Collaborazioni occasionali: le mini co.co.co.
Articolo pubblicato sul numero 24|2015 del 15/06/2015
Collaborazioni occasionali: le mini xx.xx.xx.
di Xxxxxxx Xxxxxxx
Mini xx.xx.xx.: entriamo nel dettaglio e spieghiamo le caratteristiche di questo tipo di contratto che viene toccato in maniera importante dal jobs act di futura emanazione (tipologie contrattuali)
Nelle norme codicistiche, oltre alla nozione di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c. e a quella di lavoro autonomo ex art. 2222 c.c., emergono altre tipologie di rapporto che non sono inquadrabili né nella prima né nella seconda fattispecie e per questo definite di tipo parasubordinato.
Lavoro : Rapporto di lavoro : Collaborazioni coordinate e continuative
Cod.civ. art. 2094
D.P.R. n. 600 del 1973, art. 24
D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23
D.P.R. n. 917 del 1986, art. 50 D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61
Xxxx. XxxXxxxxx x. 00 del 15 febbraio 2007
Circ. MinLavoro n. 1 del 8 gennaio 2004
Circ. INPS n. 9 del 22 gennaio 2004
Circ. INPS n. 41 del 13 marzo 2006
La categoria del lavoro parasubordinato, in realtà, è frutto delle elaborazioni giurisprudenziali e dottrinali e il contratto che appartiene a tale tipologia e meglio la rappresenta è il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (xx.xx.xx.).
Lo stesso per la prima volta è stato disciplinato dalla legge n. 741/1959 (cd. Xxxxx Xxxxxxxxx) in materia di estensione erga omnes dei contratti di lavoro che, all’art. 2, garantiva un minimo inderogabile di trattamento economico e normativo anche ai rapporti di collaborazione che si concretino in prestazione d’opera continuativa e coordinata.
Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa ha poi trovato la propria collocazione normativa nell’art. 409 n. 3 c.p.c., relativo alle controversie individuali, in base al quale il lavoratore che è inquadrato in tale fattispecie si può definire come colui che effettua una prestazione d’opera non a carattere subordinato, caratterizzata dai seguenti requisiti:
● la collaborazione con il committente;
● la continuità della prestazione, quindi la non occasionalità;
● il coordinamento col committente quindi connessione funzionale tra le attività del committente e
lavoratore che si concretizza in un inserimento nell’organizzazione aziendale;
● la prestazione prevalentemente personale.
Il legislatore, preoccupato dall’uso distorto di tali tipologie lavorative, ma soprattutto attento ad un risparmio dei costi, con il D.Lgs. n. 276/2003 ha cercato di delineare e a disciplinare in modo rigoroso le collaborazioni che più preoccupavano in questo contesto introducendo la figura del lavoro a progetto.
Con tale ultima normativa si è introdotta, invero, la funzione del contratto di collaborazione in argomento, diretta a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso.
Il campo di applicazione delle norme sul progetto è costituito dalle collaborazioni coordinate e continuative, per cui vanno preliminarmente esclusi da tale disciplina tutti i rapporti di lavoro che hanno una qualificazione giuridica diversa, quali ad es. il lavoro autonomo occasionale, il lavoro occasionale accessorio.
Tra le tipologie escluse dal progetto si ritrovano, tra l’altro, la figura dei mini xx.xx.xx. ed altre fattispecie quali gli agenti e rappresentanti di commercio, i servizi di cura e assistenza alla persona, gli esercenti professioni intellettuali, le collaborazioni rese a favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche, i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società, i partecipanti a collegi e commissioni di società, i soggetti che percepiscono la pensione di vecchiaia.
Sono inoltre escluse tutte le xx.xx.xx. rese a favore delle Pubbliche Amministrazioni, poiché l’intera riforma Biagi non si applica al settore pubblico
Alle fattispecie su richiamate, nell’esclusone del progetto, in quanto al di fuori dalla portata applicativa della legge, si aggiungono anche una serie di prestazioni rese sotto forma di xx.xx.xx., per le quali non si ritiene sussistente il rischio di comportamenti irregolari o elusivi e non si pone quindi quella necessità di tutela, che rappresenta la finalità principale della riforma.
Visto che legislatore non ha specificato cosa debba intendersi per progetto, programma o fase di esso, a ciò ha dovuto supplire la giurisprudenza accompagnata da appositi interventi del Ministero del lavoro, che con alcune circolari ha avuto più volte l’occasione per fare il punto della situazione e cercare di mettere un poco di chiarezza nella giungla dei diversi orientamenti che si sono creati.
Questa problematica, tuttavia, esula dal presente lavoro, che invece mira a inquadrare la tematica delle mini xx.xx.xx.
Le mini xx.xx.xx.
Si tratta di quelle tipologie lavorative che rientrano nell’art. 61, co. 2 del D.Lgs. n. 276/2003, così come modificato dall’art. 48, co. 7 della Legge n. 183/2010, il quale esclude l’obbligo di ricondurre a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’articolo 409, n. 3, c.p.c. che rientrano nelle cd. prestazioni occasionali, ovvero quei rapporti di collaborazione con lo stesso committente il cui compenso non superi un determinato importo economico ed una stabilità durata.
Precisamente, ai sensi della predetta norma, per mini xx.xx.xx. si intendono i rapporti di durata
complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare ovvero, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, fermo restando che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare non sia superiore a 5 mila euro.
In pratica, ai sensi della predetta norma, si devono rispettare i seguenti elementi:
● durata complessiva annua (1 gennaio – 31 dicembre) non superiore a 30 giorni (la prestazione giornaliera potrà essere anche di un’ora o di 10 ore non rilevando ai fini del conteggio delle giornate) o a 240 ore nell’ambito dei servizi di cura e assistenza della persona con lo stesso committente;
● compenso annuo complessivo non superiore a 5 mila euro
In sostanza – come definite dalla circolare del Ministero del lavoro n. 1/2004 - si tratta di collaborazioni coordinate e continuative di portata limitata, atteso l’arco di tempo ridotto (inferiore a 30 giorni) ed un importo contenuto (non superiore a 5 mila euro nell’anno solare con lo stesso committente).
In merito al concetto del periodo temporale di 30 giorni, si evidenzia l’esistenza di due interpretazioni.
Secondo un primo indirizzo – seguito in ambito ispettivo ma mai formalizzato in una circolare o altro documento di prassi ministeriale – i 30 giorni sono considerati come periodo in un intervallo di tempo.
In base ad un ulteriore orientamento, invece – che si basa su un dato letterale della norma coordinata con il requisito delle 240 ore nell’ambito dei servizi di cura e assistenza – i 30 giorni sono di giorni effettivi nell’anno solare, difatti, se le 240 ore sono intese come ore effettive, il tenore letterale della norma, porta a ritenere che anche i 30 giorni siano di effettivo lavoro.
Caratteristiche
I collaboratori coordinati e continuativi rappresentano dunque una categoria intermedia fra il lavoro autonomo e quello dipendente.
Essi hanno piena autonomia operativa, nel quadro di un rapporto unitario e continuativo con il committente. Sono, perciò, inseriti funzionalmente nell’organizzazione aziendale di quest’ultimo, a cui è riconosciuta la facoltà di coordinare l’attività dei collaboratori con le esigenze della propria organizzazione
In tale contesto i mini xx.xx.xx., come è stato visto sono esclusi dal vincolo del progetto.
L’Inps, con circ. n. 9/2004, ha stabilito che il superamento dei limiti stabiliti (compenso non superiore a 5 mila euro e durata della prestazione non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare, ovvero non superiore a 240 ore nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona) qualora ciò dovesse avvenire per effetto del susseguirsi, in capo allo stesso collaboratore, di una pluralità di rapporti, non rende necessaria l’esistenza del progetto o del programma di lavoro.
D’altro canto, l’entrata in vigore dell’art. 61 del D.Lgs. n. 276/2003 non ha abrogato le disposizioni del contratto d’opera, ne consegue che, nel caso un prestatore d’opera superi, nei rapporti con uno stesso committente, uno dei due limiti previsti del secondo comma dell’articolo citato, non necessariamente dovrà veder qualificato il proprio rapporto come collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi verificare il caso che quel prestatore abbia reso una o più prestazioni d’opera ai sensi dell’art. 2222 e seguenti cc.
I requisiti tipici della collaborazione coordinata e continuativa rimangono, quindi:
● la collaborazione autonoma, che si tratta pur sempre di un’obbligazione di risultato, in cui il collaboratore decide, autonomamente, tempi e modalità di esecuzione della commessa. Anche in questo caso, per evitare disconoscimenti di sorta, non devono riscontrarsi gli indici tipici della subordinazione;
● la continuità, nel senso che la prestazione non ha carattere occasionale ma, seppur mini, continuativo;
● il coordinamento del collaboratore con le esigenze dell’organizzazione aziendale, in cui la collaborazione, anche nel caso in cui sia prestata autonomamente dall’esterno dell’impresa, è svolta in funzione delle finalità e delle necessità organizzative del soggetto beneficiario;
● la personalità della prestazione, cioè, prevale il carattere personale dell’apporto lavorativo;
● l’utilizzo dei mezzi di proprietà del committente;
● la retribuzione predeterminata, periodica, proporzionale alla prestazione, funzionale non al tempo impiegato, bensì al risultato da perseguire;
● la non attrazione dell’attività lavorativa all’oggetto dell’eventuale professione svolta abitualmente dal collaboratore.
In considerazione della modesta durata della collaborazione, il legislatore, dunque, ha ritenuto le mini xx.xx.xx. non meritevoli della tutela del progetto, ma sotto il profilo giuridico, e quindi anche previdenziale, restano a tutti gli effetti delle collaborazioni coordinate e continuative, di cui conservano i requisiti tipici.
Solo l’eventuale superamento anche di uno solo dei due limiti fa scattare l’obbligo del progetto; viceversa – come è stato sopra accennato – l’obbligo non scatta se uno o entrambi i limiti vengono superati per effetto del susseguirsi, in capo allo stesso collaboratore, di una pluralità di rapporti.
Le mini xx.xx.xx. vanno tenute distinte da altre fattispecie con tratti analoghi.
Innanzitutto vanno differenziate dal lavoro occasionale accessorio, previsto dagli articoli 70 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003, che si applica a prestazioni meramente accessorie non riconducibili a tipologie contrattuali tipiche di lavoro subordinato o autonomo ed i cui compensi (previsti con il sistema dei
c.d. “buoni lavoro”) sono del tutto esenti ai fini fiscali e non incidono sullo stato di disoccupato o inoccupato.
Inoltre, non vanno confuse con il lavoro autonomo occasionale concernente prestazioni che trovano la loro fonte normativa nelle disposizioni dell'art. 2222 e ss. cc. sul contratto d'opera, e che, a prescindere dalla durata e dall'importo percepito, hanno carattere del tutto episodico e sono completamente svincolate dalle esigenze di coordinamento con l'attività del committente.
Al riguardo, nel caso delle mini xx.xx.xx. le prestazioni non sono autonome ma sono caratterizzate da
tutti gli elementi delle collaborazioni coordinate e continuative, per cui si può dire che il collaboratore minimo è colui che effettua una prestazione d’opera non a carattere subordinato, con gli ulteriori requisiti sopra richiamati (collaborazione con il committente, continuità della prestazione, ecc.).
Si è in definitiva dinanzi a collaborazioni coordinate e continuative che per la loro marginalità non necessitano di un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ma, per il resto, seguono la disciplina delle cd. collaborazioni a progetto.
Infatti, come chiarito dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1/2004, le prestazioni occasionali di cui all’art. 61, c. 2, D.Lgs. n. 276/2003 sono collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data la loro limitata portata, si è ritenuto non fosse necessario il riferimento al progetto e, dunque, di sottrarle dall’ambito di applicazione della nuova disciplina.
Adempimenti formali e procedurali
Il contratto di collaborazione occasionale non richiede particolari formalità.
In caso di ricorso a tale tipologia di prestazione lavorativa, infatti, non è previsto alcun vincolo di forma contrattuale, potendo il contratto essere concluso anche solo verbalmente.
Tuttavia, per evitare controversie di sorta con il committente, è preferibile che venga stipulato un accordo scritto, siglato da entrambe le parti, che funga da elemento di prova utile per la dimostrazione dell’esistenza dell’accordo e del suo contenuto.
In base alla normativa in merito si prescrive:
● la preventiva comunicazione al centro per l’impiego;
● l’obbligo d’iscrizione nel Libro Unico del Lavoro;
● la consegna, all’atto del pagamento, di un prospetto paga;
● la denuncia dei dati retributivi individuali del lavoratore;
● l’elaborazione del CUD.
A partire dal 1° gennaio 2007, ai sensi del comma 1180 dell'art. unico della Legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007) corre l’obbligo di comunicare al Centro per l'Impiego, entro il giorno precedente, l'inizio di un nuovo rapporto di lavoro.
L'obbligo di comunicazione esisteva già per i rapporti di lavoro dipendente, viene applicato dunque alle diverse forme di lavoro subordinato (a tempo indeterminato, a termine, decentrato, a orario ridotto, a causa mista), al lavoro autonomo in forma coordinata e anche a tutti i lavoratori parasubordinati, tra cui i lavoratori mini xx.xx.xx.
I soggetti su cui incombe l'obbligo di comunicazione, come specificato dal Ministero del lavoro, con circolare del 15/2/2007, sono tutti i datori di lavoro, nella più ampia accezione del termine, intendendo per tali ogni persona fisica e giuridica, nonché ente pubblico e pubblica amministrazione, titolare del rapporto di lavoro.
Non viene dunque contemplata nessuna eccezione, né con riguardo alla natura giuridica, né al
settore economico di appartenenza ovvero alla dimensione o all'ubicazione.
Il datore di lavoro deve, pertanto, comunicare l'instaurazione del nuovo rapporto entro il giorno precedente all’inizio dello stesso.
Se l'ultimo giorno utile cade in un giorno festivo non si può far valere la regola della proroga automatica del termine al giorno successivo, poiché ciò, come appare evidente, equivarrebbe non a differire un termine ma a vanificarne la finalità, dal momento che la comunicazione non sarebbe più preventiva. In questi casi la comunicazione può essere fatta in un giorno precedente non festivo, ovvero nel giorno festivo con gli strumenti disponibili, purché attestanti la data certa di trasmissione.
La comunicazione relativa all'instaurazione del rapporto di lavoro deve contenere le seguenti informazioni minime:
● a) i dati anagrafici del lavoratore (codice fiscale, nome, cognome, luogo e data di nascita, residenza e/o domicilio);
● b) la data di assunzione (coincide con la data di iscrizione del lavoratore nei libri obbligatori);
● c) la data di cessazione (salvo il caso di rapporto a tempo indeterminato).
Al riguardo, si precisa che nei casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro è certa nella scelta ma incerta nel momento (come nei casi di contratti a termine a fronte di ragioni di natura sostitutiva) vada comunque indicata all'atto dell'instaurazione una data presunta di cessazione;
● d) l'esatta tipologia contrattuale tra quelle previste dall'ordinamento;
● e) la qualifica professionale attribuita al lavoratore all'atto dell'assunzione;
● f) il trattamento economico e normativo riconosciuto.
Le comunicazioni di assunzione, cessazione, trasformazione e proroga dei rapporti di lavoro autonomo, subordinato, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali, previste dalla normativa vigente, inviate al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro, sono valide ai fini dell'assolvimento degli obblighi di comunicazione nei confronti delle direzioni regionali e provinciali del lavoro, dell'INPS, dell'INAIL o di altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, nonché nei confronti della prefettura-ufficio territoriale del Governo.
Regime fiscale
Trattandosi comunque di collaborazioni coordinate e continuative, anche se occasionali, ad esse si applica la stessa disciplina fiscale e previdenziale prevista per le collaborazioni a progetto e per quelle coordinate e continuative.
Le mini xx.xx.xx. rientrano dunque tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ai sensi dell’art. 50, c. 1, lett. c-bis) del D.P.R. n. 917/1986. Si applicano, quindi, le disposizioni in materia di ritenute e di conguaglio ai sensi degli artt. 23 e 24 del D.P.R. n. 600/1973. Il sostituto d’imposta è inoltre tenuto ad applicare sui compensi corrisposti le addizionali Irpef, se dovute, (regionale ed eventualmente comunale), sulla base della relativa specifica disciplina.
Il collaboratore, in quanto comparabile al lavoratore dipendente, fa scattare in capo al committente, tutti quegli oneri fiscali, di tipo formale e sostanziale, inerenti al tipo di rapporto.
Il compenso verrà erogato al netto delle ritenute fiscali gravanti sul collaboratore, ai sensi degli artt. 23 e 24 del D.P.R. n. 600/1973. In merito, si applicano le detrazioni d’imposta cui il lavoratore ha diritto.
L’anno successivo allo svolgimento della prestazione, il collaboratore dovrà ricevere dal committente il Modello CUD, riassuntivo del compenso percepito e del trattamento fiscale e contributivo subito. In mancanza di altri redditi da dichiarare o spese da detrarre, tale modello è sufficiente a giustificare i propri redditi davanti all’Erario.
Nei confronti dei collaboratori occasionali, il regime contributivo e fiscale dei rimborsi per trasferte, vitto e alloggio è quello applicabile ai lavoratori dipendenti. Entro certi limiti, è prevista, pertanto, l’esenzione alla fonte da ogni imposizione.
Tali prestazioni, come precisa l’Inps con apposita circ. n. 41/2006, sono soggette a contribuzione nei confronti della Gestione Separata di cui all’art. 2, co. 26 della legge 8 agosto 1995 n. 335, solo qualora sia configurabile un rapporto di collaborazione coordinata di cui all’art. 50, co. 1, lett. c-bis del TUIR e non ci si trovi in presenza di un rapporto di lavoro autonomo di cui all’art. 2222 c.c..
Infine, per quanto riguarda le prestazioni occasionali di cui all’art. 61, co. 2, che non superino i 5 mila euro e i trenta giorni con lo stesso committente, l’istituto previdenziale conferma che le giornate di attività svolte a tale titolo non sono utili né per il diritto né per la misura della indennità di disoccupazione.
Aspetti contributivi
Le collaborazioni occasionali sono, dunque, soggette agli obblighi contributivi presso la Gestione separata in maniera identica agli altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Il limite di 5 mila euro non costituisce una franchigia a fini contributivi, ma ha esclusivamente lo scopo di escludere le mini xx.xx.xx. dall’ambito di applicazione della disciplina del lavoro a progetto. Quindi, i compensi erogati devono essere integralmente assoggettati al prelievo contributivo.
La normativa assimila i redditi, percepiti da questa tipologia di lavoratori, a quelli dei lavoratori dipendenti. Perciò, ai fini previdenziali e fiscali, la base imponibile è costituita da tutte le somme e i valori in genere riscossi in relazione al rapporto di lavoro, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali.
Nel fondo Inps gestione separata l’onere contributivo è ripartito tra committente e lavoratore.
A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs.183/2010 (Collegato Lavoro), il committente, in caso di mancato versamento alla Gestione separata delle ritenute previdenziali effettuate, soggiace alle stesse penalità già previste per i datori di lavoro che omettano di versare le ritenute operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.
L’obbligo di versamento, anche per la quota a carico del lavoratore, grava sul committente, entro il 16 del mese successivo a quello di corresponsione del compenso. Ai fini di una corretta applicazione dell’aliquota, il committente deve acquisire dal lavoratore un’apposita dichiarazione attestante la sua situazione contributiva.
È da precisare che non si applica il principio di automaticità delle prestazioni, ex art. 2116 del cc.
Per i mini xx.xx.xx., in quanto contratti di collaborazione, al pari dei xx.xx.xx., xx.xx.xxx, e prestazioni di lavoro autonomo occasionale, l’aliquota contributiva dovuta al fondo è ripartita nella misura di 2/3 a carico del committente e di 1/3 a carico del lavoratore.
Per i tali rapporti, in caso di compenso annuo superiore a 5 mila euro, è l’impresa committente che, attraverso l’utilizzo del modello F24, deve versare l’intero ammontare del contributo previdenziale dovuto alla gestione separata, trattenendo la quota a carico del lavoratore dal suo compenso lordo.
Per quanto riguarda la tutela contro gli infortuni sul lavoro, anche nei confronti dei collaboratori occasionali si applica la vigente disciplina in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali come previsto per tutti i soggetti titolari di redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.
Le collaborazioni occasionali sono soggette all’obbligo di assicurazione presso l’Inail, il premio assicurativo varia in base al tasso di rischio relativo all’attività svolta ed è versato dal committente.
Sanzioni
L’inosservanza delle disposizioni di legge o un inquadramento contrattuale non corretto potrebbe comportare, in sede di controllo, la contestazione di pesanti sanzioni.
Nel caso si dovesse riscontrare il superamento di uno dei due limiti fissati dall’ art. 61, co. 2, del D.Lgs. n. 276/2003, e non risultasse che il lavoratore abbia svolto una o più prestazioni di lavoro autonomo ai sensi degli artt. 2222 e seguenti del codice civile, troverebbe applicazione la normativa prevista dagli artt. 61 e seguenti del medesimo decreto (contratti a progetto).
In tale circostanza, quindi, non essendo dimostrabile la presenza di uno specifico progetto, si potrebbe incorrere nella sanzione prevista dall’art. 69, co. 1 del D.Lgs. n. 276/2003, ai sensi del quale “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell’art. 61, co. 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”.
È da segnalare che la suddetta norma, in sede giurisprudenziale, è stata oggetto di interpretazioni contrastanti. Secondo alcuni pronunciamenti (Trib. Pisa 17 novembre 2008), ci si ritroverebbe di fronte ad una presunzione relativa di subordinazione, con conseguente facoltà, per il committente, di provare il contrario (Trib. Milano 8 gennaio 2007).
Secondo un altro indirizzo (Trib. Brescia 4 aprile 2008), si sarebbe in presenza, invece, ad una presunzione assoluta. In altre parole, si tratterebbe di una previsione sanzionatoria che il giudice sarebbe chiamato ad applicare in modo automatico, una volta riscontrata la mancanza del progetto.
In ogni caso, ove il rapporto di collaborazione venisse riqualificato in rapporto di lavoro subordinato, si incorrerebbe in altre conseguenti sanzioni, tra cui quelle previste per l’invio di una comunicazione non corretta al centro per l’impiego, per la mancata consegna della dichiarazione di assunzione, ecc., oltre all’avvio del recupero contributivo in base ai minimali previsti per i lavoratori dipendenti, e nel non fosse stata effettuata la comunicazione preventiva al centro per l’impiego, sussisterebbe
un rischio concreto per l’applicazione della maxisanzione.