La cessazione del contratto di lavoro
Tipologie licenziamento individuali Conseguenze licenziamento illegittimo (art. 18 post Fornero)
Tentativo obbligatorio di conciliazione nel licenziamento per G.M.O. Conseguenze licenziamento illegittimo (Contratto tutele crescenti) Conciliazione volontaria
Licenziamento disciplinare Procedura
Proporzionalità Codice disciplinare
Casi e regolamento aziendale
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La cessazione del contratto di lavoro
può essere determinata da diverse cause: ognuna di esse è sottoposta a regole specifiche, sia per quanto riguarda i presupposti che gli effetti.
La risoluzione del contratto di lavoro può ricondursi all’iniziativa del lavoratore, a quella del datore di lavoro, oppure a cause estranee alla volontà di entrambi.
• Dimissioni
• Risoluzione consensuale
• Morte del lavoratore
• Licenziamento
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Il lavoratore può recedere dal rapporto di lavoro in qualunque momento e a prescindere dal motivo per il quale intende rassegnare le proprie dimissioni. Egli tuttavia deve sempre osservare l’obbligo di rispettare il preavviso in modo da consentire al datore di lavoro di trovare un soggetto idoneo a sostituirlo.
Fanno eccezione i casi di giusta causa – nei quali non è possibile la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto – e i casi di libera recedibilità
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Quando entrambe le parti concordano sulla volontà di interrompere il rapporto di lavoro non si applica né il regime di limitazione dei licenziamenti individuali né quello delle dimissioni.
– La risoluzione consensuale, come le dimissioni, deve essere conclusa, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche e trasmessa alla DTL competente.
– Le parti concordano anche sul momento del recesso e, pertanto, normalmente non si osserva il preavviso, né è dovuta l’indennità sostitutiva dello stesso (Cass. 11/06/1999 n. 5791)
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Si tratta di un’ipotesi di cessazione automatica del contratto (art. 2122 C.C.).
Il TFR e l’indennità sostitutiva del preavviso devono essere corrisposti ai familiari del lavoratore deceduto; in mancanza di queste persone le suddette indennità sono suddivise secondo le disposizioni testamentarie.
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L’attuale disciplina del licenziamento vede la compresenza di due aree distinte
• Libera recedibilità
• Recesso motivato
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Si intende la possibilità di risolvere il rapporto di lavoro in assenza di un motivo.
In costanza del periodo di prova tale facoltà viene concessa ad entrambe le parti, senza necessità del rispetto del periodo di preavviso.
Vi sono altre ipotesi in cui è consentito recedere dal contratto senza che sussista un particolare motivo, ma nel rispetto dei termini di preavviso. La libera recedibilità con l’onere del preavviso è prevista, ad esempio, al termine del periodo di apprendistato, per il lavoro domestico, quando il lavoratore raggiunge i requisiti per la pensione di vecchiaia.
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Salvo quanto detto per la libera recedibilità, la disciplina dei licenziamenti prevede la necessità della sussistenza di una motivazione del recesso.
Questa giustificazione si può rinvenire in
• motivi di ordine economico (che sono alla base del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo o al licenziamento collettivo)
o
• comportamenti inadempienti del lavoratore che possono costituire, a seconda della loro gravità, giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento
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Tipologie licenziamento individuali
Le regole procedurali sono profondamente differenti a seconda che si tratti di:
• Licenziamento per ragioni disciplinari. In sostanza, sono disciplinari tutti quei licenziamenti che siano motivati da una o più mancanze del dipendente. In questo caso prima di comunicare il licenziamento in forma scritta, il datore di lavoro è tenuto a seguire il complesso iter procedurale previsto per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari.
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• Licenziamento per ragioni non disciplinari. Si tratta dell’area del giustificato motivo oggettivo, cioè di tutti i casi in cui il datore di lavoro vuole recedere adducendo una motivazione che prescinde dalle mancanze del dipendente e riguarda, invece, esigenze attinenti alla sfera organizzativa o produttiva, o altre ragioni oggettive, anche inerenti la persona del lavoratore, quali l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, il superamento del periodo di comporto, ecc. In tali ipotesi la procedura per il recesso differisce a seconda del numero dei dipendenti in forza presso il datore di lavoro, dalla data dell’assunzione e dei licenziamenti effettuati in un determinato arco temporale. Il datore di lavoro ha sempre l’onere di provare l’esistenza di un motivo sul quale il recesso si fonda.
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Licenziamento per ragioni disciplinari
La condotta del lavoratore, tale da determinare la lesione del vincolo fiduciario, può costituire giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento.
Le due ipotesi si differenziano essenzialmente per l’intensità della lesione e per gli effetti che ne conseguono.
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Licenziamento per ragioni disciplinari
Giusta causa
La giusta causa si sostanzia in un comportamento talmente grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto.
Le caratteristiche che identificano la giusta causa sono, pertanto, la gravità del fatto che la determina e la conseguente immediatezza nella risoluzione del rapporto. Ne consegue che il datore di lavoro può recedere in tronco, senza obbligo di dare il preavviso.
Si tratta infatti di ipotesi in cui qualsiasi altra sanzione risulta insufficiente a tutelare l’interesse del datore di lavoro al quale non può pertanto essere imposto l’utilizzo del lavoratore in un’altra posizione.
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Licenziamento per ragioni disciplinari
Giustificato motivo soggettivo
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore, non così grave però da rendere impossibile la prosecuzione provvisoria del rapporto. Ne consegue che il datore di lavoro ha l’obbligo di dare il preavviso.
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Licenziamento per ragioni disciplinari
Giustificato motivo soggettivo
Nella valutazione del giustificato motivo soggettivo, non si può prescindere dall’interesse contrattualmente rilevante del datore di lavoro. L’inadempimento del lavoratore deve essere apprezzato nell’ottica del contratto pertanto l’inadempimento notevole non può essere preso in considerazione solo in quanto tale, ma va correlato ad altri elementi anche facendosi riferimento all’economia dell’intera compagine sociale e non soltanto del singolo rapporto di lavoro.
In ogni caso il giustificato motivo soggettivo richiede un inadempimento notevole. Pertanto l’inadempimento di scarsa importanza, legittima esclusivamente l’applicazione di sanzioni disciplinari di natura conservativa.
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Giusta Causa | Giustificato motivo soggettivo | |
Comportamento del lavoratore | Inadempimento di obblighi: • Contrattuali • Extracontrattuali | Notevole inadempimento degli obblighi contrattuali |
Intensità della lesione del vincolo fiduciario | Maggiore (tale da non consentire nemmeno la prosecuzione provvisoria del rapporto) | Minore |
Effetti | Recesso in tronco | Recesso con preavviso |
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Licenziamento per ragioni non disciplinari
Giustificato motivo oggettivo
Il recesso legato a ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, è denominato licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Esso, di norma, deriva da fatti che prescindono dalla condotta del lavoratore (art. 3 L. 604/66)
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo può interessare uno o più lavoratori: in quest’ultima ipotesi si parla di licenziamento plurimo individuale. Tuttavia, quando il datore di lavoro occupa più di 15 dipendenti e il licenziamento coinvolge almeno 5 lavoratori nell’arco di 120 giorni, occorre rispettare la procedura prevista per i licenziamenti collettivi.
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Licenziamento per ragioni non disciplinari
Giustificato motivo oggettivo
«Il licenziamento collettivo e il licenziamento individuale plurimo per giustificato motivo oggettivo, pur essendo entrambi caratterizzati dal necessario collegamento del licenziamento a motivi non inerenti la persona del lavoratore, differiscono per la necessaria sussistenza dei presupposti numerico – temporali richiesti per il primo. Una volta accertato che ricorrono tali presupposti e verificato che la risoluzione del rapporto non è collegata a motivi inerenti alla persona del lavoratore, diventa superflua ogni ulteriore indagine per determinare la ragione del recesso e deve senz’altro applicarsi la disciplina dei licenziamenti collettivi (Xxxx. 04 marzo 2000 n. 2463)
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Licenziamento per ragioni non disciplinari
Giustificato motivo oggettivo
APPALTO E CESSAZIONE ANTICIPATA CHE COMPORTI IL LICENZIAMENTO
(Ministero del Lavoro, Nota n. 5382 del 2 aprile 2015)
Con la Nota n. 5382 del 2 aprile 2015, il Ministero del Lavoro è intervenuto per fornire chiarimenti in merito all’obbligo in materia di conciliazione obbligatoria in caso di licenziamento per cessazione anticipata del contratto di appalto, senza successivo subentro di altra azienda, che interessi più di quattro lavoratori.
A riguardo il Ministero del Lavoro ha sottolineato che deve considerarsi esclusa l’applicazione della disciplina in materia di conciliazione obbligatoria ex art. 1, comma 40, Legge n. 92/2012 in ragione del numero di lavoratori coinvolti, il quale supera il limite di quattro. Tuttavia il Ministero sottolinea come debba considerarsi applicabile la disciplina prevista in materia di licenziamenti collettivi dall’art. 24 della Legge 223/1191, in considerazione dell’assenza di subentro di altra azienda nel contratto d’appalto.
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Licenziamento | Motivi | N. dip. da licenziare | Fonte |
Individuali | Giusta causa | Uno o più | Art. 2119 c.c. |
Giustificato motivo oggettivo e soggettivo | Art. 3, L. 604/66 | ||
Libera recedibilità | Art. 2118 c.c. | ||
Individuali plurimi | Giustificato motivo oggettivo | Due o più | Art. 3, L. 604/66 |
Collettivi | Ridimensionamento, trasformazioni aziendali e cessazione attività | Almeno 5, nell’arco di 120 giorni | Art. 24 L. 223/91 |
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Conseguenze licenziamento illegittimo (art. 18 post Fornero)
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TIPO DI LICENZIAMENTO | Descrizione | Risarcime nto medio tempore | Deducibilità dal risarcimento | Sanzione | |
1 2 3 4 5 6 7 8 9 | DISCRIMINATORIO oppure ORALE DISCIPLINARE DISCIPLINARE DISCIPLINARE PER INIDOINEITA’ OGGETTIVO (GMO) OGGETTIVO (GMO) OGGETTIVO (GMO) DISSIMULATORIO | Ragioni di: sesso, razza, politica, relig., sindac., ecc., maternità, matrim.+ Lic. Orale 1) Fatto non sussiste 2) Sproporzione Altre cause Vizi di procedura: Art.7 L.300; Art.2 L.604 1) Prima del periodo comporto 2) Inidoneità L. 68/99 Motivi manifestamente insussistenti Altre ipotesi Vizi procedura: art.2 L.604; “nuovo” art.7 L. 604 Regime sanzionatorio del licenz | Integrale (minimo 5 mensilità Max 12 mensilità Max 12 mensilità Max 12 mensilità iamento di fatto | Aliunde perceptum Aliunde perceptum Aliunde percipiendum Aliunde perceptum Aliunde percipiendum Aliunde perceptum Aliunde percipiendum | Reintegrazione o 15 mensilità Reintegrazione o 15 mensilità Da 12 a 24 mensilità Da 6 a 12 mensilità Reintegrazione o 15 mensilità Reintegrazione o 15 mensilità Da 12 a 24 mensilità Da 6 a 12 mensilità 21 |
LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO:
Art. 4 Legge n. 604/1966
“Il licenziamento determinato da ragioni di credo politico o fede religiosa, dell’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacabili è nullo, indipendentemente dalla motivazione addotta”.
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• LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO (CO. 1-3) - NOZIONE:
1) credo politico o fede religiosa;
2) appartenenza a sindacato e attività sindacali;
3) discriminazione sindacale, politica, razziale, religiosa, lingua o sesso, handicap, età, orientamento sessuale o convinzioni personali;
4) Matrimonio (da richiesta di pubblicazioni a 1 anno dopo);
5) Gravidanza (da inizio a 1 anno + congedo parentale e malattia figlio);
6) Altri casi di nullità previsti dalla legge;
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7) Motivo illecito ex art. 1345 del codice civile (ritorsione e rappresaglia).
ONERE DELLA PROVA E’ A CARICO DEL LAVORATORE
Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell'art. 3 L. n. 108/1990, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'art. 35 del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al d.lgs. n. 198/2006, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'art. 54, commi 1, 6, 7 e 9, del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al d.lgs. n. 151/2001 ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'art. 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro (…)
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LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO: RISARCIMENTO DEL DANNO
1) Indennità (pari all’ultima retribuzione globale di fatto) dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione ….
2) … dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative (aliunde perceptum)
3) IN OGNI CASO, RISARCIMENTO MINIMO PARI A 5 MENSILITÀ ULTIMA RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO
4) Datore è condannato al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali
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LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO:
COSA PUO’ FARE IL LAVORATORE DOPO AVER VINTO LA CAUSA
Il risarcimento del danno (minimo 5 mesi) spetta sempre, poi ….
1. Decide di riprendere servizio
OPPURE
2. Può chiedere al datore (entro 30 giorni) – in sostituzione della reintegrazione – che gli venga pagata un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto
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LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO: RICHIESTA DELL’INDENNITA’ SOSTITUTIVA
LA RICHIESTA DELL’INDENNITÀ SOSTITUTIVA DA PARTE DEL LAVORATORE DETERMINA LA RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO
Tale indennità non è soggetta a contribuzione
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LICENZIAMENTO DISCIPLINARE:
Casi frequenti di vizi del licenziamento disciplinare:
1. violazione della procedura ex art. 7 dello statuto dei lavoratori;
2. difetto di tempestività e immediatezza (cioè: il datore di lavoro era da tempo a conoscenza della condotta del lavoratore, senza reagire, e l’ha contestata solo a una notevole distanza di tempo);
3. infondatezza delle accuse rivolte al dipendente (il lavoratore non ha commesso il fatto che gli è stato contestato, oppure quel fatto si è svolto in modo significativamente diverso, o quella condotta era giustificata da circostanze tali da renderlo non colpevole, o comunque scusabile);
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Casi frequenti di vizi del licenziamento disciplinare
4. difetto di proporzionalità (la condotta del lavoratore non era di gravità tale da giustificare il licenziamento, anche considerando la scala delle sanzioni disciplinari previste dal contratto collettivo);
5. difetto di rilevanza disciplinare della condotta contestata (la condotta del lavoratore è sussistente, ma non costituisce un inadempimento )
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A fronte di tali ipotesi di vizi del licenziamento disciplinare,
come si è evoluta la disciplina sanzionatoria ????
Come sono cambiate le sanzioni in capo al datore di lavoro che opera un licenziamento illegittimo ????
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Scenario ordinamentale “trifasico”:
1) una cospicua, benché residuale, casistica ex art. 18 St. lav. ante riforma Fornero;
2) una altrettanto cospicua casistica disciplinata dall’art 18, post legge Fornero, che, rispetto alla prima, sarà operativa a lungo;
3) la casistica scaturente dal nuovo regime delle tutele contemplato dal d.lgs. n. 23/2015 .
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Regime sanzionatorio fino al 2012
Sino al 2012 tutti questi vizi davano luogo – per i rapporti di lavoro soggetti all’art. 18 dello statuto dei lavoratori – ad un unico regime sanzionatorio, consistente nel diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento integrale del danno retributivo (e al versamento dei contributi previdenziali) per il periodo tra il momento del licenziamento alla reintegrazione.
Dunque era sempre garantita – se il Giudice riteneva ingiustificato il recesso, per uno o più dei vizi sopra esemplificati – la stabilità del posto di lavoro (salvo il diritto del lavoratore, una volta intervenuta la sentenza di reintegrazione, di rinunciare al rientro in servizio optando per una indennità alternativa, di quindici mensilità di retribuzione globale di fatto, aggiuntiva rispetto al risarcimento ottenuto per il periodo di illegittimo allontanamento).
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
Con la Riforma Fornero, per le imprese fino a 15 dipendenti, quasi nulla è cambiato rispetto al passato e quindi, in caso di licenziamento illegittimo (per insussistenza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo) per tali imprese rimane la mera tutela obbligatoria di cui all'art. 8 della l. 604/66 e cioè la facoltà del datore di lavoro di riammettere in servizio il lavoratore licenziato o in sostituzione di risarcirlo nella misura stabilita dal Giudice tra 2,5 e 6 mensilità.
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
In generale però la Riforma Fornero, indipendentemente dai requisiti dimensionali delle imprese:
• ha riaffermato il principio che il licenziamento del lavoratore può avvenire solo per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 cod. civ. o per giustificato motivo
• ha disposto che la decorrenza del licenziamento disciplinare retroagisce al momento della contestazione;
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
• ha previsto l’obbligo generalizzato specificazione dei motivi nella stessa comunicazione del licenziamento;
• ha introdotto un nuovo regime meramente risarcitorio (da 6 a 12 mensilità), per i licenziamenti affetti da vizi della procedura ex art. 7 Statuto dei Lavoratori
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
• ha confermato l’applicazione anche per le imprese minori del regime di tutela reale per i licenziamenti inefficaci o nulli con un loro migliore precisazione e delimitazione e cioè ai licenziamenti verbali, discriminatori o perché intimati in presenza di una causa di divieto (gravidanza, matrimonio, malattia, infortunio, sesso, razza, religione, etc.)
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
Con la legge n. 92/2012 è stato modificato il testo dell’art. 18 stat. lav. prevedendo regimi sanzionatori distinti… che ancora oggi si applicano ai lavoratori non interessati al CTC, in quanto già in forza al 7 marzo 2015.
Per quel che riguarda il licenziamento disciplinare, i regimi sanzionatori possibili sono tre:
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
1° Regime
Continua a trovare applicazione la sanzione della reintegrazione nel posto di lavoro e del risarcimento del danno per il periodo di allontanamento (ma con un tetto massimo equivalente a 12 mensilità di retribuzione globale di fatto), quando il Giudice accerta che non ricorrono il giustificato motivo soggettivo o la giusta causa addotti dal datore di lavoro “per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili”.
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
2° Regime
Trova applicazione una sanzione esclusivamente economica (senza ricostituzione del rapporto di lavoro), applicabile “nelle altre ipotesi in cui (il Giudice) accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro”.
In questo caso, il Giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, variabile tra dodici e ventiquattro mensilità della retribuzione globale di fatto .
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
3° Regime
Trova applicazione nuovamente una sanzione esclusivamente economica ma ridotta, riguardante l’ipotesi in cui si sia verificata soltanto una violazione dell’obbligo di specifica motivazione del licenziamento, e, soprattutto, della procedura disciplinare di cui all’art. 7 stat. lav. (e sempre che non sussista uno dei vizi sostanziali più gravi di cui ai precedenti regimi).
Anche in questo caso il Giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria, variabile però tra sei e dodici mensilità della retribuzione globale di fatto .
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Regime sanzionatorio post Riforma Fornero
Dubbi interpretativi circa l’esatta individuazione del confine tra i casi di licenziamento ingiustificato che meritano la sanzione della reintegrazione e quelli destinatari della sola sanzione economica.
La questione si è concentrata soprattutto sul significato da attribuire al concetto di “insussistenza del fatto contestato” (presupposto della reintegrazione).
2 tesi contrapposte
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Il dibattito sulla insussistenza del fatto contestato
1)“fatto materiale”: identifica il “fatto” nella sola condotta materiale (ad es. danneggiamento di un impianto), per cui il Giudice deve limitarsi alla accertamento positivo o negativo del fatto storico (se si è verificato o meno)
2)“fatto giuridico”: il “fatto” è comprensivo anche delle sue connotazioni giuridiche e disciplinari. Il Giudice procede ad un doppio giudizio: considerato sussistente il fatto, come “fatto materiale”, esso deve essere “imputabile” al lavoratore … cioè occorre valutare l’elemento soggettivo (colpa o dolo) e le c.d. attenuanti (se cioè il danneggiamento dell’impianto è stato causato quale effetto di uno stato di necessità).
Occorre poi superare il filtro del Codice disciplinare: se ad esempio il preveda che la condotta contestata, e posta a base del recesso, sia riconducibile alle sanzioni conservative, la reintegrazione è sempre dovuta
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TRIBUNALE DI BOLOGNA - SENTENZA 15 OTTOBRE 2012
Tribunale di Bologna del 15 ottobre 2012 che ha ritenuto illegittimo il licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore ordinando la reintegrazione pure a fronte della dimostrata sussistenza del fatto materiale contestato. Nella pronuncia menzionata, infatti, si è affermato che l’art. 18 della legge n. 300/1970, pur prevedendo espressamente la reintegra soltanto in caso di «insussistenza del fatto contestato», invero parlando di “fatto” fa necessariamente riferimento al “fatto giuridico” inteso come «il fatto globalmente accertato, nell’unicum della sua componente oggettiva e nella sua componente inerente l’elemento soggettivo».
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Secondo la casistica giurisprudenziale post Fornero, questi i possibili scenari:
a) La reintegra ricorre:
- se il datore di lavoro non prova che la condotta contestata al lavoratore si è verificata, o non prova che la stessa è materialmente attribuibile a quel lavoratore;
- se il giudice ritiene che la condotta, pur verificatasi e attribuibile al lavoratore, non costituisce un inadempimento o è priva dell’elemento soggettivo (non era voluta dal lavoratore, nemmeno colpevolmente);
- se il giudice ritiene che la condotta contestata sia riconducibile ad una ipotesi per la quale il codice disciplinare prevedeva una sanzione conservativa.
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Secondo la casistica giurisprudenziale post Fornero, questi i possibili scenari:
b) Ricorre la reintegra o il mero indennizzo (incertezza giurisprudenziale):
- nel caso in cui l’illegittimità del licenziamento derivi da una valutazione di proporzionalità tra condotta e reazione del datore di lavoro, ma in assenza di previsioni specifiche del codice disciplinare, la conseguenza sarà la reintegrazione o il mero indennizzo, a seconda dell’orientamento interpretativo del singolo giudice
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Ossia,
dedotto
quanto
il
lavoratore
ha
percepito, nel periodo di estromissione, per lo
svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza a ricerca di nuova occupazione.
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• LICENZIAMENTO DISCIPLINARE NULLO (GC e GMS) - Se giudice accerta inesistenza perché il fatto contestato non sussiste-
• Sproporzione
ANNULLA IL LICENZIAMENTO E CONDANNA IL DATORE ALLA REINTEGRAZIONE NEL POSTO E A PAGARE UN’INDENNITA’ DAL GIORNO DEL LICENZIAMENTO SINO ALLA REINTEGRAZIONE
MASSIMO 12 MESI DELL’ULTIMA RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO
DEDOTTO ALIUNDE PERCEPTUM E PERCIPIENDUM
18/05/2016
Datore è condannato a versare i contributi da giorno del licenziamento fino a effettiva reintegrazione, più interessi legali ma senza sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale tra la contribuzione che sarebbe maturata e quella accreditata per svolgimento altre attività: se i contributi afferiscono ad altra gestione, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività del dipendente licenziato, con addebito dei costi al datore.
18/05/2016 47
•
•
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE NULLO
Altre cause (non ricorrono gli estremi della GC e GMS)
DICHIARA RISOLTO IL RAPPORTO DI LAVORO CON EFFETTO DALLA DATA DEL LICENZIAMENTO
Indennità risarcitoria omnicomprensiva fra 12 e 24 mensilita’
DICHIARA RISOLTO IL RAPPORTO DI LAVORO CON EFFETTO DALLA DATA DEL LICENZIAMENTO
•
•
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE NULLO
Vizi di procedura: Art. 7 L. 300; Art. 2 L. 604/66
Indennità risarcitoria omnicomprensiva fra 6
e 12 mensilita’
18/05/2016 49
LICENZIAMENTO per INIDONEITA’
• LICENZIAMENTO per INIDONEITA’
• Prima del periodo di comporto
• Inidoneità L. 68/99
ANNULLA IL LICENZIAMENTO E CONDANNA IL DATORE ALLA REINTEGRAZIONE NEL POSTO E A PAGARE UN’INDENNITA’ DAL GIORNO DEL LICENZIAMENTO SINO ALLA REINTEGRAZIONE
MASSIMO 12 MESI DELL’ULTIMA RETRIBUZIONE GLOBALE DI FATTO
DEDOTTO ALIUNDE PERCEPTUM E P1E8/R05C/2I0P16IENDUM
Ossia,
dedotto
quanto
il
lavoratore
ha
percepito, nel periodo di estromissione, per lo
svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza a ricerca di nuova occupazione.50
Datore è condannato a versare i contributi da giorno del licenziamento fino a effettiva reintegrazione, più interessi legali ma senza sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale tra la contribuzione che sarebbe maturata e quella accreditata per svolgimento altre attività: se i contributi afferiscono ad altra gestione, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività del dipendente licenziato, con addebito dei costi al datore.
18/05/2016 51
GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO:
Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si configura quando lo stesso si renda necessario per ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa;
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18/05/2016
COSA DEVE DIMOSTRARE IL DATORE DI LAVORO?
Il datore di lavoro che voglia validamente recedere per GMO da un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato deve provare in giudizio quanto segue:
1) La sussistenza delle ragioni addotte
2) Il nesso di causalità con il recesso
3) L’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore a mansioni diverse con riguardo all'organizzazione aziendale (complessiva) in essere al momento del recesso.
18/05/2016
Cd. onere di repechage
5533
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
1) Giudice accerta inesistenza del GM Oggettivo;
2) Condanna il datore al reintegro;
3) Negli altri casi di illegittimità stabilisce il pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva da 12 a 24 mensilità ultima retribuzione globale di fatto (a prescindere da durata processo)
4) Modulata dal giudice tenuto conto di: diligenza del lavoratore nella ricerca nuova occupazione e comportamento delle parti nella procedura di conciliazione (NB: modifica ad art. 7 Legge 604/1996)
GMO
18/05/2016
54
LA REINTEGRAZIONE SPETTA SOLO SE C’E’ “MANIFESTA INSUSSISTENZA” DEL FATTO POSTO A BASE DEL LICENZIAMENTO PER GMO
54
18/05/2016
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GMO: motivi validi e no secondo la giurisprudenza
Motivo addotto dal datore | Valido | Sentenza |
Stato ansioso depressivo reattivo del dirigente quando prestazione è incompatibile con la terapia di riposo psichico necessaria | SI | Cass. 7.3.2012, n. 3547 |
Riduzione del personale conseguente a crisi del settore in cui opera il datore di lavoro | SI | Cass. 8.3.2012, n. 3629 |
Riassetto organizzativo per gestione più economica dell’attività aziendale | SI | Cass. 16.2.2012, n. 2250 |
Modesta contrazione dell’attività produttiva, non implicante sensibile riduzione di persone e mezzi, ove datore stipuli contratto collaborazione a progetto per sostituzione pochi giorni prima di comunicare recesso | NO | Cass. 19.1.2012, n. 755 |
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56
GMO: motivi validi e no secondo la giurisprudenza
Motivo addotto dal datore | Valido | Sentenza |
Soppressione del settore lavorativo, del reparto o del posto cui era addetto il dipendente attuata per la più economica gestione dell'impresa | SI | Cass. 27.10.2009, n. 22648 |
Richiesta di allontanamento dal posto di lavoro da parte di un committente di un appalto affidato al datore, in presenza di una clausola di gradimento prevista nel contratto di appalto | SI | Trib. Bolzano 27.7.2007 |
Soppressione del posto di lavoro, inteso come ridistribuzione delle mansioni prima svolte dal lavoratore licenziato agli altri dipendenti rimasti in servizio | SI | Trib. Venezia 2.11.2005 |
RAGIONI INERENTI L’ATTIVITA’ PRODUTTIVA
Cassazione, sentenza n. 8237 del 7 aprile 2010
“Nella nozione di giustificato motivo di licenziamento sono riconducibili anche le ipotesi di riassetti organizzativi attuati per la più economica gestione dell’azienda, che peraltro non devono essere pretestuosi e strumentali, ma volti a fronteggiare situazioni sfavorevoli non contingenti che influiscano decisamente sulla normale attività produttiva imponendo un’effettiva necessità di riduzione dei costi.”.
18/05/2016 57
RAGIONI INERENTI L’ATTIVITA’ PRODUTTIVA
Cassazione, sentenza n. 6501 del 4 aprile 2016
In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, resta insindacabile, anche successivamente all’introduzione nell'ordinamento giuridico delle disposizioni contenute nell' art. 30 della L. 183/2010, la scelta effettuata dall'imprenditore per fare fronte alle esigenze obiettive che si presentino nell'impresa, potendosene solo vagliare il rapporto di causa - effetto con le ripercussioni sui rapporti di lavoro, ma il fondamento giustificativo cui esse assolvono deve essere, comunque, oggettivamente verificabile.
18/05/2016 58
SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITA’ DELLA PRESTAZIONE
Cassazione, sentenza n. 5112 del 6 marzo 2007
“ In caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente allo svolgimento delle mansioni lavorative, il datore di lavoro è tenuto a dimostrare l'impossibilità di assegnare al lavoratore mansioni anche non equivalenti, a condizione che il lavoratore abbia, anche senza forme rituali, manifestato la propria disponibilità ad accettarle.”
18/05/2016 59
Cassazione, sentenza n. 7381 del 26 marzo 2010
“In materia di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo determinati da ragioni inerenti all’attività produttiva, il datore di lavoro ha l’onere di provare, con riferimento alla capacità professionale del lavoratore e all’organizzazione aziendale esistente all’epoca del licenziamento, anche attraverso fatti positivi, tali da determinare presunzioni semplici (come il fatto che dopo il licenziamento e per un congruo periodo non vi siano state nuove assunzioni nella stessa qualifica del lavoratore licenziato), l’impossibilità di adibire utilmente il lavoratore in mansioni diverse da quelle che prima svolgeva, giustificandosi il recesso solo come extrema ratio.”.
Cassazione, sentenza n. 21579 del 13 agosto 2008
“ In caso di licenziamento per giustificato motivo, il datore di lavoro che adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il lavoratore licenziato ha l'onere di provare non solo che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, alla quale avrebbe potuto essere assegnato il lavoratore per l'espletamento di mansioni equivalenti a quelle svolte, ma anche di aver prospettato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché tali mansioni siano compatibili con l'assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall'imprenditore.”.
18/05/2016 60
Tentativo obbligatorio di conciliazione nel licenziamento per G.M.O.
La legge n. 92/2012 modificando l’art. 7 della L. n. 604/66, prevede che il datore di lavoro [imprenditore e non imprenditore che nei sei mesi antecedenti, in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto occupa più di 15 dipendenti (5, se trattasi di imprenditore agricolo), oppure più di 15 lavoratori in ambito comunale o più di 60 dipendenti su scala nazionale] che intende intimare un licenziamento per GMO deve esperire il Tentativo Obbligatorio di Conciliazione
18/05/2016 6611
LICENZIAMENTO GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO: PROCEDURA
1) Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa (art. 3, co. 1, L. 604/1966);
2) Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere preceduto da richiesta di conciliazione del datore rivolta alla Direzione territoriale lavoro e trasmessa a lavoratore (nuovo testo art. 7 L. 604/1966: procedura di conciliazione);
OMESSA ATTIVAZIONE PROCEDURA = INEFFICACIA = RISARCIMENTO DANNO DA 6 A 12 MESI RETRIBUZIONE, SALVO PROVA DIFETTO GIUSTIFICAZIONE: IN QUESTO CASO REINTEGRA O RIASSUNZIONE
18/05/2016
6622
LICENZIAMENTO GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO: PROCEDURA
3) Nella richiesta di conciliazione, il datore deve
• dichiarare intenzione di licenziare per motivo oggettivo,
• indicare i motivi e
• le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore;
4) la DTL convoca le parti nel termine perentorio di 7 giorni dalla ricezione dell’intenzione dell’azienda;
5) Le parti possono farsi assistere dal sindacato, da un avvocato o da un consulente del lavoro;
6) Esame soluzioni alternative a recesso con obbligo chiusura entro 20 gg da convocazione (salvo diversi accordi tra le parti)
7) Se il tentativo fallisce, il datore può comunicare il licenziamento;
18/05/2016 6633
OGGETTO: Licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Art. 7 L. n.
604/1966 così come modificato dalla L. n. 92/2012
La presente per comunicare l’intenzione da parte della scrivente di risolvere il rapporto di lavoro con il sig per motivi economici.
Il provvedimento si rende necessario in quanto la società ha problemi economici provocati da importanti cambiamenti nel mercato dei servizi informatici e che, a fronte di una domanda in forte calo e di un offerta esuberante, offre tariffe orarie, per l’utilizzo delle risorse tecniche estremamente ridotte tali da non consentire di coprire neppure la remunerazione base di tecnici che operano nel settore.
La Società per sopravvivere deve intervenire sia a personale tecnico con competenze non più fungibili e con remunerazioni non adeguate ai trend di mercato, anche riorganizzando l’azienda per diminuire i costi indiretti: servizi informatici aziendali ed ai clienti, ecc..
Nello specifico il provvedimento si rende necessario in quanto l’interruzione dei contratti da parte dei clienti sui quali da tempo il sig. Benservito Xxxxxxxxxxx lavora non consente alla società di di utilizzare le sue competenze in ambiti fungibili se non per attività dequalificanti per lo stesso lavoratore con perdite economiche importanti per la società, visto il rilevante costo aziendale dello stesso.
La Società dichiara inoltre di essere disposta ad offrire un contratto con una società di outplacement per favorire il reinserimento del lavoratore nel mondo del lavoro
Distinti saluti
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,
Licenziamento
• Per superamento del periodo di comporto
• Per cambio di appalto
• In edilizia per fine cantiere o fine fase lavorativa
• Durante il periodo di prova
• Dirigenti
• Apprendista al termine del periodo formativo
In tutti i casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Tentativo obbligatorio di conciliazione
Ad eccezione di
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6655
Il datore comunica il licenziamento e si apre il contenzioso da parte del lavoratore che ricorre al giudice del lavoro impugnando il recesso
LICENZIAMENTO GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO: PROCEDURA
LA CONCILIAZIONE DAVANTI ALLA DTL RIESCE:
,
SI
NO
Risoluzione consensuale del rapporto
Affidamento lavoratore ad agenzia per l’impiego e percepisce ASPI
18/05/2016
6666
LA CONCILIAZIONE DAVANTI ALLA DTL SI CONSIDERA ESAURITA:
,
• Al raggiungimento dell’accordo
• Quando le parti ritengano di non proseguire la discussione
• Decorsi venti giorni dalla convocazione
18/05/2016
6677
FALLIMENTO TENTATIVO OBBLIGATORIO:
,
• Convocazione non effettuata
• Si è verificata l’assenza o le parti non hanno trovato un accordo
• Abbandono di una delle parti
18/05/2016
6688
IL DATORE COMUNICA IL LICENZIAMENTO:
,
• Dopo 7 giorni dalla ricezione della comunicazione da parte della DTL per mancata convocazione
• Mancata presentazione del lavoratore
• Esito negativo della procedura
18/05/2016
6699
COSA ACCADE SE FALLISCE LA CONCILIAZIONE?
1) Il datore di lavoro comunica il licenziamento
1) Il licenziamento ha effetto dal giorno in cui il procedimento è stato avviato (data ricezione comunicazione dalla DTL)
1) Il lavoratore, a pena di decadenza, deve impugnare per iscritto il licenziamento entro 60 giorni dalla data in cui ne ha avuto notizia da parte del datore di lavoro
18/05/2016 70
CORTE DI CASSAZIONE , SENTENZA N. 2747 DELL’11 FEBBRAIO 2016
In tema di impugnazione del licenziamento, quest’ultimo, quale negozio unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del datore di lavoro giunge a conoscenza del lavoratore, sicché la decorrenza del termine di decadenza, per l'impugnazione del recesso, opera dalla comunicazione del licenziamento .
18/05/2016 71
2) L’impugnazione non è efficace se non è seguita, entro 180 giorni, da deposito ricorso c/o cancelleria tribunale
CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA N. 2747 DELL’11 FEBBRAIO 2016
Il termine per compiere l’impugnazione giudiziale decorre da quello dell’impugnazione extragiudiziale, e non dalla fine dei 60 giorni. E l’esigenza di celerità indica anche che il termine «debba ricorrere dalla spedizione e non dalla ricezione dell’atto»
18/05/2016 72
COSA ACCADE SE GIUDICE ACCOGLIE RICORSO?
PRIMA IPOTESI: giudice accerta manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Annulla il licenziamento, PUÒ (e non DEVE) ordinare la reintegrazione, e condanna il datore a pagare a favore del lavoratore indennità e contributi (art. 18, co. 7, L. 300/70)
18/05/2016 73
INDENNITA’ MAX 12 MESI
GMO: ricorso accolto x MANIFESTA INFONDATEZZA (POSSIBILE REINTEGRA)
commisurata a ultima retribuzione globale di fatto da giorno licenziamento sino a quello di effettiva reintegra
18/05/2016
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Datore è condannato a versare i contributi da giorno del licenziamento fino a effettiva reintegrazione, più interessi legali ma senza sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale tra la contribuzione che sarebbe maturata e quella accreditata per svolgimento altre attività: se i contributi afferiscono ad altra gestione, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività del dipendente licenziato, con addebito dei costi al datore.
dedotto quanto lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per svolgimento altre attività lavorative e quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza a ricerca nuova occupazione
COSA ACCADE SE GIUDICE ACCOGLIE RICORSO?
SECONDA
IPOTESI:
giudice
accerta
che
non
ricorrono estremi del giustificato motivo oggettivo
ma non ne ravvisa la “manifesta infondatezza”
Dichiara comunque risolto il rapporto con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore a pagare un’indennità risarcitoria onnicomprensiva compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità
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Conseguenze licenziamento illegittimo (Contratto tutele crescenti)
(CTC) ED IL NUOVO REGIME IN CASO DI LICENZIAMENTO
•1° Decreto attuativo del Jobs Act D.Lgs 4 marzo 2015 n.23
•(GU n.54 del 6.03.2015)
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Questi in sintesi i principi e i criteri direttivi della legge delega, in materia di sanzioni avverso il licenziamento invalido:
a) limitazione della reintegrazione nel posto di lavoro alle sole ipotesi di licenziamento discriminatorio, di nullità del licenziamento e di alcune fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato;
b) esclusione della reintegrazione per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo;
c) previsione di un indennizzo economico non più lasciato alla valutazione discrezionale del giudice, ma collegato esclusivamente alla anzianità di servizio, e ridotto nell’importo 79
Superamento distinzione aziende con + o – di 15 dipendenti
La nuova disciplina si applica a tutte le aziende, siano esse con più di 15 dipendenti o con meno di 15.
Dunque, il criterio dimensionale dell’azienda non ha alcun valore ai fini della applicazione del d.lgs. 2015.
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Superamento distinzione aziende con + o – di 15 dipendenti
Tuttavia, ciò non comporta il superamento della distinzione tra tutela reale e tutela obbligatoria.
I 2 regimi sono soltanto diversamente modulati. Ai dipendenti delle piccole aziende:
- in ogni caso esclusa la reintegra (ad eccezione dei casi di nullità e di inefficacia)
- e l’indennizzo è dimezzato, e non può superare le 6 mensilità
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Art. 1 – Campo di applicazione.
• Non si applica ai dirigenti
1.Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto.
2.Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano anche nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del presente decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in
18/0c5o/2n01t6ratto a tempo indeterminato.
• Si applica alle assunzioni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs
• Vale anche per le trasformazioni da TD a tempo indeterminato o da apprendistato a tempo indeterminato
• Le nuove disposizioni si applicano, in modo differenziato a tutti i DDL
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Campo di applicazione
Il legislatore delegante ha scelto di non modificare l’art. 18, legge n. 300/1970 e l’art. 8, legge n. 604 del 1966, ma di creare una nuova e distinta disciplina che si aggiunge a quella preesistente e che si applica ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo.
Pertanto esisteranno due discipline:
- quella attuale, in nulla modificata dalla nuova norma che si applica a tutti i rapporti già in atto
- e una nuova disciplina che si applica ai rapporti instaurati successivamente all’entrata in vigore del decreto legislativo.
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Campo di applicazione
Ciò comporta che
Il discrimine temporale che consente l’applicazione dell’una o dell’altra disciplina non è legato alla data di intimazione del licenziamento, ma esclusivamente alla data di instaurazione del rapporto da cui si recede, se cioè anteriore o posteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
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Campo di applicazione
Questo meccanismo inoltre:
• da un lato consentirà alle due distinte discipline una prolungata convivenza
(considerato che la disciplina di cui agli artt. 18 legge n. 300 del 1970 e 8 legge
n. 604 del 1966 riguarda recessi datoriali da rapporti instaurati fino al 2014, la stessa continuerà ad applicarsi per i prossimi decenni),
• dall’altro determinerà distinte tutele a fronte di uno stesso licenziamento (si pensi all’ipotesi di licenziamenti economici, individuali ovvero plurimi o collettivi di lavoratori assunti sia prima sia dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo, per i primi si applicherà la disciplina di cui agli artt. 18 legge 300 del 1970 e 8 della legge n. 604 del 1966, mentre per i secondi si applicherà la nuova disciplina) 85
Campo di applicazione
Si può affermare pertanto che:
- l’art. 1 detta una linea di demarcazione temporale tra vecchio e nuovo regime di tutela in materia di licenziamenti …
- ma anche e soprattutto sancisce – se non l’abrogazione del regime di cui all’art. 18, legge 300 e art. 8, legge 604 – quantomeno la valenza residuale di tale regime vigente per i soli rapporti già in essere a far data dalla entrata in vigore del decreto
E dunque che l’art. 18:
- è una norma destinata ad esaurirsi nel tempo …
- che conserva una valenza attuale ma è ancorata ad un periodo storico superato
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Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto.
Disposizione atta a non disincentivare la crescita delle aziende in quanto anche i “vecchi” assunti, in caso di superamento dei limiti previsti per la tutela reale (es. >
15 dipendenti) saranno
assoggettati al CTC e non all’art.18/300
18/05/2016 87
Art. 2 – Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale.
1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio a norma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.
2. Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del
trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
3. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione.
18/05/2016
Se il licenziamento è:
-discriminatorio
-nullo (secondo gli altri casi previsti dalla legge)
Si applica il regime del “vecchio” art.18/300, addirittura nella versione ante Legge Fornero, cioè:
1)Ricostruzione retributiva (*) e contributiva integrale del periodo medio- tempore
2)reintegrazione o 15 mensilità
(*) si adotta l’ultima retribuzione utile ai fini TFR 88
Licenziamento discriminatorio
Il comma 1 (secondo periodo) e i commi 2 e 3 dell’art. 2 riprendono quasi alla lettera i commi 1, terzo periodo, 2 e 3, dell’art. 18 Stat. lav. circa:
1. la risoluzione del rapporto per mancata ripresa del servizio da parte del lavoratore reintegrato entro trenta giorni dall’invito del datore;
2. la misura dell’indennità risarcitoria nonché la facoltà di chiedere una indennità sostitutiva riconosciute a favore del lavoratore reintegrato;
3. l’estensione della prevista disciplina al licenziamento inefficace perché intimato in forma orale.
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1. Risoluzione del rapporto per mancata ripresa servizio
“A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del presente articolo”
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Licenziamento discriminatorio
2. Misura indennità risarcitoria … …
“Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto” (comma 2)
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Licenziamento discriminatorio
2. … e facoltà di richiedere una indennità sostitutiva
“Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione” (comma 3)
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Licenziamento discriminatorio
3. Estensione al licenziamento orale
“Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale” (comma 1)
Al riguardo: si sottolinea una lacuna della legge delega n. 183/2014 nella quale la reintegrazione nel posto di lavoro era espressamente prevista per le sole ipotesi di nullità e non anche per le ipotesi di inefficacia.
Al di là di ogni considerazione su tale “presunta svista” del legislatore delegante, l’estensione del regime della tutela reintegratoria alla fattispecie del licenziamento inefficace perché orale potrebbe creare problemi di costituzionalità del d.lgs. per eccesso di delega (artt. 76 e 77 Cost.)
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Segue: Art. 2
4. La disciplina di cui al presente articolo (art.2 ndr) trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
• Anche per le aziende < 15
dipendenti
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Licenziamento per disabilità fisica o psichica
Il licenziamento illegittimo per “difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4 , comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68” è equiparato, sul piano degli effetti, al recesso nullo per motivi discriminatori o perché riconducibile ad altri motivi di nullità previsti dalla legge.
La conseguenza – anche per le piccole imprese – è la reintegrazione nel posto di lavoro con risarcimento pieno, oltre al versamento dei contributi previdenziali
ed assistenziali.
Tanto prevede, per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in avanti, l’art. 2, comma 4, del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23. 95
Licenziamento per disabilità fisica o psichica
• Diversamente dalla disciplina previgente, frutto del combinato disposto dei commi quarto e settimo dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori ed ancora applicabile alla platea dei vecchi assunti, il Decreto n. 23/2015 parla di motivo consistente nella “disabilità” e non più nella “inidoneità“.
• In ciò il Decreto n. 23 diverge anche dal primo schema del provvedimento. Nel testo preliminare la fattispecie del licenziamento per “inidoneità fisica o psichica” era infatti trattata al terzo comma dell’art. 3 al fine di ritagliare, in deroga alla nuova regola generale della sanzione indennitaria, una ulteriore area di possibile applicazione della reintegrazione “debole”, con risarcimento limitato nel massimo a 12 mensilità.
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Licenziamento per disabilità fisica o psichica
Il Legislatore ha invece voluto:
• sostituire il richiamo tecnico ma più ampio alla “inidoneità” con quello altrettanto tecnico ma più specifico alla “disabilità“;
• appesantire le conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti per motivi consistenti nella “disabilità“, spostandoli nell’art. 2 e, con ciò, equiparandoli a quelli nulli per motivi discriminatori o per altre ragioni di legge.
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Licenziamento per disabilità fisica o psichica
L’interpretazione letterale della norma porta a:
• concludere che il legislatore abbia escluso la sanzione della reintegrazione per i licenziamenti per sopravvenuta “inidoneità fisica o psichica” conseguenti, per esempio, ad un giudizio del medico competente ex art. 42 del Testo Unico Sicurezza o delle commissioni mediche ex art. 5 Legge n. 300/1970.
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Licenziamento per disabilità fisica o psichica
L’interpretazione letterale della norma porta a:
• Concludere che per questi recessi la conseguenza sanzionatoria sarebbe esclusivamente quella indennitaria a tutele crescenti (da 4 a 24 mensilità in relazione all’anzianità di servizio), prevista in generale per tutte le ipotesi di recesso per giustificato motivo oggettivo, nel cui ambito i licenziamenti per sopravvenuta inidoneità rientrano per consolidata giurisprudenza.
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