DELL’ART. 1453, COMMA 2, COD. CIV.
IL PROBLEMA DELLE FORME DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO 1
Capitolo I
IL PROBLEMA DELLE FORME DI RISOLUZIONE PER INADEMPIMENTO E LA PROSPETTIVA DEL COMPORTAMENTO CONTRADDITTORIO: RUOLO SISTEMATICO
DELL’ART. 1453, COMMA 2, COD. CIV.
SOMMARIO: 1. Risoluzione per inadempimento e comportamento contraddittorio: ragioni e obiettivi dello studio. – 2. Il divieto per la parte che ha domandato la risoluzione di chiedere l’adempimento ai sensi dell’art. 1453, comma 2, cod. civ. come punto di par- tenza dell’indagine. – 2.1. Ruolo sistematico dei commi 2 e 3 dell’art. 1453 cod. civ. e ratio della preclusione del secondo comma. – 2.2. I problemi interpretativi. – 3. La preclusione nel processo. – 3.1. La tesi secondo cui l’attore può domandare l’adempi- mento in conseguenza della condotta processuale del convenuto. – 3.2. Il rapporto tra la preclusione e le norme processuali sulla modificazione della domanda. – 3.3. La ratio della preclusione nel processo: carattere assoluto del divieto di domandare l’adempi- mento una volta chiesta la risoluzione e rilevabilità d’ufficio della violazione. – 4. Dopo il processo: effetti sostanziali della domanda di risoluzione. – 4.1. Le opinioni secondo cui la preclusione ha un’efficacia sostanziale assoluta: la tesi «moderata» per cui la do- manda giudiziale estingue il diritto all’adempimento e la conseguente aporia dei con- tratti «morti»; la tesi «estrema» per cui la risoluzione è provocata dalla domanda giudi- ziale. – 4.2. Le tesi restrittive: efficacia relativa della preclusione. – 4.2.1. La massima giurisprudenziale: il divieto di cui all’art. 1453, comma 2, cod. civ. opera solo sinché sussiste l’«interesse» della parte non inadempiente. – 4.2.2. La relativizzazione del di- vieto a seconda dell’esito del giudizio. L’ammissibilità della domanda di adempimento a seguito della combinazione di difese nel merito del debitore costituito, volte a conte- stare la sussistenza dei presupposti della risoluzione, e del rigetto della domanda di ri- soluzione. – 4.2.2.1. Estinzione del processo per inattività delle parti. – 4.2.2.2. Manca- to accoglimento della domanda per ragioni di rito. – 4.2.2.3. Rigetto nel merito della domanda di risoluzione. Gli inadempimenti reciproci (rinvio). – 4.2.2.4. Estinzione del processo per rinuncia agli atti. – 5. Conclusioni: natura e portata del divieto di cui al- l’art. 1453, comma 2, cod. civ. Il bilanciamento di interessi in un’ipotesi tipica di
«comportamento contraddittorio». La persistenza, in limitati casi, dell’aporia dei
c.d. contratti «morti». – 6. Il rapporto tra la risoluzione e gli altri rimedi contro i vizi nella vendita e nell’appalto. L’applicabilità dei principi espressi dall’art. 1453 cod. civ.
1. Risoluzione per inadempimento e comportamento contraddittorio: ra- gioni e obiettivi dello studio
Le riflessioni sulla risoluzione del contratto per inadempimento 1, anche per effetto del confronto con l’evoluzione delle esperienze straniere e so- vrannazionali, si interrogano, tra l’altro, sull’attualità di un sistema che, come quello italiano, imposta la tutela del contraente deluso assegnando un ruolo centrale all’intervento del giudice e all’azione proposta davanti a questi 2. Tali riflessioni sottolineano come in altri diritti nazionali, anche a
1 Il dibattito di cui si riferisce nel testo è ben rappresentato dalla raccolta di saggi C. CONSO- LO, I. XXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), La risoluzione per inadempimen- to. Poteri del giudice e poteri delle parti, Bologna, 2018 e sarà oggetto di analisi infra, al cap. IV, cui si rinvia per ulteriori riferimenti.
2 Le ragioni di incertezza sulle forme di risoluzione discendono anche della storia del rime- dio, che, non affondando le radici in una solida tradizione comune ai sistemi continentali, è og- getto di discipline derivanti da scelte dei singoli legislatori nazionali. La ricostruzione storica della risoluzione per inadempimento ad oggi più approfondita è quella di G.G. AULETTA, La ri- soluzione per inadempimento, Milano, 1942, 13 ss. Riferimenti significativi sono R. SACCO, in R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, IV ed., Assago, 2016, 1583 ss.; X. XXXXXX, voce Risoluzione del contratto – I) Diritto civile, in ffnc. giur. Treccani, XXXI, Roma, 1994, 2 s.; X. XXXXXXXX, L’atto unilaterale di risoluzione, Torino, 2013, 3 ss.; X. XXXXXXXXX, La risoluzione del contratto nella pro- spettiva storico-dogmatica: dalla nullità ex tunc al rapporto di liquidazione contrattuale, in ffuropa e dir. priv., 2001, 825 ss. Per l’evoluzione moderna dell’istituto, e segnatamente per i modelli cui si è ispirata la codificazione del 1942, A. SMIROLDO, Profili della risoluzione per inadempimento, Milano, 1982. Tratto caratteristico dello sviluppo del rimedio è la commistione di modelli diffe- renti. È pacifico che al diritto romano era sconosciuto un rimedio di carattere generale come la risoluzione per inadempimento. La ragione è rinvenuta nel fatto che in un ambiente economico dominato dalla vendita reale non fosse particolarmente avvertita l’urgenza di uno strumento di liberazione dal vincolo in caso di inadempimento, sicuramente indispensabile in una realtà eco- nomica in cui abbiano maggiore spazio diritti di credito o prestazioni ad effetto reale differito (v. G.G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, cit., 13 s.). Il diritto romano concepiva in- vece la tutela del credito come esecuzione in forma specifica e conosceva un’eccezione assimila- bile all’odierna exceptio inadimpleti contractus: strumenti volti, entrambi, all’attuazione dello scambio. Nondimeno, è in una clausola negoziale accessoria elaborata dal diritto romano che si rinviene il primo antecedente della risoluzione per inadempimento: si tratta della lex commisso- ria, patto accessorio con il quale si attribuiva al venditore la facoltà di rimuovere gli effetti del contratto qualora l’acquirente non avesse versato il prezzo nel termine stabilito. La lex commis- xxxxx era concepita come condizione risolutiva della vendita ma, al tempo stesso, necessitava, per produrre l’effetto risolutivo, di una manifestazione di volontà della parte adempiente. Sulla risoluzione nel diritto romano si vedano, oltre ai riferimenti già citati, anche, specificamente, X. XXXXXX, voce Risoluzione del contratto (dir. rom.), in ffnc. dir., XL, Milano, 1989, 1277 ss.; X. XXXXX, Risoluzione e sinallagma contrattuale nella giurisprudenza dell’età classica, in EAD., Ga- ranzia e responsabilità. Concetti romani e dogmatiche attuali, Padova, 2010, 113 ss. Sulla lex commissoria, E. XXXXXXX, Appunto in tema di vendita con lex commissoria, in Teoria e storia dir.
seguito di riforme recenti, sia lo scioglimento del contratto provocato da un atto stragiudiziale del creditore a rappresentare il perno del sistema; es- se segnalano inoltre che le proposte di codificazione volte a creare un diritto europeo uniforme in materia contrattuale accolgono analoghe soluzioni 3.
Ciò induce a chiedersi se il sistema italiano 4, che pure conosce i tre
priv., 2017, 1 ss. È unanimemente riconosciuto il ruolo dei canonisti e dell’attenzione etica alle regole giuridiche nello sviluppo del rimedio, attraverso la valorizzazione dell’adagio fides non est servanda ei qui frangit fidem a mitigare la vincolatività del contratto secondo il principio pacta sunt servanda (v. in proposito X. XXXXXXXX, voce Risoluzione del contratto (dir. interm.), in ffnc. dir., XL, Milano, 1989, 1297; G.G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, cit., 41;
R. SACCO, in R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, cit., 1586; X. XXXXXXXXX, La risoluzione del con- tratto, cit., 825, il quale scrive che «il contenuto della regola ha le sue radici nel diritto canoni- co, la sua forma giuridica invece deriva dal diritto romano»). Dal punto di vista della struttura del rimedio, è ai canonisti che si deve anche l’aggiunta, alla potestatività della risoluzione, della necessaria pronuncia giudiziale dello scioglimento del contratto. Non è taciuto, peraltro, il contributo dei Glossatori all’evoluzione del rimedio, e segnatamente di Xxxxxxx, con speciale riguardo alla valorizzazione della corrispettività delle prestazioni (v. X. XXXXXXXXX, La risolu- zione del contratto, cit., 829; v. però la posizione di G.G. AULETTA, La risoluzione per inadem- pimento, cit., 51 ss., critica nei confronti di chi rinviene nella teoria della causa il fondamento della risoluzione) nonché allo sviluppo dell’exceptio inadimpleti contractus in funzione peren- toria (v. X. XXXXXX, voce Risoluzione del contratto, cit., 2). La condizione risolutiva ebbe ulte- riore impulso nelle regioni di diritto consuetudinario, dove divenne prassi notarile l’inseri- mento di una condizione risolutiva nei contratti, poi riconosciuta, anche laddove non espres- samente pattuita, come sottintesa a ogni contratto dalla giurisprudenza dei parlamenti francesi (v. per tutti X. XXXXXXXXX, La risoluzione del contratto, cit., 833; X. XXXXXXXXX, La risoluzione per inadempimento. Premesse generali, in X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, X. TAMPONI, La risoluzio- ne, in Il contratto in generale, VIII**, in Tratt. Bessone, Torino, 2011, 3, sub nota 1). Dalla ri- cognizione della giurisprudenza dei parlamenti da parte di Xxxxxxx e Domat prese ispirazione il legislatore francese, che nel Code civil ricondusse esplicitamente la risoluzione alla condizio- ne risolutiva tacita sottesa ai contratti bilaterali. Simile soluzione, rileva X. XXXXX, Del rischio e pericolo nelle obbligazioni, Padova, 1934, 129 s., riferendo delle considerazioni di H. Capiant, discendeva probabilmente dal fraintendimento, da parte dei redattori del Code civil, delle ela- borazioni di Xxxxxxx. La norma, tradotta nell’art. 1165 del Codice civile del 1865, entrò così a far parte dell’ordinamento italiano.
3 Come si vedrà meglio infra, cap. IV, par. 2, il modello stragiudiziale, di derivazione tede- sca, si è difatti imposto anche nella riforma apportata nel 2016 al Code civil francese, che ha re- so la risoluzione stragiudiziale la regola proprio là dove il carattere giudiziale era espressamente proclamato sin dall’inizio del XIX secolo. Forme di risoluzione stragiudiziale sono la regola nel- le proposte volte alla codificazione di un diritto contrattuale uniforme – i Principles redatti da Unidroit, i Principles of ffuropean Contract Law (PECL) elaborati dalla Commissione Lando, il Draft Common Frame of Reference (DCFR) e il Code ffuropéen des Contrats – e trovano un an- tecedente in un testo normativo di diritto internazionale pattizio, la Convenzione di Vienna sul- la vendita internazionale di cose mobili del 1980 (artt. 49 e 64).
4 Il legislatore italiano del 1942 ha introdotto un sistema originale, risultante dalla codifica- zione, in un capo autonomo, delle regole sulla risoluzione del contratto, in cui sono riuniti, in
strumenti stragiudiziali della diffida ad adempiere, della clausola risolutiva espressa e del termine essenziale 5, sia comunque bisognoso di un aggior- namento 6, tanto più alla luce di tesi che considerano ammissibile una for-
una nuova categoria normativa (come osserva X. XXXXXXXXX, La risoluzione per inadempimento, cit., 4), rimedi contro patologie del contratto a prestazioni corrispettive tra loro diverse, acco- munate dal loro verificarsi dopo la conclusione del contratto, sulla scorta dell’adesione alla di- stinzione tra sinallagma genetico e sinallagma funzionale, che risulta chiaramente dalla Relazio- ne del Ministro Guardasigilli al Re (n. 660). La dottrina successiva all’emanazione del Codice ha sistematizzato, in sostanziale coerenza con il dettato legislativo, le risoluzioni tra i c.d. rimedi sinallagmatici. V. R. SACCO, in R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, cit., 1583 ss.; A. LUMINOSO, sub art. 1453, in A. LUMINOSO, X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Della risoluzione per inadempimento, I, 1, in Comm. Scialoja-Branca-Xxxxxxx, Bologna-Roma, 1990, 3 ss.; X. XXXXX, Il contratto, in Tratt. Iudica-Zatti, II ed., Milano, 2011, 879 ss. Nei confronti di simile tassonomia – condivisa, tra gli altri, da X. XXXXX, La risoluzione del contratto per inadempimento, cit., 12 ss.; A. XXXXXXXXXXX, voce Risoluzione del contratto, in Nov. Dig. it., XVI, Torino, 1969, 127; X. XXXXXXXXXX, La riso- luzione del contratto dalla prospettiva del diritto italiano, in ffuropa e dir. priv., 1999, 793 s. e, da ultimo, da F. DELFINI, Le risoluzioni, in E. XXXXXXXXX (a cura di), Diritto privato, Torino, 2020, 635 ss. –, si registra, tuttavia, una certa insofferenza, giacché essa lascerebbe in ombra le rilevan- ti differenze che intercorrono tra le fattispecie e forme di risoluzione, non mostrandosi in grado di intercettare gli specifici interessi in gioco in caso di inadempimento del contratto. V. in pro- posito, tra i molti, A. LUMINOSO, sub art. 1453, cit., 5; X. XXXXXX, Inattuazione e risoluzione: le fattispecie, in X. XXXXX (a cura di), Rimedi-2, in Trattato del contratto, diretto da X. Xxxxx, XX xx., Xxxxxx, 0000, 7 ss.; G. VETTORI, Contratto e rimedi, III ed., Milano, 2017, 807.
5 Anche i rimedi codificati segnalano l’originalità di alcune scelte del legislatore. È nuova la disciplina della diffida ad adempiere (cfr. A. SMIROLDO, Profili della risoluzione, cit., 75 s.), la cui codificazione trae spunto, secondo un’ipotesi accreditata, da un adattamento della disciplina della risoluzione a seguito di offerta della prestazione nella vendita di cose mobili ai sensi del- l’art. 67 cod. comm. e dell’art. 1512 cod. civ. 1865: ID., Profili della risoluzione, cit., 98; M. CO- STANZA, sub art. 1454, in A. LUMINOSO, X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Della risoluzione per inadem- pimento, cit., 433 s. La tesi non è condivisa, ad esempio, da E. ENRIETTI, Della risoluzione del contratto, in Comm. d’Xxxxxx-Xxxxx, Libro delle obbligazioni, I, Firenze, 1948, sub art. 1454, 818, che ricollega l’istituto al Rücktritt tedesco, su cui v. infra, cap. IV, par. 2. Anche la clausola riso- lutiva espressa ha trovato solo per la prima volta nel 1942 un’esplicita previsione legislativa, pur essendo un istituto di antica tradizione, che affonda le radici nella teoria della condizione risolu- tiva. V. ancora A. SMIROLDO, Profili della risoluzione, cit., 109 ss. e X.X. XXXXXXXX, voce Clausola risolutiva, in ffnc. dir., VII, Milano, 1960, 196, sub nota 1. La risoluzione per decorso del termi- ne essenziale è stata infine resa dal legislatore del Codice civile un rimedio generale, non più limitato al solo ambito della vendita commerciale di beni mobili, nel quale era precedentemente disciplinata all’art. 69 cod. comm. Così X. XXXXX, La risoluzione del contratto per inadempimen- to, Napoli, 1950, 170; A. SMIROLDO, Profili della risoluzione, cit., 7 ss.
6 Il problema della competitività dell’ordinamento per effetto del modello di risoluzione ac- colto si lega al più ampio profilo dell’inquadramento funzionale della risoluzione tra i rimedi contro l’inadempimento e delle rilevanti questioni in termini di efficienza che la scelta di risol- vere il contratto e le modalità in cui la risoluzione opera sollevano. L’inquadramento della riso- luzione tra i rimedi contro l’inadempimento si contrappone alla sistematica, sopra riferita, dei
«rimedi sinallagmatici». Questo angolo prospettico assume particolare rilevanza in A. LUMINO-
SO, sub art. 1453, cit., 6 ss., ripreso da X. XXXXXX, Inattuazione e risoluzione, cit., 5 ss. V. anche
A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, III ed., Milano, 2001, passim e spec. 261 ss.; ID., voce Re- sponsabilità contrattuale, in Dig. disc. priv., sez. civ., XVII, Torino, 1998, 25 ss.; ID., voce Rimedi contrattuali, in G. X’XXXXX (diretto da), Il contratto, in ffnc. dir. – I tematici, I, Milano, 2021, 1031 ss.; X. XXXXXXXXX, voce Risoluzione per inadempimento, ivi, 1076 ss. Nel contesto di un’opera sull’azione di adempimento v. X. XXXXXXX, Adempimento e responsabilità contrattuale, Napoli, 2011, 141 ss. L’importanza metodologica di questa sistemazione è ricordata da X. XXXXX, Responsabilità e risoluzione del contratto, in ffuropa e dir. priv., 2018, 1142. Nelle opere sul ri- sarcimento del danno contrattuale, v. X.X. XXXXXX, Dell’inadempimento delle obbligazioni, Art. 1218-1229, in Comm. Scialoja-Branca, II ed., Bologna-Roma, 1980, sub art. 1218, 162 ss.; G. VI- SINTINI, Inadempimento e mora del debitore. Artt. 1218-1222, in Comm. Xxxxxxxxxxx-Xxxxxxxx, II ed., Milano, 2006, sub art. 1218, 448 ss.; G. VILLA, Inadempimento contrattuale e risarcimento, in
X. XXXXX (a cura di), Rimedi-2, cit., 1029 ss. Ciascuno dei tre rimedi risponde, si è osservato, a un diverso modello di tutela civile dei diritti: tutela satisfattoria, tutela ripristinatoria, tutela ri- sarcitoria. Così A. LUMINOSO, sub art. 1453, cit., 9. Senza entrare nel merito del dibattito sul ruo- lo sistematico dell’azione di adempimento (su cui v., ex multis, X. XXXXXXXXX, L’inattuazione dell’obbligazione e l’adempimento in natura, in ffuropa e dir. priv., 2001, 513 ss.; A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, cit., 261 ss.; ID., voce Responsabilità contrattuale, cit., 57; A. XXXXX, Sul c.d. primato dell’adempimento in forma specifica, in ffuropa e dir. priv., 2019, 923 ss. ed ivi per ulte- riori riferimenti, nonché, sull’azione di adempimento in generale, v. X. XXXXXXXXXX, Responsabi- lità civile, Milano, 2018, 925 ss.; X. XXXXXXXXX, Adempimento e risarcimento nei contratti di scambio, Torino, 2013, spec. 469 ss.; L. NIVARRA, I rimedi specifici, in ffuropa e dir. priv., 2011, 157 ss.; X. XXXXXXX, Adempimento e responsabilità contrattuale, cit.; X. XXXXX, I presupposti so- stanziali della domanda di adempimento, Milano, 2008), può essere utile osservare, in questa se- de, che, a prima vista, la tutela satisfattoria potrebbe essere considerata una forma di tutela pri- vilegiata, perché tende ad attuare esattamente il rapporto contrattuale. Nei contratti a presta- zioni corrispettive, però, piuttosto che concentrarsi su ipotetiche gerarchie tra rimedi, sembra più fecondo riflettere sulle loro funzioni. L’adempimento attua lo scambio e integra una forma di tutela specifica o, secondo le categorie dell’analisi economica del diritto, una property rule, ma si espone ad alcuni evidenti limiti, quali la (im)possibilità o la (in)coerecibilità della presta- zione, il costo degli strumenti di coercizione e il vincolo che una pervasiva tutela in forma speci- fica può imprimere alla circolazione della ricchezza. Perché la parte delusa abbia interesse a domandare l’adempimento, occorre, inoltre, che abbia già eseguito la propria prestazione e non intenda ripeterla o che sia pronta ad eseguirla e voglia farlo in favore di quella specifica contro- parte. Se il creditore domanda l’adempimento, il risarcimento, che risponde a una liability rule, o forma di tutela per equivalente, la quale riporta il creditore in una posizione di indifferenza patrimoniale, può compensare l’eventuale ritardo nell’esecuzione della prestazione. Il risarci- mento del danno può però anche sostituirsi alla prestazione, sia per scelta del creditore sia qua- lora la prestazione sia divenuta impossibile. Più complesso si mostra l’inquadramento della riso- luzione, la quale può partecipare, indirettamente, di entrambe le nature. Su property rules e lia- bility v. G. CALABRESI, A.D. XXXXXXX, Property Rules, Liability Rules, and Inalienability: One View of The Cathedral, 85 Harv. L. Rev. 1089 1971-1972 e spec. 1110, oggi consultabile, nella traduzione italiana a cura di X. Xxxxx, in Riv. dir. civ., 2020, 497 ss. Per una trasposizione della teoria nella dottrina italiana dei rimedi, v. A. DI MAJO, La tutela civile dei diritti, cit., 17 ss. Quanto ai profili funzionali della risoluzione, già a monte, la scelta di risolvere il contratto o mantenerlo può dipendere da numerose variabili (la natura della prestazione, i rapporti di valo- re tra prestazione e controprestazione, le complessive relazioni tra le parti e così via), tra cui
ma di risoluzione stragiudiziale atipica, derivante dalla dichiarazione della parte delusa che si dica ormai disinteressata a ricevere l’adempimento.
Il problema così enunciato, al di là delle questioni strettamente tecniche da risolvere tramite l’interpretazione delle norme rilevanti, tocca un punto centrale del rapporto tra i contraenti, tenendo conto delle loro aspettative
anche l’efficienza degli strumenti approntati dall’ordinamento per l’esercizio del rimedio. Riflet- tono su questo profilo, con sensibilità differenti, in particolare, X. XXXXXXXXX, La risoluzione giu- diziale, in X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXX, X. TAMPONI, La risoluzione, cit., 47 ss. e recentemente in ID., voce Risoluzione per inadempimento, cit., 1077; X. XXXXXXXXX, Il contratto: inadempimento e rimedi, Milano, 2010, 59 ss.; X. XXXXX, Giudizialità e stragiudizialità della risoluzione per ina- dempimento: la forza del fatto, in X. XXXXXXX, X. XXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), La risoluzione per inadempimento, cit., 13 ss.; X. XXXXXXXXX, Prestazione e cooperazione nei rimedi contro l’inadempimento: uno sguardo comparatistico, in Riv. dir. civ., 2021, 120 ss. Inoltre, la risoluzione può essere strumentale a due scopi differenti a seconda che la parte fedele abbia o meno adempiuto: se la parte non ha ancora eseguito la prestazione, la risoluzione serve a liberarsi dal contratto; se la parte ha adempiuto, la risoluzione è funzionale al ripristino dello status quo ante, in quanto prodromica alle restituzioni. Con riguardo alle restituzioni conse- guenti alla risoluzione per inadempimento, v. il classico studio di A. BELFIORE, Risoluzione per inadempimento e obbligazioni restitutorie, in Scritti in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxx, II, Milano, 1988, 245 ss. e, più recentemente, C. TRANQUILLO, Risoluzione per inadempimento e funzione del- le restituzioni, in ffuropa e dir. priv., 2015, 813 ss. Alle restituzioni, ovviamente, potrà accedere il risarcimento del danno. Venendo alle forme di risoluzione a disposizione degli operatori eco- nomici, esse possono rivelarsi più o meno rispondenti all’interesse perseguito dalla parte delusa: tendenzialmente, una forma stragiudiziale di risoluzione sarà privilegiata da chi ritenga preva- lente la funzione liberatoria del rimedio; la risoluzione giudiziale sarà ritenuta comunque neces- saria da chi è sensibile a esigenze di certezza e sarà chiesta in giudizio dalla parte che svolga contestualmente anche domande di condanna o da chi intenda trascrivere la domanda. Il di- scorso sulle modalità di risoluzione assume, pertanto, un diretto impatto sulla competitività dell’ordinamento. Limitandosi, per ora, all’alternativa tra risoluzione giudiziale e risoluzioni di diritto, senza addentrarsi nelle differenze tra i singoli rimedi, fattori che possono influenzare la scelta sono: (i) la tipologia negoziale, giacché il singolo regolamento contrattuale può richiedere una gestione della crisi peculiare (G. DE NOVA, Recesso e risoluzione nei contratti. Appunti da una ricerca, in ID. (a cura di), Recesso e risoluzione nei contratti, Milano, 1994, 3); (ii) l’intensità delle relazioni inter partes, l’intuitus personae, l’inserimento del contratto in più ampi rapporti commerciali, gli investimenti specifici sostenuti o, all’opposto, la standardizzazione del rapporto
– la dottrina statunitense ha coniato, in proposito, la categoria dei relational contracts, la cui teo-
rizzazione si deve a Xxx Xxxxxxx: cfr. I. XXXXXXX, The Many Futures of Contract, 47 S. Cal. L. Rev. 691 (1974); nella dottrina italiana la categoria è stata studiata, inizialmente, da X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996, passim; da ultimo, da
A. FONDRIESCHI, Contratti relazionali e tutela del rapporto di durata, Milano, 2018 e, sotto lo spe- cifico profilo dei rimedi contro l’inadempimento, da X. XXXXXXXXX, Prestazione e cooperazione, cit. –; (iii) la natura della prestazione dedotta in contratto (v. spec. X. XXXXX, Giudizialità e stra- giudizialità, cit., 13 ss.). A proposito delle diverse esigenze che possono indurre la parte a servir- si di una forma giudiziale o stragiudiziale di scioglimento del contratto v. già anche G. MINERVI- NI, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Tratt. Vassalli, Torino, 1952, 226 s.
e dei loro affidamenti: esso riguarda la questione se la dichiarazione stragiu- diziale del contraente deluso con cui è manifestato il sopravvenuto disinte- resse per il contratto possa, a prescindere dall’impiego delle tre forme di ri- soluzione di diritto o dall’uso di una modalità atipica, avere un effetto defini- tivo e irreversibile, in quanto ha suscitato nell’altra parte il convincimento che la sua prestazione non sarà più richiesta e che dovrà semmai farsi luogo alle restituzioni di quanto prestato nel frattempo. Emerge quindi l’esigenza di regolare i rapporti tra le parti sulla base del grado di definitività che si può assegnare a forme di risoluzione diverse da quella giudiziale, per la qua- le soltanto la legge regola in modo espresso l’incidenza della scelta per la ri- soluzione sui successivi comportamenti dei contraenti.
A questo riguardo, l’art. 1453, comma 2, cod. civ., come è noto, rende irretrattabile la scelta a favore della risoluzione assunta con la domanda giudiziale, dal momento che, una volta che il giudice sia richiesto di risol- vere il contratto, al creditore deluso non è più concesso un mutamento di strategia e la domanda di adempimento diviene inammissibile. Si tratta di una disposizione che mira a tutelare l’affidamento del debitore, al quale non può più essere chiesta l’esecuzione del contratto una volta che egli ab- bia potuto confidare sul disinteresse dell’altro contraente a portare a ter- mine il rapporto; vista da altra prospettiva, la soluzione rende inerti con- dotte del creditore caratterizzate da un atteggiamento contraddittorio quando egli, dopo aver manifestato un suo rifiuto del contratto, voglia poi riappropriarsene, sorprendendo una controparte che, nel frattempo, po- trebbe avere rimodulato la propria programmazione economica nella con- vinzione di non essere più tenuta ad adempiere.
È anche in ragione di queste esigenze di tutela che vengono argomentate le tesi che riconoscono efficacia alle dichiarazioni stragiudiziali atipiche di risoluzione. Ciò avviene tuttavia in un sistema normativo in cui, per le stesse risoluzioni di diritto previste dalla legge, è assente una disposizione che im- ponga esplicitamente di applicare un principio analogo a quello previsto dal- l’art. 1453, comma 2, cod. civ. Xxxx, pur di fronte a una risoluzione provoca- ta dagli strumenti stragiudiziali previsti dal Codice civile, si rinvengono deci- sioni in cui si afferma l’idea per cui il risolvente avrebbe la facoltà di rinun- ciare agli effetti risolutori, tornando così a poter pretendere l’adempimento.
È facile percepire come simili affermazioni si pongano in conflitto con il principio per cui non dovrebbe trovare ascolto una condotta contradditto- ria del creditore, che prima si dichiara disinteressato al contratto, poi ne vuole gli effetti.
Appare allora necessario verificare se, davanti a un panorama di solu- zioni tutt’altro che lineare, proprio l’esigenza di vietare condotte contrad-
dittorie e di tutelare l’affidamento della parte che potrebbe esserne vittima non possa costituire, una volta individuati i suoi confini e il suo contenuto, una chiave di lettura con cui dare armonia al sistema della risoluzione e ve- rificare se sia vero che l’ordinamento italiano non offre risposte in linea con i suggerimenti provenienti da altri contesti normativi.
2. Il divieto per la parte che ha domandato la risoluzione di chiedere l’adempimento ai sensi dell’art. 1453, comma 2, cod. civ. come punto di partenza dell’indagine
2.1. Ruolo sistematico dei commi 2 e 3 dell’art. 1453 cod. civ. e ratio della preclusione del secondo comma
I commi secondo e terzo dell’art. 1453 cod. civ. contengono norme sco- nosciute alla codificazione precedente e di notevole importanza ai fini del- l’identificazione degli effetti della domanda di risoluzione.
Una prima regola 7 ha esplicitato una soluzione ermeneutica pacifica sotto il codice previgente 8: la risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento 9.
7 Sulla cui natura, sostanziale o processuale, si discute in dottrina: cfr. X. XXXXXXXXX, Propo- nibilità delle domande risarcitoria e restitutoria in corso di giudizio purché congiuntamente con quella di risoluzione del contratto inadempiuto, in Riv. dir. civ., 2012, 601; G. SICCHIERO, La riso- luzione per inadempimento. Artt. 1453-1459, in Comm. Xxxxxxxxxxx-Busnelli, Milano, 2007, sub art. 1453, 269 ss.; X. XXXXXX, L’immutabilità dei fatti giuridici costitutivi della pretesa nell’eser- cizio dello ius variandi ex art. 1453, comma 2°, c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 1562 ss.
8 Cfr. G.G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, cit., 459.
9 La Relazione al Re (n. 661) così si esprime: «[l]a risoluzione può essere chiesta anche se la parte fedele ai propri obblighi aveva promosso il giudizio per ottenerne l’esecuzione; il che è ovvio dato che perdura lo stato di violazione del contratto». La norma, secondo la giurispru- denza pacifica, integra una deroga al divieto di mutatio libelli previsto dalle norme che introdu- cono preclusioni nel processo civile, purché la mutatio concerna il petitum e non sia posto a fondamento della nuova domanda un diverso fatto costitutivo già verificatosi al momento dell’introduzione della causa. Nella giurisprudenza più recente, Cass., 5 ottobre 2022, n. 28912, in De Jure; Cass., 23 aprile 2020, n. 8048, ivi; Cass., 2 ottobre 2017, n. 22983, in Foroplus, Cass.,
27 maggio 2010, n. 13003, in De Jure; Cass., 6 aprile 2009, n. 8234, ivi, nonché Cass., 22 no- vembre 2023, n. 32456, ivi. Cfr. per il quadro d’insieme X. XXXXXXXXX, La risoluzione giudiziale, cit., 77. Sul piano processuale v. I. XXXXX, Il contratto nel processo, Milano, 2022, 82. Dopo un intervento delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, è altresì pacifico che, insieme alla do- manda di risoluzione, la parte non inadempiente può chiedere, in ogni stato e grado del giudi- zio, anche la restituzione della prestazione eseguita e il risarcimento del danno da risoluzione: Cass., S.U., 11 aprile 2014, n. 8510, in Contratti, 2014, 749 ss., con nota di X. XXXXXXXXX, Ius
Le altre due regole concernono gli effetti della domanda di risoluzione e perseguono il medesimo fine: «congelare» il contratto nel tempo che inter- corre tra la domanda di risoluzione e la sua eventuale pronuncia. Ai sensi del terzo comma, dal momento della domanda di risoluzione la parte ina- dempiente non può più adempiere 10. La norma che interessa qui esamina- re è la terza, ossia il divieto, disposto dal secondo comma dell’art. 1453, per la parte che abbia domandato la risoluzione del contratto, di chiedere l’adempimento. Al contrario dell’altra regola contenuta nel medesimo comma, con questa disposizione il legislatore ha introdotto un elemento di discontinuità rispetto all’opinione dominante sino alla promulgazione del Codice. Sotto il codice previgente, nel silenzio della legge, la dottrina quasi unanime riteneva che la parte non inadempiente potesse in ogni momento pretendere l’adempimento anche una volta domandata la risoluzione 11, esattamente come nell’ipotesi inversa, perché concepiva la risoluzione per inadempimento come rimedio posto essenzialmente nell’interesse del cre- ditore della prestazione inadempiuta, che sarebbe stato frustrato se, venuti meno i presupposti per l’accoglimento di una delle due pretese – indipen- dentemente da quale essa fosse –, l’altra via gli fosse stata preclusa 12. Non
variandi e risarcimento del danno tra disciplina legislativa e regole giurisprudenziali, e in Giur. it., 2014, 1619 ss., con nota di X. D’XXXXXXXXXX, Le Sezioni unite si pronunciano sulla portata dell’art. 1453, 2° comma, c.c.; x. xxxxxxx Xxxx., 0 xxxxxxx 0000, x, 000 xx Xx Xxxx; Cass., 25 giugno 2018, ivi;
Cass., 26 luglio 2016, n. 15461, ivi.
10 Si ritiene che il divieto sia prodromico agli effetti della domanda di risoluzione fondata, sicché il rifiuto dell’adempimento tardivo da parte dell’attore è giustificato soltanto se la sua domanda sarà accolta all’esito del giudizio. Cfr. X. XXXXXXXXX, La risoluzione giudiziale, cit., 99 ss.; X. XXXXXXXXX, Il contratto, cit., 65; A. LUMINOSO, sub art. 1453, cit., 103.
00 X. X.X. XXXXXXX, Xx risoluzione per inadempimento, cit., 459 ss., il quale riferisce del so- stanziale accordo della dottrina, fatta eccezione per l’autorevole opinione di Xxxx. Cfr., più di recente, X. XXXXXXX, Il processo nella risoluzione del contratto per inadempimento, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Xxxxx Xxxxxxx, I, Milano, 1995, 437 ss.
12 G.G. XXXXXXX, La risoluzione per inadempimento, cit., 462 s.: «se la domanda di risoluzio- ne precludesse la domanda di esecuzione specifica o del risarcimento del danno, si toglierebbe al creditore la possibilità di servirsi del mezzo, che in un determinato momento meglio soddisfa il suo interesse (si pensi all’ipotesi, in cui, durante le more del giudizio di risoluzione sia diven- tata possibile, diversamente che dall’inizio, l’esecuzione specifica), frustrando così lo stesso sco- po per cui è stata introdotta la risoluzione, quello della massima possibile coincidenza tra l’interesse riconosciuto legislativamente e l’interesse tutelato giudiziariamente». Nel pensiero dell’Autore, l’opinione qui riportata è anche conseguenza della concezione della risoluzione per inadempimento come sanzione per l’inadempiente, opinione che è stata tra quelle sostenute nella ricostruzione del «fondamento» della risoluzione per inadempimento, che costituisce un tòpos della letteratura sulla risoluzione. Si vedano, fra le più autorevoli trattazioni recenti, X. XXXXXX, Inattuazione e risoluzione, cit., 19 ss.; X. XXXXXXXXX, La risoluzione per inadempimento,
mancava un’autorevole, ma minoritaria, opinione dissenziente, la quale ri-
cit., 6 ss.; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, cit., 36 ss. Si vedano inoltre B. GRAS- SO, ffccezione d’inadempimento e risoluzione del contratto (Profili generali), Napoli, 1973, 21 ss.;
X. XXXXX, La risoluzione del contratto per inadempimento, cit., 12 ss.; A. XXXXXXXX, voce Risolu- zione per inadempimento, in ffnc. dir., XL, Milano, 1989, 1308 s.; E. DELL’AQUILA, La ratio della risoluzione del contratto per inadempimento, in Riv. dir. civ., 1983, 836 ss. Lo studio del tema, in particolare, si è sviluppato, nella dottrina italiana, sotto il vigore del Codice abrogato e alla luce del modello spurio di risoluzione che esso accoglieva, in cui la condizione risolutiva non opera- va automaticamente, ma necessitava di un provvedimento giudiziale, ovviamente su domanda di parte, per produrre effetti. Si vedano, in proposito, le critiche mosse da G.G. AULETTA, La riso- luzione per inadempimento, cit., 77, che denuncia la «confusione» dogmatica alla base dell’ac- costamento tra risoluzione del contratto e condizione risolutiva tacita e critica, di conseguenza (a pag. 87), l’inserimento dell’art. 1165 tra le norme sulla condizione del contratto. Il dibattito sul fondamento della risoluzione per inadempimento, in quel quadro normativo, aveva quindi lo scopo di fornire all’istituto una solidità dogmatica assente nella legge. Si vedano, tra gli altri, nel vigore del codice del 1865, X. XXXXXXXXXX, La condizione risolutiva sottintesa nei contratti bilaterali: art. 11ł5 codice civile italiano, Milano, 1877; A. GALIZIA, Sulla cosiddetta “condizione risolutiva tacita” in materia civile e commerciale, nota ad App. Trani, 24 aprile 1911, in Xxx. xxxx., 0000, XX, 000 xx.; X. XXXXXXX, Della così detta condizione risolutiva sottintesa dell’art. 11ł5 in rapporto alla teoria generale dei contratti secondo il nostro codice civile, in Riv. dir. civ., 1912, 145 ss.; X. XXXXXXXX, voce Condizione risolutiva tacita, in Diz. prat. dir. priv., II, Milano, 1913, 325 ss.; G. OSTI, La risoluzione del contratto per inadempimento. Fondamento e principi generali, inedito e ora in Scritti giuridici, Milano, 1973, 403 ss.; X. XXXXX, Del rischio e pericolo, cit., 127 ss.; X. XXXXXXX, Irretroattività della risoluzione per inadempimento, in Riv. dir. comm., 1934, 695 ss.; X. XXXXXXXX XX., Risoluzione per inadempimento: retroattività e risarcimento del danno, in Riv. dir. civ., 1935, 1 ss. Per una sintetica ricognizione delle diverse opinioni cfr. già L. DIKOFF, Studi sulla risoluzione dei contratti bilaterali secondo l’art. 11ł5 del C. C. italiano, in Arch. giur., 1930, 3 ss. e, più recentemente, X. XXXXXX, voce Risoluzione del contratto, cit., 2 s.;
X. XXXXXX, Inattuazione e risoluzione, cit., 19 ss. Tra le tesi più rilevanti, si possono ricordare quella che riconduce la risoluzione ad una condizione risolutiva tacita sottesa ad ogni contratto sinallagmatico, come era espressamente previsto dall’art. 1165 cod. civ. 1865 (cfr. per tutti X. XXXXXXXX, voce Condizione risolutiva tacita, cit.), quella che intende la risoluzione come sanzione appena ricordata (G.G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, cit. e, più recentemente,
G.F. BASINI, Risoluzione del contratto e sanzione dell’inadempiente, Milano, 2001), quella che vede nell’istituto uno strumento per evitare ingiustificati arricchimenti (X. XXXXX, Del rischio e pericolo, cit., 135 ss.), quella che la ritiene espressione della teoria della sopravvenienza (G. OSTI, La risoluzione del contratto per inadempimento, cit.), quella della risoluzione come rimedio ad una patologia del sinallagma funzionale (X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, IX ed., rist. 2012, 185; A. XXXXXXXXXXX, voce Risoluzione del contratto, cit., 127). L’analisi del fondamento della risoluzione per inadempimento non è rimasta estranea nemmeno alla dot- trina successiva all’entrata in vigore del codice del 1942, ma un simile sforzo ricostruttivo ha perso d’interesse, per effetto della neutralità delle norme sul punto e dell’acquisita consapevo- lezza della superfluità della riflessione sul fondamento di un istituto espressamente previsto dal legislatore, sicché la trattazione del tema è diventata, per lo più, un esercizio «di stile», mentre tra la dottrina prevale una posizione agnostica sulla ratio dell’istituto: cfr. X. XXXXXX, Inattua- zione e risoluzione, cit., 19; X. XXXXXXXXX, La risoluzione per inadempimento, cit., 9; R. SACCO, in
R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, cit., 1588.
levava che «[e]sercitato il diritto di scelta nella forma concreta e specifica di una domanda giudiziale, scartato il diritto principale all’esecuzione, essa ha assolto il debitore inadempiente dall’obbligo della prestazione contrat- tuale. Qui il cambiamento è incompatibile colla via già scelta. Il debitore che appunto per ciò ha disposto della cosa apprestata per la consegna e ri- fiutata dal creditore, che avrà lasciato trascorrere la buona occasione per procurarsela, non può più essere richiesto dell’esecuzione che lo mettereb- be in una posizione difficile pel cambiamento della domanda» 13. È netta la diversità di prospettiva, attenta anche agli interessi del debitore e orientata alle esigenze della produzione e del commercio anziché alla pretesa san- xxxxxxxxxx nei confronti della parte inadempiente.
La tesi ha trovato accoglimento 14 all’art. 1453, comma 2, del Codice vi- gente 15, norma originale nel panorama europeo 16, ancorché la regola non
13 C. VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, IV, Milano, 1935, rist. anastatica a cura di X. Xxxx, X. Xxxxxxxx, X. x’Xxxxxxxxxx, 114, n. 1626.
14 Cfr. X. XXXXX, La risoluzione del contratto per inadempimento, cit., 239.
15 X. XXXXXXXXXX, Divieto di proporre domanda di adempimento una volta chiesta la risoluzio- ne: la Cassazione opera il regolamento di confini, nota a Cass., 27 dicembre 2010, n. 26152, in Corr. giur., 2011, 1598 ss.; G.G. AULETTA, Sentenza di condanna all’esecuzione e risoluzione per inadempimento, nota a Cass., 21 maggio 1952, n. 1464, in Giur. it., 1953, 54; X. XXXXXXXXX, Do- manda di adempimento dopo quella di risoluzione: divieto assoluto o relativo?, nota a Cass., 11 maggio 1996, n. 4444, in Corr. giur., 1996, 898 ss.; X. XXXXXXX, Il processo nella risoluzione, cit.; ID., Rilevabilità solo su eccezione della preclusione (sul crinale merito/rito) della domanda di adempimento ex art. 1453, comma 2, c.c.?, nota a Cass., 24 maggio 1993, n. 5838, in Resp. civ. prev., 1995, 346 ss.; X.X. XXXXXXXX, Risoluzione per inadempimento ex art. 1453, commi 1 e 2, c.c. ed arbitrato: una stupefacente ma coerente decisione della Suprema Corte, nota a Cass., 26 marzo 2003, n. 4463, in Corr. giur., 2005, 58 ss.; X. XXXXXXXXXX, In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, in Contratto e impr., 1991, 61 ss.; A. KLITSCHE DE LA GRANGE, Risoluzione per inadempimento e potestà del giudice, in Riv. dir. civ., 1964, 28 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Sul mutamento della domanda giudiziale ex art. 1453, 2° comma c.c., nota a Cass., 11 maggio 1996, n. 4444, in Giur. it., 1996, 1149 ss.; X. XXXXXX, In tema di rapporti tra domanda di risoluzione e domanda di adempimento, nota a Xxxx., 9 giugno 1992, n. 7085, in Giust. civ., 1993, 1264 ss.; L. XXXXXXX, nota a Cass., 11 maggio 1996, n. 4444, in Contratti, 1997, 123 ss. Nelle opere sulla risoluzione per inadempimento in generale, l’argomento è trattato in: X. XXXXXX, Inattuazione e risoluzione, cit., 111 ss.; G.G. AULETTA, Risoluzione e rescissione dei contratti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 649 s.; A. BELFIORE, voce Risoluzione per inadempimento, cit., 1335 s.; X. XXXXXXXX, La risoluzione per inadempimento, Padova, 2004, 238 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, V, La respon- sabilità, III ed., Milano, 2021, 303 ss.; X. XXXXXXXXX, sub art. 1453, in A. LUMINOSO, U. CARNEVA- XX, X. XXXXXXXX, Della risoluzione per inadempimento, cit., 80 ss.; ID., La risoluzione per inadem- pimento, cit., 39 ss.; X. XXXXXX, sub art. 1453, in E. XXXXXXXXXX, X. ORESTANO (a cura di), Dei con- tratti in generale, in Comm. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 2011, 400 ss.; A. XXXXXXXXXXX, voce Risoluzione del contratto, cit., 139 ss.; X. XXXXXXXXX, in X. XXXXXXXXX, X. ADDIS, Inattuazione e risoluzione: i rimedi, in X. XXXXX (a cura di), Rimedi-2, cit., 274 ss.; X. XXXXX, Trattato del contratto, III, Assa-
sia inedita, perché già nel diritto romano si riteneva che il venditore che si fosse avvalso della lex commissoria non potesse successivamente pretende- re il pagamento del prezzo 17.
La norma risulta qui di particolare interesse perché prende in conside- razione una fattispecie tipica di comportamento contraddittorio: la parte manifesta interesse a sciogliere il contratto, ma poi pretende la prestazione. La Relazione del Ministro Guardasigilli al Re giustifica così, al n. 661, la scelta del legislatore: «scegliendo la risoluzione, il contraente implicitamen- te dichiara di non avere più interesse al contratto, e il debitore non deve ulteriormente mantenersi pronto per l’esecuzione della prestazione» 18. So-
go, 2010, 2099 ss.; X. XXXXX, Ritardo nell’adempimento e risoluzione del contratto, Milano, 2012, 94 ss.; X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, Torino, 1958, 480 ss.; X. XXXXX, La risoluzione del contratto per inadempimento, cit., 239 ss.; X. XXXXXXXXXXX, La risoluzione dei contratti di durata, Milano, 2006, 107 ss.; I. XXXXX, Le azioni di impugnativa negoziale. Contributo allo studio della tutela costitutiva, Milano, 1998, 350 ss.; X. XXXXX, Il contratto, cit., 909; X. XXXXXXXX, La risolu- zione per inadempimento, Milano, 2012, 658 ss.; R. SACCO, in R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, cit., 1621 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Contratti in generale, in Tratt. Grosso-Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, Milano, 1961, 265 ss.; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, cit., 260 ss.; A. SMIROLDO, Profili della risoluzione, cit., 296 ss.; M. TAMPONI, La risoluzione per inadempimento, in E. XXXXXXXXX (a cura di), I contratti in generale, II, in Tratt. dei contratti, diretto da X. Xxxxxxxx, X. Xxxxxxxxx, XX ed., Assago, 2006, 1739 ss.; X. XXXXXXXXX, Il contratto, cit., 63 ss.
16 Sulla novità della norma e sul dibattito che ha condotto alla sua introduzione x. X. XXX- XXXXX, Profili della risoluzione, cit., 296 s.; X. XXXXXXXXXX, In tema di risoluzione, cit., 68. Sull’originalità della norma nel panorama europeo cfr. X. XXXXXXX, Il processo nella risoluzione, cit., 428, sub nota 1, il quale, tuttavia, osserva come il BGB, prima della Modernisierung, facesse conseguire all’atto unilaterale di recesso per inadempimento l’effetto preclusivo dell’adempi- mento tardivo una volta decorso il termine assegnato alla parte inadempiente. Da ultimo, cfr.
G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, cit., 261.
17 È riportato, in D.18.III.4.2, il responso di Papiniano secondo il quale «statim atque com- missa lex est statuere venditorem debere, utrum commissoriam velit exercere an potius pretium petere, nec posse, si commissoriam elegit, postea variare». Cfr. X. XXXXXXXX, voce Condizione risolutiva tacita, cit., 326 s.; G.G. AULETTA, La risoluzione per inadempimento, cit., 24 s.; C. CON- SOLO, Il processo nella risoluzione, cit., 436; A. KLITSCHE DE LA GRANGE, Risoluzione per inadem- pimento, cit., 36 ss. Una norma di contenuto simile si rinviene oggi nella Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili, all’art. 46, comma 1, ai sensi del quale «l’acquirente può esigere dal venditore l’adempimento dei suoi obblighi, a meno che non si sia avvalso di un mezzo incompatibile con tale esigenza»; allo stesso modo, l’art. 62 dispone che «il venditore può esigere dall’acquirente il pagamento del prezzo, la presa in consegna delle merci e l’adempimento degli altri obblighi dell’acquirente, a meno che non si sia avvalso di un mezzo incompatibile con dette esigenze».
18 Da ultimo, X. XXXXXXXXX, in X. XXXXXXXXX, X. ADDIS, Inattuazione e risoluzione, cit., 274, secondo cui nel testo del Codice vigente «le istanze di autonomia e affidamento – prima sacrifi- cate all’esigenza di favorire l’adempimento nel corso del giudizio – vengono ora più incisiva- mente valorizzate».
no così rappresentate due ragioni complementari che sorreggono la pre- clusione: da un lato il significato abdicativo della domanda di risoluzione e, dall’altro, l’interesse del debitore a poter confidare nella perdita d’interesse nell’esecuzione della prestazione contrattuale da parte del creditore.
In una dinamica, come quella della risoluzione per inadempimento, che vede come dominus – almeno quanto alla scelta di dar vita al procedimento e agli strumenti con cui farlo – il contraente deluso 19, la preclusione di cui all’art. 1453, comma 2, seconda parte, cod. civ. è perciò xxxxx, anzitutto, che tutela gli interessi del debitore, proteggendone l’affidamento 20. Suo tramite, la tutela si estende anche alla celerità dei traffici, perché la norma consente alla parte inadempiente di riorganizzare la sua attività disponen- do della prestazione dovuta o reimpiegandola. Se così non fosse, il contraen- te inadempiente dovrebbe mantenersi pronto all’adempimento sine die, esposto, durante il giudizio di risoluzione, alla possibilità di un mutamento della domanda e, nell’eventualità in cui il giudizio si concludesse con il ri- getto della domanda di risoluzione, a un successivo processo per la con- danna all’adempimento 21.
19 Osserva X. XXXXXXXXXX, In tema di risoluzione, cit., 64: «Certamente il sistema disegnato negli artt. 1453 e ss. indica che giustamente il legislatore privilegia la posizione della parte adem- piente». Come vedremo, l’osservazione dell’Autore prelude all’interpretazione della norma di cui all’art. 1453, comma 2, cod. civ. come norma a favore del debitore inadempiente, che dun- que bilancia gli interessi in gioco. Di qui la conclusione che gli interventi correttivi della portata del divieto, operati da giurisprudenza e dottrina, tendono a ripristinare il tendenziale favor cre- ditoris che permea la disciplina della risoluzione per inadempimento.
20 Ancora sul punto, ex multis, X. XXXXXXXXX, in X. XXXXXXXXX, X. ADDIS, Inattuazione e riso- luzione, cit., 274: «Precludendo il mutamento dell’azione di risoluzione in quella di adempi- mento, il codificatore del 1942 tutela l’affidamento del debitore, che a seguito alla notificazione della prima domanda agisce confidando nel disinteresse del creditore per l’esecuzione del con- tratto. Qualora l’attore, mutando opinione, potesse chiedere l’adempimento, il convenuto sa- rebbe esposto alla condanna dopo aver operato nella ragionevole prospettiva dello scioglimento del contratto»; in tal senso anche M. TAMPONI, La risoluzione per inadempimento, cit., 1748.
21 Tra le voci più autorevoli, cfr. A. XXXXXXXXXXX, voce Risoluzione del contratto, cit., 140; X. XXXXXXXXX, Il contratto, cit., 63; X. XXXXXXXXX, sub art. 1453, cit., 81; ID., La risoluzione giudiziale, cit., 75; R. SACCO, in R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, cit., 1622, che eloquentemente scrive:
«Che si vuole, dal debitore convenuto? Che tenga pronta la prestazione promessa e, nello stesso tempo, la prestazione ricevuta e soggetta a restituzione per effetto della risoluzione? Ma ciò equivale a dire che il debitore soggiace non già ad una scelta, ma ad un cumulo di obblighi in- compatibili». X. XXXXX, Il contratto, cit., 910, osserva realisticamente che, a fronte della crisi della collaborazione prodotta dall’inadempimento, nonché della duplice preclusione di cui al comma 2 e al comma 3 dell’art. 1453 cod. civ., «un contratto che non ha più nessuna ragionevole prospettiva di essere adempiuto, sembra un contratto destinato inevitabilmente a sciogliersi», cor- sivo nel testo. Si aggiunge, inoltre, che sarebbe indesiderabile che il contraente deluso potesse
2.2. I problemi interpretativi
Se la ratio della norma appare chiara, meno lineare è la ricostruzione del funzionamento della preclusione.
Come è stato osservato 22, l’effetto preclusivo della domanda e la natura costitutiva tradizionalmente affermata della sentenza di risoluzione si com- binano in modo poco razionale, potendo condurre a risultati inefficienti. Il contratto entrerebbe, difatti, in uno stato di immediata quiescenza al mo- mento della domanda giudiziale per effetto della duplice preclusione dei commi 2 e 3 dell’art. 1453 cod. civ., ma non sarebbe sciolto sino alla sen- tenza, con la conseguenza che il debitore della prestazione inadempiuta, cui l’adempimento tardivo è stato precluso, potrebbe trovarsi tenuto ad adempiere dopo lungo tempo, all’esito di un giudizio in cui la domanda di risoluzione sia stata rigettata, e dovrebbe, per tale ragione, tenersi pronto ad adempiere per tutto il processo. Come si vedrà, per ovviare a questo in- conveniente, una nota tesi ritiene che la domanda di risoluzione estingua il diritto all’adempimento e financo la dichiarazione stragiudiziale di risolu- zione sia idonea a sciogliere il contratto 23, interpretazione che assicura al debitore continuità tra la proposizione della domanda e la successiva even- tuale sentenza di accoglimento, a tutela del suo affidamento. Una simile so- luzione, come tutte quelle che attribuiscono un effetto di carattere sostan- ziale alla domanda di risoluzione, deve però fare i conti con gli effetti dell’eventuale rigetto della domanda. Se l’adempimento non può più esse- re domandato, ma il contratto non è sciolto, perché, in ipotesi, secondo la tesi tradizionale 24, può essere risolto solo con sentenza, il contratto è effi- cace, ma non azionabile dalla parte non inadempiente: lo chiameremo con- tratto «morto» 25, in quanto esso può solo essere attuato spontaneamente
speculare sui mutamenti di valore della prestazione attesa, domandando opportunisticamente l’adempimento dopo avervi dimostrato disinteresse. Così X. XXXXXXXXX, sub art. 1453, cit., 81;
A. SMIROLDO, Profili della risoluzione, cit., 296.
22 X. XXXXXX, Inattuazione e risoluzione, cit., 111 s.
23 È la tesi di R. SACCO, in R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, cit., 1620 ss.
24 Come noto, non condivisa da I. XXXXX, Le azioni di impugnativa negoziale, cit., spec. 348 ss., secondo la quale la sentenza di risoluzione è dichiarativa e non costitutiva (v. da ultimo EAD., Il contratto nel processo, cit., 95 ss.).
25 Ci serviamo dell’efficace espressione utilizzata da un Autore in un contesto parzialmente diverso, per identificare contratti in cui la collaborazione inter partes è irrimediabilmente com- promessa e il giudizio di risoluzione diviene, a certe condizioni, superfluo (X. XXXXX, Giudiziali- tà e stragiudizialità, cit., 23). L’espressione pare utile anche in questa sede, perché designa un contratto efficace, ma non azionabile, o almeno non azionabile dalla parte non inadempiente.
dalla parte inadempiente, la quale potrebbe astrattamente anche doman- darne l’adempimento, ma sarebbe a sua volta esposta a un’eccezione di inadempimento.
All’opposto, altre tesi mitigano l’assolutezza della preclusione, consen- tendo alla parte delusa, in determinate circostanze, di domandare l’adem- pimento in conseguenza delle condotte del debitore durante il processo o dopo la sentenza di rigetto. Simili interpretazioni possono porre problemi di compatibilità con la ratio della norma e con le regole processuali, oltre che con il dato letterale della disposizione, che sembrerebbe non lasciare margini per una successiva domanda di adempimento. Di più: ogni relati- vizzazione della regola può introdurre spazi di incertezza nei rapporti con- trattuali e nella circolazione della ricchezza.
Tra i due poli opposti si riscontrano posizioni mediane, sicché gli orien- tamenti possono essere riassunti in tre gruppi:
a) preclusione assoluta: la domanda di risoluzione – e, per alcuni, anche la dichiarazione stragiudiziale – estingue il diritto all’adempimento o pro- duce, in ogni caso, effetti irreversibili 26;
b) preclusione tendenzialmente assoluta: la domanda di adempimento non è proponibile se non in un diverso processo e in alcuni casi di rigetto della domanda di risoluzione 27;
c) preclusione relativa: la parte che ha domandato la risoluzione può chie- dere l’adempimento sia nel corso del processo, in conseguenza delle difese del convenuto, sia in un successivo processo se la domanda è rigettata 28.
Poiché la norma partecipa di una natura sia processuale sia sostanzia-
L’aporia che sorge dall’ammettere la portata assoluta del divieto di cui al secondo comma del- l’art. 1453 cod. civ. è ben nota agli interpreti. Cfr., ex multis, X. XXXXXXX, Il processo nella riso- luzione, cit., 443.
26 R. SACCO, in R. XXXXX, X. DE NOVA, Il contratto, cit., 1620 ss.; M. TAMPONI, La risoluzione per inadempimento, cit., 1748; A. KLITSCHE DE LA GRANGE, Risoluzione per inadempimento, cit., passim. Per questi Autori la domanda di risoluzione comporta, sul piano sostanziale, l’estinzio- ne del diritto all’adempimento. Parzialmente diversa l’opinione di X. XXXXXXXXX, sub art. 1453, cit., 92. V. anche G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, cit., 260 ss.
27 A. XXXXXXXXXXX, voce Risoluzione del contratto, cit., 140 ss.; X. XXXXXXXXX, in M. DELLA- CASA, F. ADDIS, Inattuazione e risoluzione, cit., spec. 284 ss.; X. XXXXX, Xxxxxxx nell’adempimento, 109 ss.; A. SMIROLDO, Profili della risoluzione, cit., 296 ss., sub nota 18.
28 X. XXXXXXXXXX, In tema di risoluzione, cit.; X. XXXXXXXXX, Il contratto, cit., 64; X. XXXXXXX, Il processo nella risoluzione, cit., le cui tesi sul punto sono da ultimo compendiate in ID. (con la collaborazione di X. Xxxxx), voce Contratto e processo, in G. X’XXXXX (diretto da), Il contratto, cit., 419 s.
le 29, sembra opportuno procedere all’esame della regola separando l’am- bito del processo da quello degli effetti sostanziali 30.
3. La preclusione nel processo
3.1. La tesi secondo cui l’attore può domandare l’adempimento in conse- guenza della condotta processuale del convenuto
Il divieto di cui all’art. 1453, comma 2, cod. civ. ha, anzitutto, una por- tata processuale 31 e trova applicazione qualora la parte non si sia avvalsa della facoltà, pacificamente concessa, di domandare, in via subordinata ri- spetto alla risoluzione, anche l’adempimento 32. Il tenore letterale della di- sposizione sembrerebbe chiaro: se l’attore chiede soltanto la risoluzione, non può modificare la domanda nel xxxxx xxx xxxxxxxx 00. Xx è accennato, tuttavia, che una simile interpretazione pare ad alcuni eccessivamente rigi- da. Sin da subito dopo l’emanazione del Codice si è pertanto diffusa in dottrina un’interpretazione evolutiva della norma, tale per cui le ragioni del divieto non ricorrerebbero qualora dalle difese del convenuto emerga che questi non ripone alcun affidamento nello scioglimento del contratto 34.
29 Si veda A. SMIROLDO, Profili della risoluzione, cit., 305: «la rigorosa disciplina dello jus va- riandi, disposta dal II co. Dell’art. 1453 del codice vigente non è un momento isolato; al contra- rio è espressione della armonica evoluzione storica dell’istituto della risoluzione, tendente da una parte alla erosione dell’area giudiziale con l’ampliamento delle ipotesi di scioglimento del rapporto sula base della semplice iniziativa della parte interessata; dall’altra, nella risoluzione giudiziale, a dare il massimo risalto al momento della domanda, e cioè all’atto di esercizio del diritto».
30 È condivisibile la scansione data alla trattazione del problema da X. XXXXXXXXX, in X. XXXXXXXXX, X. ADDIS, Inattuazione e risoluzione, cit., 275 ss.
31 Testualmente, X. XXXXXXXXX, Il contratto, cit., 63.
32 In dottrina, tra gli altri, X. XXXXXXXXX, sub art. 1453, cit., 92; X. XXXXXXXXX, Il contratto, cit.,
64. ffx multis, Cass., 12 settembre 2013, n. 20899, in De Jure; Cass., 19 gennaio 2005, n. 1077, ivi.
33 Accedono a una simile soluzione anche, ex multis, A. XXXXXXXXXXX, voce Risoluzione del contratto, cit., 140; X. XXXXXXXXX, La risoluzione giudiziale, cit., 81; X.X. XXXXXX, Diritto civile, V, cit., 305; M. TAMPONI, La risoluzione per inadempimento, cit., 1744; X. XXXXXX, sub art. 1453, cit., 401; X. XXXXXXXXX, in X. XXXXXXXXX, X. ADDIS, Inattuazione e risoluzione, cit., 275 ss.
34 Già in questo senso G.G. AULETTA, Risoluzione e rescissione, cit., 650: «il convenuto in ri- soluzione […] può opporsi alla risoluzione stessa, sostenendo che non esiste l’inadempimento ovvero che l’inadempimento non è colposo ovvero che non è grave e chiedendo l’esecuzione del contratto. In tutte queste ipotesi, e finché persiste in detto atteggiamento, egli dichiara di non avere interesse alla risoluzione del contratto e perciò non può opporsi al cambiamento di do-
Il mutamento della domanda non sarebbe allora ammissibile qualora il convenuto restasse contumace, perché, anzi, questi avrebbe scelto di non difendersi sulla domanda di risoluzione, accettando il rischio dell’accogli- mento della domanda 35. Né a diversa soluzione dovrebbe giungersi in caso di contumacia involontaria, in cui il convenuto è ex lege sottoposto all’esito del processo. La medesima conclusione varrebbe per il caso in cui il con- venuto proponesse solo eccezioni di rito o se, nel merito, contestasse sol- tanto l’esistenza del titolo. Incontestato il rapporto, il convenuto potrebbe proporre una domanda riconvenzionale di risoluzione, in tal modo manife- stando a sua volta l’intenzione di sciogliere il contratto. Potrebbe poi di- fendersi contestando i presupposti della sola domanda di risarcimento del danno, qualora proposta dall’attore in cumulo con la domanda di risolu- zione: ad esempio, opponendosi alla quantificazione del danno ex adverso allegata. Potrebbe, più in generale, non opporsi alla risoluzione del con- tratto, mostrando anche in questo caso implicita adesione alla volontà della controparte di sciogliere il contratto.
Xxxxx spesso, però, il debitore convenuto contesta il proprio inadempi- mento o l’imputabilità dello stesso o ancora eccepisce che l’inadempi- mento era giustificato e chiede il rigetto tanto della domanda di risoluzione quanto di quella di risarcimento del danno. Talvolta le difese concernono lo specifico requisito della gravità dell’inadempimento ex art. 1455 cod. civ. Sono questi i casi in cui, si dice, il convenuto non confiderebbe nello scioglimento del contratto, perché ne contesta i presupposti 36.
manda. Diversamente se il convenuto, pur sostenendo la mancanza di inadempimento da parte sua o l’inadempimento non colposo, chiedesse la risoluzione per colpa della controparte; ovve- ro se restasse contumace in giudizio». La tesi è condivisa, oltre che dagli Autori citati nel testo e supra, al paragrafo precedente, sub nota 82, da X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, cit., 481 s.; A. XXXXXXXX, voce Risoluzione per inadempimento, cit., 1336; X. XXXXXXXXXXX, La risoluzione, cit., 111.
35 Così A. XXXXXXXX, voce Risoluzione per inadempimento, cit., 1336.
36 Questa tesi risalente è stata sviluppata in due direzioni. Secondo X. XXXXXXXXXX, In tema di risoluzione, cit., il convenuto che si opponga alla risoluzione sarebbe tenuto a offrire l’adem- pimento e a provare di poter adempiere. In tal caso, il giudice dovrebbe attribuire la prestazio- ne all’attore: non è ben chiaro, invero, con quale tipo di pronuncia. Se il convenuto non offrisse l’adempimento, il giudice dovrebbe pronunciare la risoluzione, anche se i presupposti per l’accoglimento della domanda difettavano nel momento dell’azione. La tesi si articola, esplici- tamente, attorno a un onere di coerenza in capo al debitore inadempiente che contesti la risolu- zione: se questi lo fa potendo adempiere, allora adempia; se invece lo fa senza avere la possibili- tà di eseguire la sua prestazione, il contratto sarà risolto. Un altro Autore (X. XXXXXXX, Il proces- so nella risoluzione, cit., 475 ss.) ha contestato la prima tesi sia sotto il profilo della severità nei confronti del debitore sia della sua ammissibilità sotto il profilo processuale. Ne ha però condi-
Simili tesi hanno il merito di valorizzare alcuni degli interessi sostanziali delle parti. Sembra però che la possibilità di accoglierne le conclusioni debba essere vagliata tenendo presente anche il peculiare contesto in cui la domanda di adempimento sarebbe introdotta: quello di un processo già avviato.
3.2. Il rapporto tra la preclusione e le norme processuali sulla modifica- zione della domanda
Non mancano argomenti anche a favore dell’assolutezza della preclu- sione, a partire dal carattere di norma speciale dell’art. 1453, comma 2, se- conda parte, cod. civ. e dal suo chiaro tenore letterale 37. Sempre sul piano degli interessi sostanziali delle parti, alla tesi per cui la mutatio dovrebbe essere consentita in conseguenza delle difese del convenuto, si replica che la domanda di adempimento risulta preclusa, oltre che a tutela dell’affida- mento del convenuto 38, anche per effetto del principio di autoresponsabili- tà 39, che impedisce alla parte che avrebbe potuto proporre sin dall’atto in- troduttivo la domanda in via subordinata di chiedere l’adempimento in corso di causa 40.
viso la sostanza, concludendo che, sulla base delle difese del convenuto, e segnatamente nei casi
«in cui il convenuto per la risoluzione o sostenga di aver già adempiuto o sostenga di dovere e di essere in grado ancora tempestivamente di adempiere», «[l]a regola del 2° comma dell’art. 1453 deve […] cedere il passo e lasciare campo aperto alle norme processuali ordinarie sui tempi e limiti di ammissibile modificazione della domanda» (ivi, 458): vedremo subito appresso cosa ciò significhi.
37 G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, cit., 266; X. XXXXXXXXX, La risoluzione giudiziale, cit., 81. X. XXXXX, Trattato del contratto, III, cit., 2102 osserva, condivisibilmente, che la relativizzazione della preclusione «di fatto svuoterebbe in gran parte il principio di cui all’art. 1453, 2° co., c.c., dato che nella maggior parte dei casi il convenuto si oppone all’accoglimento della domanda dell’attore».
38 V. nuovamente per tutti X. XXXXXXXXX, sub art. 1453, cit., 81; X. XXXXXXXXX, in M. DELLA- CASA, F. ADDIS, Inattuazione e risoluzione, cit., 279.
39 Sul principio di autoresponsabilità v. infra, cap. III, par. 8 e, sin d’ora, i riferimenti minimi a X. XXXXXXXXX, voce Autoresponsabilità, in ffnc. dir., IV, Milano, 1959, 452 ss.; X. XXXXXXX, Xxxx- xxxxxxxxxxxxxx x xxxxxxxxx xxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
40 G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, cit., 268, il quale, a pag. 266, osserva an- che che se la giustificazione della possibilità per l’attore di mutare la domanda giace squisita- mente sul piano degli interessi sostanziali delle parti e, segnatamente, sull’interesse dell’adem- piente a chiedere la prestazione qualora la controparte non si sia mostrata disinteressata al con- tratto, sarebbe improprio limitare poi tale potere, di carattere sostanziale, attraverso norme processuali.
La portata del divieto di cui all’art. 1453, comma 2, cod. civ. all’interno del processo si spiega però solo se esaminata in rapporto con le regole pro- cessuali sulla modificazione delle domande 41: occorre chiedersi, in partico- lare, se la norma si ponga in linea di continuità o meno con le preclusioni processuali e comprendere cosa accadrebbe se essa fosse disapplicata.
Per i processi ordinari di cognizione instaurati successivamente al 28 febbraio 2023, l’art. 171-ter cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. 10 otto- bre 2022, n. 149, dispone che con la prima memoria integrativa, da deposi- tarsi nel termine di quaranta giorni prima dell’udienza di comparizione, le parti possono proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto o dal terzo e precisare e modificare le domande, eccezioni e conclusioni già proposte. La norma, nell’anticipare a un momento anteriore alla prima udienza le preclusioni istruttorie, accorpa, in un unico termine, adempi- menti che, nel regime previgente – che trova applicazione per i processi in- trodotti sino al 28 febbraio 2023 –, dovevano svolgersi entro due termini distinti: l’attore poteva «proporre le domande e le eccezioni che sono con- seguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto» nel corso della prima udienza (art. 183, comma 5, cod. proc. civ., testo previgente) e poi le parti potevano chiedere di essere autorizzate dal giudice, entro il termine perentorio di trenta giorni dall’udienza, al de- posito di una memoria per le «sole precisazioni o modificazioni delle do- mande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte» (art. 183, comma 6, n. 1, cod. proc. civ., testo previgente).
La riforma modifica termini e forme processuali, ma non pare incidere sul perimetro del potere delle parti di allegare nuovi fatti e proporre do- mande nuove, individuandone l’oggetto attraverso le medesime parole del testo previgente 42. Quanto al potere dell’attore di proporre una nuova domanda in conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto (e, oggi, anche di un terzo chiamato o intervenuto) 43, la let- tura consolidata del testo previgente era di senso restrittivo: la domanda
41 L’esigenza è avvertita, tra gli altri, da X. XXXXXXXXX, La risoluzione giudiziale, cit., 81; G. SICCHIERO, La risoluzione per inadempimento, cit., 266; X. XXXXX, Xxxxxxx nell’adempimento, cit., 107 s.; X. XXXXXXXXX, in X. XXXXXXXXX, X. ADDIS, Inattuazione e risoluzione, cit., 277; oltre che ovviamente da X. XXXXXXX, Il processo nella risoluzione, cit., passim e spec. 456 ss.
42 In questa linea d’idee A. CARRATTA, La riforma del processo civile, Torino, 2023, 46.
43 La norma, nella nuova formulazione, non riferisce espressamente questi poteri all’attore, ma alle «parti». L’interpretazione logica della norma impone però di riferire questo potere all’attore. Questa è l’interpretazione che dà A. CARRATTA, La riforma del processo civile, cit., 46 s.
nuova deve essere consequenziale alla riconvenzionale o all’eccezione, ne- cessariamente in senso stretto, del convenuto, mentre la norma «non attri- buisce alle parti la facoltà di proporre domande nuove che potessero essere proposte con la citazione o con la comparsa di risposta» 44. Non sembra es- servi, tra le posizioni che può assumere il convenuto in risoluzione, un caso che faccia sorgere nell’attore un interesse, prima inesistente, all’adem- pimento. Xxxx, in realtà, la facoltà di domandare l’adempimento, sia in via autonoma sia in via di cumulo con la risoluzione, è sempre rimasta in capo all’attore. Può concludersi che la regola di cui all’art. 171-ter, comma 1, n. 1, prima parte (già art. 183, comma 5), cod. proc. civ. non sembra potersi applicare alla fattispecie in esame, sicché, quand’anche il divieto dell’art. 1453, comma 2, cod. civ. fosse disapplicato, un analogo divieto opererebbe per effetto di tale norma.
Stante la coincidenza nella formulazione delle norme, anche nell’inter- pretare la seconda parte del n. 1 dell’art. 171-ter, comma 1, cod. proc. civ. potrà farsi riferimento agli approdi di dottrina e giurisprudenza in relazio- ne ai poteri delle parti ai sensi dell’art. 183, comma 6, n. 1 in vigore per i procedimenti instaurati prima della riforma 45. Sul punto, l’insegnamento tradizionale – e consolidato, almeno formalmente, fino al revirement delle Sezioni Unite del 2015 di cui si dirà a breve – è che dovrebbe distinguersi tra la semplice emendatio libelli, testualmente ammessa, che integrerebbe appunto la modifica o la precisazione delle domande già proposte, senza incidere né sul petitum né sulla causa petendi, e la mutatio libelli, ravvisabi- le qualora sia modificato uno di questi due elementi, così da configurare una domanda nuova e inammissibile 46. Con il mutamento della domanda
44 La citazione è tratta dalla massima di Cass., 11 gennaio 2017, n. 498, in De Jure. V. inoltre Cass., 12 giugno 2018, n. 15211, ivi; Cass., 11 marzo 2006, n. 5390, ivi; Cass., 8 luglio 2004, n.
12545, ivi.
45 Sul punto, da ultimo, si segnalano le approfondite riflessioni sulle impugnazioni contrat- tuali di I. XXXXX, Il contratto nel processo, cit., 12 ss.
46 Così, tra le molte, Cass., 28 gennaio 2015, n. 1585, in De Jure; Cass., 20 luglio 2012, n. 12621, xxx, secondo la quale «Si ha “mutatio libelli” quando si avanzi una pretesa obiettivamen- te diversa da quella originaria, introducendo nel processo un “petitum” diverso e più ampio oppure una “causa petendi” fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e partico- larmente su un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d’indagine e si spostino i termini della controversia, con l’effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo; si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla “causa petendi”, in modo che risulti modificata soltanto l’in- terpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul “petitum”, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo più idoneo al concreto ed effettivo soddisfaci- mento della pretesa fatta valere».