SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DELLA FOTOGRAFIA IL PATRIMONIO FOTOGRAFICO ALINARI
SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DELLA FOTOGRAFIA
REPORT FINALE:
IL PATRIMONIO FOTOGRAFICO ALINARI
SOCIETÀ ITALIANA PER LO STUDIO DELLA FOTOGRAFIA IL PATRIMONIO FOTOGRAFICO ALINARI
REPORT FINALE
ai sensi dell’art. 5 dell’Accordo di collaborazione tra REGIONE TOSCANA e SISF
L’accordo di collaborazione fra Regione Toscana e Società Italiana per lo Studio della Fotografia prevedeva “una attività di ricerca con particolare riferimento al caso Xxxxxxx” relativa ai seguenti ambiti di approfondimento:
a) la ricostruzione delle radici storiche del patrimonio Alinari, dei suoi fondi fotografici e più in generale del suo processo di istituzionalizzazione tra XIX e XX secolo come rappresentazione visuale e principale canale di diffusione su scala mondiale del patrimonio artistico, monumentale e paesaggistico italiano;
b) la contestualizzazione dell’attuale fase di vita di tale patrimonio fotografico, nella tensione fra tecnologizzazione delle metodologie archivistiche, musealizzazione e dinamiche di mercato, evidenziando le ragioni, i principi e gli approcci più adeguati per porre in atto pratiche corrette e culturalmente aperte ed efficaci di circolazione e disseminazione delle immagini, anche in relazione al successivo punto d);
c) l’esame di casi di studio da indagare mediante analisi desk e interviste anche in forma seminariale con testimoni privilegiati per l’individuazione di concrete opportunità di collaborazioni per la Fondazione Alinari per la Fotografia, a partire dalla sua vocazione di servizio pubblico orientato alla divulgazione della cultura fotografica;
d) l’elaborazione di specifiche Linee di indirizzo e modelli operativi per integrare il Piano strategico di sviluppo culturale di cui alla DGR 181/2020.
L’accordo prevedeva la presentazione di un report intermedio, relativo ai punti a) e b), da consegnarsi entro il 31 agosto 2020, ed un report finale, completato con i punti c) e d), da consegnarsi entro il 31 dicembre 2020.
La SISF ha discusso collegialmente a più riprese nel suo Consiglio Direttivo le questioni relative alla ricerca commissionata dalla Regione Toscana, coinvolgendo a fondo le competenze presenti al suo interno, e impegnando le proprie risorse umane e strumentali, ivi comprese le proprie reti di comunicazione e la propria rivista “RSF” (Rivista di Studi di Fotografia, rivista di “classe A” nei due principali settori scientifico disciplinari inerenti alla fotografia). Il CD SISF ha affidato a Xxxxx Xxxxxxxxx, Presidente onorario della Società, e a Xxxxxx Xxxxxxxx, vice-presidente effettiva, la responsabilità scientifica del progetto e la redazione del presente report, come sintesi del lavoro comune che ha impegnato anche diversi giovani ricercatori.
Il presente report è diviso in due parti
La prima parte, corrispondente con alcune lievi variazioni e aggiornamenti, al report intermedio già consegnato ad agosto, ed utilizzato per la revisione del progetto strategico regionale, contiene un ampio excursus storico, finalizzato a inquadrare la attuale consistenza e le caratteristiche del patrimonio Alinari alla luce del processo di sviluppo e delle varie fasi di vita della azienda Alinari nel periodo fra il 1854 e il 2019; contiene inoltre una analisi dello “stato dell’arte” e della configurazione del patrimonio alla vigilia della cessione, nonché un quadro schematico delle principali realtà operanti nel campo del patrimonio fotografico in Italia e in alcuni paesi esteri.
La seconda parte, corrispondente ai punti c) e d) sopra riportati, presenta alcuni casi di studio indagati mediante analisi desk e interviste, per individuare concrete possibilità di collaborazione per la Fondazione Alinari per la Fotografia, e, su queste basi, alcune possibili linee di indirizzo e modelli operativi per integrare il piano strategico di cui alla DGR 181/2020.
Firenze, 31 dicembre 2020 Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx Presidente SISF
CREDITI:
Hanno partecipato alla ricerca nelle sue diverse fasi:
a) Ideazione: Consiglio Direttivo SISF: Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx; Xxxxxx Xxxxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxxxx; Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxxxxx; Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx; Xxxxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxxxxxx Xxxxx; Xxxxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx; Xxxxx Xxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx; Xxxxx Xxxxxx; Xxxxxx Xxxxx; Xxxxxxx Xxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxxxxxx.
b) Progettazione: gruppo di lavoro del CD SISF: Xxxxxx Xxxxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxxxx; Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxxxxxx Xxxxx; Xxxxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxxx; Xxxxx Xxxxxxx; Xxxxxx Xxxxx; Xxxxxxx Xxxxxx; Xxxxxxx Xxxxxxxxxx.
c) Collaborazioni alla ricerca ed elaborazione dati: Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxx.
d) Stesura del report: Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx
e) Coordinamento generale: Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Presidente SISF
SOMMARIO
PARTE PRIMA
A) XXXXX XXXXXXXXX
IL PATRIMONIO FOTOGRAFICO XXXXXXX: EXCURSUS STORICO E QUESTIONI ATTUALI
PREMESSA: PATRIMONIO VS. ARCHIVIO: NON SOLO FOTOGRAFIE* 1
1.2. La dimensione internazionale del patrimonio Alinari (1870-1890) 5
1.3. La dimensione nazionale del patrimonio Alinari (1890-1914) 8
1.4. Mercato, cultura e classe dirigente: la gestione del patrimonio Alinari fra aristocrazia e impresa
1.5. La crisi dei “fotografi editori” e l’intervento di Xxxxxxxx Xxxx fra impresa e mecenatismo (1958- 1973) 15
1.6. Mercato e cultura: dalla fotografia come documentazione del patrimonio alla valorizzazione della fotografia come patrimonio (1973-1982) 18
1.7. Mercato e cultura: la competizione su scala mondiale per il controllo della memoria visuale nella
civiltà dell’immagine (1982-2019) 22
2. Il nome e lo stile: complessità e articolazione di una eredità culturale 28
3. Cosa sono (oggi) gli Alinari. Problemi e questioni dell’ora presente 32
3.1. La lastroteca e l’edizione fotografica del patrimonio artistico italiano. 32
3.2. Il patrimonio della gestione de Polo 38
3.3. La questione del digitale 40
CONCLUSIONE: LA CULTURA FOTOGRAFICA ITALIANA, IL RUOLO DELLA SISF 46
B) XXXXXX XXXXXXXX
IL PATRIMONIO FOTOGRAFICO ALINARI: DA PATRIMONIO AZIENDALE A PATRIMONIO PUBBLICO
1. Quadro sommario della consistenza del patrimonio fotografico già di proprietà della
1.2. Le ‘Raccolte Museali’. 57
2.1 Attività espositiva e editoriale. 65
3. Analisi schematica delle attività svolte dalle maggiori istituzioni nazionali e internazionali 67
3.1. Xxxxxx Xxxxxxx Museum, Rochester 67
3.2. Getty Museum, Los Angeles 67
3.3. International Center of Photography (ICP), New York 68
3.4. Library of Congress, Washington 68
3.5. Centre Canadien D’Architecture (CCA), Montreal 68
3.6. Xxxxxxxx & Xxxxxx Xxxxxx (X&X), Xxxxxx 00
3.7. Xxxxxxx Xxxxxxxxx xx Xxxxxxxxxxxx (XXX), Xxxxx 00
3.8. Maison Xxxxxxxxxx xx xx Xxxxxxxxxxxx (XXX), Xxxxx 00
3.9. Xxxxxxxxxxxx xxxxxxxx xx Xxxxxx (XxX), Xxxxx 00
3.10. Nederlands Fotomuseum (NFM), Rotterdam 70
3.11. Finnish Museum of Photography, Helsinki 71
3.12. Fotomuseum Winterthur Foundation, Zurich 71
3.13. Xxxxx xx x’Xxxxxx, Xxxxxxxx 00
3.15. Münchner Stadtmuseum, Collezioni fotografiche (già Fotomuseum), Xxxxxxx 00
3.16. Museo di Fotografia Contemporanea (MUFOCO), Cinisello Balsamo 73
3.17. Fondazione Modena Arti Visive (FMVA), Modena 74
3.18. Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC), Parma 75
3.19. Alcune considerazioni generali emerse dall’analisi 76
PARTE II
POSSIBILI COLLABORAZIONI, LINEE DI INDIRIZZO, MODELLI OPERATIVI
1. Possibili collaborazioni con interlocutori privilegiati 81
2. Criteri e temi di discussione 83
2.1. I soggetti intervistati 83
3. Questioni relative alle linee di indirizzo e modelli operativi 84
3.1. Coordinamento e collaborazioni per la valorizzazione del patrimonio fotografico nazionale. 85
3.2. Collaborazioni sulla base del patrimonio 87
3.3. Collaborazioni sul piano della ricerca e della didattica 88
3.4. Comunicazione, disseminazione, e coinvolgimento del mondo della scuola e del pubblico 90
3.5. Collaborazioni in tema di fotografia contemporanea 92
Conclusioni 93
INTERVISTE
Accademia delle Belle Arti di Brera, Milano 95
Touring Club Italiano, Milano 99
Civico Archivio Fotografico Musei del Castello Sforzesco, Milano 102
CSAC. CENTRO STUDI E ARCHIVIO DELLA COMUNICAZIONE, PARMAERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
Fondazione Xxxxxxxx Xxxx - Università di Bologna 110
Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione, Roma 115
Istituto LUCE Cinecittà, Roma 118
I Tatti. The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies, Firenze 121
Mufoco. Museo di Fotografia Contemporanea, Milano-Cinisello Balsamo 125
Il patrimonio fotografico Xxxxxxx: excursus storico e questioni attuali
Con la Legge regionale 13 novembre 2019, n. 65, capo IV, art. 55, l’intero patrimonio fotografico della Società Fratelli Alinari IDEA è stato acquistato dalla Regione Toscana, «al fine di assicurare il mantenimento e l’integrità» del patrimonio stesso, nonché «le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica anche mediante l’attività di riproduzione e circolazione delle immagini digitali»1.
Questo atto è giunto al termine di un prolungato periodo di crisi economica che aveva coinvolto Xxxxxxx, come altre aziende del settore, negli ultimi anni, e che era culminato fra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 con la decisione della proprietà di vendere prima (a privati) l’edificio storico sede della ditta fin dal 1863, e poi anche (alla Regione Toscana) il patrimonio fotografico. Per la precisione la Regione ha acquisito:
a) Il patrimonio documentario cartaceo, comprendente la biblioteca e l'archivio cartaceo;
b) I materiali, attrezzature e strumentazione tecnica, ivi inclusa la stamperia d'arte;
c) L’archivio digitale, con relative banche dati, sistemi di gestione e di stoccaggio;
d) I marchi;
e) I diritti d’uso delle immagini in qualsiasi formato riprodotte.2
Si tratta, come si può capire, di un evento di importanza straordinaria per quando riguarda il patrimonio fotografico italiano.
Il complesso archivistico-documentario ricompreso sotto il nome Xxxxxxx in realtà va molto oltre il nome, pur famoso, dei fondatori della Ditta, e costituisce uno degli archivi fotografici più importanti al mondo, per qualità e quantità dei reperti conservati.
Premessa: Patrimonio vs. Archivio: non solo fotografie*
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
La dizione stessa di archivio, comunemente usata anche dalla stessa Società Alinari IDEA per definire il proprio patrimonio fotografico, impone una precisazione. Basti dire che l'intero archivio di lastre storiche degli Alinari e quelli dei suoi due maggiori concorrenti, Xxxxx e Xxxxxxxx, in corso di tempo acquisiti dagli Alinari stessi, ammontano secondo le stime della Società a circa 300.000 pezzi; su un totale di 5 milioni di fotografie possedute. Le “Raccolte Museali Fratelli Alinari”, istituite a partire dal 1985, che colmano la gran parte di questo divario, comprendono materiali diversissimi fra loro, fra cui pezzi isolati, collezioni, raccolte, e anche interi veri e propri archivi fotografici, spesso molto distanti - per qualità, composizione, provenienza - dal nucleo originario. Inoltre, come si vede dal dispositivo della legge appena citata, sono compresi nell’acquisizione anche i marchi, le immagini digitali, le banche dati, la strumentazione tecnica e la stamperia d'arte. Per quanto la Regione Toscana non abbia acquisito l'azienda in quanto tale, ma solo il patrimonio storico, occorre tener presente che fino a pochi mesi fa e per i quasi 170 anni precedenti gli Alinari erano stati una ditta privata che operava sul mercato, un mercato peraltro influenzato non solo da variabili economiche, ma anche tecnologiche e culturali; e che adattandosi appunto a tali variabili aveva più volte cambiato,
1 Bollettino Ufficiale della Xxxxxxx Xxxxxxx, x. 00, parte prima, del 14 novembre 2019: xxxx://xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxxxxx.xxxxxxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxxx?xxxxxxxxxx:xxx:xxxxxxx.xxxxxxx:xxxxx:0000-00- 13;65&dl_t=text/xml&dl_a=y&dl_id=&pr=idx,0;artic,0;articparziale,1&anc=cap4#top_not4
2 Ibidem
* La prima parte del testo che qui si presenta è stata concepita anche in funzione di una prossima pubblicazione per la rivista della SISF, «RSF - Rivista di Studi di Fotografia», diretta da Xxxxxxx Xxxxxx. Si è ritenuto utile mantenere anche in questa sede il relativo apparato di note.
anche profondamente, modelli operativi e tipologie produttive. Tutto ciò si riflette nel patrimonio attualmente trasmesso alla Regione Toscana, che è molto diversificato e per certi aspetti disomogeneo, quanto alle tipologie di materiali documentari conservati, anche se al momento attuale indubbiamente si configura unitariamente come l’archivio di quell’azienda. A ciò si aggiunge il fatto di non poco conto che l’antica sede della ditta, costruita appositamente nel 1863 dal fondatore, e che costituiva per così dire un monumento unico di archeologia industriale, dove il patrimonio, le lavorazioni, gli ambienti erano intrecciati profondamente con gli spazi e gli ambienti dell’edificio, è stata venduta a privati prima della cessione dell’archivio, il quale è attualmente inscatolato presso un deposito provvisorio, e dovrà essere ricollocato in una nuova sede, in spazi diversi, ancora in parte da definire; quindi dovrà essere oggetto di una delicata e complessa operazione di risistemazione, dove l’articolazione interna del precedente archivio dovrà essere rideterminata.
Un ulteriore aspetto importante relativo ai problemi che sorgeranno in seguito alla acquisizione pubblica (peraltro benemerita) del patrimonio, è che la ditta ha operato quasi sempre non solo sul piano economico, ma anche sul piano culturale, realizzando oltre alle produzioni vere e proprie in campo fotografico, anche una serie di attività (espositive, editoriali, museali) e intrattenendo una serie di rapporti, di interazioni che hanno esercitato una notevole influenza sui caratteri e la diffusione della cultura fotografica in Italia. Il problema che si pone quindi non è solo quello di gestire un archivio con procedure standard dal punto di vista della conservazione tutela del materiale e della fruizione da parte del pubblico, ma è quello più complesso di elaborare strutture e modelli operativi per innestare sui diversi fondi archivistici, sulle raccolte, sulla documentazione e i musealia esistenti un'attività di riorganizzazione, di valorizzazione e di promozione culturale adeguata al significato e all’importanza di questo patrimonio documentario.
In questa ottica conviene in primo luogo definire le caratteristiche peculiari, il significato che questo patrimonio ha avuto in passato e che può avere attualmente, attraverso un breve excursus storico sulle varie fasi che hanno portato alla situazione attuale.
È fondamentale definire l'archivio in base al processo storico che ha portato alla sua costituzione, piuttosto che non semplicemente sulla base delle caratteristiche e della quantità dei materiali in esso conservati. Solo la ricostruzione delle diverse fasi e modalità di costituzione del patrimonio archivistico, museale, documentario, rapportate alle diverse fasi e cicli di vita dell'azienda e delle sue attività può aiutarci a ricostruire il significato, il senso il valore del patrimonio nelle sue singole componenti e nel suo complesso.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Va detto molto chiaramente che non ci proponiamo qui di tracciare una storia degli Alinari. Esistono molti studi importanti e approfonditi sia sulle singole fasi di vita, sia sullo sviluppo complessivo della storia degli Alinari3; ma si tratta di studi che muovono da approcci
3 Si veda la fondamentale monografia di A.C. Xxxxxxxxxxx, Gli Alinari, Firenze, Alinari, 2003; inoltre il volume Fratelli Alinari. Fotografi in Firenze, a cura di A.C. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, Firenze, Xxxxxxx, 2003 con testi di vari autori italiani e stranieri. Nell’occasione del 150° furono pubblicati anche alcuni cataloghi monografici relativi ad aspetti particolari della attività degli Alinari, di grande interesse, come quelli sull’editoria (Gli Alinari editori. Il contributo iconografico degli Alinari all’editoria mondiale, Firenze, Xxxxxxx, 2002, con saggi di X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxx Abrami, X. Xxxxxxxx, X.X. Xxxxxxx, X. Xxxx, X. Xxxxxxxxx e I. Xxxxxxx) e quello sui concorsi Xxxxxxx (in particolare su quello per la Divina Commedia: La Commedia dipinta. I concorsi Xxxxxxx e il Simbolismo in Toscana, Firenze, Alinari, 2002, con saggi di C. Xxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx). Sempre da tenere presente comunque il catalogo della mostra del 1977, Gli Alinari fotografi a Firenze 1852-1920, catalogo della mostra (Firenze, Forte di Belvedere, 1977) a cura di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxx, Firenze, Edizioni Alinari, 1977; inoltre X. Xxxxxxxxx, Gli Alinari e l’editoria fotografica in Italia fra Ottocento e Novecento, «AFT: Semestrale dell’Archivio Fotografico Toscano», 3 (1987), n. 5, giugno, pp. 59-71; e n. 6, pp. 62-67; Gli Alinari fotografi: strumenti di lavoro, catalogo della mostra (Roma, 1989) a cura di Xxxxxxx Xxxxxxx xxx Xxxxxxx, Firenze, Alinari, 1989; I. Xxxxxxx, L’invention du Grand Catalogue des frères Xxxxxxx, in Les multiples inventions de la photographie, atti del convegno (Cerisy-la-Salle, 29 settembre-
1 ottobre1988), dir. Xxxx-Xxxxxx Xxxx, Paris, Mission du Patrimoine photographique, Ministére de la Culture, de la Communication, des Grands Xxxxxxx et du Bicentenaire, 1989, pp. 65-70 ; pertinente anche se di carattere divulgativo: P.F. Xxxxxx, Gli Alinari specchio d’Italia: biografia della celebre famiglia di fotografia, Firenze, Xxxxxxx, 2003; alcune interessanti nuove fonti d’archivio in X. Xxxxxxxxx, I Fratelli Xxxxxxx: Note d’archivio per la ricostruzione delle vicende di una grande
disciplinari ben definiti e che perseguono finalità scientifiche, di approfondimento delle conoscenze storiche sulle vicende della ditta, attraverso ricerche originali sulle fonti e sulla documentazione disponibile; oppure più spesso sulla attività e le produzioni fotografiche degli Alinari stessi. Qui l’obiettivo è piuttosto diverso: a partire proprio dai risultati di questa letteratura scientifica e solo con un limitato ricorso a fonti dirette quando indispensabile, questo saggio si propone di enucleare i passaggi chiave, i punti significativi che marcano la storia dell’azienda e che caratterizzano di riflesso la sua attività e la sua produzione, che pur nella sua varietà e diversificazione oggi può apparire come un complesso sostanzialmente unitario e omogeneo, anche in virtù della continuità aziendale ininterrotta dalle origini, che ne aveva fatto fino ai giorni nostri un caso eccezionale a livello mondiale.
1. Cosa sono (stati) gli Alinari. Un breve escursus storico circa le trasformazioni dell’identità Xxxxxxx
1.1. Le origini (1852 -1870)
La storia degli Alinari inizia convenzionalmente nel 1852 a Firenze. La particolarità che contraddistingue l'impresa Alinari fin dalle origini, e che sarà poi un tratto costitutivo di tutta la sua vita successiva, è il fatto che il suo fondatore, il giovane Xxxxxxxx Xxxxxxx, arriva alla fotografia in virtù della sua posizione all'interno della calcografia di Xxxxx Xxxxx, titolare di una delle più note e affermate botteghe di incisione su rame della Firenze dell'Ottocento. Nel seguito della sua attività Xxxxxxx porterà sempre l'impronta di questo periodo di formazione, che lo pone su una linea di continuità con una tradizione figurativa alta e consolidata, e soprattutto con il tema della rappresentazione del patrimonio artistico, monumentale e paesaggistico italiano per un pubblico internazionale.
Se questa resta anche successivamente la cifra, il tratto caratterizzante dell'attività degli Alinari fino ai giorni nostri, tuttavia anche all'interno di questa vocazione e di questa caratterizzazione si possono individuare delle fasi molto diverse fra loro.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
In una prima fase Xxxxxxxx Xxxxxxx si muove esattamente sulla stessa linea della calcografia in cui si è formato. La scelta dei monumenti e dei paesaggi rappresentati all’inizio ricalca direttamente quella delle incisioni, sia pure con una tecnica diversa. Ben presto però la stessa natura del mezzo fotografico porta ad una prima distinzione, ad una rottura con il modello della calcografia, almeno dal punto di vista della quantità dei soggetti rappresentati. Mentre infatti per la calcografia era necessario rinnovare continuamente le matrici, e quindi il numero dei soggetti restava conseguentemente limitato, per la fotografia, specie dopo l'avvento dei negativi al collodio, si realizza la possibilità di un numero praticamente illimitato di stampe a partire da una singola matrice, relativamente molto più facile rapida da produrre e molto meno costosa della matrice calcografica.
2005], pp. 59-64; ed anche Ead., Fotografi a Firenze 1839-1914 , «AFT», 2004, nn. 39/40, pp. 73-144, con una serie importante di schede e documenti sui fotografi fiorentini dell’epoca, compresi gli Alinari. Si veda inoltre negli anni successivi al 2004, il catalogo del Museo Nazionale della Fotografia Xxxxxxx, istituito nel 2006: MNAF – Museo Nazionale Alinari della Fotografia, guida del museo, a cura di Xxxxxx Xxxxxxxx, con testi di Xxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx-Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Firenze, Xxxxxxx, 2006; A. M. Xxxxxxx, Il paesaggio toscano e la fotografia a Firenze tra le due guerre: Gli antecedenti, e la personalità di Xxxxxxxx Xxxxxxx, in: «Artista: Critica dell’arte in Toscana», 2011, pp. 208-253; X. Xxxxxxxxx, I fotografi editori italiani (Xxxxxxx, Xxxxxxxx, Brogi) ed «Emporium», in: Emporium II. Parole e figure tra il 1895 e il 1964, a cura di Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxx Xxxxxx Xxxxx, Pisa, Scuola Normale Superiore di Pisa, 2014, pp. 59-84.
Nel giovane ex apprendista di Bardi quindi la continuità con la tradizione del maestro di bottega si deve incrociare con la necessità di fare i conti con situazioni in piena evoluzione sul piano delle tecniche e del mercato4.
Tutto ciò apre al giovane Xxxxxxxx, e presto ai suoi due fratelli, associati nell’impresa, non una strada promettente, ma una molteplicità di vie tutte molto attrattive, almeno in apparenza. Occorre contestualizzare storicamente il momento in cui Xxxxxxxx Xxxxxxx inizia la propria attività in maniera autonoma. Siamo nella seconda metà del XIX secolo; Xxxxxxxx inizia la sua attività in proprio dopo che si è appena tenuta a Londra nel 1851 la prima “Great Exhibition of the works of industry of all Nations”; quando nel 1855 si tiene a Parigi la seconda tappa di quel cammino delle grandi esposizioni universali che continua fino ai giorni nostri, il giovanissimo Xxxxxxxx Xxxxxxx (ventitreenne in quel momento) è già in grado di presentare le proprie fotografie, che vengono accolte e apprezzate in quella sede indubitabilmente molto prestigiosa e selettiva. La ditta Xxxxxxx opera però in uno dei piccoli stati in cui è divisa l'Italia del tempo, e precisamente il granducato di Toscana, e questo ne limita indubbiamente il raggio d’azione, non solo e non tanto per le vendite, ma per la produzione. Negli anni successivi si assiste, dopo la guerra di Crimea e il congresso di Parigi del 1856, al rapido evolvere della situazione politica italiana verso l'unificazione nazionale, proprio grazie allo speciale rapporto con la Francia di Xxxxxxxxx XXX. Sono passati appena due anni dal momento in cui viene costituito il nuovo regno d'Italia, quando, nel 1863, l’ancora giovane imprenditore fiorentino inaugura la nuova sede della ditta da lui costruita presso la stazione ferroviaria della città. Una sede straordinariamente ampia e funzionale, sostanzialmente la stessa giunta fino ai giorni nostri, costata una cifra ragguagliabile a diversi milioni di euro attuali, a dimostrazione di come l'attività dell'impresa fosse già economicamente fiorente e in pieno sviluppo5.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
I ritmi dei processi di cambiamento e di innovazione sul piano delle tecniche fotografiche non furono meno incisivi delle novità sul piano politico. La novità più importante fu senza dubbio l’introduzione dei negativi su lastra di vetro al collodio. Il semplice ma geniale procedimento messo a punto da Xxxxx Xxxxxx non solo consentì di colmare sostanzialmente l’ancora consistente divario qualitativo (in termini di definizione dell’immagine) fra il calotipo e il dagherrotipo, ma in unione al procedimento di stampa all’albumina, messo a punto da Blanquart-Evrard già nel 1850, permise negli anni successivi di avere delle stampe di altissima qualità in formati anche molto grandi, a costi molto bassi. Tutta una serie di innovazioni tecniche ulteriori, fra cui andranno citate almeno la diffusione delle carte de visite e la stereoscopia, concorreranno ad abbassare ulteriormente i costi e ad allargare quindi la disseminazione su larga scala delle immagini fotografiche. Gli Alinari percorsero anche queste strade, particolarmente promettenti dal punto di vista economico, compresa quella delle carte de visite6.
4 Come hanno chiarito gli studi di Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx e Xxxxx sopra citati, Xxxxxxxx viaggiò in Europa, e specialmente in Francia e in Inghilterra, approfondendo e specializzando le sue conoscenze e competenze, specie sul piano tecnico, il che gli permise di introdurre nei suoi procedimenti molte notevoli sperimentazioni. È da registrare il fatto notevole che il principe Xxxxxxx, marito della Regina Xxxxxxxx, gli commissionò la riproduzione fotografica dei disegni di Xxxxxxxxx, opera per cui Xxxxxxxx compì notevoli sperimentazioni tecniche e superò notevoli difficoltà burocratiche; ne risultò, oltre che l’accrescimento del catalogo con 310 nuove riproduzioni, un numero che superava quello di tutte le fotografie dirette di opere d’arte del catalogo. Inoltre Xxxxxxxx, ottenuto il permesso dal Principe Xxxxxxx, utilizzò le fotografie per un’opera monumentale, pubblicata in gande formato presso il vecchio maestro Xxxxx, e venduta al prezzo notevolissimo di 1.000 lire dell’epoca (secondo il ragguaglio del valore della moneta ISTAT, corrispondente a circa 5.000 euro attuali).
5 Per alcuni dati e considerazioni circa gli aspetti economici e il finanziamento della costruzione della sede, cfr. X. Xxxxxxxxxx
– X. Xxxxxxxxx, Il testamento di Xxxxxxxx Xxxxxxx: alle origini della fortuna economica dell’editoria fotografica in Italia, in
«Ricerche Storiche», a. XXXIII, n. 2-3, maggio-dicembre 2003, pp. 479-496.
6 Per la stereoscopia, cfr. X. Xxxxxxxx, La stereoscopia nella produzione degli stabilimenti fotografici dei Fratelli Alinari e di Xxxxxxx Xxxxx, in «AFT. Rivista di storia e fotografia», 1999, n. 30, pp. 36-40; per le carte de visite, e per la loro importanza nella produzione Alinari, cfr. X. Xxxxxxxxx, L’Italia nei cataloghi Alinari dell’Ottocento. Gerarchie della rappresentazione del ‘bel paese’ fra cultura e mercato, in A. C. Xxxxxxxxxxx, X. Xxxxxxxx (a cura di), Xxxxxxxx Xxxxxxx fotografi in Firenze, cit., pp.
Si viene quindi al terzo elemento essenziale per comprendere il senso di questa prima fase dello sviluppo degli Alinari, e cioè il mercato. Già l’Unità d’Italia come è noto aveva fra i propri fini, ed ebbe infatti come effetto, la creazione di un mercato nazionale. Meno noto è che le separazioni politiche e le barriere doganali fra gli Stati italiani preunitari, facevano sì che il commercio di tali Stati fosse prima dell’Unità per circa l’80% diretto verso altri stati non italiani, e solo per il 20% riguardasse gli scambi entro l’area geografica dell’Italia. L’unità d’Italia, per come fu realizzata, abbatté completamente e radicalmente queste barriere interne: il nuovo Stato italiano, accentuatamente liberale e liberista, creò le condizioni favorevoli non solo per una diffusione delle fotografie degli Alinari sul mercato nazionale, ma soprattutto per un loro intervento, libero dai vincoli precedenti, come produttori su scala nazionale e non solo regionale. Nel contempo, il mercato si andava dilatando prodigiosamente grazie alle novità tecnologiche che caratterizzarono la seconda metà del XIX secolo, in particolare nel campo dei trasporti e delle comunicazioni7.
In tale contesto appare perfettamente comprensibile che si fossero create delle condizioni estremamente favorevoli, sul piano tecnico come su quello politico e di mercato, per il successo di una attività economica nel campo della fotografia. Ma perché proprio gli Alinari? In quel periodo in Italia erano attivi, nelle “cento città”, tutte ricche di capolavori d’arte, che costellavano il Bel Paese, molti fotografi che non avevano molto da invidiare agli Alinari sul piano tecnico, della qualità, del pregio delle riprese, e anche del gradimento del pubblico e della critica. Perché non loro, al posto o accanto ai fratelli fiorentini?
1.2. La dimensione internazionale del patrimonio Alinari (1870 -1890)
La risposta, essenziale per capire significato e ruolo del loro archivio, stava in una particolare strategia imprenditoriale-culturale, e la fornirono, già al tempo, gli Alinari stessi. Nel 1872, di fronte alla Commissione dell’Inchiesta Industriale, durante le “Deposizioni orali”, affermarono con decisione, con un certo orgoglio e anche con una certa spavalderia, che loro erano certi di guadagnare molto di più, e precisamente vari ordini di grandezza più degli altri fotografi professionisti delle altre città8. Il punto fondamentale era che praticamente tutta la produzione Xxxxxxx era rivolta all’estero, come ebbero a dire rispondendo a una precisa domanda in merito:
Xxxx (commissario). Le pare che l'esportazione di copie fotografiche di monumenti e di quadri abbia qualche importanza?
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Alinari. Certo che il commercio di questo genere di fotografie artistiche non si fa che coll’estero: nell'interno d'Italia è minimo9.
Si trattava di un tipo di esportazione particolare, che non si rivolgeva direttamente all’utente finale, ma ad agenti, a “corrispondenti” esteri10, i quali ricevevano in conto deposito alcuni stock di fotografie (che potevano tornare anche indietro se invendute) e che potevano
Photograph, Yale University Press, Yale 1985; più in generale sui consumi fotografici dei primi decenni della fotografia, Ead.,
Industrial Madness. Commercial Photography in Paris, 1848-1871, Yale University Press, Yale 1994.
7 Per un quadro complessivo cfr. X. Xxxxxx, Verso una società planetaria. Alle origini della globalizzazione contemporanea (1870-1914), Roma Donzelli, 2003; per l’aumento dei flussi turistici cfr. X. Xxxxxxx, Storia del turismo in Italia, Bologna, Il Mulino, 2011.
8 Cfr. Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, Atti dell’Inchiesta Industriale, vol II, Deposizioni orali, categoria 13- 2 (incisione, litografie e fotografia), Adunanza del 4.12.1872 a Xxxxxxx, Xxxx 0000. L’occasione era piuttosto solenne: si trattava della prima grande inchiesta industriale che il nuovo Regno, proprio all’indomani del completamento dell’Unità nazionale (dopo l’annessione di Venezia nel 1866 e la presa di Roma del 1870) metteva in opera per chiarire quali fossero le reali condizioni dell’industria e le prospettive dell’economia nazionale
9 Ibidem.
10 Specie nel periodo iniziale, i corrispondenti potevano essere altri fotografi, a volte con intrecci particolari, in cui intervenivano anche personaggi di spicco della politica e della cultura del tempo: cfr. in proposito l’episodio portato alla luce da Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, «Xxxx Xxxxxxx, porta quelle foto ai Xxxxxx…»: Un gruppo di straordinarie lettere sui rapporti tra i fotografi francesi e gli Alinari, «Fotologia», 14 (1997), n. 18-19, autunno, pp. 18-25.
provvedere ad ampliare ulteriormente di loro iniziativa la rete di distribuzione (in un primo momento ad esempio furono i corrispondenti inglesi a rifornire il mercato statunitense). Questo meccanismo così flessibile era in realtà quello che indirizzava tutta l’attività degli Alinari, non solo verso l’estero, ma verso un mercato ben preciso, quello della didattica e degli studi di storia dell’arte. Come specificarono i responsabili della ditta nelle “Deposizioni scritte”,
Si fa molta esportazione di fotografie italiane per l'estero, ed anzi si può asserire, senza tema di errare, che tutto quanto si fabbrica, meno impercettibile quantità, si smercia all'estero, non essendo ancora compresa l'Italia dell'importanza massima della fotografia, non solo per le scuole, ma anche per gli studi comparativi.
In questa precoce vocazione verso la documentazione del patrimonio artistico italiano per il mercato internazionale sta l’originalità e la specificità dell’intervento dei Fratelli Xxxxxxx, e la spiegazione del loro successo. Infatti una tale scelta, che retrospettivamente potrebbe sembrare ovvia, in realtà non era affatto condivisa dagli altri fotografi italiani. Negli anni immediatamente successivi al 1861 lo Stato italiano aveva dato avvio a una gigantesca e rapidissima opera di costruzione di ferrovie, e al 1872, anno dell’Inchiesta, ormai si poteva viaggiare in una sola notte da Roma a Milano, e soprattutto esisteva una rete che collegava tutta la penisola lungo tracciati non troppo dissimili da quelli attuali. I viaggiatori “forestieri” stavano quindi aumentando vertiginosamente, non solo rispetto alle quantità del Grand Tour, ma anche rispetto alle cifre già in rapida crescita della prima metà del secolo XIX11. Si creava quindi un mercato estremamente “facile”, redditizio, di stranieri che avendo spesso un cambio favorevole, acquistavano in loco le fotografie
Ad esempio Xxxxx Xxxxxxxx, fotografo di origine inglese trapiantato a Roma, già attivo e rinomato prima che Xxxxxxxx Xxxxxxx si affermasse, e destinato in seguito a diventarne il principale concorrente, in quel momento precisava, nelle “Deposizioni scritte” della stessa Inchiesta, la sua scelta di un modello consapevolmente del tutto diverso da quello di Xxxxxxx:
Crede che la quasi totalità delle fotografie artistiche di Roma, siano vedute, statue o quadri, vengano esportate all'estero dai forestieri che accorrono ogni anno a visitare l'Italia. È convinto che l'esportazione sopra scala più grande, per mezzo di corrispondenti negozianti esteri, non potrà mai effettuarsi, perché lontano dai monumenti, l’interesse del pubblico non è mai così vivo, e perché non varrebbe la pena di tenere un assortimento per una vendita languida di un articolo soggetto a deterioramento.
Nelle parole di Xxxxxxxx, nel suo riferimento alla “vendita languida”, ovvero a singoli e pochi pezzi per volta; e nel suo iniziale rifiuto di tenere un “assortimento” adeguato per tale vendita, sta la differenza con i fratelli xxxxxxxxxx. Più tardi Xxxxxxxx abbandonerà questa sua linea di condotta e si adeguerà al modello Alinari, come del resto Brogi, l’altro grande fotografo in grado di competere con Xxxxxxx, anch’egli fiorentino.
Non si potrebbe capire però la differenza fra Xxxxxxxx e Xxxxxxx se si intendesse solo come una differenza di strategie imprenditoriali. In queste “imprese culturali” come quelle dei nostri fotografi il lato culturale e quello di mercato si intrecciano strettamente. In questo caso Xxxxxxxx, vendendo ai turisti che arrivavano a Roma, era indotto a seguire il modello culturale della calcografia, cioè a selezionare i soggetti “migliori”, che incontrassero maggiormente il gusto del pubblico, e quindi a non aumentare l’offerta di catalogo oltre una certa quantità. Xxxxxxx invece, cercando di vendere ai corrispondenti esteri, e per il loro tramite agli istituti di cultura, agli studiosi, era indotto a fotografare estesamente e sistematicamente anche opere “minori”, o meno note, o meno facilmente accessibili sul territorio, seguendo quella logica del repertorio, della inventariazione estensiva su basi sistematiche, che secondo alcuni studiosi era
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
11 Cfr. X. Xxxxxxx, Storia del turismo in Italia, cit.; mi permetto di rimandare per il caso toscano e per le conseguenze sulle rappresentazioni dei luoghi anche a X. Xxxxxxxxx, Itinerari e viaggiatori. Verso una nuova percezione della Toscana nel secondo Ottocento, in Xxxxxxxx Xxxxx e Xxx Xxxxxx (a cura di), Viaggio di Toscana. Percorsi e motivi del secolo XIX, Venezia, Marsilio, 1998, pp. 237-261.
una delle caratteristiche della cultura del tempo12. I fratelli fiorentini cercarono cioè di costruire un “archivio” non direttamente dipendente dalle richieste attuali del mercato, che cercava invece di anticipare e di ampliare. La teorizzazione di questo tipo di attività fu compiuta più tardi dall’altro grande fotografo fiorentino, Xxxxx Xxxxx, durante i primi congressi fotografici svolti a cura della Società Fotografica Italiana (fondata per iniziativa dello stesso Xxxxx, con la partecipazione attiva degli Alinari) a Torino e Firenze. In quella sede Xxxxx affermò con molta chiarezza che oltre la distinzione tradizionale e già evidente fra fotografi dilettanti e professionisti, andava introdotta la categoria dei “fotografi editori”, fra cui lui stesso, oltre ad Xxxxxxx e Xxxxxxxx. La dizione “fotografi editori” non si riferiva però al fatto che tali fotografi si interessassero di editoria, ma al fatto, molto più rilevante ai nostri fini, che questi fotografi editavano non le fotografie, ma le opere d’arte: secondo la loro intenzione cioè, attraverso il dispositivo fotografico essi pubblicavano, ovvero rendevano accessibile ad un pubblico disseminato in tutto il mondo, il patrimonio artistico e monumentale italiano13. In altre parole i ricchi e ampi cataloghi dei fotografi editori, che (non potendosi all’epoca pubblicare fotografie a stampa) non contenevano fotografie, ma lunghe e a volte dettagliatissime descrizioni delle opere d’arte, disseminate su tutto il territorio nazionale, indicizzate anche per autori e tipologie, permettevano a studiosi e persone colte di tutto il mondo di ottenere riproduzioni, e quindi vedere per la prima volta opere che altrimenti solo molto difficilmente avrebbero potuto conoscere o vedere direttamente o per altra via.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
La presenza a Firenze anche di Brogi, ovvero di due su tre dei maggiori fotografi editori italiani, induce a riflettere infine sul ruolo della città toscana per la fotografia italiana del tempo. Indubbiamente, il fatto che Firenze fosse stata capitale d’Italia, dal 1865 al 1871, cioè in un momento in cui le altre grandi città d’arte, cioè Venezia e Roma, ancora non facevano parte dello stato nazionale, favorì l’iniziativa imprenditoriale dei toscani. Il trasferimento della capitale a Firenze giustificava un grande ottimismo, che si tradusse in forti investimenti e tentativi di espansione della attività ben oltre i confini della regione toscana. Xxxxxxxx Xxxxxxx, nel 1864, appena un anno dopo il pesante impegno finanziario contratto per la costruzione della sede, non esitò a muoversi verso Napoli, allora di gran lunga la più popolosa città del Regno, dove fece effettuare nel 1864 una importante campagna fotografica, e dove fondò una apposita una Società fotografica con Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxx Cavelty14. Tuttavia non si tratta solo di questo. Infatti anche dopo il trasferimento a Xxxx xxxxx xxxxxxxx xxx 0000, Xxxxxxx restò una capitale intellettuale, favorita non solo dal tradizionale insediamento inglese, ma anche dalla presenza di istituti internazionali e di un clima assai vivace di produzione editoriale e di dibattito politico culturale, nonché dalla scelta delle classi dirigenti locali di farne, secondo la loro espressione, «l’Atene d’Italia»15.
12 Il primo a notare questo aspetto, forse con qualche enfatizzazione, è stato Xxxxxx Xxxxxxx, Note su fotografia e storia, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx, L’immagine fotografica 1845-1945, in Storia d'Italia, “Xxxxxx" 0, Xxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 2 voll.; vol. 1, p.
31. Già Xxxxxxxx Xxxxxxx, che pure con il suo metodo di attribuzione induceva ad un uso sistematico della fotografia, notava la distanza fra «l’eletta selezione di valori» operata dalla calcografia, e la assai più ampia e indiscriminata opera di riproduzione permessa dal mezzo fotografico, che portava a «fotografare tutto quello che capita, il buono e il mediocre, le opere genuine e le false». Cfr. X. Xxxxxxx, La pittura italiana (studi storico-critici). Le Gallerie Borghese e Xxxx Xxxxxxxx in Roma, Milano, 1897, p. 16, e le osservazioni di X. Xxxxxxxx, Fra traduzione e riduzione. La fotografia dell’arte come oggetto e come modello, in Gli Alinari fotografi a Firenze 1852-1920, Firenze, Alinari, 1977, p. 122.
13 Cfr. X. Xxxxxxxxx, Gli Alinari e l'editoria fotografica a Firenze fra Ottocento e Novecento, parte II, «AFT» a. III, (1987) n. 6, p. 65. Brogi in quella occasione rivendicò la specificità, la miglior qualità e alla fine anche l’economicità comparativa, rispetto al mercato di riferimento, dei processi tradizionali dell’editoria propriamente fotografica (all’epoca basata soprattutto sulla tiratura su carta albuminata) in confronto ai nuovi processi fotomeccanici che si andavano affermando, e auspicò la costituzione di una «Unione fra i fotografi editori», che non ebbe poi attuazione, ma che si può considerare una anticipazione di quello che fu poi il ‘trust’ del 1904 con Xxxxxxx e Xxxxxxxx.
14 Per questi aspetti, cfr. X. Xxxxxxxxxx – X. Xxxxxxxxx, Il testamento di Xxxxxxxx Xxxxxxx: alle origini della fortuna economica dell’editoria fotografica in Italia, in «Ricerche Storiche», a. XXXIII, n. 2-3, maggio-dicembre 2003, pp. 479-496.
15 Cfr. X. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, «L’Atene d’Italia»: identità fiorentina e toscana nella formazione dello Stato nazionale, in
«Meridiana», n. 33, 1998, pp. 107-123; cfr. inoltre X. Xxxxxx, Gli Ateniesi d’Italia. Associazioni di cultura a Firenze nel primo
1.3. La dimensione nazionale del patrimonio Alinari (1890 -1914)
La vocazione internazionale degli Alinari si mantenne anche per i decenni successivi, almeno fino alla prima guerra mondiale, e in realtà, in forme un po’ diverse anche in seguito. Tuttavia a partire dagli anni '90 dell'Ottocento si sviluppò fortemente anche un’attenzione degli Alinari e degli altri grandi fotografi editori, in particolare di Xxxxx Xxxxx, verso una dimensione nazionale della loro attività. Anche in questo caso procederemo, per capire meglio i caratteri di questo nuovo orientamento, ad un tentativo di inquadramento storico più generale. Dagli anni '80 del XIX secolo la situazione politica italiana stava rapidamente cambiando sul piano internazionale. Nel 1882 si ebbe la conferma sul piano politico diplomatico del sensibile cambiamento della collocazione internazionale del nostro paese, con la stipula della cosiddetta Triplice Alleanza, che legava L'Italia alla Germania e al suo nemico storico del periodo risorgimentale, cioè l’Impero Austro Ungarico. Per contro, l'amicizia con la Francia, che era stata il cardine della politica risorgimentale che aveva portato all’unificazione dello Stato, risultava logorata sia dalle rivalità economiche che avevano trovato espressione nelle nella cosiddetta guerra doganale e nelle tariffe del 1878 e del 1887, sia dalle rivalità politiche circa le sfere di influenza rispettive nel Mediterraneo e, soprattutto in conseguenza della politica coloniale francese, in Nord Africa e in Tunisia.
Le aspirazioni italiane ad una ad un proprio ruolo di grande potenza coloniale trovarono espressione nel corso di quei decenni prima attraverso lo sfortunato tentativo di Crispi ad Adua, e successivamente con Xxxxxxxx, nella guerra contro l'impero ottomano e nella conquista della Libia, nonché delle isole del Dodecaneso, avvenuta nel 1911. Il 1911 era esattamente il 50º anno dall' unificazione italiana; le celebrazioni furono imponenti nelle più importanti città d'Italia, mentre prendevano vigore tutta una serie di movimenti e di aspirazioni per una affermazione anche culturale dell'Italia sul piano internazionale.
In generale, fra gli anni finali del XIX e quelli inziali del XX secolo si era formato cioè un clima molto propenso alla affermazioni di ideali nazionali, alla realizzazione pratica del compito di “fare gli italiani”, creando dunque anche una forte coesione sul piano culturale, oltre che su quello puramente politico amministrativo.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Questo periodo dal punto di vista della fotografia coincide con un ulteriore importante perfezionamento tecnico, cioè l'introduzione della gelatina bromuro d'argento, a cui si abbina la possibilità di avere negativi ortocromatici (che avrebbero portato al rinnovamento di una buona parte delle lastre negative precedenti negli archivi Alinari)16 e si affacciano i primi tentativi di fotografie a colori, per altro ancora non tali da determinare sensibili cambiamenti di mercato. Soprattutto però il periodo di fine secolo XIX coincise con l'avvento alla guida delle principali case fotografiche italiane di una seconda generazione di imprenditori, con caratteristiche sensibilmente diverse da quelle dei fondatori. Nel caso degli Alinari questo passaggio si realizzò, dopo la morte di Xxxxxxxx e Xxxxxxxx, entrambi scomparsi nel 1890, con il passaggio della proprietà e della direzione della ditta a Xxxxxxxx Xxxxxxx, figlio del fondatore Xxxxxxxx. Xxxxxxxx introdusse alcune innovazioni fondamentali nella conduzione della ditta, mantenendo peraltro sostanzialmente immutata la vocazione internazionale e la sostanza delle modalità operative messe in opera dai suoi predecessori. Si trattò quindi di attività aggiuntive, in un certo senso, o di perfezionamenti e aggiornamenti delle modalità
Novecento, Milano Angeli, 2000; X. Xxxxxxxxxx, La città più artigiana d’Italia. Firenze 1861-1929, Milano, FrancoAngeli, 2012, pp. 49 ss.
16 Sull’importanza della introduzione della gelatina bromuro d’argento non solo dal punto di vista tecnico, ma anche per le implicazioni culturali, cfr. in particolare i lavori di X. Xxxxxxxx, fra cui Xxxxx Xxxxxxxx, Esthétique de l’occasion, in « Études photographiques», n. 9 (2001), pp. 64-87, che riprende la sua tesi di dottorato: La Conquête de l’instantané. Archéologie de l’imaginaire photographique en France, 1841-1895, thèse xx xxxxxxxx (xxxx xx xxxxxxxxx xx Xxxxxx Xxxxxxx), XXXXX, 0000.
precedenti, tali tuttavia da cambiare notevolmente il senso complessivo dell'intervento della ditta e della sua stessa identità. Si tratta di aspetti ben noti e che quindi riassumeremo qui schematicamente. In primo luogo, Xxxxxxxx Xxxxxxx dette espressione esplicita e molto forte alla dimensione nazionale dell'attività della sua impresa. Xxxxxxxx infatti e in parte rinnovò l'archivio delle lastre programmando una copertura sistematica dell'intero territorio nazionale. Mentre fino allora gli archivi si erano costituiti su campagne mirate a complessi urbani e monumentali e artistici ben definiti, ma sostanzialmente seguendo criteri di mercato, relativi sia alla domanda internazionale, sia ad una specie di ripartizione interna del mercato con i principali concorrenti, ossia con Brogi ed Xxxxxxxx (con i quali nel 1904 sarà poi stabilito un vero e proprio trust per suddividersi le aree di influenza), Xxxxxxxx Xxxxxxx promosse ora una serie di campagne di documentazione fotografica su base sistematica a livello nazionale, inviando i propri operatori fotografi, accompagnati da un organico e complesso team organizzativo e tecnico, a coprire in maniera programmata e progressiva le varie realtà regionali italiane17. Xxxxxxxx non agiva da solo in questa attività di dimensione “nazionale”. Un contributo fondamentale venne da Xxxxx Xxxxx, figlio di Xxxxxxx, personalità anch'essa molto interessante, impegnata anche politicamente. Xxxxx Xxxxx ebbe un ruolo fondamentale nella costituzione della Società Fotografica Italiana. Fondata nel 1889, nel cinquantenario dell'invenzione della fotografia, la Società fotografica riuniva su base nazionale le diverse anime della cultura fotografica presenti in Italia, non solo e non tanto a livello geografico, ma soprattutto nelle diverse componenti sociali e culturali18. Raggruppava infatti sia i fotografi professionisti, distribuiti ormai capillarmente sul territorio nazionale, sia i grandi dilettanti, ovvero una quota ragguardevole di aristocratici e di rappresentanti delle élite culturali ed economiche del paese, sia scienziati e studiosi, oltre che naturalmente i grandi fotografi editori. Xxxx come primo presidente uno dei più noti scienziati dell'epoca, Xxxxx Xxxxxxxxxx, seguito poi da altri illustri scienziati, mentre il ruolo di presidente onorario sarebbe stato attribuito al principe ereditario e poi sovrano Xxxxxxxx Xxxxxxxx XXX. Fra i compiti fondamentali della Società fotografica italiana vi era innanzitutto la tutela dei diritti dei fotografi, a cominciare dal diritto d'autore, che era all'epoca tutt'altro che formalizzato e rispettato; ed inoltre la maggiore considerazione della fotografia sul piano culturale, per la quale la società si dotò di una importante pubblicazione periodica, che ebbe un notevole influsso sulla cultura fotografica
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
17 Uno degli operatori che hanno lavorato per Xxxxxxx a lungo, è stato Xxxxx Xxxxxxx, che ha lasciato anche una serie di diari delle sue attività durante le varie tappe del suo lavoro. Si veda Xxxxx Xxxxxxx: Diario di un fotografo, in «AFT: Semestrale dell’Archivio Fotografico Toscano», 3 (1987), n. 5, giugno, pp. 46-53 (ma nel numero vi sono diversi saggi riferiti a questa documentazione); cfr. inoltre Il lavoro fotografico per Xxxxxxx/ Xxxxx Xxxxxxx, 2 voll. a cura di Xxxxxxxx X. Couprie, Firenze, X.xxx Xxxxxxx, [2005]. Dai diari di Xxxxxxx si ricava che pur avendo un preciso programma di partenza circa le località da visitare, poi molto era lasciato anche all’iniziativa degli operatori. Si veda ad esempio questo brano del diario dei giorni 15 e 16 ottobre 1898: « Andati per ferrovia ad Asti, fatto l’esterno della Cattedrale e parecchie cose medievali sparse per la città […] fatte altre cose antiche poi andati alla Chiesa di Viatosto poco distante da Asti, più tardi partiti per Torino. Alla sera andati all’Esposizione..». Del resto anche i cataloghi a volte presentano le fotografie dei vari soggetti fotografati lungo un itinerario che ripercorre il viaggio e le scelte del fotografo circa le riproduzioni da fare, come si può vedere da questa citazione dal catalogo del 1873: « Uscendo da questo Museo [Museo Nazionale di Napoli, n.d.r.] e continuando per la Via di Roma, giungeremo al Largo dello Spirito Santo o Mercatello, nella cui Piazza si nota un edificio semicircolare ornato di ventisei Statue, opera di Xxxxxxxxxx (1757), e nel quale vi è il liceo Ginnasiale Xxxxxxxx Xxxxxxxx. Se invece avessimo preso nell'uscire dal Museo dalla Via detta di Santa Xxxxx di Costantinopoli, avremmo trovato il Largo della Trinità Maggiore, ove sorge l' Obelisco detto la Guglia della Concezione, disegnata da Xxxxxxxx ed eretta nel 1747. Qui si trova pure la Chiesa del Gesù nuovo o Trinità Maggiore, vasto e suntuoso tempio fondato nel 1554 […] Quindi al Largo San Xxxxxxxx Xxxxxxxx dove vi è una Chiesa detta di San Xxxxxxxx dei Pappacoda e della quale si è ritratto la Porta, stupenda scultura gotica disegnata da Xxxxxxxxx» [le citazioni vengono dal catalogo del 1873; i neretti sono in originale e corrispondono ai soggetti delle fotografie effettivamente riportate in catalogo, n.d.r.; la descrizione dell’itinerario segue alla lettera, ma scegliendo e tralasciando molte parti, il testo della guida: Descrizione di Napoli e contorni, di P.A. Sacchi, Milano, Artaria, 1872, pp. 24-25]
18 X. Xxxxxxxxx, Le origini della Società Fotografica Italiana e lo sviluppo della fotografia in Italia: Appunti e problemi, in
«AFT: Semestrale dell’Archivio Fotografico Toscano», 1 (1985), n. 1, pp. 42-51; e X. Xxxxxx Xxxxxxx, Profilo per una storia istituzionale della Società Fotografica Italiana, in «AFT: Semestrale dell‟Archivio Fotografico Toscano», 8 (1992), n. 16, pp. 17-31; la SFI pubblicava anche un «Bullettino», su cui si veda X. Xxxxxx, Fotografia fra arte e storia. Il «Bullettino della Società Fotografica Italiana» (1889-1914), Napoli, Xxxxxxx Xxxxx Editore, 1996.
italiana dell'epoca. Xxxxxxxx Xxxxxxx partecipò a questo processo, e lo accompagnò con alcune iniziative ulteriori molto significative. Intervenne anche nel campo degli studi e delle pubblicazioni di storia dell'arte, promuovendo iniziative editoriali di notevole importanza, come quella della “Miscellanea d’arte”, poi divenuta la “Rivista d’arte” e alla cui direzione si affiancarono nel periodo di edizione Xxxxxxx, personaggi come Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxx. Questa attenzione verso la cultura “alta” e accademica del suo tempo non si limitava neppure agli ambienti della storia dell’arte: ad esempio Xxxxxxxx si occupò a più riprese, prima con il tramite del concorso per l’illustrazione della Divina Commedia, poi con varie altre iniziative che implicavano anche un suo suo forte impegno personale come fotografo; e soprattutto si mosse su questo piano intrattenendo un duraturo e intenso sodalizio con la società dantesca italiana, ovvero con il luogo più qualificato di elaborazione culturale, a livello filologico critico, del poema dantesco.19
L’importanza di questo tipo di intervento ai fini della integrazione di Xxxxxxxx e della sua ditta in quella ideologia “nazionale” che costituiva il cardine della cultura del tempo, diviene comprensibile se si abbia in mente cosa significava Xxxxx per gli ambienti colti dell'epoca.20 Sviluppò inoltre un'attività molto interessante nel campo del mecenatismo e della promozione dell'arte contemporanea in Italia, anche attraverso una serie di concorsi tematici a cui invitava i pittori dell'epoca21.
Dedicò anche una attenzione notevole al paesaggio, anche con opere personali come il volume Il paesaggio italico nella Divina Commedia, del 1921; fece sì che i suoi operatori non si limitassero a rilevare, specie nel Mezzogiorno d’Italia, solo i monumenti i paesaggi e le opere d’arte, come avevano fatto suo padre e i suoi zii, ma anche un certo numero di fotografie di carattere etnografico/sociale, con immagini di popolani, di lavoratori poveri e degli antichi mestieri urbani delle città e dei paesi, soprattutto del sud, di “abitazioni di povera gente”22. Considerando che anche Xxxxx aveva nello stesso periodo una serie “Scene e costumi dal vero”, si può concludere, come del resto aveva notato Quintavalle, che queste immagini non possono “interpretarsi come tipiche, caratteristiche, semplicemente folkloriche”, ma costituiscono probabilmente un “momento iniziale di una lettura realistica delle classi subalterne”23, ricca anche di spunti sul piano della rappresentazione antropologica del popolo italiano24.
19 Su tutti questi aspetti mi permetto di rimandare al mio saggio Gli Xxxxxxx e l'editoria fotografica a Firenze fra Ottocento e Novecento, «AFT» a. III, (1987) nn. 5 e 6, pp. 59-71 e 62-71.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
20 Si pensi all'importanza del divino poema sul piano della storia della letteratura, che si esprimeva nella ripresa di studi e di attenzione critica; ma si pensi anche alla sua diffusione a livello di cultura popolare, alla capillare presenza di conferenze e letture dantesche nelle università popolari, nei circoli e nei ritrovi non solo del ceto medio, ma anche delle società operaie o di mutuo soccorso; si pensi infine al ruolo che era stato attribuito al divino poema per la affermazione di una cultura nazionale rispetto alla quale Xxxxx simboleggiava l'unità della cultura che preludeva e giustificava l'unità politica solo recentemente e faticosamente compiuta col Risorgimento nazionale; o ancora, per andare al periodo che qui direttamente interessa, si pensi al ruolo svolto da associazioni come la Xxxxx Xxxxxxxxx per la diffusione della cultura italiana, ma insieme anche per l'affermazione di una precisa idea politica di grandezza e di espansione nazionale, all'interno e all'estero.
21 Cfr. La Commedia dipinta. I concorsi Xxxxxxx .., cit.
22 X. Xxxxxxxxx, L’editoria fotografica e la documentazione del patrimonio artistico italiano. La difficile ‘nazionalizzazione’ fotografica del Mezzogiorno (1861-1911), in «L’Italia è». Mezzogiorno, Risorgimento e post-Risorgimento, a cura di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx, Roma, Viella, 2013, pp. 279-306; in particolare le pp. 293-302.
23 A.C. Xxxxxxxxxxx, Gli Alinari, cit., p. 420.
24 Sarebbe interessante analizzare attraverso la verifica della effettiva diffusione, certamente molto larga, di questa parte del patrimonio che analizzate ha contribuito a creare un'immagine antropologica, occidentalizzata, dell'Italia nel suo complesso; sia nel senso della formazione antropologica dell'Italia contemporanea, del suo spirito, del suo immaginario, della sua costruzione identitaria, per se stessa e per gli stranieri; sia infine nel senso basilare della documentazione dei mondi e degli specifici etnici. Sotto questo aspetto, secondo alcune indicazioni metodologiche che debbo a Xxxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx si potrebbe considerare anche come un importante giacimento di immagini etnografiche relative al nostro Paese; ed anche uno dei più interessanti performatori dell'identità nazionale attraverso la stretta messa in relazione dell'immagine della bellezza artistica e della complementare e antagonistica presenza dei mondi popolari e degli specifici etnici. Va inoltre anche considerata la possibile contestualizzazione rispetto sia ai tentativi di Xxxxxxxxxx di realizzare una specie di inventario visivo anche di tipo storico sociale, sia anche all'originale filosofia di Xxxxxxxxx e del GFN, permettendo in questo modo di affiancare ancora meglio la prospettiva storico-sociale e quella storico-artistica nella considerazione del patrimonio dei fotografi editori.
In questo modo Xxxxxxx e con lui gli altri fotografi editori si erano assicurati un posto di rilievo nel mondo della cultura e anche della politica italiana, e la cosa non fu affatto senza conseguenze sulle attività della ditta. Quando, all’inizio del XX secolo, gli editori della carta stampata promossero una forte campagna contro la situazione di quasi monopolio creata dal “trust” sottoscritto da Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx, e nel contempo i musei e gli enti pubblici detentori del patrimonio ottennero una legislazione che stabiliva tassazioni e oneri pesanti nei confronti dei fotografi, il ruolo dei contatti e dell’operazione di sensibilizzazione culturale condotta negli anni precedenti, dette i suoi frutti, a cominciare dell’intervento del Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, vice-presidente della Camera, ma anche presidente della Società Fotografica Italiana, e di altri autorevoli esponenti della cultura e dell’alta società del tempo, che permisero di rendere in pratica inoperanti i provvedimenti di legge pur emanati. Una significativa traccia di questa congiuntura persiste negli archivi sia di Xxxxxxxx che di Xxxxxxx, che di fronte alla crisi di rapporti con i musei e gli enti pubblici italiani, polemicamente dichiararono di voler allora rivolgersi a documentare le opere d’arte degli altri paesi europei. I cataloghi di Dresda, Parigi e Grecia, prodotti da Xxxxxxx fra il 1906 e il 1908, testimoniano di campagne fotografiche, come quella di Xxxxxxxx sulla Spagna, attraverso le quali i nostri fotografi addirittura presumevano, evidentemente, di poter spostare gli interessi del pubblico sul patrimonio artistico di altri paesi, in funzione di pressione sul governo italiano a favore delle loro strategie imprenditoriali25.
1.4. Mercato, cultura e classe dirigente: la gestione del patrimonio Alinari fra aristocrazia e impresa (1920 -1958)
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
La grande guerra costituì un momento di rottura molto forte per tutta la fotografia italiana e in particolare per la ditta Alinari. Proprio perché fortemente dimensionata sul mercato internazionale, la ditta si trovò in gravissima difficoltà per gli opposti blocchi navali delle potenze in conflitto, che determinarono in pratica un blocco degli scambi commerciali non legati direttamente ai prodotti bellici. Tutti i consumi non essenziali, e specialmente quelli relativi ai settori della moda e delle produzioni di lusso, di pregio o indirizzate a consumi di carattere culturale subirono una netta diminuzione. Ma in particolare dopo l'ingresso in guerra dell'Italia e l'intensificarsi della guerra sottomarina il commercio con l'estero subì, per tutti i settori che non riguardassero consumi essenziali, un drastico ridimensionamento. Gli Alinari videro in pratica azzerarsi il volume delle loro vendite all'estero e questo indusse Xxxxxxxx Xxxxxxx a sospendere l'attività della ditta a partire già dal febbraio 191526. In realtà non si trattava solo di una difficoltà puramente economica, il conflitto aveva irrimediabilmente interrotto il
25 Cfr. Dresda, catalogo delle riproduzioni pubblicate per cura di Xxxxxxxx Xxxxxxx, proprietario dello stabilimento fotografico Xxxxxxxx Xxxxxxx, [s.l.] Xxxxxxx, 1906; Paris. Photographies de la Maison Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx, Firenze, Alinari, 1908; Paris. Versailles. Photographies de la Maison Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx, Firenze, Alinari, 1908 ; La Grèce. Photographies de la maison Xxxxxxxx Xxxxxxx, Reproduction ipsographique de l’edition 1908, Fratelli Alinari Società Anonima. Istituto di Edizioni Artistiche I.D.E.A, 1921.
26 Cfr. La serrata dello stabilimento fotografico dei Fratelli Alinari, Firenze, s.d. [ma 1915]. Nell’opuscolo si riportavano molte notizie sulla crisi attraversata dagli Alinari già durante il periodo inziale della guerra, in cui l’Italia era neutrale, ma ormai i trasporti per l’estero e dall’estero di beni non di prima necessità erano stati bloccati dal conflitto, e anche la domanda era crollata. Per una azienda che viveva soprattutto delle vendite all’estero, il danno era stato gravissimo, e improvviso. Il rappresentante parigino di Xxxxxxx aveva chiuso la propria sede, e l’azienda aveva richiamato tutti gli operatori fuori sede, riducendo contemporaneamente di un terzo gli stipendi a tutto il personale. Secondo la proprietà della ditta, le perdite del secondo semestre 1914 ammontavano alla notevolissima cifra di 50.000 lire, e le vendite erano praticamente azzerate. Nonostante i dipendenti si fossero dichiarati favorevoli a rimanere in servizio a metà stipendio, si arrivò alla chiusura dello stabilimento, con la sospensione di ogni attività, nel febbraio del 1915. Può essere interessante notare che nel gennaio del 1915 Xxxxxxxx Xxxxxxx aveva preso la decisione di presentarsi candidato (per venire poi eletto) al Consiglio comunale di Firenze, dove a suo tempo era stato eletto Xxxxx Xxxxx. Cfr. F. Xxxxxxxxxxx, Le elezioni amministrative del 1914 e del 1920 a Firenze, tesi di dottorato in ‘Storia del XX secolo: politica, economia, istituzioni’, ciclo XXVII (2012-2015), p. 145.
clima della cosiddetta belle époque che aveva contraddistinto gli anni precedenti. La fotografia venne largamente impiegata per la documentazione ed anche per la propaganda di guerra, ma i temi bellici divennero talmente dominanti da mettere a margine tutti gli altri. Anche la più interessante e significativa rivista fotografica italiana, la “Fotografia Artistica” di Torino, cessò le pubblicazioni durante il conflitto. La stessa Società fotografica italiana entrò in una crisi da cui non si sarebbe più risollevata e che avrebbe portato alla sua cessazione nel dopoguerra. Nel difficile clima dell'immediato dopoguerra, percorso da gravi problemi economici e sociali e da forti conflitti politici, Xxxxxxxx Xxxxxxx decise di alienare l'azienda, probabilmente per l'influenza congiunta della crisi economica, di motivi familiari, fra cui la morte del figlio Xxxxx, e per l'influsso del cambiamento profondo e del tramonto del clima culturale in cui aveva operato per uno sviluppo della cultura fotografica in Italia. L'evento più interessante che segna questo momento storico, e quindi la fine della prima fase della storia degli Alinari come impresa familiare, è che l'impresa non venne rilevata da un altro imprenditore del settore, ma da una società per azioni formata da un gruppo di alcune decine di aristocratici e di notabili, soprattutto toscani, al cui vertice era il xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx. Le vicende che portarono effettivamente alla costituzione della nuova Società, che assunse la denominazione di Fratelli Alinari - Istituto Di Edizioni Artistiche (I.D.E.A) sono note nel loro svolgimento dal punto di vista degli assetti societari27; sul senso complessivo di questa acquisizione, si può dire che testimoniava della volontà della classe dirigente toscana (forse incoraggiata da qualche autorevole voce nazionale) di non disperdere un patrimonio culturale il cui valore non poteva essere stabilito in termini soltanto economici.
Un primo “salvataggio” quindi, quello del 1920, anche se ad opera di privati, ma già in funzione di salvaguardia del patrimonio.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Certamente nonostante che vi fosse una sostanziale continuità nella attività produttiva dello Stabilimento, con il nuovo assetto societario cambiò profondamente lo stile di intervento e l’impatto culturale dell’impresa. Mentre in precedenza Xxxxxxxx Xxxxxxx con la sua forte personalità e con l’importante rete di contatti professionali ma anche culturali e istituzionali, aveva accentrato su di sé tutta la vita dell’azienda nei suoi vari aspetti, e controllava ed era in grado di orientare con una propria impronta personale e originale anche le implicazioni culturali e politiche, oltre che tecniche ed economiche, delle scelte da effettuare, durante la presidenza di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx la situazione assunse connotati molto diversi. Il nuovo Presidente della Alinari I.D.E.A. infatti era un aristocratico toscano che aveva notevoli interessi economici in altri settori, in agricoltura, ma anche nell’industria e nella finanza; nel consiglio di amministrazione si incontrano in questo periodo e in quello immediatamente successivo altri nomi importanti dell’aristocrazia toscana, come Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxx Xxxxx.
Fin dal primo periodo della conduzione Ricasoli (che in progresso di tempo acquisì la maggioranza delle azioni) un contributo notevole anche sul piano degli indirizzi culturali venne da intellettuali e studiosi, come Xxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx (che dal 1924 compare come consulente artistico stabile), e successivamente Xxxxxxx Xx Xxxxxxx00: ma ovviamente i consigli pur autorevoli di studiosi e intellettuali non potevano sostituire l’iniziativa imprenditoriale di un personaggio come Xxxxxxxx.
Nel complesso, l’impostazione dell’attività produttiva dell’azienda non cambiò in profondità. Uno degli aspetti più rilevanti è forse il fatto che venne promossa una ampia attività di documentazione delle mostre d’arte. Rispetto alle campagne organizzate su base geografica del
27 X. Xxxxxxxxxxx, X. Xxxxx, Il cammino di un’I.D.E.A. Xxxxxxx 1920-2002, in Fratelli Alinari. Fotografi in Firenze, a cura di A.C. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, cit., pp. 239-51.
28 Cfr. per questi aspetti ibidem; ringrazio inoltre Xxxxxxxx Xxxxx per avermi anticipato la bozza di un suo saggio dal titolo La fotografia d’arte dei Fratelli Xxxxxxx dal 1852 ad oggi e gli archivi fotografici entrati nelle collezioni Alinari al tempo di Xxxxxxxx Xxxx, in corso di pubblicazione negli atti della giornata di studi «Per un archivio fotografico dell’arte italiana. Xxxxxxxx Xxxx, la Fondazione Xxxxxxx Xxxx e la Fratelli Alinari», Venezia, Fondazione Xxxxxxx Xxxx, 5 giugno 2018.
precedente periodo, questo significava agire su opere già selezionate e più facilmente accessibili; ma perdendo in sistematicità e per certi versi in originalità. Continuarono in parte anche le rilevazioni su base geografica, e vennero ancora sviluppati i cataloghi locali e regionali, ma si manifestò già dopo pochi anni uno dei tratti caratteristici di questo tipo di conduzione, cioè la difficoltà, con un assetto proprietario di questo tipo, a tenere il passo dell’aggiornamento tecnico proprio nel cuore dell’azienda, cioè nel reparto fotografico. Già nel 1929 il Presidente sottolineò la necessità di intervenire per migliorare il funzionamento di vari reparti, “e specialmente del reparto fotografico, che […] è arretrato in rapporto all’attuale progresso dell’arte e al più utile andamento industriale del reparto stesso”29.
Inoltre, gli Alinari subivano la concorrenza sia dei naturali e tradizionali competitori, ma anche quella della mano pubblica, che si realizzava «per l’invadente azione del Luce e dell’Istituto Poligrafico dello Stato»30.
Nel 1929 la crisi finanziaria che colpì il mercato statunitense, uno dei maggiori per gli Alinari, e negli anni successivi tutte le economie mondiali, provocò anche per la ditta fiorentina una prima grave crisi. Un primo aumento di capitale, sottoscritto prevalentemente da Ricasoli e Gondi, non risolse la situazione, e le restrizioni del credito, ma soprattutto il diminuito volume d’affari portarono ad un bilancio fortemente in perdita nel 193231, al punto da prospettare addirittura la vendita di una parte del palazzo, con la dismissione in particolare della sala di posa e della parte di lavorazioni dedicate al ritratto, qualificate come tradizionali ma non più redditizie.
Nel 1933, continuando il trend discendente delle vendite, si ricorse all’aiuto dell’IRI, per ottenere «un finanziamento tendente a dare stabile e tranquillo assetto al bilancio, risanandolo definitivamente»32. La richiesta ebbe esito favorevole dato che l’IRI accordò un mutuo ventennale di 1.200.000 lire al tasso del 6,25% con garanzia ipotecaria sull’immobile, a fronte di una diminuzione del capitale sociale di almeno 500.000 lire. In effetti negli anni successivi la crisi venne superata, anche grazie al generale riassestamento delle economie mondiali, e gli Alinari stabilizzarono la loro attività su una linea di sostanziale continuità con il periodo precedente, ma con una quota crescente di attività commerciali ed editoriali.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
In generale la conduzione di Xxxxxxxx in questo periodo appare molto accorta, anche se scarsamente innovativa. Tendeva soprattutto a muoversi su una linea che privilegiava volta a volta quegli aspetti del patrimonio Xxxxxxx e delle potenzialità produttive della ditta che apparivano più richieste dal mercato, ma senza quella visione imprenditoriale capace di anticipare o addirittura sollecitare la domanda del mercato, che era stata tipica della gestione precedente. In questo senso ciò può spiegare anche quello che invece appare come un dato positivo della gestione Xxxxxxxx, cioè il fatto che gli Alinari superarono con danni limitati la grave crisi della seconda guerra mondiale. Per quanto già dal 1940 il mercato avesse fatto registrare una notevolissima flessione, e per quanto vi fosse stato il duro colpo della distruzione del negozio sui Lungarni e della forzata vendita di una porzione dell’immobile della sede, le economie interne, a partire dal personale, e la riduzione complessiva molto forte di tutte le attività onerose, permisero di arrivare alla ripresa dopo la Liberazione in condizioni discrete, dato che come notò il Presidente non si erano avute le vicissitudini e le perdite patrimoniali subite da altre aziende o enti operanti in quel settore; a ciò si aggiungeva il fatto che in virtù del forte processo inflattivo, la Società era praticamente liberata dall’oneroso mutuo contratto con l’IRI.
29 AFA, Libro dei verbali del CdA, Seduta del 10 aprile 1929. Nella stessa seduta si decideva di provvedere al «rinnovamento delle collezioni fotografiche», ma data la situazione solo per Firenze e per la Toscana, e «limitatamente alle esigenze del lavoro di commissione».
30 Ivi, Seduta del 8 febbraio 1932. Nel frattempo infatti l’Istituto L.U.C.E., che aveva assorbito il Gabinetto Fotografico Nazionale, stava intraprendendo una azione di diffusione e vendita di fotografie del patrimonio culturale italiano.
31 Ibidem. Si registrano perdite per 54.000 lire, dopo aver assorbito tutti gli utili degli anni precedenti.
32 Ivi, seduta del 7 luglio 1933.
In particolare all’inizio degli anni ’50 la Alinari IDEA conobbe un periodo di forte espansione, come si vede dal grafico seguente:
Utile lordo
6.000.000
5.000.000
4.000.000
3.000.000
2.000.000
1.000.000
0
1949
1950
1951
1952
1953
1954
1955
1956
Un ruolo importante in questa ripresa di attività ebbe la parte commerciale basata in Italia, attraverso il sistema dei negozi. La ditta infatti aveva da tempo stabilito eleganti negozi di vendita dei propri prodotti a Roma e a Napoli, ma anche a Firenze, dove pure era già attiva la sede centrale della ditta. Nel 1960, su un bilancio totale che pareggiava a 251.996.387 lire, con una parte commerciale che ammontava a 143.557.959 lire, le vendite dalla sede fiorentina (in massima parte per corrispondenza) assommavano a 87.660.871 lire, di cui 60.266.710 (69%) in Italia e 27.394.161 (31%) all’estero; mentre quelle dei tre negozi della ditta (Roma, Napoli e Firenze) raggiungevano insieme la considerevole cifra di 55.897.088 lire, quasi pareggiando quindi le vendite della sede in Italia.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Questo dinamismo della gestione dei negozi corrispondeva però ad una relativa crisi del modello industriale classico tipico del periodo pre-1920. Le vendite si indirizzavano soprattutto verso le riproduzioni di alta qualità, per formato e per tipo di stampa33, mentre perdevano corrispondentemente peso le fotografie “piccole”, cioè al bromuro d’argento in formato 18x24, destinate alle fototeche, agli istituti di istruzione e cultura, ai musei e agli studiosi, e tipiche del periodo precedente. Inoltre quella che perdeva di importanza era la quota delle vendite all’estero, assolutamente prevalente alle origini, ed invece ora ridotta ad una porzione minoritaria, anche se ancora significativa, (occorre considerare che una parte consistente delle vendite dei negozi era sicuramente corrispondente ad acquisti di clienti stranieri in visita in Italia).
Infine l’altro fatto fondamentale, che caratterizzò la gestione Ricasoli, era la notevole quota di utili ripartiti fra azionisti e componenti del Consiglio di Amministrazione, a fronte di quote minimali di investimenti. Da diverse testimonianze si ricava che nel corso del tempo gli interventi di adeguamento tecnico furono parziali e tardivi, piuttosto che innovativi e animati da una capacità di previsione imprenditoriale di medio periodo. Dal 1950 al 1957 la effettiva produzione industriale, misurata in “pezzi” prodotti per essere venduti (cioè in massima parte riproduzioni positive dei negativi in possesso della ditta), diminuì addirittura passando da
329.443 a 283.010, per poi risalire nel 1960 (già gestione Xxxx) a 390.606, ma ristabilizzarsi di nuovo nel 1970 a 329.819 pezzi.
33 In particolare le fotocollotipie, le foto dirette a colori e i disegni dei grandi maestri, che complessivamente nel 1960 formavano ancora oltre il 60% del valore del magazzino.
Questa strategia venne anche in parte teorizzata: di fronte alla possibilità di produzioni più ampie, il Consiglio di Amministrazione deliberò che era invece preferibile una «linea di produzione più fine»; si intendeva valorizzare una produzione artigianale e qualitativamente molto elevata come la fototipia, ma si resisteva alla introduzione di nuove tecnologie, soprattutto nel settore del colore. Solo di fronte alle pressioni del Ministero della Pubblica Istruzione (uno dei clienti più importanti), il quale prospettò addirittura l’ipotesi di provvedere autonomamente a realizzare stampe a colori per proprie Gallerie e Musei, si decise di assumere nuovo operatore da formare per il colore e di promuovere una prima campagna di rilevazione fotografica a colori in Umbria. Ma questa nuova linea fu seguita con scarsa convinzione e con investimenti minimali; è interessante constatare dalle fonti che si comprò solo una piccola stampatrice a colori, poi seguita da altri acquisti di macchinari più importanti, ma usati. Mentre si risparmiava su quello che era stato una volta il cuore produttivo dell’azienda, si investiva invece molto per i negozi, per allestimenti e ammodernamenti, e perfino per l’acquisto di un appartamento per l’abitazione del nuovo gerente del negozio di Roma.
Nel contempo proseguiva la politica di alti dividendi: nel 1955 vennero corrisposte agli azionisti 440 lire per ogni azione del valore nominale di 350 lire.
Il “modello” di intervento della gestione Xxxxxxxx, nelle sue linee essenziali, appare quindi caratterizzato da alcuni elementi critici, come l’ incremento del catalogo seguendo le mostre; la gestione conservativa dell’archivio e dell’apparato tecnico industriale dell’azienda senza affrontare sfide incombenti, soprattutto quella del colore; per contro si suppliva con lo sviluppo dell’attività editoriale e soprattutto con lo sviluppo del sistema commerciale, anche attraverso la rete dei negozi.
In definitiva tuttavia un modello che ancora riusciva a reggere, sia pure con un breve orizzonte in vista; la crisi venne dal contesto esterno e si pose come una crisi di crescita in cui si manifestarono i limiti endemici che avevano caratterizzato la gestione Ricasoli: cioè una scarsa capitalizzazione, con dividendi alti e ammortamenti e investimenti lievi, e con il ricorso a indebitamento nei confronti di istituti di credito per investimenti o operazioni straordinarie.
1.5. La crisi dei “ fotografi editori” e l’intervento di Xxxxxxxx Xxxx fra impresa e mecenatismo ( 1958 - 1973)
Se la Alinari IDEA riusciva a stare sul mercato distribuendo utili non inconsistenti agli azionisti, i tradizionali concorrenti, Xxxxxxxx e Brogi, manifestavano sempre maggiori difficoltà a continuare l’attività. Dei contatti e dei pourparler erano intercorsi già da tempo, ma la prima proposta ufficiale di un acquisto di Xxxxxxxx approdò nel XxX Xxxxxxx il 4 maggio 1957. Poco dopo contatti furono stabiliti anche con Xxxxx, sia pure su basi leggermente diverse34.
L’offerta di Xxxxxxxx era in realtà insieme allettante ed imbarazzante per la Alinari IDEA. Veniva in un momento in cui la ditta fiorentina era in buona salute, come si è visto, dal punto di vista commerciale, e prospettava la possibilità di arrivare a quello che era stato l’obiettivo iniziale dell’azienda, realizzato solo indirettamente con il “Trust” del 1904, cioè disporre di un monopolio di fatto dell’offerta di riproduzioni fotografiche del patrimonio artistico italiano. Proprio in virtù di quegli accordi di inizio secolo il patrimonio fotografico dei tre grandi fotografi editori si poteva considerare come un complesso unitario, anche se naturalmente con un certo numero di sovrapposizioni. Nel contempo però l’importo richiesto da Xxxxxxxx (trenta milioni di lire) era valutato troppo alto dal CdA. Ricasoli e gli altri aristocratici toscani che
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
34 Xxx Xxxxx infatti si trattava di cedere l’archivio delle lastre ‘storiche’, mentre l’attività dello studio fotografico sarebbe stata continuata da Xxxxxxx, il genero di Xxxxx e fotografo egli stesso. Xxxxxxxx invece intendeva vendere tutto il patrimonio di immagini e tutto il pacchetto azionario della ditta.
amministravano l’Alinari IDEA non avevano la capacità o la volontà di trovare i capitali necessari (che pure equivalevano, come si vede dal grafico 1, all’ammontare di sole sei o sette annate dell’utile lordo registrato dall’azienda in quegli anni). Come recita il verbale del 4 maggio 1957,
Il consiglio prende atto con compiacimento di questa trattativa ed all’unanimità, con il parere favorevole dei Sigg.ri sindaci, delibera che la trattativa stessa sia proseguita, cercando di addivenire ad una intesa proficua per la Casa Alinari. Il Consiglio precisa però che, non disponendo attualmente la Casa Alinari di capitali liquidi per eseguire tale acquisto, l’operazione possa essere perfezionata solo dopo che saranno stati assiemati i capitali occorrenti35
Allo stato attuale della ricerca non è possibile conoscere in dettaglio le motivazioni di Xxxxxxxx, a cui spettava, come Presidente e principale azionista, la decisione. Non si può non rilevare tuttavia che proprio in quel momento, dopo il periodo della ricostruzione, stava prendendo l’avvio quella fase di grande e rapidissima espansione economica e industriale che passa sotto il nome di “miracolo economico”, che in pochi anni (1958-63) giunse a trasformare il volto del paese, a fronte però di una pesante crisi del settore agricolo tradizionale, ed anche quindi del sistema mezzadrile, che era stata la base originaria della fortuna economica dell’aristocrazia toscana, e quindi anche di Ricasoli.
Un investimento negli Alinari sarebbe stato giustificato, dato che la Società era altamente sottocapitalizzata (il capitale sociale era di 2.450.000 lire, quindi del tutto inadeguato al valore effettivo dell’azienda, se si considera che la capitalizzazione di Xxxxxxx IDEA era cresciuta dai tempi dell’intervento IRI di poco più del 30%, mentre il valore della moneta secondo i dati ISTAT nel corrispondente periodo era diminuito di ben il 760%). Probabilmente era stata questa l’idea iniziale di Xxxxxxxx quando si rivolse a Cini, cioè di cercare un nuovo forte azionista per ricapitalizzare l’azienda e affrontare quindi l’acquisto di Xxxxxxxx e Xxxxx; ma Xxxx mentre da una parte manifestò un vivo interesse per la proposta, si dichiarò disponibile solo per un’acquisizione in toto dell’intero pacchetto azionario.
Di fronte a questo atteggiamento molto disponibile (Xxxx pagò un prezzo molto alto per il pacchetto di azioni di Ricasoli) ma anche molto fermo, il Barone fiorentino fece un passo indietro, e alla fine del 1957 prese la parola in sede di CdA
per comunicare al Consiglio ed al Collegio sindacale di aver ceduto, pur con rammarico, il pacchetto di maggioranza delle proprie azioni I.D.E.A. al Conte Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxx00
Anche nel caso di Cini non è possibile determinare con precisione, allo stato attuale della ricerca, quali fossero le motivazioni della scelta. Sicuramente Cini si espresse, secondo la documentazione disponibile, valutando positivamente l’opportunità di realizzare un
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
«monopolio» nell’offerta di riproduzioni fotografiche del patrimonio artistico. Occorre però considerare anche alcuni aspetti della personalità di Xxxx che possono aiutare a capire come nella sua scelta non ci fossero probabilmente solo ragioni di ordine economico e imprenditoriale.
Xxxxxxxx Xxxx era all’epoca uno dei più forti e potenti esponenti della finanza italiana, esponente del “gruppo veneziano” di Volpi, ma attivo ai massimi livelli anche in campo politico37. Dopo la morte, nel 1949, del figlio Xxxxxxx, insediò nell’Isola di San Giorgio a Venezia un grande complesso culturale, la Fondazione Xxxxxxx Xxxx. Molto probabilmente per Xxxxxxxx Xxxx, che aveva in quel momento collaboratori di spicco in campo artistico e letterario, che inforzavano e ampliavano i contatti con il mondo della cultura che già dai tempi del suo matrimonio con Xxxxx Xxxxxxxx, nota attrice teatrale, aveva avuto occasione di sviluppare, l’acquisizione di
35 AFA, Libro dei verbali del CdA, Seduta del 4 maggio 1957.
36 Ivi, Seduta del 27 dicembre 1957.
37 Senatore e Commissario per l’Expo ’42, fu anche ministro nel 1943. Non esitò nel contempo a prendere posizioni anche apertamente critiche nei confronti di Xxxxxxxxx, ancor prima del 25 luglio 1943. Internato per qualche tempo a Dachau, da dove riuscì a fuggire in Svizzera, fu riabilitato dopo la fine della guerra dalle accuse di collaborazione con il fascismo. Cfr. la biografia di Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx nel Dizionario Biografico degli Italiani, v. 25, 1981, ad vocem.
Xxxxxxx poteva apparire oltre e forse più che una scelta imprenditoriale, una operazione di politica culturale, tesa a salvaguardare e valorizzare un patrimonio culturale “nazionale”, lungo una linea che non era certo estranea agli obiettivi del “gruppo veneziano” di cui era stato esponente di spicco, né alla sua precedente attività di Commissario di EUR ’42.
Si può capire quindi che Xxxx fosse fermamente intenzionato ad acquisire non solo il pacchetto di maggioranza della Alinari IDEA, ma tutto il pacchetto e quindi l’intero patrimonio, con l’intento poi di accrescerlo con i fondi Xxxxxxxx e Xxxxx.
Questo fu quanto accadde nel corso del 1958 e agli inizi del 1959: a dicembre del 1958 si deliberò l’aumento del capitale sociale da £ 2.450.000 a 35.000.000, (poi aumentato ancora l’anno successivo a 90.000.000) motivato esplicitamente con la necessità delle nuove acquisizioni (Xxxxxxxx e Brogi, ma non solo, come vedremo).38
Nella successiva assemblea del 25 aprile 1959 Xxxx si fece rappresentare dal dr. Xxxxx Xxxxxxxx come titolare di 99.851 azioni su 100.000 (alcuni piccoli quantitativi di azioni erano restate in possesso del Direttore dell’azienda, Xxxxxxxxxxx, e di Xxxxxxx Xx Xxxxxxx) e vennero nominati nel CdA, che restava presieduto da Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx.
Nonostante la persistenza formale di Xxxxxxxx alla Presidenza, lo stile di intervento di Cini fu chiarissimo, proprio in relazione alla trattativa Xxxxxxxx. Mentre infatti il Direttore Xxxxxxxxxxx, personalità cauta e attenta alla corretta amministrazione, a cui era delegata la valutazione tecnica dell’operazione, aveva portato ad un nulla di fatto, sanzionato di fatto da Ricasoli, con esplicita rinuncia da parte di Xxxxxxxx, Xxxx attraverso Xxxxxxx fece riprendere le trattative e le concluse accettando sostanzialmente le richieste Xxxxxxxx.
Dalla documentazione disponibile sembra che Xxxx non avesse in realtà un orientamento troppo preciso circa il destino della Alinari IDEA; cosa del resto comprensibile se si pensa che aveva maturato l’acquisizione in pochi mesi. Sicuramente aveva fin dall’inizio escluso di trasferire il patrimonio fotografico a Venezia presso la Fondazione Cini, ed oltre a nominare Gentile nel CdA, attraverso di lui aveva stabilito un rapporto molto forte di Alinari IDEA con l’Istituto per la Collaborazione Culturale (istituto diretto da Xxxxxxx, ed editore fra l’altro della Enciclopedia Universale dell’Arte) il che sembra mostrare che inizialmente non fosse estranea una strategia imprenditoriale nel settore editoriale39; in seguito però le azioni furono trasferite alla Fondazione Cini, e apparve chiaro l’intento di consolidamento patrimoniale, anche, se non forse soprattutto, a fini culturali.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Sarebbe troppo lungo esaminare qui i meccanismi piuttosto complessi ed elaborati messi in atto per regolare i rapporti fra la Fondazione Cini e la Alinari IDEA40, ma si può dire che in sostanza in questa fase IDEA consolidò ampiamente il patrimonio, incorporando anche fondi e archivi fotografici di notevole valore, come quelli di Xxxxxxxxxxxx e Fiorentini, e sviluppando anche nuove campagne di ripresa nel Veneto, al punto che il catalogo Alinari edito nel 1963, dichiara il Veneto come la seconda regione italiana per ricchezza di opere d’arte, dopo la Toscana41. Nonostante questo forte aumento del patrimonio fotografico, l’azienda mantenne sostanzialmente lo stile di amministrazione stabilito nel periodo Ricasoli, come testimoniato anche dalla permanenza di Xxxxxxxxxxx nella carica di direttore.
Nei primi anni della proprietà Cini, l’attività propriamente industriale conobbe uno sviluppo molto forte; i “pezzi” prodotti aumentarono rapidamente, da 283.010 nel 1957 a 390.606 nel 1960 e a 450.696 nel 1961; il loro valore quasi triplicò nel decennio successivo all’acquisizione passando da 33.898.368 di lire nel 1957 a 92.265.457 nel 1970. Nello stesso tempo però ancora
38 ASA, Verbale dell’assemblea del 10 dicembre 1958. L’aumento di capitale avvenne mediante emissione di 93.000 nuove azioni da 350 lire nominali, offerte in opzione agli azionisti in ragione di 93 azioni contro 7 vecchie.
39 Nel 1960 in effetti l’Istituto per la collaborazione culturale appariva come il maggiore cliente italiano di Xxxxxxx, con
1.210.000 lire, superando il Ministero degli Esteri che occupava il secondo posto. Cfr. XXX, Xxxxxxxx 1960.
40 Per un approfondimento, X. Xxxxx, La fotografia d’arte dei Fratelli Alinari, cit.
41 Ibidem; cfr. anche Catalogo delle fotografie Alinari del Veneto, Firenze, Alinari, 1963.
nel 1970 i negozi mantenevano il loro ruolo molto importante nelle entrate dell’azienda42; la sola novità rilevante e confortante era il forte aumento in valore delle vendite all’estero dalla sede, che giungevano quasi a pareggiare le vendite in Italia.
In realtà, queste cifre apparentemente rassicuranti nascondevano due forti elementi di crisi. Il primo era che si stava sviluppando in quegli anni un forte processo inflattivo, per cui aumentavano le entrate ma anche le spese: ad esempio le spese per stipendi erano più che raddoppiate nel periodo fra il 1957 e il 1970; il secondo era che sempre più chiaramente emergeva la mancanza di una vera spinta imprenditoriale, dato che la conduzione dell’epoca Cini se era intervenuta fortemente nella capitalizzazione e nelle acquisizioni, non aveva però, specie nella fase in cui le azioni erano depositate presso la Fondazione, svolto nessun reale intervento circa la conduzione tecnica dell’IDEA. La questione venne appunto in luce all’inizio degli anni 70, quando divenne sempre meno eludibile il problema del colore, che ormai si andava affermando sul mercato in maniera incontrovertibile. Il punto di svolta avvenne attorno ad un progetto di radicale trasformazione tecnico-produttiva della Alinari IDEA, che prevedeva di abbandonare la sede storica nel centro di Firenze, per acquisire uno stabilimento nella zona industriale, dotato di macchinari avanzati e finalizzato a una produzione rinnovata appunto sulla base del colore, il che avrebbe comportato a sua volta la necessità di nuove campagne di ripresa43.
Di fronte a questo progetto così impegnativo, la Direzione della Fondazione Cini espresse tutte le sue perplessità, dichiarando esplicitamente al Senatore Xxxx che non rientrava nelle finalità della Fondazione, come ente culturale, questa iniziativa spiccatamente imprenditoriale della Alinari IDEA44. Xxxx prese atto della situazione, avocò nuovamente a sé le azioni Xxxxxxx, che erano state attribuite alla Fondazione Cini, e per qualche tempo si occupò di un possibile sviluppo dell’azienda. Ormai però Xxxx, che aveva oltrepassato gli 85 anni, non aveva probabilmente l’energia per cimentarsi in una impresa oggettivamente molto difficile e impegnativa. Allo stato attuale della ricerca non abbiamo reperito documentazione più probante, ma probabilmente è per questi motivi che Xxxx decise nel 1973 di cedere il suo pacchetto azionario a Xxxxxx Xxxx, imprenditore milanese, persona colta, collezionista, già fra i principali finanziatori del “Piccolo” di Milano.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
1.6. Mercato e cultura: dalla fotografia come documentazione del patrimonio alla valorizzazione della fotografia come patrimonio (1973 - 1982)
La proprietà Xxxx inaugurò una stagione radicalmente nuova nella conduzione della Alinari IDEA, ma non sulla linea di rinnovamento imprenditoriale che era stata prospettata negli ultimi anni della proprietà Cini. Inizialmente la conduzione Xxxx si qualificò per la nomina a Direttore generale di Xxxxx Xxxxxxxx, già segretario del Circolo di cultura di Firenze (molto vicino agli ambienti della sinistra del PCI e poi del gruppo del “Manifesto”), poi dirigente editoriale della Fratelli Xxxxxx. Una eventuale linea aziendale orientata sul settore editoriale non ebbe però modo di esplicarsi subito e con forza, per un evento nuovo, quasi sicuramente non previsto al momento della acquisizione dell’azienda, cioè la grande mostra del 1977 al Forte Belvedere. Per comprendere questo evento, che ebbe poi conseguenze molto importanti, occorre inquadrare la situazione politico culturale del momento. Alle elezioni del 1975 il successo delle
42 Xxxx, lo incrementavano leggermente, passando da un incasso complessivo di 55.897.088 lire nel 1960, pari al 39% delle vendite totali, ad un incasso di 87.965.130 lire nel 1970, pari al 41% del totale. (Dati ricavati da ASA, serie Bilanci, agli anni corrispondenti)
43 La documentazione di questi progetti e delle interlocuzioni fra Xxxx e i suoi stretti collaboratori e la Fondazione, è in Archivio Fondazione Xxxxxxx Xxxx, b. 3.
44 Ibidem.
sinistre in diverse delle maggiori città italiane portò ad un forte rinnovamento culturale, che si espresse nella stagione degli assessori alla cultura, fra i quali Xxxxxx Xxxxxxxx a Roma e Xxxxxx Xxxxxxxxxxx a Firenze. L’azione di questi assessori fu ispirata a una forte apertura alle culture giovanili e a campi diversi da quelli tradizionali, fra cui anche alla cultura visuale e alla fotografia, di cui si rivendica una vocazione “democratica”. È questa ad esempio la posizione di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx (un giornalista che veniva dagli stessi ambienti politici e giornalistici di Sabbieti e che sarà il curatore della mostra assieme a Xxxxxxx Xxxx), così come espressa nella sua introduzione alla edizione italiana del fortunato volumetto di Xxxx X. Xxxx, Breve storia della fotografia, pubblicato da Einaudi nel 197645.
A livello politico più alto l’iniziativa della mostra era sostenuta sull’incontro fra l’assessore Camarlinghi e l’altrettanto giovane Xxxxxxx Xxxx, figlio di Xxxxxx, a cui il padre aveva affidato la conduzione. Il progetto che ne derivò era molto interessante e aperto per l’epoca46. Contemplava infatti una parte specifica sul nucleo fondamentale del lavoro degli Alinari, affidata a tre giovani e validissimi storici dell’arte; ma questa sezione era preceduta e seguita da altre parti relative al contesto urbano e sociale di Firenze (“la loro città, la gente, le strade, il lavoro”), al ritratto, alle altre città italiane e al paesaggio47.
La scelta, vista retrospettivamente, dal punto di vista che ci interessa, cioè del patrimonio fotografico Xxxxxxx, era abbastanza singolare, ma molto significativa. Infatti, si trascurava assolutamente tutto quello che era stato acquisito durante la proprietà Cini, in termini di archivi fotografici dei grandi competitori storici degli Alinari, e si restringeva il campo sostanzialmente alla attività non solo della Alinari come ditta, ma in realtà al solo periodo aureo, quello in cui era ancora azienda a conduzione familiare, fra la metà dell’Ottocento e il primo dopoguerra. Del resto, il saggio introduttivo di Xxxxxxxxxx era dedicato proprio alla famiglia Xxxxxxx, individuata quindi con una forte connotazione autoriale, sia pure collettiva.
Per contro, si valorizzava in maniera del tutto nuova e inusitata una parte dell’archivio che era stata in precedenza assolutamente negletta, quella relativa al cosiddetto “patronato”. Si trattava delle fotografie (in massima parte negativi su lastra di vetro al bromuro d’argento, però spesso con una riproduzione positiva su scheda amministrativa a parte) che erano state prodotte dagli Alinari su committenza esterna, molto spesso ritratti effettuati presso la sala di posa interna alla sede fiorentina, ma anche all’esterno, ad esempio foto di ambienti, di interni di case, ma anche interni o esterni di negozi, di opifici, di istituti, i quali potevano avere commissionato agli Alinari una riproduzione fotografica per i più svariati motivi, e di cui gli Alinari stessi avevano conservato spesso il negativo. Si trattava di un tipo di lavorazione già secondario nell’economia della ditta, e addirittura quasi abbandonato dalla conduzione Ricasoli in poi.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Dopo un lungo e complesso lavoro di recupero e di riordinamento, questa parte dell’archivio fornì la base per le due sezioni che risultarono fra le più “popolari” della mostra: quella storico sociale e quella del ritratto.
La mostra di Forte Belvedere incontrò un eccezionale successo, non preventivato in tali dimensioni neppure dalle più ottimistiche previsioni degli organizzatori (600.000 visitatori paganti e oltre 100.000 copie dell’importante catalogo vendute). Questo evento fu particolarmente importante non solo per gli Alinari, dato che segnalò un cambiamento nel gusto comune verso la fotografia d’epoca, e più in generale verso la fotografia come patrimonio
45 Settimelli, pur impegnato in una intensa e incisiva attività di giornalista, si era interessato da tempo di fotografia, pubblicando fra l’altro una Storia avventurosa della fotografia, Roma, Fotografare, 1969, riedita a più riprese negli anni successivi.
46 Occorre comunque ricordare che nel 1976 una piccola mostra anch’essa organizzata presso il Forte Belvedere, ma in uno spazio molto più piccolo, e con tema limitato alla Toscana, a cura di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, (Aspetti della fotografia toscana dell’Ottocento, catalogo della mostra, Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, 00 xxxxxx-00 xxxxxx 0000, Xxxxxxx: Alinari IDEA, 1976) aveva ricevuto un notevole consenso di pubblico. Su Tempesti si veda ora: Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Biblioteca Nazionale Centrale Firenze, Giornata di Studi per Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, 2002. 47 Cfr. X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, X. Xxxxxxxxx, La documentazione dell’arte, in Gli Alinari fotografi a Firenze, cit., le sezioni sulla città e sul ritratto erano curate da Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxxxx; la sezione «Le altre città e il paesaggio italiano» era a cura di Xxxxxxx Xxxx.
culturale. I consumi di fotografia avevano avuto una netta impennata in quegli anni grazie alla diffusione di tecnologie molto più accessibili e aperte al consumo di massa48; ma il riconoscimento sociale della fotografia come patrimonio culturale era molto limitato. Anche dal punto di vista storiografico erano già state poste le premesse teoriche per una ricezione delle immagini, e in particolare delle immagini fotografiche, nel discorso storico49, ma tutt’altra cosa era la ricezione di queste aperture storiografiche a livello di effettiva diffusione negli ambienti accademici, per non parlare della cultura diffusa.
Sul piano pratico si verificò negli anni successivi una intensificazione assolutamente rapida ed amplissima dell’interesse per la fotografia d’epoca, testimoniata dalla frequenza e articolazione a tutti i livelli delle mostre e delle pubblicazioni.50 Si deve inoltre tenere presente che in quel periodo, accanto alle iniziative e alle opere più importanti e significative, stava letteralmente esplodendo una editoria a carattere divulgativo e evocativo, con scarso o nullo apparato critico e inquadramento storico, ma non di rado in grado di riportare alla luce fondi di notevole interesse documentativo51.
Si trattava di una esplosione che si sarebbe probabilmente verificata in altre forme in ogni caso; ma sicuramente il grande successo della mostra Xxxxxxx stabilì un riferimento molto importante per gran parte degli sviluppi successivi.
Da un certo punto di vista si ripeteva uno schema che aveva trovato applicazione fin dalle origini, quando le immagini “colte” e specializzate degli Alinari e degli altri fotografi editori venivano utilizzate anche da pubblicazioni “popolari” come “Le cento città d’Italia illustrate” o “Le Tour du Monde”; o più tardi le collane illustrate di Alfieri & Lacroix o del Touring Club. Il nome e il prestigio di Xxxxxxx, oltre al rapporto delle loro foto con il grande patrimonio artistico e paesaggistico nazionale, fornirono in un certo senso nel 1977 un parametro di riferimento “alto” per una operazione di altro tipo, cioè per un recupero e una rivalutazione “memoriale”, in cui la funzione evocativa e suggestiva del documento fotografico veniva esaltata e diffusa a livello di massa. Tale operazione non era in sé deprecabile, ed aveva le sue
48 Mi permetto di rimandare a X. Xxxxxxxxx, Fotografia e consumi visuali, in Storia d'Italia, Xxxxxx, vol.27: I consumi in Italia, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Torino, Einaudi, 2018, pp. 595-620.
49 La storia culturale. Parabole di un approccio critico al passato, a cura di X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, «Memoria e Ricerca», n. 40, maggio-agosto 2012; in particolare X. Xxxxxxxxx, Una ‘dialettica ferma’? Storici e fotografia in Italia fra ‘linguistic turn’ e ‘visual studies’, pp. 93-110.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
50 Oltre alle grandi mostre del 1979, già ricordate, si andavano infatti pubblicando opere fondamentali per l’inquadramento storico e teorico dello studio della fotografia. Fra di esse, X. Xxxxxx, Sulla fotografia, Xxxxxxx, Xxxxxx 0000; X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxx, L’immagine fotografica 1845-1945, cit.; X. Xxxxxxxx, Note per una storia della fotografia italiana (1839-1911), in Storia dell’arte Italiana, vol. IX, tomo II: Grafica e immagine. Illustrazione e fotografia, Torino, Einaudi, 1981, pp. 421-553; la traduzione in italiano dell’opera di Xxxxx Xxxxxx, Arte e fotografia, Torino, Einaudi, 1979 (ed. originale Art and Photography. London, 1968); l’edizione italiana (postuma, ma nello stesso anno di quella in lingua originale) di X. Xxxxxxx, La camera chiara. Torino, Einaudi, 1980 e il fortunato manuale di Xxxxx Xxxxxxx, Storia e tecnica della fotografia, Bari-Roma, Laterza, 1982. Oltre a ciò si può citare l’opera erudita, ma al tempo utilissima, del collezionista Xxxxx Xxxxxxxxx, Fotografi e fotografia in Italia 1839-1880, Roma, Quasar, 1978; e l’altra opera di un grande collezionista italiano, Xxxxxxxx Xxxxxx, Il Risorgimento nella fotografia, Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx, 0000. Prima della mostra del 1977 era stato pubblicato, con grande successo editoriale, il volume di X. Xxxxxxx, Storia sociale della fotografia, Milano, Feltrinelli, 1976, che è indicativo dello stato degli studi in rapporto al problema della divulgazione, perché pur essendo del tutto non accademico, disordinato, tutt’altro che privo di errori, rivolto ad un pubblico non specialistico, è stato ristampato anche in seguito sia da Feltrinelli sia da Xxxxx Xxxxxxxxx, e valse al tempo a Xxxxxxx stesso la partecipazione, pochi anni dopo (1981), al volume della Storia dell’arte italiana di Einaudi accanto ad una studiosa riconosciuta come Xxxxxx Xxxxxxxx, peraltro stavolta con un saggio apprezzabile su Creatività e informazione fotografica.
51 Sono un indicatore di questo fenomeno l’aumento del numero delle pubblicazioni specializzate (per il caso italiano, la più completa è quella annessa al volume di X. Xxxxxxx, Il miele e l’argento: storie di storia della fotografia in Italia, Melfi, Libria, 2020, accessibile con distribuzione Creative Commons (xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/0000/00/00/xx-xxxxx-x-xxxxxxxx- bibliografia-2020/); ma in realtà il fenomeno è stato molto più ampio, e riguardava non solo pubblicazioni a volte molto periferiche e locali, non sempre registrate nei repertori bibliografici, ma anche in forma diverse da quella del libro, come gli inserti – molto popolari – nei maggiori quotidiani nazionali. Inoltre vi è una ricerca tutta da fare sulle iniziative di costituzione di archivi fotografici su scala territoriale, presso enti locali, biblioteche, archivi, musei, centri di documentazione e studio, che fornirono un impulso fondamentale, e spesso qualitativamente elevato, alla diffusione di una cultura fotografia e al recupero di fondi e archivi fotografici.
ragioni di fondo52. Quello che però è rilevante ai nostri fini è che il patrimonio Xxxxxxx venne volutamente impiegato – probabilmente non solo per il taglio e l’intento di Xxxxxxxxxx – per aprire la pista ad un ruolo memoriale, evocativo, della fotografia, come macchina della memoria per il recupero del passato, che era in realtà lontano dalla precipua caratteristica del materiale documentario che era stato il cuore dell’azienda. Tuttavia, si trattava di un elemento che come abbiamo detto aveva le sue ragioni culturali di fondo, e come tale ebbe conseguenze anche in seguito sulla rappresentazione del patrimonio Alinari, costituendo ancora un punto chiave per la definizione del significato del nome “Alinari” presso il grande pubblico53.
Il periodo della conduzione Zevi rappresenta quindi, dal lato del patrimonio (anche nella sua accezione economica), una forte innovazione metodologica, nel senso che il focus operativo passa da una considerazione della fotografia come strumento funzionale alla documentazione del patrimonio architettonico, artistico e paesaggistico, ad una considerazione della fotografia come patrimonio essa stessa. In un certo senso dal punto di vista imprenditoriale, si lascia in secondo piano l’idea di riorganizzare o rimodernare l’attività di documentazione fotografica in forme nuove, e si passa all’idea di utilizzare il patrimonio fotografico già accumulato per il suo valore storico e memoriale, più che per il suo valore funzionale alla tradizionale attività di documentazione tipica dei decenni precedenti.
Per quanto molti degli usi tipici delle fotografie Xxxxxxx perdurassero per un certo tempo (dall’uso più classico e diffuso nei manuali di storia dell’arte, a quelli più occasionali ma non meno significativi di larga diffusione, ad esempio nelle carrozze ferroviarie o negli “intervalli” televisivi) ormai il secondo periodo della gestione Xxxx fu indirizzato soprattutto alla individuazione di un nuovo modello economico per mettere a frutto il patrimonio dopo la fiammata rapidissima ma anche effimera della richiesta immediatamente successiva alla grande mostra del 1977. Una delle strade che furono percorse fu sicuramente quella dell’editoria di pregio, una realtà che era sempre stata presente nelle strategie della ditta, con pubblicazioni come la “Biblioteca di disegni”,54 di altissimo pregio, così come quella della vendita delle riproduzioni e di esposizioni ulteriori sulla traccia della fortunata iniziativa del 1977. Fu tentata comunque anche la strada di una editoria direttamente collegata alla mostra del 1977, adattata alle varie città o località italiane55.Un’altra strada percorsa fu quella, per l’epoca innovativa,
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
52 Già in campo storiografico autorevoli studiosi, fra cui alcuni autorevoli storici della scuola delle Annales, avevano avvertito che i nuovi orizzonti storiografici prevedevano, accanto ai tradizionali legami causali diacronici, un ruolo importante delle ‘descrizioni’ di contesti e legami per così dire sincronici, e quindi un ruolo importante delle rappresentazioni, delle cartografie, delle immagini, e anche per l’epoca contemporanea delle fotografie. Altri storici più legati alla dimensione storico sociale (fra cui Xxxx Xxxxxxxx) avevano avvertito che il rapidissimo mutamento di scenari e di contesti tipico dell’epoca contemporanea non permetteva, come nelle epoche precedenti, di disegnare protagonisti e vicende su scenari relativamente stabili, ma rendeva necessario ricreare la memoria anche di tutta una serie di elementi della vita quotidiana e degli ambienti sociali che erano sottoposti a rapidissimi cambiamenti: di qui anche in questo caso il ruolo della fotografia.
53 Anche nella grande mostra del 2004, per la celebrazione del 150° anniversario, il regista Xxxxxxxxx allestì alcune iconiche e enormi riproduzioni delle poche fotografie di soggetto sociale degli Alinari (concepite all’epoca come documentazione abbastanza limitata di alcune tipologie sociali soprattutto meridionali: cfr. supra, note 22-24) in modo da contro-equilibrare anche in questo caso la prevalente caratterizzazione documentativa storico artistica del fondo principale dell’archivio Alinari. 54 Si trattava di un’opera in 28 volumi di grande formato, stampata con la tecnica della collotipia, e quindi in tiratura limitata di 325 esemplari numerati. Nel 1982 fu anche tenuta una mostra di presentazione a Parigi, di cui si veda il catalogo: Les grands du dessin: quatre siecles d'art italien a travers les fac-similes de la Biblioteca di disegni : Bibliothèque nationale, 1982, Firenze, Alinari, 1982. La stampa per collotipia era sempre stata una delle specialità produttive della azienda, e della Stamperia d’arte in particolare, e aveva avuto una particolare importanza anche economica durante la gestione Ricasoli e anche Cini. Il tentativo operato stavolta non trovò però il successo sperato.
55 Fra le altre, ad esempio Verona nelle immagini degli archivi Xxxxxxx, a cura di Xxxx Xxxxx, Firenze, Xxxxxxxx Xxxxxxx, 1978;
Liguria: memoria del paesaggio nelle immagini degli Archivi Alinari, con testi di Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Firenze, Xxxxxxx 1978; I golfi della bellezza nelle immagini degli Archivi Alinari, con testo di Xxxxxxx Xxxxxxxx, Firenze, Alinari, 1978, a cui seguirono negli anni successivi analoghe edizioni per città o regioni come Napoli, Padova, la Val d’Aosta, il Chianti, l’Xxxxxx Xxxxxxx ed altre. Tentarono anche alcune edizioni tematiche, come Le classi subalterne nell’obiettivo degli Alinari, catalogo della mostra (Milano, 1979) a cura di Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Firenze, Alinari, 1979. Nel 1979 gli Alinari parteciparono ad alcune delle iniziative promosse in quell’anno, in cui si celebrava il 140° dell’invenzione della fotografia, ad esempio con edizioni importanti come Immagini di Venezia e della laguna nelle fotografie degli Archivi Alinari e della Fondazione Querini Stampalia, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Querini Stampalia, aprile-
della diffusione del patrimonio visuale dei tre grandi fotografi editori in edizione in microfiche56.
Si trattava però di un compito molto arduo. Per motivi su cui gli studi e la documentazione disponibile non permettono una analisi dettagliata e sicura, l’azienda entrò in crisi economica, al punto da essere costretta a vendere una parte dell’immobile. Si prospettò una possibile acquisizione pubblica da parte della Regione Toscana, che però non ebbe esito, ed alla fine di un breve periodo di incertezza57, si ebbe il passaggio di proprietà dell’azienda, che portò alla Presidenza il Comm. Xxxxxxx xx Xxxx Xxxxxxxx, all’epoca amministratore di una grande azienda di rilievo nazionale, con sede a Trieste.
1.7. Mercato e cultura: la competizione su scala mondiale per il controllo della memoria visuale nella civiltà dell’immagine (1982 -2019)
La conduzione di Xxxxxxx xx Xxxx Xxxxxxxx, dopo una prima fase un po’ incerta, si attestò su una linea che implicò una serie di elementi di novità che permettono di parlarne come di una fase nuova che trasformò profondamente non solo lo stile di attività dell’azienda, ma anche e soprattutto la consistenza e la caratterizzazione del patrimonio.
L’Alinari IDEA di de Polo riprese in un primo momento su nuove basi l’elemento innovativo della gestione Zevi, cioè la forte valorizzazione dell’immagine pubblica dell’azienda e del nome Xxxxxxx. Inaugurò uno spazio espositivo in una delle vie privilegiate della zona del lusso del centro storico di Firenze, cercando di svolgere una attività di qualità e di prestigio, ma presto si rivolse nella direzione di un accrescimento ulteriore del patrimonio lungo una linea di acquisizioni a largo raggio di archivi e stampe fotografiche d’epoca, su scala nazionale e poi presto anche su scala internazionale.
Per capire questo tipo di sviluppo occorre tener presente sia la figura del nuovo proprietario, sia la situazione contingente della fotografia italiana e internazionale in quegli anni. Nonostante il grande successo della mostra del 1977 e delle successive grandi mostre del 1979, nonché il grande sviluppo di una editoria collegata alla fotografia e in particolare alla fotografia d’epoca, le condizioni degli archivi fotografici e la valorizzazione delle fotografie sul piano commerciale
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
maggio 1979), a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxx, Xxx Xxxxxxx, presentazione di Xxxxxx Xxxxxx, Firenze, Alinari, 1979; e furono co-editori, assieme ad Electa, dei due maggiori e importanti testi editi in quell’occasione, come cataloghi di due mostre ‘incrociate’ fra Firenze e Venezia: Fotografia Italiana dell’Ottocento, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti ottobre-dicembre 1979; Venezia, Ala Napoleonica, gennaio-marzo 1980) a cura di Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Milano–Firenze, Electa Editrice – Edizioni Alinari, 1979; e Fotografia pittorica 1889/1911, catalogo della mostra (Venezia, Ala Napoleonica, ottobre-dicembre 1979; Firenze, Palazzo Pitti, gennaio-marzo 1980) a cura di Xxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Milano–Firenze, Electa Editrice – Edizioni Alinari, 1979. La pubblicazione di edizioni collegate a particolari città o zone, continuò comunque largamente anche negli anni successivi alla gestione Xxxx.
56 L’edizione in microfiches, con il titolo Alinari photo archive, curata da Xxxxxxxx X. Xxxxxxx, allora docente presso l’Università di Leiden, fu affidata ad IDC per la realizzazione editoriale, e comprendeva la collezione Xxxxxxx con 66.444 immagini, quella Brogi con 27.244, quella Xxxxxxxx con 25.382. La presentazione di Xxxxxxx Xxxx per il mercato internazionale (nel 1982) specificava che « The microfiche edition of the Alinari Archives maintains the current cataloguing system and will therefore be published collection by collection and in the same order in which the photographs are arranged in the files of the Alinari Archives at present. Each photograph is accompanied by its original caption giving the archive number, the place, the title, and the artist (although this last item may sometimes be incorrect in the light of new studies). It will be possible to obtain directly from Alinari Brothers a print of any photograph published in the microfiche edition. This copy will measure 21x27 cm and will be a contact print, which assures perfect quality of the reproduction».
57 Durante questo periodo la Regione Toscana si dotò di un organo prevalentemente scientifico e inizialmente solo in parte operativo, con il nome di Archivio Fotografico Toscano, la cui sede fu stabilita a Prato, ma con finanziamenti e compiti regionali. Il comitato scientifico dell’AFT era composto da alcuni dei curatori della mostra Xxxxxxx del 1977 (Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx, oltre a chi scrive) da letterati e studiosi di varie discipline e dai rappresentanti di alcune delle maggiori associazioni di fotografi, fra i quali Xxxxx Xxxxxxx, figlio di Xxxxx Xxxxxxx, uno dei principali operatori fotografi di Xxxxxxx dal 1898 agli anni ’20. L’Archivio Fotografico Toscano aprì la sua sede a Prato nel 1985 e continuò in seguito ad operare costituendo un proprio importante archivio, e pubblicando dal 1985 al 2009 una rivista di notevole rilievo nel panorama italiano, oggi disponibile in versione digitale: xxxx://xxxxxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxxxxxxxx
erano estremamente precarie e problematiche. Poteva ancora accadere, ed accadde effettivamente in quegli anni, che interi archivi o fondi di negativi o positivi fotografici andassero perduti semplicemente perché considerati senza valore e quindi letteralmente gettati fra i rifiuti; in altri casi archivi interi e intere collezioni private potevano essere ceduti a prezzi molto bassi o addirittura gratuitamente. Non esisteva una politica di acquisizione coordinata e centralizzata da parte degli organi centrali dello Stato; gli enti pubblici territoriali si muovevano a volte attivamente e con intelligenza, ma con logiche molto diverse, sottoposte comunque a forti limiti economici e burocratici. In queste condizioni, la Alinari IDEA sviluppò una politica di acquisizioni estesa e a suo modo sistematica, condotta direttamente dal nuovo proprietario, sia pure con la consulenza e l’aiuto di una serie di esperti. Il Comm. Xxxxxxx xx Xxxx, anch’egli persona colta, collezionista bibliofilo, proveniente da Trieste, dove aveva un ruolo di rilievo negli ambienti industriali e finanziari della città, aveva conosciuto e frequentato il Sen. Cini e si concepiva come un continuatore della sua opera di incremento delle collezioni Alinari e di valorizzazione della ditta, anche in funzione del ruolo storico di Xxxxxxx nella cultura nazionale. De Polo svolse questa attività però in forme molto diverse da quelle di Cini. Mentre il senatore aveva puntato soprattutto sul ricongiungimento, per così dire, presso gli Alinari degli archivi fotografici dei maggiori fotografi editori italiani, de Polo aprì la via di una raccolta estesa alle più varie forme di fotografia, non solo d’epoca e non solo di documentazione del patrimonio artistico. Questa acquisizione di nuovi fondi fotografici fu condotta in parte personalmente, ma soprattutto con l’aiuto di una serie di collaboratori esperti e molto capaci, fra i quali vanno segnalati Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, la Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, nonché consulenti e storici della fotografia come il xxxx. Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx xxx Xxxxxxx, e molti altri. Protrattasi con varie fasi, fino agli ultimi anni di attività dell’azienda, questa vasta opera di acquisizione è quella che ha portato, nel corso degli ultimi quattro decenni, il patrimonio degli Alinari da circa 300.000 “pezzi” della conduzione Cini agli oltre 5.000.000 attuali.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
La cifra “collezionistica” impressa dal nuovo proprietario era evidente non solo nella varietà assoluta di materiali raccolti (dalle fotografie vere e proprie, negative e positive, agli album, alle pubblicazioni fotografiche, all’oggettistica, ecc.) ma anche nella composizione delle singole sezioni. Ad esempio per quanto riguarda la raccolta di album, venne realizzata raggruppando circa 6.000 pezzi delle tipologie più svariate: dal grande album di oltre un metro di altezza, al micro album di pochi centimetri; dall’album familiare, magari ornato di disegni e inserti personalissimi, all’album prodotto in piccole serie da editori o fotografi, con parti consistenti a stampa; dagli album di imprese o aziende a quelli di viaggio o di grandi eventi, come guerre o esposizioni; dal “leporello” tascabile, di poche pagine legate a soffietto, ad album “da salotto” in materiali pregiati e pesanti, talvolta con carillon, veri e propri antenati ottocenteschi di una multimedialità di là da venire58.
Sarebbe troppo lungo elencare anche sommariamente qui i fondi acquisiti, o sul mercato, o attraverso donazioni; basti dire che vanno da una collezione di dagherrotipi molto cospicua59, ad una serie importante di fondi di autori ed enti italiani, che costituiscono senz’altro il nucleo
58 Xxx scrive avendo avuto a suo tempo occasione di studiare questa raccolta si è trovato a parlarne con alcuni responsabili di grandi istituzioni straniere che detenevano raccolte di album quantitativamente molto più limitate, e nei pourparler informali ha raccolto qualche giudizio sfavorevole circa la non omogeneità e la scarsa qualità di alcune parti della raccolta, molto ‘vernacolari’, effettivamente. In realtà a mio parere, proprio questa ampiezza ed estensione della raccolta ne fanno un deposito documentario unico e interessantissimo per studiare la diffusione e le tipologie storiche di questa forma di fruizione, di organizzazione e conservazione delle fotografie, molto importante e significativa. Senza contare che in altri istituti di primaria rilevanza internazionale, come ebbe a suo tempo a notare Xxxxxxxx Xxxxxx, si arrivò a smembrare gli album, perdendo anche le corrispondenze originarie, per valorizzare le singole fotografie e i rispettivi fotografi.
59 Sui dagherrotipi, che non erano stati una produzione tipica degli Alinari, ma sui cui appunto era stata costituita una importante collezione durante gli anni della gestione de Polo, è da registrare anche l’organizzazione di una mostra con un importante catalogo, in collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Grafica : L’Italia d’argento 1839/1859. Storia del dagherrotipo in Italia, catalogo della mostra (Firenze, Sala d’Arme di Palazzo Vecchio 30 maggio-13 luglio 2003; Xxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx xx Xxxxx, 00 settembre-16 novembre 2003) a cura di Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxx, Firenze, Alinari, 2003.
fondamentale, e a un certo numero di fotografie di autori stranieri, in parte acquisite a suo tempo anche come pezzi individuali per l’allestimento del MNAF.60
Nonostante che in questa sede sia rilevante soprattutto il patrimonio va però detto che questa fase della vita di Xxxxxxx è stata caratterizzata anche da un forte impulso alla attività espositiva, editoriale, culturale in senso lato legata alla fotografia, a livello nazionale e internazionale. La proprietà de Xxxx sviluppò prima di tutto una intensa attività espositiva: iniziata già dai primi anni, tale attività si estese e si specializzò, trovando spazi innanzitutto in quelli direttamente controllati da Alinari, dapprima nella piccola sede in Palazzo Rucellai in via della Vigna Nuova, e poi in Xxxxxx Xxxxx Xxxxx Xxxxxxx, dove dal 2006 al 2014 viene allestito il MNAF, Museo Nazionale Alinari della Fotografia, con una parte museale fissa e diversi ampi locali adibiti a mostre temporanee. Le mostre riguardarono sia le collezioni Alinari, specie con le nuove acquisizioni, sia temi più ampi. Molte vennero svolte in sedi diverse da quella fiorentina, in Italia e anche all’estero, in particolare in Francia, talvolta in collaborazione con istituti ed enti di grande prestigio61.
In collegamento con tale attività espositiva, venne realizzata una intensa attività editoriale, dato che sistematicamente si cercava di abbinare all’esposizione un catalogo, molto spesso pubblicato in proprio da Xxxxxxx, o in collaborazione con altre case editrici. La qualità delle mostre e dei relativi cataloghi è stata di regola molto alta, con un amplissimo range di autori, allestitori, collaboratori coinvolti e con una notevole cura degli allestimenti e delle edizioni.
Occorre sottolineare che in progresso di tempo si è formato presso Alinari un nucleo rinnovato di operatori e operatrici molto qualificati, con livelli di istruzione di partenza spesso molto elevati, ulteriormente perfezionati nel lavoro in azienda, in modo da realizzare un insieme di competenze e di specializzazioni veramente rilevante a livello nazionale e internazionale.
Oltre a questa attività editoriale va ricordata, fin dal 1985, la pubblicazione di una rivista, all’epoca esperienza piuttosto innovativa, con il titolo di “Fotologia”62.
Inoltre, va ricordata la risistemazione e la cura della Biblioteca, indubbiamente una delle più ricche e originali in Italia sul tema, per il fondo storico, che contiene molti volumi rarissimi e importanti, ed anche per le acquisizioni successive nel tempo di biblioteche personali di studiosi ed esperti.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Accanto alla pubblicazione della rivista, e alla cura e accrescimento della Biblioteca, Xxxxxxx curò anche una serie di attività importanti, collegate alla formazione e al restauro, con la realizzazione di un laboratorio interno, e con varie attività formative, fra cui tirocini universitari e corsi specializzati, come quello, durato per una serie abbastanza lunga di anni, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Infine, oltre alle acquisizioni che portarono all’aumento imponente del patrimonio fotografico, va ricordato il fatto che dagli ultimi anni del XX secolo Xxxxxxx si impegnò nella attività di digitalizzazione delle proprie fotografie. Questa attività, che nelle intenzioni dell’azienda doveva realizzare un cespite importante di entrate, si è sviluppata nel tempo, giungendo a realizzare la digitalizzazione di una parte significativa del proprio patrimonio complessivo, o
60 Una delle caratteristiche di questa parte dell’archivio è che comprende raccolte e fondi acquistati x xxxxxx da alcuni dei maggiori collezionisti-studiosi italiani, come Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx xxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, ed altri, ed anche alcuni stranieri come Xxxxxxxxxx Xxxxx, Xxxxx Xxxxxx. Oltre a ciò, contiene archivi di numerosi fotografi italiani, alcuni fondi di fotografi stranieri attivi in Italia come Xxx Xxxxxxx, fondi provenienti da enti, istituzioni e imprese, nonché alcuni fondi di agenzie fotografiche o di periodici italiani e stranieri.
61 Fra queste ultime si possono ricordare la mostra organizzata nel 2004 al Pavillon des Arts di Parigi con il titolo «Vu d’Italie 1841-1941», la prima che presentasse complessivamente la fotografia italiana in Francia, nonché diverse altre mostre tematiche presso altri istituti, come al Petit Palais e all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi.
62 La rivista era sotto qualche aspetto «non rivista», come la definì il suo Direttore, non avendo periodicità regolare, e uscite pressappoco annuali, spesso di carattere monografico, ma soprattutto non avendo un corpo redazionale stabile ed ampio che ne facesse un canale effettivo di sollecitazione e circolazione di un confronto di idee allargato su scala geografica e disciplinare adeguata. Particolarmente curata anche dal punto di vista grafico ed editoriale, la rivista ospitò per qualche tempo anche un ‘bollettino’ della Casa Alinari, ma fu sempre ben lontana dall’essere un semplice ‘house organ’, e portò notevoli contributi di conoscenza e di discussione agli studi della fotografia italiana.
di altri fondi gestiti, per un totale stimato in oltre 200.000 immagini. Cosa particolarmente interessante nel panorama della fotografia italiana, una quantità molto rilevante di fondi e archivi fotografici di proprietà di terzi sono stati affidati in gestione, per la parte di diffusione e commercializzazione attraverso canali digitali, da vari enti pubblici e privati (fra i quali Touring Club Italiano, Istituto Luce, Archivio Ansaldo, Teche Rai, Ansa, Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, ecc.) ad Alinari, al punto che la ditta dichiarava già attorno al 2008 di gestire in tutto, fra patrimonio proprio e patrimonio gestito, oltre 40 milioni di immagini: una cifra nettamente inferiore, ma pur sempre dello stesso ordine di grandezza di quelli che erano allora i giganti mondiali del settore, come Corbis x Xxxxx Images63.
Su questo punto è necessario però un approfondimento relativo al contesto storico in cui avveniva questo tipo di operazione.
Come abbiamo appena detto Xxxxxxx IDEA aveva sviluppato con la gestione de Polo un arco di attività estremamente ampio, ed una attività di raccolta di nuovi fondi fotografici altrettanto estesa, però in forme più o meno collaudate e tradizionali. La diffusione delle tecnologie digitali e delle reti in quegli anni provocò una vera e propria “rivoluzione”64 negli assetti del mercato e della comunicazione per immagini, permettendo una comunicazione praticamente universale e a costi tecnici molto bassi delle immagini, una volta digitalizzate. Si apriva quindi un mercato praticamente globale per la vendita di immagini digitalizzate (e anche dopo qualche tempo di immagini native digitali). Questo ha aperto il campo alla possibilità di iniziative imprenditoriali che si proponessero di gestire e controllare il patrimonio di immagini realizzando alcune grandi concentrazioni di immagini digitali. Il mercato della cosiddetta “stock photography”, secondo gli studiosi della materia, era nato già in forme tradizionali negli anni fra le due guerre mondiali, quando effettivamente il termine poteva equivalere in notevole misura a quello che intendiamo come “fotografia d’archivio”65; ma ha avuto un nuovo sviluppo e una trasformazione radicale nel corso degli anni ’90 del XX e i primi anni del XXI, quando Xxxx Xxxxx e Xxxx Xxxxx intravedendo le opportunità di questo mercato decisero di investire fortemente creando rispettivamente Corbis (fondata nel 1989) e Getty Images (fondata nel 1995)66. Getty e Corbis erano giunti a condizionare fortemente il mercato, operando acquisizioni di potenziali concorrenti e creando una situazione di tendenziale monopolio. In questo quadro si era innescato un processo di “revival” di forme molto rigide di diritto d’autore
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
63 Per un inquadramento generale della evoluzione delle grandi agenzie di stock, in primo luogo Getty Images, si veda X. Xxxxx, The Image Factory: Consumer Culture, Photography and the Visual Content Industry, Oxford, Xxxx, 2003. Un quadro più aggiornato, che tiene conto dei più recenti sviluppi che coinvolgono oltre a Xxxxxx e Getty anche altri attori attualmente di primo piano nel web, come Flickr, in X. Xxxxx, The travels of photographs within the global image market. How monopolisation, interconnectedness, and differentiation shape the economics of photography, in : «Photographies», x. 00, x. 0, 2020, pp. 365-384.
64 Naturalmente qui alludiamo solo alle conseguenze sul piano economico e di mercato; la riflessione sul significato della ‘rivoluzione digitale’ è molto più ampia e aperta, si veda ad esempio già a suo tempo, sul versante del valore estetico, X. Xxxxx, L'immagine infedele. La falsa rivoluzione della fotografia digitale, Xxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, 0000. Il problema aveva dato luogo naturalmente ad un ampio dibattito anche per gli aspetti archivistici: da segnalare il convegno Problemi e pratiche della digitalizzazione del patrimonio fotografico storico, Ravenna, 27-28 maggio 2004, organizzato dalla Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali e dall’Archivio Fotografico Toscano.
65 In realtà il termine ‘stock photography’ è troppo attualizzato e in parte inappropriato per il caso Xxxxxxx; ma lo usiamo qui, con questa avvertenza, dato che gran parte della letteratura sul tema lo usa anche per i periodi più antichi. Cfr. X. Xxxxx, Inside the image factory: stock photography and cultural production, in « Media, Culture & Society,» a. 23, n. 5, (sett. 2001), pp. 625-646. Xxxxx è stato il primo studioso che ha seguito con costanza e attenzione le vicende della stock photography: cfr. anche Id., The Image Factory, cit.; in parte ripreso e sviluppato in Id., Digital technology and Stock Photography: And God Created Photoshop, in L.P. Xxxxx, X.X. Xxxx, X. Xxxx, Image Ethics in digital Age, Minneapolis – London, Un. Of Minnesota Press, 2003; e più recentemente Id., Beyond the image bank: digital commercial photography, in: Lister, M (ed.) The Photographic Image in Digital Culture, London, Routledge, 2013, pp. 131–148.
66 X. Xxxxxxxx, The evolution of a strategic alliance network: exploring the case of stock Photography, in The handbook of evolutionary economic geography (ed. Xxx Xxxxxxx and Xxx Xxxxxx), Cheltenham, UK - Xxxxxxxxxxx, XX, Xxxxxx Xxxxx, 0000, pp. 298-315. Xxxxxxxx osserva che Getty Images fu la prima gande agenzia ad aprire un sito di e-commerce, che già nel primo anno fornì il 14% delle entrate totali, mentre dopo 5 anni aveva superato il 90%.
sulle immagini ora proposte in versione digitale e attraverso canali telematici67, al punto che attorno al 2007 ciò aveva portato ad un momento di forte crisi in tutta l’editoria scientifica legata al settore storico artistico negli Stati Uniti, e alla crisi di una parte dell’editoria fotografica anche in Europa (la stessa maggiore rivista fotografica francese, punto di riferimento maggiore per tutta la cultura fotografica europea, aveva interrotto le pubblicazioni)68. Poi però evidentemente dopo la “grande recessione” del 2008-2013 è subentrata una crisi, se si considera che lo stesso Xxxx Xxxxx ha preferito vendere Corbis all’azienda cinese Visual China Group; la quale ultima peraltro deve essere stata motivata all’acquisto non solo da ragioni strettamente imprenditoriali, dal momento che subito dopo ha dato in gestione il patrimonio acquisito a Getty Images.
Xxxxxxx non si poteva paragonare ai due giganti della stock photography, però aveva già iniziato in piccolo una attività di raccolta di fondi fotografici, che su scala italiana era abbastanza sistematica ed estesa, e si era mossa tempestivamente anche sul terreno delle tecnologie digitali, per cui si può dire che rientrasse in quella serie di aziende di media dimensione che per un certo periodo hanno accompagnato la crescita di mercato del digitale, salvo poi entrare in crisi in seguito alla recessione del 2008-201369. Considerando la questione retrospettivamente, Xxxxxxx IDEA non era certamente in grado di competere con i giganti del settore in un mercato non solo globale, ma anche estremamente fluido e mobile, come ha dimostrato il successivo sviluppo del fenomeno del microstock e la crisi – in forme diverse - degli stessi Corbis e Getty; tuttavia in alcune occasioni significative, specie nel periodo iniziale, Xxxxxxx aveva ottenuto risultati significativi anche operando proprio sul mercato della stock photography a diretto confronto con Getty e Corbis70: ad esempio in quella che si può considerare forse il maggiore tentativo editoriale italiano di costruire una storia del Novecento, su scala mondiale, basata prioritariamente sul documento fotografico71, Xxxxxxx compariva come uno dei quattro proprietari o gestori di diritti che avevano fornito praticamente la totalità delle immagini, e cioè Getty, Corbis, Xxxxxx e Alinari stessi, contribuendo con una quota piuttosto rilevante, pari grosso modo a poco meno del 20% del totale.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
67 Oltre all’uso diffuso di tecniche di watermarking, in particolare Getty aveva promosso una serie di avvertenze contro gli utenti che non rispettavano il copyright. Anche Xxxxxxx in più occasioni rivendicò la proprietà dei diritti sulla fotografie del suo archivio, anche quelle più antiche, in quanto digitalizzate e immesse in un repository informatizzato, in base all’argomentazione che ciò, secondo la normativa vigente, riaccendeva il copyright eventualmente scaduto per un periodo di ulteriori 40 anni. Solo successivamente, fra il 2013 e il 2014, Getty cambiò parzialmente politica, permettendo l'embedding gratuito di 35 milioni di foto dal suo archivio. Su questa evoluzione, su cui non ci soffermiamo perché esula dai limiti della nostra indagine, cfr. comunque l’intervento di X. Xxxxxxxxxx, A foto donata, meglio guardare in bocca, sul suo blog Fotocrazia. Evoluzioni e rivoluzioni nel futuro, nel presente e nel passato del fotografico, nell’edizione digitale di «La Repubblica», Xxxxxxxxx.xx, del 6.3.2014.
68 Cfr. X. Xxxxxxxx, Études photographiques renonce à l'édition en ligne, « Actualités de la recherche en histoire visuelle » 00 xxxx 0000 (xx ligne : xxxx://xxx.xxxx.xxxxxx.xxx/xxxxx.xxx/0000/00/00/000); Cfr. anche X. Xxxxxxxx, D. Xxxxxx, X-X. Soufron,
X. Xxxxxx, X. Xxxxxx-Xxxxxxx, Le droit aux images à l'ère de la publication électronique, in «Images re-vues», 30 sept. 2013, pubblicato simultaneamente in una serie di riviste e siti del settore.
69 Secondo X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxx, Survey of the Global Stock Image Market 2012. Part I: Players, Products, Business. Heidelberg: GSIM Research Group, 2013, p. 9, la crisi finanziaria del 2008 aveva colpito il settore e favorito la concentrazione: le 4 maggiori agenzie di stock, cioè Getty, Corbis, Shutterstock e Fotolia, coprivano nel 2011 circa la metà degli incassi di tutto il settore.
70 Secondo l’inchiesta di X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxx, Survey.. cit., p. 4, il mercato stock vedeva tre grandi tipologie di fornitori;
«agencies that trade images on behalf of other creators, archives which preserve collections of primary image sources, and photographer alliances or cooperatives that only trade their own images». La categoria degli archivi, molto ridotta rispetto alle agenzie, aveva però utili lordi percentualmente assai più elevati. Non è possibile qui approfondire il tema, ma comunque occorre sottolineare che oltre al peso indubbio della recessione mondiale, influirono sulla crisi del settore anche forti ragioni endogene, relative all’evoluzione del mercato microstock, che sono messe in luce da una ampia letteratura, anche al di là di quella sopra citata.
71 Cfr. La grande Storia del Novecento. L’immagine di un secolo, 10 voll., Milano, Mondadori, 2005. Si tratta di un’opera diffusa originariamente in edicola in allegato ad un settimanale di grande diffusione della stessa casa editrice come «Panorama». Può essere interessante segnalare che solo pochi anni prima, Xxxxxxx era stata incaricata di svolgere la ricerca iconografica per un’altra opera, di minore latitudine, ma comunque importante, come La storia e le sue immagini: l'Italia dall'unità a oggi, pubblicata in tre volumi da Xxxxxxxx fra il 2002 e il 2003, sotto la direzione di due storici autorevoli come Xxxxxxx Xxxxx e Xxxx Xxxxxxx Xxxxxx, ma la ricerca era stata svolta con metodi prevalentemente tradizionali.
Da un punto di vista storico-economico è impossibile al momento ricostruire con precisione gli eventi che hanno portato alla crisi dell’azienda. Alcune tappe evidenti possono essere comunque ricordate. Nel 2007, di fronte ad una forte crisi di crescita, in dipendenza delle opportunità, ma anche delle necessità di investimento portate dal nuovo mercato digitale, Xxxxxxx creò una joint venture con uno dei più autorevoli gruppi italiani, ovvero con il Gruppo “Sole24ore”, organo di Confindustria, con l’intento di consolidare il proprio ruolo come uno
«tra i pochi grandi players mondiali nelle immagini di storia, cultura e industria e nelle foto d'arte». In realtà il matrimonio con il «Sole 24ore», maturato nel momento in cui quest’ultimo si quotava in borsa, subì le conseguenze della crisi del quotidiano di Confindustria, e in genere del rallentamento dei mercati dopo il 2008, al punto che la joint venture fu liquidata nel 2012.72 Per quanto la chiusura della joint venture non avesse in sé determinato un danno patrimoniale all’azienda, certamente si ridimensionava drasticamente una prospettiva di sviluppo su cui la proprietà della ditta aveva puntato molto, senza che vi fossero le basi sostitutive per un rilancio interno. In quello stesso anno 2012, il bilancio della ditta fiorentina esibiva infatti un utile, sia pure limitato a 24 mila euro, ma a fronte di un complesso di ricavi di soli 560.000 euro e un patrimonio netto di 7,5 milioni, assolutamente fuori scala rispetto alle necessità di investimento per tenere il passo dei maggiori competitori sul mercato internazionale73. Nel 2014, per la necessità di lavori di adeguamento dei locali di proprietà del Comune di Firenze, dovette chiudere il MNAF, e negli anni successivi, non si ebbe la forza di riaprirlo. Neppure ebbe successo sul piano economico il pur interessante tentativo di realizzare a Trieste presso il Castello di San Giusto un «Alinari Image Museum», basato tutto sui contenuti digitali, inaugurato nel 2016, ma chiuso definitivamente nell’aprile 2019. Si giunse così, nonostante alcuni tentativi di stabilire accordi o attività finalizzate a ottenere finanziamenti su parti di patrimonio, alla decisione, fra il 2018 e il 2019, di alienare sia il palazzo storico di Largo Alinari, sia il patrimonio fotografico.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
72 Cfr. ad esempio: «Il Piccolo», 5.9.2012, Finito il matrimonio Xxxxxxx- Xxxx 24ore.
73 Ibidem.
2. Il nome e lo stile: complessità e articolazione di una eredità culturale.
Alla fine di questo percorso, attualmente, il materiale originale propriamente riconducibile alla eredità degli Alinari veri e propri, cioè del periodo di circa un secolo che va dall’inizio dell’impresa familiare fino al passaggio a Cini (che coincide con l’ingresso dell’Archivio Xxxxxxxx e poi di Brogi) costituisce meno del 2% dei “pezzi” conservati e attualmente ceduti alla Regione Toscana.
Tuttavia in queste lastre è incorporato un bene immateriale importantissimo, fondamentale per l’identità della ditta, spendibile ed effettivamente speso a più riprese, come abbiamo visto, anche per sostenerne con successo le attività economiche, e cioè la tradizione e la storia che sono simboleggiate dal nome, dal “marchio” della ditta.
Sotto un certo aspetto Xxxxxxx è da questo punto di vista un caso tipico di piccola impresa culturale, secondo la definizione di Sabel e Xxxxxxx, per i quali le doti di flessibilità, adattabilità al mercato, ed anche di capacità di innovazione e adeguamento in campo tecnologico della piccola impresa, che la portano non solo a sopravvivere, ma ad assumere spesso un ruolo competitivo, derivano dal fatto che anche la piccola impresa ha un proprio preciso contenuto di tecnologia e di innovazione, di continuo perfezionamento e di evoluzione progressiva, che richiede doti di intelligenza, capacità di comprensione e di bilanciamento di fattori produttivi, tecnologici e di mercato complessi, diversi da quelli messi a punto dagli uffici R&S della grande impresa, ma non necessariamente meno specializzati ed elaborati. In questi ambiti entrano in gioco anche elementi di ordine culturale, estetico e comunicativo, che spesso fanno riferimento al territorio, alla tradizione, allo specifico ambiente in cui operano e di cui in qualche modo riflettono i caratteri di fondo, come accade largamente per molte piccole imprese legate al Made in Italy74.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Tuttavia Xxxxxxx ha introdotto fin dall’inizio in questa dimensione una variabile importante: non solo fa parte di quel vastissimo e articolato tessuto di piccole aziende specializzate che per ragioni storiche profonde, fin dalla formazione di una “base industriale” 75 in Italia, hanno caratterizzato lo sviluppo economico del paese, e quindi fa parte di quel contesto “culturale” sopra ricordato, ma ha proprio per oggetto della sua attività la rappresentazione del paese, i suoi beni artistici, architettonici, paesaggistici. Da qui la consapevole, forte e prolungata azione dell’azienda sul terreno culturale, legata alla valorizzazione e all’accrescimento anche quantitativo del patrimonio, non solo in Xxxxxxxx Xxxxxxx, ma in altre forme in Ricasoli, Cini e in parte in Zevi, oltre che nell’ultima fase con de Polo. Una azione in cui, come si è visto, le strategie economiche dell’azienda sono state legate inscindibilmente a scelte culturali, anche talvolta piuttosto collaterali al settore propriamente fotografico.
È difficile però intendere pienamente questo valore culturale se lo si interpreta solamente da un punto di vista strettamente inerente al campo fotografico o storico artistico. Dopo la mostra del 1977, la riconsiderazione storica e critica dell’opera degli Alinari, per spiegarne il successo e il perdurante valore anche nella cultura diffusa e per così dire “popolare”, ha inseguito a lungo la questione dello “stile” Xxxxxxx. Detto molto schematicamente, tale questione riflette la forte influenza dell’approccio disciplinare storico artistico sulla storiografia relativa agli Alinari, assolutamente prevalente alle origini76. Da quel punto di vista, l’indubbia attribuzione di valore
74 C.F. Sabel – X. Xxxxxxx, Stories, strategies, structures: rethinking historical alternatives to mass production, in World of Possibilities. Flexibility and Mass Production in Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxx- Xxxxxxxxx, XXX-XXX, 0000.
75 X. Xxxxxxx, La formazione di una base industriale fra il 1896 e il 1914, in La formazione dell'Italia industriale, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Bari, Laterza, 1969.
76 Non solo perché gli Alinari avevano una tradizione ormai quasi secolare di contatti, consulenze, collaborazioni con molti insigni storici dell’arte, ma perché tutto il loro lavoro era strettamente intrecciato con il tema dell’arte italiana. Anche nel
attribuita al patrimonio Xxxxxxx dopo il 1977, veniva spiegata con il riferimento al criterio dell’autorialità e degli aspetti formali delle opere, tipico di una lettura storico-artistica. Le fotografie Xxxxxxx si distinguevano per il particolare “stile” che effettivamente le contraddistingue, connotato da fattori come una ripresa assiale, equilibrata e prospettica, dal rigore compositivo e dalla tecnica particolarmente sofisticata77. Tuttavia, se la considerazione dell’autorialità ha un senso, lo ha soprattutto per il periodo delle origini, quando Xxxxxxxx e poi Xxxxxxxx scattavano effettivamente le fotografie78; dal periodo di Xxxxxxxx in poi, le fotografie venivano scattate da operatori professionali, appositamente istruiti e formati, mentre il titolare dell’azienda, Xxxxxxxx, pur appassionato fotografo, aveva un propria produzione fotografica del tutto distante come stile dalle riproduzioni della ditta e che non confluiva infatti nell’archivio aziendale. Ancora di più ovviamente ciò vale per i periodi successivi. Per gli aspetti tecnici e formali poi, per quanto gli Alinari avessero dei titoli particolari di merito, largamente riconosciuti, circa le soluzioni tecniche e le modalità di ripresa da loro elaborate, tuttavia anche gli altri grandi fotografi, e diversi anche dei cosiddetti “minori” avevano qualità tecniche non indifferenti, e cercavano di seguire uno stile documentativo e informativo conformato alle richieste e attese di un mercato che era lo stesso; cosicché in complesso è estremamente difficile in molti casi riconoscere solo sulla base dello stile una fotografia Alinari da una Xxxxxxxx x Xxxxx, mentre sono documentati casi in cui fotografie di una di queste ditte, o anche di quelle “minori” entravano silenziosamente a far parte degli archivi e dei cataloghi di un’altra ditta per ragioni commerciali, senza che nessun critico o studioso avesse notato o potesse notare una apprezzabile differenza stilistica fra tali immagini e quelle del corpus in cui impropriamente erano entrate79.
Per quanto lo “stile Xxxxxxx” indubbiamente esista, per quanto sia giusto attribuirne il nome alla ditta fiorentina, più che ad altri fotografi-editori, per le ragioni storiche che abbiamo visto, per quanto sia interessante e giusto rivalutare questa applicazione ante litteram di uno “stile documentario”80 dotato di una rilevanza propria ed originale, non è però questo il nodo fondamentale per capire il valore e il possibile ruolo attuale del patrimonio Alinari.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Gli Alinari erano fotografi, e come tali hanno in primo luogo compiuto scelte tecniche, estetiche, formali, strettamente inerenti alla dimensione fotografica. In progresso di tempo, e complessivamente però, quello che li caratterizza e che esprime il significato più forte della loro presenza in una dimensione storica, è il fatto che come imprenditori hanno usato consapevolmente un dispositivo di riproduzione visuale della realtà applicandolo sistematicamente al patrimonio artistico e paesaggistico, in connessione con una originale concezione delle funzioni economiche e culturali del loro “archivio” di immagini e con una estesa attività di promozione e valorizzazione della fotografia in senso lato.
In questo hanno compiuto un’opera di selezione e di presentazione dei soggetti da rappresentare che nel suo complesso ha un enorme valore, dal momento che ha costruito il modo in cui è stata diffusa e conosciuta visivamente l’immagine dell’arte italiana nel mondo, e che – per quanto
disciplinare furono i tre storici dell’arte, mentre i curatori delle parti relative al ritratto e alla storia sociale si muovevano sulle basi di conoscenze approfondite ma sviluppate individualmente, oppure (come nel caso di chi scrive, che faceva parte di quel gruppo) sulle basi di un grande interesse e buona volontà, ma a partire da un approccio, quello storico-sociale, in cui al tempo le competenze sul patrimonio fotografico erano pressoché nulle.
77 Questi elementi sono messi in assoluto rilievo, con una analisi puntuale e approfondita, nella maggiore opera pubblicata in occasione del 150° anniversario, da A.C. Xxxxxxxxxxx, Gli Alinari, cit.
78 Si vedano in tal senso le interessanti notazioni di X. Xxxxxxx, La fotografia di architettura degli Alinari 1854-1865. Oltre le convenzioni e gli stereotipi, in Fratelli Alinari, cit., pp. 87-120, che ritiene non applicabile al primo periodo di attività (in vita del fondatore, Xxxxxxxx) quello che poi convenzionalmente è stato definito come ‘stile Alinari’.
79 Per un caso, abbastanza emblematico, mi permetto di rimandare a X. Xxxxxxxxx, L’editoria fotografica e la documentazione del patrimonio artistico italiano. La difficile ‘nazionalizzazione’ fotografica del Mezzogiorno (1861-1911), in «L’Italia è». Mezzogiorno, Risorgimento e post-Risorgimento, a cura di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxx, Roma, Viella, 2013, pp. 279-306; per una analisi più generale e approfondita, si veda il rapporto di Xxxxxx Xxxxxxxx elaborato come seconda parte di questo Report.
80 Cfr. la riflessione di Xxxxxxx Xxxxx, Lo stile documentario in fotografia. Da August Sander a Xxxxxx Xxxxx 1920-1945,
Milano, Electa, 2008.
oggettiva, documentativa e rigorosa - conteneva pur sempre una buona dose di interpretazione, specie nel campo delle architetture, della scultura e del paesaggio, ma soprattutto nella scelta dei soggetti81.
Proprio in questa dialettica fra la rilevazione fotografica vera e propria e la selezione e diffusione delle fotografie, fra la costruzione del repertorio e le forme della effettiva fruizione da parte del pubblico, in un periodo di rapide e profonde “metamorfosi del gusto”, sta il punto di interesse a nostro avviso per una riconsiderazione del loro patrimonio. In entrambi i casi è comunque inopportuna una visione troppo ristretta e mono-disciplinare. L’attività di ripresa e riproduzione fotografica merita attenzione anche nella sua dimensione autoriale, ma occorre sempre considerare che è fortemente condizionata da una richiesta culturale e di mercato ispirata a criteri informativi e documentativi, che cambiano nel corso del tempo; e la selezione e presentazione delle foto, è sì guidata da strategie aziendali e di mercato, ma anche da scelte operative culturali ben precise, originali e specifiche di Xxxxxxx e degli altri fotografi editori.
Solo per fare un esempio, si pensi al fatto che è ormai comunemente accettato che gli Alinari, a partire da una certa fase della loro attività, risposero ad una domanda di mercato orientata in primo luogo da storici dell’arte e istituti culturali alla storia dell’arte; ma la organizzazione e la presentazione che fanno delle loro fotografie sui cataloghi di vendita è invece ispirata ad un altro criterio, cioè quello territoriale/nazionale, così caro, come abbiamo visto, a Xxxxxxxx. Per quanto infatti dagli indici analitici si possa risalire ai singoli autori e in alcuni casi alle maggiori “scuole” artistiche, i cataloghi sono di regola organizzati topograficamente, cioè non offrono un approccio storico o disciplinare (del tipo l’arte greco-romana, bizantina, rinascimentale, ecc; oppure l’arte barocca, il manierismo, il rococò, il neoclassicismo, ecc.) ma un approccio topografico: presentano porzioni locali e regionali del patrimonio, delle varie epoche e scuole, che poi si compongono idealmente, e alla fine effettivamente, in un grande catalogo nazionale italiano.
Non si deve pensare peraltro, da quanto detto sopra troppo sinteticamente, che questo programma “nazionale” fosse dettato da motivazioni di tipo politico culturale in senso troppo stretto. Tali motivazioni c’erano indubbiamente, ma nell’ambito anche di una volontà di un intervento di tipo nuovo, legato alle nuove potenzialità mediatiche della fotografia, nell’epoca in cui alcune innovazioni tecnologiche rendevano possibile la sua diffusione attraverso la molto meno costosa e più popolare editoria tipografica.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Questo tipo di intervento, che in maniera piuttosto anacronistica potremmo definire come nazional-popolare, si era palesato possibile già prima dell’invenzione della stampa fotomeccanica, ad esempio con un amplissimo uso di incisioni tratte da fotografie Xxxxxxx in periodici illustrati a larga tiratura82.
Successivamente, con l’avvento delle tecniche fotomeccaniche e quindi con la diffusione della stampa tipografica illustrata con fotografie, si rese possibile e anzi conveniente un uso diretto delle immagini Alinari e degli altri fotografi editori, che avevano già a disposizione archivi molto ampi e sistematici: il dato interessante è che queste foto nate per un mercato internazionale culturalmente specializzato e sofisticato, furono direttamente impiegate anche per pubblicazioni più popolari e divulgative.
È interessante osservare come un personaggio centrale per i rapporti fra fotografia e patrimonio culturale come Xxxxxxx Xxxxx perseguisse anch’egli il fine, molto pragmatico, ma anche
81 Cfr. ad esempio per il caso della scultura Scultura e fotografia: questioni di luce, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 2001) a cura di Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx, Firenze, Università degli Studi di Firenze – Alinari, 2001. Per quanto riguarda le architetture, si rimanda a X. Xxxxxxxx, Il bel vedere: fotografi e architetti nell'Italia dell'Ottocento, Torino, Società editrice internazionale, 1996.
82 La presenza di incisioni d’après photographie, come allora si diceva, provenienti dagli archivi dei fotografi editori, è largamente documentata in alcune molto popolari riviste illustrate internazionali, come la parigina «Le Tour du Monde», o le diverse serie del supplemento periodico italiano «Le Cento città d’Italia». Cfr. X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, Itinerari e viaggiatori, cit.
culturalmente ben connotato, di utilizzare la documentazione fotografica qualitativamente molto alta e culturalmente ispirata a criteri di rigore e equilibrio rispondenti ad una utenza storico artistica specializzata e professionale, per operazioni di alta divulgazione.
Xxxxx promosse su “Emporium”, una rivista che si distingueva all’epoca per l’ampiezza, la qualità e la cura tipografica del suo apparato illustrativo fotografico, una rubrica “Per la bellezza artistica d’Italia” destinata a difendere il patrimonio artistico ed ambientale nazionale83; in seguito fu direttore della collana “Italia artistica”, dell’Istituto Italiano di Arti grafiche di Bergamo, iniziata nel 1901 e conclusa nel 1938 con ben 116 titoli, molti dei quali editi anche nelle principali lingue straniere. Si trattava di una iniziativa editoriale importante e moderna, di livello divulgativo ma direttamente collegato alle elaborazioni della cultura “alta”, di cui si volevano presentare i “risultati” risparmiando al lettore solo gli apparati troppo specialistici. In questo contesto assumeva un valore essenziale l’immagine, vista come modo diretto rapido e moderno di comunicazione, e in particolare l’immagine fotografica, vista come illustrazione documentaria, che garantiva la massima fedeltà e il massimo di informazione, e però proprio per questo destinata ad un pubblico molto ampio:
deve essere documentale, non di fantasia o di maniera; perché dev’essere la realtà presentata agli occhi nostri […] e anche il più povero dei lettori [deve] contemplare la veduta riprodotta dalla fedele impronta che le cose, i luoghi, le persone lasciarono della propria forma sovra una lastra sensibile.84
Si trattava di una concezione “pedagogica” della fotografia che riprendeva esattamente quello che era stato storicamente il programma dei fotografi editori: una edizione fotografica volta a documentare in modo serio e professionale la realtà dei beni culturali e ambientali. Non stupisce quindi che per la collana, le fotografie fossero in gran parte reperite attraverso apposite convenzioni con i tre grandi fotografi editori da noi presi in esame.
In questo modo, anche “il più povero dei lettori” veniva posto in grado di fruire di quel patrimonio di immagini: Xxxxx teorizza quindi e in parte mette in pratica il tentativo di coniugare il taglio qualitativamente “alto”, specialistico, documentativo, nitido e impersonale delle fotografie di tipo Alinari, con la funzione di una divulgazione di livello medio alto, ma comunque molto larga e popolare.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Che poi è il senso complessivo delle operazioni condotte a termine successivamente anche dal Touring, con collane come “Attraverso l’Italia” (tirate in prima edizione in centinaia di migliaia di esemplari, e riccamente illustrate in buona parte da fotografie dei nostri fotografi editori), oppure della già ricordata presenza delle loro immagini in luoghi come le carrozze ferroviarie o poi gli “intervalli” televisivi. È questa diffusione pervasiva attraverso canali di comunicazione di vario livello che costituisce il retroterra dello stereotipo degli Alinari come diffusori, nel mondo, di una immagine standardizzata e a volte banalizzata dell’Italia.
Una illustrazione ironica e suggestiva di questa pervasività, e insieme di questa perfino eccessiva fedeltà, che dandoci il massimo di informazione toglie in un certo senso il suo ruolo all’immaginazione, e produce un effetto di stereotipo, la dobbiamo a uno scrittore che immagina la reazione di uno straniero invitato a venire in Italia :
- …una delle ragioni che mi tiene dal venire in Italia è che l’Alinari l’ha già tutta fotografata.
- E che male vi ha fatto questo povero Xxxxxxx?
- Che oramai l’Italia, senza esserci stato mi pare di conoscerla lo stesso [….] ed io conosco per prova, signore, la delusione, di ritrovar sul posto la cosa che c’eravamo immaginata né più né meno di come proprio ce l’eravamo immaginata.85
83 «Emporium», aprile 1905, cit. in M. Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxx, l’«Italia artistica» e l’immagine del paesaggio italiano, in A difesa di un patrimonio nazionale, cit., p. 63. Sulla presenza degli archivi dei fotografi editori in «Emporium», cfr. X. Xxxxxxxxx, I fotografi editori italiani (Xxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxx) ed «Emporium», cit.
84 X. Xxxxx, Ravenna, Bergamo, IIAG, 1903, cit. in F. Canali, Fotografia d’arte, cit., p. 285.
85 X. Xxxxxxx, L’Italia di Xxxxxxxxxxx, Firenze, 1945, pp. 145-146, cit. in X. Xxxxxxxx, Immagini di cose presenti, cit., p. 234.
3. Cosa sono (oggi) gli Alinari. Problemi e questioni dell’ora presente
Questa dialettica fra un patrimonio creato e formato in risposta ad una domanda alta e specializzata, poi però destinato e rivolto ad una diffusione nazionale e popolare, è in realtà una delle chiavi fondamentali per capire le questioni che si pongono oggi, in vista della risistemazione, messa a disposizione e valorizzazione di tale patrimonio da parte di un ente pubblico come la Regione Toscana. Tale compito però coinvolge in maniera altrettanto importante anche la comunità degli studiosi di fotografia.
La proprietà e la disponibilità pubblica del patrimonio, se collegata come sperabile e naturale, ad una disponibilità delle immagini per scopi di studio, liberata da quei vincoli economici che invece una azienda privata doveva imporre, potrebbe aprire la strada ad una serie di studi e ricerche di estensione ed interesse del tutto nuovi.
Come si è visto la lunga storia dell’azienda ha raccolto sotto il nome Xxxxxxx un patrimonio composito, che comprende fondi molto diversi. In prima approssimazione si possono distinguere, salvo le ulteriori suddivisioni interne, due grandi nuclei. Il primo è quello degli Alinari storici, ovvero della ditta familiare e poi della presidenza Xxxxxxxx, ma comprensiva anche della Presidenza Cini, ovvero degli archivi degli altri grandi fotografi acquisiti fino agli anni ‘70, che sono culturalmente, ma anche tecnicamente, del tutto congruenti, e già erano intesi come una unica “lastroteca” nell’archivio precedente.
Il secondo è quello accumulato negli ultimi quattro decenni, durante la presidenza de Xxxx, che in verità contiene anche materiali riconducibili al primo periodo (soprattutto positivi, peraltro), ma che, per i motivi di formazione “storica” dell’archivio sopra richiamati, conviene considerare qui come un corpus separato.
Si tratta di una bipartizione apparentemente squilibrata, soprattutto sul piano quantitativo, ma storicamente e culturalmente giustificata, per le considerazioni svolte lungo questo scritto.
3.1. La lastroteca e l’ edizione fotografica del patrimonio artistico italiano.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Quando abbiamo incontrato il Presidente della Regione Toscana, nel marzo del 2019, per rappresentargli l’interesse culturale, da parte della SISF, per una acquisizione di tale patrimonio che evitasse rischi di dispersione o di vendita all’estero, lui disse che una delle difficoltà della acquisizione, a parere degli esperti degli enti che aveva consultato a livello regionale e ministeriale, risiedeva nel fatto che risultava molto difficile attribuire una valutazione economica alle lastre del nucleo originario. Nel contempo era anche personalmente del tutto convinto della loro importanza, e dell’opportunità di acquisire il patrimonio Xxxxxxx anche in virtù di quella parte dell’archivio.
In effetti, sembrerebbe che l’utilità funzionale di queste immagini sia ormai limitatissima, che possano avere solo un interesse per gli storici, e quindi che la maggiore preoccupazione debba essere solo quella di conservarle, preservandole nel modo migliore possibile data la fragilità dei supporti e l’inevitabile degrado dei componenti argentici da cui sono composte.
Che l’esigenza di una tutela e conservazione sia primaria non c’è dubbio, ma esistono molte opportunità per innestare su questo materiale ricerche e progetti che abbiano un valore culturale attuale.
Questa parte del patrimonio Xxxxxxx corrisponde in sostanza agli archivi dei grandi fotografi editori italiani, quindi contiene la produzione di immagini che per un secolo, e proprio nel secolo fondativo della prima diffusione degli studi di storia dell’arte in senso moderno, hanno fornito una gran parte del materiale di documentazione visiva su scala mondiale.
Possiamo anche pensare che questo processo si sia sviluppato secondo un ciclo determinato da ragioni endogene e oggettive, che come tale ora sia terminato, e che le lastre nell’archivio costituiscano documenti preziosi, ma ormai sterili, di una storia ormai conclusa. Una posizione del genere era emersa nel dibattito pubblico quando ancora non era decisa l’acquisizione da parte della Regione, consigliando di affidare gli archivi Alinari a un istituto statale di conservazione, come la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dove si sarebbe potuto conservare con grande cura, riservandone la consultazione a studiosi qualificati, come si conserva un fondo di cinquecentine86.
Sembra però molto più opportuno pensare che quel patrimonio sia ancora vivo e attivo nella nostra cultura, che abbia bisogno di essere conservato con cura, ma anche di essere diffuso e valorizzato e reimmesso – come del resto era sempre accaduto nelle varie fasi storiche di crisi e di passaggio della proprietà della Xxxxxxx che abbiamo esaminato – in un contesto attuale. Occorre infatti considerare che il processo che ha portato alla costruzione del nucleo originario dell’archivio è stato il frutto di una fase storica ben determinata, in cui la migliore cultura europea nel secolo XIX, dopo la rivoluzione francese e la Restaurazione, riscoprì la grande arte medievale e rinascimentale italiana (e toscana, in particolare) a partire dai “primitivi”, interpretandola come espressione di quella civiltà dei liberi mercanti, artigiani, artisti che operavano nelle botteghe e nei fondachi delle città italiane, che difendevano la loro libertà sia nei confronti dell’Impero come della Chiesa, e che costituivano un modello di riferimento ideale per la nuova borghesia europea ridimensionata politicamente dalla Restaurazione, ma socialmente e culturalmente ormai affermata e anzi capace nel corso del secolo di espandersi e affermarsi su scala mondiale87.
Personaggi come Xxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx e molti altri, hanno costruito un paradigma storico critico che ha guidato a lungo la riconsiderazione di valore di tutta l’arte italiana, legandola a una fase storica e ad un modello sociale e culturale che hanno avuto un peso amplissimo nella storia del “secolo lungo” fra la rivoluzione francese e la prima guerra mondiale.
Rispetto a questo contesto culturale, in cui gli Alinari come abbiamo visto erano pienamente inseriti, anche con contatti diretti88, i loro archivi, lungi dall’essere depositi di lastre ormai desuete, costituiscono un po’ come i testi classici dell’educazione visuale all’arte nel mondo occidentale.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Recuperarli, studiarli, rileggerli come si rileggono i classici, cioè curarne edizioni critiche e diffonderne la conoscenza in nuove forme, sono quindi operazioni che non si potevano chiedere ad una proprietà aziendale, preoccupata di altre finalità, ma che si possono legittimamente richiedere ad un ente pubblico e a una comunità di studiosi. È vero che quel modello culturale occidentalizzante ed eurocentrico della cultura e dell’arte da cui partivano le rilevazioni dei fotografi editori oggi è messo in discussione ed è chiaramente improponibile come riferimento assoluto; ma resta tuttora una presenza largamente presente e operante, per molti aspetti ancora
86 X. Xxxxxxxx, Questa cultura arrovesciata. I musei, l’Archivio Alinari: un’inversione di ruoli, due scelte pericolose. Da evitare, in «Corriere fiorentino», 18.06.2019.
87 Cfr. X. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, «L’Atene d’Italia», cit., e L'idea di Firenze. Temi e interpretazioni nell'arte straniera dell'Ottocento, a cura di Xxxxxxxx Xxxxx e Xxxxx Xxxxxx, Firenze, Centro Di, 1989.
88 Ad esempio i contatti con Xxxxxx, con cui collaborarono sia Xxxxx che Xxxxxxx; cfr. in proposito X. Xxxxxxxxxx e I. Zannier, I dagherrotipi della collezione Xxxxxx, Firenze - Venezia, Alinari – Arsenale, 1986, pp. 58-59; X. Xxxxxxxxxx, X. Zannier (a cura di), Itinerario Fiorentino. Le ‘mattinate’ di Xxxx Xxxxxx nelle fotografie degli Alinari, Firenze, Xxxxxxx, pp. 25-31; cfr. inoltre Xxxxxx Xxxxxxxx, I Fratelli Xxxxxxx: una dinastia di fotografi, cit. che ricorda come Xxxxxx portasse ad esempio nei suoi discorsi sull’educazione artistica le fotografie degli Alinari come supporti essenziali nella formazione accademica dei giovani; la collaborazione con Xxxxx è segnalata in X. Xxxxxx, Xxxxxx and the daguerreotype: a ‘ziggy-zaggy’ path between learning and mislearning, in: «RSF - rivista di studi di fotografia», n. 2, 2015 p. 124 (recensione a: Xxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxx, Carrying Off the Palaces. Xxxx Xxxxxx’x Lost Daguerreotypes, London, Xxxxxxx Xxxxxxxx Ltd, 2015). Commissioni dirette di Xxxxxx agli Alinari, come già notato da Xxxxx nel catalogo della mostra del 1977, sono testimoniate nei cataloghi di vendita degli Alinari stessi, ad esempio in quello del 1876, per una riproduzione da Xxxxxxxxx nella Cappella Sistina.
egemone, e la riconsiderazione di quella tradizione nei differenti e plurali contesti contemporanei è anzi molto attuale.
La storiografia su Xxxxxxx, anche per il fatto di essere stata in parte notevole stimolata dalla ditta stessa, specie nelle ricorrenze del 125° e del 150° anniversario, per quanto tutt’altro che semplicemente giubilare o encomiastica, è rimasta ancorata ad una dimensione un po’ interna, privilegiando studi sui vari aspetti delle attività, soprattutto ovviamente in relazione al punto di vista storico artistico, ma non ha promosso ricerche complessive, che tenessero conto sia del ruolo complessivo degli altri grandi fotografi editori che ora fanno parte degli archivi, sia di una lettura congiunta degli archivi cartacei, (che non riguardano solo aspetti amministrativi, ma anche scelte culturali strategiche) e dell’archivio di immagini.
La disponibilità attuale congiunta dell’archivio e delle immagini (finora limitata per la questione dei diritti), con una possibilità di confronto a tutto tondo, apre nuove piste interessanti, per progetti di ricerca e di studio che potrebbero aumentare sensibilmente le nostre conoscenze non solo sulla storia della fotografia, ma anche sulla storia dell’arte e più in generale sulla storia della cultura visuale in Italia e nel mondo.
Su questo sarebbe opportuno che la comunità degli studiosi promuovesse incontri e confronti di idee fra tutti coloro che sono interessati e che vedono la acquisizione pubblica di Xxxxxxx, e la nuova fase di vita del patrimonio che si apre, come una questione centrale per la cultura fotografica in Italia.
Risultano particolarmente interessanti due direzioni di ricerca.
La prima, fondata sulla ricostruzione filologicamente rigorosa della geografia storica della attività di riproduzione del patrimonio artistico italiano fra gli anni ’70 del XIX secolo fino agli anni ’70 del XX, da parte dei tre maggiori fotografi editori, attraverso una nuova catalogazione critica del patrimonio di immagini collegata al complesso di informazioni desumibili dai cataloghi di vendita e dalle altre fonti scritte e fotografiche (positivi) presenti negli archivi.
La seconda, mirata al problema della effettiva disseminazione e diffusione di queste immagini presso il pubblico, o per meglio dire verso i vari pubblici, nazionali e internazionali.
Dovrebbe essere chiaro che non si tratta di progetti a breve o medio termine, ma di orientamenti di fondo su cui innestare volta a volta progetti specifici.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
A puro titolo di esempio, una riorganizzazione e una appropriata opera di catalogazione e digitalizzazione di questa parte dell’archivio potrebbe costituire una base per organizzare ricerche finalizzate a ricostruire progressivamente le “campagne” di rilevazione fotografica, seguendo i cataloghi dei grandi fotografi editori, intrecciandoli fra loro, in modo da ricostruire una mappatura storica della riproduzione fotografica del patrimonio artistico italiano nella sua progressiva, graduale e significativa estensione nel corso del tempo. Già questo permetterebbe di avere risultati di grande interesse per la storia della cultura e del gusto a livello internazionale. Inoltre, siccome esistono notevoli aree di sovrapposizione fra i grandi fotografi, il nuovo assetto del patrimonio, con la possibilità di incrociare dati catalografici e immagini, permetterebbe di controllare direttamente come i diversi fotografi abbiano fotografato i medesimi soggetti, portando quindi un contributo basilare allo studio sistematico su base comparativa di questi fotografi anche dal punto di vista delle scelte stilistiche e formali89. Va detto peraltro che tale
89 La catalogazione attuale dell’archivio delle lastre deriva direttamente dalla catalogazione originaria; in alcuni casi è aggiornata ma in molti casi risente di attribuzioni datate e non più considerate valide. Oltre a ciò, la questione fondamentale è che la catalogazione Xxxxxxx originaria ha un proprio punto debole strutturale in uno degli elementi cardine di qualsiasi catalogazione, cioè la data di produzione dell’opera. Gli Alinari, come editori del patrimonio, radicalizzavano una abitudine già diffusa presso gli editori delle guide per i viaggiatori: tendevano a non evidenziare le date, perché in tal modo le loro riproduzioni non potevano mai apparire ‘invecchiate’. In altre parole il catalogo di vendita Xxxxxxx, che era lo strumento organizzativo fondamentale della ditta, era organizzato per soggetti. Xxxx si decideva poniamo di fotografare la Chiesa di San Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx a Ravenna in occasione della prima campagna effettuata in occasione del centenario di Xxxxx e pubblicata già nel catalogo del 1865; se poi si effettuavano successive campagne, come quelle pubblicate nei cataloghi del 1873, 1881 e
confronto non si limita solo ai fotografi maggiori: come abbiamo visto in diversi casi anche immagini di fotografi “minori” operanti sul territorio confluirono negli archivi dei maggiori, senza che ne venisse dichiarata la provenienza originaria90. Anche per questo motivo, ma soprattutto per l’evidente complementarità e parziale sovrapposizione delle immagini dei fotografi maggiori e “nazionali”, con quelle, complessivamente molto più numerose, ma individualmente molto più limitate, dei fotografi locali attivi in Italia, l’apertura su nuove basi dell’archivio con opportuni apparati di accesso, permetterà di impostare ricerche e confronti su base molto articolata e diffusa tendenzialmente su tutto il territorio nazionale, aprendo anche la possibilità a collaborazioni fra enti e istituti diversi, centrali e locali91.
Come derivato di questa operazione, è da tener presente che una catalogazione che congiunga immagini e descrizioni catalografiche, con possibilità di legami multipli, consentirebbe di far emergere anche quella specie di “patrimonio fantasma” che è costituito dalle fotografie di monumenti distrutti o di opere radicalmente modificate per restauri o altre cause, piuttosto cospicuo in una nazione come l’Italia92.
Una ulteriore possibilità di ricerca aperta da questo tipo di riorganizzazione catalografica potrebbe essere quella di valutare il tipo e il grado di interazione fra gli archivi dei fotografi editori e quelli pubblici, in primis del Gabinetto Fotografico Nazionale e poi dell’Istituto LUCE, la cui “concorrenza” Xxxxxxx lamentava negli anni ‘30.
Tuttavia, come sempre e anche in questo caso, le operazioni di ordinamento e di riorganizzazione archivistica e catalografica, pur necessariamente rigorose e aderenti agli standard e alle buone pratiche correnti, dovrebbero essere concepite anche alla luce dei problemi attuali della cultura fotografica. Non si dovrebbero perdere di vista, nel concepire una attività molto defatigante e pesante come quella che attende la Fondazione incaricata di
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
una lastra più recente, ma non si può escludere che in alcuni altri casi rimanessero le vecchie lastre; quindi la catalogazione delle lastre dovrebbe tenere conto anche delle informazioni desumibili dai cataloghi di vendita, i quali a loro volta sono fonti problematiche, perché in alcuni casi riportano annotazioni manoscritte molto interessanti degli operatori e dei catalogatori che esistono solo in alcune delle copie conservate nell’archivio. L’incrocio poi anche solo dei tre archivi principali (Xxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxx) pone tutta una serie di problemi, perché le stesse opere possono apparire sotto denominazioni diverse, in seguito a attribuzioni diverse, ma spesso anche, per opere di minore notorietà, per un diverso modo di definirle da parte dei catalogatori delle ditte. Con tutto ciò la possibilità di una catalogazione congiunta delle informazioni disponibili con quelle provenienti dai cataloghi (che contenevano a volte descrizioni molto lunghe e particolareggiate delle opere) e con le immagini digitali, permetterebbe operazioni interessantissime, in primo luogo di confrontare nelle cospicue aree di intersezione il diverso ‘stile’ di ripresa dei fotografi rispetto ad una stessa opera d’arte; inoltre molte altre indagini puntuali, come ad esempio per le lastre che documentano opere sottoposte a restauro. Un primo inizio di una catalogazione del genere è già avviato in seguito ad una convenzione stipulata fra Xxxxxxx IDEA e il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università di Bologna, a suo tempo diretto dallo scrivente, dove è stata già compiuta la trasposizione su repository digitale dei cataloghi di vendita disponibili dei tre maggiori fotografi editori fino al 1914; ma manca appunto la parte più interessante, cioè il confronto effettivo con la catalogazione e digitalizzazione delle lastre.
90 Oltre a quanto notato supra, nota 76, è interessante un episodio, segnalatomi da Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, che qui ringrazio, riguardante proprio Xxxxxxx IDEA, che nel 1925 pubblicava un volume di Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Il Duomo di Modena, nella collana Italia monumentale: collezione di monografie sotto il patronato del Touring Club Italiano e della "Xxxxx Xxxxxxxxx", in realtà una nuova edizione di un volume edito nel 1913 dall’editore Bonomi di Milano, dove le foto erano tutte dello studio locale «X. Xxxxxxxxx & figli – Modena». Invece Xxxxxxx per i soggetti rappresentati che esistevano nel proprio archivio non si faceva scrupolo di aggiungere alla didascalia il numero di riferimento della fotografia conservata nel proprio archivio, anche se le fotografie Xxxxxxx erano a volte notevolmente diverse per tipo di ripresa. È chiaro che questo ulteriore segnale di una
«disinvoltura» nelle attribuzioni autoriali, da parte dei nostri fotografi editori, rende ancora più importante e interessante una catalogazione appropriata dei loro archivi. Cfr. per i riferimenti, X. Xxxxxxxxxx, Fotografia e trasformazione della città: Modena 1880-1920, tesi di laurea, Università di Bologna, a.a. 1987-88, relatore xxxx. Xxxxx Xxxxx.
91 Una iniziativa molto interessante a questo proposito è stata assunta dalla Fondazione Xxxxxxxx Xxxx dell’Università di Bologna, con due giornate di studio (29-30 maggio 2018) in cui chi scrive tenne la lezione introduttiva, auspicando appunto una collaborazione di questo tipo. Si vedano i risultati, molto promettenti, di questa prima indagine su un materiale molto disperso, in Un patrimonio da ordinare: i cataloghi a stampa dei fotografi, a cura di Xxxxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Bologna, Fondazione Xxxxxxxx Xxxx, 2019.
92 Per un esempio di una operazione di questo tipo, si veda X. Xxxxx, Una mostra sulla distrutta chiesa di Santa Xxxxx in Porto Fuori, in «Bollettino dantesco», n. 6, settembre 2017, pp. 139-154. La mostra, con il titolo La casa di Nostra Donna. Immagini e ricordo di Santa Xxxxx in Porto Fuori, si è tenuta presso il MAR (Museo d’Arte della città di Ravenna) dal 6 novembre 2016 all’8 gennaio 2017, e permetteva di visitare ‘virtualmente’ l’antica chiesa, citata anche da Xxxxx, ed andata completamente distrutta nei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.
riorganizzare il patrimonio, alcuni problemi e questioni culturali di largo respiro, difficili, ma anche stimolanti e interessanti, derivanti dalla riconsiderazione della vicenda storica degli Alinari alla luce del tempo presente. Il collegamento non è solo teorico, ma ha degli agganci concreti.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
In un certo senso i grandi fotografi editori compirono nella seconda metà dell’Ottocento lo stesso tipo di operazione che è stata attuata agli inizi del XXI secolo dalle operazioni di digitalizzazione della fotografia storica, in cui, come abbiamo visto, è stata fortemente impegnata e forse ha trovato il suo vero punto di crisi la Alinari IDEA dell’ultima fase. Operando in quegli anni che successivamente Xxxxxx Xxxxxxxx avrebbe definito come “l’epoca della riproducibilità tecnica” dell’arte, Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx costituirono effettivamente a partire dalla metà dell’Ottocento un grande archivio che “riproduceva tecnicamente” l’arte italiana: ma in realtà solo una parte di essa, inizialmente piuttosto ristretta e con una progressione, lungo un secolo, graduale e significativa. Si tratta di una operazione che segue la stessa logica che seguiranno poi le operazioni di costituzione di grandi repository di fotografie storiche digitalizzate sul web, da parte di protagonisti come Xxxxx, Xxxxxx e gli stessi Xxxxxxx su scala minore fra il 1990 e il 2008. Secondo la più autorevole rivista internazionale del settore, nel 1999, la logica che doveva guidare la costituzione delle grandi basi di dati di immagini digitali era espressa in questi termini da una archivista: «These collections of data do not have to be exhaustive, but must be complete enough in and of themselves such that historians and other researchers can draw compelling and viable conclusions based on the data they contain»93. Come hanno osservato diversi studiosi, questo è effettivamente accaduto, almeno per il primo decennio del XXI secolo, e si è creato un meta-archivio virtuale (gestito da pochi grandi detentori) in grado di regolare ampiamente il mercato, e di “nascondere” il resto del patrimonio non digitalizzato o digitalizzato da enti che operavano su scala più limitata e locale, anche se questo patrimonio che restava sommerso era nel suo insieme di gran lunga più importante e cospicuo. Fra il 1870 e il 1920, Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx compirono una azione di questo genere, dato che con la loro rete di relazioni internazionali potevano coprire un mercato molto ampio, che non era in grado – o non riteneva conveniente - di attingere direttamente ad altre fonti. In questo modo gli archivi dei tre maggiori fotografi finivano per mettere in ombra una serie di archivi minori che coprivano una rilevazione fotografica molto più ampia del patrimonio artistico nazionale. Ad esempio, su Siena, che pure era tradizionalmente una delle originarie città di interesse dei fotografi fiorentini, Xxxxxxx aveva a fine secolo XIX una quantità di immagini a catalogo molto rilevante, ma molto inferiore a quella di Lombardi, che era il fotografo locale, qualificato come “excellent” in una delle più diffuse guide inglesi nel 1872, riprodotto anch’egli in riviste molto popolari e nella serie delle “Cento città d’Italia”, ma che sicuramente non era in grado di avere pari accesso alla rete internazionale che Xxxxxxx e i gli altri grandi fotografi editori avevano stabilito. La stessa cosa si potrebbe ripetere per molte altre delle “cento città” italiane. Dal punto di vista conoscitivo quindi il problema si pone in questi termini: quale parte del patrimonio culturale italiano (così come lo conosciamo e definiamo noi oggi) venne fotografato da Xxxxxxx, Xxxxxxxx e Xxxxx, costituendo così quella banca di immagini “complete enough […] such that […] researchers can draw compelling and viable conclusions based on the data they contain”? E in base a quali criteri? Questa è la prima domanda a cui è possibile rispondere sulla base della libera accessibilità agli studiosi del patrimonio Xxxxxxx; ma su questa base è chiaro che si potrebbero porre altre domande molto interessanti per la conoscenza della storia della “patrimonializzazione” dei beni culturali del nostro paese. Una ulteriore domanda potrebbe essere infatti – sempre sul lato della produzione: quanta parte del patrimonio italiano che non era contenuta nella rilevazione di Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx venne invece fotografata dai piccoli fotografi locali?
93 X. Xxxxxx – X. Xxxxxx, Making British Heritage Available on the World Wide Web: The State of Digitization in Special Collections Librarianship in Great Britain, in «Journal of Association for History and Computing», II, n. 3, nov. 1999.
E una volta compiute indagini e allestimenti di strumenti catalografici appropriati, non emergerebbero proposte di ulteriori indagini? Non solo da parte di studiosi, ma anche, dato che la cerchia degli interessati è sicuramente molto più larga, da parte di appassionati, di operatori, di cultori, per operazioni finalizzate a seguire non solo il vieto e abusato, ma sempre popolarissimo, paradigma della visione della propria città o territorio “com’era cent’anni fa” (ovvero il confronto fra le antiche fotografie e i corrispondenti monumenti ed elementi del paesaggio attuali per verificare i cambiamenti intervenuti), ma piuttosto a verificare come e quanto siano cambiati nel tempo i modi di vedere ed inquadrare, di selezionare e valorizzare i singoli i beni artistici e culturali nei repertori di immagini attuali, fino alle guide digitali georeferenziate che cominciano a diffondersi, nell’immenso e articolato mercato della immagine digitale. Indipendentemente dai risultati, sarebbe inoltre uno stimolo a perfezionare le conoscenze e le competenze nel campo della cultura visuale e della capacità di lettura critica delle immagini. Sarebbe un modo fra l’altro per affinare e specializzare le pratiche di “public history” che si vanno diffondendo e che potrebbero sperabilmente aumentare il livello medio della fruizione della storia presso il grande pubblico94.
Quest’ultimo esempio introduce alla seconda direzione di ricerca sopra evocata, cioè alla questione della diffusione e dell’uso effettivo delle immagini prodotte dai fotografi editori, da parte dei diversi “pubblici” interessati.
Nel caso specifico, ci inducono a riflettere sul problema della effettiva circolazione, fra XIX e XX secolo, delle immagini degli archivi dei grandi fotografi editori, e sul grado in cui essi erano giunti a realizzare un effettivo e produttivo monopolio (e quindi un modello standardizzato di visione del patrimonio artistico), e con quali caratteri e per quanta estensione, nel tempo e nello spazio. Sicuramente la loro diffusione fu pervasiva: dai manuali di storia dell’arte, alle opere fotografiche di media e larga diffusione, alle dispense più popolari. Mancano però studi sistematici che possano effettivamente determinare il peso e i caratteri di questa disseminazione. Dall’archivio in sé, infatti, proprio per il modo in cui era costituito, per cui intendeva presentare, secondo le stesse parole di Xxxxx, un “assortimento” molto vasto al cliente, non si può ricavare quali fossero le immagini acquistate e quindi effettivamente circolanti, e non destinate a rimanere per sempre inutilizzate in archivio.
Un appropriato ordinamento e catalogazione di questa parte dell’archivio potrebbe però oggi permettere alcune ricerche molto utili a questo proposito.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
In primo luogo, legando la descrizione catalografica delle lastre esistenti alle informazioni desumibili dai cataloghi di vendita si possono ottenere informazioni sui formati, i quali forniscono indicazioni indiretta ma attendibili sulla diffusione, almeno prevista: gli Alinari infatti scattavano negativi nel formato 18x24 di tutti i soggetti rappresentati; per quelli di cui era prevedibile una buona domanda di mercato, producevano anche negativi per qualcuno o tutti i sei diversi formati previsti95.
Un ulteriore livello di approssimazione potrebbe essere dato dagli album, in particolare gli album che avevano per oggetto i beni artistici, monumentali e paesaggisti italiani, che erano venduti principalmente ai turisti facoltosi di passaggio, e che contenevano una selezione di immagini che variava secondo gli anni, dandoci una preziosa informazione su quelle che erano le immagini più richieste.
94 Il tema dell’uso delle immagini per le pratiche attuali di ‘public history’ è un argomento di grande attualità, su cui si vedano le interessanti osservazioni di X. Xxxxx, Public History, antropologia, fotografia. Immagini e uso pubblico della storia, in «RSF
- Rivista di Studi di Fotografia», Vol. 3 No. 5 (2017), pp. 52-63; cfr. anche X. Xxxxxxxx, Digital Public History and Photography, in: Handbook Digital Public History, Berlin, De Gruyter Oldenbourg, pp. 145 – 160 (in corso di stampa). Sul rapporto fra fotografia e fonti digitali in ambito di Public History si rimanda agli scritti di Xxxxx Xxxxxx, il più accreditato studioso in materia, fra cui si segnala qui X. Xxxxxx, Nulla sarà più come prima: Considerazioni sul digital turn e le fonti fotografiche dal punto di vista della storiografia, in : La fotografia come fonte di storia, atti del convegno (Venezia, 4-6 ottobre 2012), a cura di Xxxx Xxxxx Xxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2014, pp. 248-270.
95 Questo rende evidentemente necessario procedere ad una catalogazione che tenga conto delle informazioni desumibili da tutta una serie di altri strumenti di corredo che erano attivi nella ditta e che occorre ricollegare alla lastroteca.
Un ulteriore livello di indagine potrebbe riguardare le cartoline, anche se purtroppo in massima parte sono andate perse durante la crisi post-1977 e la vendita di parte dell’immobile96.
La via però di gran lunga più affidabile, per giungere ad un risultato scientificamente attendibile, anche se molto complessa dal punto di vista organizzativo, è quella di un confronto fra gli archivi dei nostri fotografi editori e le fototeche d’arte, in primis quelle italiane (fra cui quelle delle soprintendenze storico-artistiche), ma tendenzialmente quelle di tutti gli altri paesi. Le fototeche molto spesso contengono una porzione a volte molto elevata di fotografie dei grandi fotografi editori, e sicuramente, nel complesso, una certa porzione dei positivi posseduti potrebbe non corrispondere alle lastre attuali conservate sullo stesso soggetto, dato il sistema corrente di aggiornamento delle lastre Alinari, che procedeva per soggetto, lasciando la stessa numerazione alla nuova lastra negativa e eliminando la precedente. Una eventuale catalogazione delle fotografie degli archivi Xxxxxxx collegata ad oggetti digitali identificati univocamente, e condivisa con le fototeche d’arte, potrebbe, secondo un meccanismo comunemente in uso per le biblioteche, fornire alle fototeche uno strumento per completare o verificare la catalogazione delle proprie fotografie, e restituire per contro un quadro assolutamente nuovo e interessantissimo, su scala comparativa della effettiva diffusione del patrimonio culturale italiano.
È chiaro che tutti questi prevedibili usi del patrimonio, conseguenti ad un’azione mirata di catalogazione e di completamento della digitalizzazione, non esauriscono affatto la gamma di possibilità di utilizzazione culturale di questo patrimonio. Ve ne sono infinite altre, dalle citate operazioni di recupero su scala locale in un orizzonte di public history, alle utilizzazioni possibili in sede di didattica, fino alle pratiche, piuttosto diffuse in questi ultimi decenni, di riutilizzazione e di risemantizzazione delle immagini fotografiche d’epoca da parte di fotografi contemporanei. Altrettanto esteso il range disciplinare, che coinvolge discipline che vanno dalla storia politico sociale alla storia dell’arte, dalla geografia all’antropologia culturale, dalla sociologia alla storia della scienza, senza considerare naturalmente quelle più direttamente attinenti come la storia della fotografia, l’archivistica e le scienze del documento, le discipline della comunicazione e via dicendo, attorno comunque ad un tema unificante come quello dell’immagine dell’Italia e del suo patrimonio culturale. Si tratta di piste di ricerca e di iniziative a nostro parere da incentivare in ogni caso, che potrebbero svilupparsi in maniera migliore sulla base di un solido e accurato lavoro di catalogazione e di ordinamento di base dell’archivio.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
3.2. Il patrimonio della gestione de Polo.
Le ultime osservazioni svolte a proposito della prima parte dell’archivio si adattano in particolare anche alla seconda parte, quella raccolta durante il periodo della gestione di Xxxxxxx xx Xxxx e a cui appartengono oltre il 90% dei 5 milioni di fotografie cedute attualmente dalla Alinari alla Regione Toscana.
La rapidità, l’ampiezza e la diversificazione interna di quest’opera di acquisizione possono lasciare un po’ sconcertati, specie in confronto all’altra parte, agli archivi cioè dei fotografi editori, molto organizzati e controllati, frutto di una attività coordinata e molto mirata, e di un’opera di selezione molto prolungata nel tempo.
96 Cfr. comunque in proposito, per il ruolo di Xxxxxxxx: F. Xxxxxxxx, La fotografia diventa cartolina: Xxxxxxxx Xxxxxxx uno degli artefici, «Fotologia», 2003, n. 23-24, pp. 34-37; più ampiamente e complessivamente cfr. X. Xxxxxxx, Gli Alinari e le icone- guida della cartolina illustrata, in Fratelli Alinari. Fotografi in Firenze. 150 anni che illustrarono il mondo 1852-2002, catalogo della mostra, a cura di A.C. Xxxxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, Firenze, Xxxxxxx Xxxxxxx 0 xxxxxxxx-0 xxxxxx 0000, Xxxxxxx Alinari 2003, pp.275-297: X. Xxxxxxx, Souvenir d’Italie. L’origine fotografica della cartolina illustrata, in La città, il viaggio, il turismo. Percezione, produzione e trasformazione, «ANANKE», speciale, nuova serie, settembre 2018, pp.10-16.
Occorre quindi ricostruire il senso di questa parte dell’archivio, per valutarne il valore in termini di possibilità di uso culturale ora che è divenuto di proprietà pubblica.
Come abbiamo visto, Xxxxxxx xx Xxxx aveva ereditato la tendenza di Xxxxxxxx Xxxx a sviluppare l’azienda ampliandone il patrimonio, ma aveva tenuto conto della novità emersa con la mostra del 1977, e quindi, per dirla un po’ schematicamente, aveva applicato la sua opera di incremento del patrimonio non alla fotografia di documentazione del patrimonio, come era sempre avvenuto fino a Cini, ma alla fotografia in quanto patrimonio essa stessa, come si era rivelata nel 1977.
Le enormi praterie di opportunità di acquisizioni di archivi fotografici che si aprivano in quel periodo furono percorse da de Polo soprattutto in base criteri di qualità e di opportunità, e quindi senza esclusioni programmatiche per tipologie o epoche; inoltre una consistente quota di acquisizioni fu realizzata sul mercato internazionale, e non solo su quello italiano. Infine, va considerato il fatto che una quota abbastanza importante di fondi fotografici arrivò in questi anni per via di donazione.
Sarebbe quindi arduo trovare un filo conduttore unitario in questo tipo di acquisizioni. Il retroterra comune era semmai proprio la larghissima apertura verso tutte le forme di fotografia; il criterio della qualità, che pure era molto presente e seguito, veniva interpretato dalla proprietà di Xxxxxxx e dai consulenti e esperti in maniera altrettanto aperta e diversificata, nel senso che si ricercavano sia fotografie d’autore, specie sul mercato internazionale, sia fotografie del primo periodo della storia della fotografia (particolarmente pregiate per la rarità); sia però anche fotografie ritenute originali, curiose, interessanti per particolarità tecniche o documentative; l’interesse si estendeva all’oggettistica, con una serie di ephemera che documentano aspetti spesso trascurati e apparentemente marginali della storia della fotografia, ma anche con acquisizione di oggetti come gli album che – inizialmente trascurati dai maggiori istituti di conservazione internazionali – hanno rivelato poi il loro grande interesse per gli studi.
In complesso, quindi, il senso e il valore della parte di patrimonio raccolta nell’ultimo quarantennio sta nel fatto che affronta globalmente, e senza limitazioni precostituite, il tema della fotografia; l’approccio antiquario e collezionistico di alcuni dei suoi esperti, anticipando di fatto il “material turn” recentemente affermatosi nelle scienze sociali, ha fatto sì che il patrimonio attuale comprenda anche una serie di oggetti museali; in definitiva seppure in maniera asistematica, tende a coprire tutta la varietà di aspetti della storia del dispositivo fotografico dagli inizi ai giorni nostri.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Si tratta di una caratteristica che, sommandosi all’altra particolarità di contenere un archivio continuativo dei maggiori fotografi-editori italiani, distingue nettamente il patrimonio Alinari sia nel panorama nazionale che in quello internazionale. Infatti gli archivi esistenti riflettono di regola la produzione di singole aziende, agenzie, o studi fotografici; mentre i musei hanno di solito raccolte specializzate tematicamente o cronologicamente. Di conseguenza indirizzano quasi naturalmente studi e attività espositive e di diffusione culturale in maniera piuttosto specializzata e orientata.
Questo carattere composito, eclettico, variegato del patrimonio Alinari (ma senza che ciò voglia dire amatoriale o banale: ci sono diverse punte di eccellenza nelle raccolte, alcune di valore assoluto sul piano internazionale, come abbiamo già detto) può essere una risorsa considerando lo stato attuale della cultura visuale e degli studi sulla fotografia in Italia.
In altre parole, la riorganizzazione e la riconsiderazione culturale del patrimonio Xxxxxxx nel suo nuovo assetto “pubblico” si trova di fronte ad un bivio.
Da una parte, come abbiamo visto, è possibile pensare ad una riorganizzazione “virtuosa” dell’archivio storico delle lastre, fondata su una catalogazione sistematica, basata su standard catalografici correnti, anche se potenziati e adattati al particolare contenuto e assetto dell’archivio; il risultato atteso è organizzare una risorsa di conoscenze tale da sviluppare gli studi e potenziare le prospettive di ricerche e approfondimenti su scala internazionale; inoltre
anche quello di mettere a disposizione una base di dati e di immagini strutturata rigorosamente anche per impieghi scalabili, da quelli per gli studiosi a quelli per le scuole nei vari gradi e livelli, a quelli per usi culturali ampi, per i territori e per pratiche “public” di recupero del patrimonio culturale.
Dall’altra parte, la componente più recente del patrimonio, quella della gestione de Polo, è troppo ampia e diversificata per avere lo stesso trattamento. Senza entrare nel merito delle procedure catalografiche, che andranno approfondite dagli specialisti, appare comunque evidente che non si potrà adottare lo stesso tipo di catalogazione analitica e standardizzata per questa porzione largamente maggioritaria del patrimonio Alinari: sia per la grande diversificazione già notata, sia per la quantità troppo ampia dei singoli componenti. Dato che non è concepibile per il patrimonio Alinari una catalogazione senza digitalizzazione, e viceversa, ma dato che le forme possibili sono molto diverse e in evoluzione, questo comporta necessità di soluzioni mirate e di risorse notevoli, nonché una considerazione accurata di ciò che sono oggi il mercato e le forme di comunicazione e diffusione delle immagini digitali, leggendo in tale contesto anche il dato della quantità di immagini che compongono l’archivio, che vanno valutate in assoluto, ma anche in relazione a tutto il contesto esterno e al tema della digitalizzazione97.
3.3. La questione del digitale
Va detto infatti che anche i maggiori fondi fotografici storici, come quelli di Getty Images e di Corbis, che per un certo periodo sono riusciti ad esercitare una sorta di monopolio nel mercato editoriale, coprono solo una parte delle fotografie ancora esistenti nelle rispettive tipologie. Nella parte “storica” di questi archivi infatti hanno un peso molto importante ed anzi decisivo i fondi di agenzie fotografiche, relative soprattutto alla fotografia di cronaca, al fotogiornalismo e comunque alla produzione di fotografie da parte di professionisti per finalità di diffusione editoriale98. Sia Getty che Corbis hanno digitalizzato (catalogandole in maniera assolutamente approssimativa) solo una piccola percentuale delle fotografie possedute, meno del 5%99. Già
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
97 Sulla questione della quantità occorre fare un breve approfondimento, dato che in base alla mera quantità di fotografie gli archivi Xxxxxxx sarebbero in realtà di non molto più consistenti di moltissimi altri archivi italiani che non hanno assolutamente la medesima importanza. In genere gli archivi fotografici hanno dimensioni molto variabili, secondo le caratteristiche del soggetto produttore, ma anche secondo i soggetti e soprattutto le epoche di produzione e relative tecnologie, e non vi è una corrispondenza precisa fra quantità e valore delle fotografie. Sicuramente, gli archivi in qualche modo istituzionalizzati, che come abbiamo visto nella stragrande maggioranza sono stati creati e si sono moltiplicati nell’ultimo cinquantennio, pur contenendo solo una minima parte dell’immenso patrimonio di memoria visuale ottenuta con dispositivi fotografici prodotta nei quasi due secoli dall’invenzione della fotografia, hanno ordinato e messo a disposizione del pubblico giacimenti di immagini molto consistenti. Le forme di comunicazione effettiva di questo patrimonio tuttavia sono rimaste a lungo difficili e problematiche, fino a quando la riproducibilità delle fotografie avveniva con dispositivi fotografici tradizionali. La diffusione delle tecnologie digitali in questo campo ha provocato una vera e propria rivoluzione, permettendo una comunicazione praticamente universale, a costi tecnici molto bassi delle immagini, una volta digitalizzate. Sono state esplorate e percorse in Italia varie strade per arrivare alla formazione di cataloghi digitali sia di singoli archivi, sia più recentemente di gruppi o di agenzie che gestivano archivi di modeste dimensioni. Ricordiamo qui, senza alcune pretesa di completezza, ma a solo titolo di esempio, esperienze come quella di «Fotoarchivi e Multimedia» (che dichiarava di gestire più di otto milioni di immagini, di fotogiornalisti romani, e di istituti come l’AAMOD); oppure di «Zadig – Immagini di storia», nato nelle intenzioni dichiarate come servizio gratuito di offerta delle proprie fotografie sul web – anche attraverso una riorganizzazione tematica - per tutti i Musei e archivi d’Italia (e che effettivamente raccolse una serie molto ampia di adesioni importanti); o come infine «Archivi del Novecento – La memoria in rete» che era il frutto di una iniziativa del Consorzio BAICR e che riuniva una serie di importanti istituti culturali, ma con una catalogazione di tipo archivistico (con il sistema GEA) che lasciava in realtà un ruolo piuttosto secondario ai fondi fotografici.
98 Per la precisione, a questa tipologia appartengono sostanzialmente i grandi archivi Bettmann e Xxxxxx, che costituiscono i fondi più cospicui rispettivamente di Corbis e Getty Images, erano in origine archivi fotogiornalistici.
99 Da registrare che Google ha intrapreso sia pure ancora non sistematicamente una attività di digitalizzazione, mediante accordi specifici, che ha interessato grandi archivi fotogiornalistici: l’archivio di «Life», già nel 2008, e dieci anni dopo l’archivio
questo può portare a qualche dubbio sulla possibilità di una catalogazione/digitalizzazione sistematica e indifferenziata di tutto il patrimonio Alinari.
Sembra quindi più opportuno ripensare le operazioni di riordinamento ed eventualmente di catalogazione e digitalizzazione alla luce di una definizione storica delle varie componenti dell’archivio, le quali a loro volta rimandano alle caratteristiche delle diverse figure dei produttori. Grosso modo, fino all’inizio del XX secolo, quando in Italia il fotogiornalismo non era ancora sviluppato, si può dire che valesse ancora la suddivisione dei fotografi proposta da Xxxxx Xxxxx, in tre grandi categorie: i professionisti, i dilettanti e i fotografi editori. Nella fase successiva, in cui si afferma la possibilità di diffondere immagini fotografiche sulla carta stampata, e dopo qualche tempo anche sui giornali di informazione, cioè in particolare dagli anni ’20 agli anni del “miracolo economico” si assiste ad una mutazione delle figure dei produttori e ad un incremento fortissimo della produzione. I fotografi professionisti aumentarono di numero progressivamente, ma a ritmi tutto sommato non troppo rapidi100; si diffusero però nuove specializzazioni, specie per attività editoriali e giornalistiche (compresa la pubblicità), con l’esperienza del LUCE durante il periodo fascista e lo sviluppo delle attività fotografiche e delle agenzie già fra le due guerre e poi nel secondo dopoguerra. Il numero degli archivi e conseguentemente il numero delle fotografie conservate aumentò in maniera importante, ma ancora più impressionante fu la quantità di immagini prodotte dai privati, fotografi occasionali o “amatori” come si chiamarono gli eredi dei vecchi “dilettanti” del periodo aureo; mentre la parte più avvertita e creativa di questa eredità dette luogo a molte interessanti vicende autoriali con produzioni e archivi che si muovevano però prevalentemente su circuiti molto distanti, e più vicini al campo dell’arte contemporanea. Su questo punto sono quindi opportune altre distinzioni: innanzitutto quella tesa a definire l’evoluzione degli ambiti e delle caratteristiche e usi sociali della fotografia privata, familiare, vernacolare; poi quelle relative alla sfera amatoriale, dove si possono individuare forti realtà associative che hanno contribuito alla conservazione in molti casi della memoria, ma anche la perdurante presenza di archivi individuali di grande interesse. Infine, l’eredità di quella parte del mondo dei grandi dilettanti ottocenteschi che maggiormente faceva riferimento a sperimentazioni visuali e a rapporti con la cultura “alta” ha trovato espressione in una presenza piuttosto importante di fotografia autoriale e creativa.
Per tutto questo periodo – grosso modo dalla gestione Ricasoli a quella di Xxxx, comprese – come sappiamo Xxxxxxx IDEA non si occupò affatto di tutte queste forme di espressione e produzione fotografica (e quindi dei relativi materiali d’archivio), mantenendo la specializzazione iniziale.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Nel periodo della gestione de Polo invece le acquisizioni riguardarono un po’ tutte queste tipologie; come del resto era avvenuto per i giganti del settore a cominciare da Getty. Mentre però nella visione di Xxxx aveva un senso, e molto preciso, l’aspirazione a costituire un
what the cloud can do: How the New York Times is using Google Cloud to find untold stories in millions of archived photos, xxxxx://xxxxx.xxxxxx.xxx/xxxx/xxxxxxxx/xx-xxxxxxx-xxxxxxxx/xxx-xxx-xxx-xxxx-xxxxx-xx-xxxxx-xxxxxx-xxxxx-xx-xxxx-xxxxxx- stories-in-millions-of-archived-photos ).
100 Al censimento del 1921 il numero degli addetti professionali nel settore fotografico in Italia era di circa 7.081; nel 1936 i censiti nel settore erano in tutto 11.023; di questi, gli artigiani fotografi e i titolari di attività erano 5.582, coadiuvati da 969 familiari e da 4.472 dipendenti. Nel 1951 i criteri di censimento variavano alquanto, ma risultavano in ogni caso 7.603 titolari, con 1247 coadiuvanti e 7812 dipendenti, per un totale di 16.700 addetti, vale a dire un incremento del 52% rispetto al 1936. Nel 1961 le cifre complessive degli operatori erano aumentate del 22% rispetto al 1951. La figura del fotografo professionista nella prima fase era interessantissima, nel senso che si trattava di fotografi che rispondevano ad una domanda locale, ma totalizzante per lo specifico ambito locale: cioè dovevano fornire fotografie per tutte le occasioni, dalle cerimonie agli eventi locali, alla documentazione di monumenti, attività economiche o industriali, ecc. secondo l’occasione. In unione al fatto che all’epoca la fotografia era molto meno standardizzata, e permetteva ampi margini di personalizzazione nelle ‘ricette’ e per le operazioni di sviluppo, ritocco, perfino a volte di perfezionamento o adattamento artigianale dell’attrezzatura, questo permetteva loro di sviluppare una attitudine eclettica, basata però su una qualità fotografica notevole, data anche dal fatto che spesso questi fotografi aveva una certa cultura, si informavano sulle riviste di settore, si tenevano al corrente delle novità tecnologiche ma anche estetiche e di gusto.
“monopolio” delle riproduzioni fotografiche del patrimonio artistico italiano, molto diverso era il caso dei giganti della fotografia “stock” e su scala più ridotta della Alinari IDEA dell’ultima fase. Dato che la quantità di fotografie esistenti era immensa, sproporzionata rispetto alle possibilità di raccolta anche di chi, come il proprietario di Corbis, aveva possibilità finanziarie praticamente illimitate, la via in cui si muovevano questi giganti era quella di assicurarsi una selezione, come abbiamo ormai più volte detto, che “ do not have to be exhaustive, but must be complete enough…”.
In realtà, la possibilità di esercitare un vero controllo del mercato, come era negli obiettivi iniziali di queste mega-concentrazioni di immagini, dipendeva dalle tipologie. Un ruolo particolare lo ebbero sicuramente le immagini delle agenzie, e le fotografie destinate in origine quindi ad apparire sulla stampa. Si trattava infatti di un corpus già in origine frutto di una selezione, operata dagli editori, fra eventi, personaggi, soggetti, nonché autori delle fotografie, comunque scelti in base a qualità particolari; soprattutto le fotografie delle grandi agenzie di stampa pur essendo un campione molto limitato rispetto all’universo complessivo delle altre fotografie, per il fatto stesso di essere state pubblicate potevano fornire una documentazione, dal punto di vista storico, di quasi tutto quello che era accaduto che fosse stato ritenuto avere un rilievo tale da essere portato a conoscenza di un pubblico più ampio. Per questo, i più grandi repository di questo tipo si caratterizzarono, specie agli inizi, sul piano delle immagini storiche, secondo il possesso di agenzie di questo tipo, anche se in realtà possedevano moltissimi altri archivi e materiali.
Anche Xxxxxxx ha al suo interno in effetti una forte componente di fotografie di questo tipo, in primo luogo il fondo dell’agenzia fotogiornalistica romana TEAM, con oltre un milione di fotografie, pari quindi da sola a circa il 20% dell’intero patrimonio fotografico ceduto alla Regione Toscana.
Tuttavia, chiaramente, non è questo il vero valore distintivo del patrimonio Alinari, a differenza di Getty e Corbis: sia perché questa parte non ha dimensioni paragonabili in assoluto, sia perché sul piano della documentazione storica è prevalente nettamente l’impostazione internazionale e la provenienza dai centri maggiori del potere mondiale dei materiali fotogiornalistici delle grandi banche dati internazionali; ma soprattutto perché il cuore del patrimonio Alinari, che a differenza delle altre realtà è stata una ditta fotografica fin dalle origini, ha una caratterizzazione diversa e non ha mai perseguito la strada del fotogiornalismo o della fotografia di cronaca e di informazione come un suo interesse maggiore101.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Tornando alle tipologie che sopra abbiamo ricordato, esistono però anche una serie di tipologie di giacimenti fotografici che hanno il loro posto in questi repository, e anche in Alinari. Fra questi gli archivi dei fotografi professionisti su base locale. Gli archivi dei fotografi professionisti sono una realtà piuttosto imbarazzante dal punto di vista archivistico. Infatti i fotografi professionisti per tutto il periodo qui considerato, cioè grosso modo dalle origini fino agli anni ’80 del XX secolo, prima cioè dell’avvento del digitale, erano personalità importanti per la fotografia in Italia, oltretutto valutabili attorno alla decina di migliaia. Insediati su basi locali, dotati spesso di una cultura fotografica notevole, sia sul piano tecnico che del gusto, finivano però per documentare tutta la storia e la vita sociale di un paese, di una piccola città, di un territorio; spesso hanno lasciato archivi ingenti per quantità di fotografie conservate anche perché non di rado anche per loro si poteva avere una continuità intergenerazionale, con studi fotografici che coinvolgevano due o anche più generazioni. Il loro eclettismo in alcuni casi si spingeva fino a farne anche in certe occasioni fotografi di cronaca.
101 Va detto tuttavia che anche i giganti della stock photography non si limitavano affatto ai fondi fotogiornalistici. Corbis e soprattutto Getty Images possiedono notevolissime collezioni di fotografia anche ottocentesche; anche se il maggiore proprietario e diffusore di fotografie storiche di area anglosassone al di là del campo fotogiornalistico appare essere la Library of Congress, che ha svolto un ruolo pionieristico e di straordinaria importanza non solo per le acquisizioni (e la politica di accesso del tutto liberale), ma anche per le procedure e gli standard catalografici, sul piano internazionale.
Ad esempio, uno solo degli archivi di questo tipo conservati da Xxxxxxx, l’archivio dello studio Ferroli di Bordighera, dal 1931 al 1964, contiene oltre 440.000 pezzi, pari quindi a un dodicesimo dell’intero patrimonio Xxxxxxx attualmente trasferito alla Xxxxxxx Xxxxxxx000.
È chiaro che di archivi del genere ne esistono moltissimi in Italia103, così come esistono molti altri archivi di estremo interesse di testate giornalistiche o di agenzie o studi di fotografi fotogiornalisti che talvolta si fa fatica semplicemente ad accogliere per conservarli.
La presenza di fondi di questo genere all’interno del patrimonio Alinari da una parte conferma il carattere composito e tendenzialmente omnicomprensivo della raccolta operata durante la gestione de Polo, però dal punto di vista culturale è chiaro che le operazioni di catalogazione, trattamento e di valorizzazione di questo tipo di materiali andranno condotte tenendo conto che appartengono sì al patrimonio Alinari, ma fanno parte di universi molto più ampi e ben caratterizzati.
Molto meno rappresentata è invece, entro gli archivi Xxxxxxx, come del resto anche negli archivi dei grandi giganti del settore, la fotografia contemporanea autoriale, creativa.
Questo tipo di fotografie, quando, come è di regola, hanno anche singolarmente un valore di mercato notevole, tendono naturalmente a sfuggire e sono sfuggite storicamente in gran parte alle operazioni di acquisizione massive dei grandi operatori sopra ricordati. Ciò non vuol dire affatto che non siano presenti nei loro archivi, e anche in parte negli archivi Alinari, o che non vi siano state delle operazioni molto interessanti, su cui torneremo, di vendita su licenza di questo tipo di fotografie, quindi con tracce lievi negli archivi; ma sicuramente esiste un circuito di mostre, di eventi, di gallerie, molto vicino e a volte coincidente con il mercato dell’arte, e quindi anche con destinazione finale, almeno in parte, di fondi di questo genere, in musei o archivi specializzati, il più importante dei quali dal punto di vista quantitativo è sicuramente in Italia il Mufoco104 che quindi appare in questa ottica come complementare e tendenzialmente sinergico rispetto al patrimonio Alinari105. In sostanza cioè, anche per le ragioni economiche
102 Un caso a parte è costituito dall’archivio Xxxxxxx, un fondo di importanza che trascende ampiamente l’ambito locale bolognese in cui si colloca, e che copre il periodo dal 1914 al 1980; con oltre mezzo milione di ‘pezzi’ posseduti dagli Alinari, ma con importanti parti conservate anche in altri archivi, ad esempio al CSAC o alla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
103 Questa situazione ha dato luogo a molti interessanti e lodevoli tentativi di censimento, su scala regionale o nazionale, degli archivi fotografici diffusi sul territorio. In alcuni casi, come in Lombardia o in Piemonte, ed anche in Friuli in Xxxxxx Xxxxxxx e Toscana, iniziative del genere sono state portate avanti all’interno del più complessivo processo di recupero, catalogazione e digitalizzazione degli archivi; in altri casi sono stati pubblicati i risultati del censimento in volume: si veda ad esempio per il Veneto, Guida ai fondi fotografici storici del Veneto, a cura di Xxxxxxx Xxxxxx, Treviso, Xxxxxx, [2006]; per gli archivi digitalizzati, cfr. Xxxxxxxx Xxxxxx, a cura di, Atlante degli archivi fotografici e audiovisivi italiani digitalizzati, Venezia, Fondazione di Venezia - Marsilio, 2015. Lo strumento comunque più aggiornato e completo, utilissimo, è quello messo in opera dall’ICCD, on line e continuamente aggiornato, Censimento delle raccolte fotografiche in Italia. Memoria, identità, futuro. (xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xxxxxxxxxx.xxxxxx.xx/ )
104 Come è evidente il punto è molto complesso e investe problemi che qui non possiamo assolutamente sviluppare. È tuttavia possibile affermare, in prima approssimazione almeno, che fin dalle origini l’uso del linguaggio fotografico comporta la possibilità di una componente autoriale e ‘creativa’ (la creatività essendo a livello giuridico un requisito essenziale per riconoscere l’autorialità) anche nella fotografia di documentazione e perfino nella fotografia ‘vernacolare’, quindi a prescindere dalla stessa intenzionalità dell’autore (riconoscimento che è giunto fino alla formulazione da parte di studiosi autorevoli come Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx di una definizione della fotografia come «arte involontaria»). Qui, per praticità, facciamo riferimento proprio al criterio dell’intenzionalità, ovvero della definizione di un campo di interesse per la fotografia come espressione artistica che muove tutto un complesso di iniziative, di centri, musei, istituti, scuole, delle quali citiamo qui solo il Mufoco per la notevole consistenza del suo archivio (due milioni di pezzi) ma che in realtà è molto vivace, coinvolge un gran numero di realtà in tutta la penisola, come ha mostrato anche recentemente il piano strategico per la Fotografia del Mibact (2017), muove interessi di strati molto ampi di appassionati, nell’ordine almeno delle centinaia di migliaia, fra l’altro con gradazioni molto articolate per specializzazione e con un interesse notevole da parte di critici, giornalisti e studiosi in ambito storico artistico, anche accademico. Il punto fondamentale ci pare stia nel fatto che il patrimonio Xxxxxxx è invece rivolto in parte anche a questo ambito, ma soprattutto alla fotografia come dispositivo visuale indifferentemente in tutte le sue applicazioni e in tutti i suoi usi sociali, quindi si rivolge tendenzialmente a tutti coloro che usano o anche semplicemente fruiscono del linguaggio fotografico, e pone quindi fortemente il tema della conoscenza, anche in ambito educativo, degli impieghi di questo linguaggio nella loro totalità, e non solo in ambito artistico-espressivo.
105 Un discorso a parte merita il CSAC, Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, che, grazie al suo fondatore, Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxxxx, svolse fin dalla sua costituzione (1968) un lavoro pionieristico ed esteso recupero,
sopra ricordate, il patrimonio Xxxxxxx non è affatto privo di produzioni fotografiche di questo tipo, grazie alle numerose collezioni che ha acquisito nel tempo, ma tale presenza si affievolisce avvicinandosi al XX secolo e molto meno ricco ed aggiornato è quindi sulla fotografia propriamente contemporanea.
Analogamente poco presente è negli archivi Xxxxxxx l’altro aspetto, più “popolare” per così dire, dell’eredità della fotografia dei grandi dilettanti ottocenteschi, e cioè la fotografia amatoriale più recente: ci sono alcuni fondi singoli, ma molto esigui rispetto all’universo socialmente interessante delle associazioni e dei praticanti amatoriali che specie nella seconda metà del XX secolo hanno conosciuto una grande diffusione e hanno avuto un loro ruolo nella elaborazione dei linguaggi e delle tecniche fotografiche a livello di massa.
È invece significativamente presente un’altra tipologia di fotografie, cioè la fotografia specializzata in vari campi disciplinari. Una serie di fondi particolari si aprono a campi di studio estremamente interessanti in ambiti scientifici o disciplinari molto diversificati, ad esempio quello geografico ed etno-antropologico, su cui esistono in Italia tradizioni di studio e anche di raccolta della documentazione molto qualificate106.
Inoltre, in quelli che sono classificati come “acquisti vari”, circa 700.000 pezzi, oltre che in alcuni fondi di collezionisti fra i maggiori in Italia, sono raccolti i materiali più vari, ma probabilmente anche più pregiati per rarità, qualità e interesse storico, ma appunto troppo diversificati e numerosi per darne un resoconto in questa sede.
Infine, come mostra la seconda parte di questo report, a cura di Xxxxxx Xxxxxxxx, relativa alla consistenza del patrimonio fotografico attuale, esistono alcune componenti del patrimonio che non sono propriamente fotografie, dalle cornici agli album ai cosiddetti ‘photogaphic related materials’, ma che arricchiscono di molto le possibilità di conoscenza e di studio.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
conservazione, catalogazione e promozione del patrimonio culturale, e in particolare anche di raccolta di materiale fotografico di tipologie molto diverse, poi arricchitosi di donazioni di fotografi importanti, e quindi assimilabile in certa misura al tipo di materiali raccolti durante la gestione de Polo; la quantità di fotografie possedute dichiarata dal CSAC è imponente e addirittura superiore a quella Alinari (nove milioni di fototipi in oltre 300 fondi diversi). Si deve osservare però che in primo luogo più della metà dei fototipi posseduti dal CSAC derivano dalla acquisizione dell’archivio di una sola agenzia, la più importante in Italia, e cioè Publifoto, attiva dagli anni ’20 fino all’ultimo decennio del XX secolo. Inoltre vi sono altre differenze sostanziali: le raccolte Alinari si aggiungono ad un nucleo originario unico per le sue caratteristiche e che fornisce, come abbiamo visto, un ‘marchio’ identitario che ha un valore molto alto di identità e riconoscibilità; mentre il CSAC non pare avere un suo asse centrale e riconoscibile all’esterno nel fondo di Publifoto (pure di eccezionale interesse). Infine, Alinari è sempre stata azienda legata prioritariamente alla fotografia, mentre il materiale fotografico al CSAC è raccolto all’interno di una istituzione prioritariamente rivolta a varie forme di espressione artistica e di comunicazione, come del resto esplicitato nel nome, e questo è chiaramente percepibile nel modo in cui il materiale della «sezione fotografica» (una delle cinque esistenti, accanto a quelle relative a Arte, Media, Progetto, Spettacolo) viene presentato al pubblico nel sito dell’Università. Detto questo, e forse proprio per questo, anche il patrimonio del CSAC appare come strettamente complementare a quello di Alinari, perché ricco sia di molte tipologie che sono carenti o scarsamente rappresentate nelle collezioni Alinari, sia anche di archivi e fondi fotografici analoghi e che a volte si sovrappongono o si integrano perfettamente (come nel caso dell’archivio Villani, di cui il CSAC possiede oltre 100.000 fototipi, acquisiti fra il 1975 e il 1977); ed infine anche per l’intensa attività espositiva svolta sui fondi conservati.
106 Molto interessante e da citare l’Archivio Fotografico della Società Geografica Italiana, che comprende circa 400.000 fototipi, dall’Unità d’Italia fino ai giorni nostri, a suo tempo curato e ordinato da Maria Mancini (socia fondatrice della SISF) che ha anche curato il volume Obiettivo sul mondo. Viaggi ed esplorazioni nelle immagini dell'Archivio fotografico della Società Geografica Italiana (1866-1956), Roma, SGI, 1996. Da segnalare anche l’attività di Margherita Azzari, che ha diretto presso l’Università di Firenze dal 2016 un progetto strategico dal titolo Memorie geografiche. Un archivio fotografico per la storia del territorio. Per quanto riguarda l’antropologia culturale in Italia esiste una ‘scuola’ che si è interessata in maniera continua, approfondita, e con una forte consapevolezza teorica, dell’uso della fotografia. Da ricordare in primo luogo Francesco Faeta (fra l’altro curatore, assieme a Clara Gallini, de I viaggi nel Sud di Ernesto De Martino, Torino, Bollati-Boringhieri, 1999) che dirige una collana, «Imagines», dal 2007 presso l’editore Franco Angeli, dedicata appunto agli studi sulla fotografia, con contributi molto importanti di numerosi studiosi, fra cui si segnala in particolare per il tema qui esaminato, il volume dello stesso Faeta, Il nascosto carattere politico. Fotografie e culture nazionali nel secolo Ventesimo, Milano, Franco Angeli, 2019. Oltre agli studi è da ricordare il lavoro di censimento, studio e raccolta di fondi fotografici locali, anche minori, locali, e a rischio di dispersione, svolto lungo un arco di tempo molto ampio soprattutto nel meridione d’Italia da studiosi come Lello Mazzacane, Alberto Baldi, Ferdinando Mirizzi, presso le Università di Napoli, di Messina e della Basilicata. Infine, va ricordato che il primo insegnamento di Antropologia Visuale è stato istituito a Firenze nel 2001 ed è stato coperto da Paolo Chiozzi, già condirettore di «AFT – Rivista di Storia e Fotografia», ora purtroppo scomparso.
È quindi abbastanza evidente che per questa seconda parte dell’archivio non sono consigliabili operazioni massive e standardizzate di catalogazione, ma piuttosto progetti articolati secondo una strategia culturale e scientifica da elaborare, tenendo in considerazione e possibilmente collaborando con le altre realtà culturalmente impegnate in campi simili, a cominciare dagli enti centrali e in particolare l’ICCD.
Infine, un ultimo cenno va fatto agli archivi di terzi, di cui Alinari ha avuto la gestione fino ad oggi.
In realtà questo non è un problema solo economico, ma anche culturale. Come abbiamo visto citando le vicende dei giganti del settore digitale, avere e gestire una piattaforma internet oggi non è solo una questione commerciale, ma di portata più ampia. Alinari IDEA ha tentato questa strada negli anni passati, dichiarando la gestione di 40 milioni di immagini, fra cui alcuni fondi come quello del LUCE e quello del Touring, che erano effettivamente collegati strettamente, da un punto di vista storico culturale, con l’archivio originario dei fotografi-editori ottocenteschi, in quanto in certo modo proponevano anch’essi una immagine coordinata e complessiva della fotografia e del patrimonio culturale italiano.
Naturalmente non vogliamo affatto entrare in questa sede nel campo della analisi della possibile gestione commerciale di questo tipo di fotografie. In parte, nella relazione di Monica Maffioli, si affronta questo aspetto anche attraverso l’esame di una serie di esperienze internazionali. Tuttavia, quello che vorremmo qui sottolineare è che le nazioni che hanno una maggiore tradizione fotografica hanno elaborato soluzioni, sia pubbliche che private, per la digitalizzazione coordinata di grandi complessi di archivi fotografici.
In Italia, nonostante siano stati fatti diversi volenterosi tentativi di realizzare sia in forma pubblica che privata aggregazioni del genere107, non vi è mai stato nulla che abbia raggiunto livelli di ampiezza e maturità paragonabili a questi esempi stranieri o anche al tentativo di Alinari IDEA. Se, come probabile, apparirà inappropriato seguire ancora la via della impresa privata a fini commerciali per la distribuzione delle immagini digitali di questa parte importante del patrimonio gestito finora da Alinari, sarà tuttavia importante non dimenticare il problema e studiare possibili strategie pubbliche in questo settore.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
107 Cfr. supra, nota 92.
Conclusione: La cultura fotografica italiana, il ruolo della SISF
Il quadro che abbiamo sopra delineato, dal punto di vista degli studiosi, ed anche genericamente delle persone colte, corrisponde ad una serie di seri problemi, ma anche di opportunità, se si tiene conto dello stato degli studi sulla fotografia.
Si può dire che l’interesse per la fotografia storica abbia cominciato a svilupparsi intensamente in Italia, ma sostanzialmente anche all’estero, attorno alla metà degli anni ’70: la più volte citata mostra del 1977 è stato un po’ un epifenomeno, oltre che un notevole punto di rilancio, di un recupero della memoria visiva attraverso la fotografia che si è sviluppato nei decenni successivi. Fino a quel momento esistevano in Italia pochissimi archivi o musei specifici dedicati alla fotografia108; nel mondo, a parte Rochester, o gli archivi di alcune delle maggiori società fotografiche nazionali nate nel XIX secolo, come quella francese e quella inglese, non vi erano del resto esempi molto significativi. Alla fine degli anni ’70 e fino a tutti gli anni ’90 del secolo scorso si è avuta però una diffusione molto estesa di archivi fotografici (o di sezioni fotografiche di istituti come le Biblioteche o i Musei) con alcune caratteristiche particolari. Il dato essenziale, per l’Italia, è stato che l’interesse per la fotografia come patrimonio culturale si è sviluppato soprattutto a partire dai territori, e sulla base di interessi storico-politico-sociali molto vicini a quello che oggi definiremmo in termini di “public history”109. La “patrimonializzazione” della fotografia, (usando questo brutto termine per indicare insieme l’attribuzione di valore culturale e la messa a punto di tutta una serie di norme, pratiche e linee guida per la conservazione, l’archiviazione, la catalogazione e l’accessibilità ai fini della fruizione pubblica dei materiali fotografici d’epoca)110, ha compiuto molti progressi in Italia negli ultimi quarant’anni, ma muovendo appunto dalle realtà territoriali (dove peraltro erano collocati gli archivi), e faticando molto a raggiungere i nodi centrali della cultura “alta”, accademica e dei canali privilegiati di comunicazione, nonché un adeguato livello di istituzionalizzazione.
Molto schematicamente, gli studi sulla fotografia si sono sviluppati in maniera apprezzabile e per certi versi originale, anche rispetto al contesto internazionale111, tenendo conto negli ultimi
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
108 I maggiori archivi esistenti e riconosciuti come tali erano il Gabinetto Fotografico Nazionale e il CSAC. Il Gabinetto Fotografico Nazionale, che ha una storia molto importante e interessante (anche perché strettamente collegata e complementare a quella dei fotografi editori), a lungo trascurata, ma ‘riscoperta’ e ristudiata negli ultimi decenni. Il GFN dal 1975 però con l’istituzione dell’ICCD venne assorbito nel nuovo ente perdendola sua autonomia, anche perché come i fotografi editori aveva risentito della crisi che aveva colpito il modello operativo a cui anch’esso faceva riferimento, per le trasformazioni tecnologiche in atto. Quanto al CSAC, fondato nel 1968, come abbiamo detto sopra (nota 101), da Arturo Carlo Quintavalle, studioso di fondamentale importanza per l’attività di studio e di ricerca in campo fotografico, svolse un ruolo pionieristico e molto esteso nella raccolta di fondi fotografici storici, ma non si caratterizzava come archivio specificamente fotografico.
109 Subito dopo il risveglio dell’interesse della fotografia con le grandi mostre del 1977-79, si ebbe infatti una notevole attività di recupero della memoria fotografica nel campo della storia politico-sociale. Cfr. ad esempio R. De Felice, L. Goglia, Storia fotografica del fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1981; E. P. Amendola, Storia fotografica del PCI, Roma, Editori Riuniti, 1981; Storia fotografica del lavoro in Italia, 1900-1980, a cura di Aris Accornero, Uliano Lucas, Giulio Sapelli, con un saggio di A.
C. Quintavalle, Bari, De Donato, 1981; Sì e no padroni del mondo: Etiopia, 1935-36: immagine e consenso per un impero, a cura di Adolfo Mignemi, Novara, Istituto storico della Resistenza in provincia di Novara - P. Fornara, 1982; Italia moderna: immagini e storia di un'identità nazionale. 1: Dall‟unità al nuovo secolo, a cura di Omar Calabrese, et al., 5 voll., Roma – Milano, Banca Nazionale del Lavoro - Electa, 1982-1986; dopo una relativa pausa si ebbe un nuovo accentuarsi di questo tipo di interessi negli anni di passaggio del secolo. Cfr. fra gli altri A. Mignemi, Storia fotografica della Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1995; Storia fotografica della Repubblica sociale italiana, a cura di G. De Luna, A. Mignemi, Torino, Bollati Boringhieri, 1997; inoltre nel 1998 si registra la nascita di una collana degli Editori Riuniti, «Storia fotografica della Società italiana», che comprenderà, nell’arco di tre anni, ben 20 agili volumi, più un volume di sintesi complessiva, L. Criscenti, G. D'Autilia, Autobiografia di una nazione: storia fotografica della società italiana, Roma, Editori Riuniti, 1999; gli stessi autori saranno anche alla base de L’Italia del Novecento. La fotografia e la storia, 3 voll. (vol. 1, tomo 1: Il potere da Giolitti a Mussolini (1900-1945), tomo 2: Il potere da De Gasperi a Berlusconi; vol. 2: La società in posa; vol. 3: Gli album di famiglia). a cura di G. De Luna, G. D’Autilia, L. Criscenti, Torino, Einaudi, 2005-2006.
110 Cfr. R. Balzani, Patrimonio e patrimonializzazione, in «IBC» (rivista dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia- Romagna), XXVI, 2018, 3.
111 Mi permetto di rimandare a L. Tomassini, Una ‘dialettica ferma’? Storici e fotografia in Italia, cit. Per un quadro più generale e completo, cfr. ora P. Cavanna, Il miele e l’argento. Storie di storia della fotografia in Italia, Melfi, Libria, 2020.
decenni anche di aspetti metodologici e di approcci diversificati112. Tale sviluppo mostra però alcune caratteristiche particolari degne di riflessione.
In primo luogo il rapporto con l’Università. Come tutti i saperi disciplinari, il rapporto con il sistema universitario è cruciale, sia per la validazione scientifica dei risultati della ricerca, sia per la promozione, il coordinamento di ulteriori ricerche e per lo scambio reciproco di informazioni e risultati. La situazione degli insegnamenti riconducibili agli studi sulla fotografia, pari a poco più dello zero all’inizio di questo secolo, si è molto accresciuta nel corso dell’ultimo ventennio, ma faticando molto ad affermarsi autonomamente all’interno degli ambiti disciplinari già esistenti113. Molti degli insegnamenti sono precari, e anche nei due raggruppamenti maggiori, il ruolo della fotografia è considerato se non marginale, certo in netto subordine rispetto ai filoni prevalenti114.
In secondo luogo l’assetto organizzativo. Mentre per il patrimonio archivistico e bibliotecario esistono reti organicamente strutturate ai vari livelli (con archivi e biblioteche centrali, provinciali, comunali, con precise competenze nel loro campo specifico alla loro scala e con reti di collegamento e normative standardizzate) per il patrimonio fotografico e visuale in genere non vi è un equivalente. Storicamente il patrimonio visuale e soprattutto quello fotografico e degli home movies, di gran lunga il più diffuso sul territorio, dato che quello cinematografico e televisivo sono molto più accentrati, si è appoggiato ad altre istituzioni, come per esempio in un primo momento le biblioteche; a istituzioni regionali, creando in alcuni casi reti interessanti115; o ad organi centrali che non avevano la fotografia come competenza esclusiva.
112 Cfr. fra gli altri studi, senza pretesa di completezza, A. Mignemi, Lo sguardo e l’immagine. La fotografia come documento storico, Torino, Bollati-Boringhieri, 2003; G. D'Autilia, L’indizio e la prova. La storia nella fotografia, Milano, Mondatori, 2005; C. Marra, Le idee della fotografia. La riflessione teorica dagli anni Sessanta a oggi, Milano, B. Mondadori, 2005; G. Fiorentino, L’Ottocento fatto immagine: Dalla fotografia al cinema, origini della comunicazione di massa, Palermo, Sellerio Editore, 2007; R. Valtorta, Il pensiero dei fotografi. Un percorso nella storia della fotografia dalle origini a oggi, Milano, B. Mondandori, 2008; M. Miraglia, Specchio che l‟occulto rivela: Ideologie e schemi rappresentativi della fotografia fra Ottocento e Novecento, Milano, Franco Angeli, 2011; C. Marra, Fotografia e pittura nel Novecento (e oltre), Milano, Bruno Mondadori, 2012; M. Miraglia, Fotografi e pittori alla prova della modernità, Milano, Bruno Mondadori, 2012; I. Zannier, Storia della fotografia italiana dalle origini agli anni ‘50, prefazione di Michele Smargiassi, introduzione di Roberto Maggiori, Bologna, Quinlan, 2012; F. Muzzarelli, L'invenzione del fotografico: Storia e idee della fotografia dell'Ottocento, Torino, Einaudi, 2014; G. Fiorentino, Il flâneur e lo spettatore. La fotografia dallo stereoscopio all'immagine digitale, Milano, Franco Angeli, 2014; Id., Il sogno dell'immagine. Per un'archeologia fotografica dello sguardo. Benjamin, Rauschenberg e Instagram, Roma, Meltemi, 2019.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
113 In assoluta controtendenza, occorre considerare in positivo il fatto che la «Rivista di Studi di Fotografia», istituita dalla SISF e diretta da Tiziana Serena, ha recentemente ottenuto la classifica di ‘classe A’ nei due principali Settori scientifico disciplinari inerenti agli studi sulla fotografia, ovvero 10B1 cioè Storia dell'arte e a 10C1 ovvero Teatro, Musica, Cinema, Televisione e Media Audiovisivi.
114 Sul tema degli insegnamenti universitari nel campo degli studi sulla fotografia, la SISF ha tenuto diverse iniziative. In particolare, il convegno La cultura fotografica nell’Università italiana: situazioni, problemi e prospettive, tenutosi presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo nei giorni 6 e 7 giugno 2008, e successivamente nel quindicesimo degli incontri della serie «MiBACT per la fotografia. Nuove strategie e nuovi sguardi sul territorio», nell’ambito del « Piano Strategico di Sviluppo della Fotografia in Italia» elaborato dal MIBACT nel 2017, tenutosi ad Urbino il 16 novembre 2017, in collaborazione fra ISIA Urbino e SISF, con il tema «Ripensare la formazione». Mentre dal 2000 al 2008 si era avuto un rapidissimo incremento (anche in virtù della riforma del 1999), con circa settanta corsi nelle università italiane variamente dedicati agli studi e in particolare alla storia della fotografia, affidati prevalentemente per contratto, nel 2017 il quadro era piuttosto ridimensionato, ma comunque con una copertura territoriale ancora estesa. Dati aggiornati sono ora forniti da Cristiana Sorrentino, La didattica della fotografia nell’Università italiana. Confini e sconfinamenti disciplinari, «RSF», 4 (2018), N° 7, pp. 116-129.
115 La più significativa iniziativa di rete su scala regionale appare essere attualmente quella di Rete Lombardia, nata nel 2011 su iniziativa di vari enti, fondazioni, istituzioni della regione Lombardia, fra cui anche alcuni che possedevano archivi molto importanti, come il Mufoco e e il Civico Archivio Fotografico della città di Milano, che si riconoscevano «nell’obbiettivo comune di promuovere e diffondere la cultura fotografica»; successivamente (2016) costituita in «Associazione per la valorizzazione della fotografia». Da ricordare anche il notevole ruolo che la Regione Lombardia, già da vari decenni, ha svolto per la catalogazione e digitalizzazione della fotografia storica, anche per merito di funzionari come Enzo Minervini, già membro del CD SISF, particolarmente attenti all’importanza del materiale archivistico fotografico, attraverso il notevole ruolo riservato alla fotografia nel SIRBeC (Sistema informativo Regionale dei Beni Culturali); nonché il ruolo del Civico Archivio fotografico della città di Milano che per la prima volta in Italia ha assunto un funzionario con specifico profilo di conservatore del materiale
In terzo luogo il rapporto con il sistema di comunicazione e con i media mainstream.
Il carattere di fondo della cultura fotografica nel mainstream è stato a lungo fortemente connotato dal peso particolarmente importante che la fotografia come forma espressiva autoriale ha avuto nei paesi anglosassoni e in Francia nel corso del XX secolo.
Come dimostra la discussione che ha accompagnato l’apparizione del volume curato da André Gunthert e Michel Poivert, L’art de la photographie (2007), il confronto fra le due scuole storiografiche corrispondeva ad una tradizione di valorizzazione critica e dialettica di un asse, quello fra Parigi e New York, che non solo in fotografia, ma anche in molti campi artistici e letterari aveva dimostrato la propria importanza. Negli ultimi anni il panorama si è però modificato ampiamente, e questo asse, pur sempre importante, deve fare i conti con altre polarità emerse molto fortemente su scala mondiale; per quanto riguarda la fotografia italiana, è da segnalare una notevolissima attività di riconsiderazione e di valorizzazione della fotografia italiana contemporanea (dal 1945) che si è avuta sia attraverso pubblicazioni e attività espositive museali e performative116.
Tutto questo ha portato ad un notevole ampliamento delle conoscenze e degli interessi, ma restando spesso entro il quadro concettuale definito dal titolo del volume di Gunthert e Poivert, cioè “l’arte della fotografia”.
Accanto a questa dimensione della fotografia, e della sua storia, esistono come ovvio tutta una serie di altre dimensioni e di usi sociali del dispositivo fotografico su cui le conoscenze e gli studi, pur anch’essi in forte sviluppo negli ultimi decenni, sono molto più frammentati e meno ordinati e riconoscibili.
Proprio qui però sta il punto di interesse forse maggiore dell’acquisizione pubblica, e quindi di una possibile nuova utilizzazione culturale del patrimonio fotografico Alinari.
Infatti dopo le voci che negli scorsi anni ’90 avevano preconizzato la “morte della fotografia”117 di fronte alle nuove tecnologie digitali di produzione e riproduzione delle immagini, emerge sempre più il dato che la fotografia non solo non muore, ma conosce una nuova vita proprio attraverso queste nuove tecnologie e questi nuovi canali, anche magari a costo di mutare profondamente quel rapporto costitutivo con il tempo e con la memoria (e quindi con gli archivi) in cui alcuni grandi pensatori avevano individuato il suo “noema”.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Più in generale, appare chiaro che il peso della comunicazione e dei linguaggi visuali / virtuali diviene sempre più importante nella nostra società. Come alcuni storici hanno osservato da tempo, negli archivi contemporanei si assiste ad una mutazione epocale che consiste nel fatto che alla memoria scritta si va aggiungendo e tendenzialmente sostituendo una nuova memoria visuale, così come a suo tempo la memoria scritta aveva affiancato e in parte sostituito e assorbito la precedente memoria orale. Mentre però allo studio dei linguaggi e della comunicazione orale e scritta la nostra società dedica risorse ed energie e buona parte dei percorsi formativi obbligati, per i linguaggi e la comunicazione visuale gli studi e gli spazi nei sistemi formativi, a partire dalla scuola dell’obbligo, sono molto ridotti.
Di fronte al compito che appare sempre più importante di promuovere gli studi e le attività educative in questo settore, gli studi sul patrimonio fotografico sono cruciali118, perché proprio
fotografico (Silvia Paoli). Assolutamente rilevante comunque anche il ruolo svolto in altre regioni, come il Piemonte e il Friuli, oltre che naturalmente Emilia Romagna e Toscana.
116 Fra le pubblicazioni d’insieme più significative cfr. L’immagine fotografica, 1945-2000, a cura di U. Lucas, Torino, Einaudi, 2004; A. Russo, Storia culturale della fotografia italiana: dal neorealismo al postmoderno. Torino, Einaudi, 2011; G. D'Autilia, Storia della fotografia in Italia dal 1839 a oggi, Torino, Einaudi, 2012; P. Morello, La fotografia in Italia (1945- 1975), Milano, Contrasto, 2013; Luogo e identità nella fotografia italiana contemporanea, a cura di Roberta Valtorta, Torino, Einaudi, 2013.
117 A cui peraltro, come ha notato acutamente F. Brunet, La naissance de l’idée de photographie, Paris Puf, 2000, si abbinava un processo di «de-volgarizzazione», e quindi di studio più approfondito, del ruolo storico della fotografia.
118 Usiamo qui non a caso il termine ‘patrimonio fotografico’ e non ‘fotografia’ per quanto riguarda gli aspetti educativi e didattici. Si tratta di una distinzione importante e carica di conseguenze: occorre osservare ad esempio che il Piano strategico
a partire dalla evoluzione dei dispositivi fotografici (intesi in un senso largo, che comprende una tradizione culturale più antica delle “macchine per disegnare”, secondo quanto osservato a suo tempo da studiosi come Heinrich Schwarz e Peter Galassi) si è operata una rottura fondamentale nel modo di rappresentare visivamente la realtà. La fotografia impersona storicamente il momento di passaggio verso una “riproducibilità tecnica” del visivo in cui l’aspetto virtuale (qui inteso come la possibilità di effettuare attraverso la fotografia operazioni conoscitive in certa misura equivalenti a quelle operabili direttamente sul reale rappresentato) rappresenta un elemento altrettanto importante di quello determinato dalla enorme facilitazione nella comunicazione per immagini, anche attraverso i suoi derivati storici come il cinema e la televisione.
In altre parole, la funzione di documentazione strutturalmente incorporata nei dispositivi fotografici è un aspetto che ha consentito la loro diffusione in una serie sterminata di applicazioni e usi scientifici e sociali. Da qui la caratteristica e in certa misura obbligata tendenza alla interdisciplinarità degli studi sulla fotografia, che si lega appunto alla varietà e alla capillarità con cui i dispositivi fotografici entrano nelle attività conoscitive e nei canali di comunicazione in epoca contemporanea. Di qui anche l’interesse, fortemente cresciuto in questi ultimi due decenni, per la fotografia non solo “colta” o artistica, ma per la fotografia di documentazione e perfino per la fotografia quotidiana, familiare, “vernacolare”119. Tanto più che l’interesse per questa dimensione quotidiana e diffusa è ora esaltato dalla diffusione delle nuove tecnologie che secondo alcuni autori tendono addirittura ad una ulteriore rottura epistemologica, introducendo anche una dimensione e una funzione “conversazionale”120 della fotografia, quasi una nuova oralità che contraddice proprio quel dato memoriale connesso
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
importante dedicata alla «Educazione all’immagine nelle scuole dell’infanzia e dell’istruzione primaria e secondaria» attraverso la fotografia. Tuttavia sembra privilegiare un approccio in cui si prevede in qualità di formatori fotografi autori e/o associati FIAF per la scuola primaria e secondaria di primo grado, e una serie di tematiche legate alla fotografia come forma di espressione artistica, come «pretesto narrativo» e come strumento linguistico legato alle nuove tecnologie. Un tale tipo di approccio per certi versi appare ed è innovativo e originale, specie per la scuola primaria, e inoltre risponde alla necessità pratica di reperire esperti in un tessuto culturale che a livello universitario è ancora poco attrezzato per produrre specialisti. Da un altro punto di vista però ripropone una concezione che manifesta una certa indeterminatezza fra fotografia e patrimonio fotografico. Il percorso educativo è bene sia accompagnato da una conoscenza delle tecniche, dei linguaggi, dei valori estetici, ma, come tutte le discipline, deve tener conto dei saperi e dei patrimoni di conoscenze accumulati nel tempo, degli approcci critici e metodologici che nella loro evoluzione hanno portato allo stato attuale della cultura che si intende trasmettere. Riguardo alla praticabilità a breve termine di percorsi educativi di questo tipo, nonostante le citate difficoltà della cultura fotografica a trovare un pieno riconoscimento nel sistema universitario italiano (a differenza di altri paesi), occorre però dire che il numero di insegnamenti attivi è ormai piuttosto cospicuo da almeno un quindicennio; che il numero dei laureati è comunque piuttosto alto; che si possono attivare anche con relativa rapidità corsi di alta formazione, master e altri eventuali gradi di formazione superiore, per consentire di allargare la platea dei possibili formatori da impiegare per supportare insegnamenti orientati all’educazione alla visualità. In particolare l’Università di Firenze, dove esiste una delle più attive e importanti cattedre di storia della fotografia a livello italiano, tenuta da Tiziana Serena, potrebbe essere un punto di riferimento fondamentale per una valorizzazione del patrimonio Alinari a questi fini. La SISF sta inoltre lavorando a cercare di coordinare i docenti universitari impegnati nello studio del patrimonio fotografico, anche per realizzare un centro di studi interuniversitario su scala nazionale. Un ulteriore punto molto interessante, da cogliere nel Piano e nella idea di coinvolgere formatori direttamente provenienti dal mondo dell’associazionismo fotografico, è nella dimensione partecipativa di forze culturali esterne alla scuola, un orientamento che si va diffondendo, e che si muove sullo stesso terreno delle pratiche di ‘public history’ più volte ricordate. A questo proposito la SISF sta cercando di promuovere un progetto per affiancare pratiche di ‘public history’ nel settore della utilizzazione del patrimonio fotografico in ambito scolastico, in particolare in collaborazione con il prof. Gianfranco Bandini, titolare della cattedra di Storia della Pedagogia all’Università di Firenze e promotore del «Manifesto» della «Public History of Education» e con INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa), agenzia del Ministero dell’Istruzione con competenze sulla formazione professionale del personale docente.
119 La valorizzazione e lo studio della fotografia familiare e vernacolare, rilanciati a livello internazionale negli anni iniziali del XX secolo, avevano avuto importanti precedenti in Italia già dagli anni ’60, come ha evidenziato la relazione di Roberta Valtorta al convengo Forme di famiglie, forme di rappresentazione fotografica, archivi famigliari, Giornate di studio a cura della SISF e della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Bologna, Ravenna, 22-23 aprile 2010: R. Valtorta, ‘La famiglia italiana in 100 anni di fotografia’ e ‘Album. Fotografie dell’Italia di ieri/L'Italia nel cassetto’. Due esperienze di fruizione collettiva di immagini private: entusiasmo, criticità, nostalgia, in «Quaderni del CSCI», n. 9, 2013, pp. 165-171.
120 A. Gunthert, L’immagine condivisa. La fotografia digitale, con introduzione all’edizione italiana di Michele Smargiassi, Milano, Contrasto, 2016 (ed. or. Paris, 2015)
intrinsecamente, come era sembrato finora, con la “grafìa”, quindi con l’iscrizione, quindi con la memoria come fatto sociale.
In Italia gli studi – e oltre agli studi veri e propri tutta una serie di anche più importanti attività culturali di tipo espositivo, curatoriale, archivistico e museale - su questi diversi aspetti sono progrediti molto in questi decenni. Anche la SISF si è costituita a suo tempo esattamente per stabilire un dialogo fra queste varie anime degli studi e delle attività in campo fotografico, e via via tutta una serie di apporti disciplinari si sono aggiunti coprendo molti approcci, dalla storia alla sociologia, alla storia dell’arte o all’antropologia culturale, dalla geografia alla filosofia, dal restauro allo studio delle ontologie, alle discipline legate ai mondi degli archivi, dei musei, delle biblioteche121.
Anche per questo abbiamo fatto uso nel titolo di questo paragrafo dell’espressione “cultura fotografica”, dato che più che un campo di studi definito, la fotografia è un luogo di incontro di interessi culturali molto estesi e diversi fra loro122. Vi è però anche una ragione più specifica, che cioè il rinnovamento di interessi per la fotografia coincide cronologicamente e si collega direttamente a nostro parere con il grande sviluppo dei cosiddetti “cultural studies”, che in maniera largamente transdisciplinare hanno caratterizzato molta parte degli studi umanistici dagli anni ’70 in poi123. In questo contesto infatti molti autori hanno notato che l’enorme espansione delle tecnologie dell’immagine e della visualizzazione, nel corso degli ultimi due secoli, hanno portato ad una «centralità del visivo» nella produzione e comunicazione di contenuti culturali124, e questa istanza “visuale”, questo iconic turn125 ha fatto irruzione anche in campi di studio e in discipline che erano state caratterizzate da un perdurante
«logocentrismo»126, fino a tempi recentissimi. Questo riferimento degli interessi per la fotografia ad un contesto di studi culturali è utile quindi per determinare il carattere ampio e aperto di indagine e di approfondimento che si offre agli studiosi.
Dovrebbe essere evidente che i caratteri del patrimonio fotografico Alinari, con il loro nesso originario e intrinseco con la documentazione fotografica dei beni culturali italiani, e quindi con il tema della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte, ma d’altra parte con il larghissimo patrimonio diversificato tipologicamente e per provenienze, anche geografiche, posteriormente aggiuntosi, con significative e importanti presenze comunque anche nel campo dell’ “arte della fotografia” ai livelli più elevati, rappresenta un corrispettivo abbastanza preciso rispetto a questa esigenza di uno sviluppo degli studi in maniera articolata secondo vari approcci conoscitivi e disciplinari.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
121 La SISF ha promosso una serie di convegni e di iniziative per favorire questi allargamenti di orizzonti, sotto la forma di ‘Cantieri SISF’ periodici, dedicati a tematiche volta a volta diverse.
122 L’uso del termine non è naturalmente nuovo, già era nel titolo di una importante opera di Italo Zannier e Paolo Costantini,
Cultura fotografica in Italia. Antologia di testi sulla fotografia (1839-1949), FrancoAngeli, Milano 1985.
123 L’appartenenza dei ‘visual studies’ al campo più ampio degli studi culturali, ma con specifici caratteri propri, era stata notata da M. Lister, L. Wells, Seeing Beyond Belief: Cultural Studies as Approach to Analysing the Visual, in Handbook of Visual Analysis, a cura di T. Van Leeuwen, C. Jewitt, London, Thousand Oaks, New Dehli, SAGE, 2001, pp. 62-63: «[…] recently, there have been attempts to define a specific field of Visual Cultural Studies. While recognizing a formative relation to a wider field of Cultural Studies (which always contained an interest in the visual), its proponents do not see this as merely a specialized subdivision or extension of Cultural and Media Studies, but as a reworking of the whole field of concern».
124 Per un’asserzione decisa in questo senso, cfr. N. Mirzoeff, Introduzione alla cultura visuale, Roma, Meltemi, 2002 (ed. or. 1999). Sulla importanza invece dei visual studies come un campo di indagine che «fa riferimento ad un paradigma complesso e ancora in evoluzione», cfr. R. Coglitore, Postfazione, in Cultura visuale. Paradigmi a confronto, a cura di R. Coglitore, Palermo, Duepunti, 2008, pp, 120-121. Una ancora più forte ma opportuna limitazione degli entusiasmi iniziali, è stata recentemente e a mio parere giustamente proposta da A. Gunthert, Pour une analyse narrative des images sociales, in: «Revue française des méthodes visuelles» [En ligne], 1 | 2017, mis en ligne le 14 juillet 2017, consulté le 21.05.2020. URL : xxxxx://xxxx.xx. Gunthert non mette in dubbio la pervasività e la novità della diffusione e dei nuovi usi sociali delle immagini, ma sottolinea che non si è affatto raggiunta una convergenza degli studi e un approccio disciplinare autonomo e adeguato, proprio in virtù della estrema diversificazione di tali usi sociali: «Le programme autonomiste de la spécialité s’est heurté à la variété et à l’hétérogénéité des usages de l’image, irréductibles à l’approche univoque d’une herméneutique de l’oeuvre».
125 Teorie dell’immagine. Il dibattito contemporaneo, a cura di A. Pinotti, A. Somaini, Milano, R. Cortina, 2009, p. 13.
126 J. Topolski, Narrare la storia. Nuovi principi di metodologia storica, Milano, B. Mondadori, 1997, p. 15.
Naturalmente non tutto è così piano ed irenico come potrebbe apparire da questo resoconto così riassuntivo e schematico. Già nel primo incontro di presentazione pubblica della SISF, a Roma nel 2006, emerse con forza una questione maggiore, legata alla possibilità stessa di uno studio interdisciplinare o transdisciplinare, del tipo di quello che auspicava la SISF, dato che alcuni molto autorevoli studiosi evidenziarono forti dubbi sulla possibilità stessa di tale approccio. La questione epistemologica rimane aperta, ma, oltre alla crescente tendenza a cercare di superare i limiti disciplinari particolarmente forti nel sistema universitario italiano, vi è un altro elemento molto importante che rende interessante e carica di opportunità la acquisizione pubblica del patrimonio Alinari.
Infatti, nel panorama molto vasto della iniziativa pubblica, che tutto sommato era già, ed ora diviene ancor più prevalente nel campo della cultura fotografica, oltre alla notevole dispersione già osservata (che rende individualmente deboli gli sforzi organizzativi delle singole realtà, pur in un quadro complessivo molto importante), si riscontra il fatto caratteristico che le competenze e le strutture organizzative dedicate alla fotografia sono quasi sempre subordinate, almeno da un punto di vista organizzativo, a istanze di grado superiore, con proprie logiche di intervento che possono a volte risultare limitanti; o quando si tratta di iniziative su scala locale o regionale, non sempre possono contare su una continuità istituzionale e di risorse, dato che di solito a questa scala sono molto influenti le scelte politiche dei vari assessorati che si succedono nel tempo.
È questo uno schema che si ripete ai vari livelli, dai funzionari delle soprintendenze, a quelli degli organi centrali, come l’ING (ora ICG) o l’ICCD, i quali hanno svolto un ruolo semplicemente fondamentale con alcuni aspetti di eccellenza non trascurabili negli ultimi decenni127, ma che sono fortemente condizionati per le loro scelte, per le risorse disponibili, per i progetti di lungo periodo, dal fatto di operare entro enti che hanno competenze in campo fotografico, ma non esclusive e neppure spesso prevalenti rispetto alle altre loro finalità istituzionali. Similmente, in alcuni enti locali che hanno svolto attività importanti sul terreno del patrimonio fotografico, anche in presenza di strutture organizzative formalizzate, ma non autonome, il semplice mancato ricambio di personale addetto in seguito ai pensionamenti può portare alla paralisi operativa di tali strutture128.
In ogni caso, gli orizzonti culturali e i progetti di ampia portata o di lungo periodo sono scoraggiati da una tale situazione.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Un fatto interessante della acquisizione Alinari è che invece la Regione Toscana ha non solo acquisito il patrimonio, ma ha anche individuato per la sua successiva gestione una struttura autonoma, completamente dedicata alla fotografia, una Fondazione, dotata di risorse non inconsistenti per il funzionamento, di personale e – anche se ancora questo punto non è del tutto definito – di una sede adeguata.
Non si trattava di una scelta scontata. Come già detto erano apparse voci autorevoli che sconsigliavano l’acquisizione e/o ritenevano più opportuna una destinazione presso un grande ente statale di conservazione. Di per sé una soluzione del genere può essere positiva (basti pensare alla Library of Congress), ma per il modo in cui veniva formulata, e per le ragioni sopra ricordate, relative alla autonomia organizzativa e scientifica, la SISF ha impiegato tutte le sue
127 Presso l’ING ha operato a suo tempo Marina Miraglia, che ha svolto un ruolo fondamentale per la promozione degli studi sulla fotografia italiana, ivi compresi gli Alinari, e successivamente l’attività è stata continuata da Francesca Bonetti; l’ICCD attraverso i suoi dirigenti e funzionari ha svolto una costante opera di attenzione al tema della fotografia, pubblicando fra l’altro una rivista importante come «Photographica» e promuovendo il Censimento su cui cfr. supra nota 98.
128 Un caso emblematico è quello dell’Archivio Fotografico Toscano, che ha svolto per molti anni un ruolo di primissimo piano per lo sviluppo degli studi e delle pratiche di conservazione e catalogazione del materiale fotografico, ma che al momento attuale a causa appunto dei pensionamenti senza sostituzione di due operatori e studiosi che hanno dato un contributo importante alla cultura fotografica italiana come Sauro Lusini e Oriana Goti, si trova senza personale stabile specializzato, con rischio non solo di interruzione di una attività molto interessante, ma anche in prospettiva per la stessa cura e disponibilità del ricco materiale conservato.
(piuttosto esigue) possibilità di pressione sul piano del dibattito per favorire invece la scelta predisposta e poi adottata effettivamente dalla Regione.
Questo fa sì che ora sia effettivamente costituita una Fondazione che detiene il patrimonio Alinari e che ha una propria autonomia. D’altra parte, logicamente, qualsiasi istituzione del genere non può agire al di fuori del contesto degli studi e dell’ambiente culturale che si è creato negli ultimi cinquant’anni anche nel nostro paese. Su questo per la verità la Regione Toscana si è mossa con una certa apertura, coinvolgendo nella predisposizione del lavoro di costituzione della Fondazione – sul piano culturale – una serie di enti, dall’università alla soprintendenza, dall’ICG all’ICCD, dall’Opificio delle Pietre Dure al Kunsthistorisches Institut, ed anche la stessa SISF, alla quale ha anzi affidato la presentazione scientifica nella presentazione della acquisizione alla stampa e al pubblico nel gennaio del 2020.
A sua volta la SISF deve fungere in questa occasione non come un organismo in proprio, ma come un luogo di incontro e di confronto della comunità di studiosi, di operatori, di conservatori e curatori, che sono interessati alla valorizzazione della cultura e del patrimonio fotografico in Italia. Quasi certamente, il patrimonio storico Alinari permetterà in molti casi di individuare relazioni e connessioni dirette con questo patrimonio distribuito, e potrà costituire un punto di riferimento per contatti, progetti e iniziative coordinate.
Naturalmente è difficile pensare che una istituzione regionale assuma su di sé un carico nazionale. Può essere però un punto di riferimento: il Ministero ha svolto negli anni scorsi una attività altamente innovativa e molto interessante, elaborando un “Piano strategico per la Fotografia” sulla base di una rete di contatti e di censimento di iniziative su scala nazionale.
Una riattivazione di un piano del genere potrebbe valersi di questo nuovo polo patrimoniale pubblico per stabilire, in coordinamento con gli altri grandi detentori pubblici, centrali e locali, delle forme di valorizzazione e fruizione del patrimonio che – in modi diversi – possano confrontarsi con esperienze, come quelle statunitensi e francesi – che sono state e sono ancora all’avanguardia in campo internazionale.
L’esigenza esiste, come ha mostrato qualche anno fa il tentativo di stabilire a Roma, con i fondi di Roma capitale, un centro di questo tipo, suscitando grandi speranze e attenzione nella cultura fotografia italiana129. Tuttavia anche in quel caso il semplice cambiamento di amministrazione ha determinato di fatto un blocco del progetto.
Così come del resto lo stesso «Piano strategico di sviluppo della fotografia in Italia 2018 – 2022» del MIBACT, che nel 2017 aveva svolto un prezioso lavoro preparatorio di raccordo e di informazione reciproca su scala interregionale, e contemporaneamente di tematizzazione delle questioni aperte, è poi stato, di fatto, messo in pausa (si spera solo temporaneamente) dal successivo cambiamento di governo.
Si ha cioè l’impressione che il patrimonio fotografico italiano sia nel complesso di straordinaria entità e rilevanza (molto al di là di ogni singolo giacimento, compreso quello di Alinari); che però fatichi ad essere rappresentato come tale in assoluto e in particolare a livello internazionale, perché a partire dagli anni ’70, cioè dal periodo di “riscoperta” del patrimonio le operazioni di recupero e valorizzazione sono state svolte in Italia prevalentemente dal basso e su scala ridotta, senza un coordinamento forte a livello nazionale come accaduto in altri paesi- guida, segnatamente in USA e in Francia.
D’altra parte il valore del patrimonio fotografico del nostro paese sta in parte rilevante proprio nel suo riferirsi ad un paese come l’Italia, ancor oggi al primo posto al mondo come patrimonio culturale riconosciuto dagli organismi internazionali. Non si tratta di una rivendicazione angustamente nazionale e concorrenziale con altri paesi, ma del fatto che, anche quando dai
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
129 Come testimonia la grande affluenza di pubblico anche da molte altre regioni in occasione della presentazione nel novembre 2011. Cfr. una testimonianza del progetto e dell’esperienza nel volume: Per un museo della fotografia a Roma, a cura di Raffaella Perna e Ilaria Schiaffini, Milano, Postmedia, 2012 (atti del convegno svoltosi presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Roma La Sapienza, il 24 novembre 2011).
politici europei l’Italia era considerata come una “espressione geografica”, gli intellettuali di quella stessa Europa la riconoscevano come un “luogo culturale” comune, fondativo di una cultura condivisa e che ancora oggi è molto viva. Conservare, studiare e valorizzare la rappresentazione fotografica di questo patrimonio condiviso, non solo negli aspetti dell’arte, ma anche del paesaggio, del tessuto antropico, degli stili di vita, costituisce un compito che le persone colte dovrebbero riconoscere come importante. Non meno importante è tuttavia anche l’altra funzione del patrimonio, legata più al fotografico in sé che al paese Italia, e cioè il fatto che nella contemporanea “società dell’immagine” il dispositivo fotografico rappresenta la matrice originale di una straordinaria diffusione di linguaggi visuali della contemporaneità, che sono appresi e interiorizzati dalle nuove generazioni, senza che però vi sia un corrispettivo processo educativo e formativo, a livello scolastico e poi universitario, per il quale invece una cultura del patrimonio sarebbe essenziale.
Parte I - Storia del patrimonio Alinari
Resta da sperare che l’istituzione di questo nuovo polo pubblico dedicato alla fotografia, per la sua importanza storica e per la qualità e quantità del patrimonio posseduto, possa invece esercitare una attività di promozione e sviluppo della cultura fotografica in maniera costante e duratura, ed anche, indirettamente, di sollecitazione alla ripresa di iniziative interrotte e/o di nuove forme di coordinamento e di cooperazione. Molto dipenderà però dalla collaborazione e dalla capacità di ideazione e di iniziativa degli operatori, dei fotografi, degli studiosi, degli educatori, di fronte a questa opportunità
PARTE I b
Il patrimonio fotografico Alinari: da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico.
Contestualizzazione dello stato attuale in vista di possibili approcci per nuove pratiche di valorizzazione e disseminazione.
Monica Maffioli
Il patrimonio fotografico Alinari: da
patrimonio aziendale a patrimonio pubblico.
1. Quadro sommario della consistenza del patrimonio fotografico già di proprietà della Fratelli Alinari S.p.A.
L’art. 2 dello Statuto del nuovo organismo “FAF Toscana-Fondazione Alinari per la Fotografia”, stabilisce che la Fondazione si è costituita “per promuovere una diffusa cultura dell'immagine fotografica”, a partire dalla gestione unitaria del ‘patrimonio Alinari’ da essa acquisito, e persegue le finalità della sua conservazione, gestione, valorizzazione, comunicazione e promozione, costituendo il punto di riferimento di un più ampio processo di elaborazione che vede nella fotografia un bene culturale e artistico. La Fondazione Alinari, dunque, si propone come primo Museo e Centro di Studi sulla Fotografia capace di confrontarsi a livello nazionale e internazionale con le più importanti Istituzioni pubbliche e private che conservano e gestiscono collezioni fotografiche di grande rilevanza storica e culturale.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Al fine di preservare l'autentico valore storico-culturale e l'integrità fisica del 'patrimonio Alinari', nonché assicurarne le più adeguate condizioni per la sua conservazione e custodia, appare opportuno mantenere in parte l’originaria suddivisione dei materiali a seconda delle diverse tipologie e di attuare la loro custodia e conservazione all’interno di una serie di depositi specificatamente idonei per ciascuna di esse, contando sulla realizzazione di adeguati spazi appositamente realizzati secondo i parametri internazionali per la conservazione delle diverse tipologie di materiali fotografici.
La diversificazione dei materiali che costituiscono questo patrimonio, la sua consistenza e il suo straordinario valore storico fotografico testimoniano del processo di trasformazione messo in atto in un trentennio dall’azienda. Tale processo ha mutato la sua stessa vocazione e identità, trasformando l’azienda da operatore sul mercato per lo più riconosciuto per un archivio di matrici fotografiche funzionale alle operazioni di produzione e commercializzazione di copie con metodologie di edizione e di diffusione collaudate e standardizzate, fino a farla divenire un complesso articolato e molto più ampio di raccolte archivistiche e museali, finalizzate ad un’estesa tipologia di attività, da quelle museali a quelle espositive, a quelle editoriali.
1.1. Lastroteca ‘storica’.
Nell’edificio storico dello Stabilimento fotografico Alinari e successivamente della Società Fratelli Alinari I.D.E.A. s.p.a., posto in Largo Alinari 15, dove il patrimonio fotografico, librario e documentario si trovava conservato fino al 2019, prima le lastre negative realizzate dai Fratelli Alinari a partire dalla seconda metà del XIX secolo, poi gli archivi Brogi, Anderson, Mannelli e Chauffourier, acquisiti dal Sen. Cini tra gli anni Quaranta e Sessanta del XX secolo, si trovavano conservate all’interno dell’antica ‘lastroteca’, in una specifica area dell’edificio progettato ex novo dagli Alinari quando, nel 1863, si trasferirono in Via Nazionale 8. E’ importante rilevare che all’interno degli archivi fotografici degli stabilimenti sopra citati sono
presenti alcuni ‘corpus’ di negativi su lastra realizzati da altri importanti operatori attivi in Italia nella seconda metà del XIX secolo, pervenuti per acquisizione diretta o per ragioni non documentate: nell’archivio Anderson, ad esempio, sono state casualmente individuate negli anni ‘90 circa 1500 lastre negative di vario formato realizzate dallo stabilimento fotografico dei romani Fratelli D’Alessandri; nello stesso archivio, invece, non è stata identificata, seppure certamente presente, la produzione relativa all’archivio dell’importante stabilimento Lotze, attivo a Verona dal 1857 fino ai primi del Novecento, quando venne acquisito da Domenico Anderson, e dal 1911 entrato nel loro catalogo di vendita.
Le lastre negative, circa 211.000 di vari formati, si presentavano ciascuna avvolta in un foglio di carta, comunemente usato per i pacchi, con il numero originario identificativo del negativo corrispondente al catalogo editoriale dei soggetti messi in commercio, ed erano disposte su scaffalature di legno all’interno di diverse piccole stanze areate; le lastre erano ordinate in base all’archivio di appartenenza, al formato e al numero progressivo del negativo, senza alcuna differenziazione tra le diverse tecniche delle gelatine di sviluppo presenti sul negativo e corrispondenti all’evoluzione delle tecniche fotografiche: collodio umido, collodio secco, gelatina bromuro, poi seguite da pellicole negative di vari formati e caratteristiche tecniche.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Il nucleo di lastre negative identificate con il nome di ‘Archivio del Patronato’ corrisponde al lavoro eseguito dai Fratelli Alinari su commissione di privati per la ritrattistica nella sala di posa e per campagne di documentazione di beni immobili, opere d’arte, giardini, industrie, negozi, esposizioni, per la maggior parte nel territorio toscano. Di questa attività rimane documentazione in due registri storici manoscritti relativi alle committenze private dal 1893 al 1946, uno in ordine cronologico e l’altro in ordine alfabetico, che riportano oltre al nome dei committenti, una sommaria indicazione del lavoro di riproduzione richiesto, il formato e il numero identificativo del negativo, quest’ultimo spesso consegnato al cliente e quindi non presente nell’archivio, altre volte ancora oggi conservato nel patrimonio Alinari. Alcune piccole cassette di legno contenevano alcune centinaia di ritratti su negativi di vetro, per lo più al collodio, relative ai primi anni di attività della sala di posa Alinari, a partire dal 1865 circa, un nucleo di grande rilevanza e valore storico artistico del quale non esiste un registro inventariale identificativo del soggetto rappresentato poiché non messo in commercio dall’azienda. Parte dell’attività ritrattistica della sala di posa è documentata anche da quindici registri, che si riferiscono alla produzione fotografica eseguita per conto terzi. I registri, datati a partire dal 2 gennaio 1891 fino al 14 giugno 1921, riportano il nome del committente, la data della commissione, il costo e in molti casi anche una stampa fotografica del soggetto rappresentato. L’individuazione delle lastre oggi presenti nell’archivio Patronato, rispetto a quanto indicato nei registri, potrebbe essere oggetto di uno specifico progetto di conservazione, inventariazione e catalogazione.
Una nuova corretta sistemazione della ‘lastroteca storica’, così come veniva chiamata dagli operatori che si sono susseguiti nella sua gestione fino alla chiusura dell’azienda, implica necessariamente, a nostro parere, criteri conservativi che, pur mantenendo l’integrità dei diversi nuclei archivistici, prevedano l’identificazione delle diverse tipologie di lastre e pellicole negative e la conseguente diversificazione dei loro procedimenti di conservazione. Si tratta di una scelta metodologica che vede in questo caso primaria l’azione di conservazione rispetto a quella di archiviazione e mantenimento dell’ordine catalografico originario, ma a nostro parere essenziale per ricontestualizzare l’oggetto fotografico nella sua specificità di ‘unicum’ e quindi valorizzarne le caratteristiche tecniche e storiche. Ad oggi, ad esempio, non sono mai state identificate e quantificate con precisione le lastre al collodio presenti nella ‘lastroteca storica’ e dunque anche la loro corretta conservazione è stata fuori controllo. Un altro aspetto da valutare nella formulazione di un piano di intervento conservativo della ‘lastroteca storica’ è l’opportunità di sostituire tutte le carte e le scatole che fino ad oggi hanno protetto i suddetti oggetti con involucri idonei, aggiornandoli alle conoscenze e alle normative attuali.
1.2. Le ‘Raccolte Museali’.
Tra il 1984 e il 2010 circa la Società Fratelli Alinari s.p.a ha svolto un’intensa attività di acquisizione di materiali fotografici di diverse tipologie, attraverso acquisti sul mercato antiquario e collezionistico, ma anche favorendo una politica di donazione da parte dei privati. Il patrimonio fotografico acquisito negli anni dalla Fratelli Alinari s.p.a venne identificato con il nome di ‘Raccolte Museali’ e a sua volta suddiviso in tre categorie principali all’interno delle quali sono stati conservate le diverse tipologie di materiali: 1 /Archivi - 2 /Collezioni - 3/Fondi. Con la definizione di ‘Archivi’ si intendevano tutti i ‘corpus’ di negativi e/o di stampe positive appartenenti ad un autore o ad un atelier e che nel loro insieme testimoniano dell’attività del loro produttore. Possono far parte di questi archivi anche documenti di vario genere, come corrispondenza, grafica pubblicitaria, apparecchi fotografici, mobilio etc…trovando questi materiali la loro collocazione nei diversi depositi specificatamente predisposti.
Con il nome di ‘Collezioni’ si intendevano definire i diversi insiemi di materiali (es. stampe fotografiche, album, dagherrotipi, ambrotipi, oggetti, documenti cartacei etc.) acquisiti da Alinari già in forma di ‘corpus collezionistici’ creati da privati secondo criteri individuali e identificativi degli interessi specifici, tematici o autoriali, del suo creatore.
Infine, si intendevano per ‘Fondi’ fotografici tutti quegli insiemi di materiali che Alinari ha acquisito con diverse modalità e in tempi diversi, ma che nel loro insieme testimoniano la produzione fotografica di un autore o di una specifica tecnica (es. dagherrotipi, negativi calotipi etc…) o di una particolare tipologia di oggetti (es. edizioni a stampa di libri illustrati con stampe fotografiche originali d’epoca, fotografie in cornici originali etc.). Il numero minimo di pezzi necessari per costituire un fondo era stato individuato in 50 esemplari, ridotti ad un numero inferiore in considerazione della rarità di alcune tipologie di materiali e delle opere di alcuni autori1.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Il patrimonio fotografico museale acquisito negli anni, dal 1997 è stato oggetto di un impegnativo lavoro di ordinamento, inventariazione e conservazione all’interno di differenti depositi, tra cui uno per tutte le tipologie di negativi e l’altro per tutti i generi di stampe positive, specificatamente progettati e realizzati all’interno dell’edificio storico in Largo Alinari 15.
Non tutti i materiali risultano ad oggi inventariati e tantomeno catalogati.
Dovendosi progettare ex novo l’articolazione degli spazi della Fondazione Alinari e del suo patrimonio, si pone innanzitutto il notevole problema dei criteri da seguire per la ricollocazione dei materiali nella nuova sede, specialmente se gli spazi, come risulterebbe dalle prime valutazioni, dovessero essere minori di quelli della sede in cui precedentemente erano collocati e organizzati. È evidente che i materiali fotografici sono soggetti a deterioramento causato da agenti fisici, chimici e biologici, ed esistono requisiti ambientali e vincoli particolari di natura conservativa, che possono consigliare una sistemazione topologica dei materiali secondo le caratteristiche chimico fisiche dei supporti; esigenza che si deve però conciliare con il principio del mantenimento dell’unità storica degli archivi e delle interconnessioni originarie delle vari parti, anche fisicamente molto diverse fra loro.
La soluzione di tale problema, o le soluzioni, saranno studiate ed adottate dalla Fondazione Alinari e dai suoi organi tecnici e di consulenza, che hanno tutte le competenze e
1 Cfr. Nota alle didascalie, in Fratelli Alinari: dalla Fotografia all’Immagine 1852-2002, Firenze, Alinari, 2002, p. 4. Si tratta di una delle molte brochure edite dall’azienda per promuovere le sue attività e il suo patrimonio fotografico, ma, al di là del suo evidente carattere promozionale delle attività svolte dall’azienda stessa, per la prima volta viene dato ampio spazio alla presentazione della vastità tipologica dei materiali che costituiscono il patrimonio museale, pubblicando alcune decine di fotografie di importanti autori del XIX e XX secolo italiani e stranieri, seguendo un percorso cronologico, corredate da puntuali didascalie che indicano anche la provenienza dell’opera, a testimoniare dell’ampia attività di acquisizione che la Società stava svolgendo.
l’autorevolezza per agire in merito: qui di seguito, per fornire tutte le informazioni e le conoscenze disponibili, si riepilogano le soluzioni adottate in precedenza, evidenziandone caratteristiche ed eventualmente inconvenienti e correzioni già adottate nella precedente sede, o auspicabili in vista della nuova collocazione.
1) Deposito degli Archivi di negativi, di diverse tipologie e supporti materici, dai negativi di carta a quelli su lastra di vetro, autochrome, pellicole b/n, pellicole colore, diapositive, fotocolor, etc… per un numero complessivo stimato in 2.500.000 pezzi solo in minima parte oggetto di inventario, di catalogazione e di interventi conservativi; risulta pertanto auspicabile pianificare il completamento del lavoro di inventariazione e la loro sistemazione conservativa in appositi contenitori diversificati per tipologie, a loro volta custoditi in ambienti idonei.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Tra i molti archivi di negativi pervenuti in proprietà della Fratelli Alina s.p.A si segnalano alcuni che per importanza dell’autore e/o per l’entità della loro consistenza rappresentano dei ‘corpus’ di rilevanza particolare. È importante sottolineare che dopo il 1985, con l’acquisizione di grandi archivi per la maggior parte costituiti da negativi, come quello della ditta Villani di Bologna (500.000 ca.), degli studi triestini di Wulz (8.500 ca.) e Pozzar (140.000), dell’archivio del fotografo perugino Benvenuti (90.000), dello studio Trombetta di Campobasso (2.000 ca.), del fotografo torinese Invernizzi (10.000 ca.), della ditta Ferroli di Bordighera (450.000 ca.), del fotografo Unterveger di Trento (9.000 ca.), del fotografo friulano Italo Zannier (40.000 ca.), dello stabilimento veneziano Ferruzzi (15.000 ca.) e dell’agenzia fotografica TEAM (750.000 ca.), oltre a tutti gli altri archivi con un numero più esiguo di negativi, ma che hanno estrema rilevanza dal punto di vista autoriale - vedi ad esempio Michetti (5.000 ca.), von Gloeden (900 ca.) Baravalle (1.800 ca.), Leiss (1.500 ca.) – il la consistenza archivistica del patrimonio fotografico Alinari assume una fisionomia non più toscana, ma nazionale; la maggioranza dei materiali, a livello numerico, è infatti relativa a produzioni e documentazioni non riferibili ad attività svolte in Toscana, bensì in diverse regioni italiane, e databili nel Novecento. Un cambiamento identitario che ha avuto difficoltà ad essere riconosciuto, e che tutt’oggi rimane oscurato dalla indubbia maggiore notorietà acquisita dal brand Alinari per ciò che riguarda la sua specializzazione nella fotografia del XIX secolo e della riproduzione di opere d’arte.
2) Deposito delle stampe fotografiche ‘vintage’: in questa categoria di materiali sono state considerate tutte le fotografie stampate su carta e su altri supporti, valutate in quanto opere ‘uniche’ e soggette a norme conservative idonee alla tipologia dei diversi materiali (dagherrotipi, ambrotipi e fototipi su carte trattate con diverse emulsioni, etc..). Si tratta di circa
700.000 opere fotografiche, suddivise in collezioni, fondi e donazioni, che nel loro insieme documentano in modo ampio e diversificato la storia della fotografia italiana e internazionale dalle origini alla fine del Novecento: Si segnalano alcune collezioni fotografiche di notevole interesse non solo per le opere dei fotografi rappresentati ma per la rilevanza del collezionista che le ha ‘create’, lasciando testimonianza della sua personalità di studioso o di conoscitore della materia. Ci riferiamo alle collezioni costituite da Daniela Palazzoli, una figura di rilievo della cultura fotografica dagli anni ’70 del Novecento, di Piero Becchetti, noto storico della fotografia romana, di Italo Zannier, prolifico autore di pubblicazioni e mostre dedicate alla fotografia storica e contemporanea, oltre che il primo docente universitario con una cattedra di Storia della Fotografia a Venezia, la collezione del senese Ferruccio Malandrini, esperto cultore della fotografia italiana fin dagli anni ’60 con particolare riferimento all’area toscana, la collezione del giornalista e editore svizzero Charles-Henri Favrod, che ha fondato e diretto dal 1985 il Musée de l’Elysée di Losanna dedicato alla fotografia, o ancora, la straordinaria raccolta di dagherrotipi costituita dallo specialista americano Grant Romer. Altre collezioni invece sono testimonianza di ricerche iconografiche che hanno utilizzato la fotografia come documento primario e pertanto oggi hanno un duplice valore, quello di raccolte iconografiche e di
testimonianze fotografiche: vedi ad esempio la collezione monotematica dedicata da Manno alla storia di tutti i Corpi militari italiani da dopo l’Unità d’Italia al secondo dopo Guerra; o ancora, la collezione Moriondo dedicata alla documentazione fotografica dei mezzi meccanici di trasporto italiani, dalla loro fabbricazione alla messa su strada, un settore estremamente specialistico ma allo stesso tempo importante testimonianza della storia industriale del nostro Paese. Per quanto riguarda gli autori di cui sono conservate le stampe fotografiche ‘vintage’ è estremamente difficile darne un quadro, seppure sommario, data la loro quantità; si può solo segnalare che per la maggior parte si tratta di autori del XIX secolo e della prima metà del Novecento, con alcune eccellenze per notorietà dell’autore e valore di mercato, come nel caso della ‘Marina’ di Le Gray appartenente alla collezione Palazzoli2, o il ritratto della “contessa di Castiglione nelle vesti della Regina d’Etruria” realizzato dal fotografo francese Louis Pierson nel 18633; o ancora, le stampe fotografiche e le polaroid realizzate da Carlo Mollino4, e una delle icone del futurismo italiano, la fotografia “Io + Gatto” eseguita da Wanda Wulz nel 1932, le stampe fotografiche dei maggiori autori internazionali della fotografia di reportage come Robert Capa, Cartier-Bresson, Martin Franck, Werner Bischof, René Burri, collezionati da Favrod5.
Tutti i materiali, sono stati oggetto di inventariazione e di sistemazione all’interno di contenitori idonei per la conservazione ma solo in alcuni casi le opere sono state conservate singolarmente in buste di Mylar o in passe-partout di cartone a ph neutro. Vista l’imponete quantità di materiali presenti, la scelta di procedere al restauro e alla conservazione delle singole stampe fotografiche in appositi involucri protettivi è stata determinata da criteri legati alla preziosità e fragilità dell’opera e/o dall’attività di movimentazione di cui era oggetto, ad esempio in occasione di esposizioni realizzate dall’azienda stessa e prestito per mostre realizzate da terzi. Si consiglia, pertanto, di prevedere una sistematica revisione dei materiali per quanto riguarda gli aspetti conservativi e i criteri di stoccaggio.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
3) Deposito stampe fotografiche con cornici d’epoca: per motivi di carattere conservativo, un deposito specifico è stato dedicato al ‘corpus’ costituito da un considerevole numero di fotografie originali pervenute nelle Raccolte Museali della Fratelli Alinari con la loro cornice d’epoca (circa 1250); a tale scopo è stato creato un deposito specifico dove sono state collocate in scaffalature metalliche suddivise a seconda del formato della cornice che può variare da dimensioni minime ad uso domestico ai grandi formati per le esposizioni ufficiali. Le tipologie delle cornici fotografiche rappresentano un oggetto di studio ancora non pienamente approfondito dal punto di vista storico ma di straordinario interesse in quanto documentano la produzione artigianale e industriale correlata all’oggetto fotografico. Il rapporto tra cornice e immagine è sinergico e fin dalle origini del nuovo mezzo di rappresentazione visiva, le modalità di presentazione della fotografia, isolata dal contesto visivo in cui si trova ad essere fruita, impreziosita dal passe-partout e dalla cornice, il più delle volte con vetro, indicano un’attenzione per la sua conservazione ma anche la scelta di valorizzarla tramite le infinite varianti funzionali e decorative che si possono esprimere tramite una ‘cornice’. La scelta critica che determina la modalità in cui una fotografia è offerta alla sua visione è un tema di ricerca ad oggi poco approfondito anche se risulta rilevante dal punto di vista storico fotografico e sociale,
2 La fotografia è stata pubblicata nella già citata brochure Alinari 2002, p. 165.
3 Ivi, p. 171. Un sommario panorama degli autori e delle opere conservate nel patrimonio dei ‘vintage’ è documentato dal catalogo Cento capolavori dalle Collezioni Alinari, Firenze, Alinari, 2003 e dalla guida del MNAF. Museo Nazionale Alinari della Fotografia, Firenze, Alinari, 2006.
4 Vedi il catalogo della mostra Carlo Mollino. A occhio nudo. Carlo Mollino. L'opera fotografica 1934-1973, a cura di Fulvio e Napoleone Ferrari, Firenze, Fratelli Alinari. Fondazione per la Storia della Fotografia, 2009
5 Per un sintetico sguardo sulla quantità e varietà dei nomi e delle opere presenti nella collezione Favrod si rimanda al catalogo della mostra a cura di Charles-Henri Favrod tenutasi nel 2007 presso il MNAF di Firenze, Cento fotografi del XX secolo dalla collezione di Charles-Henri Favrod, Firenze, Alinari, 2007.
vedendo nelle tre principali varianti che caratterizzano l’infinito mondo delle cornici, funzione, gusto e costo, gli indicatori semantici che connotato il rapporto tra la fotografia e la sua cornice. In tal senso la vasta e variegata casistica delle cornici contenenti fotografie originali d’epoca presente nelle raccolte museali Alinari è un ‘corpus’ molto importante per la sua unicità nel panorama del collezionismo internazionale delle Istituzioni dedicate alla conservazione della fotografia.
4) Deposito del Fondo di album fotografici e del Fondo dei libri a stampa con fotografie originali: le grandi campagne di acquisizione svolte dall’azienda Alinari hanno portato alla costituzione di uno dei più ampi repertori di album fotografici, difficilmente confrontabile con altri a livello internazionale. Si tratta di un patrimonio irripetibile per quantità e varietà, con alcune opere di grande pregio e rarità per la storia della fotografia e in particolare per quanto riguarda l’oggetto ‘album fotografico’, considerato dagli studiosi un dispositivo narrativo multiplo che soprattutto in quest’ultimo decennio è al centro delle ricerche e di studi specifici a livello internazionale.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
È difficile qui riassumere brevemente la molteplicità delle tipologie di album presenti nel fondo, dai souvenirs ‘di viaggio’, con vedute e riproduzioni di opere d’arte, realizzati fin dagli albori della fotografia per documentare il Grand Tour, soprattutto in Italia e in Medio Oriente - come ad esempio gli album realizzati da Robertson, Beato, Frith - , all’album di famiglia che dall’inizio del XX secolo, è caratterizzato dalle ‘memorie dei viaggi’ dei fotoamatori; dagli album con fotografie, spesso nel formato carte-de-visite, con i ritratti di personaggi famosi della società, nobili, politici, artisti, militari, scienziati, veri e propri ‘pantheon’ visivi presenti in molte case dell’alta borghesia, a quelli celebrativi dei grandi ‘eventi’ che hanno segnato la storia italiana o europea, come quelli dedicati alle Esposizioni Universali, ai conflitti bellici, dalla Guerra di Crimea alla seconda Guerra Mondiale; ed ancora, album scientifici, industriali, etnografici, archeologici, di architettura, in un’infinita varietà di rilegature, dimensioni, tipologie di presentazione e narrazioni. Il tema delle legature è uno degli aspetti di rilevante interesse nello specifico della storia degli album fotografici, benchè ad oggi poco studiato, e nel fondo Alinari vi è un’ampia testimonianza della loro varietà tipologica e materica, arricchita da una sezione specifica dedicata agli album senza fotografie ma con rilegature inusuali: album con legature in pelle, stoffa, legno, cartone, e piatti decorati in madreperla, lacca, argento, metalli di vario tipo, incernierati a cofanetto, montati su supporti con forme scultoree etc…. Complessivamente si tratta di un ‘corpus’ di circa 6.000 album, che al loro interno conservano circa 390.000 stampe fotografiche originali d’epoca di vari autori, formati e tecniche.
Tutti gli album risultano inventariati con apposite schede che ne tracciano un breve profilo descrittivo della rilegatura, dei fototipi, dei temi iconografici, ma non sono stati oggetto di operazioni di tipo conservativo e di restauro, benchè presentino evidenti fragilità, pertanto è consigliabile pianificare un puntuale progetto di intervento pluriennale.
Un particolare e ‘inedito’ fondo è stato costituito per una peculiare tipologia di materiali, i volumi editi a stampa illustrati con stampe fotografiche d’epoca apposte al loro interno; si tratta, in realtà, di un capitolo estremamente importante e poco approfondito, concettualmente inerente al tema dell’album fotografico, che vede, fin dalle origini del nuovo mezzo di rappresentazione, un rapporto sinergico tra editoria e fotografia. La complessità tecnica implicita nell’azione manuale di incollare le stampe fotografiche all’interno di ciascun volume ha determinato una tiratura estremamente limitata di questo genere di opere editoriali e quindi anche la loro rarità. Considerazioni di tipo storico fotografico e metodologiche specifiche di una raccolta museale, oltre che ragioni di tipo conservativo delle immagini contenute all’interno dei volumi, hanno indotto alla costituzione di questo particolare ‘corpus’ annesso a quello degli album, piuttosto
che la sua collocazione nell’ambito della Biblioteca. Tutti i volumi sono stati inventariati e catalogati nel sistema informatico della Biblioteca.
5) Deposito dei ‘photogaphic related materials’: si tratta di un insieme di oggetti (circa 3800) di vari materiali e formati presenti in alcune collezioni oppure pervenuti grazie alle donazioni e alle diverse acquisizioni svolte nel tempo nel mercato antiquario. Una serie di materiali di varia natura e genere, che documentano l’uso, in particolare dalla metà dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento, dell’immagine fotografica come elemento decorativo o iconico nella produzione artigianale e industriale anche se non sempre direttamente collegata all’attività fotografica. L’utilizzo della fotografia in contesti insoliti rappresenta un capitolo della storia del medium poco studiato, ma questo insolito ‘corpus’ patrimoniale dell’Alinari, mette in rilievo quanto la fotografia sia prepotentemente entrata a far parte dell’esperienza visiva sociale, presente nella vita quotidiana come nuovo linguaggio della comunicazione.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Alcuni oggetti di oreficeria testimoniano della diffusa pratica ottocentesca di incastonare microfotografie all’interno di gioielli, pendants e spille, espressione del valore ‘evocativo e affettivo’ della ritrattistica fotografica, spesso correlato ad altri elementi simbolici presenti nello stesso manufatto; ritratti in fotosmalto o in fotoceramiche assumono il significato di reliquie mortuarie, oppure di simboli politici distintivi di un’appartenenza corporativa; servizi in porcellana da tavola, testimoniano di applicazioni manifatturiere che non si sottraggono all’uso della fotografia per sperimentare nuove formule decorative, così come tentarono di proporre sul mercato, nel 1872, la ditta Ginori e la Fratelli Alinari, in base ad un accordo di collaborazione per la produzione di vasellame decorato con immagini fotografiche; spesso sono piccoli oggetti, pochette in cuoio o in seta, bomboniere in organza, fermacarte in vetro, scatoline portagioie; oppure prodigi della tecnica in miniatura come gli ‘stanhopes’, piccolissime repliche di binocoli, penne, spille, in metallo, osso o avorio predisposti per la visione attraverso un forellino di microfotografie leggibili perché ingrandite da una microlente. Infine, una sezione specifica è stata dedicata agli oggetti prodotti, prima dai singoli fotografi e poi dalle grandi marche dell’industria fotografica, a scopi pubblicitari e di comunicazione, comunemente presenti dalla seconda metà del Novecento come parte dell’arredo degli studi e dei negozi di fotografia: dalla statuetta in bronzo realizzata da Agfa su disegno del noto artista triestino Marcello Dudovich, ai display pubblicitari da vetrina, sagomati piccoli e grandi, tra cui quelli realizzati da Ferrania con il contributo del fotografo Luxardo, oppure su design di Luigi Veronesi.
6) Deposito degli apparecchi fotografici e delle attrezzature storiche da atelier e laboratorio (fondali, mobili per la sala di posa, etc..): gli apparecchi fotografici sono stati oggetto di un inventario sommario da verificare attentamente, anche perché è possibile che alcuni di essi siano stati alienati dall’azienda; molti strumenti da camera oscura o arredi da sala di posa non sono stati inventariati. Si tratta di materiali molto eterogenei per tipologia, datazione e stato di conservazione, che necessitano di uno specifico e ampio deposito per la loro conservazione e movimentazione. Se alcuni apparecchi fotografici della seconda metà dell’Ottocento, già appartenuti alla Fratelli Alinari, come 3 obiettivi a lungo fuoco per grande formato “Voigtlander & Sohn” del 1875-1880, o l’apparecchio in legno su cavalletto a due colonne da galleria per ritratti e da esterno, sono tra le poche testimonianze rimaste oggi degli strumenti utilizzati dall’azienda fiorentina, nella collezione museale sono presenti alcuni importanti apparecchi della stessa epoca di altrettanta rarità, come il megaletoscopio progettato dal veneziano Carlo Ponti nel 1862, l’eliostata di Foucault, costruito da Du Boscq a Parigi verso il 1860, un meccanismo per mantenere in una direzione costante i raggi del sole da inviare negli apparecchi ingranditori in uso nel 1860-1880, o ancora lo spettrografo di Steinheil del 1890 ca. utilizzato per studiare gli effetti della luce sulle emulsioni sensibili, di cui si avvalse anche Arturo Alinari
per mettere a punto il suo “sistema di riproduzione diretta a colori”6. Data la diversità della tipologia di materiali, essi sono stati conservati in luoghi differenti: alcuni apparecchi di piccolo formato o di particolare rilevanza erano allocati in un deposito nella sede di Largo Alinari 15, mentre la maggioranza delle apparecchiature di grande formato, ingranditori, apparecchi su cavalletti da studio, proiettori, ma anche attrezzature da arredo per la camera di posa, fondali, etc… si trovavano immagazzinati in un deposito in altra sede.
1.3 La Stamperia d’ Arte
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
La stamperia d’arte, già collocata al piano terra dell’edificio storico in Largo Alinari 15, avviata da Vittorio Alinari per la produzione di edizioni a stampa realizzate con la tecnica della collotipia, ha mantenuto con continuità l’attività fino al primo decennio del 2000. Nei locali della stamperia si conservavano fino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso tre macchine rotative manuali per la stampa in collotipia di formati diversi, ma nei primi anni 2000, essendo una produzione che si stava riducendo drasticamente per mancanza di mercato, due di esse vennero smaltite. L’Alinari è stata per molto tempo l’unica azienda italiana che conservava una stamperia attiva capace di operare con la tecnica della collotipia grazie all’esperienza e alle conoscenze di operatori interni che hanno saputo tramandare per diverse generazioni le loro capacità artigianali. La riproduzione in collotipia (o fototipia), infatti, consiste nel tirare da una lastra di cristallo con la matrice fotografica, trattata con inchiostri particolari continuamente ritoccati dallo stampatore via via che la rotativa asporta e rende non uniforme la quantità di colore presente, un numero limitato di copie, mai superiore a cinquecento poiché oltre questo numero di esemplari la gelatina sulla lastra subisce una particolare craquelure e non è più utilizzabile. La collotipia si differenzia dalla stampa offset per le sue qualità artigianali, per l’assenza di retino sull’immagine e la produzione limitata delle copie in cui sono realizzate le riproduzioni. Alla Stamperia d’Arte è sempre stata affidata la realizzazione di prodotti di alta qualità e di particolare pregio, come la riproduzione in fac-simile di volumi manoscritti, di album fotografici storici o la creazione di portfolio tematici con riproduzioni tratte dalle fotografie originali custodite negli Archivi e nelle Raccolte museali, vedendo, in particolare tra il 1958 e il 2001, una produzione di oltre 120 titoli di edizioni in collotipia. Il tema della riproduzione fotografica delle opere d’arte e in particolare dei disegni dei grandi maestri dal XV al XVIII secolo, la cui visione era ed è normalmente esclusa al pubblico dei musei, rendendoli oggetti di grandi rarità e fascino, è stato oggetto di due impegnative imprese editoriali da parte dell’azienda: la prima, intitolata la Raccolta di disegni esistenti nella R. Galleria degli Uffizi, uscì a fascicoli dal giugno 1888 al dicembre 1889 e forma cinque volumi, ciascuno composto da due tomi, ognuno di essi contenente 50 tavole in collotipia, per un totale di 500 tavole. La seconda, la Biblioteca dei disegni, edita fra il 1975 e il 1984, a cura dello storico dell’arte Ulrich Middeldorf, si compone di ventotto volumi più un volume di indici, per complessivamente oltre 1200 tavole di riproduzione in facsimile dei disegni opera dei grandi Maestri, conservati in 80 Gallerie e Musei italiani e stranieri, venendo a costituire un’enciclopedica raccolta dedicata al disegno italiano. L’ingente impegno economico affrontato per la realizzazione della monumentale opera, in parte causa del cambiamento di proprietà dell’azienda avvenuto nel 1984, ha consentito, tuttavia, di alimentare un’altra importante fonte di finanziamento della Società grazie alla vendita delle singole riproduzioni dei disegni, montate su tavole, presso i bookshop dei principali Musei d’arte italiani.
6 Alcuni apparecchi della collezione museale sono stati pubblicati in Michele Falzone del Barbarò, Gli Alinari fotografi: strumenti di lavoro, Firenze, Alinari 1989, nella brochure dell’aziendale del 2002 intitolata Fratelli Alinari: dalla Fotografia all’immagine 1852-2002 e in Monica Maffioli (a cura di), MNAF. Museo Nazionale Alinari della Fotografia, guida del Museo, Firenze, Alinari 2006.
Con la chiusura, nel 2019, della Fratelli Alinari s.p.a e lo smantellamento del suo edificio storico, anche la Stamperia d’Arte ha concluso la sua attività e l’acquisizione da parte della Regione Toscana di tutti i materiali da essa prodotti, matrici, stampe, cartelle e opere editoriali, repertori catalografici storici, necessita a nostro parere, non solo di un’attenta rilettura tecnica e scientifica dell’attività svolta da questo particolare laboratorio artigianale, ma anche della valutazione di specifici criteri di selezione, conservazione e catalogazione dei materiali pervenuti in proprietà della Regione Toscana, compresa la progettazione di un apposito spazio di deposito dove eventualmente poter contestualizzare, all’interno di un percorso espositivo dedicato, anche la preziosa macchina per la stampa in collotipia, più volte nel passato oggetto di interesse per gli specialisti e per il pubblico, soprattutto se mantenuta in condizioni di poter ancora operare.
Un esemplare di ciascun volume o portfolio edito dalla Fratelli Alinari con illustrazioni in collotipia della Stamperia era presente nella Biblioteca. 7
1.4 La Biblioteca.
Biblioteca specializzata sul tema della fotografia nazionale e internazionale, con importanti edizioni storiche, collezione di periodici, libri rari e repertori, come i cataloghi delle aste fotografiche, di difficile reperimento nella quantità presente in altre biblioteche italiane e straniere. Per qualità e quantità di titoli (circa 24.000) è da considerarsi come una delle più qualificate biblioteche di settore in Italia e all’estero. La valorizzazione della Biblioteca, difficilmente accessibile agli studiosi e non aperta al pubblico quando era di proprietà Alinari, si profila come uno degli obiettivi principali della Fondazione, il luogo di riferimento per ogni attività di ricerca e di studio sulla fotografia, favorendo la comunità degli studiosi ad ‘abitare’ i suoi spazi e a contribuire a mantenere vivo il dibattito culturale sulle arti visive e le diverse discipline che interagiscono con la fotografia.
Il fondo bibliotecario, costituito da diverse unità di provenienza, come la raccolta completa delle pubblicazioni riferite alla produzione editoriale dell’Alinari o delle biblioteche private di Favrod, Donzelli, Malandrini etc…, è stato oggetto di una sommaria e incompleta catalogazione che dovrà necessariamente essere rivista in toto anche in base ai nuovi codici identificativi e di collocazione della sua nuova ubicazione all’interno degli spazi della Fondazione.
La sua gestione dovrebbe prevedere un numero adeguato di operatori e un regolare incremento bibliografico attraverso una costante politica di acquisizioni grazie ad un budget annuale dedicato.
La biblioteca dovrebbe prevedere, inoltre, la fondamentale attività di acquisizione e scambio delle proprie pubblicazioni con le maggiori istituzioni nazionali e internazionali che hanno biblioteche fotografiche di eguale importanza o con specifiche realtà di interesse. Ciò favorirebbe la creazione di una rete tra Istituzioni e un costante aggiornamento della Biblioteca stessa.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
7 Per quanto riguarda la storia dell’attività editoriale della Fratelli Alinari si rimanda al catalogo edito nel 2002 in occasione della celebrazione del 150° anniversario dell’azienda e della mostra curata in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Gli Alinari Editori. Il contributo iconografico degli Alinari all’editoria mondiale.
2. Linee di indirizzo e modelli operativi a proposito di articolazione degli spazi e loro destinazione d’uso.
In considerazione della diversità dei materiali che costituiscono il patrimonio Alinari, delle specifiche metodologie conservative relative alla diversa natura delle opere, della loro fragilità materica (es. le lastre di vetro, i dagherrotipi, i calotipi negativi, gli album etc…) e, in particolare, ritenendo indispensabile mantenere un profilo di continuità storica e metodologica rispetto al processo di istituzionalizzazione svolto dalla Fratelli Alinari, dalla sua costituzione fino al 2019, appare naturale pianificare la logistica degli spazi in modo coerente in base alla loro destinazione d’uso, diversificando in primo luogo tra spazi destinati ai diversi depositi di conservazione dei materiali e alla loro lavorazione da parte dello staff della Fondazione, e spazi aperti alla fruizione pubblica.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Non avendo ancora definito la o le sedi che accoglieranno le attività della Fondazione e il suo patrimonio fotografico, è possibile prevedere due scenari per la destinazione d’uso e la conservazione dei materiali. Nella prima ipotesi di un’unica sede, i diversi depositi sopra elencati potranno agevolmente consentire di svolgere tutte le attività previste, lavorazione interna e fruibilità esterna nelle modalità che verranno meglio individuate. Nella seconda ipotesi, nel caso in cui si rendesse necessario dislocare i depositi in due sedi, per motivi di limitazione degli spazi di stoccaggio del patrimonio fotografico e soprattutto in previsione di un auspicato programma a lungo termine di nuove acquisizioni, potrebbe diventare prioritario valutare la diversificazione della logistica in base alle priorità d’uso degli stessi materiali. Il deposito dei materiali afferenti alla ‘lastroteca storica’ e agli ‘archivi di negativi’, data la loro fragilità, deperibilità, unicità, in quanto opere - ‘matrici’ della fotografia analogica, potrebbe non avere la necessità di trovarsi nella stessa sede della Fondazione e del Museo, in quanto, salvo casi particolari, non è consigliabile consentire all’utenza esterna la consultazione diretta dei materiali e pertanto la loro movimentazione sarebbe estremamente ridotta. Le lastre e le pellicole negative potranno essere fruibili agli studiosi e al pubblico riprodotte in prima istanza in forma digitale e in positivo per consentirne la loro consultazione in modalità remota all’interno della banca dati catalografica on line. Nella stessa sede dei depositi si consiglia la predisposizione degli spazi necessari alle attività svolte dal personale della Fondazione per la movimentazione dei materiali al fine degli interventi di conservazione, restauro, catalogazione e digitalizzazione. L’ipotesi di spostare i materiali negativi nella sede della Fondazione per la loro lavorazione può presentare dei vantaggi di natura economica e di ottimizzazione del processo produttivo, tuttavia, potrebbe creare delle problematicità relativamente alla sicurezza dei materiali stessi.
In un’eventuale seconda sede dedicata allo stoccaggio del patrimonio della Fondazione potrebbero essere collocati anche il deposito degli apparecchi fotografici e delle attrezzature storiche e i materiali relativi alla Stamperia d’Arte. In entrambi i casi si tratta di materiali che, al di là di una puntuale selezione finalizzata ad un eventuale percorso espositivo nella sede del Museo e in modalità on line, molto probabilmente non saranno oggetto di consultazione da parte di una larga utenza di studiosi e comunque sarà possibile accedere alla loro visione solo su specifica e motivata richiesta.
Diversamente, i tre depositi delle stampe fotografiche ‘vintage’, degli album e dei libri illustrati con fotografie, delle stampe fotografiche in cornice, oltre alla Biblioteca, è auspicabile che vengano allocati nella sede della Fondazione in quanto rappresentano il nucleo centrale, il presupposto fondamentale intorno al quale si orientava la maggior parte delle attività svolte dall’azienda Fratelli Alinari e oggi il segno identitario e di unicità a livello internazionale della
Fondazione Alinari. Nella sede principale della Fondazione, inoltre, si potranno svolgere le diverse attività in spazi funzionali ai diversi scopi.
In ogni caso è di estrema rilevanza considerare nella fase progettuale di distribuzione degli spazi e dell’organizzazione interna ai depositi, fatto salvo quello dedicato alla “Lastroteca storica”, la necessità di prevedere una maggiore capacità di capienza rispetto ai volumi di ingombro preventivati per la conservazione del patrimonio acquisito dalla Fratelli Alinari s.p.a., prevedendo la possibilità di incrementare il patrimonio fotografico della Fondazione o depositato presso di essa. Questo aspetto risulterà decisivo e potrebbe incidere sulla capacità della Fondazione ad assolvere il ruolo centrale e determinante, nel quadro della politica culturale nazionale, di centro regionale e nazionale qualificato per la conservazione del patrimonio fotografico italiano.
2.1 Attività espositiva e editoriale.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
La storia aziendale della Fratelli Alinari ha messo in evidenza come, fin dalla fine dell’Ottocento, essa sia stata capace di adeguare la sua offerta fotografica ai cambiamenti richiesti dall’evoluzione dei tempi e delle tecniche di produzione, fino a ridefinire le sue attività principali in base alle nuove prospettive commerciali aperte prima dall’editoria illustrata, poi, con un ruolo di primo piano, alimentando la formazione della cultura fotografica italiana e la consapevolezza che la fotografia è un bene culturale, un’opera autoriale, e non un mero documento iconografico. A partire dalla nota mostra del 1977, la prima occasione in cui il grande pubblico riconobbe nelle fotografie dei Fratelli Alinari un patrimonio storico e visivo di grande rilevanza culturale, dagli anni ’80 l’azienda ha sviluppato una straordinaria attività espositiva e editoriale, presentando nei suoi spazi museali, dal 1985 in Palazzo Rucellai e poi in Piazza Santa Maria Novella, mostre progettate e realizzate in proprio o prodotte da altre Istituzioni nazionali ed estere, tutte accompagnate dal loro catalogo: mostre di qualità che hanno coinvolto nella loro produzione studiosi e specialisti e allo stesso tempo sono state in grado di allargare il pubblico appassionato di fotografia, facilitando la conoscenza dell’attività svolta dai più grandi maestri, ma anche aprendo la proposta ad un pubblico interessato ad argomenti diversi, dalla storia del territorio toscano attraverso le immagini d’archivio, alla fotografia di moda, archeologica, etnografica, botanica, medica, d’architettura, industriale etc.. Un’intensa attività, dunque, che ha portato alla realizzazione di mostre che hanno avuto più sedi in Italia e all’estero e che hanno consentito di stabilire un rapporto privilegiato con le principali istituzioni fotografiche, in particolare parigine, dove tra gli anni ’90 e il 2000 sono state presentate tre mostre dedicate alla storia della fotografia italiana, offrendo per la prima volta al pubblico francese l’occasione di approfondire, attraverso una selezione di opere scelte dalle raccolte museali Alinari, la conoscenza degli autori e della cultura fotografica del nostro Paese, dalla metà del XIX secolo alla metà del XX secolo. Il riconoscimento pubblico dell’eccezionalità delle opere fotografiche conservate nel patrimonio della Fratelli Alinari ha portato ad un incremento delle domande di collaborazione dell’azienda alla produzione di mostre prodotte da soggetti terzi e alla conseguente attività di prestito dei propri materiali ad altre Istituzioni e Musei, aumentando il lavoro dello staff dedicato alla movimentazione e alla conservazione del patrimonio; allo stesso tempo, ha consentito all’azienda di acquisire ulteriori competenze nel campo delle esposizioni e di essere riconosciuta come partner di una rete internazionale di qualificate istituzioni attive nella produzione di eventi culturali fotografici.
Parallelamente all’attività espositiva la Fratelli Alinari ha avuto un importante ruolo editoriale nel settore della fotografia, partecipando in modo determinante allo sviluppo in Italia della produzione di studi e di ricerche dedicate al settore. Oltre ai cataloghi delle sue mostre,
occasione di puntuali indagini storico-critiche affidate a riconosciuti studiosi e docenti, l’azienda ha sostenuto in proprio la pubblicazione di una delle poche riviste italiane dedicate, alla metà degli anni Ottanta, all’indagine critica e storica della fotografia italiana, la cui direzione venne affidata a Italo Zannier. Un’impresa editoriale che ha portato alla pubblicazione di 19 numeri, e che è tutt’oggi di riferimento per essere stata uno spazio culturale che ha stimolato il confronto e la ricerca fotografica in Italia.
Questo patrimonio di attività e di esperienze non deve essere disperso, costituendo un importante riferimento per la Fondazione che a sua volta potrà sviluppare una sua programmazione annuale di esposizioni temporanee da realizzare in un adeguato spazio da individuare possibilmente all’interno della sua sede. Una programmazione di eventi espositivi costituirebbe, prima di tutto, l’occasione per far conoscere al grande pubblico il ruolo svolto dalla Fondazione nel salvaguardare, acquisire e valorizzare il proprio patrimonio, mettendolo in dialogo con altri importanti archivi toscani e italiani; in secondo luogo, le mostre consentirebbero alla Fondazione di svolgere un ruolo di primo piano e di forte comunicazione identitaria, facilitando la costituzione di una rete di rapporti privilegiati con altre importanti realtà con le quali sarà possibile aprire delle forme di collaborazione e di scambio di mostre, attivando un circuito virtuoso utile a formare un gruppo di specialisti e di studiosi di riferimento nazionale e internazionale. Un’intensa attività di rapporti di scambio e di collaborazione con istituzioni museali e culturali italiane e straniere favorirebbe e rafforzerebbe il processo di accreditamento del Museo, anche allo scopo di facilitare l’accesso ai finanziamenti europei e la coproduzione di iniziative espositive e editoriali.
Le stesse mostre consentirebbero, attraverso una specifica progettazione di prodotti derivati da pubblicare on line, di ampliare il raggio d’utenza e la comunicazione dell’evento principale; inoltre, offrirebbero molteplici possibilità di progettare dei calendari di eventi divulgativi legati al tema della mostra.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Infine, l’attività espositiva costituirebbe l’opportunità per promuovere la pubblicazione dei cataloghi che le accompagneranno, strumenti fondamentali per sostenere lo studio e la ricerca, e avviare una produzione editoriale della Fondazione che potrà dare anche spazio alla proposta di pubblicazioni di carattere scientifico dedicate alle diverse aree disciplinari che convergono sulla fotografia.
3. Analisi schematica delle attività svolte dalle maggiori istituzioni nazionali e internazionali.
Sono state oggetto della nostra analisi alcune importanti realtà internazionali e nazionali che operano nel campo della conservazione, gestione, valorizzazione, comunicazione e promozione della fotografia e che presentano caratteristiche patrimoniali e di gestione in parte comparabili a quelle già della società Fratelli Alinari.
In considerazione della forte vocazione museale del patrimonio Alinari, inerente la storia della fotografia italiana e internazionale, dalle origini al presente, le istituzioni esaminate presentano affinità con la sua identità museale; per tali ragioni l’indagine non ha considerato importanti realtà che presentano, tuttavia, un profilo archivistico e/o la connotazione di genere delle immagini fotografiche riferibili ad una specifica area disciplinare (archeologia, storia dell’arte, etnografia, geografia, scienze etc.), che ha storicamente motivato la stessa formazione della collezione fotografica caratterizzandola tutt’oggi come un repertorio documentario e in second’ordine come di un ‘corpus’ di opere fotografiche autoriali.
L’analisi ha preso in considerazione la consistenza delle collezioni, la loro gestione, l’attività di digitalizzazione, la qualità dell’accesso ai dati forniti all’utenza on line e la politica di licensing dell’immagine riprodotta dalle fotografie originali.
I dati sono stati ricavati dalle informazioni pubblicate nei siti on line delle stesse Istituzioni.
3.1. George Eastman Museum, Rochester
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Nato per volontà di George Eastman, fondatore dell’omonima compagnia produttrice dal 1884 di lastre fotografiche negative e, dal 1892, dell’apparecchio e della pellicola Kodak. Oltre alla donazione lasciata da George Eastman, il museo conserva 400.000 fotografie dalle origini del medium, 1839, all’attualità, dal dagherrotipo al digitale, e continua una programmatica campagna di acquisizioni. Sono presenti i lavori fotografici di oltre 800 autori. Conserva, inoltre, la principale collezione mondiale di tecnologia fotografica e cinematografica con oltre
16.000 artefatti, dai primi apparecchi fotografici ai dispositivi digitali di oggi, tutti i tipi di equipaggiamenti necessari alla realizzazione di immagini, così come la documentazione relativa all’attività, alla lavorazione e alla comunicazione della produzione dell’industria fotografica e cinematografica.
Più di 250.000 fotografie e tecnologie sono ricercabili nel catalogo on line disponibili per ricerche e pubblicazioni. Nel loro sito si motiva il pagamento dell’eventuale utilizzo delle loro immagini digitali in considerazione “del vantaggio che lo studioso, l’editore o il professionista acquisisce dell'utilizzo di immagini dalla collezione di fama mondiale, immagini eticamente provenienti da artefatti originali e digitalizzate internamente per produrre file incontaminati ad alta risoluzione. Inoltre egli acquisisce con la provenienza dell'oggetto e del suo contesto storico un valore aggiunto alla sua ricerca e al suo processo decisionale. Il museo è un’istituzione no profit e collaborare con il museo significa contribuire agli sforzi per il mantenimento delle collezioni e il loro ampliamento”. Per avere delle immagini in alta definizione bisogna quindi prendere contatto con il personale addetto del museo. Il museo collabora con il Kay R. Whitmore Conservation Center che è responsabile della conservazione dei materiali sui quali conduce ricerche e ha il compito di proporre programmi educativi per il pubblico anche con workshop dedicati alla storia dei processi fotografi.
3.2. Getty Museum, Los Angeles
Inizia la sua attività di acquisizione di fotografie nel 1984 e oggi possiede circa 100.000 pezzi catalogati e visibili on line. La sua collezione è dedicata ai più importanti maestri della fotografia dalle origini alla contemporaneità.
Per ragioni conservative le opere non sono esposte in modo permanente, ma a rotazione, e sono utilizzate per mostre o per prestiti a terzi.
Le immagini digitali delle fotografie in collezione che ricadono nel pubblico dominio sono disponibili gratuitamente in download dal catalogo on line senza permessi e per qualsiasi tipo di uso come indicato nel programma del Getty Open Content Program. Per tutte le altre immagini è necessario fare una richiesta di autorizzazione come da apposito regolamento Ordering and Reproducing Images.
Dipartimenti operativi al Getty Museum: mostre e installazioni, collezioni, educazione, conservazione, pubblicazioni, programmi pubblici.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Nel sito si trovano 3 video educativi che spiegano le competenze delle diverse figure professionali necessarie al trattamento della fotografia, Curatore, conservatore, catalogatore.
3.3. International Center of Photography (ICP), New York
Cornell Capa ha fondato l’ICP nel 1974 ed è oggi considerata una delle principali istituzioni al mondo dedicata alla fotografia e alla cultura visiva. Nel loro sito è enunciato: “Capa ha voluto fondare questo Centro allo scopo di sostenere la “fotografia impegnata”, immagini di orientamento politico e sociale che possono educare e cambiare il mondo. Attraverso mostre, programmi educativi, la sensibilizzazione della società e progetti pubblici, l’ICP offre uno spazio aperto al dialogo intorno al potere delle immagini.” La loro collezione permanente contiene più di 200.000 stampe fotografiche originali e related materials dalle origini della fotografia alle opere contemporanee. Nel loro sito sono disponibili per la visione alcune fotografie e in caso di ricerche o visite si invitano gli utenti interessati a contattare il personale dell’istituto. Sono molto sviluppate le attività espositive e educative così come da loro programma statutario. Gli spazi sono progettati come luogo di permanenza, con una biblioteca aperta al pubblico e una caffetteria.
3.4. Library of Congress, Washington
La più grande Biblioteca al mondo mette a disposizione nel suo catalogo on line 18 Milioni di schede relative a libri, manoscritti, mappe, fotografie, disegni, registrazioni audio etc.. con un costante incremento di milioni di dati. Sono consultabili nel catalogo on line circa 1 Mil. di immagini relative ai suoi fondi fotografici e di disegni. Dal 3 gennaio 2008, circa 3000 fotografie sono state pubblicate sul sito Flickr, relative a due collezioni con immagini riferite agli anni 1910 e 1930-40, fotografie di sport, eventi, teatro, celebrità, crimini, scioperi, disastri e attività politiche per lo più relative alla città di New York e rese disponibili per la libera consultazione. Per l’utilizzo delle immagini digitali a qualsiasi tipo di uso, escluso quello di studio, l’utente potrà fare riferimento alle specifiche schede relative alla titolarità autoriale o di altro genere a cui sottostà l’immagine se non è di pubblico dominio. Nelle schede è anche indicato, ove conosciuto, l’avente diritto sull’immagine e ne fornisce il contatto a cui rivolgersi per la liberatoria. Si tratta di un servizio che nessun’altra Istituzione fornisce con trasparenza e on line.
3.5. Centre Canadien D’ Architecture (CCA), Montreal
La collezione fotografica, incentrata sul tema dell’architettura, è stata avviata nel 1974, prima della creazione del CCA, e conserva più di 60.000 immagini dal 1839 al oggi. Ne fanno parte anche una serie di lavori commissionati dal CCA ad artisti contemporanei nell’ambito di progetti specifici o mostre. Le opere risultano non visibili on line dove è solo indicato l’elenco dei fondi presenti accompagnati da una descrizione del contenuto. Per qualsiasi uso delle
immagini è necessario farne con largo anticipo richiesta all’istituto e provare che ha ottenuto dagli aventi diritto la liberatoria per l’utilizzo dell’immagine.
3.6. Victoria & Albert Museum (V&A), London
La storia delle collezioni fotografiche del V&A è strettamente connessa con lo sviluppo del museo nel suo complesso. Il suo primo direttore, Henry Cole, fu un appassionato di fotografia e un grande sostenitore dell’arte fotografica. Diede vita alla collezione fotografica nel 1856, anno in cui venne fondato il South Kensington Museum, ora il V&A, e da allora la collezione si è ingrandita fino ad essere oggi di livello internazionale con oltre 800.000 fotografie dal 1839 al presente. La fotografia è vista come una combinazione tra scienza e arte in cui i progressi della tecnica alimentano costantemente la creatività e la realizzazione artistica. Dal 2016 conserva la collezione fotografica della Royal Photographic Society.
Per le fotografie senza diritti e di dominio pubblico è possibile il download dell’immagine in diverse risoluzioni. Le altre sono soggette a copyright ed è necessario farne richiesta scritta.
3.7. Société Française de Photographie (SFP), Paris
Associazione fondata nel 1854 da un gruppo di amatori, scienziati e artisti, riconosciuta di utilità pubblica nel 1892, è depositaria di una delle più importanti collezioni patrimoniali private dedicate alla fotografia. L’Associazione è oggi un centro di ricerca e di risorse dedicato all’immagine fotografica e alla sua storia. Conserva centinaia di migliaia (non specificata la quantità) di rarità fotografiche, dal fondo Daguerre fino alle sperimentazioni delle avanguardie, dalle opere di primi fotogiornalisti alle decine di migliaia di negativi dei fotografi dilettanti riuniti nelle prime associazioni fotografiche.
La varietà dei supporti (metallo, vetro, carta, tessuto etc.) delle immagini conservate nella collezione, come la diversità delle tecniche è considerevole. La biblioteca è costituita da più di
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
8.000 volumi e circa 500 titoli di periodici francesi e stranieri datati dalle origini ai nostri giorni. Alle immagini si aggiungono un migliaio di oggetti fotografici, apparecchi, otturatori, obiettivi etc.
Attualmente la vita della collezione si concentra attorno all’attività di conservazione, catalogazione, attività espositive e editoriali, consulenze. L’agenzia della collezione facilita la diffusione delle immagini nell’editoria e sul web e organizza il prestito delle opere per le mostre in Francia e all’estero. Da qualche anno le collezioni sono luogo di formazione delle nuove generazioni appassionate di fotografia che si specializzano nella gestione e valorizzazione dei fondi fotografici. Dal 2012 si lavora all’on line e all’immissione di informazioni catalografiche al fine di facilitare le ricerche nella collezione. Le collezioni degli originali sono consultabili dai membri dell’associazione su appuntamento o per visite di gruppo. Hanno un blog per informare e aggiornare sulle attività in corso.
Dal catalogo on line si può effettuare il download in media risoluzione ma con digital mark. Per ricevere l’alta risoluzione si deve chiedere l’autorizzazione a fronte di un tariffario diversificato a seconda dell’utilizzo. Il prestito delle opere fotografiche per altre mostre è anch’esso condizionato al pagamento di un fee.
3.8. Maison Européenne de la Photographie ( MEP), Paris
Nata nel 1988 per volontà di Jean-Luc Monterosso, la collezione costituita dalla MEP è rappresentativa della creatività della fotografia internazionale dagli anni 1950 a oggi. È attualmente costituita da circa 20.000 opere che affrontano ogni genere artistico, dal reportage alla fotografia di moda, dalle pratiche documentarie contemporanee fino alle opere che si situano al confine tra fotografia e arti plastiche. La Collezione degli autori è costituita
essenzialmente da stampe da esposizione realizzate dagli artisti o sotto il loro controllo acquisite sul mercato o ricevute in donazione dagli stessi artisti, come nel caso ad esempio di Édouard Boubat, Henri Cartier-Bresson, Harry Callahan, Raymond Depardon, Jim Dine, Ikko Narahara, Irving Penn, David Seidner, Jeanloup Sieff, Ralph Gibson… Un comitato internazionale composto da 5 personalità del mondo della fotografia si riunisce una volta l’anno per valutare le proposte di acquisizione. Poiché il mercato della fotografia dagli anni 2000 ha reso più difficile l’acquisizione delle opere degli autori affermati, l’attenzione della MEP è orientata nel rafforzare il suo impegno verso autori all’inizio della loro carriera.
L’attività sulle collezioni assicura un costante lavoro di conservazione preventiva grazie alla collaborazione con l’Atelier de Restauration et de Conservation des Photographies de la Ville de Paris (ARCP) che si occupa anche della preparazione delle opere per le esposizioni interne e in caso di richieste di prestito per mostre di terzi. Le domande di prestito devono pervenire alla MEP con 6 mesi di anticipo rispetto alla data di inaugurazione della mostra per la quale vengono richieste e il richiedente deve poter garantire adeguate condizioni ambientali e di sicurezza conformi alle norme museali; deve anche prendere in carico tutti i costi relativi al prestito: restauro, constatazione dello stato dell’opera, incorniciatura e trasporto realizzato da un trasportatore specializzato in opere d’arte. La MEP mette a disposizione del pubblico la biblioteca e la videoteca Romeo Martinez con 30.000 volumi e 750 filmati dedicati alla fotografia. Entrambe sono consultabili on line e nelle 24 postazioni di lavoro dedicate all’interno della biblioteca, oggi riferimento internazionale. Nel loro sito non è disponibile un catalogo sistematico delle collezioni ed è solo parzialmente possibile conoscere cosa ne fa parte attraverso alcuni video e podcasts.
3.9. Bibliothèque national de France (Bn F), Paris
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Attraverso il sito xxx.xxxxxxx.xxx.xx è possibile consultare 28.000 immagini relative alla collezione fotografica della BnF, dal 1839 al 1940, classificate per autore, collezione o tecnica, e più di 110.000 fotografie di agenzie giornalistiche. La maggior parte dei materiali fotografici disponibili è di dominio pubblico e quindi l’utilizzazione non commerciale delle immagini è gratuita mentre quella commerciale è sottoposta al pagamento di una licenza d’uso.
Nel sito della BnF è stata recentemente creata una banca dati di immagini rivolta al pubblico professionale che desidera acquistarle in alta definizione per uso commerciale. La banca di immagini offre delle funzionalità di ricerca e di acquisto adattate per coloro che si occupano professionalmente dell’uso di immagini. Dei portfolio e una newsletter suggeriscono alcuni progetti editoriali sui grandi temi delle mostre, delle date degli anniversari, avvenimenti storici, ma anche di scoprire le collezioni della BnF, di essere informati sulle nuove immagini o gli artisti entrati nel data base. La qualità della descrizione e dell’indicizzazione è garantita dai referenti della BnF e dal rigore scientifico dei conservatori e degli iconografi della Banca di Immagini. La qualità e la risoluzione delle immagini copre la grande maggioranza delle utilizzazioni editoriali; le norme adottate dall’atelier di digitalizzazione garantiscono riproduzioni fedeli all’originale. Il servizio offerto ai professionisti dalla BnF prevede anche un accompagnamento personalizzato per aiutare l’editore, l’iconografo, il professionista degli audiovisivi, della comunicazione e dei multimedia, sottoponendogli immagini complementari, seguendolo nel suo acquisto e nella negoziazione economica.
3.10. Nederlands Fotomuseum (NFM), Rotterdam
Fondato nel 1989 con il nome Nederlands Foto Archief, nel 2003 è stato rinnovato e ha assunto il nuovo nome di Nederlands Fotomuseum. Colleziona fotografia olandese e la storia gioca un ruolo cruciale nel processo di selezione: il museo non colleziona singole opere fotografiche ma archivi completi o serie fotografiche. Attualmente il the Nederlands Fotomuseum conserva più
di 160 archivi con fotografie dalle origini al contemporaneo, gestendo una parte importante del patrimonio visivo olandese. La missione del Fotomuseum è di salvaguardare il patrimonio fotografico attuale e futuro dei Paesi Bassi e di renderlo fruibile al pubblico. A tale scopo, raccolgono ed espongono fotografie in un contesto di attualità che riflette il mondo in cui viviamo, arricchendo la vita delle persone con significative storie visive. La mostra Tall Stories, inaugurata nel novembre 2019 ha segnato un nuovo indirizzo storico critico del museo offrendo una varietà di storie visive provenienti dalle sue collezioni, assemblando fotografia storica e contemporanea, differenti generi fotografici e autori, professionisti e amatoriali, creando una proposta visiva estremamente inusuale. Una scelta curatoriale che ha voluto mettere al centro la riflessione sulle collezioni del museo e sulla varietà di tematiche narrative che la fotografia affronta. La storia della fotografia è, dunque, rappresentata da una prospettiva contemporanea, facendo uso di nuove forme di presentazione, tecnologie e piattaforme; la massima visibilità e il coinvolgimento di un pubblico più ampio possibile sono tra gli obiettivi di rilevanza del museo.
Le fotografie della collezione sono regolarmente utilizzate per mostre interne e sono fornite quotidianamente ai giornali, editori, curatori di mostre e privati. Parte della collezione, circa 750.000 immagini, sono consultabili sulla banca dati digitale dove possono essere scaricate a pagamento per usi editoriali o in forma di stampe.
3.11. Finnish Museum of Photography, Helsinki
Fondato nel 1969 il Finnish Museum of Photography è il più antico museo dedicato alla fotografia in Europa. Le sue collezioni sono conservate, digitalizzate e studiate all’interno degli spazi della Kaapelitehdas Cable Factory, grande esempio di archeologia industriale convertita in diversi ambienti dedicati all’arte e alla cultura. Il Finnish Museum of Photography occupa 5 piani oltre allo spazio espositivo. Le collezioni includono circa 3 Milioni di immagini e centinaia di oggetti relativi alla fotografia, un archivio cartaceo e una biblioteca, visitabili dai ricercatori su prenotazione.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Su Flickr è possibile trovare alcune centinaia di immagini fotografiche delle sue collezioni ad uso gratuito, mentre per qualsiasi altra immagine ne va fatta richiesta al museo e per ciascun tipo di utilizzo l’utente può conoscerne il costo grazie ad un listino pubblicato sul loro sito.
3.12. Fotomuseum Winterthur Foundation, Zurich
È stato fondato nel 1993 e insieme al Fotostiftung Schweiz, dal 2002 costituisce il Centre for Photography, il più importante centro svizzero dedicato alla fotografia. Il Fotomuseum è governato da una Fondazione che è responsabile del mantenimento del suo mandato culturale e del suo patrimonio, in particolare dell’edificio e delle collezioni. La Fondazione nomina gli Amministratori, sviluppa la strategia in collaborazione con il personale e approva il budget e il bilancio. Le collezioni dei due musei, storiche e contemporanee, contribuiscono a plasmare una storia in evoluzione, una narrazione continua e una comprensione più profonda dei media fotografici. Internamente, la Fondazione garantisce la stabilità dell'istituzione e l'autonomia artistica del programma. Esternamente è impegnata a rappresentare il Fotomuseum e le sue attività.
Il museo considera un aspetto chiave del suo lavoro l’educazione. Oltre alle mostre, alle pubblicazioni e alla ricerca teorica, l’educazione è centrale e non si svolge solo all’interno del museo ma anche in altri luoghi, nelle scuole e in qualità di relatore in occasioni di conferenze in Istituzioni e on line. Il museo è impegnato nel seguire e sostenere i rapidi cambiamenti legati all’evoluzione dei media nell’epoca contemporanea incoraggiandone l’uso con una attenta riflessione sulle loro potenzialità.
Dai nomi affermati ai talenti emergenti, i lavori fotografici che presenta affrontano temi contemporanei creando un legame tra la storia della fotografia e il suo futuro. Esplorano l’intero
spettro della fotografia, artistica, applicata e sociale, riflettendo criticamente sui diversi contesti in cui si presenta.
La sua collezione di fotografia, creata attraverso acquisti e donazioni, conta oggi circa 8.000 oggetti fotografici e in larga parte documenta le attività espositive svolte costituendo un archivio fisico di opere internazionali e gruppi di opere dal 1960 al presente. Oltre alle stampe fotografiche conserva poster e libri d’artista in quanto la definizione di cosa è fotografico si è dilatata, vedendo negli ultimi anni l’acquisizione di proiezioni digitali e installazioni.
La collezione è on line ma le immagini non sono disponibili in licensing in quanto la maggioranza ancora coperte dal copyright dell’artista.
3.13. Musée de l’Elysée, Lausanne
Fondato nel 1985 da Charles-Henri Favrod, dal 1988 è gestito della Fondation de L’Elysée, fondazione di diritto privato. “Lo scopo della Fondazione è di costituire una collezione di fotografie depositate al Museo dell’Elysée, inoltre permette di sostenere il Museo nei suoi progetti cercando dei partenariati con le istituzioni pubbliche e private, con delle banche, delle imprese e dei mecenati.”
Dopo 34 anni di attività, dal 27 settembre 2020 al giugno del 2022 sarà chiuso perché entrato a far parte del progetto PLATEFORME10, che prevede il suo trasferimento in un’unica sede con il Museo di design e delle arti applicate contemporanee e il Museo cantonale delle Belle Arti di Losanna. Si tratta di un progetto culturale innovativo di grande rilevanza che vede presenti in una sola sede e in dialogo fra loro diversi linguaggi figurativi contemporanei.
Le collezioni fotografiche del Musée de l’Elysée comprendono opere dalle origini ai giorni nostri, realizzate con diversi procedimenti tecnici e da molti autori, dai grandi maestri ai meno conosciuti, e rappresentano i diversi generi della fotografia, artistica o documentaria, d’amatore o professionale, fotogiornalismo o ritrattistica, etc..
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Il museo è riconosciuto per la capacità di gestione dei fondi fotografici che gli vengono affidati, nella maggior parte dei casi anche per quanto riguarda i diritti d’autore. I diversi fondi depositati nel museo sono studiati, catalogati, restaurati e digitalizzati. Non è presente un catalogo sistematico di tutte le opere in collezione ma delle descrizioni generali dei fondi e dei fotografi rappresentati, con alcune immagini digitalizzate; tuttavia, dal 2014 ha avviato un importante progetto di conservazione e fruizione per le generazioni a venire, che prevede la digitalizzazione dei 20.000 volumi di sua proprietà relativi alla storia della fotografia. Grazie ad uno scanner automatico capace di digitalizzare 1.500 pagine l’ora, il museo ha l’ambizione di portare a termine la prima ‘biblioteca dematerializzata’ di libri di fotografia affermandosi come un polo di ricerca di eccellenza nella digitalizzazione. Dal gennaio del 2017 sono accessibili on line 2000 volumi digitalizzati pagina per pagina e indicizzati, nei quali si può fare ricerche testuali ed è possibile sfogliare le singole pagine. Applicando la logica dei Big Data ai libri di fotografia, il Museo intende aprire delle nuove prospettive di ricerca e di accessibilità.
Dal 2014 il Museo sostiene il ‘Prix Elysée’, impegnandosi per incoraggiare la creatività dei fotografi e la realizzazione di nuove opere. Il premio, assegnato da una commissione del museo, è biennale e permette agli artisti che usano la fotografia, di qualsiasi nazionalità, di realizzare nella sua sede una mostra e il relativo catalogo.
3.14. Ludwig Museum, Köln
Il museo conserva una straordinaria collezione di oltre 70.000 fotografie, dalle origini al presente.
La collezione comprende le raccolte fotografiche Agfa Photo-Historama, l’archivio del fotografo Robert Lebeck e un’ampia raccolta di opere di fotografi russi, dal 1920 al 1930, parte della collezione di Daniela Mrazkova, acquistata nel 2008, oltre a dagherrotipi, rare fotografie
del XIX secolo, album e portfolio oltre a materiali di vario genere della storia culturale del medium.
Dal 2017 parte della collezione fotografica è presentata al pubblico in una speciale stanza all’interno della collezione permanente del museo Ludwig con la volontà di far conoscere gradualmente al pubblico l’intera collezione; è stato contemporaneamente aperto il FotoLab, uno spazio dedicato ai bambini e agli adulti in cui possono partecipare e sperimentare una camera oscura oppure creare delle piccole mostre utilizzando 15 riproduzioni tratte dalle collezioni fotografiche. Il Museo ha digitalizzato circa 5.000 fotografie della collezione Agfa Photo-Historama e il catalogo on line, dove è possibile vedere la catalogazione di tutte le opere fotografiche, viene costantemente incrementato con la digitalizzazione delle immagini da allegare alla scheda catalografica. Per la richiesta e l’utilizzo delle immagini deve essere fatta richiesta scritta.
Sono organizzate regolarmente mostre fotografiche e per motivi conservativi le fotografie non vengono esposte per più di tre mesi, ai quali seguono fino a 5 anni di custodia nei depositi. I visitatori e chiunque interessato, dagli studiosi agli amatori, possono prendere visione delle fotografie facendone richiesta scritta e su appuntamento.
3.15. Münchner Stadtmuseum, Collezioni fotografiche (già Fotomuseum), München
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Inaugurato nel 1963, il Fotomuseum (ora Collezione fotografica) è una delle principali collezioni in Europa con un patrimonio di oltre 850.000 fotografie. Il fulcro delle collezioni è pervenuto negli anni ’80 ma viene costantemente ampliato con particolare interesse alla fotografia contemporanea. Con l'acquisto della collezione del fotografo ebreo Josef Breitenbach nel 1977, vennero acquisite oltre 600 stampe fotografiche originali di fotografi di fama internazionale (Berenice Abbott, Robert Capa, André Kertesz) alle quali si aggiunse nel 1984 l'acquisto della collezione Uwe Scheid sulla storia della fotografia nel XIX secolo, comprendente oltre 1.000 oggetti. Nel 1985 la Fondazione Franz Hanfstaengl è entrata nel museo. Dal 1991, sono entrati nella collezione 30 archivi e lasciti, tra cui quello di Herbert List con oltre 1.300 stampe vintage, gli archivi di Thomas Hoepker, Philipp Kester, Stefan Moses, Regina Relang, Frank Eugene Smith e l'archivio della rivista illustrata Quick.
E’ disponibile per la ricerca scientifica una biblioteca specializzata con oltre 12.000 volumi e
1.000 libri fotografici rari. Il riconoscimento internazionale del Fotomuseum come luogo di ricerca e promozione della fotografia è avvenuto grazie all’attività espositiva svolta negli ultimi venti anni con la produzione di importanti mostre retrospettive come quelle dedicate a Nobuyoshi Araki, Roger Ballen, Felice Beato, Joachim Brohm, Samuel Bourne, Frank Eugene, Thomas Hoepker, Annie Leibovitz, Herbert List, Stefan Moses, Irving Penn, Toni Schneiders, Giorgio Sommer o Juergen Teller. Altre mostre tematiche hanno trattano la storia culturale del fotogiornalismo e della fotografia istantanea privata.
Non sembra essere presente nel loro sito un catalogo della collezione on line ma per la ricerca di immagini dei loro archivi rimandano ad altre banche dati dove è possibile visionare parzialmente il lavoro fotografico di alcuni autori, come l'archivio del fotografo Philipp Kester, disponibile su xxx.xxx-xxxxxxxxxxx.xx, della fotografa Elfriede Reichelt e del fotografo Ingeborg Hoppe xxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xx, del pittore-fotografo di Heidelberg Georg Maria Eckert nell’archivio di immagini Preußischer Kulturbesitz e nella Deutsche Fotothek.
3.16. Museo di Fotografia Contemporanea (MUFOCO), Cinisello Balsamo. Inaugurato nel 2004 su progetto della Provincia di Milano e dal 2005 gestito da una Fondazione di partecipazione con i due soci fondatori, Provincia di Milano e Comune di Cinisello Balsamo,
è un museo che raccoglie solo fotografia contemporanea. Nel 2007 gli è stata riconosciuta l’identità di “museo” ai sensi della legge regionale 1/2000 poiché in possesso degli standard nazionali di funzionamento e sviluppo previsti a livello nazionale dal decreto ministeriale del 10 maggio 2001. Partendo dal nucleo iniziale, costituito dal Fondo Archivio dello Spazio, un progetto di committenza svoltosi tra il 1987 e il 1997, ha negli anni arricchito la sua collezione con l’acquisizione di fondi fotografici di proprietà o pertinenza del Museo o della Regione Lombardia confluiti nel museo stesso. La collezione evidenzia alcuni filoni principali di ricerca all’interno della fotografia italiana e internazionale dal secondo dopo guerra ad oggi: l’indagine del mutamento del paesaggio contemporaneo dagli anni Ottanta del Novecento, la fotografia sociale e di reportage nelle sue diverse forme di comunicazione, la ricerca artistica attraverso il mezzo fotografico, dalle avanguardie alla contemporaneità.
Il Museo dispone di un patrimonio di 2 milioni di fotografie, organizzate in 35 fondi fotografici, con opere di oltre 600 autori italiani e stranieri; le fotografie originali possono essere consultate in sede e, in parte, on line, dove oggi sono ricercabili 56.229 immagini di 455 autori, appartenenti a 34 fondi. Tutte le fotografie sono soggette a copyright d’autore e non è possibile il loro download.
3.17. Fondazione Modena Arti Visive (FMVA), Modena
Fondazione Modena Arti Visive nasce, per iniziativa del Comune di Modena e della Fondazione di Modena, nell’ottobre del 2017, raccogliendo l’eredità e il patrimonio culturale delle tre istituzioni che sono confluite in essa: la Galleria Civica di Modena, la Fondazione di Modena, il Museo della Figurina Panini.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Le collezioni della Fondazione sono composte dalla raccolta fotografica della Galleria Civica del Comune di Modena, che conserva oltre 4000 opere dei maggiori fotografi internazionali dal secondo dopoguerra a oggi, dalla Collezione fotografica di Fondazione di Modena, composta da oltre 1300 opere di artisti italiani e internazionali contemporanei e da una collezione di fotografie storiche. La collezione storica della Fondazione è composta da cinque fondi fotografici che datano dal 1863 agli anni Cinquanta per un totale di oltre 114.000 immagini realizzate da fotografi modenesi, oltre a un importante archivio di oltre 10.000 negativi sulla Biennale d’Arte di Venezia, dal 1948 al 1986 provenienti dall’archivio Cameraphoto.
Inoltre, grazie all’attività di deposito e tutela della fotografia storica ereditata dall’ex Fotomuseo Panini (attivo a Modena dal 1997 al 2012 e successivamente confluito in Fondazione Fotografia), FMAV può contare su un patrimonio di oltre 1.500.000 immagini che documentano l’attività fotografica del territorio modenese di cui 130.000 catalogate. La consultazione del patrimonio afferente alla Fondazione è possibile attraverso un link ai data base realizzati dalle diverse Istituzioni che ne fanno parte, mancando uniformità di consultazione e di informazioni.
L’uso delle fotografie soggiace ad un apposito regolamento e tariffario che non è visibile on- line ma solo su richiesta specifica.
La Fondazione opera la promozione e valorizzazione delle collezioni che gestisce, attraverso attività espositive e attività formative e didattiche, ma anche proponendo una programmazione culturale incentrata sulle culture visuali contemporanee. Sotto il profilo dell’alta formazione, la fondazione attraverso la sua Scuola propone un Master sull’immagine contemporanea di durata biennale, e un corso per curatori, con particolare riferimento alla fotografia e all’immagine in movimento. Promuove, inoltre, numerosi workshop e corsi brevi destinati sia agli addetti ai lavori sia al pubblico non professionale, oltre a una programmazione didattica continuativa rivolta in particolare alle scuole. La Fondazione offre servizi a terzi di restauro, di deposito, in forma di donazione o di accordi specifici, di catalogazione e di digitalizzazione.
3.18. Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC), Parma
Lo CSAC è un Archivio, un Museo e un Centro di Ricerca e Didattica dell’Università di Parma fondato nel 1968 dal professor Arturo Carlo Quintavalle, studioso di fondamentale importanza per l’attività di studio e di ricerca in campo fotografico. Fin dai primi anni il compito istituzionale è stato la raccolta, conservazione, catalogazione e promozione del patrimonio culturale. La sua attività di acquisizione è stata rivolta alla costituzione di una raccolta di arte, fotografie, disegni di architettura, design, moda e grafica; è strutturato in cinque sezioni: Arte, Fotografia, Media, Progetto, Spettacolo, e conserva circa dodici milioni di pezzi, di cui circa nove milioni sono immagini fotografiche. Un insieme di materiali per servire a una storia totale dei fatti della comunicazione e non l’esposizione gerarchizzata dei capolavori della loro produzione.
Dal maggio 2015, negli spazi dell’Abbazia di Valserena a Paradigna, l’Archivio-Museo dello CSAC si presenta come uno spazio multifunzionale, dove le aree del Museo si integrano a quelle già esistenti dell’Archivio e del Centro di Ricerca. La possibilità di avere uniti, in totale integrazione, un Archivio, un Museo e un Centro di Ricerca e Didattica, costituisce già un unicum di enorme portata.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Una formula che mantiene e potenzia le attività di consulenza e di supporto alla didattica, di organizzazione di mostre dedicate ai Fondi conservati, un centinaio, e pubblicazione dei rispettivi cataloghi; di contributo alle ricerche e attività di prestito e collaborazione ad esposizioni in altri musei. L’Archivio costituisce la più vasta e complessa raccolta di materiali originali della cultura visiva e progettuale in Italia. È strutturato come sistema archivistico organico nel quale opere e documenti di diversa natura sono posti in relazione al fine di permettere ricerche trasversali e consentire agli utenti di svolgere indagini ampie e complesse. La Sezione Fotografia del CSAC inizia la sua attività nel 1970, con esposizioni su Lee Friedlander e sulla New Photography USA in collaborazione con il Dipartimento Fotografia del MoMA di New York. A quel modello, oltre che a quello della Library of Congress di Washington, si ispirava Arturo Carlo Quintavalle che acquisì all’Università di Parma oltre 3000 fotografie della Farm Security Administration (di Dorothea Lange, Walker Evans, Ben Shahn ed altri) e iniziò a raccogliere donazioni di autori e archivi privati. Era l’unica istituzione universitaria italiana che si occupasse della fotografia, la prima (dal 1978) dotata di ambienti appositamente climatizzati per la conservazione dei materiali fotografici. Così le raccolte e le attività espositive crebbero velocemente. Nel 1973 si tenne la prima antologica di Ugo Mulas, nel 1977 di Nino Migliori, nel 1979 di Luigi Ghirri, nel 1980 di Mario Giacomelli.
Attualmente conserva 2.500.000 di negativi su lastre, oltre 2.200.000 negativi su pellicola,
1.700.000 stampe fotografiche originali, 150 apparecchi fotografici, documentando la storia della fotografia dal 1840 ad oggi.
Dal punto di vista descrittivo, lo CSAC ha impostato le proprie scelte catalografiche su due categorie fondamentali: il Progetto, o Serie, e il Singolo, entità che rappresentano al meglio la natura e la struttura degli archivi conservati. L’esigenza di elaborare un’unitaria descrizione catalografica dei materiali eterogenei è emersa con l’acquisizione di Fondi di fotografia, di architettura, moda, design, manifesti, ecc.
I Fondi sono tutti catalogati. Gli strumenti di descrizione dei materiali si sono invece affinati nel corso del tempo, dalle prime schede cartacee dei primi anni Ottanta all’elaborazione di norme descrittive stabilizzate in altre discipline, dalla biblioteconomia all’archivistica. Questo lavoro iniziato nel 1989 con un data base di rete locale, si è sviluppato nel corso degli anni Novanta, recuperando parte del pregresso cartaceo. Al 2001 risale l’avvio di un progetto IBC biennale e l’ingresso nel Polo Universitario Parmense. Per sperimentare schede specifiche sono state scelte diverse tipologie di materiali, dai disegni di moda alle fotografie di architettura (22.933 stampe fotografiche), ai disegni di architettura, consultabili attraverso l’OPAC di Ateneo. Infine nel 2007, dopo il trasferimento dello CSAC nella sede definitiva dell’Abbazia
di Valserena, avvalendosi delle opportunità informatiche, è stata avviata una restituzione dei dati offerti dal tracciato ministeriale OA e dall’applicativo SAMIRA, che hanno portato alla creazione del catalogo on line.
L’incremento del catalogo e delle immagini digitalizzate, tutt’ora in corso, restituisce altresì le ricerche in atto e l’attività di pubblicazione/esposizione. Le immagini on line sono scaricabili gratuitamente in bassa definizione, mentre le alte definizioni e le richieste di riproduzione ex novo sono sottoposte a regolamento, norme e tariffario, subordinatamente alla liberatoria del fotografo o degli aventi diritto.
La creazione di uno spazio museale, nel quale sono proposti dei percorsi espositivi, ha come scopo di divulgare su vasta scala il vasto patrimonio conservato nell’archivio e le enormi possibilità offerte dai fondi archivistici caratterizzano questa Istituzione, che si propone non solo come meta di visite, ma come luogo di ricerca e di elaborazione culturale. Il Museo è dotato di servizi di accoglienza, di un bookshop e di una caffetteria.
Il Centro di Ricerca e Didattica si occupa della realizzazione e diffusione di ricerche originali, attraverso esposizioni, seminari e convegni di approfondimento; elabora progetti di ricerca nazionali e internazionali sia di settore che interdisciplinari finalizzati alla promozione culturale; svolge attività didattiche nell’ambito della Formazione Universitaria e dell’ Alta Formazione, programma laboratori specialistici di supporto alla ricerca e alla didattica per approfondire problematiche relative alla conservazione e tutela del patrimonio culturale, sviluppare indagini tecniche e scientifiche sui materiali e proporre soluzioni innovative nell’ambito della tutela degli archivi.
3.19. Alcune considerazioni generali emerse dall’ analisi.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Molte delle Istituzioni prese in considerazione e che posseggono un patrimonio fotografico storico e/o contemporaneo, al di là dell’origine fondativa dell’organismo, Biblioteca, Archivio, Ente pubblico, Associazione, svolgono attività museali e di servizio nelle modalità indicate dallo statuto ICOM che nel 2007 definisce il significato di Museo: “ll museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società, e del suo sviluppo, aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali ed immateriali dell’uomo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, e le comunica e specificatamente le espone per scopi di studio, educazione e diletto.”
Le principali collezioni fotografiche del mondo vedono la loro costituzione o nell’ambito dei grandi musei d’arte, vedi il Victoria&Albert Museum, come parte delle più importanti biblioteche nazionali, vedi Library of Congress e Bibliothèque nationale de France, o come patrimoni costituiti da associazioni e aziende che operano nel campo della fotografia, come la Société Française de Photographie, il George Eastman Museum e la Fratelli Alinari s.p.A.
Tra la fine degli anni Sessanta del XX secolo i primi anni Novanta, per ragioni che non possiamo qui analizzare, la fotografia diventa oggetto di musealizzazione e vengono fondate in diverse Nazioni, in Europa e negli Stati Uniti, Istituzioni o dipartimenti ad essa dedicati (CSAC 1968, Finnish Museum of Photography 1969, ICP 1974, Getty Museum 1984, Musée de l’Elysée 1985, MEP 1988, NFM 1989, Fotomuseum Winterthur 1993), dando vita con le loro attività espositive ad un processo di sensibilizzazione nei confronti del media fotografico che ha contribuito alla formazione di una diversa e diffusa consapevolezza nei confronti della fotografia come bene culturale.
Tutti soggetti presi in esame hanno come prima missione quella di conservare, valorizzare e rendere fruibile il patrimonio per la ricerca e la promozione delle attività educative finalizzate alla formazione di una più generalizzata cultura dei linguaggi visivi. A tale scopo, nella maggior
parte e ciascuna con le proprie specificità, promuovono attività espositive e editoriali, progetti di ricerca, borse di studio e premi, attività didattiche rivolte a utenze di tipo diverso, dagli studenti di età scolare alla formazione di figure professionali specializzate nel campo del trattamento dell’opera fotografica, attraverso Master, workshop e stage.
Il Musée de l’Elysée di Losanna, la cui Fondazione per statuto non prevede di finanziare direttamente l’acquisizione di opere per incrementare il patrimonio del museo, ma si adopera per eventuali finanziamenti di terzi per questo scopo e si impegna nel sostenere il deposito presso il museo degli archivi o fondi dei fotografi svizzeri, benché con radici istituzionali e culturali profondamente diverse, applica una politica confrontabile con quella adottata dello CSAC di Parma che fin dalla sua fondazione vede il suo importante patrimonio archivistico costituito per la maggior parte grazie a donazioni e comodati voluti dagli artisti o dai loro eredi. In alcuni casi le Istituzioni implementano le loro collezioni grazie all’affidamento di committenze specifiche relative a progetti espositivi o di documentazione, in altri casi, hanno a disposizione un budget per le acquisizioni.
L’attività di digitalizzazione del proprio patrimonio fotografico risulta prioritaria per tutti i soggetti presi in esame anche se i risultati di questo lavoro sono molto diversi per qualità e quantità di dati messi a disposizione per la consultazione on line del loro catalogo digitale.
Le scelte metodologiche adottate per la creazione dei cataloghi on line appaiono condizionate dalle finalità perseguite da ciascuna istituzione e soprattutto dalle capacità finanziarie, poiché la possibilità di implementare il proprio catalogo on line è legata fondamentalmente alle risorse umane e economiche che l’istituzione riesce a mettere in campo. Per tale motivo il rapporto tra quantità di opere patrimoniali e fruizione delle stesse on line non è direttamente proporzionale, dovendo in molti casi operare delle scelte di selezione dettate da ragioni diverse, di tipo commerciale, di programmazione delle ricerche scientifiche, di lavorazione nell’ambito delle attività espositive e editoriali, di specifici progetti di coproduzione con altri Enti o Istituzioni.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Per quanto riguarda la commercializzazione delle immagini, sembra emergere che nella maggior parte dei casi i soggetti adottino una politica di gratuità delle fotografie storiche e considerate di pubblico dominio, nel caso del loro uso non commerciale, tuttavia, poiché solo in rari casi è possibile scaricare le immagini in download senza prima un accreditamento, a volte viene richiesto un fee per il servizio offerto all’utente. Nel caso, invece, in cui le opere siano ancora coperte dai diritti d’autore o per un loro uso commerciale, è sempre prevista l’applicazione della legge sul copyright, in base alle normative della Nazione dove opera l’Istituzione; i costi applicati variano secondo diversi parametri e solo in pochi casi il listino prezzi è standard e visibile sul sito, mentre nella maggior parte dei casi è necessario contattare direttamente l’ufficio preposto al licensing delle immagini, il quale a sua volta, in alcuni casi, è previsto che offra dei servizi che configurano l’attività come quella di un’ ‘agenzia fotografica’ a scopo commerciale (Nederlands Fotomuseum, BnF).
L’attività espositiva sembra essere nella maggior parte dei soggetti analizzati la principale funzione intorno alla quale si concentrano le risorse interne allo scopo di raggiungere molteplici obiettivi: conservazione e restauro delle opere oggetto della mostra, valorizzazione e promozione del proprio patrimonio, coinvolgimento del mondo scientifico e di una rete di Istituzioni, promozione di attività didattiche, progettazione di eventi culturali correlati, comunicazione e parziale finanziamento dei costi sostenuti tramite la bigliettazione e la vendita di prodotti e servizi al pubblico.
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Infine, la necessità di implementare le proprie risorse finanziarie e di concentrare parte delle attività nella fornitura di servizi - per l’editoria, il professionista degli audiovisivi, della comunicazione e dei multimedia, sottoponendo al cliente immagini complementari, seguendolo nel suo acquisto e nella negoziazione economica, servizi a terzi di restauro, di deposito, in forma di donazione o di accordi specifici, di catalogazione e di digitalizzazione, servizi educativi svolti presso le scuole, caffetteria, bookshop - è uno dei trend che emerge e accomuna le politiche perseguite dalle diverse Istituzioni che sono state oggetto della nostra analisi. Questi servizi dunque sembrano configurarsi come uno degli elementi qualificanti la loro identità e capacità di essere riconosciute dalla collettività come interlocutori privilegiati
PARTE II
Parte Ib –Da patrimonio aziendale a patrimonio pubblico
Possibili collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
PARTE II
Premessa:
Nel quadro dell’incarico di collaborazione conferito alla SISF dalla Regione Toscana, che prevedeva “l’esame di casi di studio da indagare mediante analisi desk e interviste anche in forma seminariale con testimoni privilegiati per l’individuazione di concrete opportunità̀ di
collaborazioni per la Fondazione Alinari per la Fotografia”, è stato aperto un confronto con alcuni qualificati rappresentati di una serie di Istituzioni italiane che operano nel campo della conservazione e valorizzazione della fotografia, allo scopo di attivare un primo momento di dialogo e di verificare eventuali possibilità di collaborazione nella condivisione di indirizzi culturali, metodologie, azioni di valorizzazione di patrimoni fotografici condivisi e proposte progettuali di interrelazione tra banche dati on line. Tale confronto, inizialmente previsto attraverso la realizzazione di interviste singole o di seminari di piccoli gruppi in presenza, per l’evoluzione della situazione sanitaria e i relativi vincoli, è stato realizzato essenzialmente attraverso interviste on-line.
1. Possibili collaborazioni con interlocutori privilegiati
Le interviste hanno coinvolto figure professionali con ruoli e competenze diversificate che operano all’interno di Istituzioni culturali pubbliche e private, le cui identità fondative hanno diverse origini.
Part II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
Sono state selezionate alcune tipologie specifiche, secondo le funzioni svolte e secondo la natura istituzionale, individuando le varie funzioni inerenti alla natura del patrimonio Alinari: quindi sia archivi, sia musei, sia fototeche; di natura pubblica o privata, afferenti allo Stato, ad enti pubblici territoriali, al mondo dell’istruzione, dell’Università e della ricerca; rispondenti a tipologie di materiali fotografici e ad approcci disciplinari diversificati.
La tipologia dei musei vede in primo piano il Museo di Fotografia Contemporanea (MUFOCO), l’unico museo italiano dedicato alla fotografia contemporanea, oggi Fondazione pubblica di partecipazione, che costituisce un interlocutore privilegiato per la FAF in quanto si rivolge alla fotografia contemporanea, e quindi assume un ruolo complementare rispetto a quello di Alinari, che si rivolge prevalentemente alla fotografia storica. La tipologia degli archivi comprende in primo luogo oltre al MUFOCO stesso, che fonda le proprie attività museali (come Alinari) sul possesso di un ingente e importante archivio, il Centro Studi e Archivio della Comunicazione (CSAC) dell’Università di Parma e il Civico Archivio Fotografico Musei del Castello Sforzesco (CAF) di Milano. I primi due costituiscono i maggiori depositi archivistici italiani in grado di competere o addirittura superare sul piano quantitativo il patrimonio Alinari (anche se va detto che il dato quantitativo in questo caso non ha senso preso in assoluto, ma va ponderato secondo la qualità e la tipologia dei materiali fotografici posseduti); il Civico Archivio fotografico dei Musei del Castello Sforzesco di Milano è stato selezionato accanto a questi maggiori in quanto espressione di un ente territoriale all’avanguardia per molti aspetti, compreso il fatto di essere stato il primo in Italia a reclutare un dirigente di ruolo per l’archivio fotografico, e di essere inserito in una rete regionale di grande rilievo.
Un’altra tipologia di istituti che abbiamo ritenuto essenziale per future collaborazioni con la FAF è quella delle fototeche e in particolare delle fototeche d’arte. Il patrimonio Alinari infatti nel suo nucleo originario e nei successivi sviluppi fino agli anni ’80 del XX secolo, comprendendo gli archivi dei maggiori fotografi editori italiani del XIX e del XX secolo, possiede per così dire la matrice di una parte molto importante della documentazione fotografica conservata nelle maggiori fototeche d’arte italiane e straniere. Abbiamo selezionato
fra questo tipo di istituti le fototeche di Villa I Tatti e della Fondazione Zeri, nonché la Fototeca Nazionale dell’Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione. La prima rappresenta un esempio della opportunità di collaborazioni a livello internazionale in quando è legata all’Università di Harvard, ed ha forti interrelazioni con il patrimonio Alinari; la seconda è una Fondazione dell’Università di Bologna, che anch’essa ha un patrimonio fortemente intrecciato con quello della FAF e si è distinta per attività di tipo convegnistico ed editoriale nel campo specifico di interesse della FAF, in particolare in quello dei cataloghi dei fotografi editori italiani; la Fototeca dell’ICCD fa riferimento ovviamente al MIBACT. Per la verità su questo terreno il campo sarebbe vastissimo, e quindi la selezione potrebbe sembrare riduttiva. Esiste una quantità di fototeche di istituzioni, di soprintendenze, di istituti culturali e di istruzione, distribuite su tutto il territorio nazionale e molto presenti anche a livello internazionale, come già accennato nella prima parte di questo report. Fra l’altro alcune di esse sono presenti anche in Toscana, come la Fondazione Briganti, a Siena, o come la Fototeca del Kunsthistorisches Institut a Firenze. In quest’ultimo caso, assolutamente rilevante, la Fototeca non è stata inclusa fra le interviste in quanto è già stabilita una collaborazione diretta con la Regione Toscana, attraverso la presenza nel Comitato tecnico scientifico della Direttrice, dott.ssa Costanza Caraffa. Si è invece inclusa la Fototeca dell’ICCD in quanto la presenza dell’ICCD nel comitato tecnico scientifico era di natura molto più ampia e si è ritenuto quindi opportuna una focalizzazione specifica su questa fototeca, che per molti aspetti si può considerare avere svolto storicamente una attività quasi speculare a quella degli Alinari per la parte statale.
Un’altra tipologia considerata è stata quella afferente al mondo della ricerca, della didattica, e della cosiddetta “terza missione” nel mondo dell’Università e delle Accademie.
Parte II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
Oltre allo CSAC e alla Fondazione Zeri, organismi posseduti e gestiti dagli Atenei di Parma e Bologna, si è presa in esame l’Accademia delle Belle Arti di Brera, che oltre a possedere un importante archivio fotografico ha svolto e svolge una importante attività in campo didattico; è stata utile anche in quanto fa parte di una rete che rappresenta un mondo, quello delle Accademie, che attualmente ha un numero di insegnamenti di ruolo relativi alla fotografia e al patrimonio fotografico maggiore rispetto a quelli esistenti in ambito universitario.
Infine, oltre a queste istituzioni che in vario modo possono essere considerate come strettamente attinenti o collegate al patrimonio Alinari, abbiamo voluto considerare anche due istituzioni che potessero rappresentare il mondo degli enti che, pur non avendo in primo luogo una vocazione prevalente per la fotografia, posseggono a volte archivi fotografici di grande consistenza e grande valore; non solo nel campo della fotografia attinente al nucleo storico più antico del patrimonio Alinari, ma anche a materiali più recenti e rispondenti ad approcci fotografici differenziati (tipologie del resto ben presenti nella parte di più recente acquisizione del patrimonio Alinari, come ampiamente spiegato nella prima parte di questo report).
Abbiamo selezionato in questo caso due enti, uno pubblico e uno privato, rispettivamente l’Istituto LUCE Cinecittà e il Touring Club Italiano, anche in considerazione del fatto che in passato entrambi avevano intrattenuto rapporti con Alinari, ma soprattutto dal punto di vista commerciale, mentre si sono volute esplorare qui le possibilità di collaborazioni sul piano più propriamente dei progetti culturali.
Si tratta in conclusione di una campionatura molto selezionata, a fronte di una di una presenza di enti istituti e organismi culturali assai più ampia e complessa, sia come articolazione sul territorio nazionale, sia come diversificazione funzionale e disciplinare. Abbiamo tuttavia ritenuto di selezionare alcuni casi che dai primi pre-contatti e dall’analisi desk risultavano più importanti e pertinenti, sia per rispondere alla lettera dell’accordo, che prevedeva di coinvolgere “testimoni privilegiati”, sia per poter spingere maggiormente in profondità la discussione sulle linee di indirizzo e sui modelli operativi di queste singole realtà che potessero risultare eventualmente utili per la FAF. In ogni caso si tratta di istituti che possono ben rappresentare le molteplici realtà che operano in Italia nel campo della conservazione, valorizzazione e
fruizione della fotografia storica e contemporanea, e che possono instaurare collaborazioni privilegiate con la FAF.
2. Criteri e temi di discussione
Agli intervistati è stato preventivamente inviato il report intermedio, consegnato dalla SISF alla Regione Toscana in data 31 agosto 2020, dedicato all’inquadramento storico della Fratelli Alinari s.p.a e alla descrizione del suo patrimonio fotografico, e sono stati segnalati i documenti costitutivi di FAF disponibili sul sito web della Fondazione, al fine di offrire gli strumenti utili per una più puntuale conoscenza dell’impegnativo lavoro che si accinge a svolgere la Fondazione Alinari nel processo di costituzione di una nuova realtà di riferimento nazionale dedicata alla fotografia.
Agli interlocutori delle nostre interviste, inoltre, è stato inviato un documento in cui sono stati invitati a riflettere su alcuni temi, ‘cantieri’ di lavoro, relativi al ruolo che potrebbe assumere il patrimonio fotografico Alinari, a seguito del passaggio da una dimensione privata a una pubblica, e alle possibili interazioni con altri enti e soggetti culturali che operano sul patrimonio fotografico italiano.
Per ciascuna intervista svolta è stata redatta una scheda riassuntiva validata nei contenuti dal soggetto che l’ha rilasciata, riportata nell’allegato A) di questo documento.
2.1. I soggetti intervistati:
1) Accademia delle Belle Arti di Brera, Milano
Part II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
Prof.ssa Nicoletta Leonardi - storica della fotografia e docente di Storia dell'arte contemporanea, Coordinatrice dei Bienni specialistici, Scuola di Nuove Tecnologie dell'Arte
2) Archivio fotografico del Touring Club Italiano, Milano Dott.ssa. Luciana Senna - Responsabile dell’archivio fotografico
3) Civico Archivio Fotografico Musei del Castello Sforzesco, Milano Dott.ssa Silvia Paoli – Conservatore
4) CSAC. Centro Studi e archivio della Comunicazione, Parma Dott. Michele Guerra – Vice direttore.
5) Fondazione Federico Zeri. Università di Bologna
Dott.ssa Francesca Mambelli – Responsabile progettazione banche dati della Fondazione Zeri.
6) ICCD. Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione, Roma
Dott.ssa Elena Berardi – Responsabile della Fototeca Nazionale – Servizio fruizione delle collezioni fotografiche e catalogazione.
7) Istituto LUCE Cinecittà, Roma
Dott.ssa Patrizia Cacciani – responsabile dell’Ufficio Studi degli Archivi Storici Archivio Storico Istituto Luce
8) I Tatti. The Harvard University Center for Italian Renaissance Studies, Firenze Dr. Michael Rocke – Direttore della Biblioteca Berenson
Dr. Giovanni Pagliarulo – Curatore della Fototeca e delle collezioni d’arte Berenson Dr. Spyros Koulouris – Servizio alle collezioni e archivio fotografico
9) MUFOCO. Museo di Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo Dott.ssa Gabriella Guerci – Direttore Amministrativo
3. Questioni relative alle linee di indirizzo e modelli operativi
In base alle discussioni avvenute in seno alla SISF e ai suoi organi direttivi, sono state individuate 5 tematiche che, in linea di massima, hanno permesso di mettere a confronto le diverse realtà metodologiche con cui operano le Istituzioni prese in esame e le eventuali sinergie che la Fondazione Alinari potrebbe attivare con esse per la realizzazione di progetti culturali comuni e/o per la condivisione di esperienze e canali di comunicazione, in particolare nel campo della catalogazione, digitalizzazione e divulgazione del proprio patrimonio fotografico. Tali questioni sono state sintetizzate nei cinque punti seguenti, e sono state sottoposte in anticipo, nel corso di contatti o conversazioni preliminari, agli interessati. A tutti i partecipanti alle interviste è stato fornito con congruo anticipo sia il report preliminare (la prima parte di questo testo) sia il riferimento al sito web della FAF con l’indicazione della documentazione di riferimento (in primo luogo statuto e piano strategico). Le interviste non sono state intese però come risposte ad un questionario rigido, ma come discussione su una serie di questioni spesso intrecciate fra loro e anche nella attività e nei modelli operativi dei singoli istituti, e quindi come si vedrà, secondo un filo discorsivo piuttosto libero.
I cinque punti tematici sono stati i seguenti:
Parte II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
1 – Quali possibilità di dialogo tra la Fondazione Alinari e alcune tra le maggiori Istituzioni pubbliche e private che operano nel campo della fotografia come bene artistico e museale, anche ai fini di un coordinamento nella valorizzazione del patrimonio fotografico italiano?
2 – La presenza diffusa di fotografie provenienti dagli archivi Alinari e di archivi e collezioni frammentate conservate in parte negli archivi Alinari e in parte in diverse Istituzioni, possono essere la base di ricerche per creare progetti comuni e in prospettiva una piattaforma comune di collaborazione, di scambio di informazioni, di confronto dei modelli operativi e di condivisione dei dati?
3 – Quali opportunità si presentano alla ricerca e alla didattica svolte in ambito universitario e accademico di fronte alle possibilità offerte dal patrimonio Alinari e dalle attività svolte dalla Fondazione Alinari?
4 - Quali sono i possibili canali di comunicazione del patrimonio fotografico sia in collaborazione con il sistema scolastico, sia con le pratiche partecipate del tipo della “public history” diffuse sul territorio?
5 – Gli attori della produzione fotografica contemporanea italiana e i protagonisti della produzione di eventi ad essa dedicati come possono interagire con la Fondazione Alinari e quali sono le loro aspettative nei confronti di questa nuova realtà che si candida come riferimento regionale e nazionale dedicato alla conservazione, valorizzazione e fruizione della fotografia storica e contemporanea?
4. Alcune considerazioni conclusive
Nel capitolo successivo di questa parte del report si riportano le sintesi, riviste ed approvate dagli intervistati, di tutti gli incontri sopra elencati.
Qui si riportano alcune considerazioni conclusive, da intendere come riflessione su tutti i materiali esaminati nel corso di questo lavoro, quindi riprendendo anche le considerazioni svolte nel report intermedio sulla documentazione storica e sullo stato attuale del patrimonio Alinari, mettendo a fuoco però particolarmente le questioni sopra elencate e discusse nelle interviste.
4.1. Coordinamento e collaborazioni per la valorizzazion e del patrimonio fotografico nazionale.
Riguardo al primo punto dei cinque sopra elencati, cioè alle possibilità di collaborazione della FAF con altri enti ai fini di un coordinamento nella valorizzazione del patrimonio fotografico nazionale, è emersa dalle interviste una consapevolezza del problema, ed una larga disponibilità ad operare in tal senso, ma ancora in termini generali, con una difficoltà ad individuare linee di indirizzo e precisi modelli operativi.
Part II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
Tale difficoltà non deve sorprendere. Sulla base anche delle considerazioni svolte nella prima parte di questo report, si deve considerare che in Italia l’attività di valorizzazione culturale del patrimonio fotografico, dopo un periodo di quasi totale abbandono e trascuratezza, durato almeno fino alla metà degli anni ’70 del XIX secolo, si è realizzata in maniera relativamente rapida ed estesa, e in molti casi con risultati di notevole qualità, nei decenni successivi, che peraltro equivalgono ai decenni in cui il patrimonio Alinari si è incrementato dal punto di vista quantitativo di oltre quindici volte rispetto alla consistenza originaria. Questo recupero del patrimonio fotografico esistente in Italia, che ha dato luogo ad una consistente attività di elaborazione culturale, di costruzione di saperi specializzati, di realizzazione di strutture e di enti deputati, nonché ad una vasta opera di ricerca e di studio, e all’ingresso nel settore universitario – a partire soprattutto dall’inizio del XX secolo – delle discipline connesse e di una serie considerevole di insegnamenti nella maggior parte degli Atenei, oltre che delle Accademie, è stato caratterizzato da un processo di sviluppo che originava spontaneamente e quasi contemporaneamente, oltre e più che da alcuni organi centrali, da una amplissima varietà di soggetti distribuiti in vario modo sul territorio nazionali, e caratterizzati da natura e finalità molto diverse fra loro. Un tale fenomeno è perfettamente rispondente alla natura del patrimonio fotografico, che è storicamente e per così dire quasi naturalmente articolato sul territorio e che
– per quanto oggetto di progressivi e continui processi di standardizzazione – è stato ed è tuttora intrinsecamente caratterizzato dalla presenza di una amplissima quantità di soggetti produttori. Il processo di valorizzazione culturale iniziato in Italia attorno alla metà degli anni ’70 (in questo caso, peraltro, senza un troppo accentuato ritardo rispetto al contesto internazionale) e il connesso processo di patrimonializzazione della fotografia d’epoca, realizzatosi a vari livelli, compresi quelli istituzionali e di mercato, ha evidenziato la necessità di forme di tutela, di strutture che garantissero la conservazione e l’accesso, di disponibilità per lo studio e la ricerca, e in genere l’interesse per una considerazione unitaria del patrimonio fotografico, che superasse i confini e le limitazioni pratiche, amministrative o logistiche derivanti dalla realizzazione di una vasta pluralità di centri, di istituti, di soggetti detentori non organizzati per garantire i requisiti di corretta conservazione e accessibilità del patrimonio. Si è quindi evidenziata una tendenza al coordinamento o alla centralizzazione che ha assunto forme diverse. La prima è stata quella di una vasta operazione di acquisizione centralizzata, condotta a livello
internazionale da giganti come Getty e Corbis; nel caso italiano una massiccia acquisizione di fondi fotografici è stata compiuta, come detto nella prima parte del report, dalla stessa Alinari IDEA nel periodo a cavallo fra i due secoli. Non si è trattato tuttavia di un modello esclusivamente affidato alla mano privata e a logiche di mercato; in Italia una istituzione pubblica, universitaria, come il CSAC, ha potuto acquisire un patrimonio di grande rilievo quantitativo, ma anche con notevoli fondi fotografici qualitativamente molto rilevanti.
Parte II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
L’altra tendenza è quella al coordinamento, e alla collaborazione operativa per configurare strumenti di standardizzazione delle operazioni di catalogazione, di accesso, di interoperabilità e in genere di collaborazione interattiva fra i vari soggetti detentori, molti dei quali sono pubblici ma si situano a diversi livelli nelle strutture amministrative locali e si distribuiscono in maniera molto diversificata sul territorio. Una tale tendenza ha avuto uno sviluppo molto interessante e originale, anche rispetto ad altri paesi europei. La forza e il radicamento delle tradizioni locali e regionali in un paese come l’Italia hanno favorito probabilmente il diffondersi di un tessuto di base molto articolato e frammentato, ma quindi anche alcune forti spinte al coordinamento “dal basso” che poi hanno trovato alcune sintesi molto interessanti a livello regionale e infine centrale. Lo stesso convegno pionieristico - e per certi aspetti fondamentale per la cultura fotografica italiana - sul tema della “Fotografia come bene culturale” svoltosi nel 1979 con la partecipazione praticamente di tutte le più qualificate componenti del mondo degli studiosi come degli organizzatori, dei curatori e degli operatori del settore a livello nazionale, non a caso si tenne a Modena, per iniziativa congiunta di alcuni enti locali e regionali. Anche la Regione Toscana ha avuto un ruolo importante e per certi versi centrale in questo processo, attraverso l’istituzione e la attività, iniziata nel 1979, ma ufficialmente aperta al pubblico dal 1985, dell’Archivio Fotografico Toscano (AFT), che promosse una serie di convegni fondamentali per il coordinamento degli studi e delle “buone pratiche” sul terreno della tutela, valorizzazione e studio del patrimonio fotografico. Dal 1985 pubblicò anche la rivista “AFT – rivista di fotografia e storia”, che negli anni successivi svolse un ruolo fondamentale per lo sviluppo degli studi e delle ricerche, e che, in maniera originale e innovativa per il tempo, prevedeva una sezione della rivista dedicata ai temi della conservazione e tutela del patrimonio fotografico.
Nel primo ventennio del XX secolo queste tendenze sono state condizionate dal diffondersi delle nuove tecnologie informatiche, che hanno determinato rivolgimenti profondi nei canali di diffusione e di comunicazione, nel caso della fotografia ulteriormente accentuati dalla estesa riproducibilità delle immagini, che ha aperto una serie di questioni rilevanti a livello organizzativo, amministrativo, giuridico, ma anche a livello epistemologico, con la creazione di nuovi archivi virtuali che stabiliscono rapporti nuovi e complessi con gli archivi originari di riferimento.
In questo contesto, i problemi di coordinamento sono in evoluzione; è emerso dall’analisi compiuta sui materiali disponibili, come da quelli derivanti dalle interviste, che esiste una attesa notevole circa le linee di intervento e i modelli operativi che sceglierà la FAF. Infatti non solo si tratta di una delle realtà più importanti del mondo della fotografia in Italia, sicuramente la più importante e significativa dal punto di vista della fotografia d’epoca; ma si tratta anche di una realtà che, passando da una dimensione di entità privata sottoposta a logiche stringenti di mercato ad una dimensione di Fondazione culturale a partecipazione pubblica che potrà individuare logiche in buona parte diverse, sarà certamente condizionata dal contesto sopra richiamato, ma potrà anche influenzarlo notevolmente con le sue future scelte.
Su questo piano non sono emerse, come dicevamo, indicazioni precise circa le linee di intervento possibili, ma una forte esigenza e volontà di collaborazione. Del resto, è chiaro che lo stesso piano strategico della FAF, ponendosi in relazione stretta con il piano strategico ministeriale per la fotografia, intende già seguire alcune linee di intervento determinate su questo terreno. Tuttavia, siccome su questo piano contano anche e soprattutto le opzioni e i
modelli operativi, ci pare di poter osservare che è stato confermato dalle interlocuzioni realizzate con le interviste, che fra tutti gli interlocutori individuati, la FAF è uno dei pochi che, anche rispetto agli organi centrali competenti, ha una spiccata autonomia e una vocazione e una finalità centrata esclusivamente sulla fotografia. In molti altri casi, anche nelle fondazioni universitarie o nelle fototeche di istituti di cultura, per non dire degli enti privati o pubblici come Touring o Luce, e perfino negli organi centrali, i dirigenti e gli operatori responsabili del patrimonio fotografico non sono del tutto autonomi e devono seguire logiche più complessive dell’ente di appartenenza. Ci pare si possa dire quindi che vi sono delle legittime aspettative, nel mondo della cultura fotografica, degli operatori, degli studiosi, dei cultori e degli appassionati, a che la FAF operi in maniera originale e innovativa sul questo terreno – del resto in continuità sia con la precedente attività sia dell’impresa Alinari (che fin dall’inizio si è mossa come abbiamo visto nella prima parte del report in una ottica “nazionale”), sia con le altre realtà regionali toscane sopra richiamate.
4.2. Collaborazioni sulla base del patrimonio
Part II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
La seconda questione individuata è relativa alle possibili collaborazioni con altri interlocutori sulla base del patrimonio rispettivamente posseduto. Come già detto, la questione è assolutamente rilevante per le fototeche, che hanno di regola ingenti materiali fotografici positivi acquisiti direttamente o indirettamente dai fotografi editori storici di cui gli Alinari sono stati non solo i principali esponenti, ma anche coloro che ora posseggono i principali archivi, e quindi le matrici negative dei corrispondenti positivi presenti nelle fototeche. Peraltro, come già detto, questa corrispondenza diretta teorica è in realtà storicamente assai più complessa, per il fatto che regolarmente i fotografi aggiornavano le matrici negative, spesso senza cambiare i riferimenti di catalogo. Questo apre dei campi possibili di studio, di ricerca, di esplorazione, di revisione e di aggiornamento del patrimonio visuale contenuto nelle fototeche, che è di straordinaria importanza. Non ci soffermiamo qui in dettaglio su questo, ma rimandiamo per un caso di studio a nostro parere straordinariamente significativo all’intervista con Michael Rocke, Giovanni Pagliarulo e Spyros Koulouris, curatori della Fototeca/archivio fotografico della Biblioteca Berenson, (appartenente a “I Tatti”, centro studi di Harvard University).
Altra questione rilevante su cui le fototeche interpellate si sono mostrate molto sensibili è quella relativa alle forme di collaborazione possibili sul piano della catalogazione e degli accessi al materiale fotografico.
In particolare la Fondazione Federico Zeri è accomunata ai Tatti dal fatto che entrambe conservano fototeche fondate da storici dell’arte e conoscitori insigni, e pertanto, per la tipologia di materiali fotografici conservati e per le loro attività, si caratterizzano come luoghi di riferimento specialistici, qualificandosi come importanti centri studi e di ricerca in ambito storico artistico.
Nelle due fototeche, così come in altre formatesi con un indirizzo prevalentemente orientato alle discipline artistiche, sono conservate e catalogate molte stampe fotografiche di produzione dei maggiori stabilimenti italiani e stranieri che operavano nel settore della documentazione del patrimonio artistico italiano; in particolare ci riferiamo, ad esempio, alle produzioni di immagini realizzate dai Fratelli Alinari, dallo Stabilimento Brogi, dall’atelier romano degli Anderson, di quello napoletano di Giorgio Sommer, ma anche della più nota ditta francese Braun, e di molti altri operatori minori che agirono a livello territoriale. In entrambi i casi, a parte la possibilità di ricerche mirate in profondità sul rapporto fra matrici negative e positivi, evidenziata nel caso dei Tatti, si dimostra di primario interesse stabilire un rapporto di collaborazione con la Fondazione Alinari che consenta di attivare una condivisione del lavoro di ricerca e di reperimento dei dati catalografici relativi alle stampe fotografiche di cui la Fondazione detiene
le lastre negative originali e una parte della documentazione storica e amministrativa, volendo approfondire e verificare la correttezza e l’integrazione dei dati in loro possesso e così perfezionare il processo di catalogazione che ciascuna di esse sta sviluppando. Altra possibilità molto utile e rilevante dal punto di vista catalografico si è evidenziata a proposito del tema della condivisione e dell’incrocio dei dati catalografici già presenti nei loro data base. Si tratta di una tematica già presente alla FAF attraverso la collaborazione con la Fototeca del Kunsthistoriches, la quale partecipa, con le due altre fototeche citate, al Consorzio Internazionale degli Archivi Fotografici PHAROS. Si evidenzia quindi l’opportunità che nell’attività, prevedibilmente molto ampia e complessa, di completamento e revisione catalografica del patrimonio Alinari si tenga conto di queste reti internazionali. Al di là degli aspetti tecnici e catalografici, su cui il nostro report non entra se non tangenzialmente, la questione catalografica appare rilevante per la futura attività culturale della FAF in quanto si va diffondendo in queste fototeche a livello internazionale un modello che privilegia non solo il contenuto dell’immagine ma pone sullo stesso piano la natura dell’oggetto fotografico in quanto ‘opera’ e pertanto ne decodifica gli intrinseci segni e significati. Su questo terreno è risultato abbastanza evidente che la Fondazione Alinari è in grado di proporsi come autorevole e imprescindibile partner scientifico di riferimento per l’attuazione di progetti di interesse nazionale e internazionale, in quanto per la natura del suo patrimonio conserva una parte imprescindibile della storia materiale dell’opera fotografica. Per contro, la possibilità di partecipare a reti internazionali confermerebbe e validerebbe la posizione di Alinari come soggetto di primo piano in tali reti, e metterebbe a disposizione della FAF una serie di saperi, di informazioni, di competenze notevoli sul piano catalografico, nonché modelli operativi qualificati per le politiche di accesso e disseminazione di almeno una parte del patrimonio Alinari.
Parte II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
Non meno importante di questo tipo di collaborazioni internazionali è in ogni caso la possibilità di collaborazioni relative a parti del patrimonio condivise. Non solo per le fototeche (che di regola, come le biblioteche, hanno tutto il materiale catalogato in riferimento alle fotografie e ai soggetti rappresentati, e annettono dunque grande importanza ai problemi catalografici), ma anche per gli archivi fotografici (i quali invece hanno ingenti giacimenti molto spesso solo sommariamente inventariati) si pone la questione, che diventa in questo caso una opportunità, di una collaborazione con le collezioni e gli archivi fotografici che compongono il patrimonio Alinari. In diverse delle interviste riportate di seguito, si evidenziano casi di archivi o fondi fotografici posseduti in parte da Alinari, in parte dagli interlocutori (ad esempio nel caso dell’archivio Villani con lo CSAC). In questi casi è del tutto evidente che una collaborazione potrebbe essere vantaggiosa per entrambe le istituzioni proprietarie.
Da più intervistati è emersa, infine, la necessità e l’importanza di attivare progetti di collaborazione con la Fondazione Alinari, per la realizzazione di un authority file nazionale dei fotografi italiani. Su questo tema l’ICCD, anche sulla base del lavoro precedentemente svolto da altri soggetti su scala territoriale più limitata (come ad esempio per la Toscana dall’AFT) ha già iniziato a lavorare ma, come risulta dall’intervista relativa, la partecipazione della FAF potrebbe essere molto importante per realizzare uno strumento di grande rilevanza scientifica essenziale per lo sviluppo degli studi a livello nazionale.
4.3. Collaborazioni sul piano della ricerca e della didattica
In base alle premesse esposte nella prima parte del report, lo svolgimento di una attività culturale e scientifica “alta” collegata con i livelli più qualificati della ricerca a livello nazionale e internazionale, risulta essenziale per definire le linee di intervento della FAF nel prossimo futuro. Per quanto le attività relative al successivo quarto punto, che tratteremo qui di seguito
(cioè quelle relative alle strategie di comunicazione, di disseminazione e di coinvolgimento di un largo pubblico) siano molto importanti nella società attuale, ci sembra che in base alla natura del patrimonio Alinari e al suo radicamento storico, sia altrettanto e forse ancor più essenziale presidiare il livello di qualità dell’immagine pubblica di Alinari, radicato nella tradizione, ma intrinseco alla sua identità originaria, cioè alla strettissima e per certi versi biunivoca identificazione con lo stesso patrimonio culturale, artistico, paesaggistico, italiano.
A questo fine, il terreno privilegiato di collaborazione sono gli istituti di alta cultura, in particolare le università. Nel caso della fotografia, per la verità, tale corrispondenza non è così evidente come per altri campi di studio e di ricerca. Dato il ritardo sopra ricordato nello sviluppo di una cultura e di una sensibilità verso il patrimonio fotografico nel sistema universitario italiano, ancora molti saperi specializzati essenziali risiedono in altri luoghi e in altri enti, come Musei, archivi o altre istituzioni culturali. Tuttavia il sistema universitario anche per il carattere sistematico delle attività di ricerca e di studio che lo contraddistinguono, nonché per la immediata ricaduta moltiplicativa sulle giovani generazioni, è in ogni caso un interlocutore privilegiato.
In questo caso quindi la SISF ha operato cercando collaborazioni per elaborare linee di indirizzo e modelli operativi anche al di là delle interviste.
Part II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
La SISF in base a quanto appena detto ha al suo interno una forte componente di studiosi, di esperti, di curatori e operatori, ma ha una altrettanto forte componente universitaria; fin dal 2008 ha realizzato importanti convegni e operazioni di censimento relativi alla presenza della fotografia nel sistema universitario, oltre ad avere ottenuto importanti riconoscimenti, come la massima qualificazione (classe A) attribuita alla propria rivista scientifica “RSF” nel sistema di valutazione della ricerca (ANVUR). Dopo aver ricevuto l’incarico di effettuare la presente ricerca, la SISF ha ritenuto di dover accelerare il progetto già approvato dal proprio CD di realizzare un Centro Interuniversitario di studi sul patrimonio fotografico. Tale progetto, a cui hanno dato la loro adesione diversi qualificati docenti di ruolo delle università italiane, costituirebbe un interlocutore importante ai fini del coordinamento degli studi e delle ricerche. Assieme all’importante opera di sensibilizzazione e di coinvolgimento di studiosi stranieri svolta in parallelo in questi mesi dal Kunsthistorisches Institut e alla attività di ricerca su base regionale svolta attraverso una serie di borse di studio finanziate dalla Regione Toscana sotto la responsabilità scientifica della prof.ssa Tiziana Serena (titolare dell’insegnamento di Storia della Fotografia presso l’Università di Firenze, componente del CD SISF e Direttrice della già citata rivista SISF, “RSF”) questa attività di coordinamento degli studiosi universitari potrebbe fornire una sponda collaborativa importante. Prima dell’estate era stato progettato dalla SISF un seminario finalizzato a dare corpo a questo progetto, ma per le limitazioni imposte dalla situazione sanitaria, non essendo stato possibile realizzarlo in presenza, si è deciso di rinviarlo, e si è proceduto per contatti individuali con alcuni docenti di ruolo. Sulla base delle discussioni e delle adesioni avute attraverso questi contatti, che sono stati molto interessanti, ma che non vengono riportati nel capitolo seguente delle interviste, in quanto ad un livello ancora informale, il Presidente SISF, prof. Giovanni Fiorentino, che è anche Direttore del Dipartimento di scienze umanistiche, della comunicazione e del turismo presso l’Università della Tuscia, ha provveduto comunque alla stesura di una bozza di Statuto del Centro e sta avviando le pratiche amministrative per la approvazione degli organi accademici e quindi per la costituzione del Centro interuniversitario, che potrà essere un altro interlocutore collaborativo importante per la FAF.
Nella serie di interviste compiute ci sono per la verità già almeno due realtà direttamente afferenti al sistema universitario italiano, cioè lo CSAC e la Fondazione Zeri; l’interlocuzione con loro ha riguardato temi relativi alla gestione del patrimonio o anche più specificamente alla catalogazione, e molto meno i temi della docenza e della ricerca in ambito universitario.
È risultato molto interessante da questo punto di vista il contatto previsto con il mondo delle Accademie, fra le quali era stata selezionata l’Accademia di Brera, attraverso la prof.ssa Nicoletta Leonardi. Le Accademie sono infatti un luogo in cui le attività didattiche, di ricerca, e anche laboratoriali, attorno alla fotografia e al patrimonio fotografico sono molto importanti e riconosciute, più che nel sistema universitario vero e proprio. Infatti mentre negli atenei i docenti di ruolo nei settori disciplinari attinenti agli studi sulla fotografia sono una piccola minoranza rispetto ai docenti a contratto, nelle Accademie la relazione è inversa. Inoltre nel caso della intervista con Brera, si è evidenziato che le Accademie hanno anch’esse specifici importanti fondi fotografici, che non sono però il frutto di donazioni esterne o di iniziative pionieristiche di singoli docenti, come nel caso della Fondazione Zeri o dello CSAC, ma sono in certo modo intrinseci alle attività svolte dalla Accademie nel corso della loro storia. Nelle Accademie e negli Istituti d’arte, infatti, l’utilizzazione della fotografia era fin dalla metà del XIX secolo molto praticata a scopo didattico, ed ancora oggi manca un’analisi approfondita sugli aspetti patrimoniali legati alla fotografia in questo genere di Istituzioni. In particolare per Brera (ma il modello si può estendere in qualche misura ad altre Accademie) vi è, come risulta dall’intervista, una notevole e interessante convergenza con il patrimonio Alinari, ed anzi con quel mondo delle cosiddette (all’epoca) “industrie artistiche” a cui erano certamente riferibili le attività dei grandi fotografi ottocenteschi presenti oggi negli archivi Alinari.
Relativamente al tema delle eventuali possibilità che la Fondazione Alinari potrebbe offrire allo sviluppo della ricerca e della didattica sono emerse in ogni caso diverse ipotesi:
- stabilire delle convenzioni con le Istituzioni che svolgono attività formativa, come Università e Accademie, per attivare tirocini gratuiti di esperienza formativa in attività di catalogazione, restauro, archiviazione, curatoriali e espositive;
- promuovere borse di studio per giovani studenti delle Accademie e delle Università.
Parte II – Collaborazioni, linee di indirizzo, modelli operativi
- partecipare alla formazione di figure professionali specializzate sul tema della didattica in ambito fotografico e più in generale della visual art, che potrebbero anche essere interlocutori del MIUR nello sviluppare progetti educativi specificatamente studiati per le scuole dei diversi ordini e gradi.
- creare dei percorsi formativi congiunti e continuativi dedicati alla sensibilizzazione nei confronti dei processi educativi che si basano sui linguaggi visivi.
4.4. Comunicazione, disseminazione, e coinvolgimento del mondo della scuola e del pubblico
Uno degli aspetti fondamentali della nuova fisionomia della FAF sarà senza dubbio relativo alla strategia di comunicazione che vorrà adottare. Non meno della precedente proprietà privata, per cui una appropriata strategia di comunicazione era necessaria anche a fini commerciali, anche la nuova proprietà pubblica dovrà elaborare una propria e dotarsi di linee di indirizzo e modelli appropriati. In una realtà come quella del patrimonio Alinari la comunicazione non è però una scelta tecnica, di una serie di canali e moduli comunicativi più efficienti di altri, ma sostanzialmente intesi come neutri. La comunicazione di un patrimonio così complesso, carico di valenze culturali molto differenziate, è soprattutto una scelta che finisce per determinare il tipo di immagine pubblica, e in un certo senso quindi l’identità stessa della FAF.
Per questa ragione abbiamo ritenuto che proporre linee di indirizzo o modelli operativi in questo caso fosse inappropriato, giudicando questo tipo di scelte, e anche di indagini e contatti preliminari siano piuttosto di pertinenza stretta degli organi di governo della FAF. Tuttavia, senza cercare interlocutori specificamente orientati nel settore della comunicazione, delle manifestazioni espositive, o dei nuovi canali telematici digitali, non abbiamo rinunciato a porre la questione a tutti gli intervistati, ritenendo che elementi di conoscenza su quello che fanno sul