RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
TEORIA E PRATICA DEL DIRITTO
CIVILE E PROCESSO
Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
INTRODUZIONE
L’indagine si propone di verificare se ed in che termini i « rimedi sinallagmatici » siano applicabili ai contratti « reali ».
Con l’espressione sintetica « rimedi sinallagmatici » si è soliti indi- care, come è noto, gli istituti della risoluzione per inadempimento (artt. 1453-1459 c.c.), dell’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.), dell’eccezione di sospensione (art. 1461 c.c.), della risoluzione per impossibilità sopravvenuta (artt. 1463-1466 c.c.), della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta (artt. 1467-1469), nonché l’istituto della rescissione del contratto (artt. 1447-1452 c.c.) (1).
Per tradizione, sono qualificati « reali » quei contratti che xxxxxx- dono ai fini del loro perfezionamento, oltre lo scambio dei consensi legittimamente manifestati, la consegna (traditio) della o delle cose che ne formano oggetto. Sono ritenuti per comune ammissione contratti reali: la donazione di modico valore (art. 783 c.c.); la caparra confir- matoria (art. 1385 c.c.); il riporto (art. 1549 c.c.); il contratto estima- torio (art. 1556 c.c.); il deposito (art. 1766 c.c.); il sequestro conven- zionale (art. 1798 c.c.); il comodato (art. 1803 c.c.); il mutuo (art. 1813 c.c.), lo sconto bancario (art. 1858 c.c.); il contratto costitutivo di pegno (art. 2786 c.c.) (2).
La problematica è delle più tormentate e controverse.
(1) Per l’uso di tale espressione già G. G. XXXXXX, Corrispettività e alea nei contratti, Istituto Editoriale Cisalpino, 1960, 48 e 56 ss.; v. anche R. SACCO, Il contratto, in Trattato di diritto civile, diretto da R. Sacco, 1993, t. 2°, 581 ss.; A. LUMINOSO, Risoluzione per inadempimento, in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, a cura di X. Xxxxxxx, lib. 4° Delle Obbligazioni, t. I, Art. 1453-1454, 1990, 1 e 3.
(2) Si concentrerà l’attenzione sui seguenti contratti: estimatorio (art. 1556 c.c.); deposito (art. 1766 c.c.); sequestro convenzionale (art. 1798 c.c.); comodato (art. 1803 c.c.); mutuo (art. 1813 c.c.) e contratto costitutivo di pegno (art. 2786 c.c.). Non si seguirà, però, la “progressione” attuata dal legislatore, bensì, la rilevanza che, nell’at- tuale economia, assumono le fattispecie richiamate. È parso, quindi, opportuno iniziare
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Per rendersi conto di ciò, basti pensare, quanto ai rimedi sinallag-
xxxxxx, alla divergenza di vedute che tuttora sussiste in merito alla nozione di corrispettività quale presupposto che li accomuna e ne determina l’ambito di applicazione. A complicare ulteriormente le cose contribuisce il riferimento di parte della dottrina ad un’ulteriore no- zione — quella di interdipendenza — « che, già considerata quale sinonimo di corrispettività, si vorrebbe invece a questa contrapporre allo scopo di allargare il campo di applicazione dell’eccezione di inadempimento ». Al problema del senso da attribuire al concetto di corrispettività si aggiunge, dunque, « quello del significato di un’inter- dipendenza, cui si tenta di attribuire la funzione di chiave di lettura “espansiva” di un riferimento normativo (art. 1460: “Nei contratti con prestazioni corrispettive” ecc.) altrimenti implicante una sorta di deli- mitazione aprioristica di ordine tassativo in ordine all’ambito di ope- ratività dell’exceptio, tale da provocare — una volta identificata la categoria logico-dommatica della corrispettività — l’esclusione delle ipotesi nelle quali tale schema non ricorra » (3).
Quanto ai contratti reali, è sufficiente porre mente alla diatriba sorta nel secolo scorso in merito a tale categoria. Con riferimento alla quale, in estrema sintesi, si può ricordare che a chi nega la stessa configurabilità e autonomia concettuale dei contratti reali rispetto a quelli consensuali (4) si contrappone chi si colloca quale suo convinto assertore, facendo notare come in tali fattispecie la « datio rei non parrebbe rappresentare (come nei contratti consensuali ad efficacia obbligatoria, tra i quali, altrimenti, esse andrebbero ricondotte) il momento esecutivo di un’obbligazione (di consegnare) derivante dal puro e semplice scambio dei consensi quale elemento necessario (ma anche sufficiente) ai fini della conclusione del contratto e fonte di tale obbligazione, bensì un quid attinente alla struttura stessa dell’atto, in
dal mutuo, per passare, poi, all’estimatorio e, infine, ai restanti contratti reali menzio- nati.
(3) L. XXXXXXXXX XXXX, Eccezione di inadempimento, 1991, in Dig. Disc. Priv., Xxx. Xxx., XXX, Xxxxxx, 000; v. anche, con riferimento all’eccezione di sospensione, X. XXXXXXXXX XXXX, Della risoluzione per inadempimento, t. II, Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, a cura di X. XXXXXXX, IV, Delle obbligazioni, (artt. 1460-1462), Bologna-Roma, 1988, 58 ss.
(4) Per es., G. OSTI, Contratto, in Noviss.DI., IV, Torino, 1959, 483 ss.
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quanto immediatamente collegato alla funzione economico-sociale cui l’atto stesso assolve (causa), momento imprescindibile di essa » (5). In posizione, per così dire, intermedia si trova, invece, chi, rispetto al mutuo, deposito e comodato, esprime l’equazione generale per cui i contratti in questione sarebbero consensuali quando onerosi e sareb- bero reali quando gratuiti, in quanto la consegna supplirebbe alla esilità della giustificazione causale (6).
Dedicati alcuni cenni ai profili generali dei singoli rimedi sinallag- matici, si punterà l’attenzione sulle nozioni di corrispettività (7) e interdipendenza, trattandosi di un aspetto fondamentale al fine di determinare se ed in che termini i rimedi in parola siano applicabili ai contratti reali (8). Si darà, invece, per risolto in senso positivo il problema generale dell’esistenza e dell’autonomia dei contratti reali rispetto a quelli consensuali, salvo trattare il profilo del perfeziona- mento con riferimento ai due contratti reali più rilevanti: mutuo e estimatorio.
Gli argomenti cui s’è accennato saranno così esposti: ad una
sintetica descrizione dei singoli rimedi sinallagmatici, limitata a quanto ritenuto essenziale nell’economia dell’indagine da compiere (9), seguirà
(5) L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, Diritto Civile 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1989, 568; e v. già X. XXXXXX, I contratti reali, Appunti delle lezioni, Xxxxxxx, Milano, 1975, passim.
(6) R. SACCO Il contratto, in Trattato di diritto civile, diretto da R. SACCO, 1993,
t. 1°, 1993, 704 ss. e 705 in nota 4; R. XXXXX, Xxxxx e consegna nella conclusione del mutuo, del deposito e del comodato, BBTC, I, 1971, 502.
(7) Un tema che negli ultimi anni ha ricevuto particolare attenzione da parte della dottrina e che possiede una indiscutibile rilevanza pratica è quello dei riflessi della nozione di corrispettività sulla fase postcontrattuale. Il tema è descritto con l’evocativa espressione del “sinallagma rovesciato”: v. E. XXXXXXXX, Il sinallagma rovesciato, Xxxxxxx, Milano, 2010.
(8) Nell’economia della presente indagine, attenzione sarà dedicata anche alle ulteriori rilevanti categorie dell’onerosità e della gratuità: x. xxx. 0, § 0.
(0) X. xxx. 0; quanto alla risoluzione per inadempimento, si dedicheranno alcuni cenni descrittivi soltanto a quella giudiziale. Giacché quella stragiudiziale (diffida ad adempiere: art. 1454 c.c.; clausola risolutiva espressa: art. 1456 c.c.; termine essenziale: art. 1457 c.c.) non pone, rispetto ai contratti reali, problemi specifici. Quanto all’isti- tuto della rescissione (artt. 1447-1452 c.c.), non si tratterà la figura del contratto concluso in stato di pericolo (art. 1447 c.c.), poiché scarsa si è rivelata la rilevanza pratica della questione. Qualche maggior attenzione sarà dedicata alle eccezioni di inadempimento e di sospensione.
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(10)
X. xxx. 0; inTqeuremll’ainmebietos,tarlacuttnoi ccenanpiistaorlaonno dedicati anche al fenomeno
particolare della c.d. ritenzione privilegiata.
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X. xxx. 0.
X. xxx. 0.
X. xxx. 0.
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la descrizione delle nozioni di corrispettività e interdipendenza (10) e, infine, l’analisi dei riflessi applicativi della corrispettività e dell’interdi- pendenza con riferimento al mutuo (11), al contratto estimatorio (12) e ai restanti contratti reali (13).
CAPITOLO 1
RIMEDI SINALLAGMATICI. PROFILI GENERALI
Sommario: 1. Risoluzione per inadempimento. — 2. Eccezione di inadempimento ex
art. 1460 c.c. — 2.1. Eccezione di inadempimento come eccezione sostanziale. —
2.2. Presupposti e condizioni su cui si fonda il rimedio. — 2.2.1. Inadempimento.
— 2.2.2. Mancanza dell’offerta. — 2.2.3. Ordine cronologico delle prestazioni. —
2.2.4. Buona fede ed eccezione di inadempimento. — 3. Eccezione di sospensione ex art. 1461 c.c. — 3.1. Presupposti. Mutamento in peius delle condizioni patrimoniali dell’altro contraente. — 3.1.1. Caratteri della prestazione messa in pericolo. — 3.1.2. Ordine cronologico delle prestazioni. — 3.2. Xxxxx tendenti ad impedire la sospensione o ad eliminarne gli effetti. — 4. Risoluzione per impos- sibilità sopravvenuta. — 4.1. Contratto con effetti traslativi o costitutivi. Impos- sibilità nel contratto plurilaterale. — 5. Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. — 5.1. Presupposti: i contratti ad esecuzione continuata o perio- dica ovvero a esecuzione differita. — 5.1.1. La « prestazione » colpita dall’ecces- siva onerosità. — 5.1.2. Eccessiva onerosità. — 5.1.3. Avvenimenti straordinari ed imprevedibili. — 5.2. Offerta di equa modifica delle condizioni del contratto. —
5.3. Contratto con obbligazioni a carico di una sola parte. — 6. Azione generale di rescissione per lesione. — 6.1. Legittimazione attiva, prescrizione, inammissi- bilità della convalida, irrinunciabilità dell’eccezione di rescindibilità. — 6.2. Of- ferta di riconduzione del contratto « ad equità ».
1. Risoluzione per inadempimento
L’art. 1453 c.c., relativamente ai contratti con prestazioni corri- spettive e nell’eventualità in cui uno dei contraenti si renda inadem- piente, concede all’altro una duplice alternativa, consentendogli, a sua scelta, di chiedere l’adempimento o la risoluzione del rapporto. Fermo restando, in ogni caso, il risarcimento degli eventuali danni (art. 1453, 1° co., c.c.). La proposizione del giudizio diretto ad ottenere la condanna del debitore ad adempiere non impedisce al creditore di chiedere la risoluzione. Mentre se quest’ultimo abbia, prima, agito in risoluzione, non potrà, poi, pentirsene domandando l’adempimento
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
(art. 1453, 2° co. c.c.). All’inadempiente è fatto divieto di adempiere dalla data della domanda di risoluzione (art. 1453, ult. co. c.c.).
Il rimedio in esame si colloca, dunque, nella tematica dell’inadem- pimento rappresentando una delle sue possibili conseguenze. Ciò, naturalmente, a condizione che si tratti di « contratti con prestazioni corrispettive » (1).
Un requisito fondamentale ai fini della risoluzione è rappresentato dall’importanza dell’inadempimento. Come è noto, infatti, non ogni
inadempimento può darvi luogo ma soltanto quello che sia di non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse della parte non inadem- piente (art. 1455 c.c.).
A proposito delle ragioni della regola sancita nell’art. 1455 c.c., è stato di recente evidenziato che essa, da un lato, si ispira ad una ratio di proporzionalità; dall’altro, si spiega come prevenzione di comportamenti pretestuosi suscettibili di dissolvere il valore del vincolo contrattuale (2).
(1) Alla categoria della corrispettività sarà dedicata, per le ragioni già note, specifica attenzione in altra parte dell’esposizione (v. cap. 2). In questa sede ci si limita a ricordare, in estrema sintesi, che ad una nozione rigorosa di corrispettività, nella quale a venire in considerazione sono solo quei rapporti contrattuali in cui ciascuna parte riveste contemporaneamente la duplice veste di debitore e di creditore e le prestazioni risultano legate da un preciso nesso (sinallagma), di tal che una possa dirsi causa efficiente dell’altra, si tende a preferire una nozione più ampia che, anziché puntare l’obiettivo sull’obbligazione (e sulla prestazione, quale attività del debitore diretta all’adempimento), faccia leva sul concetto di attribuzione patrimoniale. In quest’ottica, piuttosto che di rapporti con prestazioni corrispettive si predilige parlare di rapporti con attribuzioni patrimoniali corrispettive, in modo da comprendere in essi anche i casi nei quali la corrispettività non corra, propriamente, tra prestazioni; cfr. L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, Diritto civile, 3, 1989, Torino, 164-166; da questa impostazione (fatta propria anche dalla Corte di Cassazione con riferimento al contratto reale di mutuo: cfr. Cass. 21 febbraio 1995, n. 1861, VN, 1996, 243-250; Giur. it., 1996, I, 1, 998, in merito alla quale x. xxxxxxx xxxxx xxx. 0, § 0.0., 1.3.) discende che la risoluzione per inadempimento potrà riguardare tutti i contratti nei quali una simile corrispettività si realizzi qualora, naturalmente, il sinallagma risulti comunque alterato (v. però art. 1455 c.c.).
(2) V. V. XXXXX, Il contratto, Trattato di Diritto Privato a cura di Xxxxxx e Xxxxx, Xxxxxxx, Milano, 2001, 961, il quale osserva che « tutti gli inadempimenti ingiustificati (e imputabili all’inadempiente) sono fonte di responsabilità e risarcimento. Invece non tutti gli inadempimenti ingiustificati sono causa di risoluzione: “Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra” (art. 1455). La regola si spiega con una ratio di proporzionalità: la risoluzione è un rimedio pesantissimo, perché distrugge il contratto; sarebbe
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PROFILI GENERALI
In merito agli elementi su cui si fonda il criterio dell’importanza dell’inadempimento non sussiste tra gli interpreti uniformità di vedute. Secondo l’impostazione preferibile ad assumere rilevanza dovreb- bero essere fattori di ordine eminentemente quantitativo, quali, per esempio, un ritardo prolungato, un’inesattezza qualitativa, tale da
determinare l’inutilizzabilità della cosa ai fini convenuti, ecc. (3).
Il fatto che nell’art. 1455 c.c. sia dato risalto all’interesse di una sola delle parti esclude che, al fine di stabilire l’« importanza » dell’inadem- pimento, possa giocare il criterio della buona fede oggettiva (artt. 1175, 1375). Trattandosi di un criterio essenzialmente bilaterale e qualitativo, lo stesso vale, piuttosto, ai fini del giudizio (non circa l’importanza, ma) circa la stessa qualificazione di un fatto come inadempimento (4).
Gli effetti della risoluzione, com’è noto, sono regolati dall’art. 1458 c.c.: nel primo comma della disposizione è sancita la regola dell’effica- cia retroattiva della risoluzione, alla quale per espressa previsione normativa, fanno eccezione i contratti ad esecuzione continuata o periodica, rispetto ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite (5). Da essa discende che la parte inadempiente se ha già ricevuto la prestazione dovrà restituirla alla controparte.
Nel secondo comma dell’art. 1458 c.c., è stabilita l’esclusione di ogni effetto retroattivo della risoluzione nei confronti dei terzi. La regola, tuttavia, non è priva di eccezioni. Una è espressamente prevista dalla disposizione in esame e si riferisce agli effetti della trascrizione della
esagerato applicarlo a casi in cui il mal funzionamento del rapporto è molto leggero (e in cui scatta comunque il rimedio risarcitorio). Si spiega anche come prevenzione di comportamenti pretestuosi, suscettibili di dissolvere il valore del vincolo contrattuale: senza la regola, la parte pentita del contratto potrebbe prendere a pretesto qualunque trascurabile inesattezza nella prestazione di controparte (nulla è mai perfetto!), per svincolarsene con la risoluzione. Di fatto, avrebbe ingresso un generalizzato potere di recesso unilaterale. In questa prospettiva è giusto vedere alla base dell’art. 1455 anche il principio di buona fede contrattuale ».
(3) V. L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, op. ult. cit., 1989,
167.
(4) Cfr. L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, op. cit., 1989, 167.
(5) Sul significato che la retroattività riveste nel diritto italiano, una analisi
approfondita di respiro comparatistico la si può leggere in E. XXXXXXXX, Il sinallagma rovesciato, Xxxxxxx, Milano, 2010, 356 ss., passim; v. anche R. XXXXX, Il contratto, Trattato di diritto civile, diretto da Xxxxx, 1993, t. 2°, 1993, 633 ss. xx xxx le questioni interpretative sollevate dal dettato normativo.
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domanda di risoluzione. L’operare dei quali fa sì che i terzi subacquirenti di beni sottoposti a tale regime di pubblicità siano pregiudicati se ac- quistano diritti in base a un atto trascritto (o iscritto) dopo che sia stata trascritta la domanda diretta a risolvere il contratto. Una seconda ecce- zione è individuata in ragione della regola sancita nell’art. 111 c.p.c. (c.d. successione nel diritto controverso) (6).
2. Eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.
L’antecedente diretto del rimedio è ravvisato nelle codificazioni di tipo germanico.
Vigente il x.x. xxx 0000, xx xxxxxxxx x xx xxxxxxxxxxxxxx xx erano pro- nunciate in favore dell’ammissibilità dell’eccezione di inadempimento come istituto di carattere generale, sebbene in quel corpo normativo non esistesse una norma analoga all’attuale art. 1460 c.c. (7).
Una sua prima formulazione è identificata nell’art. 48 del Progetto italo-francese delle obbligazioni (8).
Il fondamento e la natura del rimedio è, tuttora, oggetto di discussione (9).
(6) V. V. XXXXX, Il contratto, cit., 2001, 947, il quale evidenzia che « Un limite più generale risulta dai principi processuali in tema di efficacia delle sentenze nei confronti dei terzi. Se X acquista da B dopo che è stata domandata in giudizio la risoluzione del contratto fra A e B, si ha la situazione regolata dall’art. 111 c.p.c. (successione a titolo particolare nel diritto controverso): X può intervenire o essere chiamato nel processo, e la sentenza produce effetti anche contro di lui; quando poi la sentenza passi in giudicato, essa « fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa » (art. 2909), dunque anche nei suoi confronti. Se la sentenza risolve l’acquisto di B, tale risoluzione è perciò opponibile a X. In conclusione: l’inopponibilità della risoluzione ai terzi vale solo a favore dei terzi che abbiano acquistato prima dell’avvio del giudizio che l’ha determinata; se invece X acquista in pendenza del giudizio che si concluderà con la risoluzione, questa gli è opponibile (ciò non toglie che X possa ugualmente salvare il suo acquisto in base a qualche regola speciale, come
« possesso vale titolo » ex art. 1153) ».
Termine estratto capitolo
(7) Sul punto, cfr. G. G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, Xxxxxxx, Milano, 1942, 133 ss., 297 ss.; A. BUTERA, Del diritto di ritenzione, Società Editrice del
« Xxxx Xxxxxxxx », Xxxx, 0000, 126 ss.
(8) L. XXXXXXXXX XXXX, Eccezione di inadempimento, DI, VII, 1991, 333 nota 2.
(9) In vario senso, G. G. AULETTA, cit., 1942, 306; X. XXXXXXX, L’eccezione di inadempimento, Xxxxxxx, Milano, 1955, 8 ss.; X. XXXXXXXXX, Eccezione di inadempi- mento, Ed. XIV, Xxxxxxx, Milano, 1965, 234.
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CAPITOLO 2
CORRISPETTIVITÀ E INTERDIPENDENZA
Sommario: 1. Corrispettività. — 1.1. Corrispettività e contratti reali. — 1.2. Corrispet- tività e contratti reali nella giurisprudenza: questione relativa al mutuo oneroso. —
1.3. Carattere sinallagmatico o meno dell’obbligazione di restituire nei contratti cc.dd. restitutori. — 2. Contratti con obbligazioni a carico di una sola parte. —
3. Un tertium genus: la categoria dei contratti bilaterali imperfetti. Critica. —
4. Onerosità e gratuità. — 5. Interdipendenza. — 5.1. Configurazione dell’inter- dipendenza come nozione autonoma da contrapporre a quella di corrispettività.
— 5.2. Posizione di altra dottrina. — 5.2.1. Interdipendenza vista come « nozione diversa da e da porre accanto a quella di corrispettività ». Contenuto e risvolti applicativi. — 5.3. Posizione della dottrina più liberale sull’ambito di applicazione dell’eccezione di inadempimento. — 5.4. Interdipendenza in giurisprudenza. —
5.5. Interdipendenza e fase c.d. postcontrattuale. 6. La c.d. ritenzione privilegiata.
1. Corrispettività
Un corretto approccio al problema del senso da attribuire al concetto di corrispettività suggerisce di prendere le mosse dal dato normativo di riferimento contenuto nel Codice civile italiano del 1865 e dal dibattito dottrinale che ne ha accompagnato la stesura.
Il Codice civile abrogato, come è noto, negli artt. 1099 e 1100 distingueva i contratti in bilaterali ed unilaterali, definendo i primi come i contratti nei quali « i contraenti si obbligano reciprocamente gli uni verso gli altri » e i secondi come i contratti nei quali « una o più persone si obbligano verso una o più persone, senza che queste ultime incontrino alcuna obbligazione ».
Tale distinzione era ascrivibile alla dottrina sistematica di Xxxxxxx il quale elaborava una serie di ripartizioni all’interno della materia contrattuale. L’Autore, infatti, oltre alla distinzione tra contratti reali e consensuali (ripartizione desunta dal diritto giustinianeo) e tra contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito, distingueva sulla base dei
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
risultati raggiunti dal diritto comune tra contratti unilaterali e bilate- rali (1).
Gli insegnamenti di Xxxxxxx trovavano pieno riscontro nel Code Napoléon nel quale, si stabiliva nelle disposizioni preliminari « Des contrats ou des obligations conventionnelles en général », che « Le contrat est synallagmatique ou bilatéral lorsque les contractants s’obligent
réciproquement les uns envers les autres » e che « Il est unilatéral lorsqu’une ou plusieurs personnes sont obligées envers une ou plusieurs autres, sans que de la part de ces dernières il y ait d’engagement » (artt. 1102, 1103 lib. III, tit. III, cap. I).
Il Codice civile italiano del 1865, come s’è detto, non si discostava da questa linea, riportando nelle « disposizioni preliminari » sui con- tratti le definizioni di contratto bilaterale ed unilaterale.
A caratterizzare la prima di tali figure contrattuali, come è noto, si riteneva che non fosse sufficiente l’esistenza di uno schema complesso nel quale ciascuna parte rivestisse contemporaneamente la veste di debitore e di creditore, ma che occorresse anche un particolare nesso intercorrente tra i due rapporti obbligatori, che si era soliti qualificare in termini di corrispettività o di interdipendenza (2).
Il Codice del 1865, allo stesso tempo, allontanandosi dalla dottrina di Xxxxxxx dalla quale, come accennato, mutuava le definizioni di contratto unilaterale e bilaterale, attribuiva una maggiore estensione
(1) X. XXXXXXX, Traité des obligations, selon les regles tant du for de la conscience, que du for extérieur, t. I, Paris, M., DCC., LXXVII., 15-20, n. 8:« Les synallagmatiques ou bilatéraux sont ceux par lesquels chacun des contractants s’engage envers l’autre. Tels sont les contracts de vente, de louage etc. Les unilatéraux son ceux par lesquels il n’ya que l’un des contractans qui s’engage envers l’autre (...) ».
(2) Xxx. X. XXXX, Xxxxxxx xxxxxxxxx, X-XX, Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 634-635: « Il contratto bilaterale suole anche chiamarsi sinallagmatico; e la dottrina mette in particolare evidenza che a costituirne l’essenza non basta che dal contratto sorgano o possano sorgere obbligazioni a carico di entrambe le parti, bensì è necessario il concorso di questi requisiti: 1) che le obbligazioni abbiano causa immediata dal contratto, che cioè esse sorgano direttamente e immediatamente da esso; 2) che le obbligazioni rispettive delle parti siano in un rapporto reciproco di corrispettività »; v. anche X. XXXXXXXXX, Diritto Civile Italiano, Parte seconda, Diritto delle Obbligazioni, vol. secondo, Dei contratti in generale, Padova, 1936, 19; R. DE XXXXXXXX, Istituzioni di diritto civile, III, Diritti di Obbligazione. Diritto ereditario, 6a ed., Principato, Milano- Messina, s.d., 250-251; nonché A. CATAUDELLA, Bilateralità, corrispettività ed onerosità del contratto, Studi in onore di Xxxxxxx, Diritto Civile, I, Padova, 1970, 270.
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CORRISPETTIVITÀ E INTERDIPENDENZA
all’efficacia del contratto, sancendo, nell’art. 1125, un nuovo principio, quello secondo il quale: « Nei contratti che hanno per oggetto la traslazione della proprietà o di altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmette e si acquista per effetto del consenso legittimamente manife- stato, e la cosa rimane a rischio e pericolo dell’acquirente, quantunque non ne sia seguita la tradizione ».
Il pensiero di Xxxxxxx, infatti, non ammetteva che effetti reali potessero derivare immediatamente da un contratto e, in perfetta coerenza con questo presupposto, elaborava la distinzione tra contratti bilaterali ed unilaterali (3).
Alcuni autori, preso atto della ormai riconosciuta efficacia reale del contratto, cominciavano, già sotto il vigore del Codice abrogato, a ritenere la definizione dell’art. 1099 troppo ristretta (4).
Ciò, anche e soprattutto in virtù del fatto che sotto l’impero del Codice del 1865 il principio della risolubilità dei contratti per inadem- pimento di una delle parti (espresso nella forma di condizione risolu- tiva sottintesa: art. 1165) era ammesso solamente per i « contratti bilaterali » (5). Così che, senza ragione, restavano escluse dal rimedio della risoluzione per inadempimento tutta una serie di fattispecie negoziali che attuano prestazioni corrispettive, tra le quali, per quello
(3) X. X. XXXX, Xxxxxxxxx, Xxxxxx. XX, XX, Xxxxxx, 0000, 490; v. anche G. OSTI,
Contratto (concetto, distinzioni), Nuovo DI, IV, Torino, 1938, 39.
(4) V. M. ALLARA, La prestazione in luogo di adempimento, Annali del Seminario di Palermo, XIII, 1929, 75 in nota 1: « È qui da osservare l’inesattezza del nostro legislatore, il quale definendo all’art. 1099 detto contratto quello per cui i contraenti si obbligano reciprocamente gli uni verso gli altri, è di nuovo caduto in quella ristretta concezione del contratto che egli svincolandosi dal modello francese pur aveva abbandonato nell’articolo precedente a proposito della definizione generale del con- tratto ».
(5) X. X. XX XXXXXXXX, xx. xxx., x.x., 000: « Ora sotto più aspetti esplica la sua funzione questa distinzione. Solo ai contratti bilaterali (e non rientrano in essi i bilaterali imperfetti, che restano sempre unilaterali) è applicabile la condizione risolu- tiva tacita, per la quale mancando l’uno dei contraenti alla propria obbligazione l’altro può in suo danno domandare la risoluzione del contratto, ove non preferisca agire per costringerlo all’adempimento (art. 1165); solo per essi può parlarsi della exceptio non adimpleti contractus, che dà diritto a ciascun dei contraenti di rifiutar l’esecuzione della propria obbligazione, se l’altro agisca senza aver adempiuto alla sua »; cfr. anche G. OSTI, op. cit., 1973, 638-639.
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
che qui interessa, quelle reali (6). Si pensi, per esempio, al mutuo feneratizio, la cui tradizionale configurazione nei termini di contratto reale e unilaterale (7), rendeva inapplicabile la condizione risolutiva tacita di cui all’art. 1165 c. abr. nel caso in cui il mutuatario non pagasse gli interessi (8).
Questa « sostanziale ingiustizia », come è stato osservato, portava la giurisprudenza a configurare in capo al mutuante l’obbligazione di lasciare la quantità di cose a disposizione del mutuatario per il tempo determinato dal contratto o per quello necessario allo scopo di utilità per cui la quantità di cose fu data, in modo da farlo rientrare nella definizione dell’art. 1099 c. abr (9).
(6) Sul punto, cfr. G. G. XXXXXX, Osservazioni sui contratti a prestazioni corrispet- tive, RDCo, 1958, 455.
(7) Cfr. G. OSTI, op. cit., 1973, 640.
(8) X. X. XX XXXXXXXX, xx. xxx., x.x., 000-000: « Le obbligazioni che ne nascono sono ex uno latere, cioè tutte a carico del mutuatario, trattandosi pur qui di contratto unilaterale. Deve ripetersi pel mutuante quanto s’è di sopra osservato circa il como- xxxxx, che non può prima del tempo debito domandar la restituzione; ne influisce punto sulla unilateralità il patto degli interessi, che se mai aggiunge una seconda obbligazione a carico del mutuatario, non crea al mutuante la posizione di obbligato. È dunque da dichiarare inapplicabile a questo contratto la condizione risolutiva tacita dell’art. 1165: perché il mutuante possa ad es. in un mutuo fruttifero domandar l’anticipata restituzione del capitale se il mutuatario indugi nel pagamento degli interessi, o in un mutuo da restituirsi a rate la decadenza dal beneficio del termine per indugio nella solutio d’una delle rate, occorre un patto speciale ».
Termine estratto capitolo
(9) V. G. OSTI, op. cit., 1959, 492-493: « Sennonché, vigendo il Codice del 1865, c’era il problema già accennato della risolubilità del mutuo quando il mutuatario non pagasse regolarmente gli interessi, problema, che si sentiva di non poter risolvere in modo diverso da come lo risolveva l’art. 1165 per i contratti bilaterali, senza una sostanziale ingiustizia: sicché la nostra giurisprudenza, antivenendo i tentativi di ricostruzione dommatica di cui ora faremo cenno, ne fu sospinta a sottoporre a critica la tesi tradizionale sulla natura del contratto, cercando di dimostrare che dal contratto reale (di comodato o di mutuo) non sorge semplicemente l’obbligazione di restituire la cosa (cosa determinata o quantità di cose), a carico di colui che la riceve, bensì anche, e necessariamente, a carico di chi dà la cosa, l’obbligazione di lasciare la cosa (o la quantità di cose) a disposizione del ricevente per il tempo determinato dal contratto, o per quello necessario allo scopo di utilità per cui la cosa fu consegnata (o data). E parve, altresì, che ad una tale ricostruzione fornissero appoggio testuale le disposizioni degli artt. 1815 e 1825 (del Codice del 1865), la prima delle quali, in tema di comodato, affermava che “il comodante non può ripigliare la cosa data a prestito, fuorché decorso il termine convenuto, ecc.”, la seconda, in tema di mutuo, negava al mutuante il diritto
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CAPITOLO 3
RIMEDI SINALLAGMATICI NEL MUTUO
Sommario: 1. Premessa. — 2. Problema della realità del mutuo. — 2.1. Mutuo quale tipico contratto reale. — 2.2. Modi, surrogati e oggetto della consegna. —
2.3. Questioni legate alla realità. — 3. Effetto traslativo. — 4. Obbligo di corrispondere gli interessi. — 4.1. Nullità del patto sugli interessi usurari. Originaria formulazione dell’art. 1815, 2° co., c.c. — 4.2. Innovazioni introdotte dalla riforma legislativa in materia di repressione dell’usura (l. 108/1996) nel settore penale. — 4.3. Innovazione introdotta nel settore del diritto civile. —
4.3.1. Fondamento giuridico dell’art. 1815, 2° co., c.c. — 4.3.2. Efficacia della legge nel tempo. — 4.3.3. Usurarietà sopravvenuta. — 5. Obbligo di restituire. —
5.1. Termine per la restituzione fissato dalle parti (art. 1816 c.c.). — 5.2. Termine per la restituzione fissato dal giudice (art. 1817 c.c.). — 5.3. Mutuo quale contratto di durata. — 5.4. Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione (art. 1818 c.c.). — 5.5. Restituzione rateale (art. 1819 c.c.). — 5.6. Restituzione in unica soluzione al termine del rapporto. Profilo patologico. — 5.7. Restituzione avente ad oggetto una somma di denaro. — 5.7.1. Obbligazione di restituire portabile. —
5.7.2. Obbligazione di restituire chiedibile. — 5.7.3. Tutele. — 5.8. Inesattezza quantitativa e qualitativa. — 5.9. Restituzione avente ad oggetto cose diverse dal denaro. — 5.10. Precisazioni. Decadenza dal beneficio del termine (art. 1186 c.c.). Profilo probatorio. — 6. Risoluzione per inadempimento e mutuo. — 6.1. Posi- zione del mutuante. — 6.2. Posizione del mutuatario. — 7. Risoluzione per impossibilità sopravvenuta: premesse e richiami. — 7.1. Impossibilità sopravve- nuta e mutuo. — 7.2. Impossibilità sopravvenuta e obbligo del mutuatario di restituire a fine rapporto il tantundem. — 7.3. Impossibilità sopravvenuta e obbligazione di corrispondere gli interessi. Obbligazione corrispettiva diversa dagli interessi. — 8. Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. — 8.1. Po- sizione del mutuante. — 8.2. Posizione del mutuatario nel mutuo oneroso. —
8.3. Posizione del mutuatario nel mutuo gratuito. — 9. Rescissione per lesione e mutuo. — 10. Eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. — 11. Eccezione di sospensione ex art. 1461 c.c. — 12. Particolarità dello strumento previsto dall’art. 1822 c.c.
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
1. Premessa
Nel tracciare i profili generali della fattispecie, nell’ottica di meglio comprendere l’aspetto particolare dell’applicabilità al mutuo dei rimedi sinallagmatici, si distinguerà il profilo del perfezionamento dell’atto da quello degli effetti che da esso conseguono.
Le norme di riferimento sono contenute nei primi tre articoli della disciplina che il Codice civile dedica al mutuo. Dall’art. 1813 c.c. si trae, per un verso, la realità dell’atto; per l’altro, l’obbligo di restitu- zione del tantundem; mentre il trasferimento della proprietà delle cose fungibili date a mutuo e, ma allora solo se si tratti di mutuo oneroso, l’obbligo di corrispondere gli interessi sono deducibili, rispettivamente, dagli artt. 1814 e 1815 c.c. (1).
(1) È tuttavia opportuno avvertire che la descrizione del meccanismo effettuale che scaturisce dal contratto di mutuo che si evince dal dettato letterale e che vede soltanto il mutuatario, e non anche il mutuante, gravato da obblighi, pur essendo costantemente seguita dalla giurisprudenza, non è condivisa da tutta la letteratura civilistica. Una parte minoritaria della dottrina, che accetta la tesi della consensualità del mutuo, ritiene che debitore sia, innanzitutto, il mutuante cui farebbe capo, oltre l’obbligazione di consegnare il denaro o le altre cose fungibili promesse, quella di far godere al mutuatario per tutta la durata del contratto il valore delle cose consegnategli. Nonché quella — che costituisce un corollario della precedente — di non chiedere la restituzione prima del termine stabilito. Il mutuatario, in questa prospettiva, assume- rebbe la posizione di debitore solamente nel caso in cui sia pattuita la corresponsione degli interessi a favore dell’altra parte: cfr., ad esempio, X. XXXXXXX, Il comodato. Il mutuo, Trattato di diritto civile italiano, diretto da Xxxxxxx, t. 2°, fasc. 5 e 6, Torino, 1957, 132, 138, 139. Nei confronti di tale costruzione sono state mosse critiche convincenti. Un simile procedimento è parso inammissibile alla luce del dettato normativo dell’at- tuale codice, nel quale sono fissati chiaramente i limiti del diritto (di recesso) del tradens e messo l’accento sulla corrispondente obbligazione di restituire dell’accipiens (artt. 1816-1819 c.c.); cfr. X. XXXXXX, I contratti reali, Appunti delle lezioni, Xxxxxxx, Milano, 1975, 125, il quale fa notare come « simili obbligazioni » non abbiano « alcun fondamento, come dimostra un esame, anche superficiale, della normativa contenuta nel codice. Si è speculato, in realtà, sulla sistematica di quello abrogato, che faceva specifico riferimento alle « obbligazioni del comodante » (artt. 1815-1818) ed alle
« obbligazioni del mutuante » (artt. 1824-1827), regolando, tuttavia, aspetti secondari e meramente eventuali (artt. 1816, 1818, 1824), corrispondenti a quelli ora contemplati nell’art. 1808, comma 2 (rimborso delle spese straordinarie sostenute dal comodatario per la conservazione della cosa), e negli articoli 1812, 1821 (responsabilità per i danni causati dalle cose comodate o mutuate) e, per questa stessa loro eventualità, irrilevanti ai fini di una caratterizzazione dei due contratti in un senso o nell’altro. Decisive erano,
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEL MUTUO
2. Problema della realità del mutuo
È il punto più tormentato e controverso perché legato ad una categoria — quella dei contratti reali — sulla quale non sussiste convergenza di vedute.
Volendo soltanto accennare al dibattito nella letteratura civilistica, assai vivace nel secolo scorso (2), si può rammentare, in estrema sintesi, come già ricordato nell’introduzione, che a chi nega la stessa configu- rabilità e autonomia concettuale dei contratti reali rispetto a quelli consensuali (3) si contrappongono coloro che ne sono, di quelle, convinti assertori (4). In posizione, per così dire, intermedia si trova invece chi, rispetto al mutuo, deposito e comodato, esprime l’equazione
però, apparse le disposizioni degli artt. 1815 e 1824, che stabilivano, la prima, che « il comodante non può ripigliare la cosa... fuorché decorso il termine convenuto, etc. », e, la seconda, che « il mutuante non può prima del termine convenuto domandare le cose prestate », traducendo, nei due casi, il « non può » con un « non deve » e credendo, così, di poter sostituire, ad una semplice impossibilità — indice dell’assenza o dei limiti di un diritto —, una necessità, idonea a dar luogo ad una obbligazione, sia pure negativa. Si tratta, tuttavia, di un procedimento arbitrario e, per ciò stesso, inammis- sibile. Ed il codice attuale ne dà conferma, fissando chiaramente i limiti del diritto (di recesso) del tradens e mettendo, ovviamente, l’accento sulla corrispondente obbliga- zione di restituire dell’accipiens (artt. 1809, 1810, 1816-1819) ». Critiche egualmente persuasive sono state rivolte alle altre costruzioni (per cui, X. XXXXXXX, Xxxxxxx sui contratti reali, RISG, 1932, 200; E. XXXXXXXXX, I contratti di credito, Padova, 1953, 166) tendenti ad introdurre nello schema del mutuo un’obbligazione in capo al mutuante: le si possono leggere in X. XXXXXXXXXXX, Comodato e mutuo, Trattato Grosso e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Milano, 1972, 65.
(2) V., da ult., A. ORESTANO, Schemi alternativi, Tratt. Contr. diretto da Xxxxx, I, Formazione, (a cura di Xxxxxxxx), Xxxxxxx, Milano, 2006, 287.
(3) Sul punto, G. OSTI, Contratto, NovissDI, IV, 1959, 483; pone la consegna nella « zona » dell’esecuzione del contratto, A. DI XXXX XXXXXXXXX, Esecuzione del contratto, 1967, Milano, 347; al riguardo, v. anche, più di recente, D. XXXXX, Consen- sualità e realità nella formazione dei contratti, CI, 1997, 980.
(4) L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX e X. XXXXXX, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1989, 568, dove si evidenzia che « in tali fattispecie la datio rei non parrebbe rappresentare (come nei contratti consensuali ad efficacia obbligatoria, tra i quali, altrimenti, esse andrebbero ricondotte) il momento esecutivo di un’obbligazione (di consegnare) derivante dal puro e semplice scambio dei consensi quale elemento necessario (ma anche sufficiente) ai fini della conclusione del contratto e fonte di tale obbligazione, bensì un quid attinente alla struttura stessa dell’atto, in quanto immediatamente collegato alla funzione economico-sociale cui l’atto stesso assolve (causa), momento imprescindibile di essa »; X. XXXXXX, cit., 1975, 26, 32, 82.
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
generale, supportata da argomentazioni di carattere storico e compa- ratistico, per cui i contratti in questione sarebbero consensuali quando onerosi, e sarebbero reali quando gratuiti, in quanto la consegna supplirebbe alla esilità della giustificazione causale (5).
La divergenza di opinioni è ben evidente rispetto al contratto di mutuo.
Alcuni — movendo dall’insegnamento che ravvisa nell’art. 1822
c.c. sulla « promessa di mutuo » l’indice normativo rivelatore della contraddizione in cui sarebbe incappato il legislatore, il quale, da un lato, pone, nell’art. 1813 c.c., l’accento sulla consegna e, dunque, sulla realità della fattispecie, dall’altro, con l’art. 1822 c.c., tiene un piede nella staffa della consensualità (6) — giungono a sostenere che il mutuo si caratterizzi come un contratto consensuale a prescindere dalla sua configurazione onerosa ovvero gratuita (7).
Altri ne sostengono la natura reale si tratti di mutuo oneroso ovvero gratuito (8).
Vi è infine chi, ammessa la realità per il mutuo che assuma una configurazione gratuita ed abbia ad oggetto cose fungibili diverse dal danaro, ne sostiene la consensualità nell’ipotesi in cui la fattispecie sia onerosa ed abbia ad oggetto una somma di danaro (9).
Un esame, anche frettoloso, del panorama giurisprudenziale mette in evidenza come sia assolutamente prevalente la tesi della realità del mutuo (10).
(5) R. SACCO, La causa, Trattato di diritto civile diretto da Xxxxx, Il contratto, 0,
X. XXXXX x X. XX XXXX, 0000, 704, 705 nota 4.
(6) R. XXXXX, Xxxxx e consegna nella conclusione del mutuo, del deposito e del comodato, BBTC, I, 1971, 549.
(7) E. M. XXXXXXXX, Il mutuo, I contratti reali, Giur. sist. civ. e comm. diretta da Bigiavi, 2a ed., Torino, 1979, 9.
(8) E. XXXXXXXXX, Xxxxx, I, Disciplina generale, EGTreccani, XX, 1990, 2.
Termine estratto capitolo
(9) X. XXXX, Il mutuo, Trattato di diritto privato diretto da Xxxxxxxx, 12**, 2007, 601, secondo il quale « Il nostro codice ha tipizzato due diversi contratti di mutuo: quello avente per oggetto una somma di danaro oneroso e consensuale e quello avente per oggetto cose fungibili diverse dal danaro gratuito e reale. Naturalmente le parti potranno creare, come contratti atipici, un mutuo gratuito avente per oggetto una somma di danaro che sarà reale, ovvero un mutuo oneroso avente per oggetto altre cose fungibili che sarà consensuale ».
(10) Cass. civ., sez. III, 16 settembre 1986, n. 5630, Giur. it., 1988, I, 1, 313: « Il mutuo, come è noto, è un contratto reale la cui attuazione, secondo il disposto dell’art.
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CAPITOLO 4
RIMEDI SINALLAGMATICI NEL CONTRATTO ESTIMATORIO
Sommario: 1. Problema della realità dell’estimatorio. — 1.1. Estimatorio quale tipico contratto reale. — 1.2. Modi, surrogati e oggetto della consegna. — 1.3. Questioni legate alla realità. — 2. Effetti. — 2.1. Posizione dell’accipiens rispetto ai beni. —
2.2. Pagamento del prezzo. — 2.3. Restituzione. — 2.4. Custodia. — 2.5. Attivarsi per la vendita — 3. Disciplina. — 3.1. Impossibilità di restituzione (art. 1557 c.c.).
— 3.2. Disponibilità delle cose (art. 1558 c.c.). — 4. Risoluzione per inadempi- mento. — 4.1. Posizione dell’accipiens. — 4.2. Posizione del tradens. — 4.2.1. Ob- bligo del pagamento del prezzo. — 4.2.2. Restituzione. — 4.2.3. Custodia. —
4.2.4. Attivarsi per la vendita. — 5. Impossibilità sopravvenuta e contratto esti- matorio. — 6. Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. — 6.1. Posizione del tradens. — 6.2. Posizione dell’accipiens. — 7. Rescissione per lesione ex art. 1448
c.c. — 8. Eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.
1. Problema della realità dell’estimatorio
La conclusione del contratto ha costituito oggetto di un vivace dibattito, che si inserisce in quello, più ampio, concernente la categoria dei contratti reali e la funzione che al loro interno riveste la consegna.
I termini della querelle sono noti.
Alcuni, facendo leva sulla definizione normativa, sostengono che ai fini del perfezionamento dell’estimatorio, così come degli altri contratti classificabili come reali, sia indispensabile, oltre all’accordo imposto dalla legge per tutti i contratti (art. 1325 c.c.), la datio rei. La scelta nel senso della realità, in tale linea di indagine, si giustifica in vista dell’immediata e più sicura realizzazione della causa dell’atto, della quale la consegna rappresenterebbe un momento imprescindibile (1).
(1) Cfr. L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX E X. XXXXXX, Diritto civile, 3, Obbligazioni e contratti, Torino, 1989, 567: « a differenza dei contratti che si dicono
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
Altri concepiscono la consegna non già quale requisito di perfe- zionamento, bensì come semplice elemento avente una funzione di
« qualificazione » del rapporto contrattuale. In altri termini, la conse- gna altro non rappresenterebbe se non « il fatto che determina il passaggio del regolamento dalla fase atipica a quella tipica », consen- tendo l’applicazione della relativa disciplina legale (2).
consensuali perché destinati a perfezionarsi con lo scambio dei consensi, i contratti reali — pur non potendo, ovviamente, prescindere dall’esistenza dell’accordo, del resto testualmente imposto dalla legge (art. 1325 c.c.) per tutti i contratti — richiedono, allo stesso effetto, un elemento ulteriore, vale a dire la consegna della o delle cose che ne formano oggetto. È quanto può trarsi da una superficiale lettura di alcune norme nelle quali il legislatore del 1942 — nel regolare alcuni contratti tipici — ha, appunto, messo in primo piano l’elemento della consegna, stabilendo, ad esempio, che il comodato (detto anche prestito ad uso) è il contratto per cui « una delle parti consegna all’altra una cosa... » (...); che il contratto estimatorio è quello mediante il quale « una parte consegna una o più cose mobili all’altra... » (art. 1556) (...). Si evidenziano così fattispecie negoziali nella quali la datio rei non parrebbe rappresentare (come nei contratti consensuali ad efficacia obbligatoria, tra i quali, altrimenti, esse andrebbero ricondotte) il momento esecutivo di un’obbligazione (di consegnare) derivante dal puro e semplice scambio dei consensi quale elemento necessario (ma anche sufficiente) ai fini della conclusione del contratto e fonte di tale obbligazione, bensì un quid attinente alla struttura stessa dell’atto, in quanto immediatamente collegato alla funzione economico- sociale cui l’atto stesso assolve (causa), momento imprescindibile di essa. E difatti, inserendo la consegna nella struttura dell’atto, il legislatore avrebbe, da un lato, inteso assicurare la realizzazione della causa di certi tipi negoziali con un carattere di immediatezza e di sicurezza assai maggiore di quello che è proprio dei contratti consensuali con efficacia obbligatoria, rispetto ai quali la realizzazione del risultato perseguito appare legata ad un fatto di per sé insicuro e, magari, dilatorio, qual è l’adempimento dell’obbligazione di consegnare; dall’altro, assolvere all’esigenza di eliminare il rischio di un incerto o, comunque, non immediato soddisfacimento dell’interesse (di regola) dell’accipiens ».
(2) Cfr. X. XXXXXXX, Custodia e deposito, Napoli, 1958, 287: « L’uno e l’altro ostacolo ci sembra che si possano invece facilmente superare non appena si accolga e si approfondisca la premessa da cui si era partiti: essere la consegna un elemento di qualificazione dei contratti reali e non anche, fatta eccezione per il riporto, un requisito di perfezionamento del negozio. Nel deposito, nel comodato, nel mutuo e nel contratto estimatorio, la consegna rappresenta cioè un requisito tipico delle rispettive figure contrattuali, a differenza di quanto avviene nel riporto e nella donazione di modico valore, ove la consegna costituisce rispettivamente un elemento perfezionatore del contratto (articolo 1549 c.c.) o un requisito formale del consenso (articolo 783 c.c.). Prima della consegna, fatta sempre eccezione per il riporto e per la donazione di modico valore, potranno anche stipularsi contratti validi, ma i rapporti che ne
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEL CONTRATTO ESTIMATORIO
Vi è, poi, chi riserva alla consegna il ruolo di « fatto ulteriore » rispetto allo scambio dei consensi, dal quale non dipenderebbe tanto il perfezionamento del tipo, quanto, piuttosto, il verificarsi dell’effetto reale consistente nell’acquisto della proprietà sulle cose consegnate da parte dell’accipiens (3).
La realità dell’estimatorio non è mai stata messa in discussione dalla giurisprudenza di merito (4). E nemmeno da quella di legitti- mità (5).
scaturiranno ancora non sono dei rapporti legalmente tipici. Se infatti la legge disciplina gli effetti essenziali di certi contratti soltanto dal momento della consegna, vuol dire che prima di questa, se un rapporto sorge, non si tratterà di un rapporto tipico, anche se esso sia suscettibile di diventar tale, non appena sia intervenuta la consegna. La consegna nei contratti reali, nei quali non sia richiesta per il perfeziona- mento del negozio, segna il momento in cui il rapporto giuridico scaturente dal contratto diventa tipico ».
(3) Cfr. X. XXXXXXXX, Degli effetti del contratto, Comm. cod. civ. diretto da Xxxxxxxxxxx, II, Xxxxxxx, Milano, XII, 1999, 368: « proprio l’esame di questo contratto consente di confermare l’idea che, così come il principio consensualistico dell’art. 1376
c.c. non deve essere considerato di ordine pubblico, essendo una tecnica della quale le parti hanno la disponibilità per la regolazione dei propri interessi, lo stesso vale per la consegna nei contratti reali a titolo oneroso. Come nel pegno, anche in questo caso, la consegna finisce per qualificarsi come fatto ulteriore dal quale dipende l’effetto reale. Si tratta, dunque, di un modo di operare del principio consensualistico in via differita rispetto al momento del solo incontro delle volontà. Questo momento è idoneo a costituire il titulus, mentre il modus adquirendi della proprietà è rappresentato dalla consegna dei beni all’accipiens (...). In definitiva nei contratti reali onerosi, la consegna non è un’attività necessaria al fine di identificare il tipo contrattuale. Pertanto, la variante consensualistica di questi contratti non va qualificata secondo le regole del contratto atipico. Certo è che soltanto con la consegna si possono verificare gli effetti legali che sono collegati. Xxxxxx non sarebbe ammissibile la sostituzione di questa con altri fatti o altri atti giudicati equipollenti ».
(4) App. Torino 18 dicembre 1943, GiT, 1944, 19: « Il contratto estimatorio a contenuto reale si perfeziona con la consegna da parte del tradens dell’oggetto mobile che l’accipiens assume di trattenersi al prezzo convenuto, qualora non preferisca restituirlo ».
(5) Cass. civ., sez. III, 21 dicembre 0000, x. 00000; e v. anche Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 2006, n. 420: « Va precisato che il contratto estimatorio è un contratto reale: ciò significa che l’accordo delle parti non è ancora sufficiente per dirsi formato il vincolo negoziale che viene ad esistenza solo al momento della consegna delle cose dal tradens all’accipiens ».
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
1.1. Estimatorio quale tipico contratto reale
La possibilità di annoverare l’estimatorio nell’ambito dei contratti reali può, ormai, considerarsi un risultato acquisito.
Il dettato normativo dell’art. 1556 c.c., ove lo si definisce come quel contratto col quale « una parte consegna una o più cose mobili all’altra (...) », lascia poco spazio a interpretazioni differenti (6).
La scelta legislativa di non configurare la consegna come il mo- mento esecutivo di un’obbligazione che scaturisce dallo scambio dei consensi quale elemento sufficiente ai fini della conclusione del con- tratto e fonte di tale obbligazione, ma di ricondurla alla struttura dell’atto, ben si giustifica in vista di un’immediata realizzazione dei fini pratici cui l’estimatorio tende.
Se è vero, infatti, che il semplice consenso (art. 1376 c.c.) varrebbe di per sé a mettere l’accipiens nella condizione giuridica di poter disporre validamente dei beni, è solo con l’acquisto della relazione
materiale con gli stessi, assicurata dalla datio rei, che, togliendo al tradens la materiale possibilità di dare alle cose una destinazione diversa, si rende più sicura, oltre che più agevole (7), la vendita ai terzi (8).
Per esaurire questi brevi cenni sulla questione della realità dell’esti- matorio, si può ancora ricordare che alle parti, nell’esercizio del loro diritto di autonomia privata, è consentito sia perseguire un risultato analogo a quello che è proprio del tipo disciplinato dagli artt. 1556- 1558 c.c. eliminando dalla struttura dell’atto la consegna (9); sia dar vita
(6) La formula è analoga a quelle usate nella definizione di altri contratti comunemente ritenuti reali (cfr. ad es. gli artt. 1803, 1813, 1549, 2786 c.c.) e si contrappone al tenore delle locuzioni impiegate per i contratti consensuali, per i quali è detto che una parte « si obbliga » a dare o a fare qualcosa; sul punto, A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, 1995, 681.
Termine estratto capitolo
(7) P. MENTI, Il contratto estimatorio, Padova, 1986, 112, il quale osserva che soltanto la disponibilità materiale consente di esporre al pubblico la merce, così da allettare potenziali compratori, oppure di accaparrarsi il cliente a preferenza di commercianti che non dispongano per tempo dell’oggetto richiesto.
(8) Cfr. X. XXXXXX, I contratti reali. Appunti delle lezioni, Xxxxxxx, Milano, 1975,
82.
(9) Così facendo, però, creerebbero non una figura atipica di contratto reale, ma
un contratto consensuale atipico con effetti soltanto simili a quelli della figura tipica di raffronto; sul punto, v. L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, cit.,
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CAPITOLO 5
RIMEDI SINALLAGMATICI NEI RESTANTI CONTRATTI REALI
Sommario: 1. Risoluzione per inadempimento. — 1.1. Nel comodato. — 1.2. Nel deposito. — 1.3. Nel contratto di pegno. — 1.4. Nel sequestro convenzionale. —
2. Risoluzione per impossibilità sopravenuta: nel deposito, nel comodato, nel contratto di pegno e nel sequestro convenzionale. — 3. Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta: nel comodato, nel deposito, nel contratto di pegno e nel sequestro convenzionale. — 4. Eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. nel comodato e nel deposito. — 4.1. Nel contratto di pegno e nel sequestro convenzionale.
1. Risoluzione per inadempimento
Non rimane, a questo punto dell’indagine, che analizzare in quali casi sia possibile applicare ai restanti contratti reali — e dunque al comodato, al deposito, al sequestro convenzionale e al contratto costitutivo di pegno
— i x.x. xxxxxx sinallagmatici, cominciando col vedere in che misura sia consentito un ricorso alla risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c.
1.1. Nel comodato
La disicplina del comodato è contenuta negli artt. 1803-1812 c.c. L’art. 1803 c.c. lo definisce, nel 1° co., come « il contratto con il quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la cosa ricevuta », precisando, nel 2° co., che « Il comodato è
essenzialmente gratuito » (1).
(1) Si veda in relazione alla essenziale gratuità del comodato, per tutti, X. XXXXXXXXXX, Comodato, EdD, VII, 1960, 994-1006, spec. 997; X. XXXXXXX, Il comodato.
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
La formula utilizzata — unitamente, secondo alcuni, alla gratuità
dell’atto — non lascia dubbi circa la natura di contratto reale del comodato (2). Perfezionato il quale, sorge, in capo all’accipiens, un diritto personale di godimento (3).
Il che induce a ritenere che il custodire e il conservare, nonostante il tenore del dato legislativo (4), costituiscano, non delle vere e proprie obbligazioni in capo al comodatario, bensì delle modalità inerenti all’esercizio dell’accennato diritto, strumentali rispetto all’obbligazione di restituire (5). Detto altrimenti, si tratta non di un un « dovere », ma di un « non potere », quindi di un limite alla facoltà di godimento (e più in particolare di una modalità inerente all’esercizio del diritto personale di godimento) del comodatario, che non può godere del bene se non conservandolo e custodendolo.
Il mutuo, loc. cit., 23 ss.; M. FRAGALI, Del comodato, Commentario Scialoja-Branca, IV,
Delle obbligazioni, sub artt. 1803-1812, 187 ss.
(2) Conclusione pacifica in dottrina: v. X. XXXX, Comodato, DI, III, 1998, 37 ss. ed ivi indicazioni bibliografiche; ed in giurisprudenza: x. Xxxx. civ., sez. III, ord., 28 giugno 2019, 17430.
(3) Cass. civ., sez. III, ord., 28 giugno 2019, 17430. I diritti personali di godimento, secondo una nota dimensione di pensiero, sono diritti soggettivi, che però hanno un contenuto particolare in quanto distinto in due fasi: — nella prima questo contenuto si caratterizza come un credito alla consegna del bene in funzione del godimento; — nella seconda, che presuppone attuata la prima, come un diritto di godimento di carattere personale e, in questo senso, diverso dai diritti reali di godimento. Fa eccezione il comodato, nel quale, appartenendo la consegna alla struttura dell’atto, manca la prima fase del contenuto del diritto personale di godi- mento, che dunque si caratterizza, da subito, cioè sin dal momento di perfezionamento dell’atto, come diritto di godimento di carattere personale.
(4) A norma dell’art. 1804, 1° co., c.c., « Il comodatario è tenuto a custodire e a conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia. Egli non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa ». Prosegue il 2° comma, « Non può concedere a un terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante ». Aggiunge il 3° comma, « Se il comodatario non adempie gli obblighi suddetti, comodante può chiedere la immediata restituzione della cosa, oltre il risar- cimento del danno ».
(5) Obbligazione di restituire che trova la propria causa nel contratto, esistendo, quindi, sin dal suo sorgere, ma diventando esigibile solo al venire meno del rapporto; sul punto, cfr. A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, loc. cit., 1995, 662; nella manualistica, cfr. L. XXXXXXXXX XXXX, U. XXXXXXX, X. X. XXXXXXXX, X. XXXXXX, Diritto civile 3, Obbligazioni e contratti, loc. cit., 573, 608; in giurisprudenza, x. Xxxx., 0 febbraio 1987, n. 1132, Rep. Giur. it., 1987, Comodato, n. 2.
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI RESTANTI CONTRATTI REALI
Analoghi ed ancor più fondati rilievi, confortati dallo stesso dato letterale, sono possibili nei confronti delle altre « obbligazioni » che secondo l’art. 1804 c.c. fanno capo al comodatario. Ci si riferisce al fatto che della cosa comodata costui « non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa » e al fatto che egli
« non può concedere ad un terzo il godimento della cosa senza il consenso del comodante ». Dove al comodatario sembra fare senz’altro capo non un « dovere », ma, appunto, un « non potere » risultato di un limite conformante il contenuto del suo diritto personale di godimento, che risulta in tal modo privo della facoltà di dare la cosa a terzi o di servirsene in modo difforme dall’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa stessa.
Da qui, l’appartenenza del comodato alla categoria dei contratti con obbligazioni o con attribuzioni a carico di una sola parte o comunque non corrispettive, che fa sì che ad esso non sia applicabile la risoluzione per inadempimento (6).
(6) In giurisprudenza, cfr. Cass. civ, 10 maggio 1982, n. 2887, Giust. civ., 1982, I, 2713, con nota di Xxxxxxxx, dove la Corte sostiene che « in caso di inadempimento del comodatario, trattandosi di contratto con obbligazioni di una sola parte (idem receptum restituere), l’azione di risoluzione non è prevista (arg. ex art. 1453 c.c.) disponendo il comodante della sola azione di adempimento diretta a costringere l’altra parte alla riconsegna della cosa, dovendosi considerare quale forma di caducazione, assimilabile alla decadenza del debitore dal termine ex art. 1186 c.c., l’azione per anticipata restituzione della cosa data in comodato secondo la previsione di cui all’art. 1804 c.c. e inquadrare nella figura del recesso la facoltà di anticipato scioglimento del rapporto prevista, per l’ipotesi di sopravvenuto bisogno del comodante, dall’art. 1809 cpv. c.c. ». Ma si veda X. XXXXXXX, op. cit., 78 e ss., secondo il quale l’obbligazione principale che nasce dal comodato sarebbe quella, che fa capo al comodante, di lasciare la cosa al comodatario; mentre, per quanto riguarda il comodatario, le obbligazioni di quest’ultimo « si compendiano in quella di custodire e di conservare la cosa, e con la cosa i suoi accessori e i suoi proventi, con la diligenza del buon padre di famiglia »; mentre quelle di usare della cosa in un determinato modo e di restituirla alla scadenza del contratto non sarebbero « dirette ed autonome » ma rappresenterebbero « altret- tante limitazioni del beneficio che gratuitamente è stato ad esso attribuito dal como- dante »; in breve, non sarebbero che « la necessaria ed indefettibile misura del diritto del comodatario »; sempre secondo l’A., le altre obbligazioni del comodatario, che la legge prevede e disciplina (come quella di effettuare le spese necessarie ed urgenti per la conservazione della cosa, quella di avvertire il comodante dei vizi delle cose che possono provocarne il perimento o il danneggiamento, e quella di sottrarre infine al perimento la cosa comodata sostituendola con altra propria) potrebbero ritenersi
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RIMEDI SINALLAGMATICI NEI CONTRATTI REALI
Ciò naturalmente non significa che il comodante sia privo di tutela di fronte ad una violazione delle prescrizioni dell’art. 1804 c.c. da parte del comodatario, data la prevista facoltà di richiedere l’immediata
restituzione della cosa, oltre al risarcimento degli eventuali danni. Ipotesi che rappresenta una tipica reazione, non ad un abuso del diritto in senso tecnico e, tantomeno, ad un eccesso di potere, bensì ad un eccesso dal diritto (7).
implicitamente contenute nell’obbligazione di custodire e di conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia »; sulla base di queste premesse, l’A. sostiene che qualora il comodatario non adempia gli obblighi di conservazione e di custodia con la diligenza del buon padre di famiglia, oppure si serva della cosa per un uso diverso da quello determinato dal contratto o in difetto di tale determinazione, per un uso non conforme alla natura della cosa, oppure conceda la cosa in godimento ad un terzo senza il consenso del comodante, in capo al comodatario sorgerebbe un diritto potestativo di porre fine al rapporto esigendo l’immediata restituzione della cosa; sempre secondo l’A., « l’esercizio di questo diritto si concreta in una vera e propria forma di risoluzione, caratterizzata dal fatto di avere luogo stragiudizialmente, anziché mediante una pro- nunzia del giudice, e l’atto del comodante si configurerebbe come un atto unilaterale, recettizio per il quale non sarebbe richiesta alcuna particolare forma »; per X. XXXXXXXXXXX, Comodato e mutuo, Trattato Grosso e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Milano, 1972, 35 e ss., la facoltà del comodante di richiedere la immediata restituzione della cosa nelle ipotesi previste dall’art. 1804, 3° co., c.c. è espressione di un « potere di recesso, che, mettendo fine al rapporto, rende esigibile la restituzione stessa »; prosegue l’A. sostenendo che in queste ipotesi « il recesso costituisce, evidentemente, un potere di difesa contro l’inadempimento del comodatario, e potrà naturalmente avere anche il seguito di un’azione per il risarcimento danni ».
Termine estratto capitolo
(7) Nella dimensione di pensiero privilegiata, l’eccesso di potere « dovrebbe essere quello (in senso stretto) concernente situazioni necessitate sull’an il cui conte- nuto discrezionale risulti ulteriormente delimitato dall’incidenza di un altrui interesse, ed aversi tutte le volte in cui l’esercizio del “potere” (al quale peraltro malamente si fa riferimento...) dovesse totalmente prescindere dalla o tradursi in una non adeguata valutazione di tale interesse. In sostanza, l’eccesso di potere dovrebbe consistere nel cattivo uso della discrezionalità e risultare in tal modo diverso da quella forma di eccesso di potere in senso lato che viene tradizionalmente indicato come sviamento di potere e che si fa consistere nell’uso del “potere” stesso a fini diversi da quelli istituzionalmente assegnati al titolare di una situazione necessitata qual è la potestà ». Mentre l’abuso del diritto in senso tecnico si avrebbe soltanto in caso di situazioni libere sull’an e tuttavia discrezionali sul quomodo (quali, ad es., il diritto potestativo e il diritto di credito qualora si trovino correlate in un rapporto giuridico con l’interesse legittimo). Rispetto alle quali il cattivo uso della discrezionalità, nel senso richiamato, si tradurrebbe non nell’eccesso di potere, sibbene, come anticipato, in ciò che dovrebbe tecnicamente dirsi abuso del diritto; cfr. L. XXXXXXXXX XXXX, Interesse legittimo:
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