LA CONTRATTAZIONE
LA CONTRATTAZIONE
VADEMECUM PER LE DELEGATE E I DELEGATI SINDACALI
xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/?xxxx xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxx/
PRIMA PARTE: COSTRUIRE LA PIATTAFORMA E IL MANDATO A TRATTARE
• Premessa
• Presupposti
• Come costruire una piattaforma
• Trasformare le esigenze in obiettivi
• Il mandato a trattare
• Preparare la trattativa
• La trattativa
• Le difficoltà
• La manipolazione della trattativa
• Come condurre una trattativa da una posizione di debolezza
• Chiudere la trattativa
• Il costo del mancato accordo
• Forme di lotta o di pressione
• Il raggiungimento dell’accordo
SECONDA PARTE: IL NEGOZIATO
• La negoziazione come processo organizzativo
• Il significato organizzativo della negoziazione
• Le premesse del processo della negoziazione
• Il processo della negoziazione
• Il conflitto e le sue cause
• La negoziazione come processo
• Le condizioni per avviare la trattativa
• Tipologia delle situazioni negoziali
• La negoziazione ripartitiva ovvero negoziare per vincere
• La negoziazione integrativa ovvero negoziare per crescere
• Le domande tattiche più frequenti
• Caratteristiche del negoziatore efficace
TERZA PARTE: TATTICHE NEGOZIALI
• Cosa fare prima dell’attività negoziale
• Chiedere di più
• Indugiare al sì
• Migliorare
• Argomentare
• Bleffare
• Limitarsi l’autorità
• Far dividere la differenza
• Partire dall'accordo
• Concedere ad arte
• Coinvolgere con il tempo
• Tollerare il fallimento
• Temporeggiare
• Tacere
• Gestire il rifiuto
• Pressare
• Indirizzare
• Cogliere i segnali deboli
• Avvisare e promettere
• Inscenare "emotional labor»
• Giocare al buono e al cattivo
• Fare l’ingenuo
• Presentare in prospettiva
• Scoraggiare
• Dimenticare
• Tirare le fila
• Apprezzare
• Sbiadire i costi
• Chiedere un’opzione
• Pilotare
• Fare l'avvocato del diavolo
• Scrutinare i dettagli
• Porre problemi etici
ALLEGATI
• Scheda 1: prepararsi al negoziato
• Scheda 2: identificare la nostra BATNA
• Scheda 3: definire il nostro prezzo di riserva
PRIMA PARTE: COSTRUIRE LA PIATTAFORMA E IL MANDATO A TRATTARE
PREMESSA
Le rappresentane sindacali aziendali, siano essi/e delegati/e RSU che RSA, rappresentano tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori, congiuntamente alle strutture territoriali della CGIL.
Uno degli aspetti fondamentali del “rappresentare” è il rapporto con i “rappresentanti”.
Essere rappresentanti sindacali non vuol dire avere ricevuto una sorta di mandato in bianco, anche se il delegato/a è ogni giorno a diretto contatto con chi deve rappresentare.
PRESUPPOSTI
Il delegato/a sindacale non è, ne potrebbe essere un tuttologo, che conosce leggi, regolamenti, norme, contratti, prassi, ecc.
Ma è sufficiente una informazione di massima: quante ferie mi spettano?
Xxxx, a questo occorre essere in grado di rispondere, ma poi il delegato, per assolvere appieno al proprio dovere di rappresentante, si potrà avvalere dei Segretari e dei Funzionari sindacali, degli uffici e dei servizi della CGIL, della rete internet e della formazione che ha diritto di ricevere da parte del Sindacato.
Inoltre, in caso di necessità, tuttavia, può sempre utilizzare l’ABC dei Diritti scaricando la APP sul proprio
cellulare oppure attraverso il sito della FP-CGIL-
Se il delegato non può e non deve essere sopraffatto da commi, circolari, ha, invece, il dovere/diritto di costruire una relazione costante con i rappresentati, tanto più di fronte a nuove domande, ad una maggior complessità dei bisogni.
Non è semplice mettere d’accordo le persone.
Lo strumento usato nel mondo del lavoro è la piattaforma. Costruirla vuol dire raccogliere bisogni e problemi e trasformarli in obiettivi rivendicativi.
Operazione non semplice che impone di fare delle scelte, perché non sempre le richieste sono chiare, pertinenti, realistiche.
Per affrontare un negoziato fra due soggetti diversi, portatori di istanze e obiettivi non sempre e non necessariamente collimanti, è allora necessario trasformare in piattaforma una proposta nella quale vengano condivisi obiettivi e finalità.
COME COSTRUIRE UNA PIATTAFORMA
La piattaforma si costruisce anzitutto definendo con esattezza quali sono gli obietti che realisticamente possono essere conseguiti ed consigliabile – una volta definita – che sia redatta in forma scritta.
Per fare ciò occorre, preliminarmente, rispondere ad alcune domande:
• cosa?
• Con chi?
• Quanto costa?
• In quanto tempo?
Questo perché l’obiettivo deve essere raggiungibile e nella sua definizione bisogna tenere conto che
esistono vincoli e variabili.
Potremmo scontrarci con vincoli ineludibili che possono essere di varia natura: normativi, giuridici, economici.
Potremmo avere a che fare con variabili dalle quali non si può prescindere di tipo politico, di tipo ambientale, di tipo finanziario, di tipo temporale.
Possiamo definire la proposta come un insieme di obiettivi ordinati gerarchicamente in funzioni di priorità predefinite.
Le azioni principali per la costruzione della proposta sono:
• definire le finalità,
• definire gli obiettivi,
• considerare i vincoli,
• valutare le variabili
Per la messa a punto della proposta da presentare alle lavoratrici e lavoratori, le rappresentanze sindacali, congiuntamente alle strutture territoriali, possono elaborare studi e approfondimenti, attivare azioni di confronto con esperti, ma soprattutto devono mettere a frutto il rapporto relazionale che, giorno per giorno, ogni delegato/a ha sviluppato con i lavoratori e le lavoratrici portatori di saperi e di soluzioni stante anche il fatto che assai spesso è sulla loro carne viva che si sedimentano i problemi.
Un utile strumento per raccogliere le esigenze di chi lavora oltre che le riunioni, se necessario di gruppo, di reparto è il ricorso a questionari.
Tutta questa attività è propedeutica alla messa a punto della piattaforma vera e propria, scritta in modo che sia comprensibile a tutti, senza superflui appesantimenti di analisi politica, corredata, se necessario, da esempi, simulazioni, analisi dei costi, benefici attesi, e cosi via.
Nella fase di elaborazione della piattaforma è necessario che i rappresentanti della CGIL stabiliscano una sinergia gli iscritti alla CGIL.
TRASFORMARE LE ESIGENZE IN OBIETTIVI
La piattaforma non è un cahier des doléances ma un elenco di obiettivi e rivendicazioni legati tra loro in modo che abbiano un “senso” per i lavoratori, ma anche per la controparte con cui devono essere negoziati.
Gli obiettivi devono essere pertinenti, chiari, realistici, condivisi, pertinenti.
Bisogna avere chiara l’area del negoziato.
Per stabilire se una certa proposta possa essere inserita nella contrattazione aziendale occorre farsi tre domande:
a) riguarda il rapporto di lavoro? Se sì, occorre chiedersi:
b) è in contrasto con il CCNL? Se non lo è, occorre chiedersi:
c) comporta oneri non previsti? Solo se la risposta è no, la proposta è pertinente.
Una proposta può essere pertinente ma non rientrare nelle materie che sono esplicitamente oggetto di contrattazione, d’informazione e di confronto previste dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL). Allora è possibile incontrare la resistenza, per i più vari motivi, della controparte
Occorre prevedere come superare queste resistenze: argomentando, mettendo in luce gli aspetti positivi per l’organizzazione del lavoro, usando forme di pressione - se necessario - e se hanno il consenso dei lavoratori, offrendo una mediazione che non contrasti con la piattaforma e con l’obiettivo che si vuole raggiungere.
Bisogna sempre porsi le domande: cosa è possibile ottenere? Vale la pena inserire nella piattaforma richieste popolari, ma poco realistiche?
Lo scopo potrebbe essere tattico, per successivi eventuali scambi durante la trattativa o per ottenere facilmente il consenso dei lavoratori, e poi addossare alla controparte la responsabilità per non aver ottenuto quanto chiesto.
Occorre però valutare gli effetti:
• se le richieste sono improbabili, la controparte potrebbe scoprire facilmente il bluff, facendo svanire lo scambio;
• i lavoratori potrebbero prendere sul serio le richieste. Lo scarto tra accordo e piattaforma sarebbe però pagato poi, in termini di credibilità.
IL MANDATO A TRATTARE
La rappresentanza sindacale tratta a nome di lavoratori. Deve quindi chiedere un mandato a trattare, facendo approvare la piattaforma.
E poi deve chiedere un mandato a concludere, a firmare l’accordo, attraverso l’approvazione della ipotesi di
accordo.
Il coinvolgimento dei lavoratori non è un adempimento burocratico. È un passaggio necessario per verificare se le proposte della piattaforma hanno il consenso necessario, che costituirà la risorsa fondamentale durante la trattativa.
Una piattaforma condivisa non vuol dire, approvata all’unanimità, ma con un largo consenso.
In nessun caso si può prescindere dal percorso democratico che si sviluppa essenzialmente in queste fasi:
• per la CGIL, convocare l’assemblea degli iscritti; è l’organo della CGIL con cui si consolida e si rafforza il ruolo di ogni iscritto. L’assemblea degli iscritti è utile per attivare il confronto con tutti gli iscritti sugli obiettivi e le priorità della proposta
• convocare l’assemblea generale del personale, che rappresenta l’istanza in cui esercitare il massimo di democrazia e passaggio fondamentale per costruire e ricevere il consenso delle lavoratrici e dei lavoratori
L’assemblea è lo strumento democratico principale e tutti, quando occorre, devono essere in grado di usarlo.
Una sola assemblea potrebbe non essere sufficiente, in particolare in strutture nelle quali sono presenti articolazioni degli orari di lavoro in turni.
Ciò potrebbe rendere necessario/utile indire più di un’assemblea ad esempio, ad inizio e fine dei turni di
lavoro.
Ci sono sempre diversi accorgimenti dei quali occorre tener conto nel preparare una assemblea sindacale: il luogo di convocazione e gli orari, il materiale da distribuire, la dovuta preparazione sui temi da affrontare.
Il grado di consenso è un punto di forza per la rappresentanza sindacale al tavolo delle trattative.
Nelle assemblee è certo necessario sapersi esprimere con chiarezza, ma ancora più importante è saper ascoltare, non si può pretendere di avere sempre ragione.
Troviamo la necessità di un minimo di umiltà, quel tanto che basta per ammettere i propri errori. La controparte sa il grado di consenso raccolto; se è basso potrà creare difficoltà.
Ad esempio se non è stata fatta un’assemblea per spiegare la piattaforma, o se poche persone hanno partecipato all’assemblea o se la piattaforma ha ottenuto pochi voti, le difficoltà nel sostenere che una certa richiesta sia voluta dai lavoratori saranno pressoché certe.
Per questo prima dell’assemblea generale potrebbe essere di grande utilità organizzare assemblee di reparto, servizi, divisioni, settori, ecc. così come è indispensabile un’adeguata distribuzione del testo della piattaforma e non solo una sua sintesi, meglio ancora se integrata da esempi (se necessario rispetto i contenuti).
Bisogna però evitare di consegnare il materiale il giorno stesso dell’assemblea, è più utile per la ricerca del necessario consenso se questo viene distribuito nei giorni precedenti l’indizione dell’assemblea.
A tale scopo si può usare lo strumento classico del volantinaggio ma anche la bacheca elettronica se disponibile, è anche consigliabile recarsi nella mensa momento per incontrare molte lavoratrici e lavoratori. Ma il percorso democratico non finisce qui.
Un errore nel quale è bene non cadere è quello di avviare il negoziato e di non informare, tappa per tappa, i lavoratori e le lavoratrici.
E’ un compito faticoso ma assolutamente indispensabile.
Il consenso deve essere continuamente alimentato informando i lavoratori dell’andamento delle trattative. Non occorre fare un’assemblea dopo ogni incontro, basta un semplice comunicato che accompagni il contatto individuale, il passaparola.
Il consenso è decisivo per qualunque negoziato sia esso per la piattaforma che per temi specifici.
Inoltre, ogni qual volta si raggiunge una mediazione che comporti la variazione del mandato ricevuto, occorre ridefinire il mandato stesso e, quindi, ritornare alla consultazione del personale.
PREPARARE LA TRATTATIVA
Lo scopo del negoziato è stipulare il contratto integrativo, raggiungere un accordo su temi specifici sulle materie che i CCNL demanda alla contrattazione locale, come pure per l’esercizio del diritto di informazione e di confronto.
Le materie sulle quali è possibile esercitare relazioni sindacali non si esauriscono con quanto previsto dal CCNL, infatti, diverse sono le materia possono trovare loro fondamento giuridico e legislativo e, inoltre, nel settore privato non vi sono particolari preclusioni, fatto salvo che non possono essere in contrasto, ancora meno peggiorative, con quanto previsto dal CCNL e dalle Leggi.
La piattaforma contiene proposte, ma dietro ad esse vi sono degli interessi, degli obiettivi.
Un esempio: la trattativa per l’acquisto di un immobile si svolge attorno al prezzo, c’è la proposta di chi
vende e quella di chi acquista.
Dietro le proposte ci sono gli interessi, che guidano la trattativa. Sono gli interessi a guidare la trattativa.
In vista di una trattativa sindacale è normale definire sia i propri punti irrinunciabili della piattaforma, che il modo per definire i possibili “punti di caduta”, le necessarie mediazioni.
Questo perché anche la controparte ha i suoi punti irrinunciabili.
Per evitare di arrivare allo stallo o ad una soluzione insoddisfacente per entrambi è bene tenerlo presente. Per negoziare in modo efficace occorre guardare sempre tutti e due i lati del tavolo e non solo il proprio. Occorre aver chiari quali siano i nostri interessi, ma anche chiedersi quali siano quelli della controparte.
Occorre aver chiari quali sono i nostri punti di forza e i punti deboli, ma anche quelli dell’altra parte. Durante la trattativa può accadere che si riveli più utile adottare una proposta diversa da quella prevista all’inizio per raggiungere lo stesso scopo, per soddisfare gli stessi interessi.
Occorre quindi individuare una zona di accordo che dipende:
• dagli obiettivi che si intende raggiungere;
• dai risultati al di sotto dei quali non si ritiene conveniente un accordo; Elaborare una strategia
Individuata la zona di accordo, occorre elaborare una strategia:
• prefigurare tutti i risultati possibili, anche quelli indesiderati,
• immaginare comportamenti adeguati (cosa faccio se …?),
• inventare soluzioni vantaggiose per entrambi
• pensare alla mossa di apertura e alle offerte possibili.
È meglio quindi che la trattativa avvenga su un testo che prefiguri il risultato, che abbia cioè la forma dell’articolato, strutturato per articoli come il contratto, che traduce le richieste in clausole, ed è rivolta soprattutto alla controparte.
Differenziare la piattaforma dall’articolato ha alcuni vantaggi:
• serve a distinguere la clausola che si vuole inserire nel contratto e che crea diritti delle persone, dal motivo, l’esigenza per cui viene inserita, che porta a scrivere frasi che non hanno alcun effetto giuridico.
• serve a verificare se la richiesta è formulata in termini che consentano una applicazione facile e condivisa da entrambi le parti
• consente di tenere sotto controllo tutte le richieste, evita il rischio che ogni partecipante privilegi alcuni aspetti rispetto ad altri o ne dia una lettura parziale;
• favorisce una discussione concreta: si tratta per modificare o inserire clausole. Raccogliere informazioni
Per sostenere una richiesta occorre argomentare in termini di principi, di criteri oggettivi. E’ utile poter dire:
lo hanno fatto nel tal luogo di lavoro..
E’ utile raccogliere le norme, le sentenze relative alle materie oggetto della trattativa e che si possono ricavare.
Una volta raccolte, le informazioni utili devono essere ordinate in relazione alle varie richieste della piattaforma, in modo da usarle non in un unica volta, ma in relazione alla trattativa, per giustificare le richieste o per controbattere obiezioni.
Avere alleati
Le rappresentanze sindacali devono sviluppare confronti, cercare alleanze.
Nei luoghi di lavoro spesso lavorano donne e uomini appartenenti ad altre categorie (appalti, cooperative, ecc), è utile far conoscere le proposte anche a questi lavoratori e lavoratrici che, seppure sfuggano alla sua rappresentanza, potrebbero avere ricadute dirette e indirette da un determinato accordo.
Ma anche se così non fosse, e nello sviluppo della trattativa si arrivasse alla necessità di mettere in campo forme di lotta, ricevere la solidarietà e il consenso da parte di questi lavoratori e lavoratrici sarebbe è un punto di forza.
Al tempo stesso è molto importante sviluppare un confronto stabilire alleanze con l’utenza dei servizi, con i
cittadini, con loro associazioni di rappresentanza.
Occorre informare i cittadini e gli utenti del perché si crea un momentaneo “disagio” a causa di un’assemblea sindacale, di uno sciopero.
Per questo vale sempre la vecchia regola di predisporre momenti informativi: volantinaggi, banchetti, ecc.
LA TRATTATIVA
La trattativa è un modello di relazioni tra le parti, regolate dal diritto del lavoro e dalle disposizioni contrattuali.
L’incontro è tra due parti. Non è una riunione di condominio. Non vi è un presidente che da ordine ai lavori, fissa l’ordine del giorno o da e toglie la parola.
Non sempre viene fatto il verbale di ogni incontro, sebbene sia altamente consigliabile che venga fatto, non solo per registrare le posizioni espresse dalle parti, quindi utili per il successivo incontro, ma anche per registrare via via le clausole dell’accordo in costruzione su cui si concorda.
Non vi sono regole su come svolgere la trattativa, se non quelle concordate da entrambi. Anzi ogni trattativa spesso è una storia a se.
Il punto di partenza è riconoscersi entrambi come parti di un negoziato, anche se conflittuale. Lo scopo della trattativa è fare un accordo insieme, non vincere una competizione o fare un duello.
La trattativa si svolge su due piani: dei contenuti e quello della relazione.
E’ necessario: non confondere i due piani, ma tenerli sempre presenti. Esplicitare quando si passa dal piano dei contenuti a quello della relazione. Creare un clima di fiducia reciproca è condizione decisiva per negoziare.
Evitare riferimenti alle persone (la colpa è di …, tu sei …), preferire, invece, identificare i problemi (le
esigenze dei lavoratori) e le soluzioni (le clausole da inserire nell’accordo).
Concentrarsi sui contenuti e non sulle persone, morbidi con le persone, duri con il problema.
È possibile, utile, fare concessioni per mantenere la relazione, esprimersi esplicitamente, in modo che la controparte lo capisca. Per questo è bene preparare soluzioni alternative.
La trattativa si fa in due, e l’accordo deve convenire ad entrambi. Per questo occorre capire gli interessi della controparte. Serve per valutare i punti di forza e di debolezza propri e dell’altra parte.
Non occorre dire le proprie intenzioni oltre a quelle scritto dalla piattaforma se prima non si è compresa l’
intenzione della controparte.
Capire quello che sta succedendo, ma capire anche quello che ci sta succedendo: anche noi possiamo essere parte del conflitto.
Durante una discussione è normale non capirsi.
Per evitare equivoci, è utile riformulare le proposte dall’altra parte: “Provo a dire con parole mie quello che ha detto …”. In tal modo si dimostra che è stato ascoltato ciò che ha detto l'altra parte. Inoltre serve ad entrambi per controllare l’efficacia della comunicazione.
I delegati devono (dovrebbero) evitare di sconfessarsi a vicenda. Altrimenti la controparte potrebbe diventare il mediatore tra i componenti della delegazione trattante, imponendo la sua leadership.
Meglio chiedere una pausa di riflessione per chiarirsi le idee.
Il punto di riferimento comune è la piattaforma, che consente anche di evitare che i rappresentati sindacali parlino sempre, o polemizzino tra loro.
LE DIFFICOLTÀ
Durante la trattativa si possono verificare diversi momenti critici, è del tutto normale. Vediamone alcuni. La rappresentanza della controparte:
• è riluttante a trattare, perché vede le relazioni sindacali, come appesantimento delle procedure;
• non si sente preparata a negoziare, e preferisce rinviare oppure assume un atteggiamento duro;
• non vuole seccature, non si assume responsabilità, si trincera dietro l’applicazione delle norme;
• non conosce le norme;
• non vuole cambiare procedure, xxxxxx, assetti applicati da anni magari perché li considera sono centri di potere, teme il controllo dei revisori dei conti ai quali avrebbe difficoltà a motivare le ragioni, pur sapendo che le stesse e le Organizzazioni Sindacali rappresentative sono attente a questo aspetto per non vedersi successivamente invalidare un accordo
• vuole avere le mani libere; non vuole regolamentare i loro spazi discrezionali nella gestione
dell’azienda
• ha avuto problemi con un responsabile sindacale e xxxxxx vuole far pagare I delegati
• sono divisi e si fanno concorrenza, con il risultato che non trovano l’accordo;
• sono deboli perché non hanno il consenso e la Parte pubblica lo sa e lo fa pesare;
• non conoscono le norme;
• non stimano la controparte o lo considerano un nemico con i quali non si può trattare;
• ecc..
Il contrasto tra le parti si può verificare in diverse occasioni o forme. Facciamo un esempio.
La controparte cita pareri, sentenze, accordi sottoscritti in altre aziende a conferma di quel che sostiene.
In questi casi è bene chiedere che la controparte esibisca copia a riprova di quanto sostiene, per valutare di che si tratta. Un parere – da qualunque parte provenga e per quanto autorevole- può aiutare a capire il testo di una norma complicata, ma è solo un parere.
Una sentenza ha altro peso, ma riguarda sempre un caso particolare. Occorre quindi capire di che si tratta. Ad esempio può riguardare un comparto diverso o un settore del privato che ha un contratto diverso da quello applicato.
Occorre inoltre valutare se la sentenza è innovativa o è nell’alveo di una giurisprudenza consolidata, se è di un tribunale o della Cassazione, che indica quindi una tendenza giurisprudenziale. In questi casi può essere utile rivolgersi al sindacato per avere consigli o chiarimenti.
LA MANIPOLAZIONE DELLA TRATTATIVA
All’inizio è impossibile notarlo, ma a un certo punto si comincia a capire che c’è qualcosa di sbagliato. Inizialmente chi fa uso di tecniche di manipolazione si comporterà come qualsiasi altro abile negoziatore. Avrà modi simpatici, la principio, per tenervi al tavolo delle trattative, ma resto comincerete ad accorgervi che allunga le sue obiezioni: appena voi sollevate una questione, lui passa alla successiva, per tornare al punto precedente più tardi. Il suo scopo è spremere le massime concessioni e moderare le aspettative.
Chi si prefigge lo scopo di manipolare una trattativa, fornirà poche e spesso vaghe informazioni. Rimanderà la decisione e diventerà vago. Se avanza delle richieste, le venderà fornendo ragioni valide per soddisfarle. Ma, fin qui, egli si è comportato come un buon negoziatore.
Se può, indurrà il proponente a dichiararsi d’accordo sulle sue richieste, una per una, cominciando dal
quella più importante, ma senza prendere alcun impegno sulla conclusione.
Per contrastare questa tattica, il proponente dovrebbe allora chiedere una lista completa di tutte le richieste dell’altra parte, adducendo il motivo plausibile che solo la conoscenza del quadro completo rende possibile un giudizio ragionato.
COME CONDURRE UNA TRATTATIVA DA UNA POSIZIONE DI DEBOLEZZA
In questo caso bisogna anzitutto tentare di rafforzare la propria posizione prima di dell’inizio delle trattative, in primo luogo cercando alternative alle offerte ricevute, e procurarsi il massimo di informazioni nel tentativo di scoprire i punti deboli dell’altra parte.
La posizione di debolezza di un negoziatore non deve essere rilevata alla controparte a nessun costo: commettere questo errore vuol dire esporsi al rischio di essere costretti a dovere fare ogni concessione immaginabile, e d’essere spinti al livello più basso delle proprie aspettative.
In tali situazioni può essere utile dimostrare interesse verso le proposte della controparte, ma senza rilevarsi ansiosi di concludere.
Chi parte da una situazione di debolezza, può indebolire la controparte, per esempio, con delle critiche è
comunque un modo per accrescere la forza di un negoziatore in rapporto all’altro.
Anche il fattore tempo è importante, molte situazioni debolissime sono state rovesciate e vinte per stanchezza e dallo spettro delle 3 del mattino.
CHIUDERE LA TRATTATIVA
All’inizio del processo si possono distinguere due macro obiettivi della trattativa.
Il primo è quello che potremmo chiamare “l’accordo migliore”, cioè il soddisfacimento di tutte le speranze
del negoziatore, in ogni senso, il meglio che si possa mai sperare di raggiungere.
Un secondo obiettivo della trattativa è più basso di questo: lo potremmo chiamare “l’accordo accettabile, e rappresenta ciò che il negoziatore pensa, fin dall’inizio, che sarebbe un accordo conveniente.
Da principio ha chiesto di più, ma non si aspettava davvero di ottenerlo, e alla fine ha concluso con quello che più o meno si aspettava di spuntare.
Infine, una terza ipotesi: si prende atto che non è possibile arrivare ad un accordo, tuttavia potrebbe non essere una rottura definitiva del negoziato.
Se e quando vi sono le condizioni e soprattutto l’interesse di una delle parti, si può prendere “una pausa di riflessione” allo scopo di riesaminare i punti di disaccordo per ricercare possibili alternative.
Ognuna delle due parti dovrà sottoporre i temi ai propri referenti ovvero a chi ha conferito il mandato a trattare, anche per ricevere un ulteriore mandato più ampio.
E’ questa una fase molto delicata nella quale è utile evitare arroccamenti, per questo possono essere utili contatti informali aventi lo scopo di superare gli ostacoli che hanno impedito la conclusione della trattativa. Nonostante gli sforzi compiuti è possibile che non sussistano le condizioni per determinare un accordo e, in tal caso, le parti saranno libere (nei limiti consentiti dai contratti e dalla leggi) di assumere le proprie determinazioni.
Le Organizzazioni Sindacali, in accordo con le rappresentanze sindacali e sentiti i lavoratori, potranno assumere le opportune iniziative di pressione sia che abbiano deciso di rompere le trattative sia che lo abbia fatto la controparte.
Mentre, il datore di lavoro dovrà valutare con la massima attenzione le proprie decisioni, in particolare se queste anziché evitare o, quantomeno, ridurre il conflitto lo aumentano, valutare insomma se “il gioco vale la candela”.
IL COSTO DEL MANCATO ACCORDO
Prima di iniziare una trattativa, qualunque essa sia, è importante immaginare quale sia il “costo del mancato accordo” per le due parti, perché i costi possono essere molto diversi.
Per la controparte rifiutarsi di aprire le trattative, di fronte all’iniziativa del sindacato, ha costo alto: può
anche essere denunciata per condotta antisindacale.
Anche per le rappresentanze sindacali il costo del mancato accordo è alto: se non conclude l’accordo il suo
ruolo diventa marginale.
Non sempre è chiaro che, in genere, per un sindacato non “portare a casa nulla” è una sconfitta e ha un costo.
Può accadere che si pensi che il mancato accordo non abbia un costo, perché si ritiene preferibile il nobile gesto della rottura o si abbonda nella retorica invece di trovare una soluzione condivisa.
Tuttavia la rottura del tavolo negoziale l’assunzione di una forte responsabilità che non può essere assunta sull’onda di una pur giustificata indignazione.
Prima della rottura definitiva dei rapporti, si potrebbe verificare uno stallo della trattativa che si riconduce a due tipologie, che è bene tener distinte perché gli strumenti che si possono adottare sono diversi.
Le trattative non si avviano o languono perché la controparte non vuole o teme di trattare.
E’ importante capire se il comportamento è imputabile ad esempio al mantenimento dello status quo, per il timore di affrontare situazioni critiche o di sbagliare, o sia il risultato di una strategia dilatoria imposta da altri soggetti.
Avviata la trattativa, le parti sono tenute a condurle con correttezza e buona fede.
Impedire lo svolgimento di una attività prevista dalla legge e dal contratto nazionale è comportamento antisindacale.
Un giudice, però, non può imporre un contratto, che è un accordo tra parti. È quindi compito delle parti trovare una soluzione condivisa. Hanno un ruolo decisivo in queste occasioni sia la valutazione che ognuna delle parti ha fatto del costo del mancato accordo, sia la capacità di riconoscimento dell’altro che la capacità di ascolto.
Più in generale il ricorso al Giudice costituisce l’ultima ratio, è profondamente sbagliato sostituire il ruolo di pressione, di mobilitazione preferendo l’incerta via giudiziaria (a meno che non sia un comportamento antisindacale palese) la valutazione che spetta soprattutto alle Organizzazioni Sindacali.
FORME DI LOTTA O DI PRESSIONE
Che fare nei momenti di stallo, è una domanda che ci si deve porre prima di avviare una trattativa per non
trovarsi “impreparati” dopo.
E ciò non vuol dire affrontare la trattativa con un atteggiamento pregiudizialmente, ma immaginare tutti i possibili sviluppi della trattativa.
La forma massima di lotta è lo sciopero, la cui indizione spetta alle Organizzazioni Sindacali ovviamente in accordo con le Rappresentanza Sindacali aziendali.
Per indire uno sciopero occorre avere il consenso altrimenti è farsi del male da soli. È quindi il consenso l’elemento decisivo di una trattativa sindacale, il vero strumento di pressione. Maggiore è il consenso, minore è la probabilità di rimanere bloccati in una situazione di stallo.
Maggiore è stato il coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori, prima e durante il negoziato, maggiore
è il consenso. Maggiori sono stati i confronti e le alleanze “esterne” più forte sarà il consenso.
Questo anche in ragione del fatto che i lavoratori potrebbero sentire la pressione della parte pubblica anche in forma indiretta: il timore di subire le conseguenze di un conflitto, ad esempio nella gestione dei permessi o altro.
In ogni caso, la decisione di proclamare la lotta spetta unicamente alle lavoratrici e lavoratori, alle Rappresentanze Sindacali e alle strutture sindacali territoriali il compito di avanzare la proposta, motivando e argomentando compitamente le ragioni della lotta. Ma il voto deve essere espresso dai lavoratori riuniti in assemblea ovvero con altre modalità di partecipazione.
Anche e forse più in questo caso la preparazione dell’assemblea, per definire le forme di lotta deve essere preceduta da un’accurata preparazione.
IL RAGGIUNGIMENTO DELL’ACCORDO
Concluse positivamente le trattative, come si è detto occorre consultare i lavoratori e le lavoratrici.
Il testo dell’accordo viene siglato, con la riserva di firmarlo definitivamente dopo l’approvazione dell’assemblea.
Al testo si appongono le firme solo per confermare che si tratta del testo originale.
SECONDA PARTE: IL NEGOZIATO
LA NEGOZIAZIONE COME PROCESSO ORGANIZZATIVO
Pluralità ed integrazione
Una delle caratteristiche fondamentali delle moderne organizzazioni è la pluralità interna.
Ci riferiamo sia alle differenze individuali (di idee, informazioni, competenze, obiettivi, bisogni, interessi, personalità, ruoli) sia alla presenza contemporanea di spinte contrapposte, sia di segno conflittuale ("la tua presenza mi limita") sia di segno collaborativo ("la tua presenza mi serve/mi aiuta").
Pluralità significa integrazione delle diverse risorse, non far diventare tutti uguali. Xxxx, al contrario, si tratta di:
a) Utilizzare reciprocamente le opportunità che l'altro fornisce senza dover essere, fare o pensare come l'altro;
b) Scegliere le modalità negoziali in funzione delle situazioni contingenti (conflitto in atto o partenza da una base iniziale di collaborazione);
c) Accettare come fisiologica la presenza di conflitti. L'integrazione si può realizzare solo attraverso un confronto continuo e metodico (disponibilità di strumenti concettuali per orientarsi e per agire) delle diversità. Xx è in questo confronto che assume un ruolo essenziale la negoziazione.
Questa differisce dalla gestione dei conflitti perché non è legata all' esistenza di un contrasto attivo o alla necessità di ricomporre delle fratture ma, semplicemente, a una esigenza di confrontarsi e di trovare degli accordi.
In questa prospettiva la negoziazione può essere definita come:
→ un processo attraverso cui due o più parti definiscono obiettivi comuni realizzabili, li accettano e li perseguono mediante l’utilizzo integrato delle loro risorse al fine di ottenere la massima soddisfazione possibile dei rispettivi bisogni e della qualità del loro contributo allo scopo comune
→ l'obiettivo di una negoziazione non è una via d'uscita qualsiasi ma l'accordo tra le parti, cioè la definizione di comportamenti comuni finalizzati all'integrazione delle risorse e al potenziamento dei risultati raggiungibili. E' qualcosa di molto simile alla collaborazione e può essere indicato con il termine sinergia.
Dati gli obiettivi del processo di negoziazione, dunque, un esito di semplice compromesso non sarebbe ritenuto soddisfacente. Infatti, anche nel compromesso si arriva a stabilire dei comportamenti comuni che, però, vengono accettati non in quanto ottimali, ma solo perché evitano il conflitto.
Inoltre, nel compromesso viene a mancare l'ottimizzazione sia dello sforzo sia dei risultati e nessuna delle controparti, in realtà, raggiunge i risultati che veramente voleva.
Il processo di negoziazione mira, invece, proprio ad ottenere che entrambi raggiungano gli obiettivi prefissati.
IL SIGNIFICATO ORGANIZZATIVO DELLA NEGOZIAZIONE
La negoziazione può essere considerata come un particolare processo di comunicazione, tra individui o gruppi, finalizzato al raggiungimento di un accordo tra le parti.
Parlando di negoziazione aziendale, dobbiamo considerare che la sua conduzione più o meno efficace è legata alla capacita dei negoziatori di tenere conto dei fattori dinamici esistenti tra persone e ruoli che
caratterizzano il sistema-azienda, nel quale un insieme di persone diverse si dividono delle attività per raggiungere uno scopo comune.
Le diversità possono riguardare:
a) le caratteristiche personali (bisogni, competenze, abilità, capacita);
b) le attribuzioni di ruolo (contenuti, grado di responsabilità, obiettivi specifici);
c) le attività (azioni, decisioni, comportamenti che costituiscono il contributo individuale alla realizzazione dello scopo comune);
d) lo scopo comune, cioè il prodotto caratterizzante l'azienda e cioè che ne garantisce la sopravvivenza (non tutti lo comprendono, lo condividono o lo accettano pienamente).
Considerando l'organizzazione come un sistema dinamico, emerge la necessità di regolare e di conciliare sia le esigenze e i bisogni individuali sia le esigenze del ruolo, legate agli obiettivi specifici e ai compiti da svolgere; regolazione e conciliazione sono finalizzate al raggiungimento dello scopo comune su cui si fonda l'organizzazione.
Ogni organizzazione deve perciò stabilire:
a) cosa/come differenziare
b) cosa/come integrare
Questo si ottiene attraverso strumenti che, da un lato, realizzano la divisione del lavoro (ricerca di competenze diverse, attribuzione di responsabilità e obiettivi diversi) e, dall'altro, assicurano il coordinamento delle mansioni e delle persone.
Tali strumenti sono legati sia al disegno della struttura organizzativa (organico, struttura gerarchica, procedure) sia ai comportamenti organizzativi.
Tra questi ultimi la negoziazione ha, attualmente, un ruolo fondamentale.
LE PREMESSE DEL PROCESSO DELLA NEGOZIAZIONE
Negoziare vuol dire gestire diversità, vuol dire integrarsi e non diventare uguali.
La diversità non è fatta solo di interessi individuali divergenti ma anche dalla presenza contemporanea di spinte sia conflittuali sia collaborative.
Questa simultaneità è essenziale, perché se siamo già d'accordo (situazione di omogeneità), non c'e negoziazione ma solo conferma reciproca; e se, d'altra parte, siamo contrapposti non negoziamo, ma ci scontriamo (situazione di conflitto).
La coesistenza di entrambe le spinte costituisce la base per il processo di negoziazione.
L’idea-forza è che negoziare non è sinonimo di collaborare, poiché le modalità negoziali possono essere studiate diversamente a seconda che si parta da una base di accordo o di conflitto.
D'altra parte non è scopo della negoziazione eliminare la conflittualità ne creare identità tra i diversi componenti di un'organizzazione.
Su queste basi è possibile costruire riferimenti e indicazioni per gestire il processo della negoziazione.
Ma quando serve negoziare? La risposta più generale è: in ogni situazione di rapporto in cui due o più parti devono operare insieme partendo da posizioni diverse.
Per una migliore comprensione di questo concetto indichiamo il significato esatto con il quale abbiamo usato i diversi termini:
• parti: qualsiasi sistema umano esistente: individui, gruppi, organizzazioni, istituzioni. Le relazioni possono essere individuo-individuo, individuo-gruppo, gruppo-gruppo;
• operare: ogni azione di confronto con l'ambiente esterno che può vedere protagoniste più parti insieme;
• insieme: consapevolezza di ogni parte di aver bisogno dell'altro, di doverne tener conto;
• posizioni: insieme di xxxxxxx, risorse e obiettivi che ogni parte intende mettere in gioco nella specifica situazione;
• diverse: posizioni non consequenziali, anche se non necessariamente contrapposte, in modo tale che le parti devono cercare delle correlazioni se vogliono operare insieme.
Altra questione importante e la definizione esatta delle finalità di una negoziazione. In termini generali si può parlare di conseguire dei vantaggi che non si potrebbero ottenere singolarmente nella specifica situazione da affrontare. Per vantaggi si intende una maggiore soddisfazione dei propri bisogni in termini di risparmio di risorse e/o di utilizzo di risorse non possedute.
IL PROCESSO DELLA NEGOZIAZIONE
Non si deve immaginare il processo della negoziazione come qualcosa che inizia nel momento del confronto perché ci sono anche un prima e un dopo che non sono meno importanti:
a) prima: azioni che progettano il confronto (le parti agiscono separatamente);
b) durante: comportamenti di gestione del confronto e azioni cui le parti attribuiscono significato di rapporto;
c) dopo: analisi delle conseguenze e dei risultati scaturiti dal confronto.
La distinzione dei tre momenti è di tipo logico e non sta a indicare una rigida sequenza temporale.
I tempi si possono intrecciare, ma rimangono diversi i tipi di atteggiamento da tenere nelle tre situazioni. Imparare a negoziare significa, appunto, gestire in modo integrato e coerente, rispetto agli obiettivi, questi tre momenti, ciascuno caratterizzato da un'attività critica: prima della negoziazione l'attività critica è pianificare; durante è comunicare/integrare; dopo valutare.
Descrizione del processo. I passaggi fondamentali possono essere schematizzati come segue:
Prima
Definizione della situazione di negoziazione:
• il quadro conflittuale o collaborativo della situazione;
• l'oggetto su cui negoziare Definizione dell'approccio:
• obiettivi da perseguire;
• strategia di azione
Durante
Confronto informativo:
• analisi e raccolta delle informazioni reciproche
• aggiustamento delle proprie ipotesi Raggiungimento dell'accordo:
• ricerca di un obiettivo ottimale
• definizione conclusiva ed esplicita
Dopo
Valutazione degli effetti dell'accordo:
• effetti immediati
• effetti futuri Verifica dei risultati:
• rapporto obiettivi/risultati conseguiti
• cause dei problemi affrontati nel corso della negoziazione
Nella fase di conduzione del processo di negoziazione e per il superamento delle varie tappe (che non vanno intese come rigidamente successive in ordine cronologico ma come punti logici di riferimento), è
opportuno e utile mettere a frutto tutte le tecniche relative alla comunicazione interpersonale, alla gestione delle relazioni, ai processi di gruppo e alla gestione dei conflitti.
IL CONFLITTO E LE SUE CAUSE
Il conflitto è un fenomeno diffuso in qualsiasi ambito. Ci sono conflitti interpersonali e intergruppo. Imparare a negoziare significa diventare abili nell'utilizzare le modalità più efficaci per gestire e superare i conflitti.
Le cause del conflitto più comuni sono due:
1) la divergenza di interessi e
2) il rancore
Queste due condizioni non sembrano tuttavia essere sufficienti per innescare un conflitto, nel senso che anche se due persone hanno interessi diversi questo non significa che tra loro nasca conflittualità.
Perché si manifesta un conflitto deve manifestarsi una precondizione assolutamente fondamentale e, cioè, che la percezione delle risorse in gioco sia scarsa.
Infatti, se le risorse sono abbondanti per entrambe le parti, difficilmente si assiste ad un conflitto, a meno che la loro distribuzione sia iniqua e ingiusta, e quindi per una delle due parti sia scarsa. Oppure, a meno che la risorsa abbondante non rappresenti un pretesto per competere per una risorsa implicita percepita come scarsa (es. le fette di torta tagliate dalla mamma per due fratelli).
Possiamo allora affermare che il conflitto è causato dalla scarsità, che non necessariamente è un dato di realtà, ma più spesso e una percezione soggettiva della situazione (es. bicchiere mezzo pieno mezzo vuoto). Dopo questa premessa, vediamo di analizzare nel dettaglio le due condizioni più comuni individuate dagli studiosi.
La divergenza di interessi si manifesta quando le parti decidono di adottare modalità diverse per distribuire una risorsa scarsa.
Esempi: il denaro in una vertenza sindacale per l'aumento dello stipendio, lo spazio nel caso di una controversia tra vicini di casa oppure tra stati confinanti, il tempo nel caso di una dilazione di pagamento, l'ambiente nel caso di scontri tra industrie e movimenti ecologisti.
Si innesca un conflitto del tipo vinci/perdi, nel senso che ogni guadagno di una parte rappresenta una perdita per l'altra.
La divergenza di interessi ha come dimensione temporale di riferimento il futuro, in quanto il disaccordo è relativo a come le risorse scarse dovranno essere distribuite tra le parti.
Questi conflitti sono tendenzialmente più facili da gestire rispetto a quelli determinati dalla seconda causa: il rancore.
Il rancore infatti ha come dimensione temporale di riferimento il passato. E siccome non è possibile tornare indietro nel tempo per agire sulla cause che hanno originato rancore, questi conflitti sono normalmente pin difficili da risolvere.
Una delle origini principali del rancore è la deprivazione relativa. Si percepisce cioè una ingiustizia tra quanto si è dato e quanto si è ricevuto in cambio nella relazione passata.
E’ molto probabile che il rancore sia originato da una divergenza di interessi solo apparentemente risolta, che ha lasciato però in una delle due parti un senso di iniquità che nel tempo ha sedimentato fino ad esplodere nel rancore aperto e quindi nel conflitto.
Potrebbe ad esempio esservi stato nel passato un evento risolto in maniera autoritaria, con una decisione unilaterale, calpestando gli interessi dell'altro.
Il rancore fa quindi riferimento ad eventi già accaduti in cui almeno una delle due parti ha percepito di essere stata trattata ingiustamente.
Ecco perché nella gestione delle risorse umane si insiste tanto sull'adozione di uno stile di leadership partecipativo e orientato a far emergere i conflitti latenti, per evitare che questi possano poi originare una conflittualità più intricata basata sul rancore.
Lo sviluppo del conflitto
L'identificazione delle cause di un conflitto non spiega perché alcuni conflitti si sviluppano, mentre altri vengono sedati sul nascere.
Qual e il terreno sul quale conflitto attecchisce e si diffonde?
Tre sono i meccanismi di coordinamento adottati dall'uomo nella sua evoluzione per risolvere i conflitti:
1) lo scontro diretto, la lotta: il vincitore acquisisce automaticamente l'autorità per decidere unilateralmente.
2) il potere: l'autorità decide non solo per se stesso ma anche per gli altri individui.
3) le leggi: regole stabilite dall'autorità per regolare i conflitti.
Anche oggi queste tre forme di gestione (lotta, autorità e norme) sono presenti: le guerre, la lotta sindacale, gli scontri tra tifosi... l'autorità del giudice in tribunale, del direttore tra i colleghi di lavoro, di un ministro che media tra imprenditori e lavoratori. Pur nella loro diversità, queste tre forme hanno tutte lo scopo di combattere l'ambiguità.
In condizioni di ambiguità infatti i giudizi delle parti si fanno meno obiettivi e egocentrici, mentre se la situazione è chiara e certa, il conflitto ha maggiori probabilità di risolversi.
Naturalmente è impossibile pensare di prevedere e regolamentare tutte le possibili situazioni conflittuali.
Il progresso economico, sociale e culturale, aumentando le possibilità di crescita e di libertà degli individui e creando nuove opportunità e scenari, tende a rendere sempre più comuni le situazioni ambigue.
E’ necessario quindi imparare a tollerare una maggiore ambiguità e questo significa acquisire le abilità negoziali per gestire con efficacia una crescente conflittualità potenziale.
LA NEGOZIAZIONE COME PROCESSO
La negoziazione è un processo di interazione tra due o più parti in cui si cerca di stabilire cosa ognuna dovrebbe dare e ricevere in una transazione reciproca finalizzata al raggiungimento di un accordo mutuamente vantaggioso.
La negoziazione è l'unico meccanismo di coordinamento in grado di risolvere i conflitti creando valore. Questo avviene quando la negoziazione è gestita secondo un approccio integrativo, finalizzato a massimizzare il rendimento di tutte le parti in gioco.
Ogni arena negoziale è caratterizzata da quattro principali elementi costitutivi:
1) Le parti negoziali
2) La struttura dei rendimenti
3) Lo spazio di utilità individuale
4) Lo spazio di utilità condivisa
Le parti negoziali
Una negoziazione è possibile solo se vi sono due o più parti. Per parte negoziale si intende ogni attore (individuale o collettivo), portatore di una distinta configurazione di interessi circa le modalità di distribuzione delle risorse scarse oggetto del conflitto e riconosciuto come avente diritto di partecipare alla spartizione. Quando le parti negoziali sono più di due, la complessità del processo negoziale cresce esponenzialmente. I tempi dell'accordo si allungano mentre la qualità tende a diminuire.
La struttura dei rendimenti
Il secondo elemento fondamentale di ogni trattativa è la struttura dei rendimenti delle parti, cioè la configurazione dei loro interessi. Avere una chiara tabella dei rendimenti consente al negoziatore di
acquisire una maggiore consapevolezza circa ciò che veramente vuole ottenere e quindi aumentare proprio controllo sulla trattativa.
Tre sono gli elementi che compongono questa struttura:
1. le questioni
2. le alternative
3. le utilità
Le questioni sono le materie presenti sul tavolo negoziale.
Le alternative sono le opzioni d'accordo per ogni questione. Ogni alternativa rappresenta un possibile punto di accordo tra le parti su quella specifica questione. Un accordo viene raggiunto quando le parti concordano su una stessa alternativa per ciascuna delle questioni presenti sul tavolo.
Le utilità rappresentano il valore soggettivo associato a ciascuna alternativa. Esprimono cioè il guadagno che le parti ritengono di ottenere se l'accordo si stringe su quell' alternativa.
II rendimento di un accordo negoziale per ciascuna delle parti è pari alla somma delle utilità procurate da tutte le opzioni sottoscritte.
Lo spazio di utilità individuale
Ulteriore elemento fondamentale è lo spazio di utilità individuale di ciascuna delle parti in gioco.
E’ delimitato da due valori estremi: dal lato massimale vi è la richiesta di apertura con quale si entra in trattativa, dal lato minimale abbiamo il punto di indifferenza, cioè il valore sotto al quale diviene conveniente rinunciare all'accordo.
All'interno dello spazio di utilità individuale, in una posizione intermedia, si trova valore obiettivo: il rendimento che le parti realisticamente si augurano di poter ottenere dalla trattativa.
Quindi la richiesta di apertura è generalmente più ambiziosa del valore obiettivo che a sua volta è più ambizioso del punto di indifferenza.
La distanza tra i punti di indifferenza delle parti è lo spazio di trattativa. Quando la più generosa offerta di una parte è inferiore al minimo accettabile dall'altra, l'accordo è impossibile a meno che una delle parti non riveda il proprio limite.
Al contrario, l'accordo è tanto più probabile e rapido quanto più ampio è lo spazio di trattativa a patto che le parti siano all'oscuro dei limiti della controparte.
Lo spazio di utilità individuale non è statico ma varia nel corso della trattativa. Con lo svilupparsi della trattativa si ha una costante e ripida diminuzione delle richieste (gli obiettivi negoziali d'apertura) mentre gli obiettivi reali subiscono solo una leggera discesa. I limiti invece si dimostrano sostanzialmente stabili.
La componente più forte è il punto di indifferenza: più esso sarà elevato, più consistenti saranno le richieste e più radicata sarà la resistenza a concedere.
Nelle fasi avanzate della trattativa, più le richieste si avvicinano al punto di indifferenza, più la posizione delle parti si fa rigida e quindi le eventuali concessioni divengono progressivamente più rare e di valore limitato.
Anche gli obiettivi hanno una forte influenza sulle richieste. Più sono elevati, maggiori sono le richieste, più limitate sono le concessioni, più lenti sono gli accordi, ma nel caso si raggiunga un accordo i guadagni sono superiori.
Le richieste sono innalzate:
• dalle pressioni che i negoziatori subiscono dalle parti che rappresentano
• dall'ostilità verso la controparte
• dalla mancanza di un contatto visivo
• dall'assenza di vincoli temporali
• dall'aspettativa che la controparte opererà a sua volta un consistente overbidding (eccesso di richieste).
E stato osservato che nelle trattative che vanno a buon fine è abbastanza facile prevedere che dopo una "danza negoziale" l'accordo finale finisce per collocarsi in un punto intermedio tra le richieste di apertura delle parti.
Gli obiettivi sono influenzati:
• dalle percezioni di fattibilità di un certo accordo
• dai principi circa ciò che è corretto ed equo
• dalle aspettative circa le concessioni che la controparte arriverà a fare.
Più si scopre che la controparte è potenzialmente disponibile, più si diventa ambiziosi. E’ il fenomeno del tracking (tracciamento) per cui si modulano i propri comportamenti in base alla disponibilità che ci si aspetta dalla controparte.
L'abilita di un bravo negoziatore sta nell'intuire il vero obiettivo della controparte celato sotto alle sue richieste di apertura.
I limiti sono determinati da tre fattori:
a) l'eventuale migliore alternativa all'accordo negoziale;
b) il punto di rottura;
c) l'arroccamento su una posizione.
1) L'eventuale migliore alternativa all'accordo negoziale, cioè dal rendimento che ciascun negoziatore comunque otterrà anche in caso di mancato accordo rivolgendosi altrove (BATNA Best Alternative To the Negotiation Agreement). (*)
In alcuni casi la BATNA è rappresentata dallo status quo. E’ importante conoscere la propria BATNA prima di avviare qualunque negoziato. Altrimenti non è possibile sapere se un accordo è economicamente giustificato, né quando interrompere le trattative.
Se l'alternativa è forte, si possono negoziare delle condizioni più favorevoli, sapendo di avere a disposizione qualcosa di meglio se non si riesce a trovare un buon accordo.
Al contrario, una BATNA debole rappresenta una posizione contrattuale debole. La posizione di debolezza di un negoziatore non deve essere rivelata alla controparte a nessun costo. E’ necessario accrescere la forza del negoziatore cercando delle alternative alle offerte ricevute o procurandosi il massimo di informazioni nel tentativo di scoprire i punti deboli dell'avversario.
Anche i piccoli particolari possono essere utili: portare la controparte nel proprio territorio per rinforzare il proprio status, fare uso di assistenti, vestire in modo elegante, ascoltare piuttosto che parlare, non dimostrarsi ansiosi di concludere, aumentare i contatti informali tra le parti, assicurarsi un rapporto personale cordiale con l'interlocutore.
Per rafforzare la propria posizione si possono quindi seguire tre strategie:
1. Migliorare la propria BATNA: se già avete una BATNA forte, potete aumentarla informando con discrezione la controparte del fatto che state negoziando da una posizione di forza.
2. Identificare la BATNA della controparte: a volte si riescono a scoprire le circostanze che condizionano l'azione della controparte.
3. Indebolire la BATNA della controparte: tutto ciò che indebolisce l'alternativa negoziale di cui dispone la controparte migliorerà la vostra posizione relativa.
2) il punto di rottura, cioè il punto in cui il rendimento dell'accordo è uguale ai costi, annullando ogni possibile guadagno.
3) l'arroccamento su una posizione, cioè dall'aver già posto alla controparte delle condizioni del tipo prendere-o-lasciare, per cui fare una concessione sarebbe un imbarazzante segno di debolezza. Il limite è più psicologico che economico (rischio di perdere la faccia). L'irrigidimento è tanto maggiore quanto più questo ultimatum è stato formulato in pubblico. In alcuni casi i negoziatori si trovano nella necessità di dover comunque raggiungere un accordo e ciò rende alto il costo del fallimento della trattativa costringendoli ad essere più aperti e disposti a ridimensionare i propri limiti.
(*) Significa la migliore soluzione per ciascuna delle parti ai fini del raggiungimento dell’accordo. Al contrario il WATNA (Worst Alternative to a Negotiated Agreement) è la soluzione peggiore. Per poter capire quale siano rispettivamente il BATNA ed il WATNA di ciascuna delle parti in un negoziato si deve fare riferimento alla soluzione ideale ed a quella peggiore che entrambe le parti possono potenzialmente configurarsi nel caso in cui non vi fosse possibilità di negoziazione.
LE CONDIZIONI PER AVVIARE LA TRATTATIVA
Sono state individuate 5 proprietà che devono emergere affinché si possa sviluppare una trattativa:
1) Le parti devono credere di avere obiettivi contrastanti. Poco importa se veramente gli interessi sono incompatibili, quello che conta è che le parti li percepiscano come tali.
2) La comunicazione tra le parti deve essere possibile. Gli interessi e le intenzioni delle parti devono essere dichiarate e discusse apertamente e non solo ipotizzate ed interpretate.
3) Possibilità di soluzioni intermedie e compromessi. Risulta complesso negoziare su questioni in cui le parti non accettano alcun compromesso perché le ritengono indivisibili. In alcuni casi è necessario ricorrere ad un approccio economico secondo il quale ad ogni bene viene attribuito un valore monetario che, essendo per sua natura graduabile e divisibile, permette di gestire conflitti su questioni altrimenti intrattabili.
4) Possibilità di formulare offerte e controfferte provvisorie. La negoziazione è fondamentalmente un processo di ricerca nel quale le parti accettano di "giocare" a combinare in svariati modi i loro interessi senza che alcuna soluzioni diventi definitiva.
5) Sottoscrizione di un accordo tra le parti. Rappresenta il momento di cristallizzazione definitiva di questo processo di esplorazione e scoperta.
Per avviare un processo negoziale è necessario che tutte le parti coinvolte possano percepire un potenziale vantaggio dal negoziare con le altre.
Le alternative fondamentali alla decisione di negoziare sono sostanzialmente due:
1) Attaccare: tutte le forme di scontro diretto (sciopero, guerra, attacco fisico, processi giudiziari, …..
2) Fuggire: decisione di rinunciare a priori all’interazione con la controparte senza tentare di trattare
un accordo.
Una negoziazione decolla solo se le motivazioni di tutte le parti coinvolte sono tali da contrastare queste alternative. Per contrastare la fuga, la motivazione deve basarsi sulla possibilità di ricavare guadagni dalla trattativa. In questo caso, occorre ispirare il negoziatore ostentando il potere premiante della controparte. Per neutralizzare l'attacco, la motivazione deve puntare ad evitare di subire perdite. La lotta con la controparte può essere più costosa dell'accordo. In questo caso, occorre ostentare il potere punitivo della controparte.
Il primo obiettivo per avviare una negoziazione di successo è quello di risvegliare la consapevolezza delle parti che l'alternativa rappresentata dall'attacco è in prospettiva la meno vantaggiosa. Le parti devono quindi sviluppare una percezione così chiara dei costi del conflitto aperto da maturare la motivazione ad evitare queste perdite rendendosi disponibili a negoziare. Prima e più efficacemente si raggiunge questa consapevolezza, minori saranno i costi ed i tempi per l'avvio del negoziato.
TIPOLOGIA DELLE SITUAZIONI NEGOZIALI
Essendo la negoziazione un fenomeno sociale complesso, è pressoché impossibile trovare due situazioni negoziali identiche.
Può quindi accadere che strategie negoziali che hanno dato ottimi risultati in alcune trattative si rivelino deludenti in altre.
Sono state individuate 13 caratteristiche che aiutano a comprendere i diversi contesti di una trattativa e che combinate fra loro ci permettono di differenziare centinaia di diversi tipi di negoziazione.
Numero delle parti. La differenza fondamentale è tra i conflitti che coinvolgono solo due parti e quelli che ne coinvolgono più di due.
Compattezza delle parti. E’ molto comune il caso in cui le parti negoziali al loro interno non siano monolitiche. Possono infatti coesistere interessi e valori diversi ed è quindi centrale per i negoziatori essere consapevoli sia dei conflitti esterni che di quelli interni alle parti.
Ripetitività del gioco. Quando i negoziatori prevedono di dover trattare frequentemente in futuro diventano consapevoli che l’atmosfera che caratterizzerà la conclusione di un accordo influenzerà il successivo incontro negoziale.
Effetti di collegamento. A volte una negoziazione viene collegata alle altre simili. Per un negoziatore può quindi essere utile investire delle energie in una attività di ricerca prenegoziale che fornisca delle indicazioni su come analoghe trattative collegate sono state risolte in passato.
Una o più questioni. Molte negoziazioni vengono affrontate trattando una sola questione, perché probabilmente ha una rilevanza tale da mettere in secondo piano tutte le altre. In questo caso, vengono spesso affrontare secondo una modalità competitiva. Il gioco a somma zero, cioè non c'è spazio per un accordo mutuamente vantaggioso: una parte guadagna, più l'altra perde. Il meglio che si può ottenere è un mero compromesso.
Ci sono invece negoziazioni in cui le questioni in gioco sono molteplici e le parti si trovano a dover trattare numerose questioni interagenti tra loro. Questo rende la trattativa più complessa ma al contempo crea preziosi spazi per potenziali accordi integrativi.
Necessità dell'accordo. Nella maggior parte delle negoziazioni ciascuna delle parti ha almeno una minaccia basilare che può esercitare: quella di andarsene. Ma non sempre è così. In alcuni casi le parti sono obbligate in un modo o nell'altro a raggiungere un accordo. In questi casi l'unica minaccia minimale impiegabile dai negoziatori è la procrastinazione, ritardare cioè l'inevitabile raggiungimento dell'accordo.
Quando invece l'accordo non è necessario, i negoziatori dovrebbero impegnarsi in un'attività preparatoria spesso trascurata: definire il punto di indifferenza, così da gestire in modo consapevole e razionale la loro libertà di decidere se e quando uscire dall'arena negoziale.
Richiesta di ratifica. Non sempre per la stipula dell'accordo è sufficiente il consenso dei negoziatori. A volte è necessario che l'accordo venga approvato dalle parti che rappresentano.
Il momento della ratifica può essere sfruttato per strappare alla controparte qualche ulteriore concessione dell'ultimo minuto.
Alcuni negoziatori adottano la strategia di attribuirsi artificiosamente una responsabilità limitata nel sottoscrivere l'accordo, cercando cosi di riservarsi una maggiore libertà di movimento.
Minacce. Ci sono negoziati in cui l'unica minaccia possibile è quella di rompere la trattativa. In altri, le parti possono ventilare la minaccia di rendere la situazione per la controparte ancora più sfavorevole rispetto allo status quo. La parte che utilizza questa strategia deve avere un potere tale da rendere credibili e possibili le proprie minacce. L'ostentazione di questo potere di punizione spesso si traduce in scarsi risultati negoziali anche per la parte che lo esercita oltre che per la parte che lo subisce.
Limiti e costi temporali. La parte negoziale che soffre il maggior costo legato al tempo è spesso la più svantaggiata in quanto può trovarsi costretta a concedere pur di risparmiare ritardi e posticipazioni. La procrastinazione indefinita può essere usata come strategia finalizzata al forte ridimensionamento delle richieste della controparte.
Negoziazioni vincolanti. Ai fini della positiva realizzazione di un accordo negoziale ci sono sempre almeno due momenti fondamentali: quello della stipula e quello dell'applicazione. Aver strappato condizioni che hanno pesantemente penalizzato la controparte può rivoltarsi nella possibilità di subire inaspettati danni in un secondo momento.
Negoziazioni pubbliche o private. Una delle tattiche negoziali basilari consiste nella tendenza all'esagerare le proprie richieste iniziali al fine di riservarsi più spazio per eventuali concessioni. Allo stesso modo è possibile esagerare il peso delle proprie offerte e minimizzare l'importanza delle concessioni della controparte. Tutte queste strategie diventano molto rischiose in una arena negoziale pubblica, in quanto rischiano di essere smascherate facendo perdere credibilità alla parte che le ha adottate. In una arena pubblica la dinamica negoziale delle offerte e controfferte può perdere elasticità in quanto i negoziatori sono più restii a cambiare le proprie posizioni temendo di apparire pubblicamente incoerenti e manipolabili. In questo tipo di negoziazioni vi è un maggior rischio di innescare il fenomeno dell'escalation. Stile dei negoziatori
A. Antagonisti cooperativi: riconoscono la divergenza di interessi e si impegnano a ricercare un compromesso aspettandosi comunque che ciascuna parte cercherà di massimizzare esclusivamente i propri guadagni. Non hanno intenzione di danneggiare la controparte ma nemmeno di aiutarla. Sono sospettosi ma motivati a comportarsi in modo affidabile. Si aspettano che il potere sia usato con discrezione, che la legge sia rispettata e che gli accordi vengano onorati.
B. Antagonisti stridenti: appaiono indisponenti, inaffidabili e malevoli. Tendono a fare doppi giochi, a sfruttare al massimo il loro potere facendo ricatti e minacce.
C. Totalmente cooperativi: nonostante le divergenze, sono completamenti aperti nei confronti della controparte dalla quale si attendono un atteggiamento confidenziale, genuino e non manipolativo. Spesso pensano a se e alla controparte come ad un'unica entità che deve conquistare i maggiori risultati possibili. La maggior parte dei negoziatori adotta il primo stile anche se, nel corso della trattativa, si può assistere a delle regressioni o a delle evoluzioni.
Intervento della terza parte
Si intende sia il mediatore sia l'arbitro. La possibilità che ad un certo punto possa intervenire una terza parte ne influenza subito le dinamiche. Lo stile negoziale infatti potrebbe diventare più aggressivo, avendo la sicurezza che prima di arrivare ad una rottura definitiva, il mediatore potrà intervenire per facilitare una conciliazione. Ma potrebbe anche indebolire il controllo sulle dinamiche negoziali, mettendo a rischio la redditività dell'accordo, rendendo le parti più docili e cooperative.
Prepararsi a negoziare
La chiave di successo di una trattativa sta nella sua preparazione e nella sua pianificazione. Anche le migliori abilità negoziali non possono compensare le lacune dovute ad una insufficiente preparazione. Una buona pianificazione si basa sul prevedere le possibili reazioni della controparte alle proprie mosse e sulla accurata valutazione dei propri punti di forza e di debolezza.
Esistono due atteggiamenti dei negoziatori rispetto alla pianificazione:
1) Pensiero incrementale: tendenza a navigare a vista. Il negoziatore agisce reattivamente trovandosi ogni volta di fronte a problemi o opportunità prima non previste. Adotta un approccio progressivo costituito da piccoli passi sequenziali che termina quando viene raggiunta la prima soluzione
soddisfacente, che viene immediatamente accettata senza prendere in considerazione altre possibili alternative.
2) Pensiero strategico: navigazione su mappa. I negoziatori agiscono proattivamente definendo finalità ed obiettivi. Individuano quindi una serie di condotte e ne prevedono le possibili conseguenze fino ad individuare la migliore soluzione.
Entrambi possono essere validi se usati nella situazione appropriata. Una strategia per essere efficace deve implicare sorpresa. Una strategia prevedibile può essere neutralizzata o peggio sfruttata dalla controparte. Ci sono vari metodi per prepararsi a trattare.
Uno consiste nel ricercare una risposta alle tipiche domande giornalistiche:
• Chi sarà coinvolto nel negoziato.
• Quali sono gli obiettivi minimi e massimi della controparte.
• Quando si dovrebbe concludere.
• Dove è il posto migliore per ospitare il negoziato.
• Perché la controparte ha deciso di negoziare.
• Quanto si è disposti a concedere. Che cosa si vuole assolutamente ottenere.
Un altro metodo consiste nell'acquisire tre tipi di informazioni fondamentali:
• Chi sono i concorrenti (le possibili alternative alla controparte) e che tipo di servizio offrono.
• Le caratteristiche del mercato a cui appartengono le questioni negoziali e la previsione dei suoi futuri andamenti.
• Le caratteristiche dettagliate della propria controparte
Prepararsi significa perciò capire bene la propria posizione e i propri interessi, la posizione e gli interessi della controparte, i problemi in gioco e le soluzioni alternative. Una volta acquisite o stimate tutte queste informazioni è possibile capitalizzarle utilizzandole per definire il proprio piano di azione.
Si dovranno definire le tre T:
1) Tesi
2) Temi
3) Tempi
La tesi è costituita dalle dichiarazioni di apertura rivolte alla controparte, cioè quali sono le proprie richieste e le motivazioni che le sostengono.
I temi sono i punti da segnare per iscritto e da avere sott'occhio in trattativa: le sovrapposizioni e i problemi, le richieste della controparte, le possibili soluzioni creative, i risultati finora raggiunti, le azioni da fare prima del prossimo incontro, le concessioni fatte e ricevute, i possibili punti di rottura, i valori e gli interessi comuni, ecc...
I tempi rappresentano il ritmo degli incontri negoziali.
Per la preparazione, è consigliabile avvalersi delle schede allegate.
LA NEGOZIAZIONE RIPARTITIVA OVVERO NEGOZIARE PER VINCERE
L’unico obiettivo é spartire la risorsa cercando di ottenerne la fetta più grande a discapito della
controparte.
E’ un gioco a somma zero perché i guadagni dell’uno sono le perdite dell’altro.
Al termine c’è sempre un vincitore e un perdente in base alla porzione della risorsa che ottiene, ad eccezione di quando viene raggiunta una soluzione di perfetto compromesso, soluzione che comunque lascia parzialmente insoddisfatte le parti.
Una negoziazione distributiva si vince con la preparazione, il possesso di informazioni, le strategie e le tattiche.
Comporta un elevato rischio di subire perdite sia in termini di risorse sia in termini di qualità della relazione con la controparte, nonché in termini di reputazione qualora si utilizzino tattiche ingannevoli.
Strategie
Le principali sono quattro:
1) Concedere
2) Abbandonare
3) Non agire
4) Richiedere
Concedere. Significa operare una riduzione delle proprie richieste iniziali.
La tendenza a fare pronte concessioni, in fase di apertura, abbassa la probabilità di raggiungimento di un accordo, rende il negoziato più lungo e produce rendimenti poco soddisfacenti, perché viene letta come segnale di debolezza.
D’altra parte la fermezza del negoziatore è correlata con alti rendimenti ma anche con alte probabilità di
rottura del negoziato.
I migliori risultati negoziali sono quindi ottenuti grazie ad uno stile negoziale moderatamente fermo, dove le parti sono disposte a fare concessioni ma mai in modo facile e gratuito: per ogni concessione data ci deve essere una concessione ricevuta.
Abbandonare il negoziato. La rinuncia al raggiungimento di un accordo è una possibilità in genere disponibile anche nelle negoziazioni in cui c’e meno libertà di movimento.
Non agire. Il non agire può fungere da pausa preziosa per fare il punto della situazione e decidere quali nuove strategie attuare per proseguire il negoziato. Altre volte è una tattica finalizzata ad innervosire e ad indebolire la posizione della controparte. Si può tentare, avendo tempo a disposizione di condizionare la controparte, inducendola a cedere.
Richiedere:
Minacciare: prospettare una punizione per la controparte nel caso non risponda alle proprie richieste. Le minacce sono tanto più efficaci quanto più è pesante la punizione ventilata e quanto più solida è la credibilità di chi la formula. La minaccia ha però molti effetti collaterali: genera risentimento, stimola il desiderio di schiacciare la controparte, diminuisce il rispetto e la disponibilità. Nel caso si decida di utilizzarla, occorre farla apparire come legittima, ventilarla diplomaticamente, riformularla come deterrente, addolcirla con promesse o dimostrazioni di attenzione.
Pressare: consiste nell’infastidire la controparte con la promessa implicita o esplicita che la seccatura terminerà se cede alla richiesta. Consiste in una pena immediata e concreta che la controparte può decidere di far cessare. E’ una tattica molto costosa e rischiosa che può innescare una escalation del conflitto.
Dichiarare una posizione irremovibile: determinazione a mantenere definitivamente la propria attuale posizione negoziale senza fare nessuna ulteriore concessione. Ci si dichiara pronti a rompere la trattativa. La parte che si dichiara irremovibile deve dimostrare di avere una valida BATNA, per cui la rottura del negoziato non rappresenterebbe per lei un grave danno, oppure di avere delle valide ragioni per dichiarare la propria irremovibilità. Una posizione irremovibile e tanto più credibile quanto più è sostenuta da serie e importanti giustificazioni.
Impiegare argomentazioni persuasive: mira a convincere che la propria proposta negoziale aiuterà la controparte a soddisfare i suoi stessi interessi. Segue il principio secondo il quale l’unico modo per far fare a qualcuno quello che vogliamo è riuscire a fargli credere che sia lui a volerlo fare. Tutte le tattiche di
persuasione rischiano di perdere gran parte della loro efficacia qualora siano percepite come tali da chi le subisce. Una valida strategia di persuasione deve quindi essere impiegata con attenzione e delicatezza tali da farla passare inosservata.
(Vedi scheda tattiche negoziali)
LA NEGOZIAZIONE INTEGRATIVA OVVERO NEGOZIARE PER CRESCERE
Si stima che il 68% delle negoziazioni abbia un qualche potenziale integrativo che però non viene sfruttato per il semplice fatto che le parti, troppo impegnate a competere, non se ne rendono conto. La negoziazione integrativa è un gioco a somma variabile in cui il rendimento comune delle parti può aumentare rispetto a quello che si poteva prevedere prima di avviare negoziato.
E un generatore di opportunità.
Costi e benefici della cooperazione
Per far decollare una negoziazione integrativa è indispensabile un atteggiamento cooperativo tra le parti. Collaborazione e negoziazione integrativa possono produrre soluzioni di qualità superiore, accordi con una utilità condivisa superiore ed hanno minori probabilità di arenarsi o rompersi.
La collaborazione assicura a ciascuna parte negoziale che i propri interessi ed i propri punti di vista verranno ascoltati e presi in considerazione dall'altra parte.
Una volta raggiunto l'accordo le parti si sentiranno pin motivate, impegnate e responsabilizzate nelle delicate fasi della concreta attuazione dell'accordo negoziale. Inoltre, migliora la qualità della relazione tra le parti rendendole aperte e disponibili a future collaborazioni.
La negoziazione integrativa richiede però più tempo rispetto a quella distributiva. Il negoziatore deve poi superare il desiderio di schiacciare la controparte e al contempo cercare di superare la paura di essere a propria volta schiacciato.
Per questo motivo è necessario che sia già maturata a priori una relazione di fiducia tra i negoziatori. Senza una base di fiducia non possono decollare i processi comunicative e creativi fondamentali per il raggiungimento di soluzioni integrative.
Motivazioni e relazioni integrative
Il miglior atteggiamento motivazionale a sostegno della negoziazione integrativa si basa sulla motivazione del negoziatore alla massimizzazione dei rendimenti negoziali propri e di quelli della controparte. L'orientamento al sé e all'altro sono due dimensioni che devono decollare congiuntamente.
Sono state identificate tre norme principali che una buona relazione deve rispettare per portare ai migliori esiti negoziali cooperativi:
→ Problem solving. Le parti si impegno ad operare un problem solving congiunto sulle questioni prioritarie per entrambe in modo da scoprire un'alternativa mutuamente vantaggiosa.
→ Mutua disponibilità. La parte che valuta una questione come solo secondaria deve essere disposta a cedere qualora per la controparte essa sia prioritaria.
→ Onestà dei segnali. Le parti sono invitate a dichiarare onestamente l'intensità dei propri interessi su ogni questione, astenendosi quindi dall'operare la strategia dell'esagerazione delle richieste.
Se tra le parti vi è una relazione negativa, il problema si fa molto complesso. La parte che decidesse di farsi promotrice di una svolta cooperativa in una relazione danneggiata deve armarsi sia della volontà di operare aperture collaborative unilaterali sia della tenacia nel sostenerle fino a convincere la controparte delle proprie buone intenzioni.
Per essere efficace l'atto di conciliazione dovrebbe essere annunciato, irrevocabile, percepito come non opportunistico, essere appariscente, sorprendente e rischioso per chi lo compie, ed infine dovrebbe essere sostenuto da una stabile motivazione a migliorare la relazione ed essere intrapreso dalla parte che ha maggiore potere.
Fondamenti di un accordo integrativo
Negoziare in modo integrativo significa fondamentalmente scoprire e capitalizzare le differenze tra le parti. La scoperta delle differenze, e quindi l'individuazione del potenziale integrativo della trattativa, innesca le capacità di problem solving e la creatività dei negoziatori al fine di giungere ad un accordo mutualmente vantaggioso.
La differenza quindi crea opportunità.
Quando tra le parti non vi è perfetta sovrapposizione di interessi e priorità in relazione alle questioni negoziali allora si apre lo spazio per una soluzione migliore rispetto al mero compromesso, a patto che la diversità venga accettata e fatta emergere. Il guadagno che ciascuna parte ricava dalle concessioni che riceve è maggiore del costo di quelle che concede.
Le differenze possono essere:
▪ Nelle stime circa la probabilità di accadimento di eventi futuri (es. mercato dei titoli azionari); ™
▪ Nelle diverse propensioni al rischio (es. assicurazioni); ™
▪ Nelle preferenze temporali
Tecniche
→ Fate delle domande aperte sui bisogni, sugli interessi, le preoccupazioni e gli obiettivi della controparte.
→ Indagate sulla disponibilità della controparte a rinunciare a una cosa in cambio di un'altra. Cercate di capire gli interessi di fondo della controparte domandandole perché determinate condizioni sono cosi importanti per lei.
→ Ascoltate attentamente le risposte della controparte, senza cercare immediatamente di sottoporle a controllo o di correggerle.
→ Ascoltate in modo attivo, otterrete più informazioni.
→ Esprimete empatia per il punto di vista, i bisogni e gli interessi della controparte. L'empatia rafforza la relazione in quanto conferma che siete in grado di sintonizzarvi con l'interlocutore e le sue problematiche emotive.
→ Adattate i vostri assunti in base a ciò che venite a sapere. Rivisitate la vostra strategia se necessario.
→ Mostratevi disponibili a chiarire le vostre esigenze economiche, i vostri interessi e le vostre preoccupazioni. Illustrate chiaramente ciò che volete e perché.
→ Trovate un giusto equilibrio tra empatia e assertività.
→ Sforzatevi di creare uno scambio bidirezionale d'informazioni.
→ Proseguite nei vostri sforzi di costruzione di una relazione anche dopo l'inizio del negoziato, mostrando empatia, rispetto e cortesia durante l'intera trattativa.
→ Astenetevi dagli attacchi personali, senza accusare o incolpare.
→ Non sentitevi in obbligo di chiudere la trattativa troppo in fretta.
LE DOMANDE TATTICHE PIÙ FREQUENTI
Sono quelle relative a:
▪ Prezzo;
▪ Processo;
▪ Relazioni.
Domande sul prezzo
► Devo indicare il mio range accettabile? Alcuni negoziatori vi possono chiedere di indicare il range monetario entro cui siete disposti a trattare. Non aderite a quella richiesta. Significherebbe comunicare il vostro limite. L'unico momento in cui più avere senso citare un range di prezzo è verso la fine del processo negoziale, quando volete dissuadere la controparte dal fare ulteriori pressioni.
► Devo rivelare il mio punto di indifferenza? Potete farlo solo se l'avete raggiunta o state per raggiungerla. Se decidete di rivelarla, chiarite in termini espliciti e in tono fermo che si tratta di una soglia invalicabile. Altrimenti la controparte non vi prenderà sul serio e penserà che quella proposta sia semplicemente uno step intermedio sulla strada che porta all'accordo finale.
► Se la controparte spara una cifra del tutto irragionevole, dovrei rispondere con una cifra altrettanto irragionevole o non dovrei controbattere? Potete:
• fare una battuta per indicare che non la considerate una proposta seria;
• dichiarate serenamente che quella cifra va ben oltre al range che avevate in testa e riportate il discorso su altri temi, ignorando la proposta della controparte;
• dite che quell’offerta è fuori discussione. Poi manifestate il timore di non poter raggiungere un
accordo, cercando di indurre la controparte a smentire la proposta.
Domande sul processo
► E’ accettabile che uno smentisca se stesso, rettificando subito tiro? Non è sicuramente una buona idea. Se però non avete altra scelta che fare una piccola retromarcia, manifestate la piena consapevolezza di quello che state per fare e dichiarate che non si tratta comunque di un precedente.
► Conviene bluffare? Si può fare, sempre che il bluff non rappresenti un illecito. Non siete obbligati a rivelare tutte le circostanze che vi inducono a cercare l'accordo.
► E’ meglio affrontare prima gli argomenti più difficili o quelli più facili? In genere, la scelta di affrontare per primi gli argomenti più facili crea uno slancio positivo, rafforza l'impegno delle parti a portare avanti il processo e consente loro di familiarizzare con i rispettivi stili di negoziazione e di comunicazione prima di attaccare gli argomenti più delicati. In alcuni casi, però potrebbe essere opportuno misurarsi subito su un argomento più difficile per avere un parametro di confronto per il resto della trattativa. E’ anche vero che quando si risolve il problema più difficile, problemi minori vanno quasi sempre a posto più facilmente.
► Che cosa accade se ci si trova davanti ad una svolta inattesa, prima o dopo l'accordo? Gli sviluppi inattesi possono mettere in pericolo degli accordi fattibili, ma possono anche far saltare degli accordi già raggiunti. Cercate di capire come incide lo sviluppo inatteso sulla decisione di andare avanti e riprendete nuovamente il negoziato.
Domande sulle relazioni interpersonali
► Che cosa accade quando un negoziatore collaborativo incontra un negoziatore duro e inflessibile? Un bravo negoziatore collaborativo dovrebbe riuscire a gestire questo tipo di avversario, se è capace di analizzare la situazione e di costruire un accordo che crei un certo valore. Potrebbe individuare alcuni degli interessi che stanno dietro la posizione della sua rigida controparte e potrebbe anche proporre varie opzioni e pacchetti di soluzioni per soddisfare gli interessi di entrambi. Solitamente anche il più rigido dei negoziatori è in grado di capire quando gli conviene cooperare con la controparte per creare valore.
►Come dovrei reagire se la controparte tenta di modificare in qualche misura la sua offerta dopo il raggiungimento di un accordo? Esprimete disappunto o sorpresa. Spiegatele che deve assolutamente apportare un cambiamento e che deve mettere in conto di riaprire la negoziazione. Se insiste nel pretendere quel cambiamento senza accettarne altri, esprimete il vostro aperto dissenso e poi stabilite se l'accordo cosi rettificato ha ancora senso per voi.
► Cosa devo fare quando il negoziatore della controparte ha un eccesso d'ira? Non rispondetegli per le rime. Aiutatelo piuttosto a riacquistare il controllo. Se quella scenata mirava ad incrinare la vostra serenità, non dovreste assolutamente replicare per non correre il rischio di continuare a negoziare in uno stato psicologico non ottimale. Chiedete eventualmente un rinvio.
► Non credo a ciò che mi dice la controparte. Cosa devo fare? Fate capire bene alla controparte che l'accordo dipende dalla piena e veritiera rappresentazione della situazione. Pretendete un'adeguata documentazione di supporto e precisate che l'accordo e espressamente condizionato alla sua accuratezza. Insistete sull'adozione di meccanismi sanzionatori, come penalità per il mancato rispetto delle scadenze e degli accordi.
► Come dovrei reagire quando la controparte mette in dubbio le mie credenziali, il mio status o il mio potere di stipulazione dell'accordo? Chiedetevi perchè diffida di voi, se sta solo cercando di mettervi sulla difensiva oppure se ha delle sincere preoccupazioni. L'approccio migliore consiste nello spostare la discussione sulle regole generali, dichiarando il vostro diritto ad essere presente alla negoziazione poiché autorizzato a chiudere l'accordo.
CARATTERISTICHE DEL NEGOZIATORE EFFICACE
La risposta definisce gli obiettivi nello sviluppo del set di competenze di chi si occupa di negoziazione. Un negoziatore efficace:
a) Xxxxxxx gli obiettivi negoziali agli obiettivi dell'organizzazione. Il negoziatore efficace opera entro uno schema di riferimento che promuove gli obiettivi strategici dell'organizzazione. ™
b) Si prepara accuratamente e utilizza ciascuna fase negoziale per predisporsi alla fase successiva. Non improvvisa, ma si documenta e porta a sostegno delle sue proposte dati e informazioni. ™
c) Usa le sessioni negoziali per capire meglio i problemi in gioco, la BATNA e i limiti della controparte. Un dialogo efficace e una sapiente indagine extra-negoziale consentono di raccogliere le informazioni necessarie per orientare la negoziazione. ™
d) Ha la sensibilità psicologica che gli permette di identificare gli interessi di entrambe le parti e la creatività per trovare soluzioni innovative in grado di determinare delle situazioni win-win. Può aiutare la controparte a percepire la convenienza della condivisione delle informazioni e dell'ampliamento delle opportunità di creazione del valore. ™
e) E’ in grado di separare i problemi personali dai problemi negoziali. Non si tratta di un confronto personale tra sè e la controparte. Opera con un distacco obiettivo e si preoccupa soltanto di ottenere il miglior risultato possibile. ™
f) E’ in grado di riconoscere le barriere che potrebbero ostacolare la conclusione di un accordo. Un abile negoziatore sa individuarle e trovare il modo di neutralizzarle. ™
g) Sa costituire delle alleanze. In una posizione di debolezza è importante riuscire a contrastare il potere della controparte stringendo alleanze sulla base degli interessi comuni. ™
h) Si crea una reputazione di affidabilità e di credibilità. Gioca sulla fiducia e sull'etica. Mette regolarmente in pratica quello che afferma.
TERZA PARTE: TATTICHE NEGOZIALI
“Non negozieremo mai per paura. Ma non avremo mai paura di negoziare”. (XXXX X. XXXXXXX)
La negoziazione integrativa o generativa postula una situazione finale win/win, nella quale le controparti escono soddisfatte e con la sensazione di averci guadagnato entrambe.
COSA FARE PRIMA DELL’ATTIVITÀ NEGOZIALE
Il negoziatore migliore, quello più forte, è quello che alle spalle il lavoro più completo di preparazione sugli argomenti che sono oggetto del negoziato e che sa distinguere tra le persone dai problemi.
Oltre che padroneggiare le disposizioni contrattuali che eventualmente disciplinano la materia, è molto utile acquisire informazioni sulle tematiche oggetto della trattativa e gestire le informazioni che abbiamo, senza dare vantaggi alla controparte.
Quali informazioni ho? Qual è l’obiettivo? Quali strade alternative sono possibili se non si raggiunge l’accordo? Quali le conseguenze?
Confrontandosi con i vari soggetti coinvolgere è utile definire condizioni minime per le quali l’accordo può ritenersi accettabile.
CHIEDERE DI PIÙ
È la più basilare delle tattiche negoziali. L'efficacia al tavolo negoziale dipende dal sovradimensionamento delle richieste iniziali.
Chiedere di più di quello che ci si aspetta di ottenere consente di raggiungere due obiettivi: si valorizza quello che si offre (dato che il prezzo è spesso usato come indicatore della qualità) e si riduce la probabilità di raggiungimento del punto di rottura (quando la trattativa scende sotto il proprio punto di indifferenza) lasciandosi un ampio margine di trattativa.
Puntare in alto può consentire di massimizzare il rendimento negoziale comune in quanto spinge le parti a non accontentarsi di un semplice compromesso cercando invece migliori soluzioni creative.
Al contrario il "volare basso" costringe il negoziatore a dover comunque affrontare impegnative dinamiche negoziali ma con una motivazione molto più debole che porta spesso a risultati deludenti .
L'efficacia di questa tattica è massima quando è opportunamente combinata con una affermazione di implicita flessibilità.
Ad esempio “ per quello che ora sappiamo la nostra offerta è di 5 euro al pezzo, se vorrete precisarci meglio la quantità che intendete ordinare possiamo comunque discuterne...". In questo modo la controparte, sebbene scossa, può percepire un'elasticità sufficiente per ritenere opportuno investire il proprio tempo nella trattativa.
INDUGIARE AL SÌ
Non dire mai sì con prontezza alla prima offerta ricevuta, anche se fosse la più vantaggiosa. Un'accettazione pronta ed entusiasta dell'offerta ricevuta crea nella controparte una pericolosa sensazione: "Avrei potuto chiedere di più: mi ha messo in trappola!".
Questa sensazione può rovinare il rapporto con la controparte e l'esito di future negoziazioni.
In altre parole non si dovrebbe mai negare alla controparte uno dei tornaconti "emotivi" più importanti: la sensazione di essere stata la più furba e la più in gamba nel negoziare.
Questa tattica è utile per ridimensionare sul nascere le aspettative della controparte evitando il rischio che essa si ancori su di esse.
MIGLIORARE
Questa tattica è di una semplicità disarmante, consiste nel dire alla controparte: "Lei può fare meglio di così".
E poi rimanere in perfetto silenzio.
ARGOMENTARE
In negoziazione si tratta di puntellare ogni propria richiesta con un numero opportuno di argomentazioni, possibilmente dettagliate, comprensibili ovvero facilmente assimilabili negli schemi cognitivi dell'interlocutore, strutturate logicamente, concrete, dimostrabili e poggiate su principi universalmente riconosciuti.
Allo stesso modo ogni propria concessione deve essere sostenuta da spiegazioni razionali così da non apparire un semplice gesto di debolezza.
L'obiettivo di una buona argomentazione è quello di portare la controparte a vedere le questioni negoziali dal proprio punto di vista aiutandola ad uscire dalla egocentristica "visione a tunnel" che costringe i negoziatori a vedere solo le proprie ragioni.
BLEFFARE
Curare la credibilità delle proprie posizioni. Se si ritiene che la controparte stia bluffando, utilizzare domande e affermazioni per scoprire il gioco.
E’ una buona norma essere vigili sulle affermazioni della controparte e verificarle.
Non azzardare bluff su questioni o aspetti della negoziazione che in seguito non possiamo eliminare dalla trattativa qualora il bluff non dovesse funzionare.
LIMITARSI L’AUTORITÀ
Consiste nell'affermare di non avere un'autorità sufficiente per decidere l'accettabilità dell'accordo e cioè per ratificarlo.
In questo modo è possibile prendere tempo, indebolire la controparte (soprattutto se soffre di costi legati al tempo), strappare ulteriori concessioni dell'ultim'ora od uscire comodamente dalla trattativa.
In alcuni casi l'autorità può non essere rappresentata da una persona fisica ma da una norma, un budget o un principio aziendale presentato come assolutamente vincolante.
Le contromosse sono numerose: se la controparte non ha veramente nessuna autorità può essere utile rifiutarsi di trattare con lei (spesso è inviata solo per sondare la disponibilità), se invece è un pretesto (come spesso accade) può essere utile dichiarare di avere a propria volta una autorità.
FAR DIVIDERE LA DIFFERENZA
Rappresenta una versione evoluta della classica tattica che consiste nel richiedere alla controparte di colmare la differenza tra le rispettive posizioni incontrandosi in un punto intermedio.
In questa versione si tratta invece di operare al fine che sia la propria controparte a formulare questa proposta.
Questo è possibile mettendo in risalto il tempo e l'impegno che ormai sono stati investiti nella trattativa e la differenza relativamente piccola che ormai separa le due posizioni.
Una volta spinta la controparte a proporre la suddivisione si aprono due possibilità. La più semplice consiste nell'accettare la sua proposta dandole così la sensazione di aver avuto l'idea vincente per concludere il negoziato; la seconda consiste invece nel tentativo di spremerla ulteriormente (ad esempio con la tattica dell'autorità limitata) sfruttando il fatto che ormai si è dimostrata disponibile a venirci ulteriormente incontro e ora la differenza tra le due posizioni ormai è veramente minima, quindi perché non suddividere quella invece di arenare la trattativa?
PARTIRE DALL'ACCORDO
Si tratta di assicurarsi innanzitutto l'accordo sulle questioni minori invitando a lasciare per un po’ da parte
le questioni più conflittuali.
Risolvendo le questioni più facili le parti potranno acquisire fiducia reciproca e senso di efficacia nel gestire la trattativa, questo le renderà più flessibili e coinvolte al momento di trattare i punti più spinosi.
Utilizzando questa tattica è possibile ridurre il rischio di stalli nel negoziato.
Inoltre, sottolineare fin da subito i punti sui quali concordiamo con la controparte è un'ottima tattica per incrementare la qualità della relazione e quindi il potere di persuasione.
CONCEDERE AD ARTE
La concessione è uno strumento prezioso per rafforzare la relazione con la controparte e per tenere vivo il suo interesse e coinvolgimento nella trattativa.
Ed è per questi motivi che non deve venire inflazionata.
Uno degli errori più comuni è quello di concedere prima di aver capito esattamente cosa la controparte vuole.
Al fine di valorizzarle, le concessioni non dovrebbero mai essere presentate tutte insieme ed è utile per il negoziatore prendere nota di tutte le concessioni fatte in modo da potervi fare continuo riferimento a fronte di nuove richieste della controparte ("Guardi, le concessioni le abbiamo fatte quasi tutte noi!").
COINVOLGERE CON IL TEMPO
Più a lungo si riesce a tenere la controparte coinvolta in una trattativa, più essa tende a divenire disponibile e comprensiva.
Questa tattica fa appello al principio di persuasione dell'impegno e della coerenza. Più tempo si è investito nella negoziazione, più si è disponibili a fare concessioni in quanto appare più alto il costo del mancato accordo.
L'obiettivo è i quello di mantenere la controparte impegnata il più a lungo possibile nella trattativa attraverso un programma di continui rinforzi (concessioni, promesse, dichiarazioni di interesse) sapientemente alternati con posticipazioni e rinvii.
TOLLERARE IL FALLIMENTO
Questa tattica fa riferimento ad un importante atteggiamento motivazionale.
In ogni negoziazione vi è un punto oltrepassato il quale si è così coinvolti da non poter più accettare di andarsene con un nulla di fatto.
Diventa strategico, durante la trattativa, ascoltare costantemente le proprie emozioni in modo da capire se ci si sentirebbe eventualmente pronti ad abbandonare immediatamente il tavolo senza troppi rimorsi.
In caso contrario è utile raffreddare il proprio coinvolgimento, magari focalizzandosi sulla bontà dello status quo o sulla disponibilità di alternative all'accordo.
TEMPOREGGIARE
È una tattica trasversale a molte altre. Si tratta di prendere tempo attraverso le richieste di rinvii, di pause di riflessione o di raccolta di ulteriori informazioni.
Inoltre si possono promuovere discussioni lunghe ed articolate su cavilli, o perfino sabotare passivamente il procedere della trattativa omettendo la produzione o la consegna di alcuni importanti documenti.
Questa tattica, quando integrata con l'invio di segnali di interesse per il negoziato, tende ad indebolire la controparte mantenendola coinvolta.
L'obiettivo fondamentale è quello di accendere in lei "l'ansia di concludere".
Una contromossa può consistere nell'affrontare la propria controparte dichiarando che si ritiene che il suo temporeggiare sia dovuto alla ricerca di ulteriori informazioni necessarie per decidersi, e quindi offrirsi di aiutarla a procurare quelle informazioni.
TACERE
Si basa sull'esercizio di uno dei comportamenti comunicativi più difficili da sostenere in un contesto ansiogeno come quello negoziale: restare in silenzio.
Gli effetti positivi del silenzio possono essere numerosi: rende la controparte più loquace ed espressiva, aiuta a valorizzare una concessione appena offerta, permette di catturare l'attenzione della controparte e magari di farle proseguire un discorso nella direzione di una propria affermazione volutamente lasciata in sospeso
Inoltre, tacendo si può indebolire la convinzione della controparte circa la legittimità delle richieste che ha appena formulato e guadagnarsi l'immagine di negoziatore attento e determinato.
Un buon pretesto per rimanere in silenzio è quello di valutare con attenzione la proposta ricevuta, magari scrivendo o rileggendo degli appunti.
In una situazione con più soggetti attorno al tavolo negoziale, il restare in silenzio da parte di chi rappresenta l’organizzazione numericamente più numerosa, mette a disagio la controparte che inevitabilmente si chiede se quanto sta sostenendo trova il consenso, sia pure parziale.
GESTIRE IL RIFIUTO
Anche questa tattica fa riferimento ad un atteggiamento motivazionale piuttosto che ad un comportamento.
La parola che più spaventa è una semplice sillaba: "no". Ricevere un rifiuto può essere una esperienza penosa e frustrante ma al contempo essere pronti a riceverlo è l'unico modo per negoziare con efficacia.
Ciò che conta è evitare di assimilare il rifiuto ad una svalutazione personale e tanto meno ad una definitiva rottura del negoziato.
Al contrario un "no" ha un notevole vantaggio rispetto ad un "forse": consente di chiedere "perché".
Nella dinamica negoziale, può quindi essere utile stimolare obiezioni e rifiuti a patto di farlo solo nelle fasi centrali della trattativa.
Infatti, nelle fasi iniziali è importante evidenziare i punti di accordo mentre in quelle finali l'obiettivo è formulare le proprie proposte in modo che non possano venire respinte.
Se siamo noi a formulare un rifiuto, è utile che esso sia espresso con calma e fermezza, argomentato senza cadere nelle scuse, formulato con frasi chiare e dirette che pur lascino alla controparte la possibilità di sperare (per esempio "Terremo comunque presente la richiesta).
PRESSARE
Chiedere insistentemente qualcosa, farsi vedere continuamente, non mollare la presa sulla controparte, sono comportamenti che rappresentano indici di forza e di determinazione davanti ai quali spesso si finisce per cedere.
La tattica della pressione, se combinata con la tattica del "chiedere di più», viene denominata "tecnica del salame". Consiste nel fare richieste anche limitate ma sistematiche e continue, in modo lento e apparentemente innocuo.
INDIRIZZARE
Si tratta di dichiarare subito con convinzione e franchezza quali delle questioni sul tavolo sono negoziabili e quali no.
In questo modo si focalizza fin dall'inizio l'attenzione della controparte sulle questioni ritenute meno centrali preservandosi così da pressioni ma dimostrando al contempo flessibilità, chiarezza ed onestà.
La contromossa più diretta consiste nel fingere di non aver udito ed affrontare la questione nelle fasi più avanzate della trattativa.
COGLIERE I SEGNALI DEBOLI
Durante una trattativa è bene distrarsi in meno possibile. La posizione della controparte andrebbe ascoltata anche con gli occhi oltre che con le orecchie.
Se la controparte è formata da più persone occorre osservare gli sguardi che fra di loro si rivolgono e, se possibile, ascoltare quanto si comunicano.
Le componenti proverbiali: il tono di voce, il volume, il ritmo, le pause, le risate nervose, i sospiri…, insieme alle componenti comportamentali: postura, gestualità, mimica facciale, sguardo, prossemica...hanno un impatto comunicativo circa dieci volte superiore rispetto alla sola componente verbale.
Spesso un negoziatore può mentire con le parole ma gli è difficile coordinare tutti gli aspetti non verbali al fine di apparire perfettamente coerente.
È appunto con il grado di coerenza tra tutti questi segnali che il negoziatore determina l'efficacia e l'impatto persuasivo della sua comunicazione.
Tra gli indici non verbali quello che appare più indicativo del livello di condivisione di una proposta è la postura.
Difficilmente si mantiene la stessa postura dopo aver ricevuto una richiesta che non si condivide e spesso la risposta è di allontanamento.
AVVISARE E PROMETTERE
Avvisare è una alternativa più diplomatica alla minaccia.
Si tratta di mettere in guardia la controparte circa i rischi ai quali potrebbe andare incontro nel caso l'accordo non fosse raggiunto.
Per apparire credibile l'avvertimento deve riferirsi a conseguenze effettivamente indesiderabili e far trasparire una franca preoccupazione per il benessere della controparte.
Le promesse fanno spesso riferimento a concessioni che si potranno offrire alla controparte a seguito di cambiamenti nella sua posizione.
La promessa funziona come esca utile a coinvolgere più saldamente la controparte nella trattativa in modo da poter poi tirare con più vigore.
Tendenzialmente le promesse sono più efficaci degli avvertimenti sia in termini relazionali che in termini di esiti negoziali.
Può rivelarsi efficace combinare un avviso/minaccia con una promessa. In questo modo la controparte avrà un doppio incentivo ad accettare la richiesta.
INSCENARE "EMOTIONAL LABOR»
Con questo termine si intende la capacità di manipolare più o meno artificiosamente la propria espressività emotiva al fine di ottenere specifici esiti relazionali e professionali.
Ecco alcune delle emozioni strategiche inscenabili durante la trattativa.
Rabbia: è spesso usata per convincere la controparte della serietà della propria posizione e per intimidirla al fine di mantenere il controllo sul negoziato.
Sdegno: rappresenta la migliore risposta di fronte ad una controparte aggressiva; il dimostrarsi personalmente offesi per una reazione esagerata spesso fa sbollire la controparte.
Empatia: è l'atteggiamento emotivo con cui affrontare le obiezioni irrazionali della controparte che sono spesso dovute a paure; attraverso l'empatia le paure vengono condivise e la controparte viene rassicurata (utile è il confidare come si sono superate a propria volta le stesse paure).
Ammirazione: se è espressa in modo credibile è uno degli strumenti più potenti per riscaldare la relazione con la controparte aumentandone così la disponibilità.
Coinvolgimento: dimostrare la propria determinazione nell'arrivare ad un buon esito del negoziato fa acquisire credibilità e rende la controparte più propensa a sbilanciarsi.
Distacco: nelle fasi avanzate del negoziato e se la controparte è sufficientemente coinvolta, mostrare improvvisamente indifferenza o riluttanza può aiutare a strapparle nuove concessioni facendole temere di veder svanire un accordo ormai vicino.
Calma: dimostrare di saper attendere più a lungo della controparte può produrre risultati estremamente positivi.
Sbalordimento: è utile per testare la convinzione della controparte mentre formula proposte e richieste. Preoccupazione: è utile per superare eventuali rischi di rottura e consiste nel mostrarsi spaventati per le gravi conseguenze a cui le parti potrebbero andare incontro in caso di mancato accordo.
Concitazione: ultimatum e scadenze appaiono molto più credibili se chi li impone dimostra di avere fretta in quanto sollecitato da altre proposte.
GIOCARE AL BUONO E AL CATTIVO
Questa tattica la si utilizza quando al tavolo negoziale sono presenti più soggetti.
Mentre uno si mostrerà irritato per l'inaccettabilità delle proposte e la scarsa disponibilità della controparte, l'altro cercherà di rabbonirla invitandola a fare uno sforzo di avvicinamento.
In questo modo il negoziatore ragionevole finirà con l'assumere il ruolo di mediatore tra il compagno irritato e la controparte.
In determinate situazione è molto utile che prima di una trattativa i negoziatori si mettano d’accordo per “il gioco delle parti”, avendo ben chiari i confini della possibile mediazione.
Si possono sfruttare le fisiologiche differenze di opinione fra i negoziatori della squadra della controparte avvalorando quelle più vicine alla propria.
La contromossa consiste in un accurato lavoro di coordinamento prenegoziale tra i membri e, ai segni delle prime fratture interne, chiedere prontamente un aggiornamento della seduta
FARE L’INGENUO
Questa tattica consiste nel dichiarare scarse abilità negoziali, nel riconoscere le competenze superiori della controparte e nel mostrarsi pertanto disponibili a mettersi completamente nelle sue mani confidando nella sua correttezza ed equità.
Gli effetti di questa tattica possono essere molteplici: si appare più spontanei e simpatici, la controparte inizia a sentirsi sicura, abbassa le difese fornendo preziose informazioni, e mostra una minore tendenza a sovradimensionare le richieste d'apertura
Ancora, la controparte può sentirsi incentivata a comportarsi in modo da confermare l'immagine positiva che ha di lei il negoziatore ingenuo impegnandosi quindi a dimostrare che è effettivamente in grado di soddisfarlo.
A questo punto il negoziatore ingenuo non dovrà far altro che continuare a rifiutarsi di partecipare attivamente al processo negoziale ("ci pensi lei che è così bravo!") limitandosi a chiedere umilmente volta per volta una generosa ed ulteriore "assistenza". In questo modo la controparte rischierà presto di trovarsi spogliata seppure molto gratificata.
PRESENTARE IN PROSPETTIVA
Ogni concessione offerta assume più valore se la si presenta nei termini dei particolari vantaggi e dei guadagni che essa può rappresentare per la controparte.
Si tratta quindi di mettersi nei panni dell'altro negoziatore e di cercare di comprendere al meglio quali sono le sue aspirazioni ed i suoi obiettivi operativi in modo da poter presentare in questi termini tutte le proprie concessioni.
Lo schema classico di questa presentazione si sviluppa in tre passaggi: che cos'è (in cosa consiste la concessione); che cosa fa (quali sono i benefici che procura); quanto fa guadagnare (che rendimento può rappresentare per la controparte).
SCORAGGIARE
Questa tattica consiste nel lanciare alla controparte affermazioni in apparenza indirette e circostanziali ma in realtà mirate ad indebolire la sua posizione e ad abbassare le sue aspettative.
Si tratta di affermazioni finalizzate a condizionare la controparte facendogli sorgere dubbi e preoccupazioni. La loro influenza è tanto profonda quanto più le affermazioni appaiono sincere e disinteressate.
DIMENTICARE
L'efficacia di questa tattica è proporzionale alla smemoratezza e alla distrazione della controparte. Consiste, al termine di una riunione lunga e articolata, nel dichiarare di aver dimenticato cosa è stato concordato in precedenza e nel pregare la controparte di riassumerlo.
Alle volte facendo il punto della situazione possono sfuggire alcuni dettagli e, dato che si tendono a ricordare meglio le concessioni fatte piuttosto che quelle ricevute in quanto le perdite sono più emotivamente pregnanti, vi è una certa probabilità che i dettagli dimenticati siano fatalmente quelli a sé favorevoli.
TIRARE LE FILA
Rappresenta la tattica speculare a quella del "dimenticare". In questo caso saremo noi stessi a offrirci di riassumere e/o mettere a verbale il quadro della situazione delineatasi a fine incontro, risparmiando alla controparte una gravosa incombenza.
In questo modo si potrà tentare di inserire qualche nuova concessione, dandola come implicita in ciò che già è stato accordato.
Se la controparte non noterà questa "integrazione" le sarà difficile ritirarla a posteriori.
Nel pieno della trattativa si può utilizzare questa tattica anche in risposta ad una obiezione cercando di riformularla in modo fedele ma più attenuato e quindi più facilmente confutabile. In questo modo si può indurre la controparte ad ammorbidire le proprie posizioni dandogli al contempo la sensazione di essere ascoltata e capita.
APPREZZARE
È la tattica del "pugno di ferro in guanto di velluto". Più si dimostra stima personale, rispetto verso la controparte, più si guadagna margine di tolleranza per negoziare in modo duro sui contenuti.
Nei casi estremi si può arrivare ad abbandonare con prepotenza il tavolo negoziale, mantenendo comunque buoni rapporti personali e tenendosi la porta aperta per tornare ammettendo di essere stati troppo duri e complimentandosi per il sangue freddo della controparte.
SBIADIRE I COSTI
Questa tattica è comunemente usata per far apparire meno onerosi i costi che la controparte dovrà sopportare per chiudere l'affare.
Vi sono numerosi modi per raggiungere questo obiettivo. Distribuire il costo nel tempo (ad esempio il classico "costa come un caffè al giorno..."), non presentare il prezzo totale dell'offerta ma quella dei singoli elementi che la compongono magari rendendo difficilmente calcolabile il costo complessivo (per esempio "ogni volume di quest'opera costa solo 47 euro... ed il prezzo resterà invariato fino alla consegna del novantesimo volume!!"), dimostrare come il costo è facilmente ammortizzabile (per esempio "la rata per queste finestre con doppia vetrocamera si paga con i risparmi energetici"), confrontarlo con costi più consistenti relativi sia a spese da poco effettuate (per esempio la tattica dell'optional, non starà mica a speculare su poche centinaia di euro ora che ha acquistato la sua splendida nuova auto!") sia a spese che si effettuano quotidianamente non notando la loro incidenza (per esempio "ma ha mai pensato a quanto spende in sigarette in un anno...") ed infine sottraendo al costo della richiesta quello che comunque la controparte dovrebbe spendere rivolgendosi altrove, in modo da non dover più giustificare l'intero prezzo ma solo la differenza (irrisoria!) tra il prezzo della propria offerta e quello della concorrenza.
CHIEDERE UN’OPZIONE
È una tattica semplice ma efficace soprattutto se è buona la relazione con la controparte.
Dopo una trattativa serrata si fa in modo che la controparte dichiari esplicitamente qual è la sua ultima offerta.
Essendo le posizioni ancora distanti, si chiede quindi di poter ricevere un'opzione.
PILOTARE
Consiste nel sottoporre alla controparte le proprie proposte negoziali nella forma di domande pilotanti. Questo tipo di domande sono insidiose perché nonostante sembrino consentire alla controparte una certa libertà di scelta, in realtà mirano a sottrargli la libertà principale: quella di rifiutare la proposta.
La classica domanda pilotante è quella che presenta due o più alternative chiedendo di scegliere la più interessante.
Ad esempio: "a fronte di questo stipendio preferirebbe come benefit l'auto aziendale o l'assicurazione odontoiatrica?", "le offro il 10% in meno di quello che lei chiede: preferisce un pagamento in contanti o con assegno circolare?".
Se la controparte ingenuamente risponde a una domanda così formulata, si ritrova ad aver implicitamente accettato le premesse su cui si fonda.
In generale la domanda ha un notevole potere nel catturare ed indirizzare l'attenzione dell'interlocutore.
Ciò viene sfruttato per far avanzare la trattativa dando implicitamente per risolte questioni potenzialmente ancora conflittuali o per indirizzare l'attenzione della controparte su contenuti a noi favorevoli (per esempio "ti ricordi esattamente quali concessioni ti ho fatto nelle trattative dell'anno scorso?").
La contromossa consiste nel vincere la tendenza a rispondere in automatico alle domande, magari fornendo informazioni che poi ci danneggiano, ed imparare a rispondere alle domande con altre domande.
FARE L'AVVOCATO DEL DIAVOLO
Consiste nel controbattere alle richieste ed alle argomentazioni della controparte invitandola a soffermarsi a riflettere su quali potrebbero essere le conseguenze negative se queste venissero accettate come valide. È una strategia da presentare come un modo per aiutare la controparte a vedere le questioni con una prospettiva più ampia evitandole di doversi poi pentire in futuro a causa di ripercussioni non previste.
SCRUTINARE I DETTAGLI
Il successo di una trattativa sta anche nei dettagli dell'accordo finale.
Quindi sono da analizzare punto per punto e, quando si individua un aspetto che non era stato definito, si deve fare in modo di precisarlo a proprio vantaggio.
Alcuni negoziatori rubricano come “estetismi” il controllo puntiglioso su tutti i punti, specialmente quelli più marginali, nulla è da dare per scontato, nulla deve essere ritenuto insignificante e tutto deve venire sondato.
Non ha alcuna importanza se il testo di un accordo appare “appesantito da troppe pagine”, al contrario la rigorosa precisione rappresenta un elemento di fondamentale chiarezza dell’accordo prevenendo, per quanto possibile, successive problematiche applicative dell’accordo.
PORRE PROBLEMI ETICI
Questa tattica mira ad indebolire le argomentazioni impiegate dalla controparte per sostenere le proprie richieste.
Si tratta di metterne in luce le eventuali incoerenze, gli errori di logica, la scarsa fondatezza su dati concreti, le sostanziali differenze con la mission aziendale, con la carta dei valori, ecc.
ALLEGATI