COLLEGIO DI PALERMO
COLLEGIO DI PALERMO
composto dai signori:
(PA) XXXXXXX Presidente
(PA) MIRONE Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) XXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(PA) SERIO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(PA) DESIDERIO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXXXX XXXXXXXXX
Nella seduta del 29/09/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La società ricorrente, che ha richiesto l’emissione di un assegno circolare, conviene avanti questo Collegio la banca emittente (d’ora in poi Intermediario A) e la banca negoziatrice (d’ora in poi Intermediario B), lamentando la mancata restituzione della somma portata dall’assegno circolare per l’intervenuto pagamento dell’assegno medesimo ad un terzo, risultato diverso dal beneficiario originario del titolo, essendo rimasto l’originale del titolo nel possesso della ricorrente ed essendo quindi l’incasso avvenuto sulla base di un titolo integralmente contraffatto ma con modifica del nome del beneficiario (clonato).
In particolare, la ricorrente ha rappresentato di aver contrattato l’acquisto di una autovettura oggetto di inserzione su un sito Internet e, una volta definiti i termini dell’accordo per l’acquisto del veicolo, chiedeva all’Intermediario A l’emissione di un assegno circolare intestato all’asserito proprietario dell’autovettura e per l’importo convenuto pari ad euro 20.500,00. Non avendo utilizzato il titolo presentava l’originale, che è sempre rimasto in suo possesso né è stato trasmesso a terzi, all’Intermediario A, per ottenerne l’annullamento ed il riaccredito della somma e in tale sede veniva a conoscenza del fraudolento incasso dell’assegno circolare avvenuto presso una filiale dell’Intermediario B. La ricorrente procedeva a sporgere denuncia – querela in ordine ai fatti testé descritti. La ricorrente chiede che il Collegio disponga il pagamento della somma
pari all’importo dell’assegno, oltre interessi di mora maturati e risarcimento dei danni, da valutarsi in via equitativa, per i disagi patiti.
L’Intermediario A resistente ha dedotto che l’assegno circolare è stato oggetto di riproduzione su modulistica falsa e che è stato negoziato presso uno sportello dell’Intermediario B in modalità “Check truncation”, ovvero senza la materiale trasmissione del titolo, e tale circostanza avrebbe impedito una verifica manuale del titolo e, quindi, la possibilità di appurare l’avvenuta contraffazione, peraltro possibile solo nel caso in cui i truffatori abbiano avuto la disponibilità di una copia del titolo, riportante tutti gli elementi alfanumerici adesso correlati. Comunque, l’Intermediario A ha dedotto che l’Intermediario B, che ha negoziato il titolo, è l’unico a conoscere le qualità del soggetto presentatore ed è, quindi, tenuto ad effettuare i necessari accertamenti per l’incasso di titoli di importo non coerente con l’attività del presentatore stesso. L’Intermediario A conclude rilevando che la propria attività si è limitata all’emissione del titolo, senza partecipare alla negoziazione della copia contraffatta dello stesso. Chiede pertanto che il Collegio voglia respingere il ricorso anche con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni, in quanto non documentati e comunque non ad essa imputabili.
L’Intermediario B resistente ha eccepito preliminarmente che il ricorso sarebbe irricevibile in quanto, con la proposizione della denuncia – querela da parte del ricorrente, la medesima controversia sarebbe stata sottoposta all’autorità giudiziaria.
In ordine alla propria responsabilità l’Intermediario B ha eccepito che l’assegno circolare girato per l’incasso era del tutto identico a quello in possesso della ricorrente risultava emesso a favore di un proprio cliente da tempo e correttamente identificato e che all’Intermediario A, nell’ambito della procedura di “Check truncation”, è stato trasmesso un messaggio contenente i dati relativi al titolo e all’esito non è stato risposto con nessun messaggio di impagato o di richiesta di storno. L’Intermediario B chiede quindi che il Collegio voglia dichiarare irricevibilità del ricorso stante la pendenza del procedimento penale in ordine alla clonazione dell’assegno e, in subordine rigettare il ricorso per infondatezza, ivi compresa la domanda relativa al risarcimento dei danni, e, in via ulteriormente subordinata, dichiarare la responsabilità della ricorrente per l’omessa custodia del titolo per almeno metà dell’importo, stante l’omessa custodia del medesimo, verosimilmente necessaria perché terzi potessero ottenere gli elementi per la clonazione, nonché la responsabilità solidale con l’Intermediario A per l’importo alla cui rifusione venisse eventualmente condannata.
DIRITTO
Con riguardo alla questione pregiudiziale di irricevibilità del ricorso sollevata dall’Intermediario B, per avvenuta sottoposizione dei fatti all’autorità giudiziaria, deve anzitutto richiamarsi quanto previsto dalla Sez. I, par. 4, delle disposizioni della Banca d’Italia sul funzionamento di questo Arbitro e cioè che “non possono essere inoltre proposti ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all’autorità giudiziaria”. Secondo l’interpretazione di tale disposizione resa dal Collegio di Coordinamento di questo Arbitro, “La soluzione che appare più conforme alla lettera e allo spirito delle disposizioni della Banca d’Italia è […] quella di escludere l’ammissibilità del ricorso all’ABF in tutti i casi in cui la controversia sia stata già sottoposta alla cognizione dell’autorità giudiziaria penale, senza che abbia rilievo se sia avvenuta o possa avvenire la costituzione di parte civile, e anche se tra le due controversie sussiste una connessione impropria, cioè una comunanza parziale e non una identità delle domande, come insegna la costante giurisprudenza di legittimità” (dec. n. 3961/2012). Lo stesso Xxxxxxxx di Xxxxxxxxxxxxx ha ritenuto altresì che va “escluso il ricorrere del limite nel caso in cui l’anteriore proposizione dell’azione innanzi all’autorità giudiziaria, pur risultando correlata alla vicenda sottoposta all’Arbitro, non coinvolgeva l’intermediario convenuto (bensì un terzo soggetto) e aveva ad
oggetto un titolo di responsabilità diverso da quello evocato nel giudizio ordinario, non sussistendo alcun rapporto di coincidenza né soggettiva né oggettiva fra i due giudizi e non potendosi dunque concepire alcun rapporto di alternatività fra i medesimi” (dec. n. 5265/2014).
Nel caso di specie la denuncia – querela presentata dal ricorrente riguarda il comportamento illecito di ignoti, verosimilmente terzi estranei al ricorso, che hanno proceduto alla contraffazione del titolo, essendo pacifico che l’assegno circolare è stato clonato, dal momento che il ricorrente ha prodotto il titolo originale all’atto della denuncia – querela. Nella controversia deferita a questo Arbitro, invece, il ricorrente fa valere i diritti derivanti dal comportamento delle banche (emittente e negoziatrice) in quanto non conforme alla diligenza professionale dovuta e chiede il risarcimento del danno conseguentemente subìto. Diversi sono quindi i soggetti verso i quali le due distinte iniziative si rivolgono, e differenti sono anche petitum e causa petendi (circostanza ritenuta rilevante ai fini di escludere la litispendenza anche da Coll. Milano, decisioni nn. 1666/2015 e 1048/2017). Del resto, quand’anche si ritenesse la denuncia – querela di tenore così ampio da non consentire di escludere che gli accertamenti conseguenti possano avere ad oggetto anche comportamenti di soggetti facenti parte dell’organizzazione delle banche convenute, va comunque considerato che qualora il terzo, che ha posto in essere la contraffazione, risultasse essere dipendente di una delle banche, questi risponderebbe delle restituzioni e del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 185 c.p., mentre la banca preponente risponderebbe comunque del fatto dei propri dipendenti ai sensi dell’art. 2049 c.c. nei confronti della ricorrente (secondo l’insegnamento del giudice di legittimità: cfr. Cass. n. 12023/1995; Cass. n. 12951/1992).
Nel caso, il procedimento avanti l’autorità giudiziaria, quand’anche potesse ritenersi allo stato propriamente ad essa “sottoposta” la controversia in conseguenza della mera denuncia – querela (e di ciò può peraltro dubitarsi alla luce nella decisione del Collegio di Coordinamento n. 5265/2014), non sembra comunque interferire con quello avanti questo Collegio, visto che i due procedimenti si rivolgono a soggetti, condotte e titoli diversi. Ne consegue il rigetto dell’eccezione preliminare formulata dall’Intermediario B (in termini, Coll. Milano, decisione n. 1975/2011; Coll. Milano, decisione n. 1666/2015; Coll. Roma, decisione n. 6540/16; Coll. Napoli, decisione n. 4827/2017).
Passando al merito della controversia, è necessario rilevare che nel caso di specie non trova applicazione l’art. 43 l. ass., che prevede la responsabilità aggravata della banca che paga un assegno “non trasferibile” a persona diversa dal prenditore, posto che in effetti la ricorrente non è beneficiaria del titolo né agisce in base al rapporto cartolare. Infatti la ricorrente rappresenta che l’assegno pagato sia in realtà un clone di quello originale, essendo quest’ultimo rimasto in suo possesso e poi presentato per l’annullamento alla stessa banca emittente in data successiva alla negoziazione del clone.
La vicenda in esame deve ritenersi quindi regolata dai principi generali applicabili all’ipotesi di pagamento di assegno falsificato, secondo cui la banca è responsabile qualora l’alterazione o la clonazione poteva dalla stessa essere rilevata, attraverso l’esame del titolo con la diligenza dell’accorto banchiere (Cass. n. 6513/2014; Cass. n. 15145/2014; Cass., n. 20292/2011; Cass. n. 13777/2007; Cass. n. 3729/2004. Xxxxx
stesso senso le decisioni dell’ABF: fra le altre Coll. Napoli, decisione n. 4842/16; Coll. Roma, decisioni nn. 4108/2013 e 261/2010). Nella specie l’Intermediario A dichiara di non aver effettuato alcun controllo sull’assegno clonato, poiché quest’ultimo è stato presentato all’incasso presso l’Intermediario B attraverso la procedura interbancaria di “Check truncation”, che, come già accennato e per quanto qui interessa, consente, sulla base di una adesione volontaria ad un accordo interbancario, alla banca negoziatrice di assegni circolari di chiederne il pagamento alla banca emittente, mediante invio di un messaggio
elettronico concernente le informazioni necessarie per la sua estinzione, con la conseguenza che il titolo non viene trasmesso nella sua materialità dalla stessa banca negoziatrice alla banca emittente. L’Intermediario A non ha neppure eccepito vizi concernenti le informazioni telematiche ricevute dall’Intermediario B. In proposito l’orientamento dell’ABF è nel senso che la procedura di “Check truncation” è funzionale alla riduzione dei costi di negoziazione nell’esclusivo interesse delle banche partecipanti all’accordo, al quale resta completamente estraneo il cliente che chiede l’emissione dell’assegno, sicché non può ritenersi che i rischi derivanti dall’utilizzo di tale procedura debbano ricadere sul cliente medesimo (vedi tra molti Coll. Milano, decisioni nn. 394/2013, 2989/2015 e 8092/2016; Coll. Napoli, decisione n. 10110/2016).
Ma in una ipotesi come quella in esame, in cui il beneficiario indicato nell’assegno circolare clonato è diverso da quello risultante nel titolo originale, indipendentemente dall’esame materiale del titolo, l’Intermediario A avrebbe potuto rilevare, anche nell’ambito della procedura “Check truncation”, tale difformità. Infatti il regolamento della Banca d’Italia 22 marzo 2016 sulla presentazione in forma elettronica degli assegni bancari e circolari (emanato ex art. 8, comma 7, d.l. n. 70/2011, convertito nella l. n. 106/2011, ed entrato in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 30/4/2016) all’art. 8, lett. f), prevede che, tra i dati che il negoziatore deve trasmettere all’emittente in via telematica, per gli assegni circolari vi sia anche il “nome del beneficiario”. Ne consegue che l’Intermediario A, pur in presenza dell’identità degli altri dati identificativi riportati sull’assegno clonato rispetto all’originale, avrebbe ben potuto rilevare che il beneficiario indicato nel titolo presentato all’incasso era diverso da quello indicato nel titolo a suo tempo emesso, avendo ricevuto in via telematica la relativa informazione. Ciò vale tanto più in quanto lo stesso regolamento all’art. 7, comma 6, prescrive che “Gli intermediari adottano ogni necessario presidio organizzativo procedurale atto a garantire che l’assegno sia presentato al pagamento una sola volta”. Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono risulta a fortiori confermato l’orientamento dell’ABF secondo cui la circostanza che la banca accetti di pagare il titolo “al buio” equivale a ometterne volontariamente la sua verifica materiale, con ogni connessa conseguenza in caso di titoli che presentino irregolarità cartolari che solo l’esame materiale del documento consentirebbe di verificare (Coll. Napoli, decisione n. 8092/2016; Coll. Milano, decisione n. 2989/2015). Tanto sembra sufficiente per riconoscere la responsabilità dell’Intermediario A.
Per quanto riguarda la posizione dell’Intermediario B, che ha negoziato l’assegno, il riconoscimento della sua responsabilità passa per la verifica della sussistenza di una riscontrabilità della falsificazione attraverso “l’attento esame diretto, visivo o tattile dell’assegno da parte dell’impiegato addetto” (secondo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità: Cass. n. 6513/2014). Da questo punto di vista il Collegio non rileva nel titolo clonato la sussistenza di vizi del genere, con la precisazione che esso può svolgere un confronto solo sommario avendo a disposizione, per essere depositate in atti, solo copie dei due titoli, originale e clone. I limiti dei poteri istruttori dell’ABF non consentono infatti di compiere un esame più approfondito del clone dell’assegno per verificare la sussistenza di tutti gli standard prescritti dall’accordo interbancario a presidio dell’autenticità degli assegni circolari (quali, ad es., la carta filigranata o gli inchiostri ed i colori), il quale solo potrebbe consentire di individuare un concorso dell’Intermediario B nella causazione del danno alla ricorrente. Allo stato della cognizione del Collegio tale concorso non risulta sussistente.
Dunque, acquisita la responsabilità dell’Intermediario A – restando peraltro impregiudicato ogni diritto che l’Intermediario A possa astrattamente vantare nei confronti dell’Intermediario B – consegue l’obbligo dello stesso Intermediario A di risarcire il danno causato alla ricorrente, per il quale quest’ultima ha formulato domanda in misura pari al valore del titolo maggiorato degli interessi.
Con riguardo alla ulteriore domanda di risarcimento del danno per i disagi patiti, da liquidarsi in via equitativa, si rileva che la ricorrente non fornisce alcuna prova al riguardo. Ebbene, in mancanza della prova del danno, non è possibile neppure procedere alla liquidazione in via equitativa, in quanto alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi che “L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 cod. civ. […] presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare; non è possibile, invece, in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno della sua esistenza” (Cass. n. 10607/2010). Tale domanda non può essere quindi accolta.
PER QUESTI MOTIVI
In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara la banca emittente tenuta a restituire l’importo di € 20.500,00 oltre interessi dalla data del reclamo.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1