L’eterointegrazione del contratto e il ruolo delle Autorità Amministrative
Xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx - Fascicolo 3/2024 Data di pubblicazione – 13 novembre 2024
L’eterointegrazione del contratto e il ruolo delle Autorità Amministrative
Indipendenti*
di
Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx**
Sommario: 1. Autonomia privata e integrazione eteronoma — 2. Autonomia privata: limiti legali e garanzia costituzionale — 3. Le Autorità Amministrative indipendenti: funzione e poteri regolatori — 4. Poteri regolatori e integrazione eteronoma — 5. Riflessioni conclusive.
1. Autonomia privata e integrazione eteronoma
Nell’ordinamento giuridico il tema dell’integrazione del contratto riveste un ruolo centrale, soprattutto con riguardo al difficile rapporto tra fonti eteronome e regolamento disegnato dalle parti, che, ad oggi, non si esplica esclusivamente nel solco della disciplina tratteggiata dalla Costituzione e dal codice civile1.
Storicamente, nelle tradizioni di Civil law il riconoscimento dell’autonomia privata ha da sempre rappresentato un principio cardine. Analoga rilevanza è rinvenibile anche nei sistemi anglosassoni, dove si garantisce la libertà delle parti di stipulare contratti e di definirne i contenuti, nel rispetto delle regole fondamentali stabilite dall’ordinamento2. Questo approccio mira alla “esaltazione” della volontà
* Dottoranda di ricerca in Diritto e tutela: esperienza contemporanea, comparazione, sistema
giuridico romanistico presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.
1 X. XXXXXX, Le fonti di integrazione del contratto, Milano, 2004, 3 ss.
2 Con l’espressione freedom of contract si intende la libertà del contratto, ossia la libertà delle parti di stipulare un contratto (made by the parties) senza che vi sia l’intervento del giudice (made by the courts). Di rilievo è il caso “Paradine vs Xxxx”, deciso dal King’s Bench nel 1647, nel quale si evidenzia l’idea di freedom of contract e di strict liability (responsabilità assoluta da contratto). Paradine, proprietario di un terreno, aveva citato Xxxx, titolare di un diritto reale di godimento
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Contributo sottoposto a referaggio
individuale, con la conseguenza che ogni intervento dall’alto, volto a modificare gli
accordi contrattuali, assumerebbe carattere eccezionale.
Il sistema contrattuale, era, quindi, retto dal principio dell’autointegrazione, quale declinazione del pacta sunt servanda, e postulava l’interpretazione del contratto quale “legge delle parti”, stante la sufficienza delle determinazioni dei privati a coprire ogni possibile aspetto della situazione regolata.
I paciscenti sono concepiti dal legislatore quali principali attori dell’accordo, che, come consacrato dall’art. 1322 c.c., è dagli stessi liberamente determinabile, financo, con la conclusione di negozi c.d. xxxxxxx, purché gli interessi agli stessi sottesi siano meritevoli di tutela.
Nel codice civile vige, peraltro, una presunzione di equilibrio dei contraenti: ai sensi dell’art. 1321 c.c. due o più parti, con medesimi poteri e medesimi strumenti, stipulano un accordo costituivo, modificativo o estintivo di rapporti giuridici patrimoniali.
Le disposizioni positive che si occupano di situazioni di squilibrio del sinallagma sono, infatti, esigue. Tra queste si rinvengono quelle in materia di condizioni generali di contratto e di rescissione; mentre alcuni esempi di sperequazione nel rapporto sono individuabili nella disciplina della risoluzione per eccessiva onerosità4, dei contratti di affitto e di appalto.
su quel terreno per il mancato pagamento del canone promesso. Xxxx eccepì di non aver potuto godere del bene poiché il terreno era stato invaso dalle armate del principe Xxxxxx nel quadro di un episodio di guerra, e di non aver pagato per questo motivo, cercando, quindi, di far valere una impossibilità sopravvenuta, un elemento al di fuori della sua sfera di controllo che gli aveva impedito di godere del bene. La corte diede ragione a Paradine, trattandosi di una sopravvenienza non prevista all’interno del contratto e che non poteva giustificare un mancato pagamento del contraente (tanto che Xxxx dovette anche risarcire il danno).
3 Così si esprime P. SIRENA, La categoria dei contratti d’impresa e il principio della buona fede, in Riv. dir. civ., n. 4, 2006, 415 ss.
4 Nella Relazione al Re n. 133, viene enunciato che con l’art. 1467 c.c. «si introduce in modo
espresso e in via generale il principio dell’implicita soggezione dei contratti con prestazioni corrispettive
Tuttavia, come affermato, il contratto, come le obbligazioni, non costituisce una categoria «“astorica”, “sempre uguale a se stessa”, con il rischio di diventare altrimenti un astratto e, forse, non utile schema dogmatico»5.
Negli ultimi decenni, infatti, la concezione dei rapporti contrattuali, fondata su un supposto schema di pari forza negoziale, è stata messa in discussione, prendendosi atto che la disparità di potere costituisce molte volte una costante fisiologica delle relazioni economiche, con la conseguenza che il contratto, lungi dall’essere espressione della libertà di entrambe le parti, può rappresentare il prodotto delle prevaricazioni del soggetto più forte, con conseguenze pregiudizievoli sia per quello più debole sia per il corretto funzionamento del mercato.
Si è assistito, quindi, ad un crescente ricorso a forme di integrazione eteronoma, che tende ad affiancare – se non, talvolta, persino a sostituire – l’autointegrazione, tracciando il superamento dell’idea del modulo autoritativo-procedimentale quale strumento esclusivo di realizzazione dell’interesse pubblico6 e con il sempre più incisivo intervento pubblico nel contratto tra privati.
In un simile scenario, il ruolo dell’attività delle parti nel fissare il contenuto della pattuizione risulta notevolmente ridimensionato e l’integrazione eteronoma da strumento “straordinario” è arrivata a non postulare necessariamente una lacuna nel programma negoziale.
La questione ha trovato linfa per effetto del formarsi di un “nuovo diritto dei contratti” che si affianca, anche sotto l’impulso della normativa europea, alla disciplina contenuta nel codice civile, consentendone inedite letture.
alla clausola rebus sic stantibus, sulle tracce del diritto comune, e, quindi in collegamento con una tradizione prettamente italiana». A parere di alcuni autori, tale disposizione avrebbe veicolato nell’ordinamento italiano la clausola a livello generale. Sul punto X. XXXXXXX, Risoluzione dei contratti per eccessiva onerosità, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1949, 170; A. XXXXXXX, Eccessiva onerosità, in Noviss. dig. it., vol. VI, Torino, 1960, 332; X. XXXXX, Eccessiva onerosità sopravvenuta, in Dig. disc. priv., vol. VII, Torino, 1991, 235.
5 X. XXXXXXX, Riflessioni intorno all’art. 1372 c.c., sull’efficacia del contratto tra «forza» e «consenso», in
Diritti Fondamentali, fasc. 2, 2024, 132.
6 Superamento che può, ormai, considerarsi definitivo anche alla luce della “codificazione” della capacità negoziale della P.A. di cui all’art. 1, comma 1-bis, della legge n. 241 del 1990, come modificato dalla legge n. 15/2005.
In tale rinnovato quadro, il contratto si conforma non più alla tradizionale ottica individualistica e paritaria degli scambi negoziali, accolta nel codice, ma alla dimensione del corretto funzionamento del mercato, considerato quale principio di ordine pubblico economico.
In particolare, è a partire dagli anni ‘90 che inizia a farsi strada una forte spinta di
rinnovazione del sistema civilistico, anche e soprattutto sotto gli impulsi europei. L’Unione europea, infatti, pone al centro della propria politica lo sviluppo di un mercato interno, il quale, oltre a rappresentare un mezzo di crescita economica, offre l’opportunità di perseguire obiettivi sociali, come l’integrazione e il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni degli Stati membri.
Proprio grazie all’influenza eurounitaria l’ordinamento italiano inizia a familiarizzare con la nozione di contratto “asimmetrico”, caratterizzato dalla presenza di una parte contrattuale “debole” che subisce l’unilaterale predisposizione delle clausole contrattuali della parte “forte” o, comunque, versa in una condizione tale da non consentire una trattativa bilaterale sul contenuto del patto.
Si tratta di una sperequazione originaria e non sopravvenuta, che promana, nei contratti c.d. business to consumer, da asimmetrie informative, oppure, nei contratti
c.d. business to business7, dalla dipendenza economica del partner commerciale. L’autonomia privata, dunque, diviene un tassello fondamentale nella logica del mercato interno, nel quale uno degli obiettivi primari è la protezione degli acquirenti di beni e servizi nei confronti degli abusi perpetuati a loro danno dai venditori o erogatori, specie nel caso di predisposizione unilaterale dei contratti8.
7 X. XXXXX, Contratto di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Riv. dir. priv., n. 4, 2001, 769 ss.
8 Nel tempo si sono susseguiti innumerevoli interventi del legislatore europeo in settori specifici: la vendita fuori dai locali commerciali (Dir. n. 85/577 CEE), la pubblicità ingannevole (Dir. n. 84/450 CEE), il credito al consumo (Dir. n. 87/102 CEE e n. 90/88 CEE), i contratti a distanza (Dir. n. 97/7 CEE), la multiproprietà (Dir. n. 94/47 CEE), la vendita di pacchetti viaggio (Dir. n. 90/314 CEE). Si, poi, giunti, alla stesura di una direttiva di portata generale, cioè la 93/13 riguardante le clausole abusive nei contratti con i consumatori.
Appare evidente, allora, come il pluralismo normativo, che caratterizza l’attuale sistema delle fonti9, abbia avuto conseguenze dirompenti sulla disciplina del contratto, con inevitabili risvolti impattanti sull’intero assetto del diritto civile nazionale. La giurisprudenza europea, infatti, s’interroga sovente sugli effetti nei rapporti tra privati delle libertà fondamentali del Trattato – di qui appunto il lemma Drittwirkung – e se tali principi producano un effetto conformativo sui rapporti giuridici di diritto privato10.
Ferma l’influenza delle spinte sovranazionali, il tema dell’eterointegrazione ha, poi, assunto rinnovata centralità negli ultimi decenni anche grazie al fervido dibattito di dottrina e giurisprudenza attorno ai temi classici della buona fede e della causa in concreto.
Nel panorama odierno tale principio generale da canone valutativo si è evoluto in canone precettivo, capace di fondare nuovi obblighi in capo alle parti12, tra cui quello di rinegoziazione, che impone la leale collaborazione deli contraenti al fine di superare gli inconvenienti che hanno inciso sull’equilibrio del negozio13.
9 A. ZOPPINI, Il diritto privato e le «libertà fondamentali» dell’Unione Europea (principi e problemi della Drittwirkung nel mercato unico), in Riv. dir. civ., n. 3, 2016, 712-743; X. XXXXX, Multilevel Europe and Private Law, in X. XXXXXXX, X. XXXX-XXXX (a cura di), Making European Private Law, Governance Design, Cheltenham – Northampton, 2008, 39 ss.
10 Per un’analisi della giurisprudenza con riguardo ai rapporti di diritto privato si rinvia a X. XXXXXX, X.-X. XXXXXX-XXXXXXXX, EuGH und Privatrecht ein Rückblick nach 60 Jahren, in Zeitschrift für europäisches Privatrecht, n. 4, 2014, 696 ss.; X. XXXXXXXX, Nationales Privatrecht im Spannungsfeld der Grundfreiheiten, in Archiv für die civilistische Praxis, 210 (2010), 424 ss. Sul punto recentemente X.X. XXXXXXXXX, Affidamenti estintivi, buona fede, Drittwirkung, in X. XXXXXXXX (a cura di), I nuovi orientamenti della Cassazione civile, Milano, 2022, 680 ss.
11 X. X. XXXXXX, Il contratto, Milano, 2000, 500 ss.
12 Per un’analisi approfondita in relazione all’ambito di operatività delle norme di cui agli artt. 1175 e 1375, cfr. X. XXXXXX, op. cit., 135 ss.; X. XXXXXXX, La buona fede come limite all’autonomia negoziale e fonte di integrazione del contratto nel quadro dei congegni di conformazione delle situazioni soggettive alle esigenze di tutela degli interessi sottostanti, in Giustizia civ., n. I, 1994, 2168.
13 Cass., 22 maggio 1997, n. 15669 («non può farsi a meno di ricordare come la buona fede operi non
solo in sede d’interpretazione ed esecuzione del contratto, a norma degli artt. 1366 e 1375 c.c., ma anche
Secondo la più moderna accezione, il dovere di buona fede è, infatti, generale e trasversale, trovando applicazione nelle trattative, nell’interpretazione, nell’esecuzione e nell’ integrazione del contratto.
La buona fede oggettiva, di cui all’art. 1375 c.c., a differenza delle altre fonti di integrazione previste dall’art. 1374 cod. civ., di cui si dirà nel prosieguo, è uno strumento dotato di straordinaria duttilità e proprio il suo carattere “indeterminato” ha consentito all’interprete notevoli margini di azione, anche per adeguare le pattuizioni ai comportamenti esigibili in base ai canoni di lealtà e salvaguardia.
Tale evoluzione interpretativa ha dato la stura all’elaborazione di diverse teorie sul ruolo del giudice e sugli eventuali poteri di intervento ad esso attribuiti ogni qual volta ci sia un’alterazione del sinallagma14. Sotto tale profilo, ancora oggi, i tempi non sembrano maturi per riconoscere al giudice un potere sostitutivo della volontà delle parti. In ogni caso, può ritenersi ormai consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il criterio della buona fede costituisce, per l’interprete, uno strumento atto a controllare, anche in senso modificativo e integrativo, lo statuto negoziale, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli interessi15. Al riguardo, la legislazione di matrice consumieristica rappresenta una delle più emblematiche consacrazioni del ruolo attivo del giudice sul governo del contratto, attribuendo allo stesso poteri correttivi e riconoscendogli il potere di
quale fonte d’integrazione della stessa regolamentazione contrattuale, secondo quel che si desume dall’art.
1374 c.c.»); Cass. civ., 20 aprile 1994, n. 3775.
14 Per X. XXXXXXX, La categoria del contratto alle soglie del terzo millennio, in Contratto e Impresa, n. 2, 2000, p. 923 ss. «nuovo è il concetto di congruità dello scambio contrattuale: una volta si diceva che la materia è rimessa all’autonomia delle parti; eccettuati i casi, tipici, previsti dalla legge, della rescissione per lesione ultra dimidium o della eccessiva onerosità sopravvenuta, al di fuori dei casi tipici, l’autonomia contrattuale era considerata incensurabile da parte del giudice. Oggi [...] si fa riferimento al concetto di buona fede nella formazione del contratto (ancora una volta la buona fede precontrattuale) perchè si considera in contrasto con la buona fede il predisporre clausole che comportino il predetto squilibrio».
15 Ex plurimis Cass. 3 dicembre 2008, n. 28719; Cass., 18 settembre 2009, n. 20106. Si veda anche la RELAZIONE TELEMATICA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, UFFICIO DEL MASSIMARIO E DEL
RUOLO, 10 settembre 2010, n. 116, Buona fede come fonte di integrazione dello statuto negoziale: il ruolo del giudice nel governo del contratto, 5.
rilevare d’ufficio la nullità ed eventualmente di ricondurre a equità clausole
contrarie al principio di correttezza e buona fede16.
Senza pretesa di esaustività, onde comprendere l’elasticità dei confini della materia contrattuale, merita altresì menzione il ruolo attribuito alla causa, anche nell’ottica di un negozio squilibrato.
La paternalistica concezione di Xxxxxx Xxxxx sulla causa come funzione economico- sociale, che funzionalizzava l’autonomia privata alla realizzazione dei fini superiori dell’ordinamento17, ha, infatti, ceduto il passo all’impostazione esegetica secondo cui la causa costituisce la funzione economico-individuale del contratto, come insegna la teoria della causa in concreto elaborata da Ferri18. Attraverso la causa, così intesa, si oggettivizzano i motivi delle parti, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento a norma dell’art. 1322, secondo comma, c.c.19.
Dunque, per il tramite del controllo causale diviene possibile verificare, oltre alla sussistenza di un interesse meritevole, alla conformità all’ordine pubblico, al buon costume e alle norme imperative, anche l’equilibrio e l’adeguatezza del rapporto.
Alla luce di quanto esposto, nel panorama odierno la formazione del regolamento contrattuale viene a caratterizzarsi per la concorrenza paritetica delle diverse fonti di integrazione con la volontà dei contraenti: le parti perdono, quindi, il ruolo di “legislatori” indisturbati del rapporto contrattuale.
16 X.X. XXXXX, Eterointegrazione del contratto e potere correttivo del giudice, Padova, 2010, 2 ss.; G. X’XXXXX, L’integrazione (cogente) del contratto mediante il diritto dispositivo, in G. X’XXXXX, X. XXXXXXXXXXX, Nullità per abuso ed integrazione del contratto, Torino, 2013, p. 216.
17 E. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato Vassalli, XV, 2, Torino, 1960, 170 ss. Come segnala X.X. Xxxxx, La causa nella teoria del contratto, in IDEM-X. XXXXXXXX, Studi sull’autonomia dei privati, Torino 1997, 97 ss. spetta a Xx Xxxxxxxx (Istituzioni di diritto civile, Milano-Messina, 1935) e a Betti, piuttosto che a Scialoja, la paternità italiana della formula funzione economico-sociale quale causa del contratto (contra X. XXXXXXXXX, Il contratto di diritto europeo, Torino, 2017, 88 nota 83).
18 X.X. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966.
19 Il riferimento è alla nota Cass., 8 maggio 2006, n. 10490, che ha riconosciuto la necessità di elaborare «un’ermeneutica del concetto di causa che, sul presupposto della obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio (che, a tacer d’altro, non spiega come un contratto tipico possa avere causa illecita), ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato)».
Superare la vecchia concezione non vuol dire solo mettere in discussione il monopolio della disciplina negoziale detenuto dalle parti, ma anche e soprattutto, superare la vecchia immagine del contratto come sistema autonomo, completo e isolato rispetto all’ordinamento in generale.
Il contratto, per la prima volta, viene inserito in un determinato contesto economico
e sociale e diviene permeabile ai valori espressi dall’ordinamento giuridico.
Sul punto è stato autorevolmente affermato che, ormai, «il contenuto del rapporto contrattuale é il risultato di un concorso di fonti diverse, delle quali la determinazione volitiva delle parti é una soltanto», e che «l’ambito di efficacia del contratto può essere definito non assumendo ad esclusivo parametro di riferimento gli interessi delle parti contraenti, ma ... collocando questi interessi in un contesto più generale, attento dunque a finalità che si raccordano con il contratto, ma che non si esauriscono nel contratto». Inoltre,
«il sistema di integrazione del contratto, inteso come strumento di raccordo tra gli interessi direttamente disciplinati dai contraenti e quelli a più ampio spettro incisi dalla pattuizione, muove sempre dall’interno dell’atto di autonomia, ritenuto meritevole di essere salvaguardato senza arroccarsi entro gli spazi alternativi del recesso e della nullità, ma individua la soluzione finale sul piano degli effetti in base a criteri determinativi, ad indici di valori, ... più genericamente a fonti, estranei alla struttura del contratto» 20.
2. Autonomia privata: limiti legali e garanzia costituzionale
Fornito uno sguardo sulla natura cangiante del contratto, che dimostra come lo stesso sia in grado di conformare la sua struttura all’evolvere dei tempi, occorre compiere una puntuale disamina delle disposizioni interne che forniscono le coordinate assiali delle forme di intervento “esterno” sull’autonomia negoziale.
Il tema delle possibili influenze dei provvedimenti delle Autorità Amministrative Indipendenti (di seguito anche AAI) sui rapporti tra privati impone, infatti, di ricostruire i limiti positivi che questi incontrano nel nostro ordinamento.
20 X. XXXXXX, Per una revisione della disciplina sull’interpretazione e sull’integrazione del contratto?, in
Riv. trim. dir. e proc. civ., n. 3, 2006, 730 ss.
Al riguardo, in realtà, già il richiamato art. 1322 c.c., ammettendo l’esercizio della libertà di conformazione negoziale delle parti «nei limiti imposti dalla legge», configura tale potere come un’attribuzione “non esclusiva” dei contraenti, prospettando la possibilità che sullo stesso regolamento negoziale incida uno strumento, quello della legge, utilizzabile su ampia scala al fine di vietare o imporre determinati contenuti21.
Le norme imperative costituiscono lo strumento principale di cui si avvale l’ordinamento giuridico per controllare la non contrarietà delle operazioni contrattuali ai valori e agli interessi primari; le suddette norme realizzano una effettiva compressione dell’autonomia contrattuale, ponendo limiti alla facoltà dei privati di autoregolamentare i propri interessi, attraverso la sottrazione al potere di disposizione delle parti delle conseguenze e dei rimedi cui la loro violazione dà luogo22.
L’effetto che normalmente scaturisce dal contrasto del regolamento contrattuale con una norma imperativa è di tipo dirimente: laddove l’intero contratto violi le suddette disposizioni, l’ordinamento giuridico non appresterà ad esso alcun riconoscimento, derivandone una nullità totale dello stesso.
Ove la violazione attenga a singole clausole del negozio, la sanzione invalidante sarà parziale se tali clausole non risultino avere carattere di essenzialità con riguardo all’oggettiva economia dell’affare, altrimenti, dando luogo il regolamento privo di esse ad un assetto di interessi sostanzialmente diverso rispetto a quello originario, la nullità si estenderà all’intero contratto.
Un ulteriore limite positivo è rinvenibile all’art. 1325 c.c., il quale elenca i requisiti indefettibili del contratto, la cui mancanza dà vita a nullità ex art. 1418, secondo comma, c.c.
21 X. XXXXXX, op.cit., cit., 34; E. XXXXX, Il contratto, Bologna, 1977, 126 e ss., il quale sottolinea come il principio dell’autonomia privata sia stato accolto nel nostro ordinamento in termini tutt’altro che assoluti e illimitati.
22 A. ALBANESE, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Napoli, 2003, 306.
Un’incidenza ben più pregnante deve essere, poi, riconosciuta alle norme imperative nel momento in cui queste, sulla base del generale meccanismo di cui agli artt. 1339 e 1374, intervengano nella stessa costruzione del contenuto negoziale. Segnatamente, ai sensi dell’art. 1374 c.c., il contratto obbliga le parti non solo a quanto nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, dagli usi.
Come rilevato da autorevole dottrina, “l’integrazione è fuori del contratto, ma al tempo stesso ne determina l’operare; il contratto è il suo oggetto, ma alla costruzione del proprio oggetto essa non manca di partecipare. Di ciò l’art. 1374 è testimonianza eloquente, nel suo apparente contrapporre due diverse fonti degli obblighi discendenti dal contratto: quanto in esso è espresso, da un canto, e la legge, gli usi e l’equità, dall’altro”23.
In modo non dissimile, l’art. 1339 c.c.24 stabilisce che le clausole, i prezzi di beni e servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione di xxxxxxxx xxxxxxxx.
In dottrina si è, da più parti, sottolineato come il fenomeno dell’inserzione- sostituzione automatica di clausole legali rappresenti una delle più intense forme di intervento legislativo sul regolamento e di restrizione dell’autonomia contrattuale dei privati, laddove con esso dà la conferma, dal punto di vista del diritto positivo, della presenza di un concorso di fonti nella edificazione del contratto che, pur preservando un valore qualificante (e prevalente) all’attività dei privati, in quanto motore e anima del fenomeno negoziale, non può non influire sulla nozione stessa di autonomia privata25.
L’art. 1339 c.c. rappresenta, dunque, la più marcata dimostrazione della possibilità nel nostro ordinamento di forme di “eterointegrazione” del contenuto contrattuale,
23 X. XXXXXX, op. cit., 12.
24 Ampiamente, sul punto, R. XXXXX, Sostituzione delle clausole contrattuali, in Dig. disc. priv., Sez. civ., Agg. VII, Torino, 2012, 996. Il fatto che i contraenti possano vedere estesi i loro reciproci obblighi oltre quelli espressamente pattuiti è dato direttamente ricavabile dall’art. 1374 c.c., cfr.
E. XXXXXXXXXX, Il contratto. Dal testo alla regola, Milano, 2006, 177 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, L’integrazione, in Tratt. contr. Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, Torino, 2006, 1149 ss.; U. BRECCIA, Fonti del diritto contrattuale, in Enc. dir., Ann. III, Milano, 2010, 414 ss.; X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, vol. II, in Cod. civ. comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2013, passim.
25 X. XXXXXX, op.cit., 86.
ponendo in evidenza il ruolo della legge quale fonte che, aggiungendosi all’attività delle parti, concorre alla costruzione del definitivo regolamento negoziale e alla delineazione dell’effettivo assetto di interessi da questo perseguiti26.
Affermata in tal modo l’ammissibilità, dal punto di vista del sistema civilistico, di interventi “eteronomi” sul contratto, che rappresentano forme di compressione della libertà negoziale, è necessario chiedersi se quest’ultima non riceva una tutela a livello costituzionale, che, ponendo dei limiti a tali forme di compressione, imponga di valutarne la legittimità27.
Di nodale importanza appare, al riguardo, il rapporto strumentale tra autonomia privata e Costituzione, con particolare riferimento agli articoli 4128 e 42 Cost., i quali hanno effetto diretto sulla libertà negoziale nei limiti in cui l’esercizio di questa comporti una lesione dell’iniziativa economica o della proprietà.
Alla luce del dettato costituzionale ogni intervento limitativo dell’autonomia privata è condizionato al ricorrere di due requisiti: uno formale, riguardante l’utilizzo dello strumento legislativo, l’altro sostanziale, attinente all’esistenza di una utilità sociale che giustifichi i vincoli posti alla libertà contrattuale.
È evidente, allora, che alla stregua di tali disposizioni, i rapporti tra privati possono essere limitati al fine di tutelare e garantire interessi più vasti, rendendo possibile l’adempimento di quella funzione sociale da cui non ci si può discostare nell’esercizio di ogni attività produttiva, a condizione che la limitazione risponda al
26 L’inserimento nel codice del 1942 dell’art. 1339, laddove nel precedente codice non esisteva norma con tenore analogo, suscitò aspre critiche da parte della dottrina coeva, la quale vedendo tale disposizione come un vulnus inaccettabile al principio della libertà contrattuale e al dogma dell’autonomia della volontà, arrivò, in parte, persino a chiedere l’abrogazione di tale articolo. Sul punto X. XXXXXX, Teoria del negozio giuridico, Padova, 1947, XXIII; X. XXXXXX, Libertà contrattuale e inserzione automatica di clausole, in Moneta e credito, 1948, 530 ss.; A. DE MARTINI, Profili della vendita commerciale e del contratto estimatorio, Milano, 1950, 426; X. XXXXXXXX, Contratto (dir. priv.), in Enc. dir., vol. IX, Milano, 1961, 161.
27 Sul punto si rinvia alle considerazioni svolte da V. VITI, Il contratto e le autorità indipendenti,
Napoli, 2013, passim.
28 Come è stato notato la riforma degli artt. 9 e 41 Cost., con l’introduzione esplicita della tutela dell’ambiente, può avere effetti sull’autonomia privata e, addirittura, sulla nozione di impresa. Sul punto X.X. XXXXXXXX, Gli «assetti organizzativi adeguati» tra principi e clausole generali. Appunti sul nuovo art. 2086 c.c, in Rivista delle società, nn. 5-6, 2023, 964 ss.
principio di ragionevolezza, cioè sia congrua e proporzionata allo scopo, e sia posta con legge.
Da quanto esposto emerge come il contenuto del contratto, per quanto liberamente determinabile dalle parti, non può ritenersi totalmente autoimposto, bensì in parte eteroimposto, in quanto i paciscenti sono vincolati non soltanto a quanto da essi liberamente stabilito, ma anche a quanto prescritto dalla legge.
Onde perimetrare, allora, i margini di incidenza sull’autonomia negoziale delle fonti esterne, quali i provvedimenti delle AAI, le premesse svolte in precedenza risultano centrali, soprattutto in merito alla compatibilità della fonte secondaria con l’effetto sostitutivo di clausole e all’interpretazione del termine “legge” nelle richiamate disposizioni contenuto.
In particolare, fermo che le lacune generali possono essere colmate ai sensi dell’art. 12 disp. prel. c.c., secondo le tecniche dell’analogia legis e dell’analogia iuris, occorre comprendere se la riserva di legge di cui agli artt. 1339 e 1374 x.x. xxxx intesa in senso formale o sostanziale.
Secondo la tesi tralaticia, ad oggi minoritaria, la concezione di legge dovrebbe intendersi in senso formale, ossia come legge statale. Si riteneva, infatti, che una limitazione all’autonomia contrattuale, riconosciuta e tutelata da una norma di rango primario, quale l’art. 1322 c.c., non potesse che derivare da una norma di pari grado, attesa anche la richiamata copertura costituzionale ex artt. 41 e 42 Cost.29.
Tuttavia, tale impostazione ha ceduto il passo alla concezione sostanziale, che ha valorizzato il rinvio che era compiuto dal previgente art. 1339 c.c. alle “norme corporative”. Infatti, è innegabile che con la scomparsa dell’ordinamento corporativo sia venuto meno il predetto rinvio, ma non la voluntas legis: rimane chiara, infatti, l’intenzione del legislatore di consentire l’integrazione del contratto anche attraverso disposizioni diverse da quelle normative30.
Peraltro, una concezione classica e tradizionale della riserva non rispecchierebbe nemmeno la mutata e cangiante realtà fattuale, che, come accennato, necessita
29 A. AZARA, Fonti sub-primarie e integrazione del contratto, in Giust. civ., 1, 2020, 194.
30 X. XXXXXX, op.cit., 126.
sovente dell’intervento di fonti diverse dalla legge, che meglio si attagliano alle
esigenze di snellezza e celerità.
Sul punto si contendono il campo due tesi. Una prima ricostruzione pensa che il termine legge implichi persino l’esclusione dei decreti-legge e dei decreti legislativi31; un’altra corrente di pensiero reputa che i prezzi o le clausole possano essere imposti da un qualunque atto amministrativo32.
Tra questi due estremi si registrano ipotesi mediane che sostengono la possibilità di un’inserzione o sostituzione automatica di clausole ad opera di qualunque atto non legislativo «a cui rinvii una legge formale»33, la quale deve fissare i criteri ed i limiti per l’esercizio del potere normativo34.
A questo proposito si è ritenuto che, nel riferirsi alle clausole imposte dalla legge, l’art. 1339 c.c. non possa essere limitato al caso in cui la legge individui, essa stessa, la clausola da interpolare all’interno del testo contrattuale, ma alluda anche all’ipotesi in cui la legge preveda che l’individuazione di tale clausola sia
31 X. XXXXXX, op.cit., XXVIII.
32 A. ROMANO, Limiti dell’autonomia privata derivanti da atti amministrativi, Milano, 1960, 178 e passim, il quale osserva che l’art. 1339 c.c., nella sua formulazione originaria, faceva riferimento non solo alle clausole o ai prezzi di beni o servizi imposti dalla legge, ma anche a quelli imposti dalle “norme corporative”. Proprio muovendo dal richiamo alle norme corporative e, dunque, dal carattere non esclusivo del rinvio alla legge, l’Autore giunge a reputare ammissibile il ricorso a fonti diverse. In senso critico X. XXXXXX, op. cit., 36.
33 R. SACCO, op. cit., 427. X. XXXXXX, Art. 1339 cod. civ. Provvedimenti delle Autorità indipendenti ed eterointegrazione del contratto, in Nuova giur. civ. comm., n. 10, 2012, 662, reputa che il richiamo alla “legge” contenuto nell’art. 1339 c.c. non possa essere interpretato con riferimento ad atti diversi, di efficacia minore, qualora non vi sia un‘espressa previsione legislativa in tal senso.
34 X. XXXXXX, op. cit., 36-37 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale, IV, in Comm. cod. civ.
Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1970, 233.
35 Cass., 22 dicembre 1994, n. 11032; Cass., 10 febbraio 2010, n. 3018.
demandata ad una fonte secondaria, ma da essa autorizzata. Tale fonte secondaria può essere ricercata tanto nell’atto amministrativo, quanto nella convenzione stessa, i quali traggono il carattere di imperatività, necessario ai fini dell’applicazione dell’art. 1339 c.c., proprio dalla predetta delega legislativa36.
Per tali ragioni, oggi è pacificamente ammessa un’integrazione del contratto attuata anche mediante atti diversi dalla legge, ossia atti aventi forza di legge e regolamenti. Con la conseguenza che anche un contratto che non rispetti il contenuto eteroimposto da tali fonti deve considerarsi nullo ex art. 1418 c.c. per violazione di norme imperative37.
3. Le Autorità Amministrative indipendenti: funzione e poteri regolatori
Proprio la lettura del lemma “legge” secondo una portata ampia e sostanziale consente di interrogarsi sull’ammissibilità dell’integrazione del contratto attuata attraverso i provvedimenti che costituiscono esplicazione dei poteri normativi attribuiti alle Autorità Amministrative Indipendenti.
La tematica riveste un ruolo centrale perché i regolamenti approvati dalle Authorities toccano la quasi totalità dei settori economici e invadono, di fatto, grazie alla loro duttilità, gli spazi dell’autonomia privata, sempre con lo scopo di tutelare i destinatari dei xxxxxxx00.
36 Si vedano in tal senso Cass. SS.UU. 16 settembre 2015, n. 18135; Cass, 10 febbraio 2010, n. 3018.
37 X. XXXXXXXXXXX, La convalida delle nullità di protezione, Napoli, 2010, 97 ss.; IDEM, L’inesistenza della distinzione tra regole di comportamento e regole di validità, Napoli, 2013, 84; X. XXXXX, Art. 1339, in X. XXXXXXXXXXX (a cura di), Codice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, Napoli, 2010, 518; E. XXXXXXXXXX, Integrazione e correzione del contratto: tra regole e principi, in A. X’XXXXXX, X. XXXXX (a cura di), Annuario del contratto, Torino, 2015, 64 ss.
38 G. XXXXX, La «tenuta» del tipo contrattuale e il giudizio di compatibilità, in Riv. dir. civ., n. 5, 2008,
498. Discorrono di “conformazione del contratto” X. XXXXXXXX, Diritto privato “regolatorio”, conformazione dell’autonomia negoziale e controllo sulle discipline eteronome dettate dalle “authorities”, in Nuove Autonomie, n. 3, 2017, 441 ss.; A. XXXXXXXX, Integrazione del contratto e poteri regolatori delle Autorità Amministrative indipendenti. Il ruolo dell‘Autorità Nazionale Anticorruzione nella costruzione del regolamento contrattuale, in AA.VV., Scritti in onore di Xxxx Xxxxx, tomo I, Napoli, 2017, 641 ss.
Si noti, infatti, come l’incidenza della potestà regolamentare delle AAI sull’autonomia negoziale dei privati conserva particolare rilievo in ordine all’equilibrio delle posizioni contrattuali e, in particolare, in quelle già menzionate situazioni di asimmetria fisiologica del rapporto, come nella tutela del consumatore.
È necessario, allora, comprendere che ruolo possa attribuirsi alla regolazione economica indipendente nel complesso mosaico in cui si colloca l’autonomia negoziale, verificando la compatibilità dei poteri regolatori con il riferito sistema civilistico e costituzionale.
Presupposto implicito di tale forma di intervento è proprio il nesso interfunzionale tra il contratto e le logiche di mercato.
Difatti, l’esperienza insegna che la produzione normativa “indipendente” ha, nella maggior parte dei casi, vocazione solidaristica e rilevanza sociale39: la sua incidenza nell’ambito dell’autonomia contrattuale trova giustificazione in un’esigenza di ordine pubblico che mira a garantire l’equilibrio economico-normativo del contratto, tecnica funzionale ad una migliore allocazione di ricchezza e distribuzione dei rischi.
Prima di entrare nel merito della questione è opportuno compiere un breve inquadramento sistematico delle Authorities e, in particolare, delle ragioni sottese alla loro nascita, delle loro funzioni e dei loro compiti istituzionali.
Le Autorità amministrative indipendenti sono state mutuate dall’ordinamento statunitense, nell’ottica di neutralizzare i settori sensibili, sottraendoli all’influenza governativa40. Le prime Autorità Amministrative Indipendenti si rintracciano negli anni ‘70-’8041, ma la loro proliferazione si realizza negli anni ‘90 grazie all’influenza del diritto comunitario42. La loro istituzione rappresenta una risposta alla “crisi
39 Per una riflessione sul principio solidaristico si rinvia a G. ALPA, Solidarietà. Un principio normativo, Bologna, 2022.
40 Le Independent Regulatory Commissions (IRC) vengono comunemente indicate come primo esempio di autorità amministrative indipendenti e principale archetipo di riferimento per gli organismi indipendenti successivamente affermatisi nei sistemi europei.
41 Con la legge 216/1974 fu istituita la CONSOB.
42 Sulla nascita e sullo sviluppo delle Autorità Amministrative Indipendenti X. XXXXXXX,
Autorità amministrative indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, 2005, 15 ss.
della legge” (forse acuendola), da intendersi come incapacità della stessa di predefinire, in settori caratterizzati da elevato tecnicismo e soggetti a continua evoluzione, un sistema completo e preciso di regole e di comportamenti tali da consentire ai destinatari di valutare “ex ante” i propri e gli altrui comportamenti in termini di liceità o illiceità43.
Rivestono tale qualifica, generalmente, nell’ordinamento italiano, quei soggetti o enti pubblici, istituiti con legge, che esercitano in prevalenza funzioni amministrative in ambiti considerati, appunto, sensibili o di alto contenuto tecnico (protezione dei dati personali, mercato finanziario, risparmio).
Le Autorità sono definite e disciplinate dalle singole leggi istitutive; le uniche disposizioni generali di riferimento all’interno dell’ordinamento giuridico sono le norme contenute nella legge n. 59/1997 (artt. 1-2), la quale esclude esplicitamente il conferimento alle regioni e agli enti locali di compiti di regolazione e controllo già attribuiti a tali autorità, e nella legge n. 205/2000 (art. 4) la quale prevede per i provvedimenti adottati dalle autorità la forma accelerata di tutela giurisdizionale, con il dimezzamento di tutti i termini processuali tranne quello di introduzione del ricorso44.
Nonostante non siano riconducibili ad un archetipo, o ad un modello di carattere generale, le Autorità presentano alcuni tratti comuni, come l’autonomia organizzativa e regolamentare, che varia di intensità, e la potestà normativa, sanzionatoria e di risoluzione e aggiudicazione di conflitti.
Tracciate le linee essenziali di tali organismi, non stupisce che gli stessi siano stati oggetto di forte attenzione proprio in relazione alla portata integrativo/sostitutiva dei provvedimenti regolatori dagli stessi promananti45, ai quali, per effetto della
43 Sul tema della crisi della legge, cfr. X. XXXXXXX (a cura di), Trasformazioni della funzione legislativa. Vol. II - Crisi della legge e sistema delle fonti, Milano, 2000.
44 Sul punto si veda ora l’art. 119 del d.lgs. n. 104/2010 (Codice del processo amministrativo).
45 X. XXXXXXXX, Il ruolo delle autorità indipendenti nella integrazione e conformazione del contratto, in
Scritti in onore di Xxxx Xxxxx, cit., 915 ss.
loro portata cogente, si dovrebbe riconoscere efficacia eteroconformativa sul regolamento negoziale46.
Prima facie la forza integratrice potrebbe inferirsi dal dato secondo il quale il potere provvedimentale delle AAI è sancito e conferito direttamente della legge istitutiva, con la conseguenza che i provvedimenti espressivi di tale potere si colorerebbero, a loro volta, del grado di autoritatività della legge stessa. Sennonché, nonostante la dottrina pubblicistica tenda ad assicurare la “prevalenza” dell’atto regolatorio sulle disposizioni contrattuali confliggenti47, più cauta risulta altra parte della dottrina (civilistica) la quale individua un limite invalicabile nella natura di fonte secondaria da attribuire ai provvedimenti a carattere normativo delle Autorità. Secondo tale impostazione i provvedimenti delle AAI, proprio a causa di tale loro natura, non potrebbero derogare il principio di libertà contrattuale sancito dall’art. 1322 c.c., che vanta, peraltro, della copertura costituzionale di cui all’art. 41 Cost.48.
46 Ampi riferimenti sul punto in X. XXXXXXXX, «Regolazione» del «mercato»: relazioni semantiche e scelte di sistema (spunti dalla casistica), Rass. dir. civ., n. 3, 2012, 814 ss. e, spec., 827 ss. ove si sofferma sulle difficoltà ricostruttive emergenti in seno alla giurisprudenza e sulla conseguente contraddittorietà delle sentenze emesse sul punto; X. XXXXXXXX, Regolamentazione
«indipendente» del mercato e «conformazione in chiave protettiva» del contratto, Riv. dir. impr., n. 1, 2016, 103 ss.; Sul punto, inoltre, V. BARBA, La previsione di contenuti minimi del contratto da parte delle autorità amministrative indipendenti, in L. AMMANNATI, X. XXXXXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX XXXXXXXXX (a cura di), I giudici e l’economia, Torino, 2018, 233 ss.; IDEM, Autorità amministrative indipendenti, nullità sopravvenuta e conformazione del contratto, in An. giur. econ., n. 2, 2018, 493 ss.
47 X. XXXXXXXXXX, Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano, 2003, 226; X. XXXXXX, Il diritto amministrativo comune nelle comunicazioni elettroniche, Riv. it. dir. pubbl. com., n. 6, 2004, 1276 ss.; IDEM, Il potere normativo delle Autorità Indipendenti, in G. XXXXX (a cura di), L’autonomia privata e le autorità indipendenti, Bologna, 2006, 43 ss.
48 X. XXXXXXX, Autonomia privata e autorità indipendenti, in G. GITTI (a cura di), op. cit., 280 ss.; X. XXXXXXX, Autorità indipendenti, regolamentazione del mercato e controllo di vessatorietà delle condizioni contrattuali, in G. GITTI (a cura di), op. cit., 209.
49 Per Corte cost., sentenza 14 dicembre 2017, n. 269 l’AGCM svolge la «delicata ed essenziale funzione di salvaguardia delle regole del mercato a tutela della concorrenza, radicata in interessi pubblici
Sotto tale profilo, il fatto che la riserva prescritta dalla Costituzione abbia carattere pacificamente relativo50 risolve solo in parte il problema che ci si sta ponendo.
Se, infatti, pare astrattamente possibile ritenere sufficiente la delega contenuta nella legge ordinaria in favore delle Autorità di settore, è necessario in ogni caso indagare la compatibilità rispetto ad una riserva di legge relativa della discrezionalità connaturata ai poteri regolatori, a volte estremamente ampia ma, certamente, fisiologica in ambiti economici tanto peculiari, complessi ed esposti a rapidi mutamenti.
4. Poteri regolatori e integrazione eteronoma
Come anticipato, allo stato attuale, è universalmente accolta una concezione di legalità in senso ampio e sostanziale e, dunque, “forte”, anche al fine di ricondurre l’agere amministrativo sui binari del buon andamento e dell’imparzialità, così come impone l’art. 97, secondo comma, Cost., e impedire abusi e prevaricazioni sui soggetti amministrati. E tale principio dovrebbe essere valevole anche per le Autorità Amministrative Indipendenti, attesa l’ormai acclarata natura amministrativa51.
Appare, allora, dirimente chiedersi se i provvedimenti delle AAI, in grado di incidere sull’autonomia contrattuale, siano effettivamente rispettosi del principio di legalità in senso forte. Soltanto in tale ipotesi, infatti, si potrebbe ammettere l’integrazione del contratto ai sensi degli artt. 1339 e 1374 cc.
di valore costituzionale ai sensi degli artt. 3 e 41 Cost.». Sul punto anche A. PREDIERI, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, Firenze, 1997, 4 ss.
50 In tal senso già Corte Cost. 6 febbraio 1962, n. 4.
51 Il riconoscimento della natura giuridica amministrativa in capo alle “Autorità” porta ad ammettere la giustiziabilità dei loro atti, i quali possono essere sottoposti al vaglio dell’autorità giurisdizionale, come desumibile dal combinato disposto di cui agli artt. 24 e 113 della Costituzione, secondo cui tutti i provvedimenti sono giustiziabili. Inoltre, il codice del processo amministrativo prevede che gli atti delle Autorità Indipendenti siano assunti nell’ambito della giurisdizione esclusiva, quella in cui il giudice amministrativo conosce sia dell’interesse legittimo sia del diritto soggettivo e che, in merito alle sanzioni delle Autorità Indipendenti, ad esclusione delle sanzioni della Banca d’Italia e della Consob, il giudice amministrativo esercita una giurisdizione di merito.
Come si è detto, i provvedimenti amministrativi sono sottoposti a un rigido principio di legalità sostanziale. Pertanto, è pienamente ammissibile un’integrazione del contratto ad opera di un provvedimento della PA, poiché quest’ultimo viene emanato sulla base di una legge che non soltanto attribuisce il potere, ma ne fissa anche contenuto e limiti. La legge conferisce alla PA direttamente il potere di statuire in una determinata materia contrattuale, stabilendo, altresì, criteri e limiti in modo puntuale, pertanto il relativo provvedimento amministrativo sarà idoneo ad integrare il contratto, perché mutua direttamente tale potere dalla legge, che a sua volta è espressione di legalità in senso “forte”52.
Quanto esposto non pare valevole anche per le AAI, perché la legge istitutiva, pur conferendo il potere di emanare prescrizioni in ambito contrattuale, non ne determina in modo specifico il contenuto, pertanto si sarebbe in presenza di una legalità in senso “debole”. Al riguardo, secondo un autorevole pensiero, sarebbe accettabile anche una concezione di legalità in senso “debole”, poiché conforme alle finalità stesse delle AAI53. Se, infatti, esse sono preposte a settori sensibili, connaturati da un elevato tecnicismo, allora la legge è volutamente generica, perché per regolamentare tale settore occorrono competenze elevate e specifiche che le AAI possiedono, ma delle quali la legge è priva. Pertanto, il contratto dovrà dirsi integrato ex artt. 1339 e 1374 c.c. dal provvedimento delle AAI, a sua volta espressione del potere di regolazione attribuito ex lege54.
Secondo tale impostazione, come il legislatore dell’art. 1374 c.c. non richiede che usi ed equità osservino specifici criteri direttivi, allo stesso modo il legislatore speciale potrebbe conferire il potere eterointegrativo alle Autorità indipendenti senza pre-
52 A. XXXXX, Xxxxxxxxxxx, in Enciclopedia giuridica, vol. XXVI, Roma, 1992, 3.
53 Si rinvia ad A. XXXXXXXX, Poteri indipendenti e dimensioni della legalità. Le prospettive di sostenibilità dell’implicito nell’esperienza delle autorità amministrative indipendenti, in IDEM (a cura di), Autorità indipendenti. Funzioni e rapporti, Napoli, 2022, 11 ss.; A. MAZZA LABOCCETTA, Autorità amministrative indipendenti e principio di legalità, in Il diritto dell’economia, n. 3, 2015, 633 ss.; X. XXXXXXXXX, Autorità indipendenti e matrici della legalità, Napoli, 2018, passim.
54 Per una ricostruzione del dibattito si rinvia a X. XXXXXXXXXX, Riflessioni sul potere normativo delle autorità amministrative indipendenti fra legalità “sostanziale”, legalità “procedurale” e funzione di regolazione, in Nomos-Le attualità nel diritto, n. 1, 2017, spec. 13-16.
determinarne il contenuto e i limiti55 e parimenti senza la previa individuazione degli aspetti essenziali della disciplina, ma esclusivamente attraverso l’espressa delega di potere56.
La suesposta tesi non è però condivisa dall’orientamento maggioritario, che ritiene inammissibile un’integrazione contrattuale attraverso i provvedimenti delle AAI, proprio poiché espressione di una legalità intesa in senso solamente “debole”57. Pertanto, le AAI opererebbero al di fuori del circuito della legalità tradizionale, con la conseguenza che i relativi provvedimenti non appaiono idonei ad integrare la fonte contrattuale.
Anche l’art. 41 Cost., infatti, laddove stabilisce che «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali»58 sembrerebbe esigere un corredo minimo di direttrici sostanziali relative (quantomeno) agli scopi, all’oggetto e ai presupposti.
In forza di ciò, l’integrazione del contratto ad opera di un provvedimento delle AAI si ritiene ammissibile soltanto laddove il provvedimento venga richiamato da una norma, la quale non solo conferisca il potere di regolamentare una determinata materia contrattuale, ma ne stabilisca criteri direttivi e limiti.
55 In questa prospettiva, l’art. 1374 c.c. - per dirla con le parole di X.X. XXXXX, Causa e tipo, cit., 313
- si mostra davvero «la valvola che permette di coordinare i fermenti che la realtà continuamente propone e di inserirli nel sistema del codice civile».
56 Contra X. XXXXXXXX, Regolamentazione, cit., 185.
57 Per A. AZARA, Fonti sub-primarie e integrazione del contratto, in Giust. civ., n. 1, 2020, pp. 194 ss.
«l’integrazione additiva di clausole eteronome richiede una norma di rango primario e non può trovare fondamento nella teoria dei c.d. poteri impliciti. La legge ben potrà devolvere alle Autorità indipendenti poteri eteronomi, ma dovrà stabilire espressamente la competenza eterointegrativa della fonte inferiore. Inefficace sarà l‘eventuale disposizione eteronoma di fonte secondaria non abilitata ad integrare l’atto di autonomia privata in forza di una formula espressa contenuta nella legge»; X. XXXXX XX XXXXXXX, Eterointegrazione dei Contratti tramite disposizioni regolamentari delle Autorità Amministrative Indipendenti, in Rev. boliv. de derecho, 33, 2022, 228-259.
58 Segnala il problema X. XXXXXXXX, Regolazione del mercato e “funzionalizzazione” del contratto, in
AA.VV., Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Napoli, 2008, 1611 ss., spec. 1623. E. DEL PRATO, Principio di sussidiarietà e regolazione dell’iniziativa economica privata. Dal controllo statale a quello delle autorità amministrative indipendenti, in Riv. Dir. Civ., n. 3, 2008 268, rileva che sovente l’attività di regolazione è attribuita dalla legge all‘autorità amministrativa indipendente fissandone l’ambito in corrispondenza con la materia per la quale è istituita l’autorità, senza determinazione di altri criteri. Si tratta di una forma intensa di delegificazione, tale da risolversi in una vera e propria dismissione del potere normativo da parte del legislatore ordinario.
A parere di chi scrive, pare ragionevole seguire tale via in modo da garantire il rispetto del principio di legalità in senso sostanziale, poiché le parti del contratto saranno vincolate ad un provvedimento amministrativo il cui contenuto è stabilito dalla legge stessa. Seguendo tale ricostruzione, il potere eteronomo sarebbe ammissibile anche laddove il potere delle AAI si esplichi impedendo all’autonomia negoziale di travalicare i limiti stabiliti ex lege e potenzialmente vulnerare diritti dotati di copertura costituzionale. Anche in tale evenienza, infatti, i provvedimenti delle AAI verrebbero perfettamente ricondotti al circuito della legalità sostanziale e il ruolo delle Authorities sarà quello di valorizzare l’autonomia privata, impedendo disparità di trattamento59.
Dunque, secondo l’orientamento più accreditato, le norme di rango secondario, in tanto possono eccezionalmente rientrare - ai sensi dell’art. 1374 c.c. - tra le fonti di integrazione del contratto, al pari della legge, o sostituire le clausole contrattuali difformi ex art. 1339 c.c., in quanto la potestà regolamentare rispetti precise condizioni di legittimità: la potestà normativa secondaria può intervenire solo per volontà del legislatore e al fine di realizzare le finalità prefigurate dalla legge stessa e che si mostrino compatibili con i principi costituzionali ed eurounitari.
Le norme primarie, pur lasciando discrezionalità contenutistica al potere regolamentare delle Autorità, ne fissano, però, le finalità e gli ambiti di intervento funzionalizzando il potere regolatorio al perseguimento dei peculiari obiettivi tipici di tali mercati. Ad esempio, nell’ambito dei contratti di utenza, la Corte di cassazione ha riconosciuto che «poiché tali atti sono emanati sulla base di una previsione di legge», quando «il loro profilo funzionale ed il loro contenuto possa essere considerato come determinativo di una clausola rispetto al contratto di utenza» è giustificata l’applicazione dell’art. 1339 cod. civ. in quanto, con la locuzione “clausole”, la norma del Codice si riferirebbe non solo «al caso nel quale la legge individui essa stessa direttamente la clausola da inserirsi nel contratto”, ma anche “all’ipotesi in cui la legge
59 X. XXXXXX, Autorità indipendenti e invalidità del contratto, in G. GITTI (a cura di), op.cit., p. 232.
preveda che l’individuazione della clausola sia fatta da una fonte normativa da essa
Tuttavia, la giurisprudenza ha specificato anche in tale ambito come l’integrazione dei contratti per mezzo degli atti normativi delle Autorità indipendenti non sia illimitata, ma incontra un duplice ordine di limiti: l’uno, per così dire, strutturale (in quanto attinente alla struttura del sistema delle fonti) e, l’altro, finalistico.
Da un lato, non è possibile che le prescrizioni integrative dell’Autorità deroghino a norme imperative; ciò che invero deriva dalla stessa natura di fonte secondaria degli atti di regolazione (in senso stretto) delle Autorità. E, dall’altro, dette prescrizioni integrative devono pur sempre perseguire la finalità di tutela del cliente finale, obiettivo – questo – espressamente sancito dall’art. 1, legge n. 481/199561.
Preme, infine, dare conto di quella corrente di pensiero che ritiene superabili le
criticità esposte grazie alla nota teoria dei “poteri impliciti”62, che la giurisprudenza
60 Cass., 31 ottobre 2014, n. 23184. Conformemente Cass., 30 agosto 2011, n. 17786; Cass., 31 agosto 2015, n. 17301.
61 Cass., 31 ottobre 2014, 23184 («il potere normativo secondario dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. h), si può concretare anche nella previsione di prescrizioni che, attraverso l’integrazione del regolamento di servizio, di cui allo stesso art. 2, comma 37 possono in via riflessa integrare, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il contenuto dei rapporti di utenza individuali pendenti anche in senso derogatorio di norme di legge, ma alla duplice condizione che queste ultime siano meramente dispositive e, dunque, derogabili dalle stesse parti, e che la deroga venga comunque fatta dall’Autorità a tutela dell‘interesse dell‘utente o consumatore, restando, invece, esclusa - salvo che una previsione speciale di legge o di una fonte comunitaria ad efficacia diretta - non la consenta - la deroga a norme di legge di contenuto imperativo e la deroga a norme di legge dispositive a sfavore dell‘utente e consumatore»). Cons. St., 11 novembre 2008, n. 5622 che, con riferimento ad una disposizione contenuta nel Codice di condotta commerciale adottato da ARERA sul c.d. diritto di ripensamento esteso - in violazione di una espressa disposizione legislativa contenuta nel Codice del consumo (d.lgs. n. 206/2005) - anche ai clienti non consumatori, ha osservato che «il richiamo all’art. 1339 c.c. non può valere ad alterare l’ordine gerarchico delle fonti, consentendo ad una
disposizione di rango secondario di scavalcare, entrando nel contenuto contrattuale in sostituzione di
pattuizioni negoziali, norme di legge». In dottrina, in merito alla necessaria finalità dell’integrazione contrattuale ad opera dei regolamenti delle Autorità indipendenti di tutelare i destinatari dei servizi forniti, G. ALPA, Il contratto in generale, I, Fonti, teorie, metodi, in Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2014, 325 ss.
62 Cfr., per tutti, X. XXXXX, Principio di legalità e poteri amministrativi impliciti, Milano, 2001, passim;
X. XXXXXXXXXX, Il principio di legalità e i c.d. poteri impliciti, in Dir. amm., n, 4, 2007, 703 ss.
attribuisce alle AAI al pari degli organi comunitari, per i quali la norma di
riferimento è l’art. 352 del TFUE63.
Il banco di prova per il riconoscimento di detti poteri impliciti è stato il tema dei poteri ispettivi, in particolare, della Banca d’Italia, non espressamente previsti da alcuna norma. Al riguardo, la giurisprudenza ha ritenuto che i poteri ispettivi siano strettamente connessi e connaturati al potere di vigilanza e controllo, riconosciuti in capo alle AAI. In proposito, il Consiglio di Stato, con due importanti sentenze, le nn. 2533 e 6770 del 2003, ha affermato che la descrizione dei poteri delle Autorità Indipendenti viene fatta dal legislatore in modo generico ed è necessario che questa attribuzione di poteri venga valutata con elasticità e duttilità. Per il Consiglio di Stato queste Autorità possono esercitare poteri impliciti e regolamentari, ma solo assicurando una maggiore garanzia procedimentale, come prevista dalla legge 241/199064. Più precisamente, le garanzie procedimentali devono essere rispettate anche quando la norma che le prevede le esclude per talune categorie di atti. Si pensi, per esempio, che l’art. 13 della legge 241/1990 esclude l’applicazione delle norme sulla partecipazione nel caso di atti normativi; tale esclusione non vale rispetto alle AAI, le quali devono fare partecipare i soggetti interessati alla formazione degli atti regolamentari65. Inoltre, il Consiglio di Stato pretende che l’adozione di atti normativi di queste Autorità sia preceduta da consultazioni. Quindi, l’aumento e l’aggravio delle garanzie procedimentali rappresentano una condizione di legittimità dell’atto delle Autorità Indipendenti e il modo attraverso
63 Per descrivere il processo di progressivo incremento delle competenze dell’allora Comunità europea fu coniata l’espressione “creeping competence” (to creep, in inglese, indica l’avanzare strisciante dei serpenti e la crescita verticale delle piante rampicanti). Cfr. M.A. XXXXXXX, Creeping Competence: The Expanding Agenda of the European Community, in Journal of Public Policy, 14:2, 1994, 95 ss., che, però, non si soffermò particolarmente sul ruolo giocato dalla Corte di giustizia; lo fece, più tardi, X. XXXXXXXXXX, Competence Creep and Competence Control, in Yearbook of European Law, 23:1, 2004, 1 ss.
64 Per una riflessione si rinvia ad A. DI XXXXXXX, Oltre la partecipazione procedimentalizzata:
collaborazione e regolazione nelle autorità amministrative indipendenti, in A. XXXXXXXX (a cura di), op. cit., 81 ss.
65 X. XXXXXXX, Garanzia del contraddittorio nel procedimento, in Diritto Amministrativo, n, 1, 2004, 59 ss.
cui è colmata la carenza di legittimazione democratica delle stesse (c.d. legalità procedurale)66.
La giurisprudenza dominante esclude poteri impliciti in capo ad autorità amministrative che non siano AAI, poiché il principio di legalità ha un momento di crisi solo con riferimento alle AAI e non anche rispetto ad altre che pure esercitino poteri di vigilanza67.
Da quanto sinora esposto, si evince che le Autorità Indipendenti, nel nostro ordinamento, rappresentano un modello di amministrazione diverso rispetto a quello tradizionale, introdotto per rendere più efficace e per porre al di fuori della sfera dell’indirizzo politico l’intervento amministrativo in settori economici e sociali particolarmente rilevanti, caratterizzati da una grande dinamicità dei mercati e da un continuo progresso tecnologico, rispetto al quale il tradizionale modus operandi si rivela inadeguato.
Se così è, secondo la tesi in oggetto, laddove ricorrano le condizioni appena menzionate, sarebbe ammissibile un’integrazione del contratto ad opera del provvedimento delle AAI, pur versandosi in una concezione di legalità “debole”.
Fermo quanto sopra, se si ritiene ammissibile che un contratto possa essere integrato tramite provvedimenti delle Autorità Amministrative Indipendenti, sia in presenza di una “legalità forte” sia per il tramite della teoria dei poteri impliciti, è necessario considerare le conseguenze di una possibile violazione delle norme regolatorie da parte dei contraenti.
In caso di vizio originario, se la legge prevede la nullità del contratto in caso di violazione del provvedimento, il contratto sarà nullo per nullità testuale, ai sensi dell’art. 1418, terzo comma, c.c.
66 Cons. St., 14 giugno 2004, n. 3865 («Il significato delle forme di tutela del diritto di accesso agli atti, di partecipazione al procedimento e di garanzia del principio del contraddittorio è ovviamente diverso per le funzioni provvedimentali (c.d. funzioni di adjudication). A questo proposito particolare importanza rivestono strumenti quali l’invio della comunicazione delle risultanze istruttorie e le audizioni orali. Le garanzie procedimentali, anche con riguardo alle funzioni sanzionatorie e provvedimentali, operano non solo a garanzia degli interessati (a tutela del rispettivo diritto di difesa e nei confronti dei quali vale il principio della “parità delle armi”), ma anche a garanzia dei terzi controinteressati per i quali la giurisprudenza ha riconosciuto il diritto a partecipare al relativo procedimento anche con riguardo ai c.d. “provvedimenti negativi” delle autorità indipendenti»).
67 Cons. St., 2 maggio 2012, n. 2521.
Se la legge non esprime chiaramente tale previsione, una certa dottrina suggerisce che il contratto possa essere dichiarato nullo per violazione di norme imperative, che devono essere riconosciute nella legge che conferisce il potere di intervenire68. Questo può, tuttavia, ritenersi valido solo se la legge stessa si qualifica come imperativa o se questo carattere può essere dedotto dalla tutela di interessi generali sottesa alla stessa. In caso di vizio sopravvenuto, invece, si potrebbe fare ricorso all’istituto del recesso per giusta causa o, se la mancata conformità alle norme integrative è imputabile a una parte, alla risoluzione del contratto per inadempimento69.
Questi aspetti evidenziano una questione che deve essere valutata caso per caso, restando fermo che nei “modelli” normativi utilizzati per garantire la riserva di legge non sembrano intravedersi ostacoli insormontabili per qualificare le disposizioni regolamentari in esame come compatibili con la Costituzione e le norme codicistiche.
5. Riflessioni conclusive
In conclusione, da quanto esposto emerge anzitutto come le ricostruzioni aprioristiche fondate sul c.d. dogma della volontà, e sulla esclusiva disponibilità privata del regolamento contrattuale, ritenuto dal legislatore del 1942 sostanzialmente intangibile, non trovino più spazio nel nostro ordinamento.
68 G. X’XXXXX, Xxxxxxx non testuale, in Enc. dir., Ann. IV, Milano, 2011, 810, il quale osserva che, in definitiva, «la contrarietà del contratto a “norme imperative” potenzialmente rilevante ai fini del comma 1° dell’art. 1418 c.c. sembra dunque potersi prospettare (almeno in astratto) o quando l’ordinamento riprova (e, pertanto, proibisce) il regolamento contrattuale, o quando esso vieta la conclusione del contratto a (o tra) determinati soggetti (in assoluto, ovvero in mancanza di abilitazioni o iscrizioni in albi o registri, ovvero in mancanza di altri requisiti legittimanti etc), oppure quando difettino o risultino “viziati” determinati presupposti oggettivi (autorizzazioni, procedimenti amministrativi che devono precedere la conclusione di contratti da parte della Pubblica Amministrazione etc), o infine quando la norma proibisce alcune modalità (temporali, spaziali o di altra natura) di svolgimento dell’attività negoziale».
69 X. XXXXXXXXX, op. cit., 67; X. XXXXXXXXX, La formazione del contratto, in X. XXXXXXXXXX, X.
XXXXXXXXX, Manuale di diritto privato europeo, vol. II, Milano, 2007, 351; X. XXXXXXXXXXX, Nullità formali bancarie e restituzioni (a margine di una recente decisione dell’A.B.F.), in Nuova giur. civ. comm., n. 3, 2013, 179 ss.
Una simile impostazione, infatti, non è più aderente né al dato normativo, né all’evolversi della stessa realtà delle contrattazioni, che in maniera crescente ha ridimensionato il ruolo della voluntas nella costruzione del regolamento contrattuale.
L’esperienza odierna dimostra che la disciplina del contratto è influenzata da una serie di fonti “multilivello” che hanno l’innegabile pregio di calare il regolamento negoziale nel più ampio contesto del mercato.
Questo ha portato, da un lato, a conferire cittadinanza nel nostro ordinamento alla nozione di squilibrio contrattuale, da intendersi come situazione patologica originaria del sinallagma e non sopravvenuta e, dall’altro, a leggere in chiave evolutiva gli istituti cari alla tradizione civilistica quali, su tutti, il generale principio di buona fede oggettiva e la causa del contratto.
Proprio le esigenze evolutive, e le istanze di celerità e snellezza sottese ad un contesto in continuo cambiamento, hanno imposto la lettura della riserva di legge sottesa agli artt. 1374 e 1339, e sancita ex artt. 41 e 42 Cost., in senso relativo, pacificamente ammettendo l’integrazione del contratto attuata anche mediante norme diverse dalla legge, ossi atti aventi forza di legge e regolamenti70.
Sotto tale profilo, come affermato, «il profondo tema del rapporto tra legge e contratto può essere indagato sotto un altro punto di osservazione, tra i tanti, ossia da quello del c.d. “contratto regolato” o “eterointegrato” o “conformato”»71.
Ciò fermo, la querelle sull’integrazione del contratto ad opera dei provvedimenti delle Autorità Amministrative Indipendenti può dirsi tutt’altro che chiusa72.
Il rispetto del principio di legalità, rimane, infatti, ancora oggi il baluardo dell’autonomia negoziale, con obbligo per gli operatori del settore di operare un vaglio legato al caso concreto, seppur nel rinnovato contesto in cui la penetrazione
70 E. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Diritto dell’economia, Torino, 2017, 270 ss.
71 X. XXXXXXX, op. cit., 137.
72 Recenti studi sul tema sono X. XXXXXX, Autorità amministrative indipendenti e profili problematici comuni. Le soluzioni prospettate da dottrina e giurisprudenza, Roma, 2022; C. PRUSSIANI, La conformazione contrattuale nei settori regolati dalle autorità amministrative indipendenti, Milano, 2023.
delle fonti esterne può ritenersi compatibile con il dettato costituzionale e codicistico.
A parere della scrivente quest’ultima impostazione, in virtù del suo ancoraggio ad una analisi condotta su disposizioni positivamente dettate dall’ordinamento, permette di giungere ad una più salda legittimazione dei poteri autoritativi di regolazione, in quanto fondata sullo stesso dato normativo, pur accogliendosi favorevolmente considerazioni di più ampio respiro che, volte a configurare in termini maggiormente concilianti il rapporto fra regolazione autoritativa e autonomia privata, rappresentano, tuttavia, un punto di vista necessariamente successivo ed ulteriore.
Difatti, quando una Authority interviene in modo da conformare il contenuto di un contratto, pur ove agisca a tutela dell’autonomia negoziale delle parti, rimane necessario valutare la legittimità di tale intervento. Ciò impone la verifica dell’esistenza di una delega legislativa che attribuisca all’Autorità il potere di agire imperativamente in una determinata materia, seguendo criteri specifici stabiliti dalla stessa normativa e legati agli scopi per cui tale potere è stato conferito. Solo in questo modo si potrà considerare la limitazione formale della libertà dei privati di autoregolamentare i propri interessi compatibile con il sistema civilistico, in quanto tale limitazione sarebbe riconducibile alla stessa fonte primaria che, secondo il quadro legislativo codicistico, ha il potere di legittimare tali interventi.