OSSERVATORIO
OSSERVATORIO
TRIBUTARIO
1/2015
Gennaio—Febbraio
LEGISLAZIONE DOTTRINA
PRASSI AMMINISTRATIVA GIURISPRUDENZA
Statuto del contribuente – Diritti e garanzie del contribuente – Contraddittorio endoprecedimentale – Necessità – Omissione – Nullità dell’avviso di accertamento.
Comm. Trib. prov. di Genova 27 ottobre 2014, n. 2030/12/14. Pag. 1 ACCERTAMENTO: Principi e norme generali
“Elusione, evasione, confusione e abuso del diritto nell’applicazione di norme di favore”, di X. XXXXXX. “ 1
“Brevi considerazioni sulla definizione di abuso del diritto e sul nuovo regime del c.d. adempimento collaborativo”, di X. XXXXX. “ 2
“L’accertamento tributario antielusivo: profili procedimentali e processuali”, di S. LA ROSA. “ 3
“Abuso del diritto distinto dalle fattispecie di evasione”, di X. XXXXX. “ 4
Accertamento – Avviso di accertamento – Autotutela – Vizi dell’atto impositivo – Irrilevanza – Interesse “generale” alla rimozione dell’atto – Necessità.
Xxxx., sez. trib. 5 novembre 2014, n. 23628. “ 5
Accertamento – Avviso di accertamento – istanza di autotutela – Rifiuto dell’Amministrazione finanziaria –
Impugnabilità – Contestazione della pretesa tributaria – Esclusione – Contestazione per illegittimità del rifiuto – Ammissibilità.
Xxxx., sez. trib. 3 dicembre 2014, n. 25563. “ 5
Accertamento – Abuso del diritto – Sale & lease back immobiliare – Uso distorto di strumenti negoziali e anomalia della condotta economica – Mancanza – Abuso di diritto – Esclusione.
Xxxx., sez. trib. 5 dicembre 2014, n. 25758. “ 6
Accertamento – Abuso di diritto – Operazioni eseguite al solo fine di conseguire un risparmio d’imposta – Dimostrazione a carico del Fisco – Necessità.
Xxxx., sez. trib. 23 dicembre 2014, n. 27311. “ 6
Accertamento – Abuso del diritto – contraddittorio preventivo tra le parti – Necessità.
Xxxx., sez. trib. 14 gennaio 2015, n. 406. “ 6
Accertamento – Abuso del diritto – Condotte non rientranti nell’art. 37-bis, DPR 600/73
Xxxx., sez. trib. 14 gennaio 2015, n. 439. “ 6
Accertamento – Disposizioni antielusive – Contenzioso – Interpello disapplicativo – Risposta della Direzione regionale – Impugnazione facoltativa – Ammissibilità.
Comm. Trib. prov. di Campobasso, 2 dicembre 2014, n. 881. “ 7
Accertamento – Disposizioni antielusive – Fusione e contestuale scissione societaria – Prosecuzione dell’attività negli stessi opifici ed allo stesso modo – Trasferimento di proprietà degli immobili – Operazione elusiva – Sussistenza.
Comm. Trib. di Mantova, 3 dicembre 2014, n. 350. “ 7 ACCORDI INTERNAZIONALI (Principi e norme generali)
Disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero – Articolo 165 del TUIR – Chiarimenti.
Circ. Agenzia delle Entrate 5 marzo 2015, n. 9/E. “ 7
Monitoraggio fiscale – Emersione attività illecitamente detenute all’estero – Voluntary disclosure.
Circ. Agenzia delle Entrate 13 marzo 2015, n. 10/X. Xxx. 9
Stabile organizzazione – Esterovestizione – Abuso del diritto – Rilevanza penale.
Cass., pen. 23 gennaio 2015, n. 3307. “ 10
AGEVOLAZIONI XX XXXXXXXXX
Agevolazioni – Orientamento giurisprudenziale innovativo – legittimo affidamento in precedente orientamento giurisprudenziale – Non è vincolante.
Xxxx., sez. trib. 9 gennaio 2015, n. 174. “ 10
ELUSIONE
“La (ir)rilevanza penale delle condotte elusive/abusive e il reato di dichiarazione infedele: una lettura
critica alla luce dei principi della delega fiscale e della loro attuazione” di X. XXXXX. “ 11
Elusione – Elusione per interposizione – non è necessario comportamento fraudolento – Sufficiente uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico.
Xxxx., sez. trib. 15 ottobre 2014, n. 21794. “ 11
Elusione – Abuso del diritto – Disposizioni agevolative – Indebito vantaggio fiscale.
Cass., sez. VI-T, 11 novembre 2014, n. 24027. “ 11
VIOLAZIONI E SANZIONI
“La riforma del ravvedimento operoso: dal controllo repressivo alla promozione della “compliance””,
di X. XXXXXXXX XXXXXX. “ 11
CONTENZIOSO TRIBUTARIO – Commissioni tributarie
Processo tributario – Sentenza del giudice tributario – Costituisce pronuncia di merito – Sostituisce dichiarazione contribuente e accertamento d’Ufficio.
Xxxx., sez. trib. 19 settembre 2014, n. 19750. “ 12
Contenzioso tributario – Poteri delle Commissioni tributarie – Controversia sulla legittimità o annullamento di atto impositivo – Decisione del giudice intermedia tra le contrapposte pretese – Corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Violazione – Esclusione.
Xxxx., sez. trib. 22 ottobre 2014, n. 22400. “ 13
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Accordi internazionali – Redditi transnazionali CFC
“Legge di stabilità 2015: nuovi criteri per identificare le imprese black list”,
di X. XXXXXXXX e X. XXXXXXX. “ 13
“Legge di stabilità: quali prospettive per CFC e costi <<black list>>?” di X. XXXXX. “ 13
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Dichiarazione dei redditi
Dichiarazione dei redditi – Credito d’imposta indicato in dichiarazione – Impugnabilità del diniego tacito al rimborso.
Xxxx., sez. trib. 15 ottobre 2014, n. 21734. Pag. 14
Dichiarazioni – Monitoraggio fiscale – Attività e investimenti esteri – Soggetti che movimentano le attività non beneficiari effettivi – Mera detenzione – Obbligo di dichiarazione – Sussistenza.
Xxxx., sez. trib. 18 dicembre 2014, n. 26848. “ 14
IRES
“”Transfer pricing”: disconosciuto il rigetto automatico delle società in perdita nelle analisi di
“benchmark””,di X. XXXXXXXXX e X. XXXX. “ 15
“Dal decreto “Sblocca Italia” un incentivo all’adozione del regime fiscale delle SIIQ”, di X. XXXXXXX. “ 16
IRES – Plusvalenze patrimoniali – Facoltà di frazionamento – Opzione e revoca desumibili da comportamenti concludenti.
Xxxx., sez. trib. 21 gennaio 2015, n. 991. “ 16
IRES – Reddito di impresa – Somme corrisposte a titolo di risarcimento danni a seguito di accordo transattivo – Deducibilità.
Xxxx., sez. trib. 25 marzo 2015, n. 5976. “ 17
REDDITI DI CAPITALE
“Diritti del beneficiario di trust e imposizione sul reddito”, di X. XXXXXXX. “ 17
“La tassazione dei dividendi percepiti dal trust”, di X. XXXXXXXXXXX. “ 17
Redditi di capitale – Sostituti d’imposta – Individuazioni del soggetto tenuto all’applicazione delle ritenute ed imposte sostitutive – Condizioni.
Ris. Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2015, n. 16/E. “ 18
REDDITI DI IMPRESA
“Recenti arresti giurisprudenziali in materia di stabile organizzazione occulta”,
di X. XXXXXX e X. XXXXXXXX. “ 19
“Verso una maggiore differenziazione tra stabile organizzazione ai fini delle imposte sui redditi
e dell’IVA?”, di X. XXXXXXX e X. XXXXXXX. “ 19
“Piani di “stock option” dei soggetti IAS/IFRS: aspetti problematici”, di X. XXXXXXXXXX e X. XXXXXX. “ 20
“I versamenti e i finanziamenti dei soci alla luce del nuovo OIC 28”,
di X. XXXXXXXXX e X. XXXXXXXXX. ” 20
Redditi di impresa – Valutazioni – Mutuo gratuito da società capogruppo residente a favore di controllate estere – Transfer pricing – Inapplicabilità.
Xxxx., sez. trib. 19 dicembre 2014, n. 27087. “ 21
Redditi di impresa – Quota di ammortamento – Cespite iscritto nel bilancio relativo ad un periodo d’imposta non più accertabile – Contestazione della deducibilità – Esclusione.
Comm. Trib. reg. di Milano, 21 ottobre 2014, n. 5447/2014. Pag. 21
REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE
Previdenza complementare – Fondi pensione – Novità introdotte dalla legge di stabilità 2015
Circ. Agenzia delle Entrate 13 febbraio 2015, n. 2/E. “ 22
IPOTECARIE E CATASTALI (Imposte)
Istituzioni di trust – Qualifica dell’atto – Trasferimento di ricchezza – Imposte ipotecarie e catastali – Presupposto impositivo – Elemento temporale.
Comm. Trib. prov. di Torino, 5 febbraio 2014, n. 311/11/14. “ 23
IVA
“IVA di gruppo: profili di criticità in attesa del recepimento della normativa comunitaria”,
di X. XXXXX e F. T. COALOA. “ 23
“Regime IVA applicabile alla gestione di fondi comuni di investimento alternativi”,
di X. XXXXX e X. XXXXX. “ 24
IVA – Applicazione delle norme nazionali antielusive – Legittimità.
Corte di Giust. UE, 12 febbraio 2015, n. 662/13. “ 24
IVA – Note di credito – Non incidono sul plafond formatosi in anni precedenti
Xxxx., sez. trib. 2 luglio 2014, n. 15059. “ 24
REGISTRO (Imposta di)
Imposta di registro – Accertamento – Avviso di rettifica – Conferimento di un ramo di azienda in una società e successiva cessione della partecipazione totalitaria acquisita – Riqualificazione della fattispecie come una cessione diretta di ramo d’azienda – Insussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto e di norme idonee a giustificare una simile riqualificazione – illegittimità dell’accertamento – Consegue.
Comm. Trib. prov. di Milano, sez. V 18 febbraio 2014. “ 25
SUCCESSIONI E DONAZIONI
“Costituzione di vincoli di destinazione nel caso di disponente anche beneficiario”,
di X. XXXXXXXXXXX. “ 25
Successioni e donazioni (imposta sulle) – Trust auto dichiarato a scopo di garanzia – Assenza di trasferimento – Imponibilità – Aliquote 8%
Cass., sez. VI civ., 4 febbraio 2015, n. 3735. “ 26
Successioni e donazioni (imposta sulle) – Trust costituito da enti pubblici avente ad oggetto somme di denaro – Imponibilità aliquota 8%.
Cass., sez. VI civ. 4 febbraio 2015, n. 3737. “ 26
Successioni e donazioni (imposta sulle) – Si applica sulla costituzione dei vincoli di destinazione –
Trust di scopo – Imponibilità a prescindere dal trasferimento – Aliquota residuale 8%.
Xxxx., sez. trib. 18 marzo 2015, n. 5322. Pag. 26
Istituzioni di trust – Effetti condizionati.
Beneficiario di trust – Aspettativa giuridica – Arricchimento tassazione – Insussistenza – Trattamento fiscale applicabile.
Comm. Trib. prov. di Perugia 19 giugno 2014, n. 470/2/14. “ 26
Istituzione di trust – Imposta di successione e donazione – Trasferimento a titolo gratuito – Applicabilità.
Istituzione di trust – Potere del trustee – Ampiezza dei poteri – Abuso di diritto.
Comm. Trib. reg. di Firenze, 22 settembre 2014, n. 1702. “ 27
FINANZA E TRIBUTI LOCALI
IMU – Contratto di leasing – Risoluzione anticipata del contratto – Soggettività passiva.
Comm. Trib. prov. di Bergamo, 29 ottobre 2014, n. 759/8/14. “ 27
IRAP
“Rettifiche e riprese di valore dei crediti verso la clientela operate dalle banche”,
di X. XXXXXXX e X. XXXXX. “ 27
IRAP – Transfer pricing – Rettifiche – Si applicano dal periodo d’imposta 2014.
Comm. Trib. prov. di Reggio Emilia, sez. III 19 novembre 2014, n. 510. “ 28
VARIE
“Trust, abuso del diritto ed agevolazione fiscale”, di X. XXXXXXX. “ 28
Varie – Legge di stabilità 2015 – Decreto semplificazioni (D.Lgs. 175/2014) – Xxxxxxxxxxx interpretativi relativi a quesiti posti in occasione degli eventi con la stampa specializzata.
Circ. Agenzia delle Entrate 19 febbraio 2015, n. 6. “ 29
Trust liquidatorio – Istituito da una società in stato d’insolvenza – Nullità.
Trib. di Milano, 17 gennaio 2015, n. 818. “ 29
Provvedimenti emanati e pubblicati in G.U. dal 1 gennaio al 28 febbraio 2015
Legge 29 dicembre 2014, n. 203: “Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati uniti messicani per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, dell'8 luglio 1991, fatto a Citta' del Messico il 23 giugno 2011”. (in GU n. 22 del 28 gennaio 2015)
Decreto Ministeriale 23 gennaio 2015: “Modalità e termini per il versamento dell'imposta sul valore aggiunto da parte delle pubbliche amministrazioni”.( in GU n.27 del 3 febbraio 2015)
Decreto-Legge 24 gennaio 2015, n. 3: ”Misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti” (in GU
n.19 del 24 gennaio 2015)
Decreto del Presidente del Consiglio del Ministri 20 febbraio 2015, n. 29: “Regolamento recante norme attuative delle disposizioni in materia di liquidazione del TFR come parte integrante della retribuzione per il periodo di paga decorrente da marzo 2015 a giugno 2018”. (in GU n.65 del 19 marzo 2015)
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Il decreto è entrato in vigore dal 3 aprile 2015.
L’opzione da parte dei lavoratori per la liquidazione del TFR in busta paga può essere esercitata anche in caso di conferimento del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari.
In caso di esercizio dell’opzione la quota integrativa della retribuzione è pari alla misura integrale della quota maturanda del TFR calcolata sulla base delle disposizioni dell’art. 2120 c.c. al netto del contribuito di cui all’art. 3, ultimo comma, L. 29 maggio 1982, n. 297 ove dovuto.
Legge 27 febbraio 2015, n. 11: “Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto legge 31 dicembre 2014, n. 192, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative” (in GU n. 49 del 28 febbraio 2015)
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In tema di IVA viene posticipata di un anno (e, quindi, al momento della dichiarazione annuale IVA dovuta per il 2016) l’eliminazione dell’obbligo di presentazione della dichiarazione IVA unificata e della comunicazione dati IVA.
In tema di rateazione, viene consentito ai contribuenti decaduti dal beneficio della rateazione dei debiti tributari di poter beneficiare di un nuovo piano, articolato fino ad un massimo di 72 rate mensili.
La possibilità di accesso al piano di rateazione è riconosciuta su richiesta dell’interessato, da formalizzare entro il 31 luglio 2015 e per i casi in cui la decadenza sia intervenuta entro il 31 dicembre 2014.
In tema di agevolazioni, vengono prorogati al 31 dicembre 2017 gli incentivi fiscali finalizzati al rientro dei lavoratori in Italia. I redditi di lavoro dipendente, d’impresa e di lavoro autonomo concorrono alla formazione della base imponibile IRPEF in misura pari al 20% per le lavoratrici e al 30% per i lavoratori; viene prorogato dal 15 maggio 2015 al 31 dicembre 2015 il termine entro il quale è possibile utilizzare in compensazione il credito d’imposta riconosciuto per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle aree del Mezzogiorno.
In tema di voluntary disclosure, viene eliminato il raddoppio dei termini per emettere l’atto di contestazione per le violazioni da monitoraggio fiscale nella procedura di voluntary disclosure di cui alla L. 186/2014, con riferimento ai Paesi black list che stipulano accordi con l’Italia al fine dello scambio di informazioni.
In tema di gestione separata INPS, viene ridotta per il triennio 2015-2017, la misura dell’aliquota contributiva relativa alla gestione separata INPS, per i lavoratori autonomi titolari di posizione fiscale ai fini IVA che non siano né pensionati né iscritti ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie. Pertanto per tali soggetti l’aliquota è pari al 27% per gli anni 2014 e 2015, al 28% per l’anno 2016 e al 29% per l’anno 2017.
Decreto Ministeriale 5 marzo 2015, n. 30: “Regolamento attuativo dell'articolo 39 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF) concernente la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi gli Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) italiani”. (GU n.65 del 19 marzo 2015)
Decreto Ministeriale 20 marzo 2015: “Fondazioni Bancarie. Misure dell'accantonamento alla riserva obbligatoria e dell'accantonamento patrimoniale facoltativo per l'esercizio 2014”. (in GU n.72 del 27 marzo 2015)
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L’accantonamento alla riserva obbligatoria è fissato nella misura del 20% dell’avanzo di esercizio, al netto dell’eventuale destinazione del 25% dell’avanzo stesso a copertura dei disavanzi pregressi. L’accantonamento alla riserva per l’integrità del patrimonio può essere effettuato, con atto motivato, tranne nel caso in cui i disavanzi pregressi non siano stati integralmente coperti in misura non superiore al 15% dell’avanzo di esercizio, al netto dell’eventuale destinazione del 25% dell’avanzo stesso a copertura dei disavanzi pregressi.
RASSEGNA DI DOTTRINA, PRASSI AMMINISTRATIVA, GIURISPRUDENZA
Giurisprudenza
Commissioni tributarie di merito
Statuto del contribuente – Diritti e garanzie del contribuente – Contraddittorio endoprocedimentale – Necessità – Omissione – Nullità dell’avviso di accertamento.
Comm. Trib. prov. di Genova 27 ottobre 2014, n. 2030/12/14, ne Il fisco 44/2014, pag. 4398.
In base alle norme dello Statuto del Contribuente, la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una decisione partecipata mediante la promozione del contraddittorio tra Amministrazione e contribuente, anche nella fase precontenziosa o endoprocedimentale al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell’obbligo di comunicazione degli atti impositivi. Il diritto al contraddittorio, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’inalienabile diritto di difesa del cittadino. In caso di omessa instaurazione del contraddittorio, quindi, l’Amministrazione finanziaria reca una lesione ad un diritto fondamentale del contribuente, da cui discende la nullità di qualsivoglia avviso di accertamento.
ACCERTAMENTO (Principi e norme generali)
Dottrina
“Elusione, evasione, confusione e abuso del diritto nell’applicazione di norme di favore” di
X. XXXXXX, in Corr. Trib. 48/2014, pag. 3689.
L’articolo tratta delle disposizioni agevolative tributarie e dei loro effetti discriminatori. L’A. critica due pronunce giurisprudenziali, rispettivamente della Corte di Cassazione (n. 24027 del 2014) e della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (n. 106 del 2013), che hanno riconosciuto come inopponibile all’Amministrazione finanziaria, in quanto elusiva, l’operazione posta in essere dal contribuente al solo scopo di fruire di un’agevolazione fiscale, in quanto la formale spettanza di un risparmio d’imposta è un presupposto ineliminabile dell’abuso del diritto e non rappresenta, invece, un limite rispetto all’abuso stesso. Secondo l’A., invece, le norme agevolative tributarie introducono nell’ordinamento situazioni di diseguaglianza e tale discriminazione si fonda sull’esistenza di specifici presupposti individuati dalla legge, di fatto e di diritto, che permettono di accedere al trattamento di favore, essendo irrilevante il percorso attraverso il quale il contribuente sia arrivato a quella situazione giuridico-fattuale. Ciò che conta, invece, è che quella situazione in concreto esista. Se, quindi, i presupposti ci sono, la diseguaglianza è consentita e il contribuente ha diritto alla riduzione del tributo. Se, invece, i presupposti non sussistono, la disuguaglianza è contra legem e deve essere contrastata dall’ordinamento. Il legislatore si serve dunque delle disposizioni agevolative per le ragioni più disparate e i presupposti per l’accesso alle agevolazioni fiscali funzionano come selettori delle fattispecie che, in concreto, possono rientrare nell’ambito applicativo delle norme di favore. Il contribuente che realizzi quei presupposti (sempre che non si tratti di presupposti fittizi) non aggira lo spirito della legge, ma lo soddisfa e si pone, rispetto ad esso, in perfetta armonia. Il che è sufficiente ad escludere che possa configurarsi elusione o abuso del diritto. (SG)
“Brevi considerazioni sulla definizione di abuso del diritto e sul nuovo regime del c.d. adempimento collaborativo” di X. XXXXX, in Dir. Prat. Trib. 6/2014, I, pag. 947.
Sul tema dell’abuso del diritto con l’art. 5 della Legge n. 23 del 2014 il legislatore delegante si è prefissato di introdurre una disciplina che eviti l’esercizio da parte dell’Amministrazione finanziaria di poteri di accertamento senza precise linee guida e che, quindi, consenta di superare le ambiguità interpretative derivanti dalla formulazione dell’art. 37-bis del D.P.R. n. 600, destinato ad essere sostituito.
Il legislatore, in linea con l’orientamento giurisprudenziale più recente della Corte di Cassazione, che collega il principio antiabuso al superiore principio di capacità contributiva previsto dall’art. 53 Cost., ha previsto che la condotta abusiva si qualifichi in termini di uso distorto di strumenti giuridici aventi lo scopo prevalente di ottenere indebiti vantaggi fiscali.
Partendo da tale definizione, al legislatore delegato viene chiesto di svolgere un ragionamento ulteriore finalizzato a dare contenuto alle definizioni di “assenza di sostanza economica” e di “realizzazione di un vantaggio fiscale indebito” e che dovrebbe tenere ben a mente la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (sentenze 21 febbraio 2006, causa C-255/02 e 22 dicembre 2010, causa C-103/09) secondo la quale non va colpito qualsiasi vantaggio fiscale, ma soltanto quello contrario alla ratio della norma tributaria e ai principi dell’ordinamento fiscale. Secondo la Corte, il vantaggio perseguito deve essere non voluto dal legislatore fiscale (vantaggio indebito), non essendo sufficiente l’insussistenza di valide ragioni economiche extrafiscali non marginali.
Anche la Commissione Europea è intervenuta sul tema dell’abuso del diritto con una raccomandazione agli Stati membri (richiamata anche dalla Legge delega n. 23 citata) che elenca vari esempi di mancanza di sostanza economica, dei quali due in particolare appaiono particolarmente significativi: la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità degli strumenti giuridici usati a normali logiche di mercato.
Anche sul versante dei vantaggi fiscali indebiti la Commissione europea interviene affermando che essi dovrebbero essere essenziali rispetto agli altri fini perseguiti dal contribuente e, inoltre, dovrebbero essere solo quelli realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento.
La legge delega prevede anche un più ampio contraddittorio tra amministrazione e contribuente. Ma la questione più spinosa che il legislatore delegato è chiamato a dirimere è quella del regime sanzionatorio applicabile all’abuso del diritto e più nello specifico quello della rilevanza penale dell’elusione su cui la legge delega mantiene una certa ambiguità.
Peraltro, il riferimento della legge delega alla “individuazione dei confini” tra evasione ed elusione dovrebbe comportare il riconoscimento di una gradazione di gravità tra le condotte che integrano una violazione diretta di norme e quelle che ne aggirano la ratio, prevedendo per queste ultime l’esclusione della rilevanza penale ma l’applicabilità delle sanzioni amministrative.
L’esclusione della punibilità dell’abuso del diritto con sanzioni penali dovrebbe essere scontata stante la definizione che di esso ne dà l’art. 5 della legge delega.
Altra previsione interessante della legge delega è rappresentata dall’art. 6 che detta principi e criteri in tema di gestione del rischio fiscale, di governance, di tutoraggio e di revisione della disciplina degli interpelli e delega il Governo a introdurre forme di cooperazione rafforzata tra amministrazione finanziaria e contribuente. L’obiettivo prefissato sarebbe quello di potenziare la partecipazione attiva del contribuente nella fase che precede la patologia, inducendolo cioè a dotarsi di un sistema di controllo del rischio fiscale che lo ammetta ad ottenere chiarimenti tempestivi sull’applicazione delle norme tributarie riducendo i controlli e prevenendo il contenzioso. Il sistema potrebbe funzionare soltanto se, a fronte dei reciproci doveri e impegni dell’amministrazione finanziaria e del contribuente, vi siano anche rilevanti incentivi ad aderire al sistema, quali la previsione di una procedura ancora più abbreviata di interpello, l’eliminazione o la forte riduzione delle sanzioni amministrative nei casi in cui l’operazione, portata a conoscenza degli uffici, sia stata poi realizzata contro il loro parere. (AF)
“L’accertamento tributario antielusivo: profili procedimentali e processuali” di S. LA ROSA, in Riv. Dir. Trib. 5/2014, I, pag. 499.
L’A. prende spunto dall’art. 5 della L. n. 23/2014 (legge delega per la riforma del sistema fiscale), che ha previsto la delega al Governo per la revisione delle vigenti disposizioni antielusive al fine di unificarle al principio generale del divieto dell’abuso di diritto, per effettuare alcune considerazioni in merito all’accertamento tributario antielusivo.
In merito all’ambito temporale, l’A. auspica una disciplina che dovrebbe ragionevolmente concedere all’Amministrazione finanziaria termini più brevi di quelli stabiliti per gli addebiti di evasione fiscale, in considerazione delle maggiori esigenze di certezza del diritto, e, soprattutto, dovrebbe identificare univocamente il dies a quo per il computo dei termini medesimi, data la molteplicità e diversa dislocazione temporale degli atti che vanno ad integrare l’operazione elusiva, ed i riflessi fiscali che vengono in qualche modo rimessi in discussione a seguito della loro riconduzione ad un unico disegno. Al riguardo, secondo l’A., si potrebbe ancorare tale termine alla data dell’ultimo atto che ha completato l’operazione elusiva, ovvero a quella del primo atto, ovvero (meglio) al momento della maturazione del “vantaggio fiscale” che viene disconosciuto.
Quanto all’oggetto dell’accertamento antielusivo, l’A. sostiene che le questioni relative alla quantificazione del vantaggio fiscale disconoscibile, dovrebbero essere affrontate muovendo dagli assunti delle finalità recuperatorie (e non anche sanzionatorie) dell’iniziativa amministrativa, del dover essa unitariamente riguardare la totalità degli effetti dell’operazione ritenuta elusiva, del dover essere supportata dalla puntuale individuazione del principio che giustifica il disconoscimento del vantaggio fiscale.
In merito ai soggetti destinatari dell’accertamento antielusivo, l’A. ritiene che la loro individuazione può presentare aspetti problematici per il fatto di essere le operazioni elusive raramente frutto di operazioni singole e poste in essere da un solo soggetto e per il loro essere invece normalmente attuate attraverso più atti e con il concorso di soggetti diversi. Al riguardo, il destinatario dovrebbe individuarsi nel soggetto (non necessariamente coincidente con l’autore della condotta ipoteticamente elusiva) che ha conseguito il vantaggio fiscale da disconoscere, essendo proprio la neutralizzazione di quel vantaggio l’obiettivo e lo scopo ultimo dell’azione amministrativa; pertanto, secondo l’A., la sua concreta individuazione non può prescindere dalla considerazione del ruolo che alla norma elusa deve attribuirsi nel quadro della complessiva operazione economico- giuridica, con la conseguente possibilità di identificazioni diverse dei destinatari degli accertamenti antielusivi concernenti operazioni apparentemente identiche; nel caso in cui più soggetti abbiano tratto vantaggi fiscali da una stessa operazione, l’azione di recupero dovrebbe essere pro-quota rivolta nei riguardi di ciascuno di essi, profilandosi i presupposti di solidarietà tributaria ove i vantaggi siano maturati omogeneamente in capo ad essi.
Proprio per essere l’accertamento antielusivo finalizzato al disconoscimento dei vantaggi fiscali conseguiti, secondo l’A. dovrebbe escludersi in radice che il profilo dell’elusione fiscale possa essere invocato quando vengono rettificate (in aumento) le dichiarazioni di chi ha tenuto comportamenti genericamente “antieconomici”, ovvero quando si ragguagliano al valore normale i prezzi di trasferimento nelle operazioni infragruppo tra società nazionali. Infatti, in tali casi si ricade nelle ipotesi di (eventuale) violazione di legge e di evasione. E quand’anche (nei casi di cd. transfer pricing domestico) si volesse ravvisare un comportamento elusivo nel fatto di essere stato deviato il reddito verso società fruenti di agevolazioni territoriali, l’azione amministrativa di disconoscimento dei vantaggi fiscali conseguiti dovrebbe comunque indirizzarsi nei confronti della società che di tali regimi di favore beneficiano (invece che di quelle che ne hanno alimentato il reddito), traducendosi nel disconoscimento (totale o parziale) degli effetti delle agevolazioni medesime.
In merito ai profili procedimentali e processuali degli accertamenti antielusivi, l’A. ritiene che le competenze decisionali relative alla configurabilità o meno, nei singoli casi concreti, degli estremi di evasione o di elusione fiscale, siano istituzionalmente riservate all’Amministrazione finanziaria e che sia devoluto ai giudici tributari soltanto il compito di valutare, secondo i parametri normativi, la validità o meno dei provvedimenti adottati dagli Uffici, di modo che l’elusione fiscale (o abuso del diritto) non sarebbe mai rilevabile d’ufficio da parte del giudice. L’A. sottolinea l’esigenza di un preliminare ed obbligatorio contraddittorio procedimentale più puntuale e articolato di quanto risulti dalla vigente disciplina antielusiva. In ogni caso, l’accertamento antielusivo dovrebbe avere
applicazioni pratiche estremamente caute e circoscritte, trattandosi di un istituto di carattere eccezionale. (FDA)
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Quanto auspicato dall’A. è stato solo in parte recepito dallo schema di decreto legislativo in materia di abuso del diritto esaminato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 24 dicembre 2014. In particolare, se, da un lato, è stato recepito il principio della non evocabilità dell’abuso del diritto d’ufficio da parte del giudice, del preventivo contraddittorio con il contribuente a pena di nullità dell’accertamento e dell’utilizzo dell’accertamento antielusivo solo nel caso in cui gli indebiti vantaggi fiscali non possano essere altrimenti disconosciuti contestando la violazione di altre disposizioni e, in particolare, di quelle sanzionabili ai sensi del D.Lgs. n. 74/2000, dall’altro, non è invece stata prevista l’inapplicabilità delle sanzioni amministrative (al contrario, non sono applicabili quelle penali) né un diverso e più ristretto termine per l’emissione dell’accertamento.
“Abuso del diritto distinto dalle fattispecie di evasione”di X. XXXXX, in Corr. Trib. 4/2015, pag. 243.
L’A. esamina la disposizione relativa all’abuso del diritto, prevista nello schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 dicembre 2014, in attuazione della legge delega
11 marzo 2014, n. 23, con particolare riferimento alla sua nozione e ai relativi presupposti costitutivi.
Viene in primo luogo osservato che la disciplina dell’abuso del diritto/elusione fiscale, estesa a tutti i tributi, fatta salva la speciale disciplina in materia doganale, è stata inserita, sub art. 10-bis nella legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), dando ad essa valenza generale: in tale contesto è stato abrogato il “vecchio” art. 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 ma non l’art. 20 del
D.P.R. n. 131 del 1986, secondo cui l’imposta di registro è applicata in base all’intrinseca natura e agli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione. Quest’ultima norma non viene abrogata, evidentemente, perché non si ritiene che abbia natura antielusiva.
L’A., dopo aver riportato la nozione di abuso, enunciata nel comma 1 del nuovo art. 10-bis(1), esamina gli elementi costitutivi dell’abuso/elusione, che si ritrovano anche nella raccomandazione della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva e che sono meglio specificati nel comma 2 dell’art. 10-bis: 1) l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate; 2) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito; 3) la circostanza che il vantaggio è l’effetto essenziale dell’operazione.
In merito alla norma secondo cui “resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale, salvo che queste ultime non configurino un caso di abuso del diritto”, viene evidenziato che è stato ritenuto opportuno esplicitare tale principio, pur chiaramente espresso nella relazione illustrativa del D.Lgs.
n. 358 del 1997 che aveva riformulato l’art. 37-bis, considerato che molto spesso esso viene disatteso; è il caso, ad esempio, dell’estinzione di una società che può essere realizzata legittimamente con una fusione anziché con una liquidazione.
Quanto poi alle operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale – non considerate abusive – viene evidenziato che sono definite tali anche quelle che, pur non essendo alla base di operazioni produttive di una redditività immediata, sono comunque rispondenti ad esigenze di natura organizzativa o gestionale volte ad un miglioramento strutturale e funzionale dell’attività economica del contribuente. Riguardo al concetto di non marginalità viene riportata la relazione illustrativa secondo cui “ In questo contesto, le valide ragioni economiche extrafiscali non marginali sussistono solo se l’operazione non sarebbe stata posta in essere in loro assenza”.
A commento della decorrenza delle nuove norme aventi efficacia a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore della norma con applicazione anche per le operazioni effettuate prima, ma non ancora accertate, viene rilevato che la norma non ha natura interpretativa, sicché non riguarda i contenziosi in essere e gli accertamenti già notificati; ciò al fine di evitare perdita di gettito per l’erario. Al riguardo, l’A. esprime perplessità, tenuto conto che “il
(1) “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali e indipendentemente dalle intenzioni del contribuente, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”.
concetto di abuso è immanente nell’ordinamento e che la nuova norma è volta semplicemente a fare chiarezza, a superare orientamenti ambigui e talvolta non accettabili … dovrebbe, quindi avere natura interpretativa”.
Nelle considerazioni conclusive l’A. ritiene che la nozione di abuso/elusione configurata nello schema di norma in commento e i suoi presupposti costitutivi sono ora delineati con maggiore chiarezza e costituiscono un passo avanti verso la certezza del diritto: non dovrà più accadere che per identificare l’abuso del diritto si ricorra alla mera assenza di valide ragioni economiche extrafiscali alla base dell’operazione, come è accaduto, ad esempio, nella pronuncia amministrativa concernente il caso, ritenuto elusivo, di una società costituita nella forma di società per azioni che si trasforma in s.r.l. al fine di poter determinare il reddito con i criteri del reddito agrario anziché con quelli ordinari.
L’Autore evidenzia inoltre che il decreto delegato introduce adeguate garanzie procedimentali e stabilisce in modo espresso che l’abuso non può essere rilevato d’ufficio dal giudice come, invece, sostenuto in qualche pronuncia dalla Cassazione, in palese contrasto con il diritto di difesa del contribuente. (GDA)
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
Accertamento – Avviso di accertamento – Autotutela – Vizi dell’atto impositivo – Irrilevanza
– Interesse “generale” alla rimozione dell’atto – Necessità.
Xxxx., sez. trib. 5 novembre 2014, n. 23628, ne Il fisco 44/2014, pag. 4398.
Il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto. Ne consegue che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.
Accertamento – Avviso di accertamento – Istanza di autotutela – Rifiuto dell’Amministrazione finanziaria – Impugnabilità – Contestazione della pretesa tributaria – Esclusione – Contestazione per illegittimità del rifiuto – Ammissibilità.
Xxxx., sez. trib. 3 dicembre 2014, n. 25563, ne Il fisco 1/2015, pag. 95.
In tema di contenzioso tributario, l’atto con il quale l’Amministrazione finanziaria manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo non è impugnabile, sia per la discrezionalità di cui l’attività di autotutela è connotata in questo caso, sia perché, altrimenti, si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definito. Inoltre, il contribuente che richiede all’Amministrazione finanziaria di ritirare, in via di autotutela, un avviso di accertamento divenuto definitivo, non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto. Ne consegue che contro il diniego dell’Amministrazione di procedere all’esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria.
Accertamento – Abuso del diritto – Sale & lease back immobiliare – Uso distorto di strumenti negoziali e anomalia della condotta economica – Mancanza – Abuso di diritto – Esclusione.
Xxxx., sez. trib. 5 dicembre 2014, n. 25758, ne Il fisco 2/2015, pag. 170.
Qualora non emergano elementi di alterazione della concreta causa del negozio di sale & lease back, risulta mancante, ai fini dell’integrazione dell’abuso di diritto, il presupposto di un uso distorto degli strumenti negoziali o di una anomalia nella condotta economica del contribuente, sintomatici della pratica abusiva.
Il fatto che l’operazione comporti un più favorevole regime fiscale della deducibilità dei costi rispetto ad analoghe fattispecie alternative non è sufficiente ad integrare l’abuso di diritto.
Accertamento – Abuso di diritto – Operazioni eseguite al solo fine di conseguire un risparmio d’imposta – Dimostrazione a carico del Fisco – Necessità.
Xxxx., sez. trib. 23 dicembre 2014, n. 27311, ne Il fisco 4/2015, pag. 396.
Costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il Fisco, sicchè il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta. Incombe, tuttavia, sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale.
Accertamento – Abuso del diritto – Contraddittorio preventivo tra le parti – Necessità.
Xxxx., sez. trib. 14 gennaio 2015, n. 406, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
Nel caso in cui l’Ufficio finanziario intenda contestare fattispecie elusive, indipendentemente dalla riconducibilità o meno delle stesse alle ipotesi contemplate dall’art. 37-bis, comma 3, DPR n. 600/73, è tenuto a richiedere preventivamente chiarimenti al contribuente e ad osservare il termine dilatorio di gg. 60, prima di emettere l’atto accertativo che dovrà essere specificamente motivato anche in ordine alle osservazioni, chiarimenti, giustificazioni, eventualmente fornite dal contribuente: risultando inficiato dal vizio di nullità l’atto impositivo emesso in difformità da detto modello procedimentale.
Ciò discende in via diretta dall’ordinamento comunitario e dalla Costituzione per cui deve essere rispettato anche nell’accertamento su fattispecie elusive e tutte le volte in cui la pretesa sia fondata sul cd “abuso del diritto”.
Accertamento – Abuso del diritto – Condotte non rientranti nell’art. 37-bis, DPR 600/73.
Xxxx., sez. trib. 14 gennaio 2015, n. 439, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
Nei processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale integra gli estremi della condotta elusiva quella costruzione che, tenuto conto sia della volontà delle parti implicate che del contesto fattuale e giuridico, ponga quale elemento essenziale dell’operazione economica lo scopo di ottenere vantaggi fiscali, con la conseguenza che il divieto di comportamenti abusivi non vale ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi d’imposta e manchi il presupposto dell’esistenza di un idoneo strumento giuridico che, pur se alternativo a quello scelto dalla parte contribuente, sia comunque funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito.
Commissioni tributarie di merito
Accertamento – Disposizioni antielusive – Contenzioso – Interpello disapplicativo – Risposta della Direzione regionale – Impugnazione facoltativa – Ammissibilità.
Comm. Trib. prov. di Campobasso, 2 dicembre 0000, x. 000, xx Xx fisco 4/2015, pag. 398.
Il diniego di disapplicazione di norme antielusive emesso dalla Direzione Regionale delle Entrate costituisce il primo atto con il quale l’Amministrazione finanziaria, in esito ad una fase istruttoria e ad una valutazione tecnica, e con particolari garanzie procedimentali, porta a conoscenza del contribuente, in via preventiva, il proprio convincimento in ordine ad una specifica richiesta, relativa ad un determinato rapporto tributario, con l’effetto di incidere comunque sulla condotta fiscale del soggetto istante. Consegue che la mera facoltà dell’impugnazione, ed in particolare l’omessa impugnazione dell’atto di diniego, non può in alcun modo pregiudicare né la posizione del contribuente, che ad esso non intenda adeguarsi e che potrà sempre impugnare il successivo avviso di accertamento, né quella dell’Amministrazione finanziaria, che può rivalutare il precedente orientamento negativo espresso, ferma restando la non modificabilità della risposta positiva in caso di corrispondenza tra i fatti accertati e quelli indicati nella dichiarazione, nel rispetto del principio di tutela dell’affidamento. Deve ribadirsi, pertanto, l’impugnabilità, sia pure facoltativa, del diniego di disapplicazione di norme antielusive .
Accertamento – Disposizioni antielusive – Fusione e contestuale scissione societaria – Prosecuzione dell’attività negli stessi opifici ed allo stesso modo – Trasferimento di proprietà degli immobili – Operazione elusiva – Sussistenza.
Comm. Trib. prov. di Mantova, 3 dicembre2014, n. 350, ne Il fisco 4/2015, pag. 398.
L’operazione di fusione per incorporazione con contestuale scissione non proporzionale costituisce operazione elusiva, se, a seguito di ciò, l’attività prosegue negli stessi opifici ed allo stesso modo, e l’unica sostanziale modificazione intervenuta è il cambio di proprietà degli immobili.
ACCORDI INTERNAZIONALI (Principi e norme generali)
Prassi Amministrativa
Disciplina del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero – Articolo 165 del TUIR – Chiarimenti.
Circ. Agenzia delle Entrate 5 marzo 2015, n. 9/E, nel sito web xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
La circolare fornisce chiarimenti sul funzionamento del credito per le imposte pagate all’estero (che consente al contribuente di ovviare alla doppia imposizione internazionale) contenuto nell’art. 165 TUIR, soffermandosi in particolare:
- sulla nozione di reddito estero;
- sulla natura e definitività dell’imposta estera;
- sulle procedure di calcolo della detrazione spettante;
- sui limiti di detraibilità;
- sulla regola della “per country limitation” (secondo cui nel caso di redditi prodotti in più Stati esteri la detrazione deve essere effettuata separatamente per ciascuno Stato);
- sulla riliquidazione delle imposte estere a seguito dell’accertamento di un maggior reddito;
- sul credito per imposte estere da parte di stabili organizzazioni.
In merito ai redditi che si considerano prodotti all’estero e che quindi danno diritto alla detrazione, l’Agenzia ha precisato che se lo Stato estero nel quale sono prodotti i redditi è legato all’Italia da una Convenzione contro le doppie imposizioni, perché l’imposta assolta all’estero sia detraibile
dall’imposta italiana, i redditi debbono essere stati tassati dall’altro Stato in conformità alla propria legislazione.
In assenza invece di una Convenzione con l’altro Stato, per individuare i redditi che si considerano prodotti all’estero (e che danno diritto alla detrazione) occorre adottare una lettura “a specchio” dall’art. 23 TUIR (il quale indica i redditi prodotti dai non residenti che si considerano imponibili in Italia).
Ciò non vale per i redditi prodotti dalle società, per i quali, applicando tale criterio, dovrebbero considerarsi prodotti all’estero solo se la società ha nell’altro Stato una stabile organizzazione.
In questo caso è necessario effettuare una valutazione che tenga conto della specifica categoria di reddito applicando il criterio del trattamento isolato dei singoli elementi reddituali sancito dall’art. 152, comma 2, TUIR.
Ciò consente di considerare le singole categorie di reddito (interessi, dividendi, royalties) prodotte all’estero con il conseguente riconoscimento del credito per le imposte ivi pagate.
In conclusione, sono quindi accreditabili le imposte assolte sulle singole categorie di reddito dalle società prive di una stabile organizzazione.
Un problema si pone per quei redditi prodotti da una impresa residente senza stabile organizzazione in un Paese Estero con il quale non è stata stipulata una Convenzione che non sono riconducibili in nessuna delle categorie previste dal citato art. 23 (ad. es. redditi di natura commerciale).
A tal riguardo l’Agenzia ha chiarito che in questo caso il reddito non si considera prodotto all’estero, con la conseguenza che le imposte ivi pagate non risultano essere detraibili.
Se lo stato estero è legato all’Italia da una Convenzione contro le doppie imposizioni affinché l’imposta estera sia scomputabile in Italia è sufficiente che essa venga menzionata nella Convenzione stessa. Qualora non sia stata stipulata una Convenzione con l’Italia le imposte estere accreditabili sono tutte quelle il cui presupposto è legato al possesso di un reddito.
Viene confermato il principio secondo cui l’imposta estera, per essere accreditabile, deve essere assolta a titolo definitivo e non essere quindi oggetto di rimborso.
L’imposta estera accreditabile è limitata all’ammontare corrispondente all’aliquota prevista dalle singole Convenzioni contro le doppie imposizioni. L’eccedenza può essere richiesta a rimborso all’Amministrazione finanziaria dello Stato estero.
Per quanto attiene al materiale calcolo del credito, l’Agenzia ha precisato che nel numeratore del rapporto, ai sensi dell’art. 165, comma 1, TUIR, il reddito di fonte estera, da rideterminare secondo le norme fiscali italiane, deve essere assunto al lordo dei costi di produzione, fatta eccezione per il reddito d’impresa prodotto all’estero mediante stabile organizzazione e per quello di lavoro autonomo, che vanno computati al netto.
In linea generale il credito per le imposte estere compete solo se il reddito a cui è associata l’imposta pagata nell’altro Stato è stato correttamente indicato nella dichiarazione relativa all’annualità nella quale esso è stato prodotto.
L’Agenzia chiarisce però che il credito spetta anche se il reddito non è stato indicato nella dichiarazione, ma emerge successivamente nella dichiarazione integrativa, con la quale viene tassato “ex post” il reddito estero.
Una precisazione importante fatta dall’Agenzia riguarda il caso di un soggetto non residente che percepisce utili da una società di persone o di capitali estera trasparente. Detti utili sono pienamente tassati all’estero in capo al socio e una volta distribuiti a quest’ultimo vengono ulteriormente tassati in Italia secondo il principio di cassa come dividendi.
Le imposte estere pagate dal socio sono considerate come imposte pagate dalla società e scomputate, ai fini della tassazione italiana, dall’ammontare lordo distribuito allo stesso (di fatto il dividendo tassato in Italia si considera al netto delle imposte pagate dal socio all’estero).
L’Agenzia ha confermato che può essere scomputata a norma dell’art. 165 TUIR anche l’imposta assolta all’estero a seguito di accertamenti effettuati dall’Amministrazione dell’altro Stato.
Nell’ambito dell’esame delle stabili organizzazioni viene chiarito che il credito per le imposte estere e’ fruibile anche da parte delle stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti che ritraggono redditi di fonte estera.
Nel caso in cui lo Stato della fonte sia diverso dallo Stato in cui è localizzata la stabile organizzazione dalla quale deriva il reddito estero del soggetto residente, l’Agenzia chiarisce che il riconoscimento del credito per le imposte pagate dalla stabile organizzazione in un Paese diverso
da quello di localizzazione, mediante la “lordizzazione” dell’imposta pagata in tale ultimo Stato, è subordinato alla sussistenza di condizioni di reciprocità.
In altri termini, il credito d’imposta non sarà concesso al lordo delle imposte pagate nello Stato terzo qualora, al verificarsi della situazione speculare di una stabile organizzazione in Italia di un soggetto residente in un altro Stato, tale ultimo Stato non riconoscesse, a sua volta, il credito per le imposte italiane al lordo di quelle pagate in un Paese terzo.
Se il periodo d’imposta estero non coincide con quello italiano, occorre ragguagliare le imposte estere in base ai ricavi prodotti nelle due frazioni dell’esercizio stesso. (EM)
Monitoraggio fiscale – Emersione attività illecitamente detenute all’estero – Voluntary disclosure.
Circ. Agenzia delle Entrate 13 marzo 2015, n. 10/E, nel sito web xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
La Circolare fornisce i primi chiarimenti sulla procedura di voluntary disclosure la cui disciplina è contenuta nella legge 186/2014.
Per effetto di detta procedura i contribuenti, se presentano l’apposita istanza entro il 30 settembre 2015, possono sanare eventuali violazioni commesse sino al 30 settembre 2014 in tema di imposte sui redditi, imposte sostitutive, IRAP, IVA, obblighi di monitoraggio fiscale, fruendo di una riduzione delle sanzioni e delle non punibilità per alcuni reati tributari disciplinati dal D.Lgs. 74/2000.
Viene analizzata distintamente la collaborazione volontaria internazionale da quella nazionale.
La voluntary internazionale può essere attivata solo da soggetti “monitorabili” residenti o “estero vestiti”, inclusi i trust, e riguarda le violazioni aventi attinenza con il monitoraggio fiscale commesse nei periodi d’imposta ancora accertabili (ad esempio, persone fisiche che, pur avendo capitali esteri, hanno omesso di compilare in tutto o in parte di modulo RW e non hanno dichiarato i relativi redditi) e non ancora scoperte dal Fisco. Nella voluntary internazionale sono ricomprese anche le violazioni non collegate al monitoraggio relative allo stesso contribuente e agli stessi periodi d’imposta. La procedura internazionale è attivabile sia dal beneficiario effettivo del rapporto che dal soggetto interposto, pur sempre monitorabile (es. gestore fiduciario del rapporto “schermato”, soggetti delegati ad operare su un conto estero), che aveva la disponibilità delle attività estere (o la possibilità di movimentarle) ed era quindi obbligato al monitoraggio al pari del proprio mandante. Per il periodo d’imposta 2013 è legittimato alla VDI anche il titolare effettivo delle attività finanziarie e dei beni patrimoniali esteri. In caso di cointestazione, l’istanza deve essere presentata da ciascuno dei soggetti interessati per la quota parte di propria competenza.
La voluntary nazionale, avente una valenza “complementare”, riguarda invece tutti i contribuenti, residenti o non residenti, compresi quelli non ammessi alla voluntary internazionale in quanto non monitorabili (ad es. le SpA), e consente di sanare violazioni, o altre conflittualità “potenziali” con il Fisco, per i principali tributi (IRPEF, IRES, IRAP, ritenute alla fonte e IVA) commesse nei periodi d’imposta precedenti ed ancora accertabili. Tali violazioni possono essere connesse indirettamente a quelle internazionali per lo stesso o per altri contribuenti (anche sotto il profilo del concorso nella commissione o di solidarietà nell’obbligazione da parte di altri soggetti) o essere violazioni di cui sia autore una o più strutture interposte (“veicoli”) non rientranti tra quelli monitorabili.
Per ambedue le procedure sono previste delle cause ostative. La sanatoria è preclusa per le violazioni relativamente alle quali sia stato ricevuto o altrimenti formalmente notificato l’avvio di indagini tributarie, comprese le indagini avviate contro altri contribuenti coobbligati, precedente all’invio della istanza di ammissione alla procedura, fermo restando che non costituisce causa ostativa la richiesta di indagini finanziarie rivolta agli intermediari finanziari. Le cause potranno comunque essere rimosse attraverso gli istituti offerti dall’ordinamento tributario, quali ad es., il ravvedimento e l’adesione ai verbali di constatazione. La procedura si avvia entro il 30.9 p.v. con una apposita istanza cui fa seguito entro lo stesso termine una dettagliata relazione di accompagnamento che deve comprendere:
- l’ammontare degli investimenti e delle attività di natura finanziaria costituite o detenute all’estero, anche indirettamente o per interposta persona;
- la determinazione dei redditi che servirono per costituirli o acquistarli, nonché dei redditi che derivano dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo;
- la determinazione degli eventuali maggiori imponibili.
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
Stabile organizzazione – Esterovestizione – Abuso del diritto – Rilevanza penale.
Cass., pen. 23 gennaio 2015, n. 3307,nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
In materia tributaria, nulla osta, a livello di ordinamento nazionale ed europeo, alla rilevanza penale dell’abuso del diritto, in ragione del rispetto del principio di capacità contributiva (art. 53, comma 1, della Costituzione) e del principio di progressività dell’imposizione (art. 53, comma 2, della Costituzione), dovendosi desumere da tali principi che il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall’utilizzo in modo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale in mancanza di ragioni economicamente apprezzabili che possano giustificare l’operazione. Dal divieto di abuso del diritto discende, dal punto di vista tributario, l’inopponibilità all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, del negozio utilizzato per ottenere un’agevolazione o un risparmio di imposta. Mentre, dal punto di vista penale, discende la rilevanza penale delle condotte elusive in materia fiscale che siano idonee a determinare una riduzione o una esclusione della base imponibile, e cioè senza che possa ipotizzarsi alcun contrasto con il principio di legaliltà.
Si tratta di principio che si attaglia perfettamente all’ipotesi delle società estero-vestite che attraverso l’apparente operatività all’estero vogliono evitare di pagare i tributi in Italia, luogo di loro effettiva operatività.
AGEVOLAZIONI XX XXXXXXXXX
Corte di Cassazione
Agevolazioni – Orientamento giurisprudenziale innovativo – Legittimo affidamento in precedente orientamento giurisprudenziale – Non è vincolante.
Xxxx., sez. trib. 9 gennaio 2015, n. 174, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
Il contribuente non può sottrarsi all’applicazione di un orientamento giurisprudenziale affermando che una precedente giurisprudenza, nella quale egli aveva fatto legittimo affidamento, affermasse un principio diverso.
L’ordinamento giuridico italiano non è improntato al principio del precedente giurisprudenziale vincolante (c.d. stare decisis) che, invece, è adottato da altri ordinamenti.
Pertanto, il mutamento di indirizzo verificatosi nella giurisprudenza di legittimità non è assimilabile ad una norma sopravvenuta e può quindi, avere effetti retroattivi.
ELUSIONE
Dottrina
“La (ir) rilevanza penale delle condotte elusive/abusive e il reato di dichiarazione infedele: una lettura critica alla luce dei principi della delega fiscale e della loro attuazione”, di X. XXXXX, in Riv. Dir. Trib. 6/2014, I, pag. 763.
La lettura critica dei principi della delega fiscale mette in evidenzia come la disciplina dell’abuso del diritto contenuta nell’art. 5 non contenga alcun riferimento alla irrilevanza penale delle condotte elusive/abusive.
Continuano così a rimanere i soliti dubbi interpretativi sugli elementi costitutivi dell’abuso del diritto e sulle conseguenze sanzionatorie e d’altronde non potrebbe essere diversamente considerato che la formulazione utilizzata dal legislatore delegante risulta per molti aspetti quella delle sentenze della Cassazione che, come noto, hanno contribuito ad alimentare la querelle sulla rilevanza penale delle condotte elusive/abusive.
Le principali criticità derivano dal fatto che la delega, non ha individuato un criterio definitorio “oggettivo” per l’abuso del diritto, ma si è limitato a dettare principi e criteri piuttosto ambigui, allineandosi alla giurisprudenza di legittimità, facendo ricadere esclusivamente sul legislatore delegato la responsabilità della soluzione della controversa questione.
Nella definizione di abuso del diritto il legislatore delegante ha preferito fare leva sulla sostanza economica dell’operazione elusiva, nonché sull’esistenza o meno di valide ragioni economiche extrafiscali. (EM)
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
Elusione – Elusione per interposizione – Non è necessario comportamento fraudolento – Sufficiente uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico.
Xxxx., sez. trib. 15 ottobre 2014, n. 21794, in Corr. Trib. 47/2014, pag. 3619.
La disciplina antielusiva dell’interposizione non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio o ingiustificato di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta.
Elusione – Abuso del diritto – Disposizioni agevolative – Indebito vantaggio fiscale.
Cass., sez. VI-T, 11 novembre2014, n. 24027, in Corr. Trib. 48/2014, pag. 3694.
E’ inopponibile all’Amministrazione finanziaria, in quanto elusiva, l’operazione posta in essere dal contribuente al solo scopo di fruire di una agevolazione fiscale. Infatti la formale spettanza di un risparmio d’imposta è un presupposto ineliminabile dell’abuso del diritto e non rappresenta, invece, un limite rispetto all’abuso stesso.
VIOLAZIONI E SANZIONI
Dottrina
“La riforma del ravvedimento operoso: dal controllo repressivo alla promozione della “compliance”?” di X. XXXXXXXX XXXXXX, in Corr. Trib. 5/2015, pag. 325.
La legge di stabilità 2015 disciplina il nuovo istituto del ravvedimento operoso che mira a promuovere un diverso rapporto tra Xxxxx e contribuente stimolandone la cooperazione.
Infatti, da un lato la riforma mette il contribuente in grado di verificare quali informazioni che lo riguardano sono in possesso del Fisco; dall’altro, nel caso di tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, consente l’utilizzo dello strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare, sino alla notifica degli atti di liquidazione e di accertamento, le omissioni o le violazioni connesse, beneficiando di una cospicua riduzione delle sanzioni.
In prospettiva, con l’abrogazione dal 1° gennaio 2016 di alcuni istituti deflattivi del contenzioso tributario altrimenti destinati a sovrapporsi al ravvedimento operoso, questo assumerà il ruolo di strumento cardine per la definizione spontanea di pendenze fiscali.
La legge di stabilità, oltre a confermare le ipotesi di riduzione delle sanzioni disciplinate dal D.Lgs. 472/97, inserisce accanto a queste altre quattro nuove previsioni di riduzione delle sanzioni (da un nono ad un sesto del minimo edittale della pena, in funzione del momento in cui il contribuente provvede alla regolarizzazione della propria posizione) oltre all’eliminazione dei limiti temporali per l’utilizzo dell’istituto del ravvedimento operoso.
Per favorire il ravvedimento del contribuente, sempre con riguardo ai soli tributi amministrati dall’Agenzia, viene abolito il limite di accesso all’istituto rappresentato dalla conoscenza da parte del destinatario dell’avvio di attività di controllo ad opera dell’Amministrazione.
E’ evidente che il sistema va verso un’applicazione dei benefici forfettaria e oggettivamente imperniata sull’effettivo adempimento, a prescindere dalla sua spontaneità, ma tutto questo porta l’A. ad una riflessione, sulla disparità di trattamento che questo comporta nei confronti dei soggetti che scelgono strade diverse.
L’A. segnala da ultimo alcuni minori profili di criticità. Nell’ordine:
- le nuove regole valgono solo per i tributi amministrati dall’Agenzia, determinando così una situazione di disparità di trattamento tra le imposte;
- l’impossibilità di rateizzare le somme da versare;
- la riapertura dei termini concessi all’Amministrazione per l’accertamento i quali ricominciano a decorrere, limitatamente agli elementi corretti, nel momento in cui il contribuente decide spontaneamente di regolarizzare la propria posizione.
L’A. fa notare come non sia affatto chiaro secondo quale criterio eventuali controlli e rettifiche successivi dell’Agenzia potranno o meno essere considerati attinenti all’importo oggetto di ravvedimento e non invece a quello originariamente dichiarato. (EM)
CONTENZIOSO TRIBUTARIO – Commissioni tributarie
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
Processo tributario – Sentenza del giudice tributario – Costituisce pronuncia di merito – Sostituisce dichiarazione contribuente e accertamento d’Ufficio.
Xxxx., sez. trib. 19 settembre 2014, n. 19750, in Corr. Trib. 3/2015, pag. 209.
In presenza di un accertamento di maggiori ricavi risultante da una contestata valutazione del valore normale dei beni ceduti dal contribuente, l’eventuale inidoneità di taluni criteri adottati dall’Ufficio per la determinazione del valore normale comporta l’obbligo per il giudice tributario, quale giudice di merito, di rideterminare nuovamente tale valore secondo il criterio ritenuto legittimo, non potendo egli annullare “in toto” la rettifica operata dall’Ufficio. Il processo tributario, invero, non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, che dell’accertamento dell’Ufficio, con la conseguenza che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formale), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte.
Contenzioso tributario – Poteri delle Commissioni tributarie – Controversia sulla legittimità o annullamento di atto impositivo – Decisione del giudice intermedia tra le contrapposte pretese – Corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Violazione – Esclusione.
Xxxx., sez. trib. 22 ottobre 2014, n. 22400, ne Il fisco 44/2014, pag. 4374.
A fronte della richiesta del contribuente di annullamento di un atto impositivo per motivi non formali, ma sostanziali, e della speculare richiesta di conferma dell’atto da parte dell’Amministrazione, la decisione del giudice tributario che si xxxxxxxx in una posizione intermedia tra le contrapposte pretese non viola il principio della violazione di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Accordi internazionali – Redditi transnazionali CFC
Dottrina
“Legge di stabilità 2015:nuovi criteri per identificare le imprese black list” di X. XXXXXXXX e
X. XXXXXXX, ne Il fisco 5/2015, pag. 450.
Con la legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (cd. legge di stabilità 2015) il legislatore fiscale ha nuovamente modificato i criteri di individuazione dei soggetti esteri con riguardo ai quali opera la disciplina CFC ribadendo il principio stabilito dalla L. n. 244/2007 in merito ai “paradisi fiscali”(2) e prevedendo l’emanazione di una nuova black list da predisporre con esclusivo riferimento alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni. Di fatto, il legislatore ha ritenuto più semplice e immediato dare attuazione al principio sancito con la L. n. 244/2007 attraverso l’adattamento della black list al nuovo criterio di individuazione, piuttosto che redigere ex novo la prevista (già dal 2007) white list. Secondo gli AA., ciò va a confermare che la ratio della disciplina dei costi black list non è quella di impedire (o ostacolare) i rapporti commerciali con le imprese domiciliate in Paesi a fiscalità privilegiata, come spesso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate sostengono, ma di contrastare la deduzione di costi inesistenti mediante transazioni commerciali poste in essere con soggetti domiciliati nei Paesi che non consentono un effettivo scambio di informazioni. Ne discende che il contribuente, nel fornire (almeno) una delle dimostrazioni prescritte dal comma 11 dell’art. 110 (3), è in sostanza chiamato a provare di avere diritto alla deduzione dei costi black list, in quanto si tratta di costi effettivamente sostenuti, connessi a operazioni effettivamente eseguite e regolate sulla base di un corrispettivo rientrante nelle normali logiche di mercato, così da eliminare il sospetto aleggiante su dette operazioni. (EF)
“Legge di stabilità: quali prospettive per CFC e costi “black list” di X. XXXXX, in Corr. Trib. 5/2015, pag. 341.
Con la legge n. 190 del 23 dicembre 2014 (cd. legge di stabilità 2015) sono state apportate rilevanti modifiche all’ambito di applicazione territoriale delle norme di contrasto ai regimi fiscali privilegiati. L’aspetto più critico di tali modifiche è rappresentato dalle norme sulle CFC. Le stesse avranno effetto con l’emanazione dei provvedimenti attuativi; inoltre, per espressa previsione normativa, le disposizioni in materia di CFC trovano applicazione dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.
In sostanza, con riferimento ai costi “black list”, la legge di stabilità 2015 prevede che l’individuazione dei regimi fiscali privilegiati sia effettuata, con decreto del Ministro dell’economia e
(2) Definiti Stati e territori con cui manca un adeguato scambio di informazioni.
delle finanze, con esclusivo riferimento alla mancanza di un adeguato scambio di informazioni, sopprimendo così, per quanto attiene alla determinazione dell’ambito territoriale della disciplina dei costi indeducibili, i criteri – attualmente vigenti in via transitoria - del “livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia”, così come gli “altri criteri equivalenti”. I redattori della nuova lista potrebbero limitarsi a eliminare i Paesi con i quali vi sia un “adeguato scambio di informazioni”, con l’effetto di ridurre l’ambito di applicazione della disciplina dei costi “black list” rispetto a quello attuale. Occorre altresì menzionare le modifiche apportate al nuovo comma 4 dell’art. 167 del TUIR che, come modificato dalla citata legge di stabilità, “considera livello di tassazione sensibilmente inferiore, ai fini della disciplina CFC, a quello applicato in Italia un livello di tassazione inferiore al 50 per cento di quello applicato in Italia”. Il criterio risulta meno stringente di quello che, in assenza di previsioni legislative, era stato adottato ai fini della redazione della “black list” attualmente vigente. Al citato comma 4 dell’art. 167 del TUIR la legge di stabilità 2015 ha, altresì, introdotto una disposizione riferita ai regimi fiscali “speciali” CFC precisando che gli stessi possono integrare il presupposto del livello di tassazione e prevedendo che detti regimi speciali “si considerano in ogni caso privilegiati”. Pertanto, sembra sia strato introdotto un nuovo criterio territoriale, idoneo a qualificare quali regimi fiscali privilegiati quelli contraddistinti dal carattere della specialità (rispetto ad regime generale di imposizione “ordinario”) e da un livello di imposizione inferiore al 50% di quello vigente in Italia. Non avrebbe invece alcun rilievo, per l’individuazione di tali regimi speciali, la mancanza di un adeguato scambio di informazioni. Con riferimento alla nuova disciplina l’A. esprime i suoi dubbi poiché, a suo avviso, andrebbe a colpire solo alcuni dei soggetti che operano in Stati o territori a regime fiscale non privilegiato, ossia quelli assoggettati ai regimi fiscali “speciali”, e perché la stessa andrebbe a configurare un terzo sistema CFC (dopo quello originario del 2001 e quello delle controllate “non-black list” introdotto nel 2009 risultando ridondante, rispetto a quelli esistenti, oltre che caratterizzato da regole proprie ed elevate incertezze sull’ambito di applicazione. (EF)
TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Dichiarazione dei redditi
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
Dichiarazione dei redditi – Credito di imposta indicato in dichiarazione – Impugnabilità del diniego tacito al rimborso.
Xxxx., sez. trib. 15 ottobre 2014, n. 21734, in Corr. Trib. 48/2014, pag. 3755.
In tema di imposte sui redditi, l’indicazione nella dichiarazione di un credito d’imposta costituisce già istanza di rimborso, e il relativo diritto alla restituzione può essere esercitato a partire dall’inutile decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione dell’istanza contenuta nella dichiarazione, su cui si forma il silenzio-rifiuto. Quest’ultimo è impugnabile senza che sia necessario attendere la scadenza dei termini entro cui l’Amministrazione deve esercitare i propri poteri di liquidazione, controllo formale o accertamento vero e proprio, che non riguardano l’esercizio dei diritti del contribuente.
Dichiarazioni – Monitoraggio fiscale – Attività e investimenti esteri – Soggetti che movimentano le attività non beneficiari effettivi – Mera detenzione – Obbligo di dichiarazione – Sussistenza.
Xxxx., sez. trib. 18 dicembre 2014, n. 26848, ne Il fisco 3/2015, pag. 297.
Anche i soggetti non beneficiari effettivi dei trasferimenti finanziari verso l’estero debbono ritenersi destinatari dell’obbligo di indicare, nella propria dichiarazione dei redditi, gli investimenti all’estero
e/o le attività estere di natura finanziaria detenuti al termine del periodo d’imposta; e ciò tutte le volte che tali soggetti abbiano la disponibilità e/o la possibilità di movimentazione di detti investimenti e/o attività. Il controllo delle operazioni finanziarie da e verso l’estero (cd. “monitoraggio fiscale”), perseguito dal legislatore, può invero essere efficacemente ottenuto solo dando alla nozione di “detenzione” di attività e/o investimento un significato onnicomprensivo, perché anche la detenzione nell’interesse altrui costituisce idoneo strumento di occultamento, e quindi di sottrazione al controllo degli investimenti e delle attività finanziarie indicati nella norma. E’ pertanto, sufficiente ad integrare l’obbligo dichiarativo di cui trattasi anche il fatto di aver trasmesso istruzioni e volontà dell’effettivo titolare, perché tale attività integra, comunque, una vera e propria movimentazione degli investimenti e/o delle attività finanziarie, rilevante ai fini della norma.
IRES
Dottrina
“<<Transfer pricing>>: disconosciuto il rigetto automatico delle società in perdita nelle analisi di <<benchmark>>” di X. XXXXXXXXX e X. XXXX, in Corr. Trib. 5/2015, pag. 347.
In materia di transfer pricing, la Commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 7996 del 29 settembre 2014, ha considerato illegittimo l’operato dell’Ufficio che ha escluso dal campione dei comparables selezionato dal contribuente talune società per il solo fatto che presentavano risultati economici negativi in alcuni anni nel triennio oggetto di analisi. In particolare, richiamando le Transfer Pricing Guidelines dell’OCSE, la Commissione tributaria ha stabilito che ciò che deve guidare l’identificazione degli elementi comparabili è una rigorosa verifica dei cinque fattori di comparabilità OCSE, costituiti da: le caratteristiche dei beni o dei servizi; l’analisi funzionale; le condizioni contrattuali; le condizioni economiche; le strategie aziendali. Riguardo all’esclusione dal campione delle società in perdita, la Commissione tributaria ha ritenuto che la perdita di esercizio, al pari dell’utile, “è un vero e proprio risultato gestionale che va preso in considerazione, in quanto seppur in modo negativo, rispetto all’utile, va a controbilanciare e dare una fotografia reale dei dati che vengono presi a titolo di comparazione”. In altri termini, l’esclusione a priori di società in perdita nei casi di recessione e di non stabilità dei margini nei mercati in cui opera la società potrebbe portare a risultati non in linea con il principio del prezzo di libera concorrenza. Piuttosto, un elemento di valutazione consiste nell’analisi del carattere delle perdite: società che presentano risultati negativi dovuti ad eventi straordinari o al non normale andamento del business andrebbero in ogni caso escluse dal campione.
Secondo gli AA., la sentenza fissa un importante principio secondo il quale l’Amministrazione finanziaria che voglia procedere a contestazioni, in presenza di un dettagliato studio di benchmark predisposto dal contribuente, deve necessariamente provare di aver analizzato in maniera compiuta le transazioni controllate e le analisi di comparabilità effettuate da quest’ultimo, fornendo, in caso di disconoscimento di taluni comparables, solide e chiare evidenze in merito alla non comparabilità.
La sentenza censura, inoltre, l’utilizzo da parte dei verificatori di informazioni e dati per l’accertamento non disponibili al contribuente al momento di predisposizione delle analisi economiche. Infatti, i contribuenti per determinare la conformità al principio del prezzo di libera concorrenza dei prezzi applicati alle transazioni tra parte correlate di norma effettuano uno studio economico con le informazioni disponibili a quella data e/o precedentemente all’applicazione dei prezzi di trasferimento (nella specie, per l’accertamento relativo al periodo d’imposta 2007, gli organi verificatori avevano utilizzato nelle proprie analisi informazioni per la comparazione desunte da una versione del database aggiornata ad ottobre 2010, successiva rispetto alle informazioni utilizzate dal contribuente, riferite al mese di ottobre 2006 e 2007). (FDA)
“Dal decreto “Sblocca Italia” un incentivo all’adozione del regime fiscale delle SIIQ” di X. XXXXXXX, in Corr. Trib. 3/2015, pag. 229.
Il decreto “Sblocca Italia” (D.L. n. 133/2014) ha previsto alcune modifiche al regime fiscale delle SIIQ, introdotto dalla Legge Finanziaria 2007, al fine di renderne più flessibile l’utilizzo e di allinearlo a quello dei fondi comuni di investimento immobiliari.
In particolare, il provvedimento:
• modifica i requisiti di partecipazione al capitale sociale delle SIIQ, incrementando (dal 51%) al 60% la percentuale massima dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria (e dei diritti di partecipazione agli utili) detenibile da un solo soggetto e riducendo (dal 35%) al 25% la percentuale minima di azioni detenibile dai soci che non hanno più del 2% dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria (e dei diritti di partecipazione agli utili). Il requisito partecipativo minimo del 25% non si applica in ogni caso per le società il cui capitale sia già quotato;
• dispone la sospensione del regime SIIQ in caso di superamento del requisito partecipativo del 60%, sino a quando il suddetto requisito non sia ristabilito nei limiti imposti dalla norma,
• stabilisce che i requisiti sopra indicati devono essere verificati entro il primo periodo d’imposta per cui si esercita l’opzione, prevedendo altresì la possibilità, per le società che al termine del primo periodo d’imposta presentino il solo requisito del 25%, di raggiungere il requisito del 60% entro i due esercizi successivi. In tal caso, si applica il regime tributario ordinario mentre quello delle SIIQ sarà applicato soltanto a partire dal primo periodo di imposta in cui tutti i requisiti saranno verificati. All’interno del periodo “di prova”, la tax entry e l’imposta sostitutiva su plusvalenze da conferimento sono applicate in via provvisoria fino all’ingresso nel regime SIIQ;
• prevede che, nell’ambito dell’attività di locazione immobiliare, rientrano anche le quote di partecipazione nei fondi comuni di investimento immobiliare e i relativi proventi e che i proventi derivanti dalla cessione degli immobili concorrono alla formazione del reddito della gestione esente;
• con l’intento di favorire la capitalizzazione delle SIIQ, riduce dall’85% al 70% la percentuale di utili derivanti dalla gestione esente che deve essere obbligatoriamente distribuita ai soci, disponendo altresì l’esclusione dal calcolo di tale percentuale dei proventi derivanti dalle plusvalenze nette realizzate su immobili destinati alla locazione nonché derivanti dalla cessione di partecipazioni in SIIQ e SIINQ o di quote detenute nei fondi comuni di investimento immobiliari (per tali proventi, il decreto ha previsto l’obbligo di distribuzione almeno per il 50% soltanto nei due esercizi successivi a quello di realizzo);
• nell’ottica di avvicinare il regime delle SIIQ a quello dei fondi di investimento immobiliari, stabilisce la non applicazione della ritenuta sui proventi distribuiti dai predetti fondi alle SIIQ;
• risolve in senso affermativo il dubbio di applicabilità delle disposizioni delle convenzioni contro le doppie imposizioni relativamente alle ritenute da operare sulla distribuzione, a soggetti non residenti, degli utili relativi alla gestione esente;
• introduce un regime di neutralità fiscale ai fini delle imposte dirette nel caso in cui, in sede di liquidazione (totale o parziale) di un fondo immobiliare, esso conferisca immobili prevalentemente locati ad una SIIQ ed, a fronte del conferimento, i partecipanti del fondo ricevano azioni della stessa in concambio delle loro quote. (PT)
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
IRES – Plusvalenze patrimoniali – Facoltà di frazionamento – Opzione e revoca desumibili da comportamenti concludenti.
Xxxx., sez. trib. 21 gennaio 2015, n. 991, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
L’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili.
I giudici hanno affermato che nel caso di specie la plusvalenza è stata spalmata in bilancio secondo la norma fiscale e che gli effetti di tale procedura contabile di rateizzazione sono confluiti all’interno della dichiarazione dei redditi, pur in mancanza della formale opzione per la rateizzazione.
IRES – Reddito di impresa – Somme corrisposte a titolo di risarcimento danni a seguito di accordo transattivo – Deducibilità.
Xxxx., sez. trib. 25 marzo 2015, n. 5976, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
La somma corrisposta a titolo di risarcimento danni in funzione di un accordo transattivo, costituisce per l’impresa erogante una sopravvenienza passiva deducibile nell’esercizio in cui viene sostenuta la relativa spesa.
REDDITI DI CAPITALE
Dottrina
“Diritti del beneficiario di trust e imposizione sul reddito” di X. XXXXXXX, in Trusts e att. Fid. 11/2014, pag. 604.
Le conclusioni contenute in una pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Milano (sentenza 3 febbraio 2014, n. 1155) – che ha riconosciuto la deducibilità dei canoni di leasing alla società utilizzatrice di un aeromobile in trust – offrono lo spunto per riflettere, da un punto di vista più generale, sulla rilevanza reddituale dei diritti del beneficiario di trust, evidenziandone i tratti peculiari rispetto a quelli del socio.
Il contributo in commento, cui si rinvia per maggiori dettagli, contiene un’interessante ed esaustiva disamina della materia, avuto riguardo, oltre che agli aspetti tributari, a quelli civilistici e contabili della fattispecie. (PT)
“La tassazione dei dividendi percepiti dal trust” di X. XXXXXXXXXXX, in Corr. Trib. 6/2015, pag. 431.
La legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) riduce, a partire dai dividendi messi in distribuzione a decorrere dal 1° gennaio 2014, la quota esente da IRES dei dividendi percepiti dagli enti non commerciali - ivi inclusi i trust non commerciali - dal 95 al 22,26%, equiparando la tassazione dei dividendi percepiti dagli enti stessi a quella da persone fisiche aventi la massima aliquota marginale. Al fine di mitigare la penalizzazione conseguente all’applicazione retroattiva della norma in esame, la legge di stabilità introduce un credito d’imposta pari alla maggiore IRES dovuta nel 2014 che potrà essere utilizzato in compensazione, in tre quote annuali di pari importo, a partire dal 1° gennaio 2016.
Il problema che si pone è quali siano i soggetti destinatari di tale credito d’imposta. Con riferimento al caso più semplice di trust opaco, il beneficiario del credito d’imposta sarà senza dubbio il trust medesimo, il quale, avendo patito un incremento di imposizione IRES avrà diritto ad un credito d’imposta corrispondente. Diversamente, in caso di trust trasparente, la tassazione avviene in capo ai beneficiari individuati i quali, stando al tenore letterale della disposizione, non avrebbero diritto al credito d’imposta, in quanto di norma non soggetti a IRES. Paradossalmente, quindi, proprio i soggetti che devono subire l’incremento più oneroso (nel caso di beneficiario persona fisica di un trust non commerciale, l’incidenza fiscale sui dividendi distribuiti al trust passerebbe infatti dal 2,15% al 33,43%) parrebbero di fatto esclusi dalla norma compensatrice. (PT)
Prassi Amministrativa
Redditi di capitale – Sostituti d’imposta – Individuazioni del soggetto tenuto all’applicazione delle ritenute ed imposte sostitutive – Condizioni.
Ris. Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2015, n. 16/E, nel sito web xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
La Circolare chiarisce che in caso di apertura presso una banca (o altro intermediario finanziario abilitato all’attività di custodia di strumenti finanziari per conto di terzi) di un conto di deposito delle disponibilità liquide e di sub-deposito degli strumenti finanziari della propria clientela intestati alla stessa SGR depositante con l’indicazione che si tratta di beni di terzi, gli obblighi di sostituzione d’imposta ricadono sulla SGR, in quanto intermediario più vicino al cliente, salvo nelle ipotesi in cui il prelievo alla fonte debba essere effettuato ex lege direttamente dall’emittente (ad esempio, nel caso di interessi di alcune obbligazioni e titoli similari non quotati, di dividendi di azioni non quotate, ecc.).
Qualora invece il cliente apra direttamente a proprio nome un conto corrente e un deposito titoli presso una banca, dedicati esclusivamente al compimento delle operazioni connesse con la prestazione dei servizi di investimento da parte della SGR rilasciando alla SGR una delega a movimentare i citati conti a seguito della stipula di un contratto di gestione di portafoglio, l’individuazione del soggetto tenuto all’applicazione delle ritenute o imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dipenderanno dal regime scelto dall’investitore ai fini della tassazione dei redditi diversi di natura finanziaria.
In particolare, se il cliente adotta il regime della dichiarazione, gli obblighi di sostituzione d’imposta ricadono sulla banca depositaria degli strumenti finanziari, in quanto si applica la disciplina sul contratto di deposito.
Qualora, invece, il cliente rilasci l’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato ovvero del regime del risparmio gestito alla SGR con la quale è stipulato il contratto di gestione di portafoglio, gli obblighi di sostituzione d’imposta in capo alla banca depositaria riguardano, nel primo caso, tutti i redditi di capitale conseguiti dall’investitore e, nel secondo caso, solo quei redditi di capitale per i quali non è prevista la disapplicazione del prelievo alla fonte (e che non concorrono, quindi, alla formazione del risultato maturato della gestione).
La risoluzione si occupa anche del soggetto tenuto all’applicazione dell’imposta sostitutiva sui dividendi. Nell’ipotesi in cui le azioni siano depositate presso intermediari non residenti aderenti al sistema di deposito accentrato, gli adempimenti fiscali connessi con l’applicazione dell’imposta sostitutiva devono essere affidati ad un rappresentante fiscale in Italia.
Deve trattarsi di un soggetto che integri congiuntamente le seguenti condizioni:
- deve essere un intermediario presso il quale le azioni o gli strumenti finanziari similari sono depositati;
- tale intermediario deve aderire direttamente o indirettamente (ossia per il tramite di un altro intermediario abilitato), al sistema di deposito accentrato gestito dalla Monte titoli S.p.A..
Nel caso in cui la SGR aderisca indirettamente per il tramite di una banca, al sistema di deposito accentrato gestito dalla Monte Titoli S.p.A., la stessa SGR integra tutti i presupposti richiesti dalla normativa fiscale per essere il soggetto obbligato all’applicazione dell’imposta sostitutiva sugli utili derivanti dalle azioni e dagli strumenti finanziari e di dichiarazione nel modello 770 ordinario.
Sono fatti salvi eventuali diversi comportamenti fino ad ora adottati dagli intermediari qualora i versamenti siano stati eseguiti correttamente seppure da un soggetto diverso, nel presupposto che ciò non abbia arrecato alcun pregiudizio ai danni dell’Erario.
REDDITI DI IMPRESA
Dottrina
“Recenti arresti giurisprudenziali in materia di stabile organizzazione occulta” di X. XXXXXX e X. XXXXXXXX, in La gest. Straord. Impr. 6/2014, pag. 46.
Negli ultimi anni è cresciuta sempre più l’attenzione, e di conseguenza i controlli, dell’Amministrazione finanziaria sull’accertamento di stabili organizzazioni occulte (concetto introdotto a livello nazionale dal leading case Xxxxxx Xxxxxx) presso società italiane di gruppi multinazionali. Di conseguenza, ai giudici di merito e di legittimità è stato demandato il compito di verificare, nelle diverse fattispecie, se la società controllata italiana svolgesse effettivamente attività per conto della casa madre non residente attraverso una sede fissa d’affari oppure operasse in qualità di agente dipendente della stessa. A tal proposito gli AA. ripercorrono le pronunce sul tema frequentemente trattato in sede di verifica fiscale dai giudici di legittimità, menzionando, da un lato, le sentenze a sfavore del contribuente (4), che pur divergendo sulla soggettività passiva della stabile organizzazione occulta presumono comunemente che le attività svolte dalla società controllata del gruppo vengano svolte a beneficio di tutto il gruppo e non della singola società, e, dall’altro, le pronunce positive che al contrario escludono la presenza di una stabile organizzazione occulta(5).
Tuttavia, secondo gli AA., essendo tale panorama giurisprudenziale caratterizzato da numerose incertezze applicative richiede che vengano tracciate linee guida chiare e ben definite e probabilmente ciò sarà reso possibile nel momento in cui verranno recepite le raccomandazioni stabilite dall'OCSE("Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting"), al fine di attuare il progetto BEPS ("Base erosion profit shifting")(6),avviato nel 2013, nella legislazione italiana e nella regolamentazione convenzionale. (EF)
“Verso una maggiore differenziazione tra stabile organizzazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA?” di L. LAVAZZA e X. XXXXXXX, in Boll. Trib. 21/2014, pag. 1533.
L’articolo commenta le conclusioni dell’Avvocato generale nella causa C-602/12 sulla nozione di stabile organizzazione ai fini IVA. La causa riguardava una società cipriota che, a seguito della conclusione di un contratto di collaborazione con una società polacca, impiegava per la gestione della sua attività in Polonia personale e mezzi tecnici della società polacca. Si chiedeva, quindi, alla Corte se tale personale e le tecnologie potessero costituire una stabile organizzazione della società cipriota in Polonia. Ai sensi dell’art. 11 del Regolamento n. 282/2011, una stabile organizzazione a norma dell’art. 44 della direttiva IVA 2006/112/CE presuppone un’organizzazione caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi ricevuti per le esigenze proprie di detta organizzazione. La questione affrontata quindi dall’Avvocato generale riguarda il concetto di “struttura idonea”, e cioè se si configuri comunque la presenza di una stabile organizzazione ove si disponga dei mezzi di terzi come se fossero propri. Secondo l’Avvocato benché una stabile organizzazione non richieda necessariamente personale e strumentazione tecnica propri, il soggetto passivo deve tuttavia – in ragione del requisito del sufficiente grado di permanenza dell’organizzazione – disporre con modalità equivalenti dei mezzi umani e tecnici. Sono pertanto necessari, afferma l’Avvocato generale, in particolare contratti di servizi o d’affitto aventi ad oggetto il personale e i mezzi tecnici che garantiscano alla casa madre estera di poter disporre di essi come se fossero propri e che non possano, quindi, neppure essere risolti in un breve lasso di tempo. (CLP)
(4) Sentenze della Corte di Cassazione 21.4.2011 n. 9166 e 22.7.2011 n. 16106
(5) Sentenze 20.10.2011 e n. 125 e 29.10.2013 n. 139 della Commissione Tributaria Regionale di Milano e sentenza della Corte di Cassazione 9.3.2012 n. 3769 (cd. Caso Boston Scientific)
(6) Come noto, riguarda lo studio di misure finalizzate al contrasto del fenomeno di erosione della base
imponibile mediante il trasferimento di profitti in giurisdizioni in cui è possibile avvalersi di un più favorevole regime fiscale
“Piani di “stock option” dei soggetti IAS/IFRS: aspetti problematici” di X. XXXXXXXXXX e X. XXXXXX, in Corr. Trib. 5/2015, pag. 378.
Gli autori esaminano due questioni interpretative riguardanti la rilevanza fiscale delle imputazioni a conto economico effettuate dai soggetti IAS/IFRS nell’ambito dei piani di “stock option” contabilizzati in conformità all’IFRS 2. Per i soggetti IAS adopter, la fattispecie è disciplinata dall’art. 6 del D.M. 8 giugno 2011 che ha sancito l’applicazione del principio di derivazione rafforzata di cui all’art. 83 TUIR per “i componenti negativi imputati a conto economico a titolo di spese per servizi in conformità alle disposizioni dell’IFRS 2”. In ottemperanza al suddetto principio il costo imputato a conto economico è deducibile ai fini IRES. La prima questione interpretativa esaminata nell’articolo riguarda il caso in cui il dipendente non eserciti il diritto di opzione. Ai fini contabili, in tale ipotesi, non è richiesta l’imputazione di un componente positivo di reddito a conto economico. Il cit. decreto sancisce, in xxx xxxxxxxx (xxx. xxx. 0, xxxxx 0), xx xxxxxxxxx fiscale delle ipotesi di mancato esercizio dei diritti connessi a strumenti finanziari prevedendo “il concorso alla formazione del reddito imponibile delle riserve iscritte in bilancio a fronte delle assegnazioni (…)nella misura in cui le predette assegnazioni hanno generato componenti negativi che hanno assunto rilievo fiscale”. Tuttavia la relazione di accompagnamento al decreto esclude tale rilevanza per il mancato esercizio di diritti derivanti da piani contabilizzati secondo il principio contabile internazionale IFRS 2 qualora esso derivi da ragioni di convenienza economica. Per gli altri casi in cui il mancato esercizio del diritto di opzione da parte del beneficiario del piano non è dettato da ragioni di convenienza economica, bensì dalla mancata integrazione di una condizione di mercato o di una cd. non vesting condition cui è subordinato tale esercizio, nulla è specificato. Secondo gli AA., partendo dall’assunto che contabilmente anche queste ipotesi non configurano ai fini IAS un’ipotesi di insussistenza di costi di precedenti esercizi, non si deve rilevare nessuna sopravvenienza attiva. Un’altra questione interpretativa esaminata nell’articolo è quella del regime IRES dei riaddebiti per assegnazioni di azioni ai dipendenti di società controllate. In tal caso, l’IFRS 2 prevede che la società controllata imputi a conto economico il costo per la prestazione ricevuta dai suoi dipendenti, in misura pari al fair value relativo agli strumenti di patrimonio (preesistenti o di nuova emissione) loro assegnati dalla società controllante, rilevando un corrispondente incremento del patrimonio netto a titolo di apporto della società controllante. Contestualmente, la società controllante deve incrementare il costo della partecipazione per lo stesso importo imputato a conto economico dalla società controllata. Ai fini fiscali dall’art. 6, comma 2, del D.M. 8 giugno 2011 sancisce il riconoscimento fiscale dei “maggiori valori delle partecipazioni (nelle società controllate) iscritti ai sensi dell’IFRS 2” ma non disciplina il regime tributario applicabile alle somme corrisposte dalla controllata alla controllante nell’ambito di accordi di riaddebito. Secondo gli AA. – posto che il successivo riaddebito comporta ai fini IAS un decremento del valore della partecipazione nella società controllata fino a concorrenza dell’originario incremento del valore della partecipazione – la fattispecie dovrebbe essere disciplinata dall’art. 47, comma 5, TUIR (richiamato dagli artt. 86, comma 5-bis e 89, comma 4 per i soggetti IRES), secondo cui le somme ricevute a titolo di ripartizione di riserve costituite con versamenti fatti dai soci in conto capitale riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni possedute. Nel caso in cui il riaddebito ecceda l’iniziale incremento del valore contabile della partecipazione nella società controllata, contabilmente, tale eccedenza è imputata dalla controllante a conto economico come dividendo, mantenendo anche ai fini fiscale tale natura. (CLP)
“I versamenti e i finanziamenti dei soci alla luce del nuovo OIC 28”, di X. XXXXXXXXX e X. XXXXXXXXX, in Corr. Trib. 6/2015, pag. 445.
Prendendo spunto da quanto statuito dal nuovo principio contabile OIC 28 e da due recenti sentenze della Suprema Corte, gli AA. esaminano i tratti salienti che caratterizzano gli apporti dei soci sottoforma di versamenti in conto capitale, a fondo perduto e in conto futuro aumento di capitale, a copertura di perdite, evidenziando le differenze esistenti tra i versamenti dei soci in conto capitale, che sono apporti di capitale di rischio da iscrivere nel patrimonio netto e per i quali
non sussiste un obbligo di restituzione da parte della società e i finanziamenti concessi dai soci alla società, per i quali, invece, tale obbligo di restituzione esiste.
L’articolo affronta, inoltre, il tema della presunta fruttuosità dei finanziamenti che i soci concedono alla società da loro partecipata. A tale riguardo la Cassazione ha comunque statuito che i finanziamenti dei soci non obbligatoriamente devono essere fruttiferi di interessi. In altre parole, affinché l’apporto del socio non produca interessi a suo favore, non è necessario che lo stesso si configuri come un versamento in conto capitale ben potendo anche essere un finanziamento infruttifero di interessi.
In ordine agli apporti dei soci in conto capitale la dottrina non è concorde sulla possibilità per la società di decidere la restituzione delle somme ricevute. Secondo la dottrina maggioritaria, il cui pensiero viene condiviso dagli AA., a detti versamenti deve essere riconosciuta la natura di riserve facoltative e quindi disponibili, ed il rimborso delle stesse può avvenire nelle forme tecniche della distribuzione delle riserve disponibili, con semplice delibera dell’assemblea ordinaria dei soci.
In tema di versamento dell’aumento del capitale sociale, secondo la Suprema Corte, la rinuncia dei soci a crediti vantati verso la società non rappresenta una forma di conferimento o di cessione, ma rappresenta una mera compensazione delle posizioni debitorie e creditorie tra le parti.
Lo stesso vale per i versamenti dei soci in conto capitale o a fondo perduto che avvengono mediante rinuncia dei soci a crediti dagli stessi vantati verso la società. (EM)
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
Redditi di impresa – Valutazioni – Mutuo gratuito da società capogruppo residente a favore di controllate estere – Transfer pricing – Inapplicabilità.
Xxxx., sez. trib. 19 dicembre 2014, n. 27087, ne Il fisco 4/2015, pag. 395.
La stipula di un finanziamento non oneroso, erogato dalla società controllante a favore delle controllate estere, con obbligo della mutuataria di restituzione del tantundem, riconducibile allo schema del mutuo a titolo gratuito, non subisce limitazioni per il fatto che la controllante, residente nello Stato, e le società residenti in altro Paese membro od in Paesi terzi, appartengano al medesimo gruppo societario, realizzando quindi una operazione infragruppo transfrontaliera. La gratuità dell’operazione, che esclude la pattuizione di interessi corrispettivi dovuti dalla mutuataria, non contrasta con la disciplina sul transfer pricing secondo cui, indipendentemente dal corrispettivo convenuto dalle parti ovvero nel caso in cui detto corrispettivo non sia stato dalle parti predeterminato nel quantum, il bene o servizio, rispettivamente ceduto o prestato, deve essere valutato secondo il criterio del valore normale. Ciò in quanto l’applicazione della norma tributaria è subordinata dalla legge alla duplice condizione che dall’operazione negoziale infragruppo derivino per la società contribuente componenti reddituali positivi o negativi, e che dall’applicazione del criterio del valore normale derivi un aumento del reddito imponibile. Tali condizioni non risultano integrate nella concessione del mutuo non feneratizio, essendo estranea a tale schema negoziale la stessa prestazione avente ad oggetto la corresponsione di interessi corrispettivi che costituisce il necessario termine di comparazione rispetto al valore normale.
Commissioni tributarie di merito
Redditi di impresa – Quota di ammortamento – Cespite iscritto nel bilancio relativo ad un periodo d’imposta non più accertabile – Contestazione della deducibilità – Esclusione.
Comm. Trib. reg. di Milano, 21 ottobre 2014, n. 5447/2014, ne Il fisco 47/2014, pag. 4698.
L’Amministrazione finanziaria non può dichiarare indeducibile una quota di ammortamento riguardante un bene ammortizzabile riportato nel bilancio relativo ad un periodo d’imposta per cui è decaduto il potere di accertamento. La deduzione della quota di ammortamento, infatti, si cristallizza nel tempo per effetto del mancato tempestivo esercizio dei poteri di controllo e verifica da parte dell’Ufficio.
REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE
Prassi Amministrativa
Previdenza complementare – Fondi pensione – Novità introdotte dalla legge di stabilità 2015.
Circ. Agenzia delle Entrate 13 febbraio 2015, n. 2/E, nel sito web xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
La Circolare fornisce chiarimenti in ordine alle novità fiscali introdotte dall’art. 1 della Legge di stabilità 2015 in materia di tassazione delle forme pensionistiche complementari.
In particolare viene previsto:
- l’incremento al 20% dell’imposta sostitutiva sul risultato della gestione del fondo;
- la riduzione della base imponibile della suddetta imposta sostitutiva qualora il fondo pensione investa in titoli di Stato, e, più generalmente, in attività finanziarie con un regime agevolato.
Tuttavia, in deroga al principio di irretroattività previsto dallo Statuto del Contribuente, viene disposto che l’imposta complessivamente dovuta per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 è determinata con l’aliquota del 20 per cento.
La medesima disposizione prevede altresì una riduzione della base imponibile per tenere conto delle posizioni che sono state definite nel corso del periodo d’imposta per le quali cioè il fondo pensione abbia già effettuato il riconoscimento agli iscritti, in sede di determinazione dell’importo della prestazione spettante, di rendimenti al netto dell’imposta sostitutiva nella misura dell’11 o dell’11,50 per cento e per evitare che la maggiore aliquota di tassazione introdotta gravi, di fatto, sugli altri iscritti.
A tal fine, la base imponibile, è ulteriormente ridotta del 48 per cento della differenza tra le erogazioni effettuate nel corso del 2014 per il pagamento dei “riscatti” ed il valore delle rispettive posizioni individuali maturate al 31 dicembre 2013, maggiorate dei contributi versati, fino alla data in cui è effettuato il “riscatto”, in relazione alle posizioni in uscita nel corso del 2014.
Viene precisato che il termine “riscatti” non deve essere inteso in senso stretto e deve riguardare, quindi, non solo i riscatti veri e propri, ma anche tutte le erogazioni di prestazioni previdenziali, le anticipazioni e le somme trasferite ad altre forme pensionistiche comprese quelle trasferite per effetto di operazioni di passaggio da un comparto ad un altro della medesima forma pensionistica complementare (c.d. operazioni di “swich”)
Con riferimento al risultato negativo di gestione relativo al periodo d’imposta 2014 si determina un risparmio d’imposta da utilizzare nei periodi d’imposta successivi nella misura dell’11,50 per cento. Per quanto concerne i risultati negativi relativi a periodi d’imposta precedenti al 2014, non ancora utilizzati in compensazione, resta fermo che il risparmio d’imposta da scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta sul risultato di gestione è stabilito nella misura dell’11,50 per cento.
IPOTECARIE E CATASTALI (Imposte)
Giurisprudenza
Commissioni tributarie di merito
Istituzioni di trust – Qualifica dell’atto – Trasferimento di ricchezza – Imposte ipotecarie e catastali – Presupposto impositivo – Elemento temporale.
Comm. Trib. prov. di Torino, 5 febbraio 2014, n. 311/11/14, Trusts e att. Fid. 1/2015, pag. 93.
L’istituzione di un trust è un atto strumentale e neutro che come tale non comporta alcun trasferimento di ricchezza nei confronti del trustee che non ottiene quindi alcun arricchimento personale e che dovrà, in adempimento del programma stabilito dal disponente e con esclusione di qualsiasi discrezionalità, trasferire i beni a lui devoluti ai beneficiari (titolari di una posizione qualificabile come di “aspettativa giuridica”), determinandosi solo in questo momento il sorgere del presupposto impositivo, così che le imposte di registro ipotecarie e catastali devono esse applicate in misura fissa.
IVA
Dottrina
“Regime IVA applicabile alla gestione di fondi comuni di investimento alternativi”, di X. XXXXX e X. XXXXX, in Corr. Trib. 45/2014, pag. 3479.
L’articolo analizza il regime delle prestazioni di gestione dei fondi di investimento alternativi (nel seguito, "FIA") recepiti dal legislatore nazionale con il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 44. La Direttiva AIFM definisce un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato per i gestori dei fondi di investimento alternativi, lasciando ai singoli Stati Membri la competenza sulla relativa disciplina sostanziale (anche sotto il profilo fiscale); in tale contesto, l'art. 4, par. 1, lett. a), direttiva AIFM individua i FIA come "gli organismi di investimento collettivo, compresi i relativi comparti, che: (i) raccolgono capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli in conformità di una politica di investimento definita a beneficio di tali investitori; e (ii) non necessitano di un'autorizzazione ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2009/65/CE". Tale nozione ha una portata applicativa molto ampia e ha lo scopo di includere nel perimetro della direttiva e delle relative disposizioni di attuazione tutte le entità non riconducibili nella definizione di OICVM "armonizzato" ma che siano un "organismo di investimento collettivo", che svolgono attività di raccolta di capitale da una pluralità di investitori e che seguano una “politica di investimento predeterminata". Rientrano nella nozione di FIA anche le “società di investimento a capitale fisso“ cd. (SICAF). Posta tale definizione, gli autori ritengono che nell’ipotesi in cui la gestione di un FIA sia delegata ad un soggetto terzo, le prestazioni di gestione possano beneficiare dell’esenzione iva in quanto assimilata a quella di un fondo comune ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 1), del DPR n. 633/1972. Tali conclusioni trovano conferma nell’interpretazione dell’Agenzia delle entrate, che ha ricompreso nella nozione di “fondo comune” rilevante ai fini dell’esenzione di cui al cit. art. 10 del DPR n.633/1972 tutte le tipologie di fondi (es. fondi comuni aperti, fondi di tipo chiuso, fondi immobiliari, ecc.) a prescindere dall’oggetto dell’investimento degli stessi e dal modello organizzativo adottato (cfr. ris. n. 97/2913) e, recentemente, ampliato l’ambito applicativo di tale esenzione riconducendo nel n.1 anche la gestione degli attivi posti a copertura delle polizze finanziarie, ritenendo che dette polizze rappresentano “forme di investimento standardizzate del tutto assimilabiliti a quelle in fondi comuni”. Ricondurre la gestione dei FIA nell’ambito dell’esenzione è anche conferme ai principi espressi dalla Corte di Giustizia con riferimento alla nozione di “fondo comune di investimento” rilevante ai fini della direttiva IVA. In diverse sentenze (C-169/04 Abbey National; C-363/05 Claverhouse; C-424/11) si riqualificano ai fini dell’esenzione gli organismi di investimento non disciplinati dalla direttiva OICVM (fondi chiusi, fondi pensione) quali “fondi comuni di investimento” purchè gli stessi investano capitale raccolto da una pluralità di investitori, i quali sopportano il rischio di perdere tali capitali. In linea pertanto con la definizione dei FIA. (CLP)
“IVA di Gruppo: Profili di criticità in attesa del recepimento della normativa comunitaria” di
X. XXXXX e X. XXXXXX XXXXXX, in Gest. Straord. Imp. 6/2014, pag. 55.
Gli AA. esaminano alcuni profili critici dell’attuale normativa nazionale in materia di IVA di gruppo, in vista della prospettata introduzione del “gruppo IVA comunitario” prevista dalla legge delega di riforma fiscale (L. 11.3.2014, n. 23) che contiene, tra le altre, la previsione di attuazione del regime di gruppo ai fini dell’applicazione dell’IVA, disciplinato dall’art. 11 della Direttiva 2006/112/CE. La disciplina relativa alla procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo, attualmente prevista dall’art. 73, ultimo comma, del D.P.R. n. 633/72, infatti, non corrisponde all’istituto opzionale previsto a livello comunitario, ma consiste in un sistema di consolidamento di natura tipicamente finanziaria, basato essenzialmente sulla possibilità di ottenere un sollecito rimborso dei crediti IVA vantati da una delle società del gruppo, mediante compensazione con l’eventuale IVA a debito di un’altra società partecipante al consolidamento, ferma restando la responsabilità per la corretta determinazione dell’IVA a debito o a credito in capo a ciascuna delle società partecipanti all’IVA di gruppo. Secondo gli AA., l’implementazione da parte del legislatore nazionale della normativa in materia di IVA di gruppo prevista a livello comunitario, potrebbe essere l’occasione per introdurre, non solo un sistema che garantisca sostanziali semplificazioni ed effettivi vantaggi finanziari per le società aderenti, conformemente alle disposizioni comunitarie, ma soprattutto per innovare un istituto che appare ormai superato. (SG)
Giurisprudenza
Corte di Giustizia UE
IVA – Applicazione delle norme nazionali antielusive – Legittimità.
Corte di Giust. UE, 12 febbraio 2015, n. 662/13, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
In mancanza di una disciplina dell’Unione, l’attuazione della lotta all’evasione dell’IVA rientra nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio della loro autonomia procedurale.
Spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in particolare, designare l’amministrazione competente a combattere l’evasione dell’IVA e stabilire le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto dell’Unione, sempreché tali modalità non siano meno favorevoli di quelle riguardanti ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività)
Corte di Cassazione
IVA – Note di credito – Non incidono sul plafond formatosi in anni precedenti.
Xxxx., sez. trib. 2 luglio 2014, n. 15059, in Corr. Trib. 48/2014, pag. 3732.
L’esercizio del diritto alla detrazione IVA conseguente all’emissione di note di credito relative a operazioni attive, che in anni precedenti avevano concorso alla formazione del “plafond”, non è soggetto a condizioni, e, quindi, non può essere compromesso dall’obbligo di regolarizzazione che conseguirebbe alla riduzione dell’ammontare del “plafond”. Alle condizioni previste dall’art. 26 del DPR n. 633/1972, può essere quindi esercitato il diritto di computare in detrazione l’imposta corrispondente alla variazione, senza che questo intacchi il “plafond” formatosi nell’anno precedente.
REGISTRO (Imposta di)
Giurisprudenza
Commissioni tributarie di merito
Imposta di registro – Accertamento – Avviso di rettifica – Conferimento di un ramo di azienda in una società e successiva cessione della partecipazione totalitaria acquisita – Riqualificazione della fattispecie come una cessione diretta di ramo d’azienda – Insussistenza di un’ipotesi di abuso del diritto e di norme idonee a giustificare una simile riqualificazione – Illegittimità dell’accertamento – Consegue.
Comm. Trib. prov. di Milano, sez. V 18 febbraio 2014, n. 1758, in Boll. Trib. 21/2014, pag. 1588.
La scelta dello schema negoziale consistente nel conferimento di un ramo d’azienda in una società neo costituita e nella successiva cessione a terzi della partecipazione totalitaria acquisita in tale società non è sindacabile da parte dell’Ufficio finanziario facendo ricorso all’art. 20 del DPR 26 aprile 1986, n. 131, utilizzato alla stessa stregua dell’art. 37-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 600, per riqualificare l’intera operazione come una cessione diretta di ramo d’azienda da assoggettare all’imposta di registro in misura proporzionale anziché fissa, dandosi luogo ad illegittimi effetti distorsivi ed alla violazione della logica-sistematica delle vigenti disposizioni normative non giustificabili dalla presunta sussistenza di un abuso del diritto, atteso che il risultato civilistico finale è diverso da quello che si sarebbe verificato con la scelta dell’operazione più onerosa, qual è la cessione del ramo d’azienda, e che tale differenza giustifica perciò il diverso trattamento tributario, il quale non può essere contestato e condotto in un diverso alveo dall’Ufficio accertatore.
SUCCESSIONI E DONAZIONI
Dottrina
“Costituzione di vincoli di destinazione nel caso di disponente anche beneficiario” di X. XXXXXXXXXXX, in Corr. Trib. 47/2014, pag. 3672.
L’atto di dotazione del trust deve essere assoggettato all’imposta di successione e donazione in relazione al rapporto intercorrente tra disponente e beneficiario con aliquote decrescenti e franchigie crescenti, in relazione alla prossimità del rapporto tra i due. Qualora il disponente sia anche beneficiario si pone il problema di individuare la disciplina applicabile in assenza di una specifica aliquota per le disposizioni a favore di se stessi. Secondo l’opinione di alcuni uffici, al caso in esame andrebbe applicata l’aliquota residuale dell’8% senza l’applicazione di franchigia. In realtà il D.L. n. 262/2006 non prevede una specifica aliquota per le disposizioni a favore di se stessi, semplicemente perché tale fattispecie è del tutto irrilevante ai fini dell’applicazione del tributo successorio. (PT)
Giurisprudenza
Corte di Cassazione
Successioni e donazioni (imposta sulle) – Trust autodichiarato a scopo di garanzia – Assenza di trasferimento – Imponibilità – Aliquota 8%.
Cass., sez. VI civ., 4 febbraio 2015, n. 3735, nel sito web xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
L’atto di costituzione del trust con cui il disponente, al fine di rafforzare la propria garanzia patrimoniale a favore di istituti bancari, conferisce in trust i beni immobili di cui è proprietario, nominando se stesso come trustee, sconta l’imposta sulle donazioni con l’aliquota residuale dell’8%.
Mancando il requisito, essenziale per il trust, della distinzione tra disponente e trustee, l’atto va inquadrato tra i vincoli di destinazione e come tale assoggettato ad imposizione a prescindere dal trasferimento di beni.
Successioni e donazioni (imposta sulle) – Trust costituito da enti pubblici avente ad oggetto somme di denaro – Imponibilità aliquota 8%.
Cass., VI sez. civ. 4 febbraio 2015, n. 3737, nel sito xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
La norma che ha disposto l’applicazione dell’imposta sulle donazioni “sulla costituzione di vincoli di destinazione” non richiede alcun trasferimento, ma la mera costituzione del vincolo di destinazione categoria all’interno della quale rientra il trust in esame costituto da enti pubblici aventi ad oggetto somme di denaro.
L’attribuzione patrimoniale in trust, allora, determinando la costituzione del vincolo di destinazione, va assoggettata alla imposta, sulle donazioni nella misura dell’8% indipendentemente dalla successiva attuazione della destinazione impressa al danaro.
Successioni e donazioni (imposta sulle) – Si applica sulla costituzione dei vincoli di destinazione – Trust di scopo – Imponibilità a prescindere dal trasferimento – Aliquota residuale 8 %.
Xxxx., sez. trib. 18 marzo 2015, n. 5322, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
L’attribuzione patrimoniale in trust, determinando la costituzione del vincolo di destinazione, va assoggettata all’imposta sulle donazioni, con l’aliquota dell’8%, indipendentemente dalla mancanza di arricchimento.
Secondo la Corte l’applicazione dell’imposta di donazione ai vincoli di destinazione, tra i quali rientrano appunto i trusts, non necessita il perfezionamento di alcun trasferimento di beni o diritti, trovando il proprio presupposto impositivo nella sola costituzione del vincolo di destinazione.
Commissioni tributarie di merito
Istituzioni di trust – Effetti condizionati.
Beneficiario di trust – Aspettativa giuridica – Arricchimento tassabile – Insussistenza – Trattamento fiscale applicabile.
Comm. Trib. prov. di Perugia, 19 giugno 2014, n. 470/2/14, in Trusts e att. Fid. 1/2015, pag. 85
L’istituzione di un trust non ha l’effetto di costituire un vincolo di destinazione quanto piuttosto di separare i beni dal patrimonio del disponente, senza che ciò comporti la creazione di una autonoma personalità giuridica.
Il beneficiario di un trust al momento della sua istituzione è titolare di una “aspettativa giuridica”, ovvero di un diritto sottoposto a condizione sospensiva che non gli consente di ottenere i beni a lui destinati, non verificandosi nei suoi confronti alcun arricchimento tassabile così che è applicabile nei suoi confronti, per espresso rinvio dell’art. 58, comma 2, del Testo Unico dell’Imposta di successione e donazione, l’art. 27 della legge sul registro sul trattamento fiscale degli atti sottoposti a condizione sospensiva.
Istituzione di trust – Imposta di successione e donazione – Trasferimento a titolo gratuito – Applicabilità.
Istituzione di trust – Potere del trustee – Ampiezza dei poteri – Abuso di diritto.
Comm. Trib. reg. di Firenze, 22 settembre 2014, n. 1702, in Trusts e att. Fid. 1/2015, pag. 83.
All’istituzione di un trust si applica l’imposta di successioni e donazioni, e conseguentemente l’imposta ipotecaria e catastale, comportando esso un trasferimento a titolo gratuito, cioè senza corrispettivo, dal disponente al trustee, non assumendo alcun rilievo la circostanza che il trustee sia tenuto a gestire tali beni a vantaggio di altre persone anche quando il vincolo sia costituito a favore del disponente stesso.
Sussistono gli elementi dell’abuso di diritto qualora il trust sia caratterizzato dall’attribuzione al trustee di ampie facoltà di gestione e non sia previsto alcun controllo del suo operato, così che il trustee stesso deve esser considerato il reale beneficiario dell’operazione e la forma del trust è stata scelta allo scopo di sfuggire all’imposta sui trasferimenti.
FINANZA E TRIBUTI LOCALI
Giurisprudenza
Commissioni tributarie di merito
IMU – Contratto di leasing – Risoluzione anticipata del contratto – Soggettività passiva.
Comm. Trib. prov. di Bergamo, 29 ottobre 2014, n. 759/8/14, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
In caso di risoluzione anticipata del contratto di locazione finanziaria il soggetto obbligato al pagamento del tributo è il locatore, a prescindere dalla riconsegna dell’immobile.
IRAP
Dottrina
“Rettifiche e riprese di valore dei crediti verso la clientela operate dalle banche” di X. XXXXXXX e X. XXXXX, in Corr. Trib. 47/2014, pag. 3665.
Il sistema di tassazione ai fini IRAP delle svalutazioni e delle rivalutazioni sui crediti verso la clientela degli enti creditizi, finanziari ed assicurativi ha subìto una significativa modifica, per effetto delle disposizioni introdotte dalla legge 27 dicembre 2013 (cd. legge di stabilità 2014) ispirata da esigenze di semplificazione e razionalizzazione della materia. In particolare, è stato innovato in misura significativa il richiamato regime, riconoscendo rilevanza - sia pure in via frazionata in cinque periodi di imposta - alle rettifiche/riprese di valore nette sui crediti verso la clientela operate dal 1° gennaio 2013, realizzando, altresì, una simmetria tra quanto disposto ai fini IRES e ai fini IRAP. Tale regime, oggetto di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 14/E del 2014, presenta ancora alcuni aspetti applicativi di non univoca interpretazione, soprattutto per quel che concerne l’assenza di una specifica previsione legislativa sul regime transitorio dal vecchio al nuovo regime. In particolare, gli AA. si riferiscono al trattamento da riservare alle riprese di valore sui crediti sorti ante 2013 già oggetto di svalutazioni non dedotte in forza del previgente regime IRAP. Infatti, come noto, il legislatore, nel modificare l’art. 6, D.Lgs. n. 446/1997, aveva
stabilito un regime transitorio che prevedeva la decorrenza delle nuove disposizioni a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2013, escludendo, di fatto, le rettifiche/riprese di valore che assurgono a meri riassorbimenti di precedenti valutazioni (effettuate ante 2013) considerate allora irrilevanti ai fini del tributo regionale. La soluzione adottata dall’Agenzia delle Entrate, nella citata circolare 14/E del 2014, prevede che le suddette rettifiche/riprese non rilevanti ai fini IRAP prima del 2013 concorrono alla determinazione della base imponibile al momento della cessione dei crediti in questione, così come accadeva in passato, mentre le rettifiche/riprese di valore rilevate a conto economico a partire dal 2013 concorrono a formare il valore della produzione secondo le nuove disposizioni della legge di stabilità 2014, riducendo o incrementando il valore fiscale dei crediti stessi. Tale soluzione, volta a non riconoscere alle rivalutazioni di crediti post 2013 una funzione di riassorbimento dei pregressi disallineamenti del valore dei crediti sorti ante 2013, non appare del tutto coerente sul piano sistematico. La principale conseguenza che scaturisce da una tale impostazione è, infatti, la doppia tassazione di un medesimo valore: una prima volta, come svalutazione non dedotta in passato ed una seconda volta a seguito della rilevanza IRAP della ripresa di valore che riassorbe proprio tale svalutazione. Infine, gli AA. fanno notare che un ulteriore aspetto critico che emerge dalla posizione assunta dall’Agenzia consiste nel fatto che resterebbero fuori tutte le altre vicende che possono incidere in maniera definitiva (al pari delle cessioni) sulla sorte del credito stesso. E’ il caso, ad esempio, in cui il credito, venga incassato integralmente poiché, in tal caso, si avrebbe l’effetto di penalizzare il comparto bancario con una doppia tassazione non più recuperabile in futuro. (EF)
Giurisprudenza
Commissioni tributarie di merito
IRAP – Transfer pricing – Rettifiche – Si applicano dal periodo d’imposta 2014.
Comm. Trib. prov. di Reggio Xxxxxx, sez. III 19 novembre 2014, n. 510, in Corr. Trib. 3/2015, pag. 196.
In forza di una sua lettura costituzionalmente orientata, è applicabile solo agli anni d’imposta successivi al 2013 l’art. 1, comma 281, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), secondo cui la disciplina prevista in materia di prezzi di trasferimento deve intendersi applicabile alla determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP anche per i periodi d’imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.
VARIE
Dottrina
“Trust, abuso del diritto ed agevolazione fiscali” di X. XXXXXXX, in Trusts e att. Fid. 1/2015, pag. 22.
L’applicazione del divieto di abuso del diritto elaborato dalla Suprema Corte (quale strumento giuridico in forza del quale il contribuente non può trarre indebiti vantaggi fiscali derivanti da un uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustificano l’operazione, diversa dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale) alla fattispecie di trust risulta piuttosto problematica, perché necessita di una valutazione caso per caso che non può riguardare esclusivamente la astratta funzione del trust istituito, ma che deve anche considerare la finalità enunciata nell’atto istitutivo alla luce delle ulteriori previsioni negoziali e delle circostanze concrete.
Fondamentale è quindi la valutazione concreta della dinamica negoziale del trust e l’analisi degli effetti che si mirano ad ottenere con esso e che non sarebbero ottenibili attraverso gli altri istituti del nostro ordinamento.
In questo senso se il trust è correttamente costruito da un punto di vista civilistico ed è volto a perseguire un interesse che il sistema considera meritevole, l’eventuale vantaggio fiscale non potrà considerarsi abusivo, come nel caso esaminato di un trust autodichiarato, in cui la coincidenza tra disponente e trustee risulta funzionale alla realizzazione dell’interesse perseguito. (EM)
Prassi Amministrativa
Varie – Legge di stabilità 2015 – Decreto semplificazioni (D.Lgs. 175/2014) – Xxxxxxxxxxx interpretativi relativi a quesiti posti in occasione degli eventi con la stampa specializzata.
Circ. Agenzia delle Entrate 19 febbraio 2015, n. 6/E, nel sito web xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx.
L’Agenzia ha formalizzato, come di prassi, in una circolare le risposte fornite alla stampa specializzata.
Si segnalano tra i principali chiarimenti quelli riguardanti:
- la tassazione degli utili percepiti dagli enti non commerciali: la riduzione dal 95 % al 22,26% della quota esclusa da tassazione dei dividendi percepiti dagli enti non commerciali riguarda sia gli utili percepiti nella sfera istituzionale sia gli utili percepiti nell’ambito dell’eventuale attività commerciale esercitata in via non prevalente;
- la decorrenza e gli effetti derivanti dalla modifica della disciplina sulle società in perdita sistematica: l’estensione da 3 a 5 periodi di imposte del periodo di osservazione opera solo dal periodo d’imposta 2014, quindi da questo periodo assumerà rilevanza il periodo d’osservazione quinquennale;
- regime di “split paymen:”.non trova applicazione in relazione alle operazioni assoggettate a regimi speciali che non prevedono l’evidenza dell’imposta in fattura e che ne dispongono l’assolvimento secondo regole proprie;
- nuovo ravvedimento operoso: è ammesso anche per le violazioni commesse antecedente al 2015, sempre che non sia già stato notificato l’accertamento
Giurisprudenza
Tribunali
Trust liquidatorio – Istituito da una società in stato d’insolvenza – Nullità.
Trib. di Milano, 17 gennaio 2015, n. 818, nel sito web xxx.xxxxxxx.xx.
Il tribunale ha dichiarato nullo l’atto di istituzione di un trust liquidatorio, operato da una società in stato di insolvenza.
Il trust istituito dalla società insolvente è un mezzo illecito di sottrazione del patrimonio della società alle norme imperative in materia di procedure concorsuali. Violando norme imperative il trust è nullo.
Dottrina
XXXXXXX X., XXXXXXX A., “Legge di stabilità 2015: nuovi criteri per identificare le imprese black list”
(TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Accordi internazionali – Redditi transnazionali CFC) Pag. 13
ASCOLI D., MONTAGNA L., “Recenti arresti giurisprudenziali in materia di stabile organizzazione occulta””
(REDDITI DI IMPRESA) “ 00
XXXXXXX X., XXXXX X., “Rettifiche e riprese di valore dei crediti verso la clientela operate dalle banche”
(IRAP) “ 27
XXXXXX X., “Elusione, evasione, confusione e abuso del diritto nell’applicazione di norme di favore”
(ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) “ 1
CANNAVALE X. XXXX X., “<<Transfer pricing>>disconosciuto il rigetto automatico delle società in perdita nelle analisi di <<benchmarck>>”
(IRES) “ 15
CONTE X., “La (ir)rilevanza penale delle condotte elusive/abusive e il reato di dichiarazione infedele: una lettera critica alla luce dei principi della delega fiscale e della loro attuazione”
(ELUSIONE) “ 11
XXXXXXXX GUERRA R., “La riforma del ravvedimento operoso: dal controllo repressivo alla promozione della “compliance””
(VIOLAZIONI E SANZIONI) “ 11
GALLO F., “Brevi considerazioni sulla definizione di abuso del diritto e sul nuovo regime del cd. adempimento collaborativo”
(ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) “ 2
XXXXXXX X., “Diritti del beneficiario di trust e imposizione sul reddito”
(REDDITI DI CAPITALE) “ 17
LA ROSA S., “L’accertamento tributario antielusivo: profili procedimentali e processuali”
(ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) “ 3
LAVAZZA L., XXXXXXX A., “Verso una maggiore differenzazione tra stabile organizzazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA?”
(REDDITI DI IMPRESA) “ 19
“MANGUSO G., “Dal decreto “Sblocca Italia” un incentivo all’adozione del regime fiscale delle SIIQ”
(IRES) “ 16
XXXXXXXXXX X., MAISTO F., “Piani di “stock option” dei soggetti IAS/IFRS: aspetti problematici”
(REDDITI DI IMPRESA) “ 20
XXXXX X., “Abuso del diritto distinto dalle fattispecie di evasione”
(ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) “ 4
ROLLE X., “Legge di stabilità: quali prospettive per CFC e costi <<black list>>(
(TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Accordi internazionali – Redditi transnazionali CFC) “ 13
XXXXX X., COALOA F.T., “IVA di gruppo: profili di criticità in attesa del recepimento della normativa comunitaria”
(IVA) “ 23
XXXXX l., FICAI G., “Regime IVA applicabile alla gestione di fondi comuni di investimento alternativi”
(IVA) Pag. 24
XXXXXXXXXXX X., “Costituzione di vincoli di destinazione nel caso di disponente anche beneficiario”
(SUCCESSIONI E DONAZIONI) “ 25
XXXXXXXXXXX M., “La tassazione dei dividendi percepiti dal trust”
(REDDITI DI CAPITALE) “ 17
XXXXXXX X., “Trust, abuso del diritto ed agevolazione fiscale” “
(VARIE) “ 00
XXXXXXXXX X., XXXXXXXXX A., “I versamenti e i finanziamenti dei soci alla luce del nuovo OIC 28”
(REDDITI DI IMPRESA) “ 20
Prassi Amministrativa
Circ. Agenzia delle Entrate 13 febbraio 2015, n. 2/E
(REDDITI DI LAVORO DIPENDENTE) “ 22
Ris. Agenzia delle Entrate 16 febbraio 2015, n. 16/E
(REDDITI DI CAPITALE) “ 18
Xxxx. Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxx 00 febbraio 2015, n. 6
(VARIE) “ 29
Xxxx. Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxx 0 marzo 2015, n. 9/E
(ACCORDI INTERNAZIONALI (Principi e norme generali) “ 7
Xxxx. Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxx 00 marzo 2015, n. 10/E
(ACCORDI INTERNAZIONALI (Principi e norme generali) “ 9
Giurisprudenza
Corte di Giustizia UE
12 febbraio 2015, n. 662/13
(IVA) “ 24
Tribunali
Trib. di Milano, 17 gennaio 2015, n. 818.
(VARIE) “ 00
Xxxxx xx Xxxxxxxxxx
Xxxx., sez. trib. 2 luglio 2014, n. 15059
(IVA) “ 24
Xxxx., sez. trib. 19 settembre 2014, n. 19750
(CONTENZIOSO TRIBUTARIO – Commissioni tributarie) “ 12
Xxxx., sez. trib. 15 ottobre 2014, n. 21734 (TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Dichiarazione dei redditi) | Pag. 14 |
Xxxx., sez. trib. 15 ottobre 2014, n. 21794 (ELUSIONE) | “ 11 |
Xxxx., sez. trib. 22 ottobre 2014, n. 22400 (CONTENZIOSO TRIBUTARIO – Commissioni tributarie) | “ 13 |
Xxxx., sez. trib. 5 novembre 2014, n. 23628 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 5 |
Cass., sez. VI-T 11 novembre 2014, n. 24027 (ELUSIONE) | “ 11 |
Xxxx., sez. trib. 3 dicembre 2014, n. 25563 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 5 |
Xxxx., sez. trib. 5 dicembre 2014, n. 25758 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 6 |
Xxxx., sez. trib. 18 dicembre 2014, n. 26848 (TRIBUTI ERARIALI DIRETTI: Dichiarazione dei redditi) | “ 14 |
Xxxx., sez. trib. 19 dicembre 2014, n. 27087. (REDDITI DI IMPRESA) | “ 21 |
Xxxx., sez. trib. 23 dicembre 2014, n. 27311 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 6 |
Xxxx., sez. trib. 9 gennaio 2015, n. 174 (AGEVOLAZIONI ED ESENZIONI) | “ 10 |
Xxxx., sez. trib. 14 gennaio 2015, n. 406 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 6 |
Xxxx., sez. trib. 14 gennaio 2015, n. 439 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 6 |
Xxxx., sez. trib.21 gennaio 2015, n. 991 (IRES) | “ 16 |
Cass., pen. 23 gennaio 2015, n. 3307. (ACCORDI INTERNAZIONALI (Principi e norme generali) | “ 10 |
Xxxx., sez. trib. 25 marzo 2015, n. 5976 (IRES) | “ 17 |
Cass., sez. VI civ. 4 febbraio 2015, n. 3735 (SUCCESSIONI E DONAZIONI) | “ 26 |
Xxxx., sez. trib. 4 febbraio 2015, n. 3737 (SUCCESSIONI E DONAZIONI) | “ 26 |
Xxxx., sez. trib. 18 marzo 2015, n. 5322 (SUCCESSIONI E DONAZIONI) | “ 26 |
Commissioni tributarie di merito | |
Comm. Trib. prov. di Torino, 5 febbraio 2014, n. 311/11/14. (IPOTECARIE E CATASTALI (Imposte) | Pag. 23 |
Comm., trib. prov. di Milano, sez. V 18 febbraio 2014 (REGISTRO (Imposta di)) | “ 25 |
Comm. Trib. prov. di Perugia 19 giugno 2014, n. 470/2/14. (SUCCESSIONI E DONAZIONI) | “ 26 |
Comm. Trib. reg. di Firenze, 22 settembre 2014, n. 1702 (SUCCESSIONI E DONAZIONI) | “ 27 |
Comm. Trib. reg. di Milano, 21 ottobre 2014, n. 5447/2014 (REDDITI DI IMPRESA) | “ 21 |
Comm. Trib. prov. di Genova, 27 ottobre 2014, n. 2030/12/14. | “ 1 |
Comm. Trib. prov. di Bergamo 29 ottobre 2014, n. 759/8/14 (FINANZA E TRIBUTI LOCALI) | “ 27 |
Comm. Trib. prov. di Reggio Emilia, sez. III 19 novembre 0000, x. 000. (XXXX) | “ 28 |
Comm. Trib. prov. di Campobasso, 2 dicembre 2014, n. 881 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 7 |
Comm. Trib. prov. di Mantova 3 dicembre 2014, n. 350 (ACCERTAMENTO: Principi e norme generali) | “ 7 |