Avv. Renato D'Isa
c.
Il contratto d’appalto
Avv. Xxxxxx X'Xxx
9 / 0 3 / 2 0 1 5
S t u d i o l e g a l e D ’ I s a
Rassegna giurisprudenziale e dottrinaria sul contratto d’appalto
Normativa di riferimento Codice civile
– Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti –
Capo VII – dell’appalto – 1655 – 1677
L. n. 1369/1960
D.P.R. n. 380/2001 – Testo unico edilizia
D.L. n. 276/2003
D.Lgs. n. 163/2006 – Codice degli appalti pubblici
D.L. 233/2006
L. n. 248/2006
D.Lgs. n. 81/2008
D.P.R. n. 207/2010
D.L. n. 5/2012 L. n. 134/2012 D.L. n. 69/2013
D.Lgs. n. 175/2014
T e l / f a x
+ 3 9 0 8 1 8 7 7 4 8 4 2
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Sommario
A) INTRODUZIONE – pag. 2
B) NATURA DEL CONTRATTO – pag. 5
C) LA CAUSA ED OGGETTO – pag. 13
1) CAUSA – pag. 13
2) OGGETTO – pag. 14
A) La prestazione dell’appaltatore – pag. 14
B) Appalto di somministrazione – pag. 18
C) Responsabilità solidale fiscale (abrogata) e la responsabilità solidale retributivo- previdenziale – pag. 22
D) I caratteri principali della prestazione dell’appaltatore – pag. 30
D) LA RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’APPALTATORE – pag. 37
1) Responsabilità comune nei confronti del committente – pag. 37
2) Responsabilità contrattuale speciale verso il committente – pag. 39
A) Difformità e vizi dell’opera – pag. 44
B) Contenuto della garanzia per difformità e vizi – pag. 48
C) Prescrizione e decadenza – pag. 62
3) Responsabilità speciale per gli immobili di lunga durata – pag. 64
4) Responsabilità per danni arrecati a terzi – pag. 84
E) LA PRESTAZIONE DELL’APPALTANTE – pag. 92
1) Il corrispettivo in denaro – pag. 92
2) Revisione del prezzo – pag. 94
3) Difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili – pag. 99
4) L’obbligo di cooperazione – pag. 100
5) Consegna dei lavori – pag. 101
6) L’obbligazione di fornire il materiale – pag. 101
F) L’ESECUZIONE DELL’APPALTO – pag. 103
1) Controllo – pag. 100
2) Verifica in corso d’opera – pag. 112
3) Variazioni al progetto – pag. 116
4) Verifica – pag. 122
5) Collaudo – pag. 126
6) L’accettazione – pag. 127
7) Pagamento del prezzo – pag. 132
8) La Consegna – pag. 133
9) Passaggio della proprietà – pag. 131
G) IL SUBAPPALTO – pag. 137
H) L’ESTINZIONE DELL’APPALTO – pag. 145
1) Il recesso – pag. 141
2) La risoluzione per inadempimento – pag. 155
3) Morte dell’appaltatore – pag. 157
4) Fallimento di una delle parti – pag. 158
I) FIGURE AFFINI – pag. 160
1) La compravendita – pag. 160
2) Il contratto d’opera – pag. 171
3) Il mandato – pag. 174
4) La somministrazione – pag. 174
5) Il trasporto – pag. 175
6) Contratto d’albergo ed appalto di servizi – pag. 173
Introduzione,
pag. 3
A) INTRODUZIONE
Il presente saggio non ambisce al rango di trattazione completa del tema del contratto d’appalto ma rappresenta, con collegamenti ipertestuali, da un lato una approfondita sintesi degli orientamenti giurisprudenziali e dall’altro una sintesi delle teorie dottrinarie inerenti.
Il tutto senza peccare di alcuna pretesa di esaustività ma con la consapevolezza di dare atto solo degli interventi giurisprudenziali più importanti e di fornire spunti interpretativi.
Fatta questa necessaria premessa, ebbene il contratto d’appalto, (dal latino medievale appaltum, forse dal latino ad pactum a contratto) è un contratto tipico, disciplinato all’interno del codice civile al capo VI del titolo III del libro IV, attraverso il quale ex art. 1655
art. 1655 c.c. nozione
l’appalto è il contratto col quale una parte [appaltatore] assume [A] con organizzazione di mezzi necessari e [B] con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro commissionatogli dall’altra [appaltante o committente].
Le caratteristiche | |||
Prestazione di lavoro diretta ad uno specifico scopo | L’autonomia dell’appaltatore | L’esistenza di un’organizzazione |
ll contratto di appalto, rappresentando uno degli schemi contrattuali tipici ancora in auge, è largamente utilizzato nella pratica per la costruzione di immobili e per la fornitura di servizi di assistenza, consulenza, vigilanza.
Appalto pubblico
Con riferimento ai contratti conclusi con enti pubblici o enti che svolgono servizi pubblici, è intervenuto il D. Lgs. n. 163/2006, il cosiddetto Codice dei Contratti pubblici ed il suo regolamento di esecuzione e attuazione, il D.P.R. n. 207/2010, con una disciplina ad integrazione delle norme codicistiche.
Tale saggio è opportuno precisare non tratterà tale materia, ma solo con rapidi richiami.
La natura giuridica è pur sempre quella di un contratto di diritto privato perché l’Amministrazione non assume la veste di Autorità, ma quella di contraente; non possiede, infatti, alcun mezzo giuridico autoritativo idoneo a costruire il rapporto di appalto senza o contro la volontà dell’appaltatore.
L’appalto pubblico è regolato oltre che dalle disposizione del codice civile, anche da numerose leggi e regolamenti i quali danno luogo ad una normativa vasta e non sempre organica.
Diversa dall’appalto pubblico è la concessione di un pubblico servizio perché l’autorità in questi casi interviene nell’esercizio della sua attività d’imperio e la materia che ne forma oggetto è di natura pubblica (si pensi alle concessioni di linee ferroviarie, di servizi telefonici, ecc.).
B)
NATURA DEL CONTRATTO
Natura del contratto,
pag. 5
Per autorevole dottrina 1 è un contratto a forma libera tipicamente oneroso e quindi a prestazioni corrispettive, non necessariamente intuitus personae.
Riassumendo, secondo parte della dottrina ed in forza di alcune pronunce della S.C., schematicamente si può affermare che è un contratto:
1) Tipicamente oneroso
Come risulta dall’art. 1655 c.c., il quale prevede che il committente è tenuto a dare all’appaltatore un corrispettivo in denaro, ma la mancata determinazione del corrispettivo non è causa di nullità del contratto di appalto e non è nemmeno elemento decisivo per escludere che il contratto si sia perfezionato, posto che tale corrispettivo può essere ricavato dalle tariffe esistenti, ovvero dagli usi, ed in mancanza può essere determinato dal giudice 2.
2) Commutativo
Nell’appalto non sussiste l’elemento del rischio perché le prestazioni delle due parti sono, fin dal momento della conclusione del contratto, determinate o almeno determinabili in base a criteri prestabiliti e non dipendono da eventi futuri ed incerti.
Per gli ermellini il contratto di appalto presuppone che l’imprenditore abbia una organizzazione di mezzi e di persone destinati a realizzare a suo rischio un’opera complessa per conto del committente, il che si verifica sia nell’ipotesi in cui è rimessa all’appaltatore tutta l’attività occorrente per la esecuzione dell’opera, ivi compreso il reperimento e l’apprestamento dei
1 Gazzoni
2 Corte di Cassazione, 12-1-72, n. 87
materiali, sia nella ipotesi in cui è devoluta allo stesso la sola attività consistente nella messa in opera degli elementi costruttivi secondo i dettami della tecnica, in quanto la configurazione del contratto di appalto è esclusa soltanto se il committente fornisce anche gli strumenti e i mezzi meccanici che servono alla costruzione, o organizza direttamente il personale da impiegare, ovvero sottopone l’esecuzione dell’opera a suoi ordini continuativi e minuti. Non manca, invece, il requisito del rischio quando si pattuisce il corrispettivo commisurandolo all’impiego autonomo dei mezzi e del personale che concorrono a formare una organizzazione imprenditoriale ai fini costruttivi. Infatti, il rischio va ravvisato nel fatto che, nonostante l’applicazione delle tariffe, possa aversi da parte dell’imprenditore un impiego della propria organizzazione che non viene coperto dall’ammontare del corrispettivo che così risulta 3.
Infatti, con altra pronuncia 4 è stato precisato che il rischio o pericolo che l’appaltatore assume nel compimento dell’opera o del servizio, non è quello inteso in senso tecnico-giuridico, relativo, cioè, ai casi fortuiti, ma quello cosiddetto economico, che deriva dall’impossibilità di stabilire previamente ed esattamente i costi relativi, per cui l’appaltatore, che non ha il potere di interrompere i lavori per l’aumentata onerosità degli stessi, potrà anche perdere nell’affare se i costi si riveleranno superiori al corrispettivo pattuito, salve le modificazioni consentite in presenza di determinate circostanze e realizzabili col rimedio della revisione dei prezzi.
Inoltre, come si avrà modo di specifcare più in avanti, la deroga alla disciplina dell’art. 1664 c.c.5 (onerosità o difficoltà dell’esecuzione) nel cosiddetto appalto a forfait non comporta alcuna alterazione della struttura o
3 Corte di Cassazione, 20-7-79, n. 4339
4 Corte di Cassazione, 3-7-79, n. 3754
5 Xxx.xxx.xx E) La prestazione dell’appaltante, punto 2) Revisione del prezzo, pag. 94
della funzione dell’appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo, pur così ulteriormente allargato, esorbiti dall’alea normale di questo tipo contrattuale.
3) Normalmente ad esecuzione prolungata
Con questa espressione parte della dottrina 6 intende riferirsi a quella categoria negoziale nella quale ogni atto di esecuzione di uno dei contraenti (nel nostro caso dell’appaltatore) non soddisfa, come avviene per i contratti di durata, una corrispondente parte dell’interesse dell’altro contraente (nel nostro caso del committente) perché questo interesse non viene soddisfatto di volta in volta, ma soltanto con l’atto finale d’esecuzione (nel nostro caso con il compimento e la consegna dell’opera).
Per la S.C. 7 l’appalto, anche nei casi in cui la sua esecuzione si protragga nel tempo, e fatte salve le ipotesi in cui le prestazioni in esso dedotte attengano a servizi o manutenzioni periodiche, non può considerarsi un contratto ad esecuzione continuata o periodica e, pertanto, non si sottrae, in caso di risoluzione, alla regola generale, dettata dall’art. 1458 cc., della piena retroattività di tutti gli effetti, anche in ordine alle prestazioni già eseguite. Conseguentemente, una volta pronunciata la risoluzione del contratto, in forza della operatività retroattiva di essa, stabilita dall’art. 1458 cc., si verifica per ciascuno dei contraenti ed indipendentemente dall’imputabilità dell’inadempienza, rilevante ad altri fini, una totale restituito in integrum e, pertanto, tutti gli effetti del contratto vengono meno e con essi tutti i diritti che ne sarebbero derivati e che si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti stessi.
6 Rubino – Xxxxxx – Cagnasso
7 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 21 giugno 2013 n. 15711. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 21 giugno 2013 n. 15711
4) Di risultato
È noto e fermo l’orientamento della Cassazione 8 secondo cui l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo 9. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.
5) Normalmente a forma libera
È a forma libera – le parti, quindi, possono concluderlo anche oralmente, manifestando la volontà in modo espresso o tacito, anche se, evidentemente, la mancanza della forma scritta crea non pochi problemi in ordine alla prova qualora sorgano controversie tra committente e appaltatore.
Per la Cassazione il contratto d'appalto 10 non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, nè ad
8 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 15093 del 17 giugno 2013. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 15093 del 17 giugno 2013, Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx x. 0000/00; conformi, ex pluribus, Cassazione, sentenze nn. 7515/05,10550/01, 5099/95 e 821/83.
9 cfr. xxx.xx D) La responsabilità civile dell’appaltatore, punto 2) La
responsabilità contrattuale speciale verso il committente, pag. 37
10 Corte di Cassazione, I, sent. 22616 del 26-10-2009, conforme Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, sentenza 19 settembre 2014, n. 19821. Il contratto di appalto non è soggetto a rigore di forme e, pertanto, per la sua stipulazione, non è richiesta la forma
substantiam, nè ad probationem, potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia; ne consegue la rilevanza della prova testimoniale, dedotta con riguardo all'effettiva esecuzione delle prestazioni per il cui corrispettivo la parte, in quanto creditrice, chieda l'ammissione al passivo della procedura di fallimento.
Eccezioni al principio della forma libera si hanno negli appalti per la costruzione di navi o aeromobili e negli appalti pubblici.
È stato affermato 11 che devono avere ai sensi dell’art. 1350 n. 1, la forma scritta anche i contratti di appalto per la costruzione di immobili qualora il suolo sia di proprietà dell’appaltatore.
Inoltre, quando nell’appalto si seguono le regole della gara d’appalto, le relative clausole costituiscono parte integrante del contratto, difatti la Cassazione 12 ha affermato che nell’appalto privato aggiudicato mediante gara, le clausole attinenti allo svolgimento del rapporto (nella specie, relative ai tempi ed alle modalità di pagamento del corrispettivo), che siano contenute nel bando della gara medesima, costituiscono parte integrante, salvo espressa disposizione in senso contrario, del contratto stipulato con il vincitore della gara; tale contratto, infatti, configura il momento terminale di una fattispecie negoziale a formazione successiva, che si apre con il predetto bando, in ordine al quale l’appaltatore ha gia manifestato il suo assenso con la partecipazione alla gara.
6) Consensuale
L’appalto è un tipico contratto consensuale e si perfeziona, perciò, con il semplice accordo delle parti secondo la normativa stabilita dagli artt. 1326 e seg. c.c.
scritta, nè ad substantiam, nè ad probationem, potendo dunque essere concluso anche per facta concludentia .
11 Rubino
12 Corte di Cassazione, 20-1-76, n. 160
7) Ad effetti obbligatori
Dall’appalto deriva a carico di entrambe le parti il dovere di eseguire una prestazione, ma non anche, di regola, il trasferimento o la costituzione di un diritto reale:
l’appaltatore ha l’obbligo di eseguire l’opera o il servizio;
il committente ha l’obbligo di pagare il corrispettivo in denaro.
8) Intuitus personae
Anche se tale natura è discussa:
A) i sostenitori 13 della teoria positiva si basano soprattutto sulla norma contenuta nell’art. 1656 c.c., secondo la quale l’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio senza l’autorizzazione del committente.
B) I sostenitori della teoria negatrice 14 si basano, invece, sull’art. 1674 c.c., il quale consente che l’appalto continui nei confronti degli eredi dell’appaltatore.
È preferibile 15 una teoria intermedia secondo la quale l’infungibilità riguarda non la persona fisica dell’appaltatore, ma l’impresa cui l’appaltatore fa capo, tenuto conto soprattutto dell’organizzazione tecnica.
13 Xxxxxxxxxxxx – Xxxxxx
14 per tutti Mirabelli
15 Rubino – Xxxxxxxxx – Xxxxxxxx – Xxxxxxx
▪ Responsabilità precontrattuale
Anche nell’ambito del contratto d’appalto è possibile una responsabilità precontrattuale di cui agli artt. 1337 e ss. 16.
Si ricorda 17 che integrata la responsabilità precontrattuale, é necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l’altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilità, interrompa le trattative senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell’ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistano fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.
La verifica della ricorrenza di tutti questi elementi, risolvendosi in accertamento di fatto, é demandato al giudice di merito ed é incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato 18.
16 Per una maggiore consultazione sulla responsabilità precontrattuale aprire il seguente collegamento on-line Le trattative ed il contratto preliminare
17 Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 13 giugno 2014, n. 13507. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 13 giugno 2014, n. 00000, Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, sentenze nn. 4802/013, 7768/07, 11438/04
18 Corte di Cassazione, sentenza n. 11438/04
▪ Clausola Penale
È possibile, logicamente, al fine di determinare in capo ad uno o ad ambedue i contraenti, pressioni psichiche al fine dell’esatto adempimento della prestazione o delle prestazioni risultanti dal contratto, la previsione di una clausola penale 19, soprattutto in merito al termine della consegna dell’opera.
Per la S.C. 20 in tema di contratto, la pattuizione di una clausola penale è compatibile con la previsione di un termine non essenziale per l'adempimento della prestazione, in conseguenza della diversa funzione ed operatività nel rapporto contrattuale, atteso che, mentre il termine riguarda il momento in cui l'obbligazione deve essere adempiuta, cioè l'attualità dell'adempimento, la clausola penale si configura come mezzo di rafforzamento del vincolo contrattuale sul diverso e successivo piano degli effetti dell'eventuale inadempimento, concretando una anticipata liquidazione convenzionale del danno, indipendentemente dalla prova della sua effettiva esistenza.
19 Per unamaggiore consultazione sulla clausola penale aprire il seguente collegamento on- line Il rafforzamento degli effetti del contratto; 1) la clausola penale; 2) la caparra confirmatoria; 3) la caparra penitenziale
20 Corte di Cassazione, II, sent. 4779 del 4-3-2005. Nella specie, è stato ritenuto dovuto il pagamento della clausola penale pattuita per il ritardo nell'esecuzione dell'appalto, nonostante la natura non essenziale del termine stabilito per la consegna dell'opera
La Causa e l’oggetto,
pag. 13
C) LA CAUSA ED OGGETTO
1) La causa
Consiste nello scambio di un’opera o di un servizio con un corrispondente pecuniario.
È dunque una causa tipicamente onerosa, perché ognuna delle parti subisce un sacrificio patrimoniale per procurarsi il vantaggio che le deriva dal contratto.
Ma, la mancata determinazione del corrispettivo non è causa di nullità del contratto di appalto e non è nemmeno elemento decisivo per escludere che il contratto si sia perfezionato, posto che tale corrispettivo può essere ricavato dalle tariffe esistenti, ovvero dagli usi, ed in mancanza può essere determinato dal giudice 21.
Si avrà un contratto innominato qualora in cambio del denaro sarà corrisposto un bene diverso (ristrutturerai il mio palazzo è in cambio ci potrai abitare per 10 anni).
Altra ipotesi di contratto innominato si ha quando il corrispettivo sia costituito da un dare.
Nel caso di appalto gratuito – l’opera o il servizio vengono compiuti gratuitamente –
A) secondo alcuni 22 ricorre la figura della donazione obbligatoria nella quale l’attribuzione patrimoniale da parte del donante è costituita dalla prestazione caratteristica dell’appalto; questa affermazione deve, però
21 Corte di Cassazione, 12-1-72, n. 87
22 Xxxxxx – Rubino
adeguarsi alla tesi della dottrina prevalente, secondo cui le prestazioni di fare o non fare non possono formare oggetto di donazione, la cui causa consiste nel depauperamento del donante e nel correlativo arricchimento del donatario e non nella semplice omissio adquirendi che dà luogo ad un negozio gratuito ma non donativo.
B) Si può, pertanto, in definitiva affermare 23 che nel caso del c.d. appalto gratuito si ha un negozio atipico e, precisamente, una liberalità non donativa ma, limitatamente alla parte nella quale vi sia tanto l’arricchimento del committente quanto il correlativo impoverimento dell’appaltatore.
2) L’Oggetto
A) La prestazione dell’appaltatore
1) un’opera – elaborazione della materia, creando o modificando cose e, al limite, anche distruggendole –
▪ Appalto di costruzione: creazione di un prodotto finito
▪ Appalto di ricostruzione: sostituzione di una cosa nuova ad altra già esistente, della quale possono essere utilizzati i materiali.
▪ Appalto di riparazione: provvedere a guasti o a danneggiamenti di una cosa che rimane invariata e non perde la sua naturale destinazione (es. manutenzione di una strada).
▪ Appalto di demolizione: distruzione di un’opera esistente alla quale non segue la creazione di un’opera nuova.
23 Capozzi
2) un servizio – quando l’attività sia volta a produrre un’utilità o a soddisfare un determinato interesse del committente senza elaborazione di materia.
Come ad esempio –
▪ Catering: servizio di ristorazione, là dove l’appalto convive con la somministrazione;
▪ Contratto di viaggi o tour operetor: appalto di servizi ed obbliga a procurare una un insieme di servizi comprendenti il trasporto, il soggiorno o qualunque altro servizio che ad essi si riferisca;
▪ Contratto di pubblicità: appalto misto al mandato
Per la Cassazione, con ultimo arresto 24, oggetto del contratto di appalto è il risultato di un facere (anche se comprensivo di un dare) che può concretarsi sia nel compimento di un’opera che di un servizio che l’appaltatore assume verso il committente dietro corrispettivo, mentre oggetto del contratto di vendita è il trasferimento di un bene a cui può essere connessa un’obbligazione di fare, cioè, l’obbligazione di mettere in opera il bene venduto.
Nel contratto di appalto vi è un fare che può essere comprensivo di un dare, mentre nel contratto di compravendita vi è un dare che può comportare anche un fare. Pertanto, sono sempre da considerarsi contratti di vendita (e non di appalto) i contratti concernenti la fornitura ed eventualmente anche la posa in opera qualora l’assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e dei materiali di
24 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 17 gennaio 2014, n. 872. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 17 gennaio 2014, n. 872
che trattasi, salvo, ovviamente, che le clausole contrattuali obbligano l’assuntore degli indicati lavori a realizzare un quid novi rispetto alla normale serie produttiva, perché in questo caso dovrebbe ritenersi prevalente l’obbligazione di facere, in quanto si configurano elementi peculiari del contratto di appalto e, precisamente, l’intuitus personae e l’assunzione del rischio economico da parte dell’appaltatore. Qualora, invece, l’assuntore dei lavori non è né il fabbricatore, né il rivenditore del bene da installare o mettere in opera, l’attività di installazione di un bene svolta dal prestatore, risultando autonoma rispetto a quella di produzione e vendita, identifica o rinvia ad un contratto di appalto, dato che la materia viene in considerazione quale strumento per la realizzazione di un’opera o per la prestazione di un servizio.
Come di regola, l’oggetto della prestazione deve essere determinato o determinabile a pena di nullità ex art. 1346 e seg. c.c.
In merito si sottolinea, a mente di una recente pronuncia della Cassazione 25 che il contratto di appalto per la costruzione di un immobile
25 Corte di Cassazione, Sezione II civile, Sentenza 9 ottobre 2014, n. 21350, conforme Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 16 aprile 2014, n. 8890; il contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia è nullo, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c. , avendo un oggetto illecito per violazione delle norme imperative in materia urbanistica, con la conseguenza che tale nullità, una volta verificatasi, impedisce sin dall'origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri e ne impedisce anche la convalida ai sensi dell'art. 1423 c.c., onde l'appaltatore non può pretendere, in forza del contratto nullo, il corrispettivo dovuto, senza che rilevi l'ignoranza del mancato rilascio della concessione edilizia, che non può ritenersi scusabile per la grave colpa del contraente, il quale, con l'ordinaria diligenza, ben avrebbe potuto avere conoscenza della reale situazione, incombendo anche sul costruttore, ai sensi dell'art. 6 della legge 28/2/1985, n. 47, l'obbligo giuridico del rispetto della normativa sulle concessioni. Così anche Tribunale Roma, Sezione XI civile, sentenza 18 giugno 2013, n. 13289; è nullo, per illiceità dell'oggetto, il contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un'opera non ancora assentita da concessione edilizia all'epoca della sua realizzazione. Tale vizio, rilevabile d'ufficio anche in presenza di un giudizio promosso per ottenere la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento, una volta determinatosi, impedisce sin
senza concessione edilizia è nullo, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., avendo un oggetto illecito, per violazione delle norme imperative in materia urbanistica, con la conseguenza che tale nullità, una volta verificatasi, impedisce sin dall’origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri e ne impedisce anche la convalida ai sensi dell’art. 1423 c.c.
Il rigore di tale principio è tuttavia stato mitigato dall’orientamento giurisprudenziale 26 secondo il quale l’illiceità del contratto di appalto è ravvisabile solo ove esso sia, di fatto, eseguito in carenza di concessione e non pure per il solo fatto che quest’ultima sia rilasciata dopo la data della stipulazione del contratto, di appalto, ma prima della realizzazione dell’opera, posto che non sarebbe conforme alla mens legis la sanzione di nullità irrogata per un contratto il cui adempimento sia stato intenzionalmente posposto al previo ottenimento della concessione o autorizzazione richiesta, con una condotta, quindi, aderente al precetto normativo, potendosi il contratto stesso, considerare sospensivamente condizionato, in forza di presupposizione, al previo ottenimento dell’atto amministrativo, mancante al momento della relativa stipulazione
dall'origine al contratto di esplicare i propri effetti. Nel descritto contesto, poiché l'eventuale ignoranza delle parti non può comunque ritenersi scusabile, attesa la possibilità di verificare, con la ordinaria diligenza, la reale situazione da un punto di vista amministrativo, diventa irrilevante accertare le rispettive responsabilità in ordine al mancato rilascio della concessione, trattandosi di un elemento privo del carattere della decisività. Nel caso concreto, all'accertata nullità del contratto di appalto non può, dunque, che conseguire la reiezione di tutte le domande avanzate da parte attrice.
26 Corte di Cassazione, I, sent. 3913 del 18-2-2009. L'illiceità del contratto di appalto per la costruzione di un immobile senza concessione edilizia sussiste solo qualora l'appalto sia eseguito in carenza di concessione, e non anche nel caso in cui la concessione sia rilasciata dopo la data di stipula ma, comunque, prima della realizzazione dell'opera, non essendo conforme alla mens legis la sanzione di nullità comminata ad un contratto il cui adempimento, in ossequio al precetto normativo, sia stato intenzionalmente posposto al previo ottenimento della concessione o autorizzazione richiesta, e potendosi tale contratto considerare sospensivamente condizionato, in forza di presupposizione, al previo ottenimento dell'atto amministrativo mancante al momento della stipulazione.
B) Appalto di somministrazione
art. 1677 c.c. prestazione continuativa o periodica di servizi
se l’appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle relative al contratto di somministrazione 27.
▪ Differenza tra appalto e somministrazione di lavoro
Nel corso degli anni si sviluppata una forte esegesi sulle differenze tra le figure dell’appalto e la somministrazione di lavoro.
Spesso può accadere che per l’esecuzione dell’opera (o del servizio) sia necessario assegnare dei lavoratori per impiegarli in un sito o in un’unità produttiva gestita dal committente e quindi nasce la necessità di distinguere questa ipotesi da quella tipica della somministrazione di lavoro.
Per quanto riguarda l’appalto di servizi con il Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276 – attuazione delle deleghe in materia di occupazione
27 Per una maggiore consultazione sul contratto di somministrazione aprire il seguente collegamento on-line Il contratto di somministrazione ex artt 1559 e ss c.c.
e mercato del lavoro – di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 oltre ad un importante intervento in merito alla garanzia dei lavoratori, è stata posta una pietra miliare (si spera definitiva) sulla distinzione tra le due figure; ovvero all’art. 29 (e le successive modifiche ) è stato previsto che:
1. Ai fini dell'applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell'articolo 1655 del c.c., si distingue dalla somministrazione di lavoro per l'organizzazione dei mezzi necessari da parte dell'appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio dedotti in contratto, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell'appalto, nonché per l'assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d'impresa.
2. Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti.
In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento. Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali
subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori. Il committente che ha eseguito il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.
3. L'acquisizione del personale già impiegato nell'appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d'appalto, non costituisce trasferimento d'azienda o di parte d'azienda.
3-bis. Quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'articolo 414 del c.p.c., notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'articolo 27, comma II.
3-ter. Xxxxx restando quando previsto dagli articoli 18 e 19, le disposizioni di cui al comma II non trovano applicazione qualora il committente sia una persona fisica che non esercita attività di impresa o professionale.
Con tale intervento si può agevolmente notare il deciso mutamento di prospettiva, in merito alla differenza delle due figura appalto di servizio e somministrazione, rispetto all'art. 1, comma III, della legge n. 1369/1960, per cui il capitale perde la centralità del passato, in favore dell'esercizio dei poteri datoriali sui lavoratori impiegati nell'appalto, mentre la rilevanza dell'elemento del rischio d'impresa resta immutato.
Con la conseguenza che la distinzione tra le due figure non si fonda più esclusivamente sull'impiego dei macchinari, bensì sull'individuazione del reale datore di lavoro:
- se il potere direttivo risulta concretamente in capo all'appaltatore si ha appalto;
- ove, all'opposto risulti in capo al committente si riscontra un'ipotesi di somministrazione di lavoro, che tuttavia, per essere lecita, deve essere preventivamente autorizzata dal Ministero del lavoro ai sensi dell'art. 4 del D.lgs n. 276 cit.
Quanto all'aspetto del rischio d'impresa, pure richiesto dall'art. 29, D.lgs n. 276 cit., ai fini della liceità dell'appalto, l'appaltatore deve assumere una precisa obbligazione di risultato, come il compimento di un'opera o l'erogazione di un servizio ben determinati, e non un'obbligazione di mezzi quale sarebbe la mera messa a disposizione del proprio personale a favore della stazione appaltante, con pieno inserimento dei lavoratori nell'organizzazione aziendale di quest'ultima.
Quindi, l'esercizio, da parte dell'appaltatore, dei poteri datoriali sul personale occupato nell'esecuzione dell'opera o del servizio è condizione necessaria ma non sufficiente per integrare un appalto lecito.
Infatti, è comunque necessaria anche l'assunzione del rischio d'impresa da parte dell'affidatario dei lavori che comporta la possibilità che l'appaltatore non sia remunerato per l'attività espletata.
Sia l'art. 1655 x.x. xxx xx xxxxxx xxx. 00 xxx xxxxxxx Biagi, del resto, non lasciano dubbi in tal senso.
In difetto dei requisiti sopra richiamati, non si può parlare di appalto, bensì di somministrazione abusiva, con la ricorrenza di tutte le conseguenze di natura penale (art. 18, Dlgs n. 276/2003) ove la relativa attività non fosse autorizzata dal Ministero del lavoro ai sensi dell'art. 4, D.lgs n. 276.
La Cassazione 28 di recente ha ribadito quali sono gli elementi decisivi, ai fini della distinzione tra appalto e somministrazione di manodopera, a seguito del Dlgs n. 276/2003 cd. riforma Biagi del mercato del lavoro, ovvero: ai fini della distinzione tra appalto e somministrazione di manodopera, assume particolare significato l'autonomia gestionale dell'appaltatore nell'esecuzione dei lavori. In caso di insussistenza di tale elemento, è integrata la fattispecie penale di cui all'art. 18 del Dlgs n. 276/ 2003 (somministrazione abusiva), ove si riscontri anche la mancanza di autorizzazione di cui all'art. 4 del medesimo Dlgs n. 276.
C) Responsabilità solidale fiscale (abrogata) e la responsabilità solidale retributivo-previdenziale
All’interno esclusivamente dell’appalto (e del subappalto), si ricorda che il Legislatore ha previsto 2 tipi di responsabilità:
1) responsabilità solidale fiscale introdotta, in origine, dal D.L. 233/2006, conv. con modif. dalla L. 4.8.2006, n. 248, come modificata dall'art. 13-ter D.L. 22.6.2012, n. 83, conv. con modif. dalla L. 7.8.2012, n. 134, dal D.L. 21.6.2013, n. 69 ed infine, abrogata, con l’art. 28, D.Lgs. 21.11.2014, n. 175 ;
2) responsabilità solidale retributivo-previdenziale, ex art. 29, D.Lgs. 10.9.2003, n. 276.
28 Corte di cassazione, sez. III penale, sentenza 26 marzo 2013, n. 14087, Ai fini della distinzione tra appalto e somministrazione di manodopera, assume particolare significato l'autonomia gestionale dell'appaltatore nell'esecuzione dei lavori. In caso di insussistenza di tale elemento, è integrata la fattispecie penale di cui all'art. 18 del Dlgs n. 276/ 2003 (somministrazione abusiva), ove si riscontri anche la mancanza di autorizzazione di cui all'art. 4 del medesimo Dlgs n. 276
1) Responsabilità solidale fiscale
Il testo originario contenuto nel D.L. 4.7.2006, n. 223, conv. con modif. dalla L. 4.8.2006, n. 248, ha subito svariate modifiche.
Prima delle modifiche del D.L. 21.6.2013, n. 69 (cd. «Decreto del Fare»), il testo così recitava: In caso di appalto di opere o di servizi, l’appaltatore risponde in solido con il supabbaltatore, nei limiti dell’ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all’erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all’erario in relazione alla prestazioni effettuate nell’ambito del rapporto di subappalto.
Un primo intervento semi-abrogativo è avvenuto con l’art. 50, D.L. 21.6.2013, n. 69, rubricato Modifiche alla disciplina della responsabilità fiscale negli appalti .
Con il D.L. 21.6.2013, n. 69 (cd. decreto del fare), il Governo ha modificato la responsabilità solidale fiscale introdotta dall'art. 13-ter, D.L. 22.6.2012, n. 83, conv. con modif. dalla L. 7.8.2012, n. 134.
L’ultima demolizione alla responsabilità fiscale è avvenuta con il recente D.Lgs. 21.11.2014, n. 175, pubblicato nella G.U. il 28.11.2014.
Con l’art. 28, D.Lgs. 21.11.2014, n. 175, pubblicato nella G.U. n. 277 del 28.11.2014, il Legislatore, ha deciso l’abrogazione totale della responsabilità solidale fiscale negli appalti così come introdotta dall’art. 13- ter, D.L. 22.6.2012, n. 83, conv. con modif. dalla L. 7.8.2012, n. 134.
Dopo che con il D.L. 69/2013 è stata abrogata la responsabilità solidale sull’Iva, con decorrenza 13.12.2014 viene meno anche la responsabilità solidale sulle ritenute d’acconto da lavoro dipendente.
Con tale intervento, pertanto, è possibile affermare che:
per i pagamenti da effettuare sino al 12.12.2014 compreso è pienamente vigente la responsabilità fiscale sulle ritenute da lavoro dipendente;
per i pagamenti da effettuate dal 13.12.2014 in poi la responsabilità fiscale è stata totalmente abrogata.
2) La Responsabilità retributivo-previdenziale
Con il recente intervento normativo il Legislatore, come già scritto, si è marginalmente occupato anche dalla responsabilità solidale disciplinata dall’art. 29, D.Lgs. 276/2003.
Ai sensi di tale norma il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di 2 anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali ed i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.
In base al testo attualmente in vigore contenuto nell'art. 29, D.Lgs. 276/2003, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i
premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.
Viene così a coesistere un doppio regime di tutela che – stante il diverso oggetto ed il diverso ambito di applicazione degli strumenti azionabili
– rafforza la posizione del lavoratore interessato, il quale può indifferentemente far ricorso ad entrambe le azioni per ottenere la soddisfazione del proprio credito.
In specie, si sottolinea, che la natura solidale dell'obbligazione posta in capo al committente dalla norma lavoristica (co. 2, art. 29 del d.lgs. n. 276/2003) – finanche oltre, si osserva, le intenzioni del legislatore delegante
– la differenzia dall'obbligazione che grava sull'appaltatore in forza della previsione codicistica e ciò esclude la sovrapposizione degli ambiti di applicazione delle due norme.
Un ulteriore vincolo di solidarietà per le retribuzioni dei lavoratori è contenuto nell'art. 1676 c.c.
Tale articolo definisce l'operatività della responsabilità del committente in ordine al pagamento diretto e non surrogato a favore dei lavoratori entro il limite di quanto è loro dovuto dall'appaltatore relativamente alle quote di retribuzione maturate nell'esecuzione dell'appalto.
art. 1676 c.c. diritti degli ausiliari dell’appaltatore verso il committente
coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla
concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda [trattasi secondo la dottrina unanime di
un’azione speciale che, pur rientrando nel vasto quadro della sostituzione in senso ampio, non va confusa con la comune azione surrogatoria ex art. 2900, perché il dipendente può far valere direttamente il proprio credito facendosi attribuire quanto dovutogli e non deve, secondo il sistema della surrogatoria, far rientrare le somme dovute dal committente nel patrimonio del suo immediato debitore – l’appaltatore – per poi soddisfarsi contro quest’ultimo]
Secondo ultima sentenza di merito 29 la responsabilità solidale prevista dall'art. 1676 c.c. riguarda solo il committente nei confronti dell'appaltatore (esclusi i subappaltatori); si applica a tutti i datori di lavoro, comprese le persone fisiche; si estende solo ai dipendenti impiegati nell'appalto, esclusi i lavoratori autonomi; è prevista fino a concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui si propone la domanda e non prevede un limite di tempo specifico entro cui attivare tale responsabilità solidale. Orbene, dalla lettura dell'art. 1676 c.c. si evince la funzione di garanzia generale, seppur limitata, a tutela del credito dei lavoratori subordinati impiegati negli appalti. Ed infatti, la pretesa creditoria potrà essere fatta valere dai lavoratori per il tramite della disciplina codicistica.
In tema, corre l’obbligo di segnalare le modifiche apportate dall'art. 21, Dl n. 5/2012 all'art. 29, comma II, Dlgs n. 276/2003, le quali
29 Tribunale Bari, Sezione L civile, sentenza 20 gennaio 2014, n. 337. Nella fattispecie, allorché poteva essere vantato un credito nei confronti della committente, esso doveva essere distinto per ratei riferiti a quel periodo di lavoro, allegazione omessa dal ricorrente. In definitiva, non era possibile comprendere dall'allegazione difensiva se il t.f.r. preteso fosse riferito a tutto il rapporto intercorso con il committente ovvero solo a parte di esso; in ogni caso, non sussisteva il credito dell'appaltatore verso il committente in relazione al compimento dell'opera o del servizio commissionatigli, trattandosi di credito non certo ma litigioso, non accertato ed oggetto di attuale verifica giudiziale. Conseguentemente, la domanda, come proposta, è stata rigettata
hanno specificato meglio i vincoli di solidarietà nel caso di appalto di opere o di servizi.
Anche i contributi previdenziali e i premi assicurativi sono dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, ma resta escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento.
In merito, poi, all’applicabilità dell’art. 29 ai contratti pubblici, fortemente dibattuta, altro ultimo intervento della S.C. 30 ha specificato che per i contratti pubblici di appalto relativi a lavori, servizi e forniture, in caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni o dei contributi dovuti al personale dipendente dell'esecutore o del subappaltatore, i lavoratori devono avvalersi degli speciali strumenti di tutela previsti dal codice di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, le cui modalità di utilizzazione sono determinate, in particolare, dagli artt. 4 (per i contributi) e 5 (per le retribuzioni) del X.X.X. 0 xxxxxxx 0000, x. 000 (xxxxxxx il regolamento di esecuzione ed attuazione del suddetto codice).
Ne consegue, che alla suddetta fattispecie non è applicabile l'art. 29, comma 2 del D.Lgs. n. 276/2003, come del resto stabilito dal precedente art. 1, comma 2, che esclude che il decreto stesso sia applicabile "per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale" e come, di recente, ha confermato l'art. 9 del D.L. 28 giugno 2013, n. 76 (convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 99). Viceversa in caso di mancata utilizzazione da parte dei lavoratori degli strumenti previsti dalla suindicata normativa speciale, è possibile fare ricorso, in via residuale, alla tutela di cui all'art. 1676 c.c., applicabile anche ai contratti di appalto con le pubbliche amministrazioni.
Con una sentenza che costituisce la prima pronuncia di legittimità sul tema specifico, la Cassazione fornisce la sua soluzione interpretativa alla
30 Corte di Cassazione, sez. lav., 7 luglio 2014, n. 15432
questione (già dibattuta in sede di merito e in ambito dottrinale) dell'applicabilità alle stazioni appaltanti pubbliche delle modalità di attuazione della responsabilità solidale a carico del committente per le omissioni o i ritardi nell'adempimento degli obblighi retributivi o contributivi che riguardano posizione del lavoratore dipendente dell'appaltatore, previste dall'art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 273/2003.
Infatti, altra sentenza della Corte d’Appello di Genova 31 la solidarietà tra committente e appaltatore di cui all'art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 è applicabili alle pubbliche amministrazioni, difatti, ai fini dell’applicazione della solidarietà, di cui all’art. 29, D.Lgs. n. 276/2003 non si distingue tra committente pubblico e committente privato né tra contratto pubblico di appalto di servizi (D.Lgs. n. 163/2006) e contratto di appalto di diritto comune (artt. 1655 e ss. c.c.), né per escluderla può invocarsi la norma di cui all’art. 1, comma II° del medesimo decreto che disporrebbe la sua non applicabilità per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale, in quanto tale norma, in ossequio ad una interpretazione costituzionalmente orientata, va letta alla luce delle previsioni della legge delega n. 30/2003 che, all’art. 6, individua i casi di non applicabilità della stessa legge delega.
In defeinitiva, gli elementi dell'azione di cui all’art. 29 sono, dunque,
1) l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di un soggetto che, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, esercita un'attività diretta al compimento di un'opera o di un servizio nei confronti di un determinato committente verso un corrispettivo;
00 Xxxxx x'Xxxxxxx Xxxxxx, Sezione L civile, sentenza 8 aprile 2014, n. 152
2) l'esecuzione della prestazione lavorativa per il compimento di quella particolare opera o di quello specifico servizio commissionati da quel determinato committente.
3) Xxxxxxx, occorre l'esistenza di un credito di lavoro in capo ai suddetti lavoratori, inadempiuto da parte dell'appaltatore-datore di lavoro e, contestualmente, l'esistenza di un credito dell'appaltatore verso il committente in relazione all'esecuzione dell'opera o del servizio commissionatigli.
Qualora ricorrano tutti questi elementi, la legge prevede che i lavoratori, mediante l'esercizio di un'azione contro il committente, possano conseguire direttamente da quest'ultimo la minor somma fra quella che è loro dovuta in conseguenza del rapporto di lavoro e quella che è dovuta all'appaltatore dal medesimo committente in relazione al contratto di appalto stipulato dalle parti.
Dal giorno in cui è proposta la domanda (che non è necessariamente quella giudiziale) e fino a quello del definitivo pagamento, all'iniziale rapporto di credito fra l'appaltatore ed il committente si affianca un nuovo e connesso rapporto, quello fra gli ausiliari dell'appaltatore e il committente.
Il committente, pertanto, diventa, per espressa volontà della legge, diretto debitore dei lavoratori in aggiunta all'appaltatore-datore di lavoro, unico originario debitore.
La ratio della disposizione di legge è quella di garantire agli ausiliari dell'appaltatore, proprio in relazione ad un'attività lavorativa prestata per l'esecuzione dell'opera o del servizio appaltati al loro datore di lavoro, il pagamento della retribuzione dovuta per quella determinata attività, in modo da sottrarre il soddisfacimento del relativo diritto al rischio dell'insolvenza del debitore.
In tal caso il giudice deve accertare la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore. L'eccezione può essere sollevata anche se l'appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell'appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che esegue il pagamento può esercitare l'azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.
Pertanto, laddove venga accertata la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, l'azione esecutiva nei confronti del committente potrà essere intentata solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori.
A questa impostazione, l’art. 28, co. 2, D.Lgs. 175/2014, ha aggiunto che il committente che ha eseguito il pagamento è tenuto, se previsto, ad assolvere gli obblighi del sostituto d’imposta.
D) I caratteri principali della prestazione dell’appaltatore
È un’obbligazione di risultato –
perché l’interesse del committente è diretto non certo al comportamento dell’appaltatore, ma alla compiuta realizzazione dell’opera o del servizio.
È una prestazione di fare –
e l’eventuale accessoria prestazione di dare ha normalmente una funzione meramente strumentale.
Non è necessario che l’appaltatore esegua personalmente i lavori, potendo egli servirsi, nell’esecuzione, della collaborazione di altri soggetti.
È una prestazione indivisibile –
è più precisamente una prestazione soggettivamente indivisibile, perché ha per oggetto un bene (l’opera o il servizio) non suscettibile di divisione per il modo in cui è stato considerato dalle parti contraenti, anche nei casi in cui sia oggettivamente possibile in frazionamento.
È un’obbligazione da eseguirsi in regime di autonomia –
come risulta dalla nozione data dall’art. 1655 c.c., all’appaltatore compete l’organizzazione dei mezzi necessari al compimento dell’opera o del servizio e la gestione dell’impresa a proprio rischio. Da ciò deriva che egli, nell’esecuzione del suo lavoro, gode di una sfera più o meno ampia di autonomia, nel senso che il suo lavoro ed il conseguimento del risultato sono sottratti alla subordinazione verso il committente.
Ma se l’autonomia relativa alla gestione economica dell’impresa è assoluta, quella tecnica, è invece, limitata in particolare dagli artt. 1661 e 1662 c.c., i quali prevedono il potere del committente di apportare, entro certi limiti, variazioni al progetto originario e di controllare lo svolgimento dei lavori.
É necessario che l'appaltatore goda di un certo grado di autonomia nella esecuzione, di modo che il committente non sia chiamato a rispondere verso i terzi dell'esecuzione delle opere de quibus, salvo l'ipotesi in cui sia possibile configurare in capo al committente una culpa in eligendo .
Rebus sic stantibus, è evidente che laddove l'appaltatore esegua l'opera o il
servizio sotto la diretta direzione del committente, senza alcun margine di autonomia e correlativo rischio d'impresa, assumendo, cioè, la qualifica di nudus minister, si assiste a una snaturazione del contratto di appalto, il
quale, per taluni 32 potrebbe essere assimilato ad un rapporto di lavoro subordinato ovvero, per altri33 a una forma di appalto a regia.
Per la Cassazione 34 nel cosiddetto appalto «a regia», il controllo esercitato dal committente sull'esecuzione dei lavori esula dai normali poteri di verifica ed è così penetrante da privare l'appaltatore di ogni margine di autonomia, riducendolo a strumento passivo dell'iniziativa del committente, sì da giustificarne l'esonero da responsabilità per difetti dell'opera, una volta provato che abbia assunto il ruolo di «nudus minister» del committente.
Appalto a regia
non è pertanto appalto in senso tecnico; in base al quale l’appaltatore è un
nudus minister e si differenzia in:
a) regia semplice esegue un’opera sotto la direzione del committente che gli corrisponde una somma fissa
b) regia cointeressata una percentuale sul valore dell’opera.
Le modalità di esecuzione –
A) ex art. 1375 c.c. il contratto deve essere eseguito secondo buona fede;
B) ex art. 1662, II comma, c.c. la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte;
32 Ruperto
33 Vaccà – Gramiccia – Rabaglietti
34 Corte di Cassazione, II, sent. 2752 del 11-2-2005. Nella specie la S.C ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto configurabile l'appalto a regia sulla base delle clausole contrattuali, che prevedevano l'obbligo dell'appaltante di fornire tutte le attrezzature e i materiali d'uso, l'esecuzione sotto la direzione esclusiva dell'impresa appaltante e del personale da essa incaricato, la previsione, quale oggetto del contratto, soltanto di prestazioni di manodopera, con contabilizzazione a parte dei lavori a giornata, sfiorando la fattispecie delittuosa di cui alla legge n. 1369/60 sul divieto di intermediazione ed interposizione di lavoro
C) ex art. 1667, c.c. l’appaltatore è tenuto alla garanzia per la difformità e i vizi dell’opera.
Quanto al luogo – bisogna distinguere
1) quello in cui l’appalto deve essere eseguito da quello
2) in cui l’opera deve essere consegnata –
A) Negli appalti immobiliari –
▪ l’indicazione del luogo in cui l’appalto deve essere eseguito non può evidentemente mancare, altrimenti il contratto deve considerarsi nullo per indeterminatezza assoluta dell’oggetto, in quanto non si può certo ritenere che l’appaltatore sia libero di costruire l’edifico dove preferisca;
▪ il luogo della consegna coinciderà con quello dell’esecuzione, salva l’ipotesi che le parti stabiliscano che la consegna sia simbolica e non reale.
B) Negli appalti mobiliari –
▪ non è necessario indicare il luogo dell’esecuzione perché, se non è stabilito diversamente dalle parti, esso è rimesso alla discrezionalità dell’appaltatore (art. 1182 I comma, c.c., in quanto dipende dalla natura della prestazione);
▪ in quanto al luogo della consegna, troverà applicazione, in mancanza di un’espressa normativa in tema di appalto, l’art. 1182, I comma e IV comma c.c.
Per la S.C. 35 l’obbligazione di pagamento del corrispettivo dell’appalto deve essere adempiuta a norma dell’art. 1182, terzo comma, c.c., al domicilio del creditore.
Quanto al tempo – che non costituisce elemento essenziale dell’appalto, troveranno applicazione, nel caso di mancata previsione nel contratto, le regole contenute nell’art. 1183 c.c.
Proroga del termine finale
E’ riconosciuta all’appaltatore quando il termine non è stato rispettato a causa di variazioni apportate al progetto in corso d’opera ovvero a circostanze ed eventi sopravvenuti non imputabili, come gli eventi naturali (pioggia, terremoto, epidemie ecc. ecc.)
Obbligo di fornire i materiali –
art. 1658 c.c. fornitura della materia
la materia necessaria a compiere l’opera deve essere fornita dall’appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla convenzione o dagli usi.
Sul punto è necessario chiarire, come ha avuto modo di fare la Cassazione 36, la responsabilità dell’appaltatore per i difetti dell’opera, in caso di sua accettazione senza riserve dei materiali forniti dal committente, sussiste anche nell’ipotesi in cui i predetti materiali, sebbene nè difettosi nè inadatti, richiedano tuttavia per la loro corretta utilizzazione l’osservanza di una particolare procedura, il cui eventuale apprendimento è a carico
35 Corte di Cassazione, 9-10-71, n. 2822
36 Corte di Cassazione, Sezione II civile, sentenza 23 giugno 2014, n. 14220
dell’appaltatore stesso ed è esigibile al pari del possesso delle ordinarie nozioni dell’arte.
Obbligo di custodia e detenzione
qualora i materiali siano forniti dal committente, l’appaltatore ha tra i suoi obblighi accessori quelli di custodirli dal momento in cui gli sono consegnati fino al momento in cui li impiega nell’opera.
Quest’obbligo si basa sulla funzione stressa del contratto di appalto, in quanto la custodia dei materiali è inscindibilmente legato, sotto il profilo strumentale, all’obbligazione primaria di compiere l’opera
Obbligo d’indagine sulla natura e consistenza del suolo
Difatti secondo la S.C.37 l’indagine sulla natura e consistenza del suolo sul quale deve essere realizzato un fabbricato non rientra nell’attività di direzione dei lavori, che consiste nella verifica — concretantesi in un’attività intellettuale esplicata mediante visite periodiche e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa e nella emanazione delle disposizioni necessarie alla esecuzione dell’opera — della conformità dell’opera stessa al progetto e alle indicazioni del committente. La predetta indagine, implicante una
37 Corte di Cassazione, 7-9-2000, n. 11783, inoltre per altra sentenza Corte di Cassazione, II, sent. 5632 del 18-4-2002; nell’appalto per la costruzione di un edificio, l’indagine sulla natura e la consistenza del suolo edificatorio rientra nei compiti dell’appaltatore, ove manchi una diversa previsione contrattuale; in tale situazione, pertanto, i difetti della costruzione, derivanti da vizi ed inidoneità del suolo, comportano la responsabilità dello stesso. Nel caso, poi, in cui l’appaltatore abbia svolto anche i compiti di ingegnere progettista e di direttore dei lavori, l’obbligo di diligenza è ancora più rigoroso ed in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio (come, nella specie, risorgenza della falda idrica in caso di eventi meteorici) deve eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi.
specifica attività conoscitiva da svolgersi con l’uso di particolari mezzi tecnici, spetta all’appaltatore, quale soggetto obbligato a realizzare l’opera commessagli mettendo a disposizione la propria organizzazione, e che, pertanto, risponde dei vizi della costruzione dipendenti dal cedimento delle fondazioni dovuto alle caratteristiche geologiche del suolo. In solido con l’appaltatore risponderà, ove risulti che i predetti vizi dipendano da una progettazione inadeguata alle predette condizioni geologiche del terreno, anche il progettista.
D) LA RESPONSABILITÀ CIVILE DELL’APPALTATORE
La responsabilità civile dell’appaltatore,
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1) Responsabilità comune nei confronti del committente
troveranno, perciò, applicazione i rimedi generali per l’inadempimento:
▪ risoluzione per inadempimento – artt. 1453 e ss., c.c.38 –
▪ esecuzione forzata degli obblighi di fare (ex art. 2931 c.c.) –
▪ inadempimento parziale determina la risoluzione totale – con dispensa dall’obbligo di pagamento del prezzo, ma naturalmente, non potrà ottenere la parte dell’opera eseguite che resta all’appaltatore.
Le disposizioni speciali in tema di inadempimento del contratto di appalto (artt. 1667, 1668, 1669 c.c.) integrano, ma non escludono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, che sono applicabili quando non ricorrano i presupposti delle norme speciali, nel senso che la comune
38 Per una maggiore consultazione sulla risoluzione, aprire il seguente collegamento on- line La Risoluzione
responsabilità dell’appaltatore ex art. 1453 e 1455 c.c. sorge allorquando egli non esegue integralmente l’opera o, se l’ha eseguita, si rifiuta di consegnarla o vi procede con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilità dell’appaltatore inerente alla garanzia per vizi o difformità dell’opera, previste dagli artt. 1667 e 1668 c.c., ricorre quando il suddetto ha consegnato un’opera completa ma affetta da vizi o non conforme e così ha violato le prescrizioni pattuite per l’esecuzione dell’opera o le regole imposte dalla tecnica. Pertanto, in caso di omesso completamento dell’opera (anche se questa, per la parte eseguita, risulti difettosa o difforme), non è consentito, al fine di accertare la responsabilità dell’appaltatore, per inesatto adempimento, far ricorso alla disciplina della suindicata garanzia, che richiede necessariamente il totale compimento dell’opera 39.
Un caso particolare riguarda la costruzione immobiliare su suolo del committente, perché l’opera nasce direttamente di proprietà di quest’ultimo, che ne acquista la titolarità per accessione 40 a titolo originario, via via che i materiali vengono incorporati al suolo (art. 934 c.c.).
Se, ad es., l’appaltatore costruisce soltanto lo scheletro della villa appaltata, il committente potrà richiedere la risoluzione totale del contratto
39 Corte di Cassazione, 15-12-90, n. 11950
40 Per una maggiore consultazione sull’accessione aprire il seguente collegamento on-line
per inadempimento e, perciò, non dovrà, pagare il prezzo, ma non dovrà restituire la parte dell’opera eseguita, ormai divenuta sua per accessione.
Infatti, come disciplinato in una pronuncia di merito 41, nel contratto di appalto il committente può rifiutare l'adempimento parziale oppure accettarlo, secondo la propria convenienza per cui, nel caso in cui la parziale o inesatta esecuzione sia tale da giustificare la risoluzione, ciò non impedisce al committente di trattenere la parte del manufatto realizzato e provvedere direttamente al completamente e all'eliminazione degli eventuali difetti riscontrati, chiedendo successivamente al Giudice l'accertamento del diritto al risarcimento dei danni. Tale pretesa risarcitoria ben può tradursi nella riduzione del prezzo convenuto, in ragione sia del valore del manufatto, che dell'ammontare delle spese sostenute per portare a compimento l'opera.
2) Responsabilità contrattuale speciale verso il committente
L’obbligazione principale consiste nel compimento dell’opera secondo le modalità e le condizioni dedotte all’interno del contratto, nonché secondo la cd. regola d’arte.
La regola d’arte è un concetto, spesso inserito nei capitolati speciali, volutamente generico: rifugge infatti da puntuali prescrizioni, in quanto deve adeguarsi allo sviluppo raggiunto dalle capacità tecniche e scientifiche in un certo momento storico, in cui appunto l’appaltatore è chiamato a eseguire l’opera. L’esecuzione di quest’ultima a regola d’arte, peraltro, si richiama ai noti canoni della diligenza, prudenza e perizia che accompagnano il contenuto di qualunque prestazione obbligatoria. In capo all’appaltatore gravano particolari responsabilità di cui agli artt. 1667, 1668 e 1669 c.c. (si tratta,
41 Tribunale Xxxxxxx, xxxxxx, xxxxxxxx 00 luglio 2013, n. 1011
come si avrà modo di leggere, della garanzia per difformità e vizi e per rovina e difetti di immobili) che formano l’oggetto delle obbligazioni di garanzia cui questi è tenuto nei confronti del committente.
Per la Cassazione 42 la responsabilità propria dell’appaltatore, in relazione allo speciale contenuto delle obbligazioni nascenti a suo carico dal contratto di appalto, sussiste anche nell’ipotesi in cui la sua sfera di autonomia e discrezionalità venga limitata dal controllo e dall’ingerenza del committente e dalle istruzioni dal medesimo impartite, direttamente o tramite il direttore dei lavori, tale sfera di autonomia dovendosi ritenere esclusa nel solo caso in cui ingerenza ed istruzioni abbiano una continuità ed una analiticità tali da elidere, nell’esecutore, ogni facoltà di vaglio, di guisa che il rapporto di appalto si trasforma, ipso facto, in un rapporto di lavoro subordinato.
Pertanto, l’autonomia e la responsabilità dell’appaltatore nell’esecuzione dell’opera non vengono meno per il solo fatto che egli abbia ottemperato a specifiche richieste o a direttive del committente, sia perché tale circostanza non è idonea a trasformarlo in nudus minister di quest’ultimo, sia perché egli, comunque, non è tenuto a seguire supinamente direttive che importino lesioni di diritti assoluti dei terzi, ai quali non può opporre di aver cagionato il danno nella esecuzione degli obblighi contrattuali assunti verso il committente.
Inoltre 43, il principio, secondo cui l’appaltatore, anche quando sia chiamato a realizzare un progetto altrui sotto il controllo e la vigilanza di un tecnico designato dal committente (e salvo il caso eccezionale di esclusione
42 Corte di Cassazione, II, sent. 1154 del 29-1-2002
43 Corte di Cassazione, 23-4-97, n. 3520; Nella specie la S.C. ha annullato la sentenza impugnata che aveva escluso la responsabilità dell’appaltatore per la realizzazione di locali destinati a magazzino per i quali era stata omessa la necessaria impermeabilizzazione del pavimento e delle pareti laterali, poggianti contro il terreno
contrattuale di ogni suo potere di iniziativa e valutazione critica), è tenuto non solo ad eseguire a regola d’arte il progetto a cui è chiamato a dare esecuzione, ma anche a controllare, con la diligenza richiesta dal caso concreto e nei limiti delle cognizioni tecniche da lui esigibili, la congruità e completezza dello stesso, segnalando al committente gli eventuali errori riscontrati, trova applicazione anche quando l’errore progettuale consiste nella mancata previsione di accorgimenti o manufatti necessari per rendere le opere appaltate tecnicamente valide e funzionali rispetto alle esigenze del committente.
Ancora, per la stessa Corte di Legittimità 44 l’appaltatore, anche quando sia chiamato a realizzare un progetto altrui, è sempre tenuto a rispettare le regole dell’arte ed è soggetto a responsabilità anche in caso di ingerenza del committente.
Ne consegue che la responsabilità dell’appaltatore, con il conseguente obbligo risarcitorio, non viene meno neppure in caso di vizi imputabili ad errori di progettazione o direzione dei lavori se egli, accortosi del vizio, non lo abbia tempestivamente denunziato al committente manifestando formalmente il proprio dissenso, ovvero non abbia rilevato i vizi pur potendo e dovendo riconoscerli in relazione alla perizia ed alla capacità tecnica da lui esigibili nel caso concreto.
44 Corte di Cassazione, II, sent. 8813 del 30-5-2003
▪ Per quanto riguarda la natura giuridica di tale responsabilità
1) la prima opinione 45 si basa sulla lettera della legge, interpretandola nel senso che l’appaltatore è tenuto a sopportare le spese necessarie per eliminare le difformità o i vizi anche se non siano imputabili a sua colpa, la quale è richiesta soltanto per l’eventuale risarcimento del danno.
2) Prevale nettamente sia in dottrina 46 che in giurisprudenza 47 la seconda opinione per la quale la fattispecie in esame non è altro se non un’ipotesi di responsabilità contrattuale per inadempimento, sia pure con numerose particolarità, come vedremo, rispetto alle regole comuni.
La colpa dell’appaltatore si presume fino a prova contraria.
45 Xxxxxxx – Greco – Corte di Cassazione, sentenza del 9.11.1960, n. 2980
46 Rubino – Albano – Xxxxxx – Xxxxxxxxxxxx
47 È noto e fermo l’orientamento della Cassazione secondo cui l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori. Data, dunque, la responsabilità dell’appaltatore anche per i difetti del progetto che egli non abbia rilevato o in ordine ai quale non abbia espressamente manifestato il proprio dissenso, è del tutto irrilevante ogni questione circa la partecipazione o non dell’appaltatore alla redazione del progetto stesso. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 15093 del 17 giugno 2013, Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx x. 0000/00; conformi, ex pluribus, Cassazione, sentenze nn. 7515/05,10550/01, 5099/95 e 821/83
Secondo una pronuncia di merito 48 in materia di appalto, in capo all'appaltatore sussiste una responsabilità di tipo contrattuale e la diligenza con la quale lo stesso è tenuto ad operare è di tipo professionale, dovendo valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata. Le obbligazioni cui è tenuto l'appaltatore sono identificate dall'art. 1655 c.c. nel compimento di un'opera verso il corrispettivo in danaro ed il committente, nei casi più gravi di inadempimento dell'appaltatore, può ottenere la risoluzione del contratto, facendo sempre salva la possibilità di chiedere il risarcimento del danno. In materia di appalto la responsabilità per i vizi e le difformità dell'opera trova applicazione soltanto nell'ipotesi in cui l'opera sia stata completata ma presenti vizi, difformità o difetti. Nel caso in cui invece, l'appaltatore non abbia portato a termine l'esecuzione dell'opera commissionata, restando inadempiente all'obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti è quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli artt. 1453 e 1455 c.c.
Bisogna, poi, distinguere
1) vizi e difformità
2) dall’inadempimento parziale
e in via approssimativa è stato affermato 49 che si ha quest’ultimo nel caso che la porzione di materiale mancante avrebbe esplicato una funzione propria, vale a dire, anche se non autonoma, pur sempre individuabile nel vasto quadro della funzione complessiva dell’intera opera; mentre si avrà vizio o difformità dell’opera quando manchi la predetta funzione (si pensi ad un edificio nella cui struttura non è stata impiegata la quantità necessaria di cemento armato).
48 Tribunale Perugia, civile, sentenza 2 ottobre 2013, n. 1262
49 Rubino
A) Difformità e vizi dell’opera 50
art. 1667 c.c. difformità e vizi dell’opera
l’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell’opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l’opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso, non
siano stati in mala fede taciuti dall’appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza , denunziare all’appaltatore le difformità o i vizi [non conosciuti o non facilmente riconoscibili] entro 60 giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della
consegna dell’opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna (att. 181).
La valutazione delle difformità o dei vizi dell’opera agli effetti della risoluzione del contratto di appalto è di natura oggettiva, ma può essere effettuata con criteri soggettivi, solo se la possibilità di un particolare impiego o di una particolare destinazione o finalità dell’opera sia stata contemplata nel negozio 51.
Allorché l'appaltatore eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all'art. 1667 c.c. per i vizi dell'opera, incombe su questi l'onere
50 Cfr. Xxx.xx F) L’esecuzione dell’appalto, punto 6) L’accettazione, pag. 131
51 Corte di Cassazione, 18-3-78, n. 1365
di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell'azione 52.
Non è necessaria una denuncia specifica ed analitica delle difformità e dei vizi dell'opera, tale da consentire l'individuazione di ogni anomalia di quest'ultima, essendo, per converso, sufficiente ad impedire la decadenza del committente dalla garanzia cui è tenuto l'appaltatore una pur sintetica indicazione delle difformità suscettibile di conservare l'azione di garanzia anche con riferimento a quei difetti accertabili, nella loro reale sussistenza, solo in un momento successive 53.
▪ Il Riconsocimento
Il riconoscimento da parte dell'appaltatore dei vizi e delle difformità dell'opera, agli effetti dell'art. 1667, secondo comma, c.c., non richiede la confessione giudiziale o stragiudiziale della sua responsabilità, né formule sacramentali e può, pertanto, manifestarsi per fatti concludenti, essendo sufficiente, affinché l'eccezione di decadenza del committente dalla garanzia per vizi possa ritenersi rinunciata e preclusa, che l'appaltatore abbia tenuto, nel corso del giudizio di primo grado, un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi di detta decadenza 54.
52 Corte di Cassazione, II, sent. 10579 del 25-6-2012. Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto non assolto l'onere del committente di provare la tempestività della denunzia di vizi riconoscibili, dovendosi tener conto dell'epoca di esecuzione delle opere, nonché della presenza di un direttore dei lavori
53 Corte di Cassazione, II, sent. 11520 del 25-5-2011. Nella specie, la S.C. ha ritenuto eccessivamente generica la denuncia di carenze nel fabbricato , in quanto non idonea a consentire di avere cognizione, sia pure in modo conciso, dei vizi riscontrati
54 Corte di Cassazione, II, sent. 2733 del 5-2-2013
La Cassazione 55 ha avuto modo di precisare che il riconoscimento dei vizi della res, da parte dell’appaltatore, oltre a rendere superflua la tempestiva denuncia da parte del committente, comporta l’assunzione di una nuova obbligazione, sempre di garanzia, diversa da quella originaria, svincolata dai termini di decadenza e soggetta al solo termine prescrizionale ordinario.
Tale risultato – con la soggezione al solo termine prescrizionale ordinario – possa essere perseguito anche senza ricorrere all’artificio giuridico della novazione della originaria obbligazione di garanzia dando seguito, anche in materia di appalto, alla giurisprudenza della medesima Corte 56 enunciata in materia di compravendita.
In questo senso, attraverso il richiamo alle regole di cui agli artt. 1176
c.c. in tema di diligenza nell’adempimento e 2058 c.c. in tema di adempimento in forma specifica, utilizzabile anche nell’ambito del contratto di appalto 57, l’impegno sostitutivo riparatorio può finire per essere ricompreso all’interno del momento funzionale del rapporto obbligatorio, con esclusione della necessità di ricorrere alla novazione dell’originario rapporto.
L’impegno dell’appaltatore – attivatosi per l’eliminazione dei vizi – non rappresenta, infatti, un quid novi con effetto estintivo/modificativo della garanzia, ma semplicemente un quid pluris che serve ad ampliarne le modalità di attuazione, nel senso di consentire al committente di essere svincolato dalle condizioni e dai termini di cui all’art. 1667 c.c., come la prescrizione biennale rispetto a quella decennale.
55 Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 aprile 2012, n. 6263. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 aprile 2012, n. 6263, (Corte di Cassazione, sentenza 10.9.2009 n. 19560; Corte di Cassazione, sentenza 16.12.2004 n. 23461; Corte di Cassazione, sentenza 27.4.2004 n. 8026; anche Corte di Cassazione, sentenza 29.9.2009 n. 20853)
56 Corte di Cassazione, sentenza 14.1.2011 n. 747
57 arg. a contrario anche da Corte di Cassazione, sentenza 18.4.2011 n. 8889
In sostanza l’appaltatore – con l’assunzione dell’attività diretta all’eliminazione dei vizi – pone in essere un comportamento finalizzato a fare ottenere al committente il risultato che egli aveva il diritto di conseguire fin dalla conclusione del contratto di appalto; ovvero il suo esatto adempimento.
Ed allora, non può ragionevolmente escludersi che il riconoscimento operoso – sia pure implicito, attraverso una condotta finalizzata ad ottenere l’esatto adempimento della prestazione ed il conseguimento del risultato per il committente – dell’appaltatore sia idoneo ad esaurire definitivamente, sul piano funzionale, una fase del rapporto fra le parti, ivi comprese le limitazioni temporali connesse con le esigenze di stabilità negoziale, con la sostituzione, agli originari termini dell’ordinaria regula iuris della prescrizione ordinaria, derivante dal nuovo assetto di interessi, diritti ed obblighi (riparazione/sostituzione) delle parti.
▪ Profili processuali della garanzia per difformità e vizi: art. 1667, xxxxx XXX, c.c.
L’art. 1667, xxxxx XXX, c.c., prevede che il committente possa far valere la garanzia che vanta nei confronti dell’appaltatore anche nelle ipotesi in cui sia convenuto in giudizio da quest’ultimo per il pagamento del corrispettivo: ciò a condizione che le difformità o i vizi de quibus siano stati denunciati nei sessanta giorni dalla loro scoperta e non siano decorsi più di due anni dalla consegna dell’opera. Sul punto va segnalata la diversità di opinioni che si registra in dottrina quanto nella giurisprudenza: taluni sostengono che la norma comprende anche la possibilità del committente di far valere la garanzia in via riconvenzionale, altri ritengono invece che la garanzia possa esercitarsi solo in via di eccezione.
A riguardo, ci si limita ad opinare che non vi sono ragioni per escludere la possibilità del committente-convenuto di far valere la garanzia in via riconvenzionale: il fatto che, anche in tale ipotesi, rimanga valido il termine di prescrizione biennale previsto per l’azione in via principale, induce a escludere che la norma de qua faccia esclusivo riferimento a una mera eccezione. Peraltro, qualora si aderisse a tale ultima prospettazione, ci si troverebbe innanzi a una superfetazione normativa: la relativa eccezione, da ricondursi al principio inadimplenti non est adimplendum, è già prevista dall’art. 1460 c.c., norma applicabile a qualsivoglia contratto con prestazioni corrispettive, dunque anche al contratto d’appalto.
É stato anche sottolineato 58 che la denuncia tempestiva dei vizi o delle difformità dell’opera costituisce una necessaria condizione dell’azione di garanzia; ma, da ciò non deriva che il giudice sia tenuto, anche in difetto di contestazione, ad accertare di ufficio l’eventuale intempestività della denuncia, poiché non può essere rilevata di ufficio, in contrasto con il disposto dell’art. 2969 c.c., una decadenza in materia non sottratta alla disponibilità delle parti.
B) Contenuto della garanzia per difformità e vizi 59
art. 1668 c.c. contenuto della garanzia per difetti dell’opera
il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell’appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore.
58 Corte di Cassazione, 29-7-75, n. 2935
59 Cfr. Xxx.xx F) L’esecuzione dell’appalto, punto 3) Variazioni al progetto, pag.
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Se però le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto (1453 c.c.).
Ai fini della risoluzione del contratto d'appalto per vizi e difetti dell'opera si richiede un inadempimento più grave (di quello richiesto secondo i principi generali), in considerazione della particolare irreversibilità dell'obbligazione posta a carico dell'appaltatore, così che la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto d'appalto è ammessa nella sola ipotesi in cui l'opera realizzata, globalmente considerata, sia assolutamente inadatta alla destinazione sua propria, in quanto affetta da vizi e difetti che incidono in misura determinante sulla struttura e funzionalità della stessa, impedendone la normale utilità.
In caso diverso, e cioè qualora i vizi ed i difetti siano facilmente e sicuramente eliminabili, il committente può solo richiedere uno dei provvedimenti previsti dal primo comma dell'art. 1668 c.c. ed il risarcimento del danno.
L’art. 1668 c.c. identifica tre distinti rimedi a tutela del committente:
1) la materiale eliminazione delle difformità o dei vizi;
2) la proporzionale riduzione del prezzo;
3) il risarcimento del danno.
Per difformità si intende una qualsivoglia deviazione che l’opera presenti rispetto a quanto previsto, in ordine al suo compiuto risultato, nel contratto; per vizi, invece, si intendono quei difetti che derivano dalla realizzazione dell’opera non a regola d’arte, ovvero con modalità inidonee a ottenere il risultato voluto e, così, indicato nel contratto.
Per quanto attiene ai vizi, in particolare, si deve distinguere tra vizi palesi e vizi occulti: la distinzione è di primario rilievo, in quanto incide sull’atteggiarsi dell’obbligo di garanzia.
Nell’ipotesi di vizi palesi cioè di vizi conosciuti o, quantomeno, riconoscibili secondo un grado di diligenza media la garanzia non è dovuta, se il committente ha scientemente accettato l’opera: ne deriva, pertanto, che i vizi palesi devono essere fatti valere al più in sede di accettazione, pena la decadenza dal relativo diritto alla garanzia.
Nell’ipotesi di vizi occulti, invece, proprio perché si è in presenza di vizi che esulano in sede di verifica e collaudo dall’ordinaria diligenza del committente, l’accettazione dell’opera non libera l’appaltatore dalla garanzia cui è tenuto 60.
Detto in altri termini in tema di garanzia nell’appalto, occorre distinguere tra vizi conosciuti o riconoscibili (c.d. apparenti) e vizi non riconoscibili (cd. occulti): l’obbligo della denuncia si riferisce soltanto ai vizi occulti, mentre quelli apparenti, o si fanno valere in sede di verifica/accettazione, o si perde il diritto alla garanzia giacché l’accettazione dell’opera senza riserve determina un fatto impeditivo al sorgere della responsabilità ex art. 1667 c.c. 61.
Per Giurisprudenza consolidata 62, poi, ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell’opera si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa, atteso che, mentre per l’art. 1668, comma II, c.c. la risoluzione può
60 Corte di Cassazione, sentenza 12 giugno 2000, n. 7969
61 Tribunale di Modena, Sez. I, 23 maggio 2012, n. 876
62 Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 18 maggio 2012, n. 7942. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 18 maggio 2012, n. 7942 in tali sensi, tra le tante, sentenze 15/5/2002 n. 7061; 29/11/2001 n. 15167; 2/8/2001 n. 10571; 4/11/1994 n. 9078; 20/9/1990 n. 9613; 4/8/1990 n. 7872
essere dichiarata soltanto se i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inidonea alla sua destinazione, l’art. 1490 c.c. 63 stabilisce che la risoluzione va pronunciata per i vizi che diminuiscano in modo apprezzabile il valore della cosa, e ciò in aderenza alla norma generale di cui all’art. 1455 c.c., secondo cui l’inadempimento non deve essere di scarsa importanza avuto riguardo all’interesse del creditore.
Pertanto, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto di appalto è ammessa nella sola ipotesi in cui l’opera, considerata nella sua unicità e complessità, sia assolutamente inadatta alla destinazione sua propria in quanto affetta da vizi che incidano in misura notevole sulla struttura e funzionalità della medesima si da impedire che essa fornisca la sua normale utilità, mentre, se i vizi e le difformità sono facilmente e sicuramente eliminabili, il committente può solo richiedere, a sua scelta, uno dei provvedimenti previsti dal primo comma dell’articolo 1668 c.c., salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell’appaltatore.
63 Per una maggiore consultazione ed approfondimento sulla garanzia per i vizi della cosa venduta si consiglia di aprire il seguente collegamento on-line La-Compravendita, Xxx.xx C) OBBLIGHI PER IL VENDITORE, Punto 3) Quella di Garantire il compratore dall’evizione e dei vizi della cosa, lettera b) Tutela particolare a favore del compratore, 2) La garanzia per i vizi
La responsabilità dell’appaltatore regolata dall’art. 1668 c.c. è stata estesa 64 anche alla mancanza di qualità (essenziali o pattuite), non essendo ipotizzabile una diversità di disciplina tra le predette ipotesi, che in egual modo concretano forme di inadempimento contrattuale dell’appaltatore.
La valutazione delle difformità o dei vizi, come già scritto, deve avvenire in base a criteri obiettivi, ossia considerando la destinazione che l’opera riceverebbe dalla generalità delle persone, mentre deve essere compiuta con criteri subiettivi quando la possibilità di un particolare impiego o di un determinato rendimento siano dedotti in contratto.
Incombe, poi, al committente l’onere probatorio in ordine alla sussistenza dei vizi dedotti a fondamento della domanda di risoluzione del contratto di appalto, mentre compete all’appaltatore addurre l’esistenza di eventuali cause che impediscano al committente di far valere il suo diritto.
Se, poi, le parti hanno chiesto utili mezzi di prova a sostegno delle rispettive tesi, il giudice deve prendere in considerazione le relative richieste qualora l’espletamento dei mezzi di prova possa fornire elementi per un più completo accertamento delle situazioni di fatto influenti sul giudizio.
È stato, infine, osservato dalla Cassazione 65 in caso di materiali acquistati dall'appaltatore presso terzi e messi in opera in esecuzione del contratto, che il committente si trova, rispetto a tali materiali, in una posizione analoga a quella dell'acquirente successivo nell'ipotesi della cd.
«vendita a catena», potendosi, conseguentemente, configurare, in suo favore, due distinte fattispecie di azioni risarcitorie: quella contrattuale (esperibile soltanto nei confronti del «venditore immediato», e cioè dell’appaltatore), in quanto, nonostante l'identità dell'oggetto e del contenuto
64 Corte di Cassazione, 25-7-92, n. 9001
65 Corte di Cassazione, II, sent. 12704 del 30-8-2002,
delle rispettive obbligazioni, ciascuna vendita conserva la propria autonomia strutturale, sicché non è consentito trasferire nei confronti dei precedenti venditori l'azione risarcitoria dell'acquirente danneggiato (ciò che legittima, poi, l'appaltatore, in quanto rivenditore ultimo, ed ogni rivenditore precedente, a rivolgersi al proprio venditore per essere tenuto indenne di quanto versato al subacquirente ove quanto dovuto a quest'ultimo debba considerarsi parte integrante del danno subito per la violazione degli obblighi contrattuali assunti dal precedente venditore nei confronti di esso venditore successivo); quella extracontrattuale, con la quale il committente - destinatario finale dei materiali è legittimato a far valere, anziché la responsabilità contrattuale dell'appaltatore (in quanto proprio venditore, o in concorso con essa, relativa ai danni propriamente connessi all'inadempimento in ragione del vincolo negoziale, e deducibili con l'azione contrattuale ex art. 1668 corrispondente, per l'appalto, a quella ex art. 1494 comma II relativa alla compravendita), quella aquiliana del fabbricante in ragione dei danni sofferti per i vizi dei materiali posti in opera in relazione a propri interessi sorti, e svolgentesi al di fuori del contratto di appalto (ed aventi, perciò, natura di diritti assoluti).
1) Eliminazione delle difformità e dei vizi
Sia in dottrina che in giurisprudenza viene sostenuto che l'azione per la eliminazione dei vizi e difetti dell'opera sia accomunabile all'azione di adempimento che spetta ad ogni creditore ex art. 1453, comma I, c.c.
Infatti lo stesso art. 1668 c.c. prevede espressamenteche il committente possa chiedere che i vizi e le difformità siano eliminati a spese dell'appaltatore.
In tal senso la dottrina maggioritaria 66 ha sostenuto sussistere una ulteriore ipotesi di esecuzione di obbligo di fare.
Supponendo che il rimedio della eliminazione dei vizi e difetti a spese dell'appaltatore sia una speciale applicazione dell'azione ex art. 1453, comma I, c.c., il committente non potrà in alcun modo richiedere a terzi la regolare esecuzione dell'opera rivalendosi poi sull'appaltatore per il rimborso delle spese sostenute.
Infatti, il committente sarà tenuto prima ad agire contro l'appaltatore affinché lo stesso provveda ad eliminare il vizio e, solo in caso di rifiuto di quest'ultimo, potrà permettere che un terzo elimini i vizi e difetti a spese dell'appaltatore agiendo in executivis ex art. 2931 c.c. e 612 c.p.c.
La Suprema Corte 67 ha sottolineato come la tutela apprestata al committente dall'art. 1668 c.c., si inquadra nell'ambito della normale responsabilità contrattuale per inadempimento e pertanto, qualora l'appaltatore non provveda direttamente all'eliminazione dei vizi e dei difetti dell'opera, il committente, ove non intenda ottenere l'affermazione giudiziale dell'inadempimento con la relativa condanna dell'appaltatore e l'attuazione dei suoi diritti nelle forme dell'esecuzione specifica, può sempre chiedere il risarcimento del danno, nella misura corrispondente alla spesa necessaria all'eliminazione dei vizi, senza alcuna necessità del previo esperimento dell'azione di condanna all'esecuzione specifica.
Con quest'ultima statuizione, per quanto contraria alla costante giurisprudenza e alla dottrina maggioritaria, viene rimessa alla discrezionalità del committente la possibilità di scegliere alternativamente se chiedere all'appaltatore inadempiente la diretta eliminazione dei vizi e difetti o chiedere
66 Xxxxxxxx – Xxxxxx – Iudica. In giurisprudenza nello stesso senso: Corte di Cassazione, sentenza 5 marzo 1979, n. 1386, Corte di Cassazione, sentenza 26 febbraio 1979 n. 1264 67 Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza 10 gennaio 1996, n. 169
solo la condanna dell'appaltatore al pagamento delle spese necessarie alla suddetta eliminazione.
In altri termini, nel contratto di appalto, il committente, che lamenti difformità o difetti dell’opera, può richiedere, a norma dell’art. 1668, primo comma, c.c., che le difformità o i difetti siano eliminabili a spese dell’appaltatore mediante condanna da eseguirsi nelle forme previste dall’art. 2931 c.c. , oppure che il prezzo sia ridotto e, in aggiunta o in alternativa, che gli venga risarcito il danno derivante dalle difformità o dai vizi. Tale domanda risarcitoria non si identifica con quella diretta all’attribuzione del risarcimento per equivalente che il committente proponga in subordine alla mancata esecuzione specifica della condanna all’eliminazione delle difformità o dei vizi: la prima, infatti, che postula la colpa dell’appaltatore, è utilizzabile per il ristoro del pregiudizio che non sia eliminabile mediante un nuovo intervento dell’appaltatore (come nel caso di danni a persone o a cose, o di spese di rifacimento che il committente abbia provveduto a fare eseguire direttamente); la seconda, che prescinde dalla colpa dell’appaltatore tenuto comunque alla garanzia, tende a conseguire un minus rispetto alla reintegrazione in forma specifica, della quale rappresenta il sostitutivo legale, mediante la prestazione della eadem res debita, sicché deve ritenersi ricompresa, anche se non esplicitata, nella domanda di eliminazione delle difformità o dei vizi.
Sulla stessa linea altra pronuncia 68 secondo la quale l’azione del committente per il risarcimento dei danni derivanti dalle difformità, i vizi o la mancanza di qualità dell’opera appaltata si aggiunge nel caso di colpa dell’appaltatore a quella diretta all’eliminazione a spese dell’appaltatore delle difformità e dei vizi o alla riduzione del prezzo specificamente prevista dall’art. 1668 c.c.
68 Corte di Cassazione, 21-2-96, n. 1334
Le predette azioni non sono surrogabili l’una con l’altra ed in particolare non è consentito ottenere con la domanda di risarcimento dei danni gli effetti dell’azione per l’eliminazione dei vizi, se questa non è stata proposta e neppure è possibile pretendere sotto il profilo del risarcimento (quando non sussistono danni ulteriori cagionati dall’opera difettosa) una riduzione del prezzo maggiore dell’entità del corrispettivo pattuito, salvo il diritto all’eventuale rivalutazione monetatia.
É stato poi, da ultimo, dal Tribunale Euganeo 69 previsto che l'impegno assunto dall'appaltatore o dal prestatore alla eliminazione dei vizi della cosa o dell'opera realizzata, alla stregua di principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, costituisce fonte di una autonoma obbligazione di facere, la quale si affianca all'originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, e rimane, pertanto, soggetto non ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella garanzia, ma all'ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l'inadempimento contrattuale.
Sul punto la Cassazione 70 ha più volte affermato che l’impegno dell’appaltatore di eliminare i vizi dell’opera oggetto del contratto di appalto comporta l’assunzione di una nuova obbligazione, sempre di garanzia, diversa ed autonoma rispetto a quella originaria, svincolata dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 c.c. e soggetta
69 Tribunale Padova, Sezione II civile, sentenza 11 settembre 2014, n. 2759. Nel caso concreto, dunque, rilevato che il problema delle infiltrazioni sul tetto del capannone industriale dell'attrice imputabile alla cattiva esecuzione dei lavori di impermeabilizzazione dello stesso, fu pacificamente riconosciuto dalla subappaltatrice, con l'impegno di eliminarne le relative cause, deve escludersi ogni questione relativa a decadenza e prescrizione, né tra l'attrice e l'appaltatore convenuto, né tra questi ed il subappaltatore terzo chiamato.
70 Corte di Cassazione, 30-1-2001, n. 1320 (conf. Corte di Cassazione, sentenza 10-5- 2000, n. 5984; Corte di Cassazione, sentenza 3-9-97, n. 8439).
all’ordinario termine prescrizionale di dieci anni. L’impegno dell’appaltatore di provvedere alla eliminazione dei vizi dell’opera si configura come un implicito unilaterale riconoscimento dell’esistenza di tali vizi e comporta, pertanto, la superfluità di una tempestiva denuncia da parte del committente. Se poi il riconoscimento dei vizi è esplicito ricorre una rinunzia a far valere la inoperatività della garanzia prevista dall’art. 1667 c.c. per inosservanza dei termini di decadenza e di prescrizione ivi previsti.
Infine, è d’obbligo precisare come previsto anche in una pronuncia di merito 71, che la somma liquidata in favore del committente per la eliminazione dei vizi e difformità dell'opera, a titolo di risarcimento del danno o anche di riduzione del prezzo, ha ad oggetto un debito di valore dell'appaltatore, non soggetto al principio nominalistico.
2) Riduzione del prezzo
Il committente che, deducendo difformità dell'opera eseguita dall'appaltatore, agisce per la riduzione del prezzo, ai sensi dell'art. 1668 c.c., ha l'onere di provare il deprezzamento, non essendo questo un effetto necessario e costante delle difformità dell'opera, a meno che queste difformità non dipendano dall'impiego di materiali meno pregiati di quelli contrattualmente previsti o ad altre cause che per la loro intrinseca natura incidono sul pregio dell'opera; in tal caso la riduzione, che di regola deve
71 Tribunale Milano, Sezione VII civile, sentenza 14 marzo 2014, n. 3641. In tema di appalto, mentre la somma liquidata in favore del committente per la eliminazione dei vizi e difformità dell'opera, a titolo di risarcimento del danno o anche di riduzione del prezzo, ha ad oggetto un debito di valore dell'appaltatore, non soggetto al principio nominalistico, deve essere rivalutata in considerazione del diminuito potere d'acquisto della moneta, intervenuto fino al momento della decisione, il diritto dell'appaltatore al corrispettivo ha natura di debito di valuta, che non è suscettibile di automatica rivalutazione per effetto del processo inflattivo della moneta.
essere determinata in base al raffronto del valore e del rendimento dell'opera pattuita con quelli dell'opera difettosamente eseguita, può anche farsi coincidere col costo delle opere necessarie per l'eliminazione delle difformità
72.
Inoltre 73, il committente può rifiutare, ai sensi dell'art. 1181 c.c., l'adempimento parziale oppure accettarlo e, anche se la parziale esecuzione del contratto sia tale da giustificarne la risoluzione, può trattenere la parte di manufatto realizzata e provvedere direttamente al suo completamento, essendo, poi, legittimato a chiedere in via giudiziale che il prezzo sia proporzionalmente diminuito e, in caso di colpa dell'appaltatore, anche il risarcimento del danno. Correlativamente, nel caso in cui la parziale esecuzione del contratto sia imputabile al committente che l'abbia espressamente o tacitamente accettata, l'appaltatore ha il diritto di invocare, secondo la propria convenienza, la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno, ovvero il pagamento del prezzo proporzionalmente ridotto.
Infine 74, è stato chiarito che l’azione di riduzione del prezzo dell’appalto, prevista dall’art. 1668, comma primo, c.c., pur avendo natura diversa da quella di risarcimento dei danni disciplinata dalla medesima norma, costituisce anch’essa un rimedio volto a riparare le conseguenze di un inadempimento contrattuale, sicché la somma liquidata a tale titolo non è
72 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, Xxx. XXX, 00 gennaio 1996, n. 169
73 Corte di Cassazione, II, sent. 3786 del 17-2-2010
74 Corte di Cassazione, 7-2-2001, n. 1770, conf. Corte di Cassazione, sentenza 4-2-99, n. 977. Nella specie, la S.C. nell’enunciare il principio di cui in massima, ha peraltro ritenuto esente da censure la decisione del giudice del merito, la quale aveva negato la rivalutazione monetaria del debito dell’appaltatore per l’assenza di un apprezzabile decremento derivante dal diminuito potere di acquisto della moneta, essendo stato il danno da svalutazione, nel caso concreto, sostanzialmente eliso per essersi il committente avvalso dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. ed avendo quindi conservato la disponibilità della somma di denaro costituente il residuo prezzo dell’opera
soggetta al principio nominalistico ed è, quindi, rivalutabile in relazione al diminuito potere d’acquisto della moneta.
3) Risarcimento del danno
Qualora i vizi dell’opera appaltata siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, e non siano perciò esperibili né l’azione per l’eliminazione dei vizi stessi, né quella per la diminuzione del prezzo, il committente può esperire la sola azione di risarcimento del danno, qualora non ritenga di chiedere la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1668, secondo comma, c.c. 75.
É opportune ribadire che in caso di appalto in presenza di vizi costruttivi che non pregiudicano in assoluto la destinazione dell’opera, pur limitandone in modo notevole l’ordinario godimento, il committente può, ai sensi dell’art. 1668 c.c. , agire nei confronti dell’appaltatore anche soltanto con l’azione di risarcimento del danno, (ossia senza chiedere la risoluzione del contratto 76).
▪ Profili processuali
La scelta tra la riduzione del prezzo o l'azione di eliminazione dei vizi spetta chiaramente al committente e, mentre la domanda di riduzione del prezzo può essere proposta subordinatamente alla domanda di eliminazione dei vizi, non pare ammissibile il contrario 77.
75 Corte di Cassazione, 13-12-80, n. 6463
76 Corte di Cassazione, II, sent. 5632 del 18-4-2002
77 In tema di appalto, la domanda di risoluzione del contratto e quella di riduzione del prezzo, non sono reciprocamente incompatibili, onde ne è ammissibile la cumulativa proposizione in un unico giudizio, poiché l’actio quanti minoris non è richiesta
Neppure l'ammessa variazione in corso di giudizio, entro i limiti preclusivi di cui all'art. 183 c.p.c. e dei termini per le memorie autorizzate, da azione di riduzione del prezzo a domanda di eliminazione dei vizi.
Dunque, se è stata domandata la riduzione del prezzo deve intendersi che il committente abbia rinunciato a domandare l'eliminazione dei vizi ad opera dell'appaltatore.
Secondo la Xxxxx xx Xxxxxx Xxxxxx 00 la scelta prevista dall’art. 1668
c.c. tra l’eliminazione delle difformità o dei vizi dell’opera a spese dell’appaltatore e la riduzione proporzionale del prezzo può essere effettuata anche in corso di causa: conseguentemente, nell’ipotesi in cui le contestazioni tra le parti siano state sottoposte ad un collegio arbitrale, la scelta suddetta, per la completa rinnovazione del giudizio dinanzi al giudice ordinario in conseguenza dell’annullamento del lodo, ben può essere effettuata per la prima volta in sede rescissoria, senza che possa ravvisarsi alcuna preclusione nel precedente comportamento processuale dinanzi agli arbitri e senza che possa esser d’ostacolo la sentenza rescindente, la quale, tranne che nel caso in cui decida specificamente, nel merito, una determinata questione, non crea tra le parti alcun giudicato implicito che possa porre dei limiti a successive pronuncie di merito da emettersi in sede rescissoria.
Al fine della riduzione del prezzo appare importantissimo distinguere il vizio dalla difformità, in quanto nel primo caso vi è sempre una diminuzione del valore e di rendimento dell'opera, nel secondo caso invece occorrerà accertare caso per caso se il valore sia realmente diminuito, essendo possibile
di esatto adempimento, sicché la proposizione di domanda di risoluzione del contratto per inadempimento impedisce al committente di mutare tale domanda in quella di adempimento, ma non anche di richiedere la riduzione del prezzo. Corte di Cassazione, 22- 2-99, n. 1475
78 Corte di Cassazione, 14-3-78, n. 1276
per quanto difficile, ma non assurdo, che la difformità abbia regalato maggior valore all'opera.
Mentre, sempre per la S.C. 79, la domanda, proposta dal committente ai sensi dell'art. 1668 c.c., per il risarcimento dei danni derivanti da vizi dell'opera eseguita dalla controparte è del tutto autonoma rispetto alla domanda tendente all'eliminazione dei vizi; pertanto, non è consentito al committente, nel caso di colpa dell'appaltatore, ottenere, con la predetta domanda di risarcimento dei danni gli effetti dell'azione per l'eliminazione dei vizi, trattandosi di domande aventi natura diversa e non surrogabili l'una con l'altra.
Inoltre 80, l'azione del committente per il risarcimento dei danni derivanti dalle difformità, i vizi o la mancanza di qualità dell'opera appaltata si aggiunge, nel caso di colpa dell'appaltatore, a quella diretta all'eliminazione a spese dell'appaltatore e delle difformità e dei vizi o alla riduzione del prezzo specificamente prevista dall'art. 1668 c.c.; le predette azioni non sono surrogabili l'una con l'altra ed in particolare non è consentito ottenere con la domanda di risarcimento dei danni gli effetti dell'azione per l'eliminazione dei vizi, se questa non è stata proposta e neppure è possibile pretendere sotto il profilo del risarcimento (quando non sussistono danni ulteriori cagionati dall'opera difettosa) una riduzione del prezzo maggiore dell'entità del corrispettivo pattuito, salvo il diritto all'eventuale rivalutazione monetaria.
Infine 81, in tema di vendita e di appalto, e con riguardo alla responsabilità per vizi del venditore e dell’appaltatore, alla stregua, rispettivamente, dell’art. 1494 c.c. e del successivo art. 1668 c.c., l’interessato può chiedere, in alternativa ovvero in cumulo con le azioni tese
79 Corte di Cassazione, sentenza civ., sez. II, 2 agosto 2001, n. 10571
80 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx xxx., Xxx. XX, 00 novembre 2000, n. 15247
81 Corte di Cassazione, 30-7-83, n. 5245
all’adempimento del contratto in via specifica ed alla riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto, che gli venga risarcito il danno costituito dalle spese necessarie per eliminare i vizi del bene a lui fornito, senza che all’accoglimento di tale richiesta osti il principio della riserva al giudice dell’esecuzione dell’attuazione della sentenza di condanna alla esecuzione specifica (art. 612 c.p.c.), trattandosi di risarcimento per equivalente, in una somma riconosciuta indipendentemente dalla effettiva eliminazione dei vizi a cura del creditore ed insuscettibile di variazioni in rapporto alla concreta entità della relativa spesa. Pertanto sono coevamente proponibili la domanda di eliminazione dei vizi ad opera del debitore (venditore o appaltatore) e quella, subordinata alla mancata esecuzione specifica della condanna all’eliminazione dei vizi, intesa al risarcimento dei danni in misura pari all’importo della spesa per detta eliminazione, nel qual caso spetta al giudice del merito, che le accolga entrambe, fissare il termine alla cui scadenza il debitore che non abbia eseguito la condanna all’esecuzione specifica resti tenuto al risarcimento del danno per equivalente.
C) Prescrizione e decadenza
ll dies a quo del temine di prescrizione viene individuato nella data di avvenuta consegna dell’opera dall’appaltatore al committente: in epoca antecedente al completamento dell’opera, e dunque alla consegna, il committente non è difatti materialmente in grado di constatarvi la presenza di difformità o vizi, palesi quanto occulti.
Riguardo questi ultimi, tuttavia, la giurisprudenza sembra incline a differire la decorrenza del termine di prescrizione dal giorno della scoperta o,
comunque, dal momento in cui il committente raggiunga un’esaustiva conoscenza dello stato dell’opera 82 .
Per la S.C. 83 i termini di prescrizione e di decadenza previsti dall'art. 1667 x.x. xxxxxxxx rilevanza ai fini delle azioni previste dal primo comma dell'art. 1668 c.c.; viceversa, nel caso in cui le difformità o i vizi dell'opera siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione (art. 1668, secondo comma, c.c.), poiché è fatta valere non tanto la garanzia della perfetta esecuzione, quanto il difetto funzionale della causa, l'azione non può subire limitazioni connesse al decorso del tempo diverse da quelle dell'ordinaria prescrizione, neppure quando la domanda sia stata volontariamente limitata alla diminuzione del prezzo.
In un caso particolare è stato poi affermato 84 che ai fini della decorrenza dei termini di prescrizione previsti dall'art. 1667 c.c. , l'invio di una lettera da parte di uno solo dei coniugi 85 comproprietari dell'appartamento adibito ad abitazione comune, contenente una denuncia di vizi nell'esecuzione di lavori, in difetto della prova del dissenso da parte dell'altro coniuge, è
82 Corte di Cassazione, sentenza civ. 19 agosto 2009, n. 18402
83 Corte di Cassazione, II, sent. 2562 del 2-2-2009
84 Corte di Cassazione, II, sent. 15283 del 21-7-2005
85 Per una maggiore consultazione sull’istituto della comunione legale tra i coniugi aprire il seguente link La comunione legale tra i coniugi e lo scioglimento
idoneo a far presumere che l'esistenza dei vizi fosse a conoscenza di entrambi.
3) Responsabilità speciale per gli immobili di lunga durata
Rovina dell’immobile e gravi difetti
art. 1669 x.x. xxxxxx e difetti di cose immobili
quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di 10 anni dal compimento, l’opera per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore, il progettista e il direttore dei lavori, sono responsabili nei confronti del committente e dei suoi avente causa, purché sia fatta senza particolare forma denunzia entro 1 anno dalla scoperta.
É stato giustamente precisato 86 che l’esito positivo del collaudo 87 di un’opera non esclude la responsabilità dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1669 c.c. — norma di garanzia dell’opera nel tempo, mentre il collaudo costituisce prova di tenuta in un unico contesto — e pertanto egli è tenuto a rispondere in caso di gravi difetti nell’esecuzione. Qualora poi essi dipendano altresì da errori del progettista, anche costui è responsabile, in concorso e in solido con l’appaltatore, ai sensi del medesimo art. 1669 c.c., per i danni derivatine, con la conseguenza che il rapporto processuale tra i predetti condebitori è scindibile e che la notifica della sentenza, da parte del
86 Corte di Cassazione, sentenza 5-2-2000, n. 1290
87 Cfr. xxx.xx F) L’esecuzione dell’appalto, punto 5) Collaudo, pag. 125
danneggiato, nei confronti dell’uno, non determina la decorrenza del termine breve per impugnare nei confronti dell’altro.
Per quanto riguarda la natura giuridica di tale responsabilità:
1) Secondo alcuni autori 88 sarebbe contrattuale poiché la norma è situata nell’ambito della disciplina dell’appalto e non in quella relativa alla responsabilità da fatto illecito e che il potere di far valere siffatta responsabilità è attribuito soltanto al committente ed ai suoi aventi causa, non ad ogni terzo.
2) Prevale nettamente in giurisprudenza 89 ed in parte nella dottrina 90 la tesi extracontrattuale, secondo la quale questa
88 Rubino – Mirabelli – Xxxxxxxxxxxx
89 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 giugno 2014, n. 13882. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 giugno 2014, n. 13882, quando l’opera eseguita in appalto presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione, il progettista è responsabile, con l’appaltatore, verso il committente, ai sensi dell’art. 1669 c.c., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, perchè l’appaltatore ed il progettista, quando con le rispettive azioni od omissioni – costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrono in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nell’art. 1669 c.c., si rendono entrambi responsabili dell’unico illecito extracontrattuale, e rispondono entrambi, a detto titolo, del danno cagionato. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale, specificamente regolata anche in ordine alla decadenza ed alla prescrizione, non spiega alcun rilievo la disciplina dettata dagli artt. 2226 e 2330 c.c., e si rivela ininfluente la natura dell’obbligazione – se di risultato o di mezzi – che il professionista assume verso il cliente committente dell’opera data in appalto (Corte di Cassazione, sentenza n. 7992 del 1997; Corte di Cassazione, sentenza n. 8016 del 2012). Ovviamente, il principio trova applicazione anche nell’ipotesi in cui venga fatta valere la responsabilità, ex art. 1669 c.c., del direttore dei lavori; tanto più quando, come nel caso di specie, il direttore dei lavori sia stato anche progettista.
responsabilità è di ordine pubblico in quanto persegue finalità d’interesse generale (stabilità e solidarietà degli edifici, incolumità personale dei cittadini) che trascendono i confini negoziali e va, perciò, ricondotta nell’ambito di quelle obbligazioni legali che, pur presupponendo un contratto, trovano, tuttavia, il loro fondamento in principi non derogabili dalla volontà privata.
Per altra Cassazione, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 maggio 2013, n. 10893 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 maggio 2013, n. 10893 la responsabilità dell’appaltatore per gravi difetti dell’opera sancita dall’art. 1669 cc – (difetti ravvisabili in qualsiasi alterazione dell’opera, conseguente ad un’inadeguata sua realizzazione, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e non determinandone, pertanto, la rovina od il pericolo di rovina, si traducano, tuttavia, in vizi funzionali di quegli elementi accessori o secondari che dell’opera stessa consentono l’impiego duraturo cui è destinata e tali, quindi, da incidere negativamente ed in considerevole misura sul godimento di essa, ciò che li distingue nettamente dai vizi e dalle difformità denunziabili, ex art. 1667 CC, con l’azione di responsabilità contrattuale e per i quali non è richiesto che necessariamente incidano in misura rilevante sull’efficienza e la durata dell’opera) – non è affatto di natura contrattuale, bensì extracontrattuale, in quanto intesa a garantire la stabilità e la solidità degli edifici e delle altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata per la tutela dell’incolumità personale dei cittadini, e, quindi, d’interessi generali inderogabili, che trascendono i confini ed i limiti dei rapporti negoziali tra le parti (ex pluribus Corte di Cassazione, sentenze 6.12.00 n. 15488,2.10.00 n. 13003, 14.2.00 n. 1608, 7.1.00 n. 81).
L’art. 1669 cc, benché collocato tra le norme disciplinanti il contratto di appalto, è diretto
alla tutela dell’esigenza di carattere generale della conservazione e funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati per loro natura a lunga durata. Conseguentemente, l’azione di responsabilità prevista da detta norma ha natura extracontrattuale e, trascendendo il rapporto negoziale (appalto o vendita) in base al quale l’immobile è pervenuto nella sfera di un soggetto diverso dal costruttore, può essere esercitata nei confronti di quest’ultimo, quando abbia veste di venditore, anche da parte degli acquirenti, i quali in tema di gravi difetti dell’opera possono fruire dei termini decennale di prescrizione ed annuale di decadenza, (ex pluribus: Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 27 novembre 2012,
n. 2189, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 27 novembre 2012, n. 2189, Corte di Cassazione, sentenza 31.3.06 n. 7634, 13.1.05 n. 567, 29.3.02 n. 4622,10.4.00 n. 4485, 6.2.98 n. 1203, 19.9.97 n. 9313, 27.8.97 n. 8109,14.12.93 n. 12304).
90 Favara – Moscarini
Per la Corte di Legititimità 91 l'ipotesi di responsabilità regolata dall'art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e, conseguentemente, trova un ambito di applicazione più ampio di quello risultante dal tenore letterale della disposizione — che fa riferimento soltanto all'appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa — perché operante anche a carico del progettista, del direttore dei lavori e dello stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell'immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l'esecuzione dell'opera, sì da rendere l'appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini.
É dibattuto in Cassazione il rapporto tra la responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 e quella di cui all’art. 2043 c.c.
Secondo una prima sentenza 92 la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente o dei suoi aventi causa, per il caso di rovina e difetti di edifici, secondo la previsione dell’art. 1669 c.c., ha natura extracontrattuale e resta preclusa l’applicabilità della norma generale dell’art. 2043 c.c. in tema di responsabilità per fatto illecito.
Mentre successivamente con altra pronuncia 93 è stato contrariamente affermato che l'art. 1669 c.c., nonostante la sua collocazione nell'ambito della disciplina del contratto d'appalto, dà luogo ad un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, la quale, pur presupponendo un rapporto contrattuale, ne
91 Corte di Cassazione, sentenza 3406 del 16-2-2006. Il suo presupposto risiede quindi, in ogni caso, nella partecipazione alla costruzione dell'immobile in posizione di autonomia decisionale. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, in cui era stata correttamente ravvisata una responsabilità del committente ex art. 1669 c.c. in quanto riferita ai lavori di completamento dell'immobile, previsti nel contratto preliminare come a carico della parte promittente venditrice, e da questa direttamente supervisionati, benché materialmente eseguiti da un'impresa terza.
92 Corte di Cassazione, sentenza 14-4-84, n. 2415
93 Corte di Cassazione, sentenza 1748 del 28-1-2005
supera i confini e si configura come obbligazione derivante dalla legge per finalità e ragioni di carattere generale, costituite dall'interesse pubblico — trascendente quello individuale del committente — alla stabilità e solidità degli immobili destinati ad avere lunga durata, a preservazione dell'incolumità e sicurezza dei cittadini; e, sotto tale profilo la norma si pone in rapporto di specialità con quella generale di cui all'art. 2043 c.c., che trova applicazione solo ove non risulti applicabile quella speciale, ed attribuisce legittimazione ad agire contro l'appaltatore ed eventuali soggetti corresponsabili non solo al committente ed ai suoi aventi causa (ivi compreso l'acquirente dell'immobile), ma anche a qualunque terzo che lamenti essere stato danneggiato in conseguenza dei gravi difetti della costruzione, della sua rovina o del pericolo della rovina di essa.
La natura dell’azione ha importanti riflessi soprattutto in punto di legittimazione attiva e passiva.
Quanto alla legittimazione attiva, la norma menziona ex professo
soltanto il committente e i suoi aventi causa 94, per questi ultimi intendendosi coloro che hanno acquistato a titolo derivativo l’immobile, realizzato sulla base di contratto di appalto.
94 L'azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, prevista dall'art. 1669 c.c., può essere esercitata non solo dal committente contro l'appaltatore, ma anche dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto, nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti, una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera, e sempre che si tratti di gravi difetti, i quali, al di fuori dell'ipotesi di rovina o di evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudichino o menomino in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, la quale aveva omesso di inquadrare tra i gravi difetti, di cui all'art. 1669 c.c., le deficienze costruttive, imputabili al venditore-appaltatore, consistenti nel cedimento della pavimentazione interna ed esterna, della rampa di scala e del muro di recinzione). Corte di Cassazione, sentenza 2238 del 16-2-2012.
Ove la rovina o il pericolo di rovina, conseguente a gravi difetti di costruzione, riguardi anche le parti comuni di un edificio condominiale, oltre che i singoli appartamenti, alla denuncia ed all’azione di cui all’articolo 1669
c.c. è abilitato, oltre ai condomini 95, l’amministratore del condominio 96.
Tuttavia, la qualificazione extracontrattuale della responsabilità per rovina e difetti di immobili impone la legittimazione all’esercizio della relativa azione anche in capo a coloro che alle medesime condizioni e termini di cui all’art. 1669 c.c. abbiano sofferto un danno a causa della rovina o dei gravi difetti dell’immobile, purché rivestano una posizione qualificata rispetto al contratto.
Mentre per quanto riguarda la legittimazione passiva anche secondo un adagio della Cortx Xxxxxx 00 xx ipotesi di responsabilità ex art. 1669 cod. la natura extracontrattuale di tale responsabilità trova applicazione anche a carico di coloro che abbiano collaborato nella costruzione, sia nella fase di progettazione o dei calcoli relativi alla statica dell’edificio, che in quella di direzione dell’esecuzione dell’opera, qualora detta rovina o detti difetti siano ricollegabili a fatto loro imputabile. Ne consegue che la chiamata in causa del progettista e/o direttore dei lavori 98 da parte dell’appaltatore, convenuto in giudizio per rispondere, ai sensi dell’art. 1669 c.c., dell’esistenza di gravi difetti dell’opera, e la successiva chiamata in causa di chi ha effettuato i calcoli relativi alla struttura e statica dell’immobile da parte del
95 L’azione di garanzia ex art. 1669 c.c. ha carattere personale e può essere promossa da ciascun condomino senza necessità che al giudizio partecipino gli altri condomini, sia nel caso in cui i vizi denunciati riguardino la cosa comune, sia se investano delle unità immobiliari di proprietà esclusiva. Corte di Cassazione, sentenza 10-4-2000, n. 4485
96 Corte di Cassazione, sentenza 28-9-73, n. 2429
97 Corte di Cassazione, sentenza 8811 del 30-5-2003
98 Cfr. xxx.xx F) L’esecuzione dell’appalto, punto 1) Il controllo – il direttore dei lavori, pag. 105
progettista e/o direttore dei lavori, effettuata non solo a fini di garanzia ma anche per rispondere della pretesa dell’attore, comporta, in virtù di quest’ultimo aspetto, che la domanda originaria, anche in mancanza di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, trattandosi di individuare il responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unico.
Inoltre, la responsabilità extracontrattuale prevista dall'art. 1669 c.c. è una responsabilità presunta iuris tantum , sicché, quando l'opera (nella specie, rete fognaria) manifesta gravi difetti strutturali, l'appaltatore può liberarsene provandone l'ascrivibilità al caso fortuito o all'opera di terzi 99.
La presunzione semplice di responsabilità del costruttore posta dall’art. 1669 c.c. , può essere vinta, non già con la prova dell’essere stata usata tutta la diligenza possibile nell’esecuzione dell’opera, bensì mediante la specifica dimostrazione della mancanza di una sua responsabilità conclamata da fatti positivi precisi e concordanti 100.
▪ Gravi difetti
Sono quelli che incidono sulla solidità, efficienza e quindi funzionalità dell’opera, comportando una menomazione del godimento dell’immobile, a prescindere dalla stabilità.
Per la Cassazione 101 il difetto di costruzione che, a norma dell’art. 1669 c.c., legittima il committente all’azione di responsabilità extracontrattuale nei confronti dell’appaltatore, come del progettista, può
99 Corte di Cassazione, sentenza 1026 del 17-1-2013. Nella specie, attraverso la prova dell'utilizzazione anormale dell'impianto, con immissione di materiali di difficile smaltimento 100 Corte di Cassazione, sentenza 15-4-99, n. 3756
101 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 giugno 2014, n. 13882 – Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 giugno 2014, n. 13882
consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina o il pericolo di rovina), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo 102.
In sostanza, i gravi difetti che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura 103 .
In realtà la giurisprudenza di legittimità 104 ormai da molti anni ha superato la tesi dell’equiparabilità alla rovina o pericolo di rovina dei gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’articolo 1669 c.c., per approdare alla diversa tesi secondo cui quei difetti non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell’edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando direttamente solo una parte dell’opera, incida sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell’opera medesima.
É pur vero che la Corte di legittimità ha avuto occasione di affermare
105 che la responsabilità dell’appaltatore ex articolo 1669 c.c. xxxxx
000 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx x. 00000 xxx 2011
103 Cortx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx x. 00000 xxx 2009
104 Corte di Cassazione, sentenze n. 19868/2009, 21351/2005,13106/1995,10218/1994
105 Corte di Cassazione, sentenza 20/11/2007 n. 24143. Nella specie, la S.C. ha riformato la sentenza di merito che aveva ritenuto configurabile tale ipotesi di responsabilità in riferimento all'opera di mero rifacimento della impermeabilizzazione e pavimentazione del terrazzo condominiale di un edificio preesistente
applicazione quando siano riscontrabili vizi riguardanti la costruzione dell’edificio stesso o di una parte di esso, ma non anche in caso di modificazioni o riparazioni apportate ad un edificio preesistente o ad altre preesistenti cose immobili, anche se destinate per loro natura a lunga durata, tuttavia nel caso allora esaminato la responsabilità ex articolo 1669 c.c. era stata esclusa dalla Corte perché l’opera riguardava un mero rifacimento della impermeabilizzazione e pavimentazione del terrazzo condominiale di un edificio preesistente. Infatti, si legge nella massima che la responsabilità dell'appaltatore ex art. 1669 c.c. trova applicazione esclusivamente quando siano riscontrabili vizi riguardanti la costruzione dell'edificio stesso o di una parte di esso, ma non anche in caso di modificazioni o riparazioni apportate ad un edificio preesistente o ad altre preesistenti cose immobili, anche se destinate per loro natura a lunga durata.
L’interpretazione orientata 106 di detta norma si è spinta fino a considerare rientranti nella nozione di gravi difetti anche le infiltrazioni d’acqua determinate da carenze d’impermeabilizzazione 107 e da inidonea realizzazione degli infissi 108, difetti che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con gli interventi di
106 L’incidenza negativa dei difetti costruttivi inclusi nell’art. 1669 Corte di Cassazione, sentenza Corte di Cassazione, sentenza può consistere, in particolare, in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina od il pericolo di rovina), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata (quali, ad esempio, le condutture di adduzione idrica, i rivestimenti, l’impianto di riscaldamento, la canna fumaria), incida negativamente ed in modo considerevole sul godimento dell’immobile medesimo (così, Corte di Cassazione, sentenza n. 11740/03, pronunciata in un caso di difettosa impermeabilizzazione del manto di copertura dell’edificio con relativi problemi di infiltrazione).
107 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 14650 dell’11 giugno 2013. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza n. 14650 dell’11 giugno 2013 Corte di Cassazione, sentenze nn. 11740/03, 117/00 e 2260/98
108 Corte di Cassazione, sentenze nn. 8140/04 e 1164/95
manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e cioè con opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici o con opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti 109 .
Inoltre, la responsabilità ex articolo 1669 c.c., in un caso affrontato dalla s.c.110, è stata accertata con riferimento a lavori di integrale rifacimento del tetto ed a lavori concernenti l’intera costruzione ed i suoi elementi strutturali; la costruzione doveva essere posta in condizione di resistere al rischio sismico e, invece, era stata addirittura indebolita con l’eliminazione delle catene che tenevano imbrigliati i muri maestri.
É stato dunque riaffermato il principio che le violazioni delle prescrizioni dettate per la progettazione e l’esecuzione delle costruzioni soggette ad azione sismica integrano i gravi difetti, di cui l’appaltatore é responsabile nei confronti del committente ai sensi dell’articolo 1669 c.c., incidendo esse sulla sostanza e stabilità degli edifici o delle altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata 111.
Ad esempio 112 i difetti costruttivi dei lastrici solari e delle
coperture a tetto che determino infiltrazioni d’acqua, e le inadeguatezze
109 così, Corte di Cassazione, sentenza n. 1164/95
110 Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 10 dicembre 2013, n. 27500. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 10 dicembre 2013, n. 27500
111 Corte di Cassazione, sentenza 4/6/2008 n. 14812
112 Corte di Cassazione, sentenza 28-3-97, n. 2775. Conforme Cortx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx 00000 xxx 4-11-2005. In tema di appalto, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c. non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell'edificio ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando direttamente una parte dell'opera, incidano sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell'opera medesima, come ad esempio si verifica nel caso di infiltrazioni di acqua e di umidità per difetto di copertura dell'edificio.
della rete fognaria rappresentano gravi difetti costruttivi, e quindi consentono, anche agli aventi causa del committente — e al condominio per le parti comuni dell’edificio — la proposizione dell’azione di cui all’art. 1669
c.c. nei confronti dell’appaltatore esecutore della costruzione. Nella specie, per la parte coperta a tetto si era verificato anche lo scivolamento continuo delle tegole — insufficienti di numero e inadeguatamente fissate
— con pericolo di caduta delle stesse, mentre l’inadeguatezza delle fognature aveva causato continui fenomeni di intasamento degli scarichi e infiltrazioni nei muri interrati delle cantine.
Ancora per la Cassazione 113 nella categoria di questi difetti, va sicuramente compreso quello in merito al distacco dell’intonaco esterno poichè ha riguardato una parte della superficie esterna dell’edificio che comprometteva l’intero intonaco dello stesso edificio, dato che era uno strumento di protezione uniforme ed a struttura unica.
Per altra non recente pronuncia 114 sono stati ritenuti gravi difetti dell’edificio, al fine della responsabilità dell’appaltatore di cui all’art. 1669 c.c., xx xxxxxxxxxxxx x xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxxxxxx xx xxxxxxx xxxle acque luride eseguite in plastica, con conseguenti infiltrazioni di acque luride nell’edificio).
113 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 9 dicembre 2013, n. 27433. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 9 dicembre 2013, n. 27433, i gravi difetti dell’opera, oggetto della garanzia di cui all’art. 1669 c.c., ricorrono anche se non si producono fenomeni tali da influire sulla stabilità della costruzione e consistono in qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando le sue parti essenziali, ne compromettono la conservazione, limitandone sensibilmente il godimento o diminuendone in maniera rilevante il valore.
114 Corte di Cassazione, sentenza 4-5-78, n. 2070, anche Corte di Cassazione, sentenza 10-1-95, n. 245
Ulteriormente la Suprema Corte 115 ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito che aveva ravvisato i «gravi difetti» nel fatto che gli scarichi delle acque bianche e le caditoie pluviali erano stati collegati direttamente alla condotta fognaria, con conseguente fuoruscita di miasmi espandentisi nell’aria e persino negli appartamenti per la mancanza di idonee vasche di depurazione.
Del resto anche il caso di inefficienza dell’impianto centralizzato di riscaldamento che rende l’immobile privo di tale servizio e quindi pressoché inutilizzabile per molti mesi all’anno è stato ritenuto grave difetto 116.
Oppure 117 l’umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio, può integrare, ove sia compromessa l’abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell’edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c.
Infine, sempre per la medesima Corte di Legittimità 118, il difetto di costruzione ricorre anche quando l’imperfezione costruttiva di natura strutturale riguardi la finitura essenziale del pavimento (nella sua quasi globalità) determinante la inutilizzabilità dell’abitazione (nel caso in questione strutturata su più livelli) a causa dell’anomalia di posa del sottofondo con
115 Corte di Cassazione, sentenza 12-6-87, n. 5147
116 Corte di Cassazione, sentenza 26-6-92, n. 7924
117 Corte di Cassazione, sentenza 15-4-99, n. 3753
118 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 giugno 2012, n. 9119. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 giugno 2012, n. 9119 La norma dell’art. 1669 c.c.legittima il committente all’esperimento della relativa azione di responsabilità nei confronti dell’appaltatore, può consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un’insoddisfacente realizzazione dell’opera, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa (e perciò non determinandone la rovina o il perìcolo di rovina ), bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l’impiego duraturo cui è destinata, incida negativamente e in modo particolarmente considerevole sul godimento dell’immobile medesimo
correlato cedimento del massetto, in tal modo conseguendo la necessità della rimozione della pavimentazione e della sua successiva completa sostituzione.
Anche per la giurisprudenza di merito 119, attenendosi ai principi sopra riportati, in materia di appalto, relativamente all'ipotesi della rovina e dei difetti delle cose immobili, ai sensi dell'art. 1669 c.c., è stato previsto che quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore risponde nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché i vizi siano denunciati entro un anno dalla scoperta. Devono ritenersi gravi difetti dell'edificio, idonei ad attivare la responsabilità dell'appaltatore, non solo quei difetti che incidono in misura sensibile sulla struttura e sensibilità dell'opera, ma anche i vizi costruttivi che menomano apprezzabilmente il normale godimento della cosa, ovvero quei difetti da cui può derivare un apprezzabile danno alla funzione economica od una sensibile menomazione della possibilità di godimento del bene nella sua globalità, rendendolo inidoneo all'utilità cui era destinato, senza che necessariamente deve sussistere anche il pericolo di crollo immediato dell'edificio. Anche l'impermeabilizzazione di parti di un edificio, causa di umidità, rientra tra i gravi difetti di costruzione.
119 Tribunale Roma, Sezione X civile, sentenza 2 maggio 2013, n. 9262
▪ La denunzia
Per la Cassazione 120 la denunzia dei gravi difetti dell’opera prevista dall’art. 1669 c.c., in relazione al suo scopo, si perfeziona in virtù della comunicazione al soggetto responsabile dei gravi difetti che si sono manifestati nella costruzione, senza necessità che in essa vengano indicate le sue cause specifiche, il cui addebito implicito alla controparte risiede nella stessa natura di obbligazione di risultato che questi ha assunto, e il cui accertamento tecnico in termini di certezza risulta incompatibile con la stessa esigenza perseguita dalla legge attraverso gli istituti della decadenza e della prescrizione, di consentire all’appaltatore di compiere gli accertamenti necessari per verificare l’esistenza effettiva dei difetti lamentati e la loro imputabilità.
▪ Il termine di denuncia e di prescrizione
In tema di rovina e difetti di cose immobili destinate per loro natura a durare nel tempo, l'art. 1669 c.c. prescrive, oltre al termine decennale attinente al rapporto sostanziale di responsabilità dell'appaltatore (ricollegabile anche alla posizione del venditore — costruttore), due ulteriori termini:
A) uno di decadenza, per la denuncia del pericolo di rovina o dei gravi difetti, di un anno dallascoperta» dei vizi o difetti,
B) l'altro di prescrizione, per l'esercizio dell'azione di responsabilità, di un anno dalla denuncia. I detti termini sono interdipendenti, nel senso
120 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 15 novembre 2012, n.20004. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 15 novembre 2012, n.20004
che, ove uno soltanto di essi non sia rispettato, la responsabilità dell'appaltatore nei confronti del committente (o dei suoi aventi causa) non può essere fatta valere.
Xxxxxx, in merito a quest’ultimo termine, la conoscenza del difetto e delle sue specifiche cause, oltreché della sua gravità, consegue alla semplice constatazione dell’aspetto delle cose solo quando si tratti di manifestazioni indubbie (come cadute, rovine estese, e simili). Per lo più, invece, quando si tratti di opere di una certa entità, deriva dall’espletamento di indagini tecniche suggerite dall’ovvia prudenza di non iniziare azioni infondate, con la conseguenza, in questa seconda ipotesi, che il termine di decadenza della prima parte della norma, condizionante il decorso del successivo termine di prescrizione previsto dal secondo comma dello stesso articolo, incomincia a decorrere solo dall’acquisizione della relazione del tecnico.121
Per la medesima Cassazione 122 il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti della costruzione di un immobile, previsto dall’art. 1669 c.c., a pena di decadenza dall’azione di responsabilità
121 Corte di Cassazione, sentenza 20-3-98, n. 297
122 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 giugno 2014, n. 13882. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 giugno 2014, x. 00000; xxnforme Corte di Cassazione, sentenza 2460 del 1-2-2008; il termine di un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 c.c. a pena di decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; tale conoscenza deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi elementi, solo all'atto dell'acquisizione di relazioni peritali effettuate; l'accertamento relativo, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto. (Nella specie, è stata ritenuta correttamente motivata la decisione di merito che aveva fatto risalire la scoperta dei difetti dell'opera al momento del deposito della relazione della USL, che aveva indotto a negare il rilascio di licenza di abitabilità).
contro l’appaltatore, decorre dal giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti 123, e che, la conoscenza completa idonea a provocare la decorrenza del doppio termine (decadenziale e prescrizionale) deve ritenersi acquisita, in assenza di anteriori esaustivi elementi, solo all’atto dell’acquisizione delle disposte relazioni peritali 124 , non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo.
Con altra pronuncia 125 si è precisato che in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’articolo 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo 126. L’inizio della decorrenza del termine di decadenza può essere però legittimamente spostato in avanti nel tempo solo quando gli accertamenti tecnici si rendano effettivamente necessari per comprendere appieno la gravità dei difetti e stabilire il corretto collegamento
123 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx x. 00 del 2000
124 Corte di Cassazione, sentenza n. 11740 del 2003, Tribunale di Rovigo, Sezione distaccata di Adria, Sentenza 6 maggio 2009, per la consultazione della sentenza aprire il collegamento on-line Tribunale di Rovigo, Sezione distaccata di Adria, Sentenza 6 maggio 2009
125 Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 maggio 2014, n. 9966. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 8 maggio 2014, n. 9966
126 Corte di Cassazione, sentenza n. 1463 del 2008
causale, allo scopo di indirizzare verso la giusta parte una eventuale azione del danneggiato.
Non necessariamente né automaticamente il decorso del termine é postergato all’esito degli approfondimenti tecnici qualora, come nella specie, si tratti di problema di immediata percezione sia nella sua reale entità che nelle sue possibili cause fin dal suo primo manifestarsi.
In precdenza la medesima Cassazione 127 così affermava: l’onere della denuncia del vizio dell’edificio appaltato sorge, a norma dell’art. 1669 c.c., non già per effetto della semplice manifestazione e percezione del difetto costruttivo, ma per effetto della riconducibilità del difetto alla fattispecie legale, e cioè per effetto della rilevanza del difetto stesso come segnale di rovina, di evidente pericolo di rovina o di gravi vizi dell’opera e, ancora, dell’accertamento della sua dipendenza da insufficienza della attività di progettazione o di esecuzione del suo autore e della imputabilità a costui di tale insufficienza di attività. Non rileva, pertanto, che (come nella specie), taluni vizi siano espressamente denunciati solo con la domanda giudiziale, ed accertati, conseguentemente, nel corso del processo, dacché, qualora i relativi estremi possano con certezza emergere soltanto da una consulenza tecnica, è dal momento del deposito di quest’ultima che decorre il termine annuale per la denunzia.
Infine, anche in forza di un caso arrivato in Cassazione 128, l'esecuzione da parte dell'appaltatore di riparazioni a seguito di denuncia dei vizi dell'opera da parte del committente deve intendersi come riconoscimento dei vizi stessi e, pertanto, il termine decennale di prescrizione di cui all'art. 1669 c.c. comincia a decorrere ex novo dal momento in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei
127 Corte di Cassazione, sentenza 17-12-99, n. 14218
128 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx 00000 del 29-9-2009
difetti. Ne consegue che, nel caso in cui la sufficiente conoscenza dei difetti sia raggiunta solo dopo l'esecuzione delle riparazioni ed in conseguenza dell'inefficacia di queste, il termine prescrizionale deve farsi decorrere da questo successivo momento e non dall'esecuzione delle riparazioni.
▪ Risarcimento in forma specifica o per equivalente
Preliminarmente è d’obbligo segnalare che la responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 c.c. dà luogo ad un debito di valore che va liquidato avuto riguardo al potere di acquisto della moneta alla data della decisione. Né l’obbligazione risarcitoria perde la sua natura di debito di valore per il fatto che il danneggiato abbia a proprie spese provveduto ad eliminare o ridurre le conseguenze del fatto dannoso 129
Con l’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c. può essere chiesta la
condanna dell’appaltatore, alternativamente, sia al pagamento della somma di denaro corrispondente al costo delle opere necessarie per l’eliminazione dei vizi, sia la diretta esecuzione di tali opere.
Infatti, tale norma, riferendosi genericamente alla responsabilità dell’appaltatore, senza precisare le forme nelle quali il danno deve essere risarcito, ha inteso richiamare il principio generale secondo cui, nei limiti stabiliti dall’art. 2058 c.c. il risarcimento può disporsi in forma specifica o per equivalente 130.
129 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2014, n. 4744. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2014, n. 4744, così anche Corte di Cassazione, sentenzae nn. 13/1993, 6682/00
130 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2014, n. 4744. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2014, n. 4744, Corte di Cassazione,
Pertanto, come è stato detto, nel giudizio nei confronti dell’appaltatore per la responsabilità ex art. 1669 c.c. non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che, di fronte alla richiesta di condanna dell’appaltatore al pagamento della somma necessaria per la ricostruzione di un impianto, condanni l’appaltatore stesso al pagamento di quella somma a titolo di risarcimento del danno, non essendosi in presenza di un titolo diverso da quello della domanda, in quanto il costo per la sostituzione dell’impianto costituisce solo una parte del generico ed onnicomprensivo risarcimento del danno, che trova titolo nella responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 cod. civ 131.
▪ Questioni processuali
Con ultima pronuncia 132 è stato confermato il principio secondo il quale non sussiste incompatibilità tra le norme di cui agli articoli 1667 e 1669
sentenze 2763/84; 1406/89; 5103/95, anche Corte di Cassazione, sentenze 10624/96; 8294/99 e amplius 3702/11
131 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2014, n. 4744. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 febbraio 2014, n. 4744, così anche Corte di Cassazione, sentenza 2070/78,
132 Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 10 dicembre 2013, n. 27500. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 10 dicembre 2013, n. 27500, in precedenza Corte di Cassazione, sentenza 3702 del 15-2-2011 secondo la quale non sussiste incompatibilità tra le norme di cui agli artt. 1667 e 1669 c.c., nel senso che il committente di un immobile che presenti gravi difetti ben può invocare, oltre al rimedio risarcitorio del danno (contemplato soltanto dall'art. 1669), anche quelli previsti dall'art. 1668 c.c. (eliminazione dei vizi, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto) con riguardo ai vizi di cui all'art. 1667, purché non sia incorso nella decadenza stabilita dal secondo comma dello stesso art. 1667. Infatti, quanto a struttura — diversamente da ciò che riguarda la diversa natura giuridica della responsabilità rispettivamente disciplinata dalle anzidette norme (l'art. 1669, quella extracontrattuale; l'art. 1667, quella contrattuale) — le relative fattispecie si configurano l'una (l'art. 1669) come sottospecie dell'altra (art. 1667), perché i
c.c., nel senso che il committente di un immobile che presenti gravi difetti ben può invocare, oltre al rimedio risarcitorio del danno (contemplato soltanto dall’articolo 1669 c.c.), anche quelli previsti dall’articolo 1668 c.c. (eliminazione dei vizi, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto) con riguardo ai vizi di cui all’articolo 1667 c.c.; infatti, quanto a struttura – diversamente da ciò che riguarda la diversa natura giuridica della responsabilità rispettivamente disciplinata dalle anzidette norme (l’articolo 1669 x.x., xxxxxx xxxxxxxxxxxxxxxxx; x’xxxxxxxx 0000 x.x., xxxxxx xxxxxxxxxxxx) – le relative fattispecie si configurano l’una (l’articolo 1669 c.c.) come sottospecie dell’altra (articolo 1667 c.c.), perché i gravi difetti dell’opera si traducono inevitabilmente in vizi della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la presenza di quelli della seconda, con la conseguenza – non smentita dal alcun dato testuale, logico e sistematico – che la norma generale continua ad applicarsi anche in presenza dei presupposti di operatività della norma speciale, così da determinare una concorrenza delle due garanzie 133.
gravi difetti dell'opera si traducono inevitabilmente in vizi della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la presenza di quelli della seconda, con la conseguenza — non smentita dal alcun dato testuale, logico e sistematico — che la norma generale continua ad applicarsi anche in presenza dei presupposti di operatività della norma speciale, così da determinare una concorrenza delle due garanzie, quale risultato conforme alla ratio di rafforzamento della tutela del committente sottesa allo stesso art. 1669 c.c. Ne consegue, altresì, che non è dato ravvisare un contrasto dell'art. 1669 c.c. con l'art. 3 Cost., sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento rispetto alla disciplina posta dall'art. 1667 c.c. in tema di prescrizione, non patendo il committente alcun deficit di protezione per il fatto che i difetti dell'opera presentino il carattere di particolare gravità indicato dall'art. 1669 citato.
133 Corte di Cassazione, sentenza 15/2/2011 n. 3702
Con altra precedente pronuncia 134 è stato conformemente stabilito, in particolare, che l’azione del committente per il risarcimento dei danni derivanti dalle difformità e/o dai vizi dell’opera appaltata si aggiunge, nel caso di colpa dell’appaltatore, a quella diretta all’eliminazione, a spese dell’appaltatore, delle difformità e dei vizi o alla riduzione del prezzo, specificamente prevista dall’art. 1668 c.c., senza identificarsi con questa, né è surrogabile con gli effetti della relativa pronuncia.
É stato, anche evidenziato 135 che la decadenza dall'azione per tardività della denunzia, stabilita dall'art. 1669, primo comma, c.c., non può essere rilevata d'ufficio dal giudice ma deve essere eccepita dalla parte, trattandosi di decadenza posta a tutela di interessi individuali e concernente diritti disponibili.
Infine 136, ai fini della competenza territoriale deve aversi riguardo, ai sensi dell’art. 20 c.p.c., al luogo in cui il fatto illecito (effetti dannosi dell’edificio) si è verificato ed in cui è sorta la relativa obbligazione risarcitoria.
4) Responsabilità per danni arrecati a terzi
Generica responsabilità dell’appaltatore nel caso che dall’esecuzione dell’appalto derivino danni alle persone o alle cose dei terzi.
Questa responsabilità, anche se trova nel contratto d’appalto la sua occasione, è fondata sull’obbligo di osservare il generale precetto del
134 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 febbraio 2013, n.2829. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 febbraio 2013, n.2829
135 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx 00000 del 19-10-2012
136 Corte di Cassazione, sentenza 23-12-87, n. 9635
neminem ledere ed ha, perciò, la sua disciplina nelle norme dettate dagli artt. 2043 e ss. sui fatti illeciti.
Per le Sezioni unite 137, l’autonomia dell’appaltatore, il quale esplica la sua attività nella esecuzione dell’opera organizzando e apprestando i lavori e curandone le modalità, al fine di fornire al committente l’opera stessa, esclude ogni rapporto institorio tra committente ed appaltatore, con la conseguenza che nei rapporti con i terzi, risponde solo quest’ultimo, ma se viene meno il presupposto dell’autonomia, nei casi in cui il danno si debba far risalire ad uno specifico ordine impartito dal committente, o quando il danno derivi non dall’attività materiale dell’appaltatore, ma dagli errori e dai difetti del progetto preparato dallo stesso committente, la responsabilità ricade esclusivamente sul committente.
Responsabilità solidale tra l’appaltatore ed il committente nel caso in cui l’appaltatore è un nudus minister, vale a dire sfornito dei suoi tipici poteri di autonomia, ovvero quando il fatto lesivo del diritto del terzo è stato compiuto dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal committente.
Da ultimo per la Cassazione 138, in tema di appalto è di regola l’appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi ed eventualmente anche
137 Corte di Cassazione, Sez. Un. 21-3-73, n. 800
138 Corte di Cassazione, Sezione III, sentenza 19 settembre 2014, n. 19742, Inoltre in tema, Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 febbraio 2014, n. 3967, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 19 febbraio 2014, n. 3967, in precedenza, Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 maggio 2013, n. 10893. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 maggio 2013, n. 10893. L’appaltatore è responsabile in via esclusiva dei danni cagionati a terzi nell’esecuzione dell’opera anche nel caso in cui il committente abbia esercitato un controllo sui relativi lavori, designando, nel proprio interesse, un sorvegliante privo di poteri di ingerenza (Corte di Cassazione, sentenza 15 novembre 2002 n. 16080). Così anche Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 19 luglio 2012, n.12476 per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di
dell’inosservanza della legge penale durante l’esecuzione del contratto, attesa l’autonomia con cui egli svolge la sua attività nell’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l’opera o il servizio cui si era obbligato, mentre il controllo e la sorveglianza del committente si limitano all’accertamento e alla verifica della corrispondenza dell’opera o del servizio affidato all’appaltatore con quanto costituisce l’oggetto del contratto. In tale contesto, pertanto, una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso 139, oppure quando sia configurabile in capo al committente una culpa in eligendo per aver affidato il lavoro ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche, ovvero in base al generale principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c. 140
Mentre, in materia di appalti pubblici, l’appaltatore conserva, anche se
generalmente in misura minore rispetto all’appalto privato, i necessari margini
Cassazione, sezione II, sentenza 19 luglio 2012, n.12476, secondo la quale l’autonomia dell’appaltatore comporta che, di regola, questi deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera; una corresponsabilità del committente può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c., ovvero in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per culpa in eligendo per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore i base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister attuando specifiche direttive direttamente impartite dal committente o da un suo rappresentante (v. ex multis Corte di Cassazione, sentenza 12/2/1997 n. 1284, Corte di Cassazione, sentenza 19/4/2006 n. 9065; Corte di Cassazione, sentenza 23/4/2008 n. 00000, Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, sentenza 27/5/2011 n. 11757; Corte di Cassazione, sentenza 5/12/2011 n. 26002). In senso sostanzialmente conforme Corte di Cassazione, sentenza 23 luglio 2007 n. 16202 e Corte di Cassazione, sentenza 11 maggio 2007 n. 10860.
139 Cassazione, sentenze 23 marzo 1999, n. 2745, e 2 marzo 2005, n. 4361
140 Cassazione, sentenze 6 agosto 2004, n. 15185, e 27 maggio 2011, n. 11757
di autonomia, sicché egli è da considerare, di regola, unico responsabile dei danni cagionati ai terzi nel corso dei lavori, potendosi riconoscere anche la responsabilità dell’amministrazione solo se il fatto dannoso si è determinato in esecuzione del progetto o di direttive impartite dall’amministrazione committente, poiché in questo caso l’appaltatore agisce quale nudus minister. Superato, pertanto, il principio secondo il quale il proprietario di un immobile non cessa di averne la materiale disponibilità per averne pattuito, in appalto, la ristrutturazione, e pertanto, salvo che provi il totale affidamento di esso all’appaltatore, è responsabile, ai sensi dell’art. 2051 x.x. xxxxxx xxxxxxx xxx xxxx, xxx xxxxx xxxxxxxx ad un terzo, avendo l’obbligo, al fine di impedire che essi si verifichino, di controllare e vigilare l’esecuzione dei
relativi lavori 141.
Poiché l'appaltatore gode di autonomia organizzativa e gestionale, una responsabilità del committente per i danni causati a terzi durante l'esecuzione dell'opera – come rappresentato in un’altra massima della Cassazione 142 – è configurabile solo in due casi:
1) o quando l'opera sia stata affidata ad impresa manifestamente inidonea (cosiddetta culpa in eligendo);
2) ovvero quando la condotta causativa del danno sia stata imposta all'appaltatore dal committente stesso, attraverso rigide ed inderogabili direttive.
141 Corte di Cassazione, 30-3-99, n. 3041
142 Corte di Cassazione, III, sent. 10588 del 23-4-2008. Nella specie l'appaltatore, mentre eseguiva lavori di rifacimento di una conduttura idrica, aveva eseguito uno scavo invalicabile, dividendo così in due parti non comunicanti il fondo attraversato dalla conduttura. La S.C., confermando la decisione di merito, ha escluso nella specie una responsabilità del committente, sia perché il tracciato della conduttura era preesistente e non ascrivibile a scelta di quest'ultimo, sia perché la mancata adozione di accorgimenti per consentire lo scavalco dello scavo era frutto di una scelta organizzativa dell'appaltatore, e non di una direttiva del committente
L'accertamento della sussistenza di tali circostanze costituisce una indagine di fatto, riservata al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità, se correttamente motivata.
Tali principi valgono anche in materia di subappalto 143 perché il subcommittente risponde nei confronti dei terzi in luogo del subappaltatore, ovvero in via solidale con lui, quando — esorbitando dalla mera sorveglianza sull'opera oggetto del contratto al fine di pervenire alla corrispondenza tra quanto pattuito e quanto viene ad eseguirsi — abbia esercitato una concreta ingerenza sull'attività del subappaltatore al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore ovvero agendo in modo tale da comprimerne parzialmente l'autonomia organizzativa, incidendo anche sull'utilizzazione dei relativi mezzi
144.
Inoltre, secondo altra sentenza della Cassazione 145, l’art. 2049 c.c. prevede una ipotesi di responsabilità indiretta in capo all’imprenditore appaltatore, che organizza il lavoro altrui e subisce i rischi connessi ad una non buona organizzazione; non è escluso che tale responsabilità si possa estendere, in casi particolari, anche al committente, e tuttavia tale estensione costituisce una eccezione alla regola, al verificarsi di determinati presupposti che consistono nella scelta inadeguata della ditta esecutrice da parte del committente, o nell’essersi questi intromesso nella gestione dei lavori, direttamente o tramite tecnici incaricati, fino a far assumere all’appaltatore il
143 Cfr. xxx.xx G) Il Subappalto, pag. 142
144 Corte di Cassazione, Sez. L., sent. 9065 del 19-4-2006. Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto dalla subcommittente in ordine all'affermazione della sua corresponsabilità con riferimento ai danni subiti da un lavoratore dipendente della ditta subappaltatrice, alla stregua della corretta valutazione contenuta nella sentenza impugnata circa la sua ingerenza e l'assunzione dell'obbligo di attuazione delle misure di prevenzione relative all'esecuzione dei lavori oggetto del contratto di subappalto
145 Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 aprile 2014, n. 8410. Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 10 aprile 2014, n. 8410
ruolo di mero esecutore materiale; la configurabilità di detti presupposti rientra nell’onere probatorio di chi richiede tale applicazione estensiva della norma, e il suo accertamento in fatto è riservato al giudice di merito e sindacabile solo sotto il profilo della completezza e logicità della motivazione.
Alcune pronunce di merito
A tali principi si è riportata anche ultima sentenza di merito 146 secondo la quale, in materia di appalto privato, l'appaltatore esplica l'attività che conduce al compimento dell'opus perfectum in piena autonomia, con propria organizzazione ed a proprio rischio, apprestando i mezzi adatti e curando le modalità esecutive per il raggiungimento del risultato. L'espresso principio non solo esclude la configurabilità di un rapporto institorio tra committente ed appaltatore, ma implica, altresì, che solo l'appaltatore deve, di regola, ritenersi responsabile dei danni derivati a terzi nella, ovvero dalla, esecuzione dell'opera. Il committente, tuttavia, è direttamente responsabile dei danni predetti ogni qualvolta sia autore di specifiche violazioni riconducibili all'art. 2043 c.c., quando l'evento dannoso gli sia addebitabile per essere stata l'opera affidata ad una impresa palesemente carente delle necessarie capacità tecniche e organizzative per eseguirla correttamente, ovvero quando l'appaltatore sia stato un semplice esecutore di ordini del committente, nonché qualora questi si sia ingerito con singole e specifiche direttive nelle modalità di esecuzione del contratto, o abbia concordato con l'appaltatore singole fasi o modalità esecutive dell'appalto. Nel caso concreto, la mancata allegazione di alcuna specifica violazione posta in essere dal committente in relazione all'art. 2043 c.c., ovvero di una sua specifica culpa in eligendo nell'affidamento dei lavori all'impresa appaltatrice, impone la reiezione della domanda risarcitoria proposta nei suoi confronti, stante,
146 Tribunale Milano, Sezione XIII civile, sentenza 17 febbraio 2014, n. 2318
altresì, la carenza di qualsivoglia eccezione in ordine alla configurabilità, in capo all'appaltatore, del ruolo di mero esecutore delle disposizioni del direttore dei lavori.
Con una pronuncia precedente il medesimo Tribunale 147, in merito, così stabiliva: l'appaltatore, di norma, è l'unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera, poiché il medesimo, in virtù del principio di autonomia di cui gode, esplica la sua attività nell'esecuzione dell'opera assunta con propria organizzazione, apprestandone mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera. Quanto innanzi, tuttavia, non esclude la configurabilità di una corresponsabilità del committente in caso di riferibilità a quest'ultimo dell'evento dannoso per culpa in eligendo, per avere esso affidato la realizzazione dell'opera ad un'impresa assolutamente inidonea, ovvero nell'ipotesi in cui l'appaltatore in base a patti contrattuali sta stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale nudus minister, limitandosi cioè ad attuare specifiche direttive del committente. Nella fattispecie concreta, applicando tali principi, non vi sono elementi per ravvisare una responsabilità del committente, posto che i danni lamentati dal terzo derivano unicamente da una scelta lavorativa erronea, imputabile in via esclusiva all'impresa esecutrice dei lavori e al Direttore dei lavori, in quanto non oppostosi alla predetta scelta di esecuzione dell'opera. In circostanze siffatte, posto che il danno è ascrivibile alle condotte concorrenti dell'appaltatore e del direttore dei lavori, deve concludersi per la configurabilità di una responsabilità solidale di entrambi, a nulla rilevando la diversità dei titoli cui tale responsabilità si ricollega.
147 Tribunale Milano, Sezione X, sentenza 7 gennaio 2014, n. 80
Mentre per altra sentenza della Xxxxx Xxxxxxxxxx 000 l'appaltatore, seppure limitatosi alla esecuzione pedissequa delle direttive tecniche del progettista e del direttore dei lavori, non può ritenersi esonerato dalla responsabilità per i danni subiti dai terzi in seguito all'avvenuto accertamento delle cause di quei danni come ricollegate direttamente alla esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione delle opere appaltate ed alla tipologia degli stessi. L'eventuale responsabilità solidale della ditta appaltatrice e del direttore dei lavori nei confronti del danneggiato, invero, può legittimare una rivalsa della prima verso il secondo, ma non può valere ad esonerare da colpa e responsabilità l'esecutrice dei lavori, prima responsabile dal fatto. Quanto innanzi trova giustificazione nell'obbligo dell'appaltatore di controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente, così da andare esente da responsabilità nell'ipotesi in cui queste siano palesemente errate, previa dimostrazione dell'avvenuta manifestazione del proprio dissenso e dell'avvenuta esecuzione delle stesse, quale nudus minister, per le insistenze del committente ad a rischio di quest'ultimo.
148 Corte d'Appello Roma, Sezione III, sentenza 4 ottobre 2013, n. 5233. Nella specie merita conferma la gravata pronuncia in punto di responsabilità dell'appellante ditta appaltatrice.
E) LA PRESTAZIONE DELL’APPALTANTE
La prestazione dell’appaltante,
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art. 1657 c.c. determinazione del corrispettivo
se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice.
Bisogna subito precisare che la mancata determinazione del corrispettivo, in deroga alla disposizione generale di cui all'art. 1346 c.c. , non è causa di nullità del contratto, giacché lo stesso può essere stabilito, ai sensi dell'art. 1657 c.c. in base alle tariffe vigenti o agli usi, e ciò anche quando le parti, pur avendo pattuito il corrispettivo, non abbiano fornita la relativa prova; peraltro, qualora le parti non vi abbiano fatto preciso riferimento, le tariffe del Genio Civile non sono vincolanti ed inderogabili, avendo valore meramente indicative 149.
1) Il corrispettivo in denaro
Il Corrispettivo:
a) appalto à forfait : fissato dalle parti a corpo (per l’intera opera)
b) appalto a prezzi unitari: fissato dalle parti a misura (pagamento a metro quadrato ad es.)
la differenza ha notevole importanza pratica perché, nella prima ipotesi, il rischio della maggiore quantità di lavoro o di materiale necessario è a carico dell’appaltatore, il quale non avrà diritto ad ulteriori compensi per eventuali
149 Corte di Cassazione, II, sent. 17386 del 30-8-2004
variazioni che egli ritenga necessarie anche se autorizzate dal committente, essendo il prezzo determinato solo in funzione dell’unità di misura.
Di regola vige dunque il principio della postnumerazione del corrispettivo.
Infatti, va pagato dopo l’accettazione, che non avviene se l’opera non è terminata.
Stato Avanzamento Lavori
Le parti possono però pattuire una esecuzione per partite dell’opera ed allora ciascuno dei contraenti può chiedere che la verifica avvenga con riferimento alla singola partita. In tal caso l’appaltatore può domandare il pagamento in proporzione all’opera eseguita.
Qualora il compenso del contratto d’appalto o di prestazione d’opera non sia convenzionalmente determinato, sicché debba essere liquidato in base alle tariffe o agli usi, ovvero secondo il prudente apprezzamento del giudice (artt. 1657 e 2233 c.c.), la domanda con la quale l’appaltatore od il prestatore d’opera chieda il pagamento di detto compenso, mediante versamento di una certa somma, comporta a carico dell’attore medesimo l’onere di fornire la prova 150 della congruità di tale somma, alla stregua della natura ed entità dell’opera, ovvero di eventuali tariffe od usi vigenti in materia, mentre la deduzione del convenuto committente circa l’eccessività della richiesta avversaria non integra un’eccezione in senso proprio, implicante l’onere della relativa dimostrazione, ma una mera difesa sul fondamento della domanda, mediante contestazione della ricorrenza dei suoi presupposti.
150 Corte di Cassazione, 28-7-83, n. 5208
Per le Sezioni unite 151 la domanda dell’appaltatore, diretta alla quantificazione ed al pagamento del corrispettivo dovuto dal committente, a norma dell’art. 1657 c.c., investe un’obbligazione avente ad oggetto originariamente la prestazione di una somma di denaro, determinabile dal giudice, e, quindi, un debito di valuta, ne consegue che la sopravvenuta svalutazione monetaria non può comportare l’adeguamento automatico di detto credito dell’appaltatore, effettuabile anche d’ufficio ed in grado d’appello (come nel caso dei debiti di valore), ma può solo implicare il riconoscimento di un maggior danno, ai sensi dell’art. 1224, secondo xxxxx, c.c., a condizione che il creditore stesso ne abbia fatto espressa domanda, e che tale domanda, in quanto autonoma rispetto a quella rivolta all’adempimento, sia stata tempestivamente proposta nel giudizio di primo grado.
2) Revisione del prezzo
Il prezzo dell’appalto è in linea di massima, invariabile; l’appaltatore, cioè, non può pretendere un aumento del corrispettivo pattuito né il committente una riduzione qualora, nel corso dell’opera, si sia avuta una variazione del costo di produzione, ma trattandosi di un contratto ad esecuzione prolungata, il principio dell’invariabilità è derogato dall’art. 1664 c.c.
L’istituto della revisione del prezzo si applica integralmente anche agli appalti di servizi, e quindi la revisione deve essere riconosciuta solo nel caso di variazioni dei costi superiori al decimo del prezzo pattuito, e deve essere accordata solo per la differenza che ecceda il decimo. Né a ciò è di ostacolo il riferimento, contenuto nell’art. 1664 citato, alla revisione del prezzo
151 Corte di Cassazione, Sez. Un. 14-7-83, n. 4814
complessivo, poiché negli appalti di servizi il diritto alla revisione del compenso matura gradualmente, in concomitanza del corrispondente aumento del costo dei servizi appaltati, e pertanto, proposta la richiesta di revisione, questa vale anche per gli aumenti verificatisi anteriormente a detta richiesta 152.
art. 1664 c.c. onerosità o difficoltà dell’esecuzione
qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al 1/10 del prezzo convenuto,
l’appaltatore o il committente possono chiedere un a revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede l’1/10.
L’art. 1664 c.c. costituisce una speciale applicazione del principio della rilevanza dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, previsto come fenomeno generale dall’art. 1467 153 ma non può escludersi l’applicazione all’appalto anche dell’art. 1467.
152 Corte di Cassazione, 14-7-80, n. 4514
153 Per una maggiore consultazione sulla eccesiva onerosità sopravvenuta, aprire il seguente collegamento on-line La Risoluzione – Xxx.xx H) L’ECCESSIVA ONEROSITÀ SOPRAVVENUTA
Per le Sezioni unite 154 ai fini dell’applicazione dell’art. 1664 c.c., il diritto dell’appaltatore alla revisione dei prezzi è subordinato al duplice accertamento che vi sia stato un aumento, in misura superiore al decimo del prezzo convenuto, del costo dei materiali e della mano d’opera impiegati e che tali aumenti fossero imprevedibili al momento della conclusione del contratto, potendo, peraltro, l’imprevedibilità del mutamento riguardare, in epoca di instabilità monetaria, anche la sola misura del mutamento, quando si verifichi un improvviso salto inflattivo, rispetto all’andamento della svalutazione manifestatosi negli anni precedenti, dovuto a particolari contingenze
É stato precisato 155 che all’appaltatore costituito in mora non spetta, ai sensi degli artt. 1221 e 1664 del c.c., il diritto alla revisione del prezzo per aumenti imprevedibili del costo dei materiali o della mano d’opera, superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, in quanto la mora del debitore fa persistere, con l’obbligazione, anche gli eventuali rischi aggiuntivi.
Tale norma che mira a tutelare le parti rispetto all’eccessiva onerosità può essere derogata.
Infatti, per la S.C. 156, la norma sulla revisione del prezzo dell’appalto ha carattere dispositivo; è, quindi, in facoltà delle parti derogarvi, fissando
154 Corte di Cassazione, Sez. Un. 9-11-92, n. 12076. In precedenza, Corte di Cassazione, 5-3-88, n. 2290, secondo la quale, il diritto dell’appaltatore alla revisione dei prezzi di cui all’art. 1664 c.c. è subordinato al duplice accertamento che vi sia stato un aumento del costo dei materiali e della manodopera impiegati nella specifica attività considerata in misura superiore al decimo del prezzo convenuto e che tali aumenti non siano prevedibili in relazione al precedente andamento di quei prezzi ed al vario atteggiamento della complessiva svalutazione monetaria non necessariamente legata nei suoi fattori causali ai valori di mercato
155 Corte di Cassazione, 21-2-79, n. 1125
156 Corte di Cassazione, 22-2-74, n. 529, anche Corte di Cassazione, sentenza 14-7-80, n. 4514. Applicazione del principio in tema di contratto di appalto di opere murarie,
convenzionalmente un diverso limite o anche rimuovendo lo stesso limite legale di un decimo nello aumento o nella diminuzione del prezzo. In quest’ultima ipotesi, tuttavia, la deroga è operante e valida purché le parti abbiano preventivamente preso in considerazione le circostanze imprevedibili cui si richiama la citata disposizione.
E non può qualificarsi vessatoria, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1341, secondo comma, c.c., la clausola di esclusione della revisione del prezzo ex art. 1664 successivo, in quanto l’elencazione delle clausole onerose contenuta nell’art. 1341, secondo xxxxx, citato ha carattere tassativo e la clausola suindicata non rientra in nessuna delle ipotesi ivi previste 157.
La clausola derogatoria non rende però il contratto aleatorio 158, comportando solo un’estensione del rischio contrattuale, già a carico dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1655 c.c.
Con recente pronuncia di merito 159 si è avuto modo di precisare che nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo è stato
contenente una pattuizione forfettaria del prezzo che è stata ritenuta dai giudici del merito come rinunzia alla facoltà di revisione stabilita con la norma citata.
157 Corte di Cassazione, 23-4-81, n. 2403.
158 Per la Cassazione, in tema di appalto, stante la derogabilità della normativa della revisione del prezzo di cui all’art. 1664 c.c., è consentito alle parti nell’esercizio della loro autonomia negoziale di ampliare gli ordinari margini di rischio dell’appaltatore ponendo interamente a carico di quest’ultimo, con la pattuizione dell’invariabilità del corrispettivo, l’alea correlata alla sopravvenienza di una maggiorazione dei costi, anche con riferimento a situazioni sopravvenute, astrattamente riconducibili nell’ambito di operatività dell’art. 1467 c.c. e xxxxxxxxxxx, quindi, l’eccessiva onerosità dell’esecuzione dell’opera per sopraggiunti eventi straordinari ed imprevedibili. Corte di Cassazione, 23-8-93, n. 8903.
159 Tribunale Latina, Sezione II civile, sentenza 8 settembre 2014, n. 1912. Nella fattispcie il Tribunale di Latina ha revocato il decreto ingiuntivo avendo l'opponente provato i vizi delle opere e l'assenza della prova di lavori extracontratto non provati dall'appatatrice committente, non autorizzati per iscritto dalla committente ex art.1659 cod.civ. Principio ripreso da una massima della Cassazione, secondo la quale, appunto, nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo sia stato determinato a corpo e non a
determinato a corpo e non a misura, l'appaltatore non può invocare la revisione dei prezzi, di cui all'art. 1664 c.c. per le variazioni di costo intervenute in corso di esecuzione e dipendenti da fattori che al momento della stipula del contratto potevano essere preveduti; quando, invece, gli aumenti siano dipesi da fattori del tutto imprevedibili al momento della stipula del contratto, la revisione dei prezzi è dovuta anche nell'appalto con corrispettivo a corpo, a meno che le parti, nell'esercizio della loro autonomia, non vi abbiano inequivocabilmente rinunciato 160.
Mentre la deroga alla disciplina dell’art. 1664 c.c. (onerosità o difficoltà dell’esecuzione) nel cosiddetto appalto a forfait non comporta alcuna alterazione della struttura o della funzione dell’appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo, pur così ulteriormente allargato, esorbiti dall’alea normale di questo tipo contrattuale.
Pertanto, il mancato adeguamento del prezzo convenuto per l’appalto al maggior costo non può integrare arricchimento senza causa a favore del committente, non concretandosi l’arricchimento in un accanimento estraneo alla volontà contrattuale ed al consenso prestato alla parte «impoverita» 161.
misura, l'appaltatore non può invocare la revisione dei prezzi, di cui all'art. 1664 c.c., per le variazioni di costo intervenute in corso di esecuzione e dipendenti da fattori che al momento della stipula del contratto potevano essere preveduti; quando, invece, gli aumenti siano dipesi da fattori del tutto imprevedibili al momento della stipula del contratto, la revisione dei prezzi è dovuta anche nell'appalto con corrispettivo a corpo, a meno che le parti, nell'esercizio della loro autonomia, non vi abbiano inequivocabilmente rinunciato. Corte di Cassazione, II, sent. 1494 del 21-1-2011.
160 Corte di Cassazione, sentenza n. 1494/2011
161 Corte di Cassazione, 15-7-96, n. 6393