia.
10. – La letteratura in tema di domicilio fisico ha configurato la no- zione di «domicilio obbligatorio», riferendola all’ipotesi in cui o qualche disposizione di legge prescriva un domicilio ad una persona a prescindere dalla sua volonta`, come per il minore o l’interdetto (108), domicilio che si estingue con il venir meno dell’incapacita` o della minore eta` (109) oppure un’elezione di domicilio obbligatoria in determinata fattispecie (110).
Per il primo caso il problema «digitale» non sussiste, perche´ occorro- no maggiore eta` e capacita` di agire per essere muniti di pec (111), altro essendo che un maggiorenne, divenuto incapace, conservi un domicilio digitale perche´ l’incapacita` non sia emersa, trattandosi pero` in questo caso di assenza di colpa che, ex art. 1335 c.c., impedisce la validita` della co- municazione.
Rientra invece nella seconda categoria ad es. l’art. 2839 c.c., che im- pone al creditore che iscrive ipoteca, di eleggere domicilio nella circoscri- zione del tribunale in cui ha sede la conservatoria dei registri immobiliari, per evitare che atti a lui diretti siano notificati in cancelleria (art. 2844 c.c.). Lo stesso obbligo grava sul terzo acquirente di immobili ipotecati,
(108) E` il domicilio legale, v. ex multis Esu, op. cit., p. 614 ss.; BIANCA, op. cit., p. 274, domicilio che nel passato veniva appunto definito necessario: XXXXXXXX, op. cit., 164; DE XXXXXXXX e XXXXX, op. cit., p. 186.
(109) XXXXXXXX, op. cit., p. 165.
(110) V. ad es. DEGNI, op. cit., p. 64; XXXXXXX, op. cit., p. 901.
(111) Cosı` come lo sono per eleggere un domicilio speciale, come si diceva da sempre: XXXXXXXX, op. cit., p. 166.
che intenda liberarxx (art. 2890 cc.) o su chi notifichi un atto di opposizione alle nozze (art. 103 c.c.).
Xxx noto agli avvocati era anche l’obbligo di eleggere domicilio nella circoscrizione del tribunale ove patrocinano la lite, come prevedeva l’ori- ginario art. 82 r.d. n. 37 del 1934 per i «procuratori legali», venuto meno con la prima modifica dell’art. 83 c.p.c. operata dall’art. 25 della l. n. 183 del 2011 (112) che, prima di essere modificata eliminando la previsione (113), aveva imposto di inserire il proprio indirizzo pec «comunicato al proprio ordine» al fine di consentire le comunicazioni in forma telematica (114). Oggi la disciplina in essere (115) prevede che ogni comunicazione del processo civile si faccia ai domicili digitali obbligatori risultanti dall’Inipec (artt. 136, 137, 149 bis, 366 c.p.c.), essendo ogni professionista necessa- riamente munito di domicilio obbligatorio. In materia processuale, oltre alle disposizioni appena ricordate, l’art. 480 c.p.c. impone, a chi notifichi il precetto, di eleggere domicilio nel circondario del tribunale; analogo ob- bligo sussiste per il debitore pignorato al fine di inoltrargli le comunica- zioni del giudice dell’esecuzione (art. 492 c.p.c.).
(112) L’articolo in esame, «impiego della posta elettronica certificata nel processo civile», ha modificato varie disposizioni sulle comunicazioni, prevedendo anche le notifica- zioni dell’ufficiale giudiziario (art. 149 bis c.p.c.).
(113) Dall’art. 00 xxx xxx x.x. x. 00 del 2014.
(114) Cosı` Cass., sez. un., 20 giugno 2012, n. 00000, Xxxx xx., 2013, 1, 1287: «l’art. 82 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37 – secondo cui gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all’atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l’autorita` giudiziaria presso la quale il giudizio e` in corso, intendendosi, in caso di mancato adempimento di detto onere, lo stesso eletto presso la cancelleria dell’autorita` giudiziaria adita – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell’attivita` forense fuori del circondario di assegnazione dell’avvocato, come derivante dall’iscrizione al relativo ordine professionale, e, quindi, anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d’appello e l’avvocato risulti essere iscritto all’ordine di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d’appello, ancorche´ appartenente allo stesso distretto di quest’ultima. Tuttavia, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dall’art. 25 della legge 12 novembre 2011, n. 183, esigenze di coerenza sistematica e d’interpretazione costituzionalmente orien- tata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione “ex lege” presso la cancelleria dell’autorita` giudiziaria, innanzi alla quale e` in corso il giudizio, ai sensi dell’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all’obbligo prescritto dall’art. 125 c.p.c. per gli atti di parte e dall’art. 366 c.p.c. specifica- mente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine».
(115) L’intera materia e` disciplinata dagli artt. 16-16 undecies del d.l. n. 179 del 2012, conv. con l. n. 179 del 2012.
La funzione di tutte queste norme era chiaramente legata alla necessita` di rendere facili le comunicazioni e le notificazioni fisiche, problema con- creto al tempo in cui le disposizioni furono emanate.
Si era detto peraltro che «i suoi effetti, invero, sono sempre favorevoli all’eligente: il quale se, anche possa riuscirgli incomodo soddisfare l’onere, eventualmente sussistente, di costituire un embrione di ufficio in una sede forse remota da quelle a lui abituali, ne ritrarra` pur sempre il beneficio di vedersi assicurata la ritrasmissione degli atti che ivi gli vengano notificati. Ne´ i soggetti che debbano effettuare tali notificazioni risentiranno svan- taggio dall’elezione: anzi essa e` generalmente preordinata alla tutela dei loro interessi; ai loro fini, infatti, o il domicilio eletto e` concorrente – come destinazione delle comunicazioni – con altra sede, o, nei casi in cui e` esclusivo, e` noto agli interessati» (116).
Tale funzione e` pero` venuta meno con l’istituzione del domicilio di- gitale, come la giurisprudenza ha sancito a proposito dell’obbligo di ele- zione di domicilio dell’avvocato.
L’indicazione del proprio domicilio digitale, cui e` alternativa l’elezione di domicilio presso un difensore tenuto al domicilio digitale, elimina infatti ogni onere «fisico» connesso con le difficolta` di comunicazione.
In altre parole, da un lato e` venuta meno la ragione materiale, legata alla fisicita` della comunicazione, di renderla agevole senza che l’ufficiale giudiziario debba percorrere il territorio per notificare l’atto ove sia xxxxxx- sto di procedere a mani proprie anziche´ con la posta. Dall’altro la piu` volte ricordata funzione del c.a.d. ha reso obsolete le comunicazioni cartacee a e tra i professionisti, le imprese e le amministrazioni, privando di ragion pratica le vecchie disposizioni.
E` percio` agevole concludere nel senso che quella soluzione valga in
generale per ogni obbligo similare, potendo la parte obbligata indicare l’indirizzo pec per consentire di assolvere agli obblighi comunicativi, esclu- dendo quindi radicalmente la possibilita` di notificazioni presso la cancel- leria.
11. – Le conclusioni che si possono trarre da quanto esaminato si riassumono nel rilievo che il termine «domicilio digitale» e` fuorviante, perche´ spinge ad interpretarlo sulla base di una nozione classica di domi- cilio che invece nulla ha a che fare con quella nuova.
(116) XXXXXXX, op. cit., p. 901-902; quasi alla lettera ESU, op. cit., p. 633 ma per entrambi
ab ovo XXXXXXXX, op. cit., p. 167.
Il domicilio digitale e` semplicemente un indirizzo reso pubblico in appositi registri, cui possono essere inviate le comunicazioni non cartacee. E` pero` un sistema inutilmente complicato, tipico delle leggi italiane
degli ultimi decenni, in cui si moltiplicano senza ragione le fattispecie, solo a pensare alla distinzione tra domicilio digitale professionale, non profes- sionale ed eletto, cui si aggiunge la possibilita`, per le amministrazioni pubbliche, di usare indirizzi diversi sebbene inseriti in registri pubblici
(Ipa e Reginde), per le comunicazioni sostanziali e quelle processuali. E` di conseguenza perfino difficile pensare al «domicilio digitale» come istituto munito di un minimo di coerenza interna, se considerata in rela-
zione all’unica funzione attribuibile, ovvero di rendere certe e rapide le comunicazioni.
La quantita` di sentenze che gia` si pronunciano su questi problemi e` la miglior conferma di una innovazione che poteva essere utilissima (un unico «domicilio digitale» per tutti e per ogni forma di comunicazione) e che invece, cosı` come realizzata, crea una confusione di cui si poteva francamente fare a meno.
Vedremo se nel futuro il legislatore mettera` un po’ di ordine in questa selva di disposizioni o se alla fine, come spesso accade, ci si dovra` adattare a come la giurisprudenza regolera` i conflitti che ne derivano.
Un dato pero` emerge pensando al passato: che era nel giusto chi aveva pensato di eliminare la nozione di domicilio, mantenendo solo la residen- za, utile a tutti gli effetti, salva ovviamente la possibilita` di fissare un indirizzo specifico per eventuali affari o comunicazioni, chiamandolo come meglio si volesse (domicilio speciale, indirizzo speciale, ecc.).
Oggi abbiamo l’indirizzo fisico (uno o quanti se ne vuole), la dimora (a volonta`, sia pure non contestualmente), la residenza ed il domicilio (alme- no questi, unici entrambi), il domicilio eletto (anche qui, a volonta`), il
«domicilio digitale», che nei fatti e` quanto risulta dalle regole sopra elen- cate ed infine l’indirizzo pec inserito nel Reginde per le amministrazioni pubbliche.
Altro che entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem!