APPALTI DI BENI CULTURALI
Direzione legislazione Opere Pubbliche
APPALTI DI BENI CULTURALI
DECRETO MiBACT – MIT 22 Agosto 2017, n. 154: “Regolamento concernente gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati”
VADEMECUM
Riedizione
SOMMARIO
1. Appalti di lavori concernenti i beni culturali 3
2. Ambito oggettivo di applicazione – art. 1 3
3. Specificità degli interventi – art. 3 5
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4. LA QUALIFICAZIONE - art. 4 6
5. i requisiti generali - art. 5 6
6. I Requisiti speciali – art. 6 7
6.1 IDONEITÀ TECNICA – ART. 7 8
6.2 IDONEITÀ ORGANIZZATIVA – ART. 8 10
6.3 CAPACITÀ ECONOMICA E FINANZIARIA – ART. 9 15
6.4 CERTIFICATI DI ESECUZIONE DEI LAVORI – ART. 11 16
7. criteri di valutazione delle offerte. 18
8. Lavori inferiori a 150.000 euro - art. 12 18
9. Idonea direzione tecnica – art. 13 19
b. Categorie OS 2 A e OS 2 B 21
10. Attività di progettazione - artt. 14 - 19 23
11. Progetto dello scavo archeologico - art. 19 26
12. Progettazione impianti e sicurezza - art. 20 26
13. Verifica dei progetti - art. 21 27
14. Progetto, direzione e Collaudo - artt. 22 - 24 27
15. Somma urgenza – art. 23 28
16. Lavori di manutenzione - art. 25 29
17. Consuntivo scientifico e vigilanza – art. 26 29
18. Abrogazioni e transitorio – artt. 27 e 28 30
DECRETO 22 agosto 2017, n. 154 32
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L’11 novembre 2017 è entrato in vigore il “Regolamento concernente gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42” riportato nel decreto interministeriale 22 agosto 2017,
n. 154 emanato dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti (G.U. n. 252 del 27 ottobre 2017).
Il “Regolamento” - previsto dall’art. 146, comma 4 del d.lgs. 50/2016, Codice dei contratti pubblici - disciplina i lavori di scavo archeologico, comprese le indagini archeologiche subacquee, il monitoraggio, manutenzione e restauro di beni culturali immobili, il monitoraggio, manutenzione e restauro dei beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico.
Tra le modifiche più rilevanti spiccano l’utilizzabilità dei certificati di esecuzione lavori senza limini temporali, la riforma dei titoli necessari alla direzione tecnica e la possibilità di bandire la gara di lavori sul progetto definitivo.
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1. APPALTI DI LAVORI CONCERNENTI I BENI CULTURALI
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Con il decreto interministeriale 22 agosto 2017, n. 154, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 252 del 27 ottobre 2017, è stata data attuazione all’art. 146, co. 2, del Codice relativo all’adozione del “Regolamento concernente gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”.
Con riferimento a tali tipologie di lavori, il Regolamento disciplina:
o i requisiti di qualificazione degli esecutori di lavori riguardanti i beni culturali e dei direttori tecnici;
o la progettazione e direzione di lavori riguardanti i beni culturali, ossia i livelli e contenuti della progettazione nonché i soggetti incaricati dell'attività di progettazione e direzione lavori;
o gli interventi di somma urgenza;
o l’esecuzione e il collaudo dei lavori;
o le disposizioni finali (abrogazioni e transitorio).
Per quanto non diversamente disposto nel Regolamento, trovano applicazione le pertinenti disposizioni dei provvedimenti di attuazione del Codice dei contratti pubblici (art. 1, comma 3).
2. AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE – ART. 1
Il Regolamento disciplina le seguenti tipologie di lavori:
o scavo archeologico, comprese le indagini archeologiche subacquee (OS 25), consiste in tutte le operazioni che consentono la lettura storica delle azioni umane, nonché dei fenomeni geologici che hanno con esse interagito, succedutesi in un determinato territorio (art. 2, comma 1)1;
o monitoraggio, manutenzione e restauro di beni culturali immobili
(OG 2);
o monitoraggio, manutenzione e restauro dei beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili (OS 2), i cui contenuti qualificanti e le finalità della manutenzione
1 Il Regolamento disciplina solo incidentalmente la verifica preventiva dell'interesse archeologico, che sarà oggetto di specifico Regolamento governativo, da adottarsi entro il 31 dicembre 2017 (art. 25, co. 13 del codice dei contratti).
e del restauro del patrimonio culturale sono definiti all’articolo 29, commi 3 e 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 2, comma 2).
A tali tipologie di lavori, si sommano quelli inerenti gli interventi sul verde storico, da cui potrebbe derivare, in futuro, una nuova e specifica categoria (art. 5 e 27).
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Per lavori concernenti i beni tutelati, il Codice dei contratti ha stabilito che è vietato l’affidamento congiunto con lavori afferenti a categorie di opere generali e speciali, salvo che motivate ed eccezionali esigenze di coordinamento dei lavori, accertate dal responsabile del procedimento e comunque non attinenti la sicurezza dei luoghi di lavoro di cui al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, non abbiano reso necessario l'affidamento congiunto.
Tali lavorazioni, inoltre non possono essere assorbite in altra categoria o essere omesse nell'indicazione di quelle di cui si compone l'intervento, indipendentemente dall'incidenza rispetto all'importo complessivo2 (art. 148, comma 2).
Coerentemente, il Codice ha stabilito altresì che la stazione appaltante indichi separatamente, nei documenti di gara, le attività riguardanti il monitoraggio, la manutenzione, il restauro dei beni rispetto a quelle di carattere strutturale, impiantistico, nonché di adeguamento funzionale, inerenti i beni immobili tutelati ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 148, comma 2).
Infine, per la dimostrazione della qualificazione in gara nelle categorie riguardanti interventi sui beni culturali, non si applica l'avvalimento (artt. 89 e 146, comma 3) e non è più prevista la possibilità di richiedere, “gara per gara”, la dimostrazione di lavori analoghi, così come stabilito dall’articolo 246, comma 30 del previgente d.lgs. 163/2006.
FOCUS
Il Regolamento ha attuato un’estensione delle declaratorie delle categorie concernenti i beni culturali rispetto a quelle di cui all’allegato A del D.P.R. n.
2 Il DM del MIT n. 248/2016 prevede le OS 2-A, OS 2-B e OS25 tra le S.I.O.S, per le quali è previsto l’obbligo di scorporo indipendentemente dall’importo. Tale precisazione ha quindi valore soprattutto per l’OG2.
Non si tratta di una disposizione nuova, poiché nel previgente d.lgs. 163/2006 era previsto che per l'esecuzione dei lavori su beni culturali, fosse sempre necessaria la qualificazione nella categoria di riferimento, a prescindere dall'incidenza percentuale che il valore degli interventi sui beni tutelati assume nell'appalto complessivo (art. 201, co. 1).
Del resto, anche l’articolo 19, co. 1 ter, X. Xxxxxxx (cfr. art. 7 della L. n. 166 del 2002) sanciva il divieto di affidare lavori su xx.xx. mobili ed assimilati congiuntamente a lavori di categoria diversa (c.d. scorporo obbligatorio).
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207/2010.
In particolare, nella nuova formulazione della categoria OG2, ora compresa anche “l’attività di monitoraggio dei beni culturali immobili”.
La categoria OG 2 sembrerebbe quindi ora riservata non solo all’impresa che esegue l’intervento conservativo, ma anche a quella che si prende carico di monitorare lo stato di conservazione del bene nel tempo, svolgendo un’attività più propriamente preventiva.
Da notare che anche nelle categorie OS-2 A e OS-2 B viene prevista nel Regolamento l’attività di “monitoraggio”, oltreché quella di manutenzione e restauro dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni immobili.
Per quanto riguarda la categoria OS 25, il Regolamento chiarisce che questa compre anche le “indagini archeologiche subacquee”, nonché i “fenomeni geologici” che consentono la lettura storica delle azioni umane.
Un’ultima novità riguarda la categoria OS 24, concernente il verde e arredo urbano, rispetto alla quale il Regolamento presuppone, verosimilmente, una futura distinzione per gli interventi relativi a ville, parchi e giardini (art. 10, comma 4, lettera f) del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. 22/01/2004 n° 42).
Le imprese interessate a questa futura categoria SOA dovranno quindi avere cura di richiedere, di volta in volta, il relativo visto dell’ente preposto alla tutela del giardino o parco, da inserire nel relativo certificato di esecuzione dei lavori.
3. SPECIFICITÀ DEGLI INTERVENTI – ART. 3
Il Regolamento prevede che, nel rispetto delle disposizioni del Codice dei beni culturali, gli interventi sui beni culturali siano inseriti nei documenti di programmazione dei lavori pubblici ed eseguiti secondo i tempi, le priorità e le altre indicazioni derivanti dal criterio della conservazione programmata.
A tal fine, le stazioni appaltanti redigono un documento sullo stato di conservazione del singolo bene, tenendo conto della pericolosità territoriale e della vulnerabilità, delle risultanze, evidenziate nel piano di manutenzione e nel consuntivo scientifico, delle attività di prevenzione e degli eventuali interventi pregressi di manutenzione e restauro.
Per i beni archeologici tale documento illustra anche i risultati delle indagini diagnostiche.
Il Regolamento disciplina i requisiti di qualificazione SOA dei soggetti esecutori dei lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro relativi alle tipologie di lavori su beni culturali nonché di quelli che eseguono, senza attestazione SOA, lavori d’importo inferiore a tale soglia.
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5. I REQUISITI GENERALI - ART. 5
Ai fini dell’accertamento dei requisiti generali dell’impresa, resta fermo quanto previsto dall’art. 80 del Codice dei contratti. Nel caso in cui l’operatore economico voglia partecipare a selezioni per appalti di importo pari o superiore alla soglia di 150.000 euro, tali requisiti sono verificati, come di consueto, due volte: in fase di attestazione, dalla SOA stessa e, successivamente, durante la procedura di gara, dalla stazione appaltante. Nel caso di importi inferiori a detta soglia, le imprese senza attestazione SOA sono verificate “in gara”.
Una specifica prescrizione riguarda l’iscrizione dell’impresa al registro istituito presso la competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (art. 83, comma 3, del Codice dei contratti).
In particolare, si precisa che tale iscrizione deve essere relativa a:
a. scavi archeologici;
b. manutenzione e restauro dei beni culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili culturali, a conservazione e restauro di opere d’arte;
c. restauro e manutenzione di beni culturali immobili, conservazione e restauro di opere d’arte;
d. verde storico di cui all’articolo 10, comma 4, lettera f) , del Codice dei beni culturali e del paesaggio, a parchi e giardini.
FOCUS
L’articolo 76, comma 2 del D.P.R. 207/2010, applicabile in via transitoria, prevede, per le imprese che intendono ottenere l'attestazione di qualificazione, la necessità di presentare un certificato della CCIAA “dal cui oggetto sociale risultino le attività riconducibili alle categorie di opere generali e specializzate richieste” (vedi anche l’abrogato art. 107, comma 1 dello stesso decreto).
A tale proposito, l’ANAC ha chiarito che la riconducibilità alle categorie richieste in sede di attestazione dell’oggetto sociale può essere intesa in senso ampio e non strettamente collegata alle singole attività contenute nella declaratoria delle categorie indicate nell’allegato A del suddetto D.P.R.
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207/2010 (Comunicato del Presidente 9 marzo 2016).
Ciò posto, la suddetta previsione del D.P.R. 207/2010 potrebbe far ritenere – almeno per la qualificazione nei beni culturali - superata dall’articolo 5 del Regolamento, che, invero, individua specificatamente le tipologie di lavori per le quali l’impresa deve risultare iscritta alla CCIAA.
Ne consegue che, ai sensi del Regolamento, non possono essere più utilizzate formule generiche per definire l’attività svolta, come ad es. per OG2, “interventi di manutenzione su edifici civili”.
Pertanto, onde evitare eventuali contestazioni, si suggerisce alle imprese qualificate per eseguire lavori sui beni culturali di effettuare un’attenta verifica sulla coerenza tra la propria iscrizione alla CCIAA con quanto precisato dall’articolo 5 del Regolamento.
Nel caso tale coerenza mancasse, potrebbe rendersi necessaria la modifica nella CCIAA dell’indicazione relativa all’attività svolta dall’impresa nella sede legale (per i dettagli si veda il portale xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx).
6. I REQUISITI SPECIALI – ART. 6
Il Regolamento prevede, all’articolo 6, che il possesso dei requisiti di ordine speciale per la qualificazione necessaria all'esecuzione dei lavori è dimostrato con:
a) l’idoneità tecnica;
b) l’idoneità organizzativa;
c) l’adeguata capacità economica e finanziaria.
Tali requisiti, ai sensi dell’articolo 10, sono attestati dalle SOA nell’ambito della procedura di qualificazione delle imprese.
FOCUS
Il Regolamento revisiona significativamente i requisiti speciali e i meccanismi di qualificazione per gli interventi sui beni culturali.
Tra le varie novità, rispetto a quanto previsto dall’articolo 79 del D.P.R. 207/2010, si evidenzia che, nella nuova qualificazione per tali categorie, manca, tra i requisiti d'ordine speciale, la necessità di dimostrare alla SOA l’adeguata dotazione di attrezzature tecniche.
In questo modo, il Regolamento estende alle categorie OG2 e OS25, una particolarità della qualificazione prevista in passato solo per le categorie OS 2- A e OS 2-B.
6.1 IDONEITÀ TECNICA – ART. 7
L’idoneità tecnica dell’impresa per le categorie concernenti gli interventi sui beni culturali è dimostrata attraverso i requisiti elencati dall’articolo 7 del Regolamento.
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Evidente novità rispetto al passato è che tra questi ultimi requisiti non sono più previsti i c.d. “lavori di punta”, ossia quelli più rappresentativi in termini di importo.
Ne consegue che non è più necessaria alcuna verifica sulla consistenza minima dei lavori di maggior importo eseguiti dall’impresa.
In particolare, al fine di ottenere l’attestazione in OG2, OS2-A, OS2-B e la OS25, l’impresa deve dimostrare alla SOA:
a) l’idonea direzione tecnica, anche coincidente con la titolarità dell’impresa;
b) l’avvenuta esecuzione di lavori per un importo complessivo nella categoria non inferiore al 70% dell’importo della classifica per cui è chiesta la qualificazione3.
Inoltre, il Regolamento, ai commi 2 e 3 dell’articolo 7, da attuazione alla disposizione del Codice dei contratti, secondo cui l’utilizzo dei suddetti certificati “non è condizionato da criteri di validità temporale”. (art. 146, comma 6).
In particolare, viene chiarito che l’impiego temporalmente illimitato dei certificati di esecuzione dei lavori (CEL) è consentito a condizione che:
sia rispettato il principio di continuità nell'esecuzione dei lavori, oppure
sia rimasta invariata la direzione tecnica dell'impresa.
FOCUS
Il Regolamento non evidenzia una chiave interpretativa riguardo al
principio di continuità nell'esecuzione dei lavori.
Sarebbe opportuno che il Mibact chiarisse se la continuità nell’esecuzione possa ritenersi connessa con quella nella pregressa qualificazione in tali categorie, ovvero debba essere ancorata ad altri parametri di riferimento, che tengano conto, ad esempio, della naturale ciclicità degli affidamenti negli appalti pubblici.
L’ANCE ha chiesto chiarimenti in proposito.
Altra questione riguarda la possibilità di applicare alla qualificazione nelle
3 L’importo complessivo dei lavori eseguiti è pertanto ridotto, rispetto al 90% della classifica, previsto nel D.P.R. 207/2010.
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categorie relative ai beni culturali la disciplina generale, laddove consente l’utilizzo dei lavori eseguiti nell’ultimo decennio antecedente la sottoscrizione del contratto con la SOA (art. 84, comma 4, lett. b).
Alla stessa, può ragionevolmente darsi soluzione positiva, in quanto ciò risulta coerente con lo spirito di favor sotteso all’articolo 146, comma 3 del Codice.
Il citato comma 2 dell’articolo 7, infatti, nello consentire l'impiego temporalmente illimitato dei certificati di esecuzione dei lavori - a condizione che sia rispettato il principio di continuità - disciplina unicamente le modalità di utilizzo di certificati di esecuzione di lavori eseguiti prima del decennio antecedente alla sottoscrizione del contratto di attestazione.
Il comma 3 dell’articolo 7 riguarda i casi di cessione di imprese qualificate
nei beni culturali.
Tale disciplina si distingue da quella contenuta nel Manuale sulla qualificazione SOA4.
Infatti, si prevede che, a fronte di operazioni societarie che abbiano interessato la struttura che ha eseguito lavori sui beni culturali (come l’acquisizione di un’azienda o di un suo ramo), i requisiti di idoneità tecnica maturati dall'impresa cedente siano mutuabili in capo alla cessionaria, a condizione che nella cessione vi sia anche il trasferimento del direttore tecnico, e che questi permanga nell'organico del cessionario per un periodo di almeno tre anni (art. 7, comma 3)5.
FOCUS
Il comma 3 dell’articolo 7 solleva perplessità, in quanto aumenta notevolmente il “peso contrattuale” del direttore tecnico.
Il Regolamento, nel condivisibile obiettivo di assicurare l’effettivo trasferimento del know-how, finisce infatti per non prevedere alternative laddove il direttore tecnico non voglia o non possa permanere nell’organico
4 Il “Manuale dell’Autorità sulla qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro”, adottato con il Comunicato del Presidente ANAC del 16 ottobre 2014, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251, pagina 23, del 28/10/2014. Lo stesso Manuale è stato in ultimo aggiornato il 14.11.2016 con riferimento alle “Tariffe applicabili per il rilascio dell’attestazione” cui fanno riferimento anche le categorie riguardanti i beni culturali.
5 Il trasferimento dell'azienda, o di un ramo di azienda, comporta la (o consiste nella) cessione di tutti gli inerenti rapporti giuridici (art. 2558 c.c.), compresi i contratti di lavoro e d’opera. Pertanto, il rapporto di lavoro prosegue ope legis con il titolare dell’azienda cessionaria (art. 2112 c.c.). Trattandosi di una norma a tutela dei lavoratori, il subentro nel rapporto di lavoro non richiede il consenso del lavoratore interessato, ma comunque fa salva la sua facoltà di licenziarsi (Cons. St., 30 aprile 2013, n. 2368).
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della cessionaria (come in caso di dimissioni volontarie, i casi di morte, incapacità, condanna o raggiungimento dei limiti d’età pensionabile del direttore tecnico, etc.).
Per la qualificazione in categorie diverse da quelle sui beni culturali, il Manuale ammette che, in caso di qualificazione “a valle” di una operazione societaria, l’impresa cessionaria possa utilizzare i requisiti della cedente laddove siano state comunque trasferite le figure professionali dotate di specifica competenza; ciò, indipendentemente dal trasferimento della direzione tecnica.
In tal modo si tiene conto del fatto che un’impresa è composta da un’equipe di soggetti, tra cui il direttore tecnico, che possono mutare nel tempo, senza diminuirne la professionalità complessiva.
Anche in questo caso, è stato richiesto un chiarimento al MiBACT.
6.2 IDONEITÀ ORGANIZZATIVA – ART. 8
Il Regolamento modifica in parte, rispetto al previgente D.P.R. 207/2010, il requisito dell’idoneità organizzativa, ossia del personale minimo che l’impresa deve dimostrare in sede di qualificazione SOA.
Nella categoria in OG2 è richiesto, similmente a quanto previsto nel previgente
D.P.R. 207/2010 (art. 79, commi 8 e 10), un costo non inferiore al 15% dell'importo dei lavori che rientrano nella categoria OG 2, di cui almeno il 40% per personale operaio. Tale costo deve essere stato realizzato nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto di attestazione con la SOA.
In alternativa, deve farsi riferimento al personale dipendente assunto “a tempo indeterminato” che deve aver rappresentato nel suddetto decennio per l’impresa attestanda un costo complessivo non inferiore al 10% dell'importo dei lavori che rientrano nella categoria OG 2, di cui minimo l’80% personale tecnico almeno diplomato. Anche in questo caso, il costo deve essere stato realizzato nel decennio antecedente al contratto con la SOA.
FOCUS
L’articolo 8, al comma 1 precisa che i requisiti “di cui al presente articolo, si applicano per la dimostrazione dell’idoneità organizzativa delle per le imprese che nell'ultimo decennio abbiano avuto un numero medio di lavoratori occupati costituito da dipendenti superiore a cinque unità”.
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Ora, mentre per le categorie OS2 A e OS 2-B o per la categoria OS25 viene ben chiarito come debbano qualificarsi le imprese che abbiano un numero di dipendenti compreso tra 1 e 5, manca una specifica disciplina per la categoria OG2.
In mancanza di altre indicazioni, si ritiene che possa comunque applicarsi lo stesso criterio di verifica dell’idoneità organizzativa, previsto all’articolo 8, anche alle imprese qualificate in OG2, indipendentemente dal numero di dipendenti.
Altro problema è quello relativo alle imprese individuali e alle società di persone, laddove il titolare o il socio non siano dipendenti e quindi, apparentemente, non siano computabili nel costo del personale.
Considerato il rinvio alla disciplina generale sulla qualificazione - di cui al cennato articolo 10 - si ritiene che, sul punto, possa applicarsi il D.P.R. 207/2010 nella parte che disciplina l’idoneità organizzativa.
Ne consegue che, ai fini della qualificazione di un’impresa nella categoria OG2, la SOA può utilizzare anche il valore della retribuzione convenzionale determinata ai fini della contribuzione INAIL del titolare e dei soci, moltiplicato per 5 (art. 79, comma 8, ultimo periodo).
La stessa disposizione si ritiene possa essere applicata alla categoria OS 25, ma non alle categorie OS2 A e B, per le quali viene prevista una disciplina più restrittiva, che esclude qualsiasi moltiplicatore (art. 8, comma 1, lett. b).
In ultimo, è da notare che la quota minima di personale è calcolata sui lavori che siano stati realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA, mentre per il calcolo dei lavori vige il principio che consente l’impiego temporalmente illimitato dei certificati di esecuzione dei lavori.
Ne consegue che, se l’impresa non ha effettuato lavori nella categoria OG2 negli ultimi 10 anni, ma utilizza certificati più vecchi, il costo “storico” minimo del personale potrà essere pari a zero; ciò, in quanto il quindici percento (di personale minimo) di zero (lavori nel decennio) è pari proprio a zero.
La stessa incongruenza è ripetuta nelle altre categorie sui beni culturali, per le quali – in linea teorica – potrebbe verificarsi la stessa discrasia nel computo dei costi minimi del personale ai fini SOA.
Nelle categorie OS2 (A e B), è necessaria la “presenza in organico” di un numero minimo di restauratori pari al 20% e di collaboratori restauratori pari al 40%.
Il calcolo delle unità è effettuato con l'arrotondamento all’unità superiore (cfr. previgente art. 5, comma 3 del D.M. 294/2000).
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In alternativa, il Regolamento richiede un costo6 di detto personale “dipendente” almeno pari al 40% rispetto all’importo dei lavori realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA7.
In ultimo, per imprese che nell'ultimo decennio abbiano avuto un numero medio di lavoratori occupati costituito da dipendenti pari o inferiore a 5 unità, l'idoneità organizzativa con riferimento alle categorie OS 2-A ed OS 2-B è comprovata dalla presenza di almeno un restauratore di beni culturali (art. 8, comma 3).
Per i direttori tecnici non dipendenti, rappresenta, invece, una novità la previsione secondo cui i costi corrispondono esattamente alla retribuzione convenzionale stabilita annualmente dall'INAIL8
In ogni caso, per le imprese con meno di 6 dipendenti, permane la dimostrazione del requisito di idoneità organizzativa attraverso il solo titolo di restauratore del direttore tecnico.
FOCUS
Le percentuali minime previste per l'idoneità organizzativa nelle categorie OS2 A e B rispecchiano sostanzialmente il previgente DM 294/2000; fatto salvo il costo complessivo di restauratori e collaboratori che, in percentuale, non doveva risultare inferiore, rispettivamente, al 20% per i restauratori, e al 30%, per i collaboratori restauratori, dell'importo dei lavori.
Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. c) del previgente D.M. 294/2000, l’eccezione - rappresentata dalla possibilità di poter dimostrare l’idoneità organizzativa con il solo direttore tecnico - era prevista per le imprese fino a 4 addetti (non fino a 5 come nel Regolamento) in cui era comunque richiesta la presenza in organico di almeno un restauratore.
Nella prassi applicativa le SOA hanno interpretato tale disposizione, chiedendo alle imprese con un numero medio totale di dipendenti superiore a
6 Tale costo è comprensivo sia pe le OS2 A-B che per la OS25 di retribuzione e stipendi, contributi sociali e accantonamenti ai fondi di quiescenza.
7 Secondo il previgente d.P.R. 294/2000, in questo secondo caso, l'idoneità organizzativa dell'impresa era dimostrata dall'aver sostenuto per il personale dipendente con qualifica di restauratore e di collaboratore restauratore di beni culturali, un costo complessivo non inferiore rispettivamente al 20% e al 30% dell'importo dei lavori che rientravano nella categoria OS2, realizzati nel quinquennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la società organismo d'attestazione (art. 5, co. 2).
8 Nella disciplina generale sulla qualificazione si prevede che tale importo è pari a «cinque volte il valore della retribuzione convenzionale» (art. 79, co. 10, ultimo periodo del D.P.R. 207/2010).
5 unità e più categorie di qualificazione, una dichiarazione in cui si evidenzi il numero di addetti nella relativa categoria concernente i beni culturali.
Prassi che si auspica possa trovare conferma.
Per quanto riguarda l’importo corrispondente delle percentuali minime di costo del lavoro, si ritiene che le imprese con più di 5 dipendenti debbano utilizzare, come base di calcolo, i lavori in OS2 A e B realizzati nel decennio antecedente al contratto con la SOA.
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Come visto, l’articolo 7, comma 1, lett. b) del Regolamento prevede che questi lavori debbano coprire un “importo complessivo non inferiore al settanta per cento dell'importo della classifica per cui è chiesta la qualificazione”.
Ne consegue che, a sua volta, l’importo complessivo minimo del personale, composto da retribuzione e stipendi, contributi sociali e accantonamenti ai fondi di quiescenza e almeno pari al 40% dei lavori nel decennio, deve essere calcolato su quest’ultimo 70% di lavori.
L’impresa deve quindi dimostrare alla SOA di aver speso per i dipendenti restauratori o collaboratori restauratori, almeno il 40% del 70% della classifica richiesta ossia il 28% dell’importo di tale classifica.
A titolo esemplificativo, l’importo minimo speso nel decennio per il suddetto personale dovrà essere compreso tra 72.240 euro per la classifica I (richiesta per l’esecuzione di lavori fino a euro 258.000), e 560.000 euro per la classifica VIII (richiesta per l’esecuzione di lavori di importo illimitato, convenzionalmente stabilito in euro 20.000.000).
Da notare, in ultimo che, se l’impresa si attesta anche con certificati in cui sono riportati lavori eseguiti prima di detto decennio, e quindi non utilizzabili nella base di calcolo per il personale minimo, questa potrà accedere alle qualificazioni in dette classifiche con costi inferiori a quelli sopra riportati.
Nella categoria OS25, per la prima volta è applicato il sistema di dimostrazione del personale minimo previsto per le OS 2.
Come visto, tale sistema considera, in numero di “teste”, la “presenza in organico” di un numero di professionisti o, in alternativa, i costi sostenuti per tali soggetti nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA.
In particolare, gli archeologi devono rappresentare in numero almeno il 30% dell'organico complessivo o, in costi, per i dipendenti qualificati come archeologi, una quota minima del 30% degli importi realizzati con lavori in OS 25 nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto di attestazione con la SOA (art. 8, comma 4).
Anche in questo caso, così come per le OS2 A e B, è altresì previsto per le imprese che nell'ultimo decennio abbiano avuto un numero medio di lavoratori occupati costituito da dipendenti pari o inferiore a cinque unità, il requisito dell’idoneità organizzativa, può essere dimostrato con il solo direttore tecnico archeologo.
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FOCUS
Nella previgente disciplina del D.P.R. 207/2010 i costi minimi del personale della categoria OS 25 non erano differenziati dalla qualificazione generale dell’impresa, per cui era richiesto un costo non inferiore al 15% o al 10% dell'importo dei lavori che rientravano nella categoria.
L’ANCE ha sollevato perplessità sulla norma fin dalle prime bozze del pprovvedimento, sottolineando che, in tal modo, si rischia di creare un’eccessiva restrizione del mercato.
Ciò soprattutto nei confronti delle imprese che svolgono interventi di archeologia preventiva9.
Altro tema di interesse riguarda il computo della soglia minima del personale dipendente archeologo.
Come detto, un primo metodo “per teste” consente all’impresa di dimostrare la propria idoneità organizzativa con la “presenza in organico” di almeno: 2 archeologi ogni 6 dipendenti; 3 archeologi ogni 10 dipendenti; 4 archeologi ogni 13 dipendenti, e così via.
In ogni caso, per le imprese con meno di 6 dipendenti è comunque sufficiente avere in organico il solo direttore tecnico.
Laddove la quota di personale archeologo sia comunque insufficiente, il Regolamento consente, in alternativa, di utilizzare la qualificazione per costi minimi del personale nel decennio.
Al riguardo, manca un’indicazione per l’OS25 circa l’utilizzabilità dei costi dei
direttori tecnici non dipendenti.
Tuttavia, anche in questo caso, sembrerebbe potersi rinviare alla disciplina generale, in coerenza con il primo comma dello stesso articolo 8, in cui è stabilito genericamente che il Regolamento considera tutti gli archeologi che hanno un rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato, regolato dalla disciplina vigente in materia (cfr. art. 79, comma 10 del D.P.R.
9 L’articolo 25, comma 13 del codice dei contratti pubblici, stabilisce che, con “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 dicembre 2017, sono adottate linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di cui al presente articolo. Con il medesimo decreto sono individuati procedimenti semplificati, con termini certi, che garantiscano la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’opera”.
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207/2010).
Riguardo al calcolo dei costi minimi del personale, similmente a quanto evidenziato per le OS2, le imprese che si qualificano nella categoria OS25 devono dimostrare di aver speso un importo complessivo per archeologi pari almeno al 30% del 70% della classifica richiesta, ossia il 21% della stessa.
A titolo esemplificativo, l’importo minimo dei costi per il personale nell’ultimo decennio dovrà essere di: 55 mila euro, per la classifica I, fino a euro 258.000; 109 mila euro, per la classifica, fino a euro 516.000; 217 mila euro per la classifica III, fino a euro 1.033.000; 315 mila euro per la classifica III bis, fino a euro 1.500.000; 542 mila euro per la classifica IV, fino a euro 2.582.000, etc..
Come visto per l’OS2, tal costi sono indicativi.
6.3 CAPACITÀ ECONOMICA E FINANZIARIA – ART. 9
Il Regolamento stabilisce che l'adeguata capacità economica e finanziaria dell'esecutore dei lavori è dimostrata dall'impresa esecutrice secondo quanto previsto nel Regolamento sulla qualificazione SOA (artt. 83, comma 2, 84 e 86 del Codice).
Nelle more dell’emanazione di quest’ultimo provvedimento, l’adeguata capacità economica e finanziaria è dimostrata, in via transitoria, ai sensi dell’articolo 79, comma 2 del D.P.R. 207/2010 (cfr. art. 216, comma 14 del Codice dei contratti).
In particolare, l’articolo 79 prevede che l’impresa debba dimostrare l’adeguata capacità economica e finanziaria con idonee referenze bancarie, con una cifra di affari, realizzata con lavori svolti mediante attività diretta ed indiretta non inferiore al 100% degli importi delle qualificazioni richieste nelle varie categorie, e, limitatamente ai soggetti tenuti alla redazione del bilancio, con un patrimonio netto, riferito all'ultimo bilancio depositato, di valore positivo.
In caso di imprese qualificate “esclusivamente” nelle categorie OS 2-A, OS 2-B e OS 25 l'adeguata capacità economica e finanziaria è dimostrata da idonee referenze bancarie rilasciate da un soggetto autorizzato all'esercizio dell’attività bancaria.
Tale deroga non si applica quindi alle imprese che siano qualificate in altre categorie, tra cui anche l’OG2.
FOCUS
Con riferimento all'adeguata capacità economica e finanziaria dell'impresa, il Regolamento riprende l’articolo 6 del D.M. 294/2000, di cui tuttavia non
16
riproduce l’alternativa alla presentazione delle referenze bancarie.
Infatti, nella previgente disciplina l’impresa poteva utilizzare (invero poco comune) la disciplina generale e dimostrare la sufficienza della cifra d’affari e il patrimonio netto positivo (vedi anche artt. 18, comma 2, lettere b e c, del
D.P.R. n. 34/2000 e art. 79, comma 2 del D.P.R. 207/2010).
Il ricorso alla disciplina generale è, invece, previsto – come visto - obbligatoriamente, per le imprese che siano qualificate anche in altre categorie, rispetto all’OS2 A e B o all’OS 25.
Non è, tuttavia, ben chiaro il motivo di tale discriminazione a sfavore delle imprese qualificate in tutte e quattro le categorie concernenti i beni culturali (quindi anche l’OG2) o che sommano nell’attestazione anche altre categorie SOA non disciplinate dal Regolamento (ad es. l’OG1).
6.4 CERTIFICATI DI ESECUZIONE DEI LAVORI – ART. 11
Nel Regolamento viene confermato che - ai fini della qualificazione per lavori sui beni culturali, eseguiti per soggetti pubblici, privati o in proprio - la certificazione rilasciata ai soggetti esecutori deve contenere anche l'attestato dell'autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori (art. 4, comma 3).
Al riguardo, l’articolo 11 del Regolamento prevede che:
1) la dichiarazione dei committenti deve indicare la regolare esecuzione dei lavori, con il buon esito degli stessi, senza che tale certificazione possa coincidere con il consuntivo scientifico predisposto dal direttore dei lavori di cui al comma 9, lettera a) dell’articolo 102 del Codice dei contratti pubblici (comma 1);
2) per i lavori eseguiti per conto del medesimo committente, questi può rilasciare un solo certificato, indicando i lavori approvati ed eseguiti nei singoli anni, anche se oggetto di diversi contratti di appalto, con la specificazione dei lavori approvati ed eseguiti nei singoli anni (comma 2);
3) possono essere utilizzati tutti i CEL rilasciati prima dell'entrata in vigore del Regolamento, se accompagnati o integrati dalla dichiarazione di buon esito rilasciata dall'autorità preposta alla tutela dei beni su cui i lavori sono stati realizzati (comma 3)10;
10 Riguardo al punto 3, si evidenzia una sostanziale differenza rispetto a quanto evidenziato dall’ANAC con il Comunicato datato 9 marzo 2016, recante alcune delle “Precisazioni” sul testo del “Manuale sulla qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a
150.000 euro”.
Le “Precisazioni” avevano chiarito che il rilascio del visto di buon esito, a cura dell’Autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori, dovesse risultare dal certificato elettronico presente sul Casellario dell’Osservatorio, istituito presso l’ANAC.
4) l’appaltatrice non può utilizzare ai fini SOA i lavori del subappaltatore (comma 4); ciò in coerenza con quanto già previsto nel previgente quadro normativo11.
L’articolo 7 (commi 5 e 6) del Regolamento, prevede una serie di scadenze temporali ai fini dell’ottenimento del CEL pubblico.
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Secondo tale articolo, dopo il rilancio del certificato da parte della stazione appaltante, la soprintendenza preposta, ha 60 giorni per attestare l’eventuale buon esito dei lavori svolti; le SA nei successivi 30 giorni aggiornano il CEL elettronico, accedendo alla Banca Dati Nazionale dei Contratti (BDNCP).
FOCUS
Appare essenziale la previsione del Regolamento secondo cui è possibile presentare una certificazione di buon esito, separata dal certificato.
Infatti, laddove ciò non fosse stato previsto, sarebbe stato impossibile utilizzare i certificati rilasciati ai fini della qualificazione ai tempi dell’ANC, ossia prima dell’istituzione del visto.
Da notare che nel “Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio” dell’ANAC (provvedimento del 26/02/2014, modificato in ultimo dalla delibera n. 949/2017) sono previste sanzioni:
1) per le stazioni appaltanti che omettono o ritardano l’inserimento dei
C.E.L. nella BDNCP e
2) nei confronti dei soggetti che non ottemperano alla richiesta della
S.O.A. volta all’accertamento dei titoli autorizzativi a corredo dei C.E.L. rilasciati da committenti non tenuti all’applicazione del Codice12.
Restavano inutilizzabili, ai fini SOA, i certificati privi del visto elettronico e quelli totalmente cartacei, che non erano o non potevano essere inseriti nella banca dati dell’ANAC.
Sul punto, l’ANCE aveva chiesto all’ANAC che si rendesse possibile l’utilizzo dei CEL elettronici nei casi in cui il visto fosse comunque presente sul certificato cartaceo originario; ciò anche in ragione del fatto che lo stesso certificato non era neppure utilizzabile per l’attestazione in categorie diverse da quella riportata nello stesso CEL (es. certificato in OG2 per la qualificazione in OG1).
Il Regolamento, laddove prevede che i CEL possano essere anche solo “accompagnati” dal buon esito, sembra andare proprio nella direzione auspicata dall’ANCE.
11 L’art. 146, co. 2 del Codice dei contratti, stabilisce che: “i lavori di cui al presente capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti”.
12 Con l’entrata in vigore del Codice dei contratti, è stato abrogato l’articolo 8, co. 8 del D.P.R. 207/2010, che prevedeva - in caso di inosservanza del termine di trenta giorni dalla richiesta dell’esecutore - l’applicazione alle stazioni appaltanti delle sanzioni di cui all’articolo 6, comma 11, del codice (sostanzialmente corrispondenti a quelle previste dall’articolo 213, co. 13 del Codice dei contratti). Tale comma, inoltre, prevedeva che l’operatore economico potesse
7. CRITERI DI VALUTAZIONE DELLE OFFERTE.
Il nuovo Regolamento si applica anche con riferimento ai criteri di valutazione delle offerte.
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In particolare, ai sensi dell’articolo 95, co.6 del Codice, la stazione appaltante potrà attribuire in gara una premialità a favore delle offerte presentate da imprese che si avvalgano - nella progettazione e nell'esecuzione dei lavori - di personale in possesso di titoli rilasciati dalle scuole di cui al decreto del MiUR, di concerto con il MiBACT (art. 7, comma 4).
8. LAVORI INFERIORI A 150.000 EURO - ART. 12
Il Regolamento prevede una specifica disciplina per eseguire lavori nelle categorie OS2 A e B, OS 25 nonché per i lavori su parchi e giardini storici sottoposti a tutela, di importo inferiore a 150.000 euro.
In particolare, fatta salva l’applicabilità della disciplina dei requisiti generali prevista all’articolo 80 del Codice dei contratti, per la partecipazione ai suddetti appalti di lavori, l’impresa può anche non possedere un’adeguata attestazione SOA, ma qualificarsi direttamente in gara.
In tal caso, l’impresa - a conferma della propria idoneità tecnica, organizzativa ed economica - deve dimostrare alla stazione appaltante di possedere i seguenti requisiti:
a) avere eseguito lavori direttamente e in proprio antecedentemente alla pubblicazione del bando o alla data dell’invito alla gara ufficiosa, della medesima categoria e, ove si tratti di categoria OS 2-A e OS 2-B, con riferimento allo specifico settore di competenza a cui si riferiscono le attività di restauro, richiesto dall’oggetto dei lavori in base alla disciplina vigente, per un importo complessivo non inferiore a quello del contratto da stipulare, fermo restando il principio della continuità nell’esecuzione dei lavori o, in alternativa, idonea direzione tecnica;
b) avere un organico determinato secondo quanto previsto dallo stesso Regolamento in merito all’idoneità organizzativa;
produrre l’originale o copia autentica del documento direttamente all’Autorità, che, previa verifica della sua autenticità, ne disponeva l’inserzione nel casellario.
In mancanza di tale possibilità - ai sensi dell’articolo 12 del suddetto “Regolamento unico” (ancora basato sull’abrogato d.lgs. 163/2006) - all’impresa non resta che aspettare la segnalazione sui CEL non presenti nel Casellario Informatico prevista a carico della SOA. La quale ne deve dare, entro 15 giorni, diretta comunicazione alla stazione appaltante ed all’Ufficio competente dell’Autorità che, effettuate le necessarie verifiche, invia gli atti all’U.O.R. per l’avvio del procedimento sanzionatorio.
c) essere iscritte alla competente Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
I requisiti (compresi quelli del direttore tecnico ex articolo 13, comma 6) sono dichiarati in sede di domanda di partecipazione o in sede di offerta e sono accompagnati da una certificazione di buon esito dei lavori rilasciata dall’autorità preposta alla tutela dei beni su cui si è intervenuti.
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Per i lavori e le attività di importo complessivo non superiore a 40.000 euro, la certificazione di buon esito dei lavori può essere rilasciata anche da una amministrazione aggiudicatrice13.
FOCUS
L’articolo 12 del Regolamento, per gli appalti riguardanti i beni culturali di importo inferiore a 150.000 euro, non si applica alla categoria OG2.
In mancanza di una disposizione specifica e nelle more del decreto MIT contenente la disciplina generale sulla qualificazione di cui all’articolo 83, comma 2, del Codice dei contratti deve ritenersi applicabile, in via transitoria, l’articolo 90 del D.P.R. 207/2010.
Da notare che il requisito dell’idoneità tecnica (di cui alla lettera a) soprariportata) è dimostrato, in alternativa, dall’idonea direzione tecnica (cfr. art. 7, comma 1). Si ricorda, in proposito, che, ai sensi dell’articolo 8, commi 3 e 4, nel caso di imprese con meno di 6 dipendenti, con il solo direttore tecnico, può ritenersi così soddisfatto anche il requisito del personale minimo (di cui alla successiva lettera b).
Ne consegue una notevole semplificazione per le imprese che partecipano ad appalti di importo inferiore a 150.000 euro, poiché in tali casi può essere sufficiente la dimostrazione dell’idonea direzione tecnica e dell’iscrizione in camera di commercio.
9. IDONEA DIREZIONE TECNICA – ART. 13
Il Regolamento introduce consistenti novità sulla direzione tecnica delle imprese qualificate nei beni culturali prevedendo, anzitutto, che tale incarico possa essere ricoperto da uno o più soggetti che rivestano il ruolo di: titolare
13 Il Consiglio di Stato nel parere favorevole sul Regolamento (comm. spec., 30 gennaio 2017, n.
263) aveva sottolineato anche l’opportunità di una disciplina ad hoc e ancora più snella per i lavori sotto i 40.000 euro. In tali casi, si dovrebbe consentire che il certificato di buon esito dei lavori possa essere rilasciato, oltre che dalla soprintendenza, anche dall'amministrazione aggiudicatrice.
dell'impresa, legale rappresentante, amministratore o socio. Inoltre, tale ruolo può essere affidato altresì al dipendente o a colui che è legato all’impresa, mediante contratto d'opera professionale regolarmente registrato.
In ogni caso, il direttore tecnico non può rivestire, per la durata dell'appalto, analogo incarico per conto di altre imprese qualificate e, a tale scopo, produce alla stazione appaltante una dichiarazione di unicità di incarico (art. 13, comma 2).
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FOCUS
Il Regolamento conferma che la direzione tecnica può essere assunta da un singolo soggetto anche legato mediante contratto d'opera professionale regolarmente registrato.
A differenza di quanto previsto dall’articolo 87 del D.P.R. 207/2010, l’unicità d’incarico è relativa non al periodo di attestazione, ma a quello d’esecuzione dell’opera.
Ciò potrebbe mettere in dubbio la necessità per le SOA, di verificare tale requisito in sede di qualificazione.
Con il Regolamento diviene obbligatorio per le imprese qualificate in OG2 l’iscrizione del direttore tecnico alla “sezione A” dell’albo professionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori o in possesso di laurea magistrale in conservazione dei beni culturali. (art. 13, comma 3, lett. “a”, primo periodo).
Inoltre, sempre in OG2, il Regolamento accoglie la deroga per i direttori tecnici nominati ante D.P.R. 34/2000 che abbiano conservato l’incarico nella “stessa impresa” (art. 13, comma 3, lett. “a”, secondo periodo).
FOCUS
Si ricorda che, ai sensi della deroga generale di cui all’articolo 84, comma 12- bis del codice, sono fatte salve – senza alcun distinguo - le posizioni di quei direttori tecnici, che, pur non avendo i requisiti previsti, alla data di entrata in vigore dello stesso Xxxxxx, abbiano maturato 5 anni di esperienza.
L’unica eccezione prevista è riferita ai casi previsti dall’articolo 146, comma 4, che, nella seconda parte, specifica, per le sole categorie OS 2 A e B, la necessità del titolo di restauratore dei beni culturali per il direttore tecnico, in linea con la previgente normativa.
Da ciò consegue che la deroga generale si applica anche per la qualificazione
nelle categorie OG 2 e OS 25.
Nelle categorie OS 2 (A e B), viene confermato che l’unico direttore tecnico idoneo è quello in possesso del titolo di restauratore14.
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Infatti, con riferimento allo specifico settore di competenza, può divenire direttore tecnico di un’impresa qualificata nelle categorie OS 2 A e B il restauratore di beni culturali che:
o è in possesso di un diploma rilasciato da scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998,
n. 368 ossia: Istituto centrale del restauro; Opificio delle pietre dure; Istituto centrale per la patologia del libro;
o ha completato gli studi presso le scuole/centri di alta formazione per l’insegnamento del restauro istituite congiuntamente da Ministero e regioni, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati, accreditate, ai sensi del suddetto comma 9;
o è in possesso di laurea magistrale in conservazione e restauro dei beni culturali.
In quest’ultimo caso è comunque fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 5, che introduce, per alcuni restauratori, un’ulteriore requisito.
In particolare, tale comma effettua una distinzione tra la direzione tecnica affidata a restauratori di beni culturali provenienti dalla suddette scuole e quella affidata a soggetti “in deroga” (art. 182, del Codice dei xx.xx.).
A questi ultimi, viene richiesto che abbiano svolto, alla data di entrata in vigore del Regolamento “almeno tre distinti incarichi di direzione tecnica nell'ambito di lavori riferibili alle medesime categorie” (art. 13, comma 5).
FOCUS
Ai fini dell’accertamento dei requisiti di cui all’articolo 13, comma 5 del Regolamento, concernente l’esperienza del direttore tecnico “restauratore”, si ritiene che tale disposizione debba essere interpretata nel senso di accertare
14 Si ricorda che la previgente disciplina aveva già esaurito ogni deroga al possesso del titolo di restauratore (art. 357, comma 29 del D.P.R. 207/2010) e nelle “Precisazioni al Manuale sulla qualificazione SOA”, l’ANAC aveva richiesto - senza deroga alcuna - che l’accertamento della qualifica di “restauratore” fosse effettuato con riferimento alla previsione contenuta nell’articolo 182 del D.lgs. 42/2014, così come modificata dalla L. 7/2013.
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che il soggetto abbia eseguito almeno tre incarichi (lavori) di restauro (ovviamente pubblici e privati).
A tale proposito, si ricorda che, nel Quadro C/1 del modello di certificato di esecuzione dei lavori, sono indicati i dati riepilogativi relativi allo svolgimento delle lavorazioni previste, con i relativi importi, nonché le informazioni, tra cui quelle relative a tutti i responsabili della condotta dei lavori.
Non viene, peraltro, escluso che tali incarichi possano coincidere con i due anni di tirocinio (di cui al seguente paragrafo “d”) o che siano stati già utilizzati a dimostrazione dell’esperienza pregressa, proprio per ottenere il titolo di restauratore, ai sensi dell’articolo 182 del Codice dei xx.xx..
E’, comunque, necessario fare attenzione alle date, perché non è computabile l’esperienza maturata successivamente all’11 novembre 2017 (data di entrata in vigore del Regolamento).
Il Regolamento stabilisce che, nella categoria OS 25, il direttore tecnico “Archeologo” (art. 13, comma 3, lett. “c”) debba essere in possesso dei titoli previsti dall’articolo 25, comma 2 del Codice. Quest’ultima norma rinvia, per l’archeologia preventiva, all’emanazione di un decreto che definirà la qualifica di archeologo; nelle more, viene richiamato quanto stabilito dal DM 20 marzo 2009, n. 60 (art. 216, comma 7 del Codice).
FOCUS
La disposizione che impone agli archeologi l’iscrizione agli elenchi di quelli abilitati all’archeologia preventiva, ripropone un problema interpretativo, a suo tempo risolto dall’ANAC, a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 207/2010 (ex AVCP).
Infatti, l’Autorità aveva constato che non tutti gli archeologi eseguono archeologia preventiva o hanno interesse ad iscriversi in detti elenchi, poiché questi ultimi non costituiscono neppure un vero e proprio albo professionale.
Pertanto, l’ANAC aveva ritenuto che – nelle more dell’istituzione dell’albo degli archeologi - le SOA, laddove avessero riscontrato la mancanza del direttore tecnico in detti elenchi, potessero svolgere ulteriori verifiche. Tali verifiche consistevano nell’assicurarsi che il direttore tecnico fosse comunque in possesso di uno dei titoli di studio individuati dal D.M. 60/2009 (Comunicato n. 74/2012).
Non essendo mutati nel frattempo i presupposti su cui si basava l’indicazione dell’Autorità, è plausibile che la stessa interpretazione possa essere avallata anche con riferimento al nuovo Regolamento.
Come osservato per l’OG2, anche in questo caso sembra potersi applicare la
deroga generale per i direttori tecnici che alla data di entrata in vigore del Codice, d.lgs. 50/2016, abbiano maturato 5 anni di esperienza (art. 84, comma 12-bis).
Entrambe le interpretazioni, sottoposte all’attenzione del MiBACT, si attende che siano esplicitate in un provvedimento interpretativo.
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Con il Regolamento, viene introdotto un “tirocinio biennale” per il direttore tecnico di imprese qualificate in categorie relative a beni culturali (art. 13, comma 4).
A tale scopo, nel testo viene fatto riferimento agli articoli 87 e 90 del D.P.R. 207/2010, in vigore, in via transitoria, fino all’adozione del decreto MIT di cui all’articolo 83, comma 2 del Codice dei contratti pubblici.
FOCUS
In attesa di chiarimenti dal parte del MiBACT sul tirocinio biennale obbligatorio, sembra potersi sostenere che il professionista possa dimostrare alla SOA l’esperienza biennale avendo svolto per due anni l’incarico di direttore tecnico (art. 87 cit.) oppure il suo pregresso inserimento nell’organico di un’impresa qualificata o di altra impresa che, seppur non qualificata, abbia eseguito per due anni interventi sui beni culturali (art. 90, comma 1 lett. b).
Non sembra invece necessario che il soggetto sia stato altresì responsabile della condotta dei lavori, poiché lo stesso Regolamento non esplicita tale requisito e, sotto certi aspetti, ciò sarebbe incoerente rispetto alla necessità, sottesa a tale disposizione, di maturazione professionale del soggetto.
Naturalmente, laddove possano essere esibiti i CEL a dimostrazione della condotta dei lavori, il soggetto nominato direttore tecnico, ivi riportato, xxx potrà spenderli con la SOA per dimostrare la sua esperienza biennale.
10. ATTIVITÀ DI PROGETTAZIONE - ARTT. 14 - 19
Ai sensi del Regolamento, i progetti sono costituiti dagli elaborati di seguito indicati:
o progetto di fattibilità tecnica ed economica, che consiste in una relazione programmatica del quadro delle conoscenze, sviluppato per settori di indagine, nonché dei metodi di intervento, con allegati i necessari elaborati grafici (art. 15);
o scheda tecnica, finalizzata all’individuazione delle caratteristiche del bene oggetto di intervento e contenente gli aspetti di criticità della conservazione del bene culturale prospettando gli interventi opportuni15, questa fornisce altresì indicazioni su eventuali modifiche dovute a precedenti interventi, e fornisce un quadro di massima delle metodologie da applicare16 (rispettivamente art. 147, comma 2 del Codice dei contratti pubblici, e art. 16 del Regolamento);
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o progetto definitivo, che definisce, il bene con riferimento all’intero complesso e al contesto ambientale in cui è inserito; le tecniche, le tecnologie di intervento, i materiali riguardanti le singole parti del complesso; le modalità esecutive delle operazioni tecniche; un giudizio generale volto ad individuare le priorità, i tipi e i metodi di intervento con particolare riguardo all’esigenza di tutela ed ai fattori di degrado (art. 17);
o progetto esecutivo, che indica, in modo compiuto, entrando nel dettaglio e sulla base delle indagini eseguite, le esatte metodologie operative, le tecniche, le tecnologie di intervento, i materiali da utilizzare riguardanti le singole parti del complesso; prescrive le modalità tecnico-esecutive degli interventi (art. 18);
o progettazione dello scavo archeologico (eventuale) a sua volta suddiviso in: a) progetto di fattibilità tecnica ed economica dei lavori di scavo archeologico per finalità di ricerca archeologica, che disciplina l’impianto del cantiere di ricerca e individua i criteri per la definizione della progressione temporale dei lavori, e delle priorità degli interventi; b) progetto definitivo dei lavori di scavo archeologico per finalità di ricerca, che comprende dettagliate previsioni tecnico-scientifiche ed economiche relative alle diverse fasi e tipologie di intervento; c) progetto esecutivo, ove redatto ai sensi dell’articolo 147 del Codice dei contratti pubblici, che indica in modo compiuto le modalità tecniche ed esecutive delle varie fasi operative, indicando i controlli da effettuare nel corso dei lavori (art.19).
I contenuti dettagliati di tali elaborati saranno definiti dall’emanando decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di cui all’articolo 23, comma 3, del
15 L’articolo 202 del previgente d.lgs. 163/2006 prevedeva, in merito all’attività di progettazione che la stazione appaltante, fosse obbligata a redigere la scheda tecnica solo per i lavori concernenti beni mobili e superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela (comma 2).
Nelle altre categorie di lavori, solo nel caso si fosse in presenza di interventi di particolare complessità o specificità, era possibile prevedere, in sede di progettazione preliminare, la redazione di una o più schede tecniche, finalizzate alla puntuale individuazione delle caratteristiche del bene oggetto dell'intervento da realizzare (comma 7).
16 Da notare che nell'ambito del procedimento di autorizzazione di cui agli articoli 21 e 22 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la scheda tecnica deve ora essere sottoposta, prima della definizione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, al soprintendente competente, che ne approva i contenuti, aggiornando, ove necessario, il provvedimento di dichiarazione dell'interesse culturale che interessa il bene oggetto dell'intervento (art. 16, co. 4 del Regolamento).
Codice dei contratti pubblici e, successivamente, meglio specificati con linee di indirizzo, norme tecniche e criteri ulteriori elaborati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (art. 29, comma 5 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). L’individuazione dei singoli documenti contenuti negli elaborati è prevista dagli articoli da 15 a 19 del Regolamento.
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Il Regolamento conferma, poi, che l’affidamento dei lavori riguardanti i beni culturali è disposto, di regola, sulla base del progetto esecutivo (art. 14, comma 3).
La progettazione esecutiva può essere omessa (art. 14, comma 4) e affidata sulla base del progetto definitivo17 nelle seguenti ipotesi:
per i lavori in OS2, allorché non presentino complessità realizzative, quali ad esempio la ripulitura ed altri interventi che presentano caratteristiche di semplicità e serialità;
negli altri casi, qualora il RUP disponga l’integrazione della progettazione in corso d’opera18, accertato che la natura e le caratteristiche del bene, ovvero il suo stato di conservazione, sono tali da:
non consentire l’esecuzione di analisi e rilievi esaustivi o
comunque presentino soluzioni determinabili solo in corso d’opera.
In quest’ultimo caso, l’elaborazione del progetto esecutivo - il cui costo deve trovare corrispondente copertura nel quadro economico - avviene in fase di esecuzione, quando l’impresa lo sottopone al RUP per la sua approvazione.
17 Nel parere 30 gennaio 2017, n. 263, il Consiglio di Stato si è espresso favorevolmente su una delle principali novità previste dallo schema di Regolamento, e cioè sulla “possibilità di omettere, in situazioni particolari, il progetto esecutivo e di affidare i lavori sulla base del progetto definitivo”, e sottolineava che “per prevenire il contenzioso occorre validare definitivamente la scelta con previsioni ad hoc in sede di decreti correttivi al codice appalti”.
18 La normativa generale, a seguito delle modifiche apportate dal decreto correttivo al codice dei contratti, d.lgs. 56/2017, prevede la possibilità di far ricorso all'appalto integrato per la locazione finanziaria e le opere di urbanizzazione a scomputo (l’elenco completo dei casi è contenuto all’art. 59, commi 1, 1-bis e 1-ter).
Tali eccezioni si sommano a quelle già previste nella versione originale del Codice per l’affidamento a contraente generale, la finanza di progetto, l’affidamento in concessione, il partenariato pubblico privato e il contratto di disponibilità.
Le stazioni appaltanti possono, inoltre, ricorrere all'appalto integrato nei casi in cui «l'elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto dell'appalto sia nettamente prevalente rispetto all'importo complessivo dei lavori». In tal caso il ricorso all'affidamento sulla base del progetto definitivo deve essere motivato nella determina a contrarre e deve anche «chiarire in modo puntuale la rilevanza dei presupposti tecnici ed oggettivi che consentono il ricorso all'affidamento congiunto e l'effettiva incidenza sui tempi della realizzazione delle opere in caso di affidamento separato di lavori e progettazione».
In via transitoria, viene inoltre stabilito che il divieto di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione dei lavori non si applica alle opere i cui progetti definitivi risultino definitivamente approvati dall'organo competente entro il 19 aprile 2016. Ciò è possibile, però, solo se il bando di gara viene pubblicato entro il 20 maggio 2018.
Inoltre, in deroga a quanto sopra previsto, viene stabilito che per ogni intervento il RUP, nella fase di progettazione di fattibilità, stabilisce il successivo livello progettuale da porre a base di gara e, con l’occasione, valuta motivatamente la possibilità di ridurre i livelli di definizione progettuale ed i relativi contenuti, salvaguardandone la qualità (14, comma 6).
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11. PROGETTO DELLO SCAVO ARCHEOLOGICO - ART. 19
Rispetto all’articolo 245 del D.P.R. 207/2010, le novità del Regolamento riguardano anzitutto il progetto di fattibilità tecnica ed economica dei lavori di scavo archeologico, al quale sono allegati i pertinenti elaborati grafici (art. 19, comma 1).
Inoltre, viene previsto che qualora non sia stato predisposto il progetto di fattibilità dai competenti uffici del MiBACT, tale mancanza viene comunicata al Soprintendente competente (art. 19, comma 5).
12. PROGETTAZIONE IMPIANTI E SICUREZZA - ART. 20
L’articolo 20 del Regolamento stabilisce che i progetti relativi ai lavori di impiantistica e per la sicurezza debbano prevedere l’impiego delle tecnologie più idonee a garantire il corretto inserimento degli impianti nei complessi di interesse storico-artistico e ad offrire prestazioni analoghe a quelle richieste per gli edifici di nuova costruzione.
Inoltre, per tali interventi, sono richiesti i piani di sicurezza in fase di esercizio e il programma di manutenzione programmata con le scorte di magazzino necessarie per garantire la continuità del servizio.
13. VERIFICA DEI PROGETTI - ART. 21
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 26 del Codice dei contratti pubblici, il Regolamento stabilisce, all’articolo 21, che per i progetti di lavori relativi a beni culturali, la stazione appaltante provvede direttamente all’attività di verifica del progetto.
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Avvalendosi:
del soggetto che ha predisposto la scheda tecnica di cui all’articolo 16 (sempre che non abbia assunto il ruolo di progettista dell’intervento da xxxxxxx)
ovvero
di un funzionario tecnico, appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione, con profilo professionale coerente con l’intervento (ossia a seconda dei casi: restauratore, architetto o archeologo).
Il responsabile del procedimento può disporre motivatamente che la verifica riguardi soltanto il livello di progettazione posto alla base dell’affidamento dei lavori (art. 21, comma 2).
14. PROGETTO, DIREZIONE E COLLAUDO - ARTT. 22 - 24
In merito alle prestazioni relative alla progettazione di fattibilità, definitiva ed esecutiva, il Regolamento rimanda sostanzialmente a quanto disposto dall’articolo 147, comma 1, del Codice19 dei contratti pubblici e alle linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione in materia di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria (art. 22).
Tuttavia, rispetto alla disciplina generale, nei lavori concernenti i beni culturali, viene dato risalto ai soggetti con qualifica di restauratore di beni culturali.
Infatti, questi ultimi possono espletare anche le prestazioni relative alla progettazione di fattibilità, definitiva ed esecutiva nel caso in cui non sia prevista per tale attività l'iscrizione a un ordine o collegio professionale (art. 22, comma 1).
Inoltre, è necessaria tale figura professionale per la direzione dei lavori e il supporto tecnico alle attività del responsabile unico, in ragione a specifiche
19 L’articolo 147, contenente i livelli e contenuti della progettazione, stabilisce al comma 1che “con il decreto di cui all'articolo 146, comma 4, sono altresì stabiliti i livelli e i contenuti della progettazione di lavori concernenti i beni culturali di cui al presente capo, ivi inclusi gli scavi archeologici, nonché i ruoli e le competenze dei soggetti incaricati delle attività di progettazione, direzione dei lavori e collaudo in relazione alle specifiche caratteristiche del bene su cui si interviene, nonché i principi di organizzazione degli uffici di direzione lavori”.
competenze coerenti con l'intervento. In tal caso, è richiesta un'esperienza almeno quinquennale (art. 22, comma 2).
Il Regolamento disciplina il collaudo in corso d’opera (art. 150 del Codice dei contratti pubblici) differenziando per categoria la composizione dell’organo che vi provvede (art. 24).
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In ogni caso, possono far parte dell’organo di collaudo, ma non sono computati nel numero minimo, i funzionari delle stazioni appaltanti, laureati e inquadrati con qualifiche di storico dell’arte, archivista o bibliotecario, che abbiano prestato servizio per almeno cinque anni presso amministrazioni aggiudicatrici.
Ai sensi dell’articolo 23 del Regolamento, gli interventi di somma urgenza sono possibili fino all’importo di 300 mila euro.
In particolare, nei beni culturali, la somma urgenza si riscontra nei seguenti casi:
a) laddove ogni ritardo sia pregiudizievole alla pubblica incolumità o alla tutela del bene,
b) per rimuovere lo stato di pregiudizio e pericolo.
FOCUS
La specifica disposizione del Regolamento, in materia di somma urgenza, presenta tuttavia problemi di coordinamento con quella generale20, di cui all’articolo 163 del Codice.
Infatti, nella disciplina ordinaria, del codice, il tetto di spesa è fissato in
200.000 euro, peraltro derogabile, laddove ciò sia indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità.
20 L’articolo 163 del Codice – come modificato dal D.Lgs. n. 56/2017 - disciplina le procedure di affidamento nei casi in cui sussistono motivazioni di “somma urgenza” o esigenze di protezione civile.
Le circostanze disciplinate dall’art. 163 in questione sono pertanto due:
1) circostanze di somma urgenza, cioè quelle che, secondo il Legislatore, “non consentono alcun indugio”;
2) calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo, o comunque una ragionevole previsione dell’imminente verificarsi di tali eventi, che richiedono l’adozione di “misure indilazionabili”, comunque nei limiti dello stretto necessario imposto da tali misure.
L’amministrazione può quindi intervenire in deroga a qualsiasi procedura disciplinata dal codice dei contratti ed a prescindere anche da qualsiasi preventiva negoziazione con operatori economici o verifica della copertura della spesa.
Nel caso la somma urgenza riguardi beni appartenenti al patrimonio culturale, il “tetto” dei 300.000 euro, come fissato dal Regolamento in commento, potrebbe sembrare invece un soglia massima, non superabile.
Tuttavia, una lettura coordinata delle due disposizioni può comunque portare a ritenere che l’amministrazione possa disporre l’immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 300.000 o comunque di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità.
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16. LAVORI DI MANUTENZIONE - ART. 25
Un’ulteriore e parziale eccezione al principio di affidamento dei lavori sulla base del progetto esecutivo, redatto secondo gli schemi elaborati dal MIT, è prevista nelle manutenzioni (cfr. art. 249 del D.P R. 207/2010).
Infatti, i lavori di manutenzione per caratteristiche proprie o del bene potrebbero non richiedere l’elaborazione di tutta la documentazione nonché le indagini e ricerche previste dalle norme sui livelli di progettazione di fattibilità, definitiva ed esecutiva.
In tal caso, i lavori possono essere eseguiti, coerentemente alle previsioni del piano di monitoraggio e manutenzione, anche sulla base di una dettagliata perizia di spesa, contenente, tra gli altri, il computo metrico-estimativo, l’elenco dei prezzi unitari delle varie lavorazioni nonché il quadro economico e il piano della sicurezza e coordinamento (questi ultimi due documenti non erano previsti dall’articolo 249 del D.P R. 207/2010).
17. CONSUNTIVO SCIENTIFICO E VIGILANZA – ART. 26
Al termine del lavoro sono predisposti dal direttore dei lavori, i documenti contenenti la documentazione grafica e fotografica dello stato del manufatto prima, durante e dopo l'intervento nonché l’esito di tutte le ricerche ed analisi compiute e i problemi aperti per i futuri interventi (art. 26, comma 1).
Viene riproposta nel Regolamento la disposizione del D.P.R. 207/2010 (art. 250, comma 3) secondo cui, nel corso dell'esecuzione dei lavori, stazione appaltante e Autorità preposta alla tutela del bene culturale vigilano costantemente sul rispetto dell'articolo 29, comma 621, del Codice dei beni
21 In tale comma del Codice dei beni culturali e del paesaggio, viene specificato che “fermo quanto disposto dalla normativa in materia di progettazione ed esecuzione di opere su beni architettonici, gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da coloro che sono restauratori di beni culturali ai sensi della normativa in materia”.
culturali e del paesaggio nonché sul mantenimento da parte delle imprese esecutrici dei requisiti di ordine speciale di qualificazione (26, comma 3).
A differenza del D.P.R. 207/2010 tale disposizione interessa ora, oltre che le categorie OS 2-A, OS 2-B e OS25, anche le categorie OS 24 e OG 2.
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FOCUS
Ai sensi dell’articolo 13, comma 2 del Regolamento, i direttori tecnici devono produrre , alla stazione appaltante, una dichiarazione di unicità di incarico.
Inoltre nell’articolo 13, comma 1, lett. b) del Regolamento è richiesta una coerenza tra lo specifico settore di competenza del restauratore, direttore tecnico dell’impresa qualificata in OS2, e i lavori cui si riferiscono le attività di restauro ad oggetto dell’appalto.
Si ritiene quindi probabile che la verifica della stazione appaltante, in ordine al possesso dei requisiti, possa continuare a concentrarsi sull’idoneità del direttore tecnico, oltre che sul mantenimento dell’attestazione SOA dell’impresa esecutrice, come nella prassi precedente.
Per quanto riguarda l’OS 24, si ritiene che tale verifica potrà avvenire solo a seguito della definizione di tale categoria, riguardante ville, giardini e parchi storici, poiché ad oggi non è ancora chiaro a quali requisiti possa far riferimento tale controllo.
18. ABROGAZIONI E TRANSITORIO – ARTT. 27 E 28
Con l’entrata in vigore del Regolamento – 11 novembre 2017 – hanno cessato di avere efficacia le disposizioni del D.P.R. 207/2010 (Parte II, titolo XI, capi I e II nonché l’art. 251 dello stesso decreto) e il decreto MiBACT 3 agosto 2000, n. 294 (cfr. art. 216, comma 19 del d.lgs. 56/2016, Codice dei contratti).
Dovrà, invece, attendersi il decreto MIT che definirà i contenuti della progettazione (art. 23, comma 3 del Codice dei contratti), affinché entrino in vigore gli articoli del Regolamento che disciplinano l’attività di progettazione (artt. da 14 a 21).
Nelle more di tale decreto, non è chiaro quale disciplina debba ritenersi applicabile alla progettazione di appalti riguardanti i beni culturali.
FOCUS
Il Regolamento, come sopra ricordato, ha abrogato, dall’11 novembre u.s. gli articoli da 239 a 248 del D.P.R. 207/2010, concernenti l’attività di progettazione per i lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale.
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Inoltre, si prevede che i progetti sono costituiti dagli elaborati di cui agli artt. Da
15 a 19 del Regolamento i cui contenuti saranno stabiliti dall’emanando decreto MIT sulla progettazione, di cui all'articolo 23, comma 3, del Codice dei contratti pubblici.
Nelle more dell’adozione di quest’ultimo decreto, si ritiene che sia applicabile la disciplina generale di cui al D.P.R. n. 207 in tema di progettazione, medio tempore ancora vigente in virtù dell’art. 216, comma 4 del Codice, fino al Dm MIT sulla progettazione.
Inoltre, il Regolamento chiarisce che, in attesa della ridefinizione delle categorie SOA ad opera del decreto MIT di cui all’articolo 83, comma 2 del Codice dei contratti, gli interventi riguardanti i lavori relativi a materiali storicizzati di beni culturali immobili devono essere banditi nella categoria OS 2-A.
La stessa regola si applica anche al verde “storico”; che nelle more della definizione della nuova categoria di lavori saranno identificati nella categoria OS24.
Per quanto riguarda i restauratori, il Regolamento prevede un regime transitorio, in attesa del completamento degli elenchi dei soggetti con qualifica di restauratore (in ultimo previsto per il 31/12/2017), di cui all'articolo 182, del Codice dei beni culturali e del paesaggio. A tale scopo, le stazioni appaltanti verificano di volta in volta – ai sensi dell'articolo 29, di quest’ultimo Codice o sulla base di ulteriori requisiti di qualificazione presentati - l’idoneità allo svolgimento dei lavori di restauro da parte dei soggetti esecutori (art. 28, comma 6).
FOCUS
Atteso che i materiali storicizzati di beni culturali immobili sono ricompresi nella categoria OS 2-A, ne consegue, altresì, che l’individuazione dei materiali storicizzati diviene importante per delineare il confine tra gli interventi in OG2 e quelli in OS 2-A (art. 28, comma 4).
A tale proposito, si evidenzia che nella scheda tecnica di cui all’articolo 16 del Regolamento sono individuate e classificate, le superfici decorate di beni architettonici e i materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico oggetto dell’intervento.
Allegato 1
IL MINISTRO DEI BENI
E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
di concerto con
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IL MINISTRO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 22 AGOSTO 2017, N. 154
Regolamento concernente gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. (17G00169) (GU Serie Generale n.252 del 27-10-2017)
Note: Entrata in vigore del provvedimento: 11/11/2017
Art. 1. Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento disciplina gli appalti pubblici di lavori riguardanti i beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di seguito indicato come «Codice dei beni culturali e del paesaggio».
2. I lavori di cui al presente regolamento si articolano nelle seguenti tipologie:
a) scavo archeologico, comprese le indagini archeologiche subacquee;
b) monitoraggio, manutenzione e restauro di beni culturali immobili;
c) monitoraggio, manutenzione e restauro dei beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico.
3. Per quanto non diversamente disposto nel presente regolamento, trovano applicazione le pertinenti disposizioni dei provvedimenti di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, di seguito indicato come «Codice dei contratti pubblici».
Art. 2. Scavo archeologico, restauro, manutenzione e monitoraggio
1. Lo scavo archeologico consiste in tutte le operazioni che consentono la lettura storica delle azioni umane, nonché dei fenomeni geologici che hanno con esse interagito, succedutesi in un determinato territorio, delle quali con metodo stratigrafico si recuperano le documentazioni materiali, mobili e immobili, riferibili al patrimonio archeologico. Lo scavo archeologico recupera altresì la documentazione del paleoambiente anche delle epoche anteriori alla comparsa dell’uomo.
2. I contenuti qualificanti e le finalità della manutenzione e del restauro del patrimonio culturale sono definiti all’articolo 29, commi 3 e 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Art. 3. Specificità degli interventi
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1. Ai sensi degli articoli 1, commi 3 e 4, e 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ferma restando la procedura di cui all’articolo 12 del medesimo Codice, gli interventi sui beni culturali sono inseriti nei documenti di programmazione dei lavori pubblici di cui all’articolo 21, comma 3, del Codice dei contratti pubblici e sono eseguiti secondo i tempi, le priorità e le altre indicazioni derivanti dal criterio della conservazione programmata. A tal fine le stazioni appaltanti, sulla base della ricognizione e dello studio dei beni affidati alla loro custodia, redigono un documento sullo stato di conservazione del singolo bene, tenendo conto della pericolosità territoriale e della vulnerabilità, delle risultanze, evidenziate nel piano di manutenzione e nel consuntivo scientifico, delle attività di prevenzione e degli eventuali interventi pregressi di manutenzione e restauro. Per i beni archeologici tale documento illustra anche i risultati delle indagini diagnostiche.
TITOLO II - REQUISITI DI QUALIFICAZIONE
Capo I - REQUISITI DI QUALIFICAZIONE DEGLI ESECUTORI DI LAVORI RIGUARDANTI I BENI CULTURALI
Art. 4. Qualificazione
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 146, commi 2 e 3, del Codice dei contratti pubblici, il presente Capo individua, ai sensi dell’articolo 146, comma 4, del medesimo Codice, i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro relativi alle tipologie di lavori su beni culturali di cui all’articolo 1, comma 2.
2. Per i lavori di cui all’articolo 1, comma 2, di importo inferiore a 150.000 euro si applica quanto previsto dall’articolo 12.
3. Ai fini della qualificazione per lavori sui beni di cui al presente titolo, relativi alle categorie OG 2, OS 2-A, OS 2-B, OS 24 e OS 25, di cui all’allegato A al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, eseguiti per conto dei soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere a) , b) , c) , d) ed e) del Codice dei contratti pubblici, nonché di committenti privati o in proprio, quando i lavori hanno avuto ad oggetto beni di cui all’articolo 1, comma 1, la certificazione rilasciata ai soggetti esecutori deve contenere anche l’attestato dell’autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori del buon esito degli interventi eseguiti.
4. Per i lavori concernenti beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico ed archeologico, gli scavi archeologici, anche subacquei, nonché quelli relativi a
ville, parchi e giardini di cui all’articolo 10, comma 4, lettera f) del Codice dei beni culturali e del paesaggio, fermo restando quanto previsto dall’articolo 148, commi 1 e 2, del Codice dei contratti pubblici, trova applicazione quanto previsto dal presente Titolo sul possesso dei requisiti di qualificazione.
Art. 5. Requisiti generali
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1. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 80 e seguenti del Codice dei contratti pubblici, l’iscrizione dell’impresa al registro istituito presso la competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, prescritta dall’articolo 83, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, deve essere relativa:
a) per i lavori inerenti a scavi archeologici, a scavi archeologici;
b) per i lavori inerenti alla manutenzione e al restauro dei beni culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili culturali, a conservazione e restauro di opere d’arte;
c) per i lavori inerenti al restauro ed alla manutenzione di beni culturali immobili, a conservazione e restauro di opere d’arte;
d) per i lavori inerenti al verde storico di cui all’articolo 10, comma 4, lettera f) , del Codice dei beni culturali e del paesaggio, a parchi e giardini.
Art. 6. Requisiti speciali
1. I requisiti di ordine speciale per la qualificazione necessaria all’esecuzione dei lavori previsti dall’articolo 1 sono:
a) idoneità tecnica;
b) idoneità organizzativa;
c) adeguata capacità economica e finanziaria.
Art. 7. Idoneità tecnica
1. L’idoneità tecnica è dimostrata dalla presenza di tutti i requisiti di seguito elencati:
a) idonea direzione tecnica, anche coincidente con la titolarità dell’impresa, secondo quanto previsto dall’articolo 13;
b) avvenuta esecuzione di lavori di cui all’articolo 1, per un importo complessivo non inferiore al settanta per cento dell’importo della classifica per cui è chiesta la qualificazione.
2. L’impiego temporalmente illimitato dei certificati di esecuzione dei lavori ai fini della qualificazione è consentito, a condizione che sia rispettato il principio di continuità nell’esecuzione dei lavori, a prova dell’attuale idoneità a eseguire interventi nella categoria per la quale è richiesta l’attestazione, oppure che sia rimasta invariata la direzione tecnica dell’impresa.
3. Nel caso di acquisizione di azienda o di un suo ramo, i requisiti di idoneità tecnica maturati dall’impresa cedente sono mutuabili a condizione che nella cessione vi sia anche il trasferimento del direttore tecnico che ha avuto la direzione
dei lavori della cui certificazione ci si vuole valere ai fini della qualificazione, e questi permanga nell’organico del cessionario per un periodo di almeno tre anni.
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4. Ai sensi dell’articolo 95, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti possono prevedere, fra i criteri di valutazione delle offerte, uno specifico regime di premialità per le offerte presentate da imprese che si avvalgano nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori di personale in possesso di titoli rilasciati dalle scuole di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, 31 gennaio 2006, recante «Riassetto delle scuole di specializzazione nel settore della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale».
Art. 8. Idoneità organizzativa
1. Per le imprese che nell’ultimo decennio abbiano avuto un numero medio di lavoratori occupati costituito da dipendenti superiore a cinque unità l’idoneità organizzativa è dimostrata dalla presenza dei requisiti indicati nel presente articolo. I restauratori, i collaboratori restauratori di cui al comma 3 e gli archeologi di cui al comma 4 del presente articolo hanno un rapporto di lavoro a tempo determinato o indeterminato regolato dalla disciplina vigente in materia con l’impresa.
2. Con riferimento alla categoria OG 2, tale idoneità è dimostrata dall’aver sostenuto per il personale dipendente un costo complessivo, composto da retribuzione e stipendi, contributi sociali e accantonamenti ai fondi di quiescenza, non inferiore al quindici per cento dell’importo dei lavori che rientrano nella categoria OG 2 e che siano stati realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la società organismo d’attestazione, di cui almeno il quaranta per cento per personale operaio. In alternativa a quanto previsto dal precedente periodo, l’idoneità organizzativa è dimostrata dall’aver sostenuto per il personale dipendente assunto a tempo indeterminato un costo complessivo non inferiore al dieci per cento dell’importo dei lavori che rientrano nella categoria OG 2 e che siano stati realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la società organismo d’attestazione, di cui almeno l’ottanta per cento per personale tecnico, titolare di laurea, o di laurea breve, o di diploma universitario, o di diploma. Il costo complessivo sostenuto per il personale dipendente è documentato dal bilancio corredato dalla relativa nota di deposito e riclassificato in conformità delle direttive europee in materia di bilancio dai soggetti tenuti alla sua redazione, e dagli altri soggetti con idonea documentazione, nonché da una dichiarazione sulla consistenza dell’organico, distinto nelle varie qualifiche, da cui desumere la corrispondenza con il costo indicato nei bilanci e dai modelli riepilogativi annuali attestanti i versamenti effettuati all’INPS e all’INAIL e alle casse edili in ordine alle retribuzioni corrisposte ai dipendenti e ai relativi contributi.
3. Con riferimento alle categorie OS 2-A e OS 2-B, tale idoneità è dimostrata dalla presenza di restauratori di beni culturali ai sensi della disciplina vigente, in numero non inferiore al venti per cento dell’organico complessivo dell’impresa, e dalla presenza di collaboratori restauratori di beni culturali ai sensi della disciplina vigente, in numero non inferiore al quaranta per cento del medesimo organico. La presenza di collaboratori restauratori può essere sopperita in tutto o in parte da
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restauratori di beni culturali. In alternativa a quanto previsto dal primo periodo del presente comma, l’idoneità organizzativa dell’impresa è dimostrata dall’aver sostenuto per il personale dipendente con qualifica di restauratore e di collaboratore restauratore di beni culturali, un costo complessivo, composto da retribuzione e stipendi, contributi sociali e accantonamenti ai fondi di quiescenza, non inferiore al quaranta per cento dell’importo dei lavori che rientrano nelle categorie OS 2-A e OS 2-B, come precisate dall’articolo 28, comma 4, e che siano stati realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la società organismo d’attestazione. Per i direttori tecnici non dipendenti i costi di cui al periodo precedente corrispondono alla retribuzione convenzionale stabilita annualmente dall’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro. Il calcolo delle unità previste dai precedenti periodi è effettuato con l’arrotondamento all’unità superiore. Per le imprese che nell’ultimo decennio abbiano avuto un numero medio di lavoratori occupati costituito da dipendenti pari o inferiore a cinque unità l’idoneità organizzativa con riferimento alle categorie OS 2-A ed OS 2- B è comprovata dalla presenza di almeno un restauratore di beni culturali.
4. Per i lavori relativi a scavi archeologici, di cui alla categoria OS 25, l’idoneità organizzativa è dimostrata dalla presenza di archeologi, in possesso dei titoli previsti dal decreto ministeriale di cui all’articolo 25, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, in numero non inferiore al trenta per cento dell’organico complessivo, con arrotondamento all’unità superiore. In alternativa a quanto previsto dal periodo precedente, l’idoneità organizzativa dell’impresa è dimostrata dall’aver sostenuto per il personale dipendente con qualifica di archeologo, un costo complessivo, composto da retribuzione e stipendi, contributi sociali e accantonamenti ai fondi di quiescenza, non inferiore rispettivamente al trenta per cento dell’importo dei lavori che rientrano nelle categorie OS 25 e che siano stati realizzati nel decennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la società organismo d’attestazione. Per le imprese che nell’ultimo decennio abbiano avuto un numero medio di lavoratori occupati costituito da dipendenti pari o inferiore a cinque unità l’idoneità organizzativa per i lavori relativi a scavi archeologici, di cui alla categoria OS 25, è comprovata dalla presenza di almeno un archeologo.
Art. 9. Capacità economica e finanziaria
1. L’adeguata capacità economica e finanziaria dell’esecutore dei lavori è dimostrata dall’impresa esecutrice secondo quanto previsto dagli articoli 83, comma 2, 84 e 86 del Codice dei contratti pubblici.
2. In caso di imprese qualificate esclusivamente nelle categorie OS 2-A, OS 2-B e OS 25 l’adeguata capacità economica e finanziaria è dimostrata da idonee referenze bancarie rilasciate da un soggetto autorizzato all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
Art. 10. Modalità di verifica ai fini dell’attestazione
1. Fatto salvo quanto disposto dal decreto di cui agli articoli 83, comma 2, e 84, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, i requisiti di cui agli articoli 7, 8 e 9 del
presente decreto sono attestati dalle SOA nell’ambito della procedura di qualificazione delle imprese.
Art. 11. Lavori utili per la qualificazione
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1. La certificazione dei lavori utili ai fini di cui all’articolo 7 contiene la dichiarazione dei committenti che i lavori eseguiti sono stati realizzati regolarmente e con buon esito. Tale certificazione non coincide con il consuntivo scientifico predisposto dal direttore dei lavori di cui al comma 9, lettera a) dell’articolo 102 del Codice dei contratti pubblici.
2. Per i lavori eseguiti per conto del medesimo committente, anche se oggetto di diversi contratti di appalto, può essere rilasciato un unico certificato con la specificazione dei lavori approvati ed eseguiti nei singoli anni.
3. Sono fatti salvi i certificati rilasciati prima dell’entrata in vigore del presente decreto se accompagnati o integrati dalla dichiarazione di buon esito rilasciata dall’autorità preposta alla tutela dei beni su cui i lavori sono stati realizzati.
4. I lavori possono essere utilizzati ai fini di cui all’articolo 7 solo se effettivamente eseguiti dall’impresa, anche se eseguiti in qualità di impresa subappaltatrice. L’impresa appaltatrice non può utilizzare ai fini della qualificazione i lavori affidati in subappalto.
5. Le stazioni appaltanti, dopo l’attestazione del buon esito di cui al comma successivo, aggiornano, entro i successivi trenta giorni, la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici di cui all’articolo 213, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.
6. Al fine di garantire il corretto esercizio dell’attività di vigilanza da parte delle soprintendenze preposte alla tutela del bene, queste, entro sessanta giorni dal rilascio del certificato di esecuzione dei lavori, di cui all’articolo 84, comma 7, lettera
b) , del Codice dei contratti pubblici, accertata la regolarità delle prestazioni eseguite, attestano il buon esito dei lavori svolti.
Art. 12. Lavori di importo inferiore a 150.000 euro
1. Per eseguire lavori di scavo archeologico, monitoraggio, manutenzione o restauro di beni culturali mobili e di superfici decorate di beni architettonici e di materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico e archeologico e per i lavori su parchi e giardini storici sottoposti a tutela, di importo inferiore a 150.000 euro, le imprese devono possedere i seguenti requisiti, anche attraverso adeguata attestazione SOA, ove posseduta:
a) avere eseguito lavori direttamente e in proprio antecedentemente alla pubblicazione del bando o alla data dell’invito alla gara ufficiosa, della medesima categoria e, ove si tratti di categoria OS 2-A e OS 2-B, con riferimento allo specifico settore di competenza a cui si riferiscono le attività di restauro, richiesto dall’oggetto dei lavori in base alla disciplina vigente, per un importo complessivo non inferiore a quello del contratto da stipulare, fermo restando il principio della
continuità nell’esecuzione dei lavori di cui all’articolo 7, comma 2 o, in alternativa, avere il direttore tecnico previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera a) ;
b) avere un organico determinato secondo quanto previsto dall’articolo 8 sull’idoneità organizzativa;
c) essere iscritte alla competente Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
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2. I requisiti di cui al comma 1, autocertificati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, sono dichiarati in sede di domanda di partecipazione o in sede di offerta e sono accompagnati da una certificazione di buon esito dei lavori rilasciata dall’autorità preposta alla tutela dei beni su cui si è intervenuti. La loro effettiva sussistenza è accertata dalla stazione appaltante secondo le vigenti disposizioni in materia. Per i lavori e le attività di cui al comma 1, di importo complessivo non superiore a 40.000 euro, la certificazione di buon esito dei lavori può essere rilasciata anche da una amministrazione aggiudicatrice.
Capo II - REQUISITI DI QUALIFICAZIONE DEI DIRETTORI TECNICI
Art. 13. Direttore tecnico
1. La direzione tecnica può essere assunta da un singolo soggetto, eventualmente coincidente con il legale rappresentante dell’impresa, o da più soggetti.
2. Il soggetto o i soggetti designati nell’incarico di direttore tecnico non possono rivestire, per la durata dell’appalto, analogo incarico per conto di altre imprese qualificate ai sensi del Capo I del Titolo II; essi pertanto producono, alla stazione appaltante, una dichiarazione di unicità di incarico. Qualora il direttore tecnico sia persona diversa dal titolare dell’impresa, dal legale rappresentante, dall’amministratore e dal socio, questi deve essere un dipendente dell’impresa stessa o ad essa legato mediante contratto d’opera professionale regolarmente registrato.
3. La direzione tecnica per i lavori di cui al presente decreto è affidata:
a) relativamente alla categoria OG 2, a soggetti iscritti all’albo professionale - Sezione A degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, o in possesso di laurea magistrale in conservazione dei beni culturali. I soggetti che alla data di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34 svolgevano la funzione di direttore tecnico, possono conservare l’incarico presso la stessa impresa;
b) relativamente alle categorie OS 2-A e OS 2-B, con riferimento allo specifico settore di competenza a cui si riferiscono le attività di restauro, richiesto dall’oggetto dei lavori in base alla disciplina vigente, a restauratori di beni culturali in possesso di un diploma rilasciato da scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 o dagli altri soggetti di cui all’articolo 29, comma 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, o in possesso di laurea magistrale in conservazione e restauro dei beni culturali, fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 5;
c) relativamente alla categoria OS 25, a soggetti in possesso dei titoli previsti dal decreto ministeriale di cui all’articolo 25, comma 2, del Codice dei contratti pubblici.
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4. Oltre a quanto previsto dal comma 3, è richiesto altresì il requisito di almeno due anni di esperienza nel settore dei lavori su beni culturali di cui al presente regolamento, attestata ai sensi degli articoli 87 e 90 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 83, comma 2 del Codice dei contratti pubblici.
5. Con riferimento alle categorie OS 2-A e OS 2-B, la direzione tecnica può essere affidata anche a restauratori di beni culturali, che hanno acquisito la relativa qualifica ai sensi dell’articolo 182, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, purché tali restauratori abbiano svolto, alla data di entrata in vigore del presente decreto, almeno tre distinti incarichi di direzione tecnica nell’ambito di lavori riferibili alle medesime categorie.
6. In caso di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, i requisiti vengono autocertificati e sottoposti alle verifiche e controlli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
TITOLO III - PROGETTAZIONE E DIREZIONE DI LAVORI RIGUARDANTI I BENI CULTURALI
Capo I - LIVELLI E CONTENUTI DELLA PROGETTAZIONE
Art. 14. Attività di progettazione
1. I progetti sono costituiti dagli elaborati indicati negli articoli 15, 16, 17, 18 e 19, i cui contenuti sono quelli previsti dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, emanato ai sensi dell’articolo 23, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, fatto salvo in ogni caso quanto stabilito dal comma 6 del presente articolo. L’elenco degli elaborati che compongono i singoli livelli di progettazione è esaustivo e sostitutivo rispetto all’elenco dei documenti che fanno parte dei medesimi livelli di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, emanato ai sensi dell’articolo 23, comma 3, del Codice dei contratti pubblici. Ai sensi dell’articolo 29, comma 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo definisce, entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, linee di indirizzo, norme tecniche e criteri ulteriori preordinati alla progettazione e alla esecuzione di lavori sui beni di cui all’articolo 1.
2. La scheda tecnica di cui all’articolo 147, comma 2, del Codice dei contratti pubblici è finalizzata all’individuazione delle caratteristiche del bene oggetto di
intervento e descrive gli aspetti di criticità della conservazione del bene culturale prospettando gli interventi opportuni.
3. L’affidamento dei lavori riguardanti i beni culturali, indicati all’articolo 1, è disposto, di regola, sulla base del progetto esecutivo.
4. La progettazione esecutiva può essere omessa nelle seguenti ipotesi:
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a) per i lavori su beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico, allorché non presentino complessità realizzative, quali ad esempio la ripulitura ed altri interventi che presentano caratteristiche di semplicità e serialità;
b) negli altri casi, qualora il responsabile unico del procedimento, accertato che la natura e le caratteristiche del bene, ovvero il suo stato di conservazione, sono tali da non consentire l’esecuzione di analisi e rilievi esaustivi o comunque presentino soluzioni determinabili solo in corso d’opera, disponga l’integrazione della progettazione in corso d’opera, il cui eventuale costo deve trovare corrispondente copertura nel quadro economico. L’impresa esecutrice dei lavori sottopone al responsabile unico del procedimento la documentazione riguardante la progettazione integrativa, che viene approvata previa valutazione della stazione appaltante.
5. Nei casi di cui al comma 4 l’affidamento dei lavori può avvenire sulla base del progetto definitivo.
6. Per ogni intervento, il responsabile unico del procedimento, nella fase di progettazione di fattibilità, stabilisce il successivo livello progettuale da porre a base di gara e valuta motivatamente, esclusivamente sulla base della natura e delle caratteristiche del bene e dell’intervento conservativo, la possibilità di ridurre i livelli di definizione progettuale ed i relativi contenuti dei vari livelli progettuali, salvaguardandone la qualità.
Art. 15. Progetto di fattibilità tecnica ed economica
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 23, comma 5, del Codice dei contratti pubblici, il progetto di fattibilità tecnica ed economica consiste in una relazione programmatica del quadro delle conoscenze, sviluppato per settori di indagine, nonché dei metodi di intervento, con allegati i necessari elaborati grafici. Il quadro delle conoscenze è la risultante della lettura dello stato esistente e consiste nella indicazione delle tipologie di indagine che si ritengono necessarie per la conoscenza del bene culturale e del suo contesto storico e ambientale.
2. Sono documenti del progetto di fattibilità:
a) la relazione generale;
b) la relazione tecnica;
c) le indagini e ricerche preliminari;
d) la planimetria generale ed elaborati grafici;
e) le prime indicazioni e disposizioni per la stesura dei piani della sicurezza;
f) la scheda tecnica di cui all’articolo 16;
g) il calcolo sommario della spesa;
h) il quadro economico di progetto;
i) il crono programma dell’intervento;
l) il documento di fattibilità delle alternative progettuali, a esclusione dei casi di lavori che non comportano nuove costruzioni;
m) lo studio preliminare ambientale, a esclusione dei casi di lavori che non comportano nuove costruzioni o installazioni o impiantistica.
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3. Il progetto di fattibilità comporta indagini e ricerche volte ad acquisire gli elementi idonei e necessari per le scelte dei tipi e dei metodi di intervento da approfondire nel progetto definitivo nonché per la stima del costo dell’intervento medesimo.
4. Le indagini e ricerche di cui al comma 4 riguardano:
a) l’analisi storico-critica;
b) i materiali costitutivi e le tecniche di esecuzione;
c) il rilievo e la documentazione fotografica dei manufatti;
d) la diagnostica;
e) l’individuazione del comportamento strutturale e l’analisi dello stato di conservazione, del degrado e dei dissesti;
f) l’individuazione degli eventuali apporti di altre discipline afferenti.
5. In ragione della complessità dell’intervento in relazione allo stato di conservazione ed ai caratteri storico-artistici del manufatto il progetto di fattibilità può limitarsi a comprendere quelle ricerche e quelle indagini che sono strettamente necessarie per una prima reale individuazione delle scelte di intervento e dei relativi costi.
Art. 16. Scheda tecnica
1. La scheda tecnica descrive le caratteristiche, le tecniche di esecuzione e lo stato di conservazione dei beni culturali su cui si interviene, nonché eventuali modifiche dovute a precedenti interventi, in modo da dare un quadro, dettagliato ed esaustivo, delle caratteristiche del bene e fornisce altresì indicazioni di massima degli interventi previsti e delle metodologie da applicare.
2. Nella scheda tecnica sono individuate e classificate, anche sulla scorta del provvedimento di dichiarazione dell’interesse culturale che interessa il bene oggetto dell’intervento, le superfici decorate di beni architettonici e i materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico oggetto dell’intervento.
3. Nel caso di lavori di monitoraggio, manutenzione o restauro di beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico la scheda tecnica è redatta da un restauratore di beni culturali, qualificato ai sensi della normativa vigente. Nel caso di lavori di scavo archeologico, la scheda tecnica è redatta da un archeologo.
4. Nell’ambito del procedimento di autorizzazione di cui agli articoli 21 e 22 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la scheda tecnica, prima della definizione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, è sottoposta al soprintendente competente, che ne approva i contenuti entro quarantacinque giorni, aggiornando, ove necessario, il provvedimento di dichiarazione dell’interesse culturale che interessa il bene oggetto dell’intervento.
Art. 17. Progetto definitivo
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1. Il progetto definitivo, redatto sulla base delle indicazioni del progetto di fattibilità tecnica ed economica approvato, studia il bene con riferimento all’intero complesso e al contesto ambientale in cui è inserito; approfondisce gli apporti disciplinari necessari e definisce i collegamenti interdisciplinari; definisce in modo compiuto le tecniche, le tecnologie di intervento, i materiali riguardanti le singole parti del complesso; prescrive le modalità esecutive delle operazioni tecniche; definisce gli indirizzi culturali e le compatibilità fra progetto e funzione attribuita al bene attraverso una conoscenza compiuta dello stato di fatto; configura nel complesso un giudizio generale volto ad individuare le priorità, i tipi e i metodi di intervento con particolare riguardo all’esigenza di tutela ed ai fattori di degrado.
2. Sono documenti del progetto definitivo:
a) la relazione generale;
b) le relazioni tecniche e specialistiche;
c) i rilievi e documentazione fotografica;
d) gli elaborati grafici;
e) i calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti;
f) l’elenco dei prezzi unitari ed eventuali analisi;
g) il computo metrico-estimativo e quadro economico;
h) i piani di sicurezza e di coordinamento;
i) il cronoprogramma;
l) il disciplinare descrittivo e prestazionale degli elementi tecnici;
m) lo schema di contratto e capitolato speciale di appalto, nei casi di affidamento dei lavori sulla base del progetto definitivo;
n) il piano di manutenzione dell’opera e delle sue parti.
Art. 18. Progetto esecutivo
1. Il progetto esecutivo indica, in modo compiuto, entrando nel dettaglio e sulla base delle indagini eseguite, le esatte metodologie operative, le tecniche, le tecnologie di intervento, i materiali da utilizzare riguardanti le singole parti del complesso; prescrive le modalità tecnico-esecutive degli interventi; è elaborato sulla base di indagini dirette ed adeguate campionature di intervento, giustificate dall’unicità dell’intervento conservativo; indica i controlli da effettuare in cantiere nel corso dei lavori.
2. Sono documenti del progetto esecutivo:
a) la relazione generale;
b) le relazioni specialistiche;
c) gli elaborati grafici comprensivi anche di quelli delle strutture e degli impianti;
d) i calcoli esecutivi delle strutture e degli impianti;
e) il piano di monitoraggio e manutenzione dell’opera e delle sue parti;
f) il piano di sicurezza e di coordinamento;
g) il computo metrico-estimativo e quadro economico;
h) il cronoprogramma;
i) l’elenco dei prezzi unitari e eventuali analisi;
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l) il capitolato speciale di appalto e schema di contratto.
Art. 19. Progettazione dello scavo archeologico
1. Il progetto di fattibilità tecnica ed economica dei lavori di scavo archeologico per finalità di ricerca archeologica disciplina l’impianto del cantiere di ricerca e individua i criteri per la definizione della progressione temporale dei lavori e delle priorità degli interventi nel corso dell’esecuzione dell’attività di scavo, nonché i tipi e i metodi di intervento. Il progetto di fattibilità è costituito da una relazione programmatica delle indagini necessarie e illustrativa del quadro delle conoscenze pregresse, sviluppato per settori di indagine, alla quale sono allegati i pertinenti elaborati grafici.
2. La relazione di cui al comma 1 illustra i tempi e i modi dell’intervento, relativi sia allo scavo sia alla conservazione dei reperti, sia al loro studio e pubblicazione, ed è redatta da archeologi in possesso di specifica esperienza e capacità professionale coerenti con l’intervento. Essa comprende altresì un calcolo sommario della spesa, il quadro economico di progetto, il cronoprogramma dell’intervento e le prime indicazioni e misure finalizzate alla tutela della salute e sicurezza dei luoghi di lavoro per la stesura dei piani di sicurezza.
3. Il quadro delle conoscenze pregresse consiste in una lettura critica dello stato esistente aggiornato alla luce degli elementi di conoscenza raccolti in eventuali scoperte.
4. Le indagini di cui al comma 1 consistono in:
a) rilievo generale;
b) ricognizioni territoriali ed indagini diagnostiche;
c) indagini complementari necessarie.
5. Il progetto di fattibilità, qualora non sia stato predisposto dai competenti uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, viene comunicato al Soprintendente competente.
6. Il progetto definitivo dei lavori di scavo archeologico per finalità di ricerca, nel quale confluiscono i risultati delle indagini previste nel progetto di fattibilità, comprende dettagliate previsioni tecnico-scientifiche ed economiche relative alle diverse fasi e tipologie di intervento e indica la quantità e la durata di esse e comprende altresì il piano di sicurezza e coordinamento.
7. Le fasi di cui al comma 6 comprendono:
a) rilievi ed indagini;
b) scavo;
c) documentazione di scavo, quali giornali di scavo, schede stratigrafiche, documentazione grafica e fotografica;
d) restauro dei reperti mobili ed immobili;
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e) schedatura preliminare dei reperti e loro immagazzinamento insieme con gli eventuali campioni da sottoporre ad analisi;
f) studio e pubblicazione;
g) forme di fruizione anche con riguardo alla sistemazione e musealizzazione del sito o del contesto recuperato;
h) manutenzione programmata.
8. Il progetto definitivo dei lavori di scavo archeologico per finalità di ricerca contiene inoltre la definizione delle tipologie degli interventi, distinguendo quelli di prevalente merito scientifico, eventualmente da affidare a imprese in possesso di requisiti specifici ove non curate dalla stessa amministrazione aggiudicatrice. In questo caso, il progetto definitivo viene comunicato al Soprintendente competente.
9. Il progetto esecutivo, ove redatto ai sensi dell’articolo 147 del Codice dei contratti pubblici, indica in modo compiuto, entrando nel dettaglio e sulla base delle indagini eseguite, le modalità tecniche ed esecutive delle varie fasi operative, indicando i controlli da effettuare in cantiere nel corso dei lavori.
Art. 20. Progettazione di lavori di impiantistica e per la sicurezza
1. I progetti relativi ai lavori di impiantistica e per la sicurezza, redatti ai vari e successivi livelli di approfondimento, prevedono l’impiego delle tecnologie più idonee a garantire il corretto inserimento degli impianti e di quanto necessario per la sicurezza nella organizzazione tipologica e morfologica dei complessi di interesse storico-artistico e ad offrire prestazioni, compatibilmente con le limitazioni imposte dal rispetto delle preesistenze storico-artistiche, analoghe a quelle richieste per gli edifici di nuova costruzione. Sono inoltre richiesti i piani di sicurezza in fase di esercizio e il programma di manutenzione programmata con le scorte di magazzino necessarie per garantire la continuità del servizio.
Art. 21. Verifica dei progetti
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 26 del Codice dei contratti pubblici, per i progetti di lavori relativi a beni culturali, la stazione appaltante provvede direttamente all’attività di verifica, avvalendosi altresì:
a) nei casi di interventi su beni mobili culturali, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico:
1) del soggetto che ha predisposto la scheda tecnica di cui all’articolo 16, sempre che non abbia assunto il ruolo di progettista dell’intervento da xxxxxxx;
2) ovvero di un funzionario tecnico, appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione, con profilo professionale di restauratore, in possesso di specifica esperienza e capacità professionale coerente con l’intervento, che non abbia partecipato alla redazione del progetto;
b) nei casi di interventi su beni culturali immobili:
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1) del soggetto che ha predisposto la scheda tecnica di cui all’articolo 16, sempre che non abbia assunto il ruolo di progettista dell’intervento da xxxxxxx;
2) ovvero di un funzionario tecnico, appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione, con profilo professionale di architetto, in possesso di specifica esperienza e capacità professionale coerente con l’intervento, che non abbia partecipato alla redazione del progetto;
c) nei casi di lavori di scavo archeologico, comprese le indagini archeologiche subacquee:
1) del soggetto che ha predisposto la scheda tecnica di cui all’articolo 16, sempre che non abbia assunto il ruolo di progettista dell’intervento da xxxxxxx;
2) ovvero di un funzionario tecnico, appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione, con la qualifica di archeologo in possesso di specifica esperienza e capacità professionale coerente con l’intervento, che non abbia partecipato alla redazione del progetto.
2. Il responsabile del procedimento può disporre motivatamente che la verifica riguardi soltanto il livello di progettazione posto alla base dell’affidamento dei lavori.
Capo II - SOGGETTI INCARICATI DELL’ATTIVITÀ DI
PROGETTAZIONE E DIREZIONE LAVORI
Art. 22. Progettazione, direzione lavori e attività accessorie
1. Secondo quanto disposto dall’articolo 147, comma 1, del Codice dei contratti pubblici e nel rispetto delle linee guida dell’Autorità nazionale anticorruzione in materia di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, per i lavori concernenti i beni culturali di cui al presente decreto, nei casi in cui non sia prevista l’iscrizione a un ordine o collegio professionale, le prestazioni relative alla progettazione di fattibilità, definitiva ed esecutiva possono essere espletate anche da un soggetto con qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della vigente normativa, ovvero, secondo la tipologia dei lavori, da altri professionisti di cui all’articolo 9 -bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio, in entrambi i casi in possesso di specifica competenza coerente con l’intervento da attuare.
2. La direzione dei lavori, il supporto tecnico alle attività del responsabile unico del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale comprendono un restauratore di beni culturali qualificato ai sensi della normativa vigente, ovvero, secondo la tipologia dei lavori, altro professionista di cui all’articolo
9-bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio. In ambedue i casi sono richiesti un’esperienza almeno quinquennale e il possesso di specifiche competenze coerenti con l’intervento.
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3. Per i lavori concernenti beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico, oppure scavi archeologici, il restauratore oppure altro professionista di cui al comma 2, all’interno dell’ufficio di direzione dei lavori, ricopre il ruolo di assistente con funzioni di direttore operativo.
4. Le attività di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere espletate da funzionari tecnici delle stazioni appaltanti, in possesso di adeguata professionalità in relazione all’intervento da attuare.
TITOLO IV - SOMMA URGENZA
Art. 23. Tipi di intervento per i quali è consentita l’esecuzione di lavori con il
regime di somma urgenza
1. L’esecuzione dei lavori di cui al presente decreto è consentita nei casi di somma urgenza, nei quali ogni ritardo sia pregiudizievole alla pubblica incolumità o alla tutela del bene, per rimuovere lo stato di pregiudizio e pericolo e fino all’importo di trecentomila euro, secondo le modalità e le procedure di cui all’articolo 163 del Codice dei contratti pubblici.
TITOLO V - ESECUZIONE E COLLAUDO DEI LAVORI RIGUARDANTI I BENI CULTURALI
Art. 24. Collaudo
1. Per il collaudo in corso d’opera di cui all’articolo 150 del Codice dei contratti pubblici la composizione dell’organo che vi provvede è determinata dai commi successivi del presente articolo.
2. Per il collaudo dei beni relativi alle categorie OG 2 l’organo di collaudo comprende anche un restauratore con esperienza almeno quinquennale in possesso di specifiche competenze coerenti con l’intervento.
3. Per il collaudo dei beni relativi alle categorie OS 2-A e OS 2-B l’organo di collaudo comprende anche un restauratore con esperienza almeno quinquennale in possesso di specifiche competenze coerenti con l’intervento, nonché uno storico dell’arte o un archivista o un bibliotecario in possesso di specifica esperienza e capacità professionale coerente con l’intervento.
4. Per il collaudo dei beni relativi alla categoria OS 25 l’organo di collaudo comprende anche un archeologo in possesso di specifica esperienza e capacità
professionale coerenti con l’intervento nonché un restauratore entrambi con esperienza almeno quinquennale in possesso di specifiche competenze coerenti con l’intervento.
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5. Possono far parte dell’organo di collaudo, limitatamente ad un solo componente, e fermo restando il numero complessivo dei membri previsto dalla vigente normativa, i funzionari delle stazioni appaltanti, laureati e inquadrati con qualifiche di storico dell’arte, archivista o bibliotecario, che abbiano prestato servizio per almeno cinque anni presso amministrazioni aggiudicatrici.
Art. 25. Lavori di manutenzione
1. I lavori di manutenzione, in ragione della natura del bene e del tipo di intervento che si realizza, possono non richiedere l’elaborazione di tutta la documentazione nonché le indagini e ricerche previste dalle norme sui livelli di progettazione di fattibilità, definitiva ed esecutiva, e sono eseguiti, coerentemente alle previsioni del piano di monitoraggio e manutenzione, anche sulla base di una perizia di spesa contenente:
a) la descrizione del bene corredata da sufficienti elaborati grafici e topografici redatti in opportuna scala;
b) il capitolato speciale con la descrizione delle operazioni da eseguire ed i relativi tempi;
c) il computo metrico-estimativo;
d) l’elenco dei prezzi unitari delle varie lavorazioni;
e) il quadro economico;
f) il piano della sicurezza e coordinamento.
Art. 26. Consuntivo scientifico e vigilanza sull’esecuzione dei lavori
1. Al termine del lavoro sono predisposti dal direttore dei lavori, i documenti previsti dall’articolo 102, comma 9, del Codice dei contratti pubblici contenenti la documentazione grafica e fotografica dello stato del manufatto prima, durante e dopo l’intervento nonché l’esito di tutte le ricerche ed analisi compiute e i problemi aperti per i futuri interventi.
2. La relazione è conservata presso la stazione appaltante ed è trasmessa in copia alla soprintendenza competente, anche a fini di monitoraggio dell’applicazione del presente regolamento.
3. Nel corso dell’esecuzione dei lavori la stazione appaltante e l’ufficio preposto alla tutela del bene culturale vigilano costantemente sul rispetto dell’articolo 29, comma 6, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e sul mantenimento da parte delle imprese esecutrici dei requisiti di ordine speciale di qualificazione nelle categorie XX 0-X, XX 0-X, XX 00, XX 25 e OG 2, adottando, in caso di inosservanza, i provvedimenti sanzionatori previsti dalla normativa vigente.
TITOLO VI - DISPOSIZIONI FINALI
Art. 27. Abrogazioni
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1. Ai sensi dell’articolo 216, comma 19, del Codice dei contratti pubblici, dall’entrata in vigore del presente decreto cessano di avere efficacia le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo XI, Capi I e II, nonché gli allegati o le parti di allegati ivi richiamate, e di cui all’articolo 251 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 ed è abrogato il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 3 agosto 2000, n. 294, recante «regolamento concernente individuazione dei requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori di restauro e manutenzione dei beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici», e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 20 ottobre 2000.
Art. 28. Disposizioni transitorie e finali
1. Il presente decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
2. Le disposizioni dettate dal Titolo III, Capo I, si applicano a decorrere dall’entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 23, comma 3, del Codice dei contratti pubblici.
3. I bandi e gli avvisi di gara concernenti lavori su beni culturali restano disciplinati dalle previgenti disposizioni, quando la loro pubblicazione sia intervenuta anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto.
4. Fino all’entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 83, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, le categorie OS 2-A e OS 24 di cui all’allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 ricomprendono anche i lavori relativi, rispettivamente, ai materiali storicizzati di beni culturali immobili e al verde storico di cui all’articolo 10, comma 4, lettera f) , del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il rinvio contenuto nel presente regolamento alle categorie XX-0, XX 0- X, XX 0-X, XX 24 e OS 25 di cui all’allegato A al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, ovunque ricorra, dalla data di entrata in vigore del decreto previsto all’articolo 83, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, si intende riferito alle corrispondenti categorie indicate nel medesimo decreto.
5. Per i lavori eseguiti all’estero si continua ad applicare la disciplina prevista dall’articolo 84 del Codice dei contratti pubblici, fino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 83, comma 2, del Codice dei contratti pubblici.
6. La qualifica di restauratore di beni culturali è acquisita ai sensi dell’articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Nelle more del completamento della procedura di attribuzione della qualifica di restauratore, di cui all’articolo 182, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, attraverso la pubblicazione dei relativi elenchi, i soggetti in possesso dei requisiti di legge possono proseguire lo
svolgimento di attività lavorative e professionali. A tal fine tutte le stazioni appaltanti e gli uffici preposti alla tutela valutano l’idoneità allo svolgimento dei lavori di restauro da parte dei soggetti esecutori sulla base della qualificazione conseguita ai sensi dell’articolo 29, del Codice dei beni culturali e del paesaggio o sulla base di ulteriori requisiti di qualificazione presentati.
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Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma, 22 agosto 2017
Il Ministro dei beni
e delle attività culturali e del turismo Franceschini
Bu/me