ALLEGATO 1) APPROFONDIMENTO
ALLEGATO 1) APPROFONDIMENTO
1) Credito al Consumo: un mercato in crescita ma poco trasparente.
Negli ultimi 5 anni il credito al consumo in Italia è cresciuto a ritmi molto elevati (circa +18% l’anno, con un massimo di +19,15% nel 2005), anche se nel corso del 2008 il credito al consumo in Italia si è notevolmente contratto.
Dai dati del Bollettino statistico della Banca d’Italia tra settembre 2007 e settembre 2008, è cresciuto di appena il 6,8%; ben poca cosa se paragonato al +16% dell’anno prima e a quasi il
+19% di due anni prima.
Dunque gli Italiani sembrano oggi meno propensi ad indebitarsi per acquistare beni di consumo. Nel frattempo, nel 2008, è arrivata finalmente da parte della Comunità europea la nuova Direttiva 2008/48 sul credito al consumo che dovrà essere recepita dagli Stati Membri entro maggio del 2010.
Ci auguriamo che sia recepita al più presto dal nostro Paese perché potrebbe risolvere molti dei problemi di trasparenza presenti nell’offerta del credito al consumo in Italia.
Quello del credito al consumo è un mercato con grande potenzialità di crescita, ma anche con grossi problemi di trasparenza dell’offerta e di rispetto della normativa a tutela del consumatore.
Esistono dal 1992 delle leggi che dovrebbero tutelare il consumatore che decide di acquistare un prodotto di credito al consumo, ma purtroppo è una normativa poco applicata e spesso ignorata dagli operatori del settore e che presenta sotto alcuni aspetti dei vuoti legislativi.
Nonostante siano passati 15 anni dall’entrata in vigore della normativa, siamo ancora circondati da messaggi pubblicitari in cui si pubblicizza tutto, tranne il TAEG, e continuiamo a ritrovare solo in nota le informazioni sulle condizioni del finanziamento e sul TAEG.
La crescita del mercato del credito al consumo anche nel nostro Paese costituisce dunque un segnale contraddittorio: da un lato, rappresenta un segnale positivo di modernizzazione e di dinamismo del sistema finanziario, con i conseguenti benefici per un più agevole accesso dei consumatori all’acquisto di beni e servizi e quindi per la crescita economica nel suo complesso; dall’altro, nella misura in cui è frutto di uno stato di “necessità”, costituisce il segnale allarmante di una situazione di crisi di estese fasce della popolazione, rispetto alle quali aumentano conseguentemente i rischi di insolvenza e/o sovraindebitamento.
Altroconsumo ritiene che: xx xxxxxxxx xxx xxxxxxx xxx xxxxxxx xx xxxxxxx xx Xxxxxx, indipendentemente dalle ragioni che la determinano, impone l’adozione urgente di misure più efficaci di quelle attualmente esistenti al fine di accrescere l’informazione dei consumatori, la trasparenza delle offerte, la correttezza dei messaggi pubblicitari, la concorrenza, cioè migliorare il quadro di tutela del consumatore che decide (o è costretto) ad indebitarsi.
Il mercato, dunque, necessita di trasparenza per garantire l’effettiva concorrenza tra gli operatori, solo così l’offerta sarà sempre più competitiva per il consumatore finale.
Molte soluzioni potrebbero arrivare con il recepimento della III Direttiva sul credito al consumo emanata il 23 aprile 2008, pubblicata sulla Gazzetta europea del 22 maggio 2008 ed in vigore dall’11 giugno 2008. Gli Stati membri sono chiamati a recepire la direttiva nel loro ordinamento e dunque a renderla efficace a partire dal 12 maggio 2010, data in cui sarà abrogata definitivamente la precedente direttiva sul credito al consumo del 1987. La nuova direttiva porterà interessanti novità:
a) un campo di applicazione più ampio (si arriva a coprire finanziamenti fino a 75.000 euro contro i 30.000 euro attuali);
b) maggiore trasparenza sia nei messaggi pubblicitari (che dovranno seguire uno schema tipo) sia nell’informativa precontrattuale;
c) una definizione più ampia di Taeg, che includerà tutte le spese legate alla concessione ed alla gestione del finanziamento.
• Le inchieste di Altroconsumo.
Dalle nostre indagini emerge che in alcuni settori l’offerta pecca particolarmente in termini di trasparenza e rispetto della normativa: i prestiti finalizzati e le carte revolving- (17% del mercato, in forte crescita) 1.
Proprio questi settori vengono monitorati di continuo da Altroconsumo con indagini sul campo.
Grafico storico inchieste sui prestiti finalizzati e la poca informativa precontrattuale.
Le inchieste Altroconsumo sui prestiti finalizzati (cfr 2005-2009)
285
185
140
59
2009
2007
2005
41
34
27
93
116
Totale offerte
Negozi che non hanno dichiarato il TAEG
Negozi con taeg dichiarato diverso da quello effettivo
Un prestito finalizzato è un finanziamento caratterizzato dalla compresenza di tre attori: il cliente che deve acquistare un bene o servizio e vuole pagarlo a rate, un negoziante che ha fatto una convenzione con una o più finanziarie per il pagamento a rate ed una finanziaria/banca che, dietro richiesta del consumatore, eroga il denaro direttamente al negoziante e riceve le rate, a pagamento del prestito, dal consumatore. E’ dunque un rapporto triangolare ed è forse per questo che spesso l’offerta di un prestito finalizzato pecca in trasparenza; come dimostrano le nostre inchieste sul campo. Nel corso del 2005, del 2007 e a fine 2008-inizio 2009 Altroconsumo ha svolto tre inchieste sul mercato del credito al consumo in Italia, dalla quale è emerso che le scorrettezze, la disinformazione, le carenze normative e più in generale le zone d’ombra sono ancora molte.
- Nel 2005 sono stati visitati, nei panni di un possibile acquirente di diverse tipologie di prodotti- (biciclette, Tv al plasma, condizionatori)-, 116 esercizi commerciali di sei città italiane (Milano, Roma, Torino, Napoli, Bari e Bologna), raccogliendo informazioni sui prestiti finalizzati all’acquisto dei prodotti.
- Stessa cosa abbiamo fatto a gennaio 2007, ampliando il campione e quindi visitando 185 esercizi commerciali di 8 città italiane (le stesse dell’inchiesta del 2005 più Brescia e Genova).
1 L’anno scorso secondo i dati dell’Osservatorio sulle carte di credito si è avuta una crescita dell’11% delle carte revolving.
- Nel corso del mese di dicembre 2008 e nei primi giorni di gennaio 2009, il periodo in cui maggiormente le catene commerciali spingono sui prestiti per aumentare le vendite, abbiamo visitato 239 negozi in 7 grandi città italiane: Bari, Bologna, Brescia, Milano, Napoli, Roma e Torino, recuperando 285 offerte di rateizzazione.
Nel 2005 dei 116 esercizi commerciali testati solo 55 hanno dichiarato un TAEG che poi è risultato essere quello reale in base ai nostri calcoli. In 27 negozi non si è avuta nessuna informazione sul TAEG e in 34 il TAEG dichiarato era più basso di quello reale. Ciò significa che un consumatore aveva allora il 61% di probabilità di avere informazioni non corrette o non esaurienti sul finanziamento che stava per sottoscrivere. La situazione è peggiorata nell’inchiesta del 2007; dei 185 esercizi visitati 41 non hanno dichiarato nessun TAEG e 93 un Taeg diverso da quello effettivo (calcolato tenendo conto delle rate, delle spese, dell’anticipo, della durata e del capitale finanziato). Dunque risulta che il consumatore che cerca un prestito finalizzato ha oggi il 72% delle probabilità di avere un’informazione non corretta o non esauriente.
Nell’ultima inchiesta solo in 86 casi sulle 285 offerte, dunque in poco più del 30% delle proposte, ci hanno comunicato il Taeg “vero” del prestito.
Nel 70% circa dei casi l’informazione per il consumatore è errata oppure non si ha proprio. Purtroppo nel corso del tempo la situazione non è cambiata: nella maggior parte dei casi, infatti, l’offerta avviene in maniera frettolosa, dando indicazioni sommarie e spesso non veritiere sul Taeg, l’indicatore sintetico del costo che è l’informazione da tenere presente per individuare il vero costo di un finanziamento.
Nell’ultima inchiesta in 59 casi, dunque in quasi il 21% delle offerte, il Taeg non è stato comunicato, nella maggior parte dei casi dichiarando spudoratamente “non so, non lo conosco”.
In 140 casi, dunque in quasi il 50% delle offerte, ci sono stati dichiarati dei Taeg che non corrispondevano a quelli calcolati usando rate, periodo di rateizzazione e spese comunicati dagli addetti nei negozi. Dunque delle due l’una: o il Taeg dichiarato non era vero oppure non erano vere le rate o la durata o le spese dichiarate.
La cosa più preoccupante è che nei negozi i volantini pubblicitari sostituiscono i foglietti informativi e l’informativa precontrattuale, e che, come dimostrano le foto scattate nei negozi, sempre di più il prestito diventa una leva di marketing e dunque accompagna il prezzo del prodotto.
Forse è il caso di ricordare che, nonostante non sia stata ancora recepita in Italia la nuova direttiva sul credito al consumo, è presente dal 1992 una normativa che tutela i consumatori di credito al consumo, regolamentazione oggi inserita anche nel TUB2.
Ricordiamo innanzitutto che il TUB all’articolo 123 afferma: “ Alle operazioni di credito al consumo si applica l’articolo 116”3:
La pubblicità è in ogni caso integrata con l’indicazione del Taeg e del relativo periodo di validità.
A questo si aggiunge la regolamentazione sulla trasparenza che afferma che all’articolo 4 del Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 25 luglio 2003, confermata peraltro dalle nuove disposizioni in vigore dal 1 gennaio 2010, che:
“Il soggetto - che procede all’offerta è tenuto a consegnare al cliente, prima della conclusione del contratto, l’avviso contenente le "principali norme di trasparenza" e il foglio informativo. L'intermediario acquisisce dal cliente un'attestazione dell'avvenuta consegna che conserva agli atti.
L’intermediario committente fornisce ai soggetti che effettuano l’offerta fuori sede (anche se si tratta di una banca o di un intermediario) i dati e la documentazione necessari per l’assolvimento degli obblighi di pubblicità, in conformità delle previsioni di cui alla presente Sezione.
L’intermediario committente verifica che il soggetto incaricato dell’offerta rispetti gli obblighi di trasparenza previsti dalla presente sezione”.
Dunque è prevista in capo alla finanziaria/banca che offre i suoi prestiti usando gli esercizi convenzionati una responsabilità sulla documentazione da fornire ai consumatori.
La finanziaria non può scaricare la responsabilità sulle persone che offrono i prestiti, visto che spetta ad essa la verifica della consegna dell’informativa precontrattuale.
2 Testo Unico Bancario, d. lgs 385 del 1993
3 In ciascun locale aperto al pubblico sono pubblicizzati i tassi d’interesse, i prezzi, le spese.
Nella nostra inchiesta abbiamo recuperato solo due contratti. Nessun foglietto informativo, ma molti volantini pubblicitari che sembrano sostituire i foglietti informativi.
Un messaggio pubblicitario è costruito con finalità differenti rispetto ad un foglietto informativo e perciò non può sostituirlo.
E’ palese che manchi la possibilità al cliente di conoscere prima della conclusione del contratto le caratteristiche del prodotto.
Ricordiamo che nel Codice del Consumo è citato come principio fondamentale il diritto del cliente ad essere informato per poter fare una scelta consapevole e che il Codice si appella alla diligenza professionale degli operatori. E’ evidente che le finanziarie utilizzino persone formate per vendere auto o elettrodomestici come intermediari del credito, senza investire minimamente sulla loro formazione professionale. Nelle nostre inchieste frequentemente abbiamo incontrato persone che non conoscevano la differenza tra Xxx e Xxxx, non sapevano l’importo dell’imposta di bollo.
Xxxxxxxxxxxx chiede dunque che le finanziarie investano maggiormente nella formazione delle persone che offrono prestiti finalizzati.
Per di più negli stessi volantini pubblicitari vi è una frase di rinvio al negozio in cui si afferma: “…per ulteriori informazioni sui finanziamenti e per visionare le condizioni economiche e contrattuali si rimanda ai punti vendita…” 4 .
Però, poi, poi nei punti vendita i foglietti informativi non ci siano. La stessa Banca d’Italia dietro nostra segnalazione ha avviato un’indagine proprio per verificare la presenza dei foglietti nei punti vendita che offrono prestiti finalizzati.
2) Prestiti finalizzati on line.
Questa situazione che già di per sè ha dei tratti preoccupanti di mancanza di trasparenza risulta amplificata e peggiorata quando i prestiti finalizzati riguardano gli acquisti on line e quindi vengono sottoscritti via internet.
Possiamo, infatti, denunciare dei seri problemi di trasparenza nell’offerta grazie ad una nostra inchiesta svolta a febbraio 2007 su 26 siti di commercio elettronico che permettono di pagare gli acquisti on line con un prestito finalizzato anch’esso fatto on line.
Si tratta di un’offerta caratterizzata da una sorta di oligopolio.
Abbiamo riscontrato che le offerte di finanziamento dei 26 siti erano di due istituzioni finanziarie; questo mercato ristretto ovviamente amplifica i problemi di trasparenza; vi è, inoltre, il mancato rispetto della normativa in tema di trasparenza (provvedimento del Governatore della BDI del 25 luglio 2003). Secondo le disposizioni di trasparenza chi offre al pubblico un servizio finanziario per conto di una banca o di una finanziaria deve mettere a disposizione della clientela i foglietti informativi datati ed aggiornati. Nel caso dei siti internet la normativa specifica che i “foglietti informativi” devono essere accessibili direttamente dalla pagina di apertura del sito (home page) e da ogni pagina del sito dedicata ai rapporti commerciali con i clienti. Dalla nostra inchiesta risulta che nella home page dei siti di commercio elettronico si trova solo una descrizione sintetica del pagamento a rate, all’interno delle “Condizioni generali di vendita”. Si tratta di una descrizione molto sintetica della procedura di acquisto in cui il cliente non ha in molti casi la possibilità di conoscere in dettaglio tutte le spese che transitano sul finanziamento e non conosce neppure il tasso d’interesse e il TAEG.
Tali informazioni si potranno conoscere con certezza solo dopo aver concluso l’ordine e scelto come modalità di pagamento quello a rate. A nostro avviso invece si tratta di informazioni che devono essere fornite al consumatore fin dall’inizio in modo che abbia l’effettiva possibilità di confrontare il pagamento a contanti con quello a rate tramite prestito finalizzato piuttosto che con altre alternative di finanziamento.
Si riscontra poi la mancanza dell’informazione precontrattuale. Sempre la normativa in tema di trasparenza afferma che il cliente, prima della conclusione del contratto, deve avere la possibilità di avere una copia delle condizioni contrattuali valide per la stipula.
4 Ad esempio nei volantini di Computer discount o Euronics.
Anche quando si usa internet, la copia deve essere resa disponibile on line, ma nessuno dei siti da noi visitati dà questa possibilità5.
Segnaliamo il caso di un sito che dà la possibilità, unico tra i siti visitati, di accedere ad un facsimile del contratto di finanziamento, ma si tratta purtroppo di un documento del tutto illegibile sia a video che stampato. Formalmente il sito rispetta la normativa sull’informativa precontrattuale, ma nella sostanza si tratta di una beffa.
Ci sono interessanti novità nella nuova direttiva per quanto concerne l’informativa precontrattuale . Viene, infatti, sottolineata l’esigenza di permettere al consumatore in tempo utile, prima della conclusione del contratto, il confronto delle offerte in modo che possa prendere una decisione con cognizione di causa in merito al contratto di credito che vuole concludere.
Dunque il creditore e/o l’intermediario del credito devono consegnare al consumatore un modulo standardizzato chiamato EBIC “ Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori”.
L’EBIC è un modulo standardizzato per tutti gli operatori europei del credito che ricorda molto l’Esis dei mutui ipotecari e che riporta le condizioni dello specifico credito nel caso in cui il consumatore abbia fatto conoscere al creditore le sue preferenze sul credito in termini ad esempio di durata ed importo totale.
Tale modulo si compone di 5 sezioni:
1) carta d’identità del credito o dell’intermediario del credito;
2) descrizione delle caratteristiche del finanziamento; importo finanziato, durata, pagamenti periodici con indicazione del numero di rate, importo e periodicità, interessi e spese da pagare, importo totale da pagare, in caso di prestito finalizzato anche tipologia di merce/ servizio da acquistare e prezzo in contanti, le eventuali garanzie richieste;
3) costi del credito, dunque tasso d’interesse fisso o variabile (con tasso di riferimento di indicizzazione), TAEG, servizi accessori obbligatori e i loro costi, spese di gestione di uno o più conti obbligatori per registrare le operazioni, costo di una carta legata alla concessione ed erogazione credito (dunque anche costi della carta revolving), altri costi, termini di modifica, eventuali spese notarili, costi per il ritardo nei pagamenti (interessi e penali);
4) altri importanti aspetti legali: diritto di recesso entro 14 giorni di calendario, diritto al rimborso anticipato e eventuale indennizzo da pagare, consultazione di banche dati per verificare il merito creditizio, diritto a ricevere gratuitamente copia della bozza del contratto, se c’è, anche il periodo di validità delle informazioni precontrattuali;
5) informazioni supplementari per i contratti conclusi a distanza.
E’ previsto che in caso di intermediari del credito che agiscono in maniera accessoria rispetto all’attività principale di vendita di beni o servizi l’obbligo di consegna del modulo spetti al creditore che deve fornirlo al consumatore. Ciò vuol dire che per i prestiti finalizzati spetta alla finanziaria assicurarsi che l’informativa precontrattuale arrivi al consumatore finale.
Guardiamo con molto favore al notevole sforzo fatto nella nuova direttiva per dare una spinta effettiva alle informazioni precontrattuali che sono un elemento fondamentale per il confronto delle offerte e per una scelta consapevole.
Il nuovo modulo è un passo in avanti rispetto al foglietto informativo, visto che se il cliente fornisce le informazioni sul finanziamento che vuole ottenere sarà oltre standardizzato anche personalizzato.
Inoltre per i prestiti finalizzati, includerà anche altri informazioni -(come il prezzo del prodotto da acquistare) -che sicuramente migliorano il senso di consapevolezza del cliente che acquista a rate. Ovviamente il rischio è che anche questi moduli possano poi alla fine non essere consegnati ai clienti.
Dunque la normativa pur perfetta potrebbe rimanere inapplicata6.
5 Ricordiamo che la copia deve essere a disposizione del cliente nel sito in cui fa gli acquisti per cui chiede il finanziamento ed invece copia del contratto la si può visionare – come risulta dalla nostra inchiesta- solo sul sito della finanziaria cui si viene trasferiti dopo aver concluso l’ordine e quindi dopo aver già scelto il pagamento rateale con quella finanziaria.
L’EBIC ha il vantaggio che la sua consegna è prevista da una normativa europea che verrà recepita dallo Stato Italiano, dunque la sua consegna è un obbligo di legge e ci auguriamo che le sanzioni che gli Stati applicheranno per il mancato rispetto delle regole siano significative; si rischia altrimenti di vanificare ancora una volta un provvedimento molto importante per la trasparenza dell’offerta, anche perché si tratta di un’offerta davvero preoccupante vischiosa e non chiara.
• Il problema della privacy:
finanziamenti a tasso zero; raccolta di nominativi per far poi pubblicità.
E’ sempre più diffuso l’utilizzo dei finanziamenti di credito al consumo a tasso zero che sono diventati una delle leve dei commercianti per spingere le vendite.
In pratica si propone il finanziamento a tasso zero e le catene commerciali applicano anche degli sconti sul prezzo del prodotto per chi sceglie la rateizzazione, un tempo, invece, lo sconto era invece concesso a chi sceglieva di pagare in contanti.
Xxx in pochi casi il TAEG è zero e si può parlare di finanziamento a tasso zero solo se il TAEG è zero.
Ma, se il TAEG è veramente zero, perché un commerciante dovrebbe fare uno sconto a chi paga a rate? La spiegazione è da cercare nelle provvigioni che il commerciante riceve dalla finanziaria per il prestito fatto sottoscrivere ma non solo, infatti, la spiegazione sta anche, a nostro avviso, nel commercio dei nominativi che la finanziaria raccoglie quando viene chiesto un finanziamento.
In pratica quando chiediamo un prestito tutti noi sottoscriviamo una liberatoria alla finanziaria affinché essa possa controllare la presenza dei nostri nominativi nei sistemi informativi creditizi (le vecchie centrali rischi private).
Nella stessa liberatoria, però, è nascosta anche una casella che se segnata dà la possibilità alla finanziaria di usare i nostri dati a fini commerciali e quindi per statistiche oppure pubblicità dei loro prodotti.
Vale a dire che la finanziaria concede un prestito a tasso zero e per di più con un sconto, al fine di poter poi raccogliere i nostri dati personali e utilizzarli per finalità di marketing7.
Questa è una situazione che sicuramente potrebbe confondere il consumatore e su cui sarebbe bene intervenire.
3) Le Carte di Credito Revolving
.
Altro strumento di credito al consumo offerto con poca trasparenza sono le carte di credito revolving. Qui le difficoltà di trasparenza dell’offerta sono amplificate dalla natura del contratto combinato, tipico di questo strumento: insieme carta di pagamento e forma di finanziamento di credito al consumo. La carta revolving gode di grossa flessibilità visto che si tratta di un credito rotativo (revolving appunto) che viene attivato con la carta e viene ricostituito con il pagamento delle rate mensili che transitano sull’estratto conto della carta. E’ inoltre uno strumento di finanziamento anonimo nel senso che viene usato nei negozi come una normale carta e non sembra un prestito. Più rigida è invece la restituzione del debito che avviene con rate mensili pari ad una certa percentuale del debito oppure ad un ammontare fisso. Le carte di credito revolving sono una forma di credito al consumo che ha avuto grossa fortuna negli ultimi anni e che è poco conosciuta dagli stessi utenti che spesso si trovano in mano una carta di questo genere senza neppure saperlo e senza conoscerne il funzionamento. Molte sono le segnalazioni in questo senso
6 Soltanto nella nostra ultima inchiesta (giugno 2008) su 168 agenzie bancarie visitate come possibili mutuatari che chiedevano di avere l’Esis per il dettaglio dell’offerta solo 61 agenzie hanno consegnato il modulo; nel 64% dei casi il modulo che pure è importantissimo per il confronto non è stato consegnato.
7 Nel caso del contratto Prestitempo di Deutsche Bank il consenso è estorto al contrario: se non si barra la casella il consenso al trattamento dei dati per fini pubblicitari è dato. Abbiamo infatti verificato la presenza della seguente clausola:
Manifestazione di consenso al trattamento dei dati personali……. Il cliente e l’eventuale coobbligato/garante consente/no inoltre – oppure nega (qui casella da barrare per negare il consenso)- che i propri/loro dati personali siano utilizzati dalla Banca e/o comunicati a terzi che svolgono attività commerciali e promozionali per finalità di marketing ivi compreso l’invio di materiale illustrativo relativo ai servizi ed ai prodotti commercializzati. (Contratto Prestitempo recuperato a Bari)
che la nostra associazione ha ricevuto. Anche il “XXIII Rapporto sul risparmio e sui risparmiatori” in Italia di BNL/Centro Einaudi si è occupato del problema evidenziando che ben il 22% dei titolari di carta revolving non conosce la natura del servizio offerto. Dallo stesso Rapporto si evince anche che rispetto alle altre tipologie di credito al consumo le carte revolving hanno livelli di utilizzo più elevati nel Mezzogiorno e nelle classi di reddito più basse. Si tratta dunque di uno strumento che è sempre più utilizzato da parte di chi non riesce a coprire le spese per consumi con il suo risparmio (e non solo le spese per beni durevoli).
Nella maggior parte dei casi si tratta di carte che hanno dei tassi d’interesse di molto superiori a quelli dei prestiti personali o agli scoperti di conto corrente. Analizzando le condizioni di rateizzazione di 114 carte in media l’ISC risulta essere del 17,12% e diventa il 19% includendo anche le spese di invio dell’e/c che a nostro avviso devono essere incluse nel calcolo dell’indicatore sintetico del costo.
• Tecnica di vendita pushing.
E’ sicuramente poco trasparente la vendita di una carta revolving da parte delle finanziarie a chi ha sottoscritto un prodotto di credito al consumo, tipicamente un prestito finalizzato per l’acquisto di un bene in un negozio. E’ la rete di vendita che vende il “piazzamento” delle carte, non è il consumatore che le cerca. E dunque è assai più probabile che la scelta non sia fatta in maniera consapevole. Anche perché è diverso accedere ad un prestito finalizzato di durata determinata piuttosto che avere invece un’apertura di credito revolving con carta che è un rapporto a tempo indeterminato e dunque che parte da presupposti differenti ed ha conseguenze diverse.
Oggi, invece, chi va in negozio per acquistare a rate un prodotto, assai frequentemente si trova anche a sottoscrivere una carta revolving: una prassi di vendita molto pericolosa. Esiste un modus operandi che presenta senza dubbi profili d’abuso: con una certa frequenza, infatti, alcuni intermediari, in seguito alla concessione di finanziamenti al consumo, inviano al domicilio del cliente una carta “gratuita”. L’attivazione di questa carta comporterebbe la concessione di un prestito personale che, se non rimborsato entro due mesi, si trasformerebbe in un finanziamento revolving o, direttamente, la concessione di quest’ultimo tipo di fido; in entrambi i casi, la documentazione illustrativa sottacerebbe gli oneri ed i rischi del finanziamento mentre, per contro, esalterebbe le molteplici funzionalità della carta, inducendo la clientela ad accettare l’offerta senza averne maturato piena consapevolezza.
Pratiche di marketing così aggressive presentano indubbie insidie, peraltro comuni ad ogni contratto a distanza.
La loro liceità è, ormai, subordinata all’osservanza delle disposizioni del d. lg. 19 agosto 2005, n. 1908 e all’importante attuazione della Direttiva 2002/65/CE relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, che richiedono la comunicazione al consumatore delle prescritte informazioni riguardo all’identità del fornitore, al tipo di servizio finanziario fornito, allo stesso contratto a distanza ed ai sistemi di tutela ed attribuiscono al consumatore varie altre protezioni, tra le quali è preminente il diritto di recesso, di regola nel termine di quattordici giorni dalla data di conclusione del contratto.
La Commissione Europea esprime l’auspicio che l’offerta a distanza di carte revolving sia adeguata alla generale disciplina della prestazione a distanza di servizi finanziari, rilevando peraltro che l’eventuale inosservanza potrà essere repressa sia attraverso gli ordinari rimedi individuali e successivi, sia attraverso l’azione inibitoria collettiva9 .
La prassi appena descritta, inoltre, sembra costituire un esempio paradigmatico di pratica di commercio sleale ai sensi della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, attuata in Italia con le leggi n. 145 e 146 del 2 agosto 2007.
8 Anche nel Codice del Consumo: art. 67-bis fino a –vicies bis.
9 L’art. 18 d. lgs. 190/2005, ora art. 67-novies decies del Codice del Consumo.
Una prassi di vendita molto pericolosa, multata ultimamente anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per pratiche commerciali scorrette.10.
La ragione delle multe sta in un comportamento aggressivo e scorretto tenuto dalle società nella commercializzazione dei prestiti finalizzati, i finanziamenti di credito al consumo legati all’acquisto di un particolare bene e servizio. La sanzione dell’AGCM arriva a conclusione di un’istruttoria aperta a seguito di diverse segnalazioni arrivate dai consumatori.
Per l’AGCM il primo grosso problema è che chi sottoscrive il prestito finalizzato non è informato adeguatamente sulla circostanza che il credito è revolving è pagato con carta, il che implica oneri aggiuntivi rispetto al Tasso evidenziato oppure che assieme al prestito classico la finanziaria in questione emetterà una carta revolving spedita a domicilio. L’AGCM ha vietato l’ulteriore diffusione della pratica. Ci auguriamo che adesso il TAR non annulli le sanzioni che rappresentano un buon passo in avanti verso la trasparenza nell’offerta dei prestiti finalizzati che invece avviene spesso ai limiti della legalità.
• Clausole vessatorie.
Il contratto di una carta di credito revolving è un contratto combinato, la carta è insieme uno strumento di pagamento e un prodotto di finanziamento. Questo rende i contratti confusi e in molti casi vessatori. Altroconsumo sta avviando un’azione inibitoria nei confronti dei principali operatori per rendere i contratti più chiari e trasparenti.
4) Carte in trasformazione: da semplici fidelity a carte revolving
Una prassi sempre più diffusa, che abbiamo riscontrato molto di frequente anche nella nostra inchiesta sul campo di fine 2008/inizio 2009, è quella di far diventare le carte fedeltà (quelle che servono a concedere sconti nei negozi e a raccogliere i punti per concorsi a premi) delle carte revolving, dunque carte che permettono l’accesso a condizioni di favore per rateizzazioni legate ad acquisti nei negozi della catena e a linee di credito per rateizzare le altre spese nei negozi convenzionati col circuito della carta (Visa o Mastercard) a tassi di mercato (il tasso massimo oltre cui scatta l’usura è oggi il 25,62%).
La caratteristica principale di queste carte è che danno la possibilità di accedere, solo per gli utilizzi nei negozi della catena, a rateizzazioni agevolate con durata di massimo 6 mesi e taeg zero.
Bisogna fare attenzione perché il Taeg è zero se non si considerano il costo annuo della carta e il costo d’invio dell’estratto conto. In base alle novità della nuova Direttiva questi costi andrebbero a confluire nel Taeg del prestito.
Quando poi le stesse carte vengono usate nei negozi del circuito internazionale, rimangono carte revolving, ma l’indicatore sintetico cresce, fino a raggiungere in media la ragguardevole cifra del 19,89%.
Il consumatore che le possiede non è spesso consapevole di quale sia il loro costo quando vengono usate in negozi diversi da quelli con cui siete affiliati. Il cliente non è perfettamente a
10 Ci riferiamo al sanzionamento di Findomestic (leader nel mercato delle carte revolving e dei finanziamenti di credito al consumo), Mediamarket (società che gestisce il marchio Media World) e G.R.E. (società che gestisce il marchio Trony) Findomestic è stata multata per 430.000 euro, Mediamarket per 230.000 euro e GRE per 190.000 euro. In totale dunque le sanzioni ammontano a ben 850.000 euro.
In pratica Findomestic pubblicizzava la concessione di prestiti finalizzati a tasso zero presso i negozi Media World e Trony, ma in realtà richiedeva ai consumatori oneri economici aggiuntivi con emissione di una carta di credito revolving a loro intestata. Altri hanno anche denunciato l’invio da parte di Findomestic della carta revolving Xxxx in assenza di un rapporto contrattuale in essere con Findomestic ( a distanza di ben un anno dalla richiesta di un prestito finalizzato).
Findomestic proponeva nei negozi Media World e Trony due offerte, mai pubblicizzate sulle brochure e sulla stampa:
l’ offerta A che prevede un credito finalizzato classico a rate mensili cui è legata anche la richiesta di una carta revolving che Findomestic concede successivamente e l’offerta B che prevede l’apertura di una linea di credito revolving con carta il cui primo utilizzo coincide con l’acquisto del bene nel negozio.
Dall’istruttoria si evince che dagli accordi di collaborazione per il 2006 e il 2007, grazie a queste due offerte, tra Findomestic e Mediamarket che gestisce il marchio Media World, il compenso di mediazione svolta dall’esercente espressa in % sul K finanziato è pari al triplo del compenso previsto per il credito classico e che è previsto un compenso unitario per ogni carta emessa. C’era dunque l’interesse economico da parte dell’esercente a vendere questo tipo di finanziamento.
conoscenza del funzionamento della doppia linea di credito, è dunque, ancora una volta un problema di trasparenza e di correttezza nella vendita del prodotto.
5) Polizze vita facoltative ma obbligatorie.
Si è molto diffusa un’altra pratica di vendita poco corretta, infatti, nei foglietti informativi e nel contratto del prestito o della carta si parla di assicurazione sulla vita facoltativa (questo perché la normativa attuale prevede di inserire il costo della polizza nel Taeg solo se si tratta di una copertura assicurativa obbligatoria), ma poi quando il consumatore si trova di fronte all’operatore per sottoscrivere il prestito l’acquisto della polizza diventa obbligatoria. Si tratta di un modo di eludere la legge, in quanto la polizza formalmente non è obbligatoria, ma lo diventa nella pratica, poiché l’operatore non concede il credito se il consumatore non sottoscrive la polizza. Peraltro quando si decide di estinguere anticipatamente il finanziamento si pone il grosso problema della perdita di parte del premio unico per una copertura che non potrà essere più utilizzata. Occorre pensare ad un rimborso del rateo di premio non utilizzato.
6) I mediatori ed i loro compensi.
Il mediatore è l’operatore che mette in contatto una banca/finanziaria con un consumatore per la sottoscrizione di un finanziamento. Riceve un compenso dall’operatore e dal cliente (il compenso deve essere chiaramente comunicato ed inserito nel Taeg).
La pratica scorretta di cui abbiamo notizia è dell’applicazione di spese e penali anche quando il mediatore non porta a buon fine l’operazione, inoltre, spesso si tratta di una mancata conclusione dell’affare già certa al momento dell’acquisizione del mandato. Xxxxxxxxxxxx ritiene che le disposizioni che sarebbero state introdotte nell’ordinamento dal disegno di legge Pinza n.2364 di luglio 2007 avrebbero risolto molti dei problemi di correttezza che oggi sono presenti nel mercato della mediazione creditizia.
Il legislatore ha sentito, infatti, l’esigenza di introdurre delle regole più ferree per far sì che l’attività di mediatore creditizio avvenisse nel modo più professionale, corretto e trasparente possibile.
In effetti negli ultimi anni comportamenti scorretti di alcuni operatori hanno fatto sì che il consumatore medio considerasse la figura del mediatore in maniera negativa, spesso come l’ultima possibilitùà, l’ultima figura a cui rivolgersi per accedere al credito quando le banche o le finanziarie non lo giudicavano degno di accedere ad un prestito.
In realtà, la figura del mediatore deve essere rivalutata, diventare quella di un consulente terzo che facendo da tramite tra intermediari e cliente ha la possibilità di:
- ottenere per il cliente dei vantaggi economici che il consumatore da solo difficilmente potrebbe ottenere;
- fare consulenza su prodotti spesso complessi, come, ad es. il contratto di mutuo che impegna il consumatore per importi consistenti e per un lungo periodo, oggi in media più di 20 anni.
Affinché però questo possa avvenire nel modo più corretto possibile è necessario che:
- la mediazione venga svolta da operatori qualificati e adeguatamente formati, in quanto non si può fare consulenza se non si conosce adeguatamente il prodotto da offrire;
- il consumatore deve avere la certezza di entrare in contatto con personale qualificato e per questo motivo è essenziale la creazione di un registro dei mediatori creditizi che dia la possibilità al consumatore di verificare con quale operatore è entrato in contatto;
- per legge devono essere previsti dei limiti di capitale specifici per le società e degli specifici requisiti di competenza per le persone fisiche.
Attualmente l’attività di mediazione creditizia è disciplinata dalla legge 108 del 1996 e dal regolamento di attuazione introdotto dal DPR 287 del 2000.
E’ mediatore creditizio colui che professionalmente, anche se non a titolo esclusivo, ovvero abitualmente mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari
finanziari con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.
La legge prevede che l’attività deve essere svolta senza essere legati alle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.
E’ previsto anche l’albo dei mediatori creditizi costituito presso l’UIC e solo i soggetti iscritti possono svolgere l’attività di mediazione creditizia.
L’articolo 4 del DDL del 6 luglio 2007 n.2364 (c.d. ddl Pinza) modifica la legge finora esistente in tema di mediazione creditizia:
- innanzitutto la mediazione creditizia può essere esercitata solo da soggetti iscritti nell’elenco dei mediatori creditizi tenuto in formato elettronico e gestito da un organismo creato da associazioni professionali dei mediatori creditizi, da banche ed intermediari e dalle associazioni dei consumatori, sotto ovviamente la supervisione dell’UIC. Dunque tutti i soggetti coinvolti nella mediazione (mediatore, banche/finanziarie, consumatori) entrano a far parte dell’organismo di controllo dell’elenco.
- Sono individuati dei requisiti stringenti per l’iscrizione all’elenco:
a) forma di società per azioni, sas, srl o cooperativa;
b) capitale sociale versato pari al capitale minimo previsto per le società per azioni (dunque almeno 120.000 euro);
c) requisiti di onorabilità ai sensi dell’articolo 108 e 109 del TUB per chi detiene partecipazioni e per chi svolge ruoli di amministrazione, direzione e controllo;
d) chi svolge ruoli di amministrazione deve avere degli specifici requisiti di professionalità e dunque aver svolto per almeno 3 anni una delle seguenti funzioni: funzionario di banca o di un’impresa di investimento o di un intermediario finanziario, oppure agente in attività finanziaria o mediatore creditizio;
e) stipula di una polizza di assicurazione di responsabilità civile secondo i massimali che verranno indicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’attività di mediazione per danni arrecati da negligenze o errori professionali propri o di dipendenti, collaboratori, persone del cui operato si deve rispondere.
Occorre anche superare una prova valutativa indetta dall’Organismo che controlla l’elenco, a meno che non si posseggano già i requisiti professionali indicati prima.
Ovviamente all’attività di mediazione creditizia si applicano le norme in tema di trasparenza bancaria, ciò è essenziale perché il consumatore possa ottenere le corrette informazioni prima della stipula del contratto.
Sono previste delle multe per chi esercita l’attività di mediatore creditizio senza essere iscritto nell’elenco da 2.066 a 10.330 euro e reclusione da sei mesi a 4 anni.
E’ previsto inoltre che la società è responsabile in solido dei danni arrecati dai soggetti di cui si avvalga per l’esercizio dell’impresa anche quelli di natura penale.
E’ anche previsto che se i mediatori creditizi superano delle soglie dimensionali in termini di dipendenti, volumi intermediati, articolazione territoriale come previsto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze devono iscriversi nell’elenco degli intermediari finanziari. Altrimenti si applicano a loro multe e reclusione come per chi non risulta iscritto nell’elenco dei mediatori creditizi.
A nostro avviso occorre operare affinché:
• tutte le persone che collaborano con società di mediazione creditizia abbiano una formazione adeguata in modo che il cliente/consumatore abbia certezza di dialogare con una persona qualificata, come accade oggi con Il Registro unico degli intermediari in cui sono iscritti dopo una prova valutativa anche i collaboratori di banche o compagnie che offrono prodotti assicurativi ai consumatori.
• creare un organismo che come l’Arbitro bancario e finanziario dia la possibilità al consumatore di avere risposte rapide e non costose ai reclami.
• C’è bisogno di certezza della sanzione per gli operatori scorretti da parte anche dell’Autorità di Xxxxxxxxx, in quanto la trasparenza deve essere fatta rispettare.
• Il TAEG pubblicizzato dal mediatore deve contenere il costo della mediazione.
• Bisogna far in modo di favorire infine i mediatori senza accordi di esclusiva con banche/intermediari; in questo modo il consumatore può avere maggiori possibilità di ottenere le condizioni di prestito migliori grazie alla concorrenza tra operatori e grazie alle trattative che il mediatore potrà mettere in atto sfruttando il suo più elevato potere contrattuale come accade oggi per i broker assicurativi.
7) Le pubblicità “fuori legge”.
Oggi in Italia l’articolo 123 del TUB recita: “Gli annunci pubblicitari e le offerte effettuati con qualsiasi mezzo, con cui un soggetto dichiara il tasso d’interesse o altre cifre concernenti il costo del credito, indicano il Taeg ed il relativo periodo di validità”.
La nuova Direttiva sul credito al consumo impone un elenco dettagliato d’informazioni di base che deve essere presente in qualsiasi pubblicità che indichi tasso d’interesse o altre cifre riguardanti il costo del credito.
E’ anche precisata che le informazioni di base devono avere forma chiara, concisa e graficamente evidenziata.
Questo l’elenco delle informazioni: tasso debitore, spese del costo totale del credito, importo totale del credito, il Taeg11, eventualmente durata ed importo totale che il consumatore è tenuto a pagare e l’importo delle singole rate; per il prestito finalizzato il prezzo in contanti del bene o servizio e l’importo degli anticipi. Qualora sia obbligatorio sottoscrivere una polizza o altro servizio accessorio deve essere indicato in maniera chiara, concisa e graficamente evidenziata questo obbligo insieme al Taeg che includerà il costo del servizio accessorio obbligatorio.
Queste nuove regole probabilmente risolveranno i grossi problemi legati alla pubblicità di credito al consumo oggi, nelle quali a caratteri cubitali si evidenzia qualsiasi condizione ma non il Taeg che è l’elemento fondamentale da conoscere per fare una scelta consapevole.
E’ poco trasparente ed è un modo di eludere la legge, scrivere in note a caratteri minuscoli il TAEG e le spese mettendo in evidenza una rata che può sembrare piccola ma che nulla dice circa il costo effettivo del finanziamento (se non si dice il capitale finanziato e la durata del finanziamento). E’ comune trovare pubblicizzato un prestito con in evidenza un Tasso zero senza specificare il TAEG e il suo periodo di validità che invece devono essere sempre evidenziati.
Pubblicizzare un tasso zero senza che il Taeg sia zero è fare una pubblicità ingannevole.
Si confonde ancora, infatti, il TAN con il TAEG che comprende oltre agli interessi anche tutte le spese di finanziamento, come ad esempio le spese di incasso rata e le spese di istruttoria.
Perché si possa effettivamente parlare di tasso zero deve essere zero il TAEG e allo stesso modo è ingannevole pubblicizzare un TAEG che è diverso da quello effettivo calcolato secondo le disposizioni di legge.
In Italia esiste un’apposita normativa contro l’ingannevolezza dei messaggi pubblicitari, ripresa nel Codice del Consumo .
L’articolo 2 del Codice del Consumo afferma che è un diritto fondamentale del consumatore quello di avere un’adeguata informazione ed una corretta pubblicità; l’articolo 19 comma 2 del Cdc afferma inoltre che la pubblicità deve essere palese, veritiera e corretta.
L’articolo 41 del Cdc fa inoltre esplicito riferimento all’articolo 123 del Testo Unico Bancario (dlgs. 1 settembre 1993 n.385), in cui si afferma, relativamente alle operazioni di credito al consumo, che “gli annunci pubblicitari e le offerte, effettuati con qualsiasi mezzo, con cui un soggetto dichiara il tasso d’interesse o altre cifre concernenti il costo del credito, indicano il TAEG ed il relativo periodo
11 E’ lasciata agli Stati membri decidere se sia necessario indicarlo anche per gli scoperti. Altroconsumo auspica che l’Italia decida in tal senso.
di validità”. Ultimamente è stata recepita all’interno del Codice del Consumo la direttiva 2005/29 sulle pratiche commerciali scorrette. L’articolo 21 del Codice del Consumo comprende tra le pratiche ingannevoli quella di dare in formazioni non rispondenti al vero oppure in una forma che induce o può indurre in errore il consumatore medio e lo porta a prendere delle decisioni di matura commerciale che altrimenti non avrebbe preso. A nostro avviso rientrano in tali pratiche ingannevoli sicuramente le pubblicità che reclamizzano Taeg non veri oppure danno informazioni in forme non corrette, come le note in caratteri minuscoli a piè di pagina.
I messaggi ingannevoli possono essere denunciati all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Secondo Xxxxxxxxxxxx alla stessa autorità potrebbe essere affidato un controllo preventivo sulle pubblicità di credito al consumo, in modo che non ci si accorga del problema dopo che il danno è già stato fatto.
8) Cessione del quinto.
I finanziamenti di cessione del quinto hanno conosciuto nell’ultimo anno grossa fortuna;si tratta infatti di prestiti “ultima spiaggia” a cui hanno accesso anche persone che difficilmente potrebbero ottenere credito con altre forme di prestito. Il pagamento delle rate della cessione del quinto avviene attraverso l’utilizzo diretto dello stipendio o della pensione del finanziato; si tratta dunque di prestiti garantiti che hanno un’alta possibilità di essere ripagati.
Le problematiche principali riguardano ancora una volta la copertura assicurativa sulla vita che per questi finanziamenti è obbligatoria ed imposta dalla legge.
E’ evidente come questa copertura possa raggiungere cifre molto elevate soprattutto quando per la cessione del quinto della pensione il finanziato è un pensionato, eppure il costo della polizza non è incluso nel Taeg perché si tratta di una copertura imposta per legge. A nostro avviso è necessario dare la possibilità di un confronto equo e trasparente del prodotto con altri finanziamenti e questo può essere fatto solo se si introduce un indicatore sintetico onnicomprensivo di tutti i costi che si devono sostenere per accedere al credito.
9) Tassi usurari.
Dal 2006 la Banca d’Italia pubblica ogni trimestre i tassi medi ai sensi della legge sull’usura; questi tassi medi aumentati della metà indicano il tasso limite ai fini dell’usura, dunque la soglia al di sopra della quale un tasso è considerato usuraio. Sulla Gazzetta ufficiale del 29 agosto 2009 sono state pubblicate le nuove istruzioni per la rilevazione dei tassi medi che banche ed intermediari finanziari dovranno seguire in parte già da subito per la rilevazione relativa ai dati pubblicati per il trimestre gennaio-marzo 2010 ed in parte successivamente a partire dalla rilevazione relativa alla pubblicazione per il trimestre 1 luglio-1 settembre 2010 (per quanto riguarda i soli costi di mediazione). Il tasso medio includerà ora, oltre al tasso d’interesse delle varie operazioni, anche gli oneri cioè le spese sostenute per il finanziamento e quindi: costi di istruttoria e di revisione del finanziamento, spese di chiusura pratica o di liquidazione degli interessi, le spese di incasso rata e quelle di trattenuta dello stipendio o della pensione, l’eventuale costo di mediazione, le spese assicurative obbligatorie, le spese di perizia, le spese postali e di custodia, gli oneri sostenuti sui conti correnti passati in rosso senza avere un affidamento, ogni altra spesa. Il nuovo tasso medio è molto simile così al Taeg delle operazioni di mutuo o di credito al consumo. Guardiamo con favore a quest’innovazione, che contrasta la prassi seguita da molti operatori di mercato che applicavano alle operazioni di finanziamento costi di vario genere che di fatto facevano salire i tassi dei finanziamenti ben al di sopra del limite usurario.
Per rendere veramente fruibile la tabella da tutti riteniamo sia necessario inserire una colonna con i tassi soglia, in quanto indicare solo i tassi medi non è sufficiente; infatti, il consumatore deve subito capire se il Taeg che gli applicheranno supera o meno il tasso soglia ai fini dell’usura.
10) Il rischio sovraindebitamento ed il credito responsabile.
Nella nuova Direttiva sul credito al consumo è previsto espressamente che, prima della conclusione del contratto, il creditore, banca o finanziaria, valuti il merito creditizio del consumatore, usando anche le informazioni fornite dal consumatore stesso e se necessario usando banche dati, accompagnando l’istruttoria, dunque, dalla verifica dell’affidabilità finanziaria del soggetto attraverso l’interrogazione delle cosiddette “centrali rischi private”.
Come già accade in Italia, si chiede agli Stati di prevedere che, nel caso in cui il consumatore richieda un incremento del credito, allora la banca/finanziaria aggiorni le sue valutazioni di merito creditizio. Se il rifiuto del credito si basa sulla consultazione di una banca dati il creditore informa il consumatore immediatamente e gratuitamente del risultato e gli indica gli estremi della banca dati utilizzata.
Inoltre è previsto che nei moduli consegnati al cliente vengano esplicitate anche le conseguenze negative dei ritardi nei pagamenti.
Anche questa disposizione è da guardare con molto favore visto che per la prima volta in una normativa si parla a chiare lettere di credito responsabile, che è sicuramente l’elemento cui puntare per evitare i rischi del sovraindebitamento.
Altroconsumo da sempre sostiene che è importante che il consumatore tenga sotto controllo tutte le sue rate (mutui, prestiti, carte revolving), in modo che la somma totale delle rate da pagare non superi mai il 30% delle entrate mensili. Questa è una percentuale che può essere un’utile barriera a situazioni di disagio in caso di eventi imprevedibili come ad esempio una malattia o la perdita del lavoro.
Riteniamo anche che gli operatori dovrebbero offrire credito in maniera responsabile; dunque verificando anche l’esposizione del soggetto verso altre banche o finanziarie. Cosa possibile visto l’esistenza delle centrali rischi private in cui sono registrate anche le richieste di finanziamento.
In questo modo le centrali rischi potrebbero assolvere un importante ruolo nella concessione di un credito davvero sostenibile.
E’ indubbio che il credito al consumo sia una risorsa che amplia le possibilità di consumo e di investimento di molti soggetti, però occorre che sia un credito responsabile.
Ci sono infatti degli elementi che possono renderlo rischioso:
- la finanza comportamentale parla di distorsioni comportamentali, dovuti all’influenza sociale che porta ad indebitarsi per avere l’auto di moda o il cellulare ultimo modello;
- c’è poi un’asimmetria informativa che fa si che il consumatore abbia spesso delle informazioni non esatte;
- chi si indebita è spesso caratterizzato da un eccesso di ottimismo, pensa che gli eventi negativi possano accadere solo agli altri e non a lui, per questo motivo non ci si assicura dai rischi di eventi imprevisti che statisticamente possono accadere;
- c’è poi l’illusione del controllo; gli operatori offrono una linea di credito, il consumatore l’accetta pensando che non la utilizzerà mai tutta, ma nella maggior parte dei casi accade che la linea viene utilizzata tutta se non anche di più.
Riteniamo, quindi, che sia utile un intervento pubblico, poiché il dissesto ha un costo sia per la famiglia del sovraindebitato, che per il sistema giudiziario che spesso impiega degli anni per risolvere le crisi, che per gli altri creditori perché spesso si è sovraesposti con più soggetti.
Il mercato non si autoregola e dunque l’intervento esterno può essere utile.
Il consumatore potrebbe non avere mai gli elementi per una scelta consapevole, perché il credito è pubblicizzato con la propaganda e con la manipolazione e il marketing fa emergere le distorsioni conoscitive.
Occorre una trasparenza rafforzata che metta in luce dai rischi del credito e del sovraindebitamento (come previsto dalla nuova Direttiva sul credito al consumo).
Occorre un “soft paternalism”: certe forme tecniche non sono adatte a certi soggetti e occorre la contromanipolazione e far sentire le sensazioni negative del sovraindebitamento.
La sola educazione finanziaria non basta, non la si può sopravvalutare.
Occorre anche dare assistenza agli indebitati con debt council e meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie.
Per fortuna in Italia il problema relativo al sovraindebitamento è ancora poco sentito.
Solo l’1% delle famiglie italiane (circa 93.000 famiglie) ha delle rate che complessivamente superano il 50% del loro reddito disponibile e ovviamente questa percentuale li rende molto sensibili al problema del sovraindebitamento.
In realtà quanto proposto dalla nuova direttiva in tema di credito responsabile è comunque ben poca cosa rispetto alla portata del problema.
Analogamente a quanto già fatto in altri Paesi Europei (Francia, Germania, ecc.), che hanno conosciuto prima di noi i rischi e le conseguenze del sovra indebitamento, e la cui esperienza dovrebbe essere quindi presa in seria considerazione in Italia per prevenire questa pericolosa degenerazione del mercato del credito al consumo, occorre da un lato istituire servizi di informazione e di assistenza preventiva al consumatore per una corretta valutazione dei rischi finanziari in relazione alle capacità economiche individuali e familiari e, dall’altro, introdurre speciali procedure giudiziarie in caso di insolvenza del consumatore, finalizzate al ripianamento complessivo dei propri debiti. E’ quello che cerca di fare il nuovo Disegno di Legge C2364- "Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento"- approvato il 1 aprile al Senato e che attualmente è in discussione alla Commissione Giustizia della Camera per l’approvazione definitiva12.
Ricordiamo comunque che esistono attualmente numerose ed estese banche dati (le c.d. centrali rischi) che raccolgono le informazioni relative a coloro che accedono a prestiti, che custodiscono il passato finanziario di ciascun debitore e che sono consultate da banche e finanziarie quando viene richiesta l’erogazione di un credito. La gestione e il funzionamento di queste banche dati sono state recentemente regolamentate, anche se a nostro parere in modo insufficiente, a seguito dell’approvazione del codice deontologico da parte del Garante della Privacy, entrato in vigore all’inizio del 2005: i rischi e le conseguenze per il consumatore derivanti dall’essere identificato come “cattivo pagatore” restano tuttora eccessivamente elevati, ma soprattutto, resta il fatto che queste banche dati sono utilizzate esclusivamente a svantaggio dei consumatori e, benché consultate da banche e finanziarie prima di decidere l’erogazione di un prestito, non determinano alcuna forma di responsabilizzazione dei finanziatori in caso di erogazione di prestiti a soggetti già troppo indebitati. Questo dovrebbe costituire uno dei punti più significativi della nuova proposta della direttiva comunitaria sul credito al consumo.
11) L’estinzione anticipata.
La mobilità del cliente è essenziale per garantire la concorrenza nel mercato. Il consumatore che sottoscrive un finanziamento ha sempre la possibilità di estinguerlo anticipatamente e lo deve poter fare senza aggravi di costi. Per questo occorre pensare ad un rimborso del rateo del premio assicurativo pagato per il prestito ed eliminare le penali di estinzione anticipata.
12 Il Disegno di Legge dà anche una definizione di sovraindebitamento: una situazione di perdurante squilibrio economico tra le obbligazioni assunte e il patrimonio disponibile per farvi fronte. Saranno costituiti dagli enti pubblici degli organismi indipendenti iscritti in un apposito registro presso il Ministero della giustizia. Nel registro saranno iscritti di diritto, a semplice richiesta, gli organismi di conciliazione delle camere di commercio, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti e dei notai. In base al ddl il debitore sovraindebitato può proporre ai creditori con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi un accordo di ristrutturazione dei debiti sulla base di un piano che assicura il regolare pagamento dei creditori non compresi nel piano. Si può ricorrere a questa procedura una sola volta ogni tre anni e se si è in possesso di un reddito o di beni immobili, crediti o beni mobili. Il piano può essere garantito anche da terzi.
Nella nuova Direttiva sul credito al consumo é previsto che all’intermediario possa essere pagato un compenso equo e giustificato dai costi che ha dovuto sopportare con delle limitazioni:
• il compenso è dovuto solo se il tasso è fisso e non invece se è variabile;
• la penale è pari al massimo all’1% del capitale residuo
• se rimane massimo un anno alla fine dell’ammortamento la penale può essere pari al massimo allo 0,5% del capitale residuo.
Sicuramente si poteva fare di più, anche in considerazione del fatto che alcuni Paesi Europei non è prevista una penale per l’estinzione anticipata.
E’ lasciata la possibilità agli Stati Membri di prevedere il pagamento della penale solo se il capitale residuo supera un determinato importo (non superiore a 10.000 euro).
Inoltre si parla della possibilità per il consumatore di avere un indennizzo se la penale pagata non è equa o giustificata dai costi sopportati dall’intermediario; vedremo come questa previsione sarà declinata al momento del recepimento.
Noi riteniamo che nella legge di recepimento della nuova direttiva si debba allineare il costo dell’estinzione anticipata dei prestiti di credito al consumo con quello dei mutui. Grazie all’articolo 7 della legge 40/2007 tutti i mutui per l’acquisto(ristrutturazione di unità abitative e per ufficio ) non hanno una penale di estinzione anticipata, stessa cosa dovrebbe essere prevista per i finanziamenti di credito al consumo.
12) Le Autorità e il controllo del mercato.
Esistono dunque delle normative a tutela del consumatore che purtroppo molti operatori non rispettano. A questo punto è essenziale il ruolo delle Autorità di controllo che, come parti terze, dovrebbero garantire il buon funzionamento del sistema e tutelare soprattutto i diritti dell’anello debole, il consumatore. Nessuna legge è perfetta se non si sanzionano gli operatori scorretti che non la rispettano.
Sono 3 le Autorità chiamate a monitorare ed eventualmente sanzionare gli operatori del settore. Innanzitutto l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. L’Antitrust ha a nostro avviso un ruolo fondamentale nella tutela del consumatore che si rivolge al credito al consumo, infatti dovrebbe controllare la veridicità degli annunci pubblicitari ed interdire i messaggi che non riportano o riportano in maniera non corretta il Taeg del finanziamento.
La Banca d’Italia e il Ministero delle Attività Produttive sono le due Autorità chiamate dalla legge a controllare che i finanziamenti siano concessi da soggetti abilitati ed autorizzati. A nostro avviso dovrebbero esercitare maggiormente questa loro funzione di controllo facendo ispezioni continue anche negli esercizi commerciali dove sempre più spesso il credito al consumo è offerto al consumatore.
Si dovrebbero anche monitorare l’offerta del credito e quindi verificare la competenza professionale di chi offre finanziamenti di credito al consumo.
Sarebbe opportuno un investimento delle banche/finanziarie nella formazione delle persone che entrano in contatto con i consumatori chedevono essere in grado di fornire delle informazioni valide e corrette e soprattutto essere disponibili a fornirle.
Solo così il consumatore avrà la possibilità di scegliere confrontando le offerte.
Trasparenza significa concorrenza, vero stimolo di qualsiasi attività di mercato.
consumatori in cifre
II credito aI consumo
Алла Vixxаri
Sceлаrio di riferimeлto
l lettori di Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx e Xxxxxxx ricorderanno che abbiamo dedicato il focus del numero 2/2006 proprio al credito al consumo. Oggi, a distanza di circa due anni, aggiorniamo i dati del nostro lavoro con ulteriori spunti di ri- flessione.
Negli ultimi 5 anni, il credito al consumo in ltalia è cresciuto a ritmi molto elevati (circa +18% l'anno).
Fig. 1 – II credito aI consumo in ItaIia (2003-2006)
consistenze in milioni di euro
Fonte: elaborazione Altroconsumo su dati Banca d'ltalia.
Dall'ultimo Bollettino statistico della Banca d'ltalia risultano erogati, a giu- gno 2007, 93.821 milioni di euro sotto forma di credito al consumo. ln base ai dati di Assofin, i volumi sono così suddivisi: 39% in prestiti finalizzati per l'acquisto di auto e moto, 11% in altri prestiti finalizzati, 33% in prestiti diretti (personali e cessioni), 17% in carte revolving. Si tratta di un credito ancora buono, con poche sofferenze. l debiti finanziari delle famiglie a fine 2006 sono cresciuti dell'11%, raggiungendo quota 480 miliardi di euro. Un altro dato di-
Xxxx Xxxxxxx
AItroconsumo Associazione Indipendente di Consumatori
Consumatori, Diritti Mercato
1S5
e
numero 1/2008
Coлsumаtori iл cifre