CCNL Funzioni locali
CCNL Funzioni locali
Il welfare integrativo è sottoposto al limite del trattamento accessorio previsto dal D.Lgs.
n. 75/2017? Il parere della Corte dei conti
di Xxxxxxxxx Xxxxxxx - Magistrato della Corte dei conti
L’art. 72 del CCNL del 21 maggio 2018, Personale comparto Funzioni locali, rubricato “welfare integrativo”, prevede che le Amministrazioni, in sede di contrattazione integrativa, disciplinino la concessione di benefici di natura assistenziale e sociale, in favore dei propri dipendenti. Con la deliberazione in commento, la Corte dei conti - sezione regionale di controllo per la Liguria - risponde ad una richiesta di parere presentata da un Comune, che chiede se gli importi stanziati in bilancio per finanziare il predetto istituto siano sottoposti al limite del trattamento accessorio, quest’ultimo disciplinato dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017.
Il trattamento economico accessorio: l’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017
L’esame della tematica sottoposta al vaglio consul- tivo della Corte dei conti richiede, in via preliminare, una panoramica sul quadro normativo sotteso alla stessa, sia con riferimento alla disciplina di rango primario, sia con riferimento alla disciplina contrat- tuale, stante la recente sottoscrizione, avvenuta in data 21 maggio 2018, del CCNL del comparto Fun- zioni locali, per il periodo 2016-2018 (1).
Il trattamento economico dei dipendenti della Pub- blica Amministrazione, ai sensi dell’art. 45, comma 1, D.Lgs. n. 165/2001, è definito dai contratti collettivi (fatte salve le previsioni di cui agli artt. 40, commi 3- ter e 3-quater, e 47-bis, comma 1, del medesimo decreto). In particolare, la norma distingue il
trattamento economico in “fondamentale “ed “accessorio”, quest’ultimo da definire in coerenza con la performance individuale e organizzativa (2). Lo stesso Legislatore, peraltro, collega l’erogazione del trattamento accessorio alla prestazione lavorativa “effettivamente” resa dal dipendente, posto che l’art. 7, comma 5, del D.Lgs. n. 165/2001, espressamente prevede che “Le Amministrazioni Pubbliche non pos- sono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese”.
Con il D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, recante “Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lett. a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della Legge 7 agosto 2015, n.
(1) Il CCNL in parola è stato certificato dalla Corte dei conti - Sezioni riunite in sede di controllo - con deliberazione n. 6/ SSRRCO/CCN/18.
(2) Per il trattamento economico di cui trattasi si intende, dunque, la parte di retribuzione di natura accessoria e variabile - che si accompagna al trattamento economico fondamentale - da corrispondere al dipendente pubblico, per prestazioni di carattere aggiuntivo rispetto agli ordinari compiti a cui lo stesso è adibito.
In particolare, ai sensi dell’art. 45, comma 3, del D.Lgs. n. 165/ 2001, “I contratti collettivi definiscono, in coerenza con le dispo- sizioni legislative vigenti, trattamenti economici accessori colle- gati: a) alla performance individuale; b) alla performance organizzativa con riferimento all’amministrazione nel suo com- plesso e alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola l’Amministrazione; c) all’effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate ovvero pericolose o dannose per la salute”.
124, in materia di riorganizzazione delle Ammi- nistrazioni Pubbliche”, il Legislatore ha previsto, all’art. 23, una disciplina volta a perseguire la progressiva armonizzazione dei trattamenti eco- nomici accessori del personale delle Amministra- zioni Pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001.
La contrattazione collettiva nazionale, per ogni com- parto o area di contrattazione, opera la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante la differenziata distribuzione, distinta- mente per il personale dirigenziale e non dirigenziale, delle risorse finanziarie destinate all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna Amministrazione.
Il comma 2 del medesimo articolo (3), inoltre, pre- vede, inter alia, che, nelle more di attuazione del processo di armonizzazione sopra descritto, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, assicurando al contempo l’invarianza della spesa, a decorrere dal 1 gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse desti- nate annualmente al trattamento accessorio del per- sonale, anche di livello dirigenziale, non può superare
il corrispondente importo determinato per l’anno 2016 (4).
Emerge, pertanto, che le Pubbliche Amministra- zioni interessate dal provvedimento legislativo in parola, nel destinare ogni anno le risorse al trat- tamento accessorio del personale, dovranno tenere conto, quale limite da non poter superare, dell’importo corrispondente, determinato per il 2016.
Il citato articolo, sin dalla sua entrata in vigore, ha creato numerosi dubbi interpretativi in capo alle amministrazioni, che hanno sollecitato diversi interventi chiarificatori da parte del Governo (5).
La stessa Corte dei conti si è pronunciata, con numerose deliberazioni, sulla portata dell’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017, con riferimento a diversi profili che, di volta in volta, sono stati oggetto di esame.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, in merito alla disciplina dei cd. incentivi tecnici di cui all’art. 113 del D.Lgs. n. 50/2016, si ram- menta la deliberazione della Sezione delle Auto- nomie della Corte dei conti n. 6/SEZAUT/2018/ QMIG, con cui è stato enunciato il seguente principio di diritto
“Gli incentivi disciplinati dall’art. 113 del D.Lgs. n. 50 del 2016 nel testo modificato dall’art. 1, comma 526, della Legge n. 205 del 2017, erogati su risorse finanziarie individuate ex lege facenti capo agli stessi capitoli sui quali gravano gli oneri per i singoli lavori, servizi e forniture, non sono soggetti al vincolo posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti degli enti pubblici dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75 del 2017”.
Ancora, appare utile citare il principio di diritto stabilito dalla Sezione delle Autonomie con
la deliberazione n. 19/SEZAUT/2018/QMIG, secondo cui
“Gli incrementi del Fondo risorse decentrate previsti dall’art. 67, comma 2, lettere a) e b) del CCNL Funzioni locali del 21 maggio 2018, in quanto derivanti da risorse finanziarie definite a livello nazionale e previste nei quadri di finanza pubblica, non sono assoggettati ai limiti di crescita dei Fondi previsti dalle norme vigenti e, in particolare al limite stabilito dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017”.
Giova precisare, altresì, che in merito alla por- tata applicativa della disposizione normativa di cui trattasi, e con particolare riferimento alla tematica esaminata dalla Corte dei conti nella deliberazione 19/SEZAUT/2018/QMIG di cui
sopra, è intervenuto lo stesso Legislatore che, con l’art. 11 del D.L. n. 135/2018 (convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 12/2019) ha previsto che il limite dell’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017:
(3) Il comma 2 dell’art. 23 in parola prevede, altresì, che a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’art. 1, comma 236, Legge 28 dicembre 2015, n. 208 è abrogato. Per gli Enti locali che non hanno potuto destinare nell’anno 2016 risorse aggiuntive alla contratta- zione integrativa a causa del mancato rispetto del patto di stabilità interno del 2015, l’ammontare complessivo delle risorse di cui al primo periodo del presente comma non può superare il corrispon- dente importo determinato per l’anno 2015, ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio nell’anno 2016. Su tale ultima previsione, vd., ex multis, deliberazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte
n. 124/2018/PAR; Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la regione Liguria, deliberazione n. 64/2017/PAR.
(4) Tale ratio legis non è una novità nel nostro ordinamento, posto che la stessa si rinviene anche in precedenti disposizioni, quali l’art. 9, comma 2-bis, D.L. n. 78/2010, l’art. 1, comma 456, Legge n. 147/2013 e l’art. 1, comma 236, Legge n. 208/2015, quest’ultimo proprio abrogato dalla normativa in parola.
(5) Circolare del 23 novembre 2017, n. 3 del Ministro per la semplificazione e la PA; circolare del 9 gennaio 2018, n. 1; circolare 8 maggio 2018, n. 2.
“non opera con riferimento: a) agli incrementi previsti, successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto n. 75 del 2017, dai contratti collettivi nazionali di lavoro, a valere sulle disponibilità finanziarie di cui all’art. 48 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dagli analoghi provvedimenti negoziali riguardanti il personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico; b) alle risorse previste da specifiche disposizioni normative a copertura degli oneri del trattamento economico accessorio per le assunzioni effettuate, in deroga alle facoltà assunzionali vigenti, successivamente all’entrata in vigore del citato art. 23. 2. Le disposizioni di cui al comma l si applicano anche con riferimento alle assunzioni effettuate utilizzando, anche per quanto riguarda il trattamento accessorio, le risorse di cui all’art. 20, comma 3, del decreto legislativo n. 75 del 2017”.
Da ultimo, si ribadisce che la stretta correlazione tra il trattamento economico accessorio e la prestazione lavorativa “effettivamente resa” sopra ricordata, anche in funzione della performance individuale e,
quindi, in chiave premiale, trova riscontro nella recente previsione normativa di cui all’art. 1, comma 1091, della Legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019), che così dispone:
“Ferme restando le facoltà di regolamentazione del tributo di cui all’art. 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i Comuni che hanno approvato il bilancio di previsione ed il rendiconto entro i termini stabiliti dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono, con proprio regolamento, prevedere che il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell’imposta municipale propria e della TARI, nell’esercizio fiscale precedente a quello di riferimento risultante dal conto consuntivo approvato, nella misura massima del 5 per cento, sia destinato, limitatamente all’anno di riferimento, al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate e al trattamento accessorio del personale dipendente, anche di qualifica dirigenziale, in deroga al limite di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75. La quota destinata al trattamento economico accessorio, al lordo degli oneri riflessi e dell’IRAP a carico dell’amministrazione, è attribuita, mediante contrattazione integrativa, al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento alle attività connesse alla partecipazione del comune all’accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, in applicazione dell’art. 1 del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Il beneficio attribuito non può superare il 15 per cento del trattamento tabellare annuo lordo individuale. La presente disposizione non si applica qualora il servizio di accertamento sia affidato in concessione.”
La devoluzione dei proventi delle sanzioni amministrative nel codice della strada a misure di assistenza e previdenza - L’art. 208 del D.Lgs. n. 285/1992
Esaminato, a grandi linee, l’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017 e le sue ricadute in termini applicativi, si ritiene utile fare riferimento - ai fini che ci occupano e che saranno oggetto di
approfondimento relativamente all’istituto del cd. welfare integrativo - anche alla disciplina di cui all’art. 208 del D.Lgs. n. 285/1992 (Nuovo codice della strada).
Tale articolo, rubricato “proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie”, stabilisce al comma 4, lett. c), che una quota pari al 50% dei proventi spettanti agli enti è destinata
“ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell’ente, all’installazione, all’ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all’art. 36, a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all’educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell’art. 12(*), alle misure di cui al comma 5-bis del presente art. e a interventi a favore della mobilità ciclistica”.
(*) Tale articolo fa riferimento: lett. d-bis) ai Corpi e ai servizi di polizia provinciale, nell’ambito del territorio di competenza; lett. e) ai Corpi e ai servizi di polizia municipale, nell’ambito del territorio di competenza
Tra le tipologie di destinazione del 50 per cento dei proventi in parola, vi sono, dunque, le “misure di assistenza e di previdenza” per il personale di cui all’art. 12, comma 1, lett. d-bis) ed e) del D.Lgs. n. 285/1992 e, proprio su tale specifica previsione e sulla sua compa- tibilità con i limiti previsti per il trattamento accesso- rio, ha avuto modo di pronunciarsi la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, con la deliberazione n. 503/2017/PAR, relativamente alla
previsione sul trattamento accessorio di cui all’art. 1, comma 236, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, vigente ratione temporis. Sul punto, la Corte dei conti esclude che i proventi delle sanzioni amministrative in parola, destinati a misure di previdenza integrativa, vadano sottoposti ai limiti previsti per il trattamento accessorio, atteso che le stesse, pur rientrando nella spesa per il personale, non hanno natura retributiva, bensì “contributivo-previdenziale”.
Tali considerazioni, valevoli per la previsione del- l’art. 1, comma 236, della Legge n. 208/2015 (6), si ritiene che possano estendersi anche all’attuale disci- plina sul trattamento accessorio, di cui all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017, posto che la ratio legis di entrambe le norme è la medesima.
Alle stesse conclusioni giungeva, già in precedenza, la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 22 /SEZAUT/2015/QMIG, che, con riferimento alla disciplina sul trattamento accessorio di cui all’art. 9 del D.L. n. 78/2010, sta- tuiva che
“Le somme accantonate a titolo di previdenza complementare per la polizia municipale debbono essere incluse nella spesa del personale oggetto di contenimento ai sensi dell’art. 1, comma 557 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, mentre vanno escluse dal calcolo del trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti di cui all’art. 9, commi 1 e 2 bis del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122”.
La natura “contributiva-previdenziale” delle somme destinate a finanziare la previdenza com- plementare, previste dall’art. 208, comma 4, lett. c), D.Lgs. n. 285/1992, costituisce, pertanto, il grimaldello interpretativo per escluderle dai limiti previsti per il trattamento economico accessorio, atteso che, se il riferimento è al trattamento “erogato al dipendente”, non possono considerarsi nel tetto le somme destinate a finanziare la pre- videnza complementare, che non vengono erogate nella retribuzione. Le somme accantonate per previdenza complementare, difatti, formano un montante che viene poi convertito in una forma assicurativa, per l’erogazione di una rendita di carattere pensionistico.
Le previsioni in tema di welfare integrativo nel CCNL Personale comparto Funzioni locali del 21 maggio 2018
Per completare il quadro normativo di riferi- mento, utile a fornire le coordinate ermeneutiche necessarie per l’esame del parere in commento, si
riportano le seguenti previsioni del CCNL Perso- nale comparto Funzioni locali, del 21 maggio 2018:
- art. 56-quater, “I proventi delle sanzioni ammi- nistrative pecuniarie riscossi dagli enti, nella quota da questi determinata ai sensi dell’art. 208, commi 4 lett. c), e 5, D.Lgs. n. 285/1992 sono destinati, in coerenza con le previsioni legi- slative, alle seguenti finalità in favore del personale:
a) contributi datoriali al Fondo di previdenza com- plementare Perseo-Sirio; è fatta salva la volontà del lavoratore di conservare comunque l’adesione even- tualmente già intervenuta a diverse forme pensioni- stiche individuali,
b) finalità assistenziali, nell’ambito delle misure di welfare integrativo, secondo la disciplina dell’art. 72,
c) erogazione di incentivi monetari collegati a obiettivi di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e stradale”;
- art. 72, rubricato “welfare integrativo”
“Le Amministrazioni disciplinano, in sede di contrattazione integrativa di cui all’art. 7, comma 4, la concessione di benefici di natura assistenziale e sociale in favore dei propri dipendenti, tra i quali:
a) iniziative di sostegno al reddito della famiglia;
b) supporto all’istruzione e promozione del merito dei figli;
c) contributi a favore di attività culturali, ricreative e con finalità sociale;
d) anticipazioni, sovvenzioni e prestiti a favore di dipendenti in difficoltà ad accedere ai canali ordinari del credito bancario o che si trovino nella necessità di affrontare spese non differibili;
e) polizze sanitarie integrative delle prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale.
2. Gli oneri per la concessione dei benefici di cui al presente articolo sono sostenuti nei limiti delle disponibilità già stanziate dagli enti, ai sensi delle vigenti disposizioni, anche per finalità assistenziali nell’ambito di strumenti a carattere mutualistico, anche già utilizzati dagli enti stessi.
3. Nelle Camere di commercio l’erogazione delle prestazioni di cui al comma 1, lett. e) avverrà mediante successiva istituzione di - ovvero adesione a - un fondo di assistenza sanitaria integrativa del servizio sanitario nazionale. Il finanziamento a carico degli enti, che non dovrà determinare ulteriori o maggiori oneri, troverà copertura nelle risorse di cui al comma 2”.
(6) Secondo cui: “nelle more dell’adozione dei decreti legislativi attuativi degli articoli 11 e 17 della Legge 7 agosto 2015, n. 124, con particolare riferimento all’omogeneizzazione del trattamento economico fondamentale e accessorio della dirigenza, tenuto conto delle esigenze di finanza pubblica, a decorrere dal 1 gennaio 2016 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annual- mente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui
all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, non può superare il corrispon- dente importo determinato per l’anno 2015 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio, tenendo conto del personale assumibile ai sensi della normativa vigente”. Tale art. è stato abrogato dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017.
Dal combinato disposto delle predette norme con- trattuali emerge, in definitiva, che i benefici collegati a misure di welfare integrativo hanno, per espressa previsione, “natura assistenziale e sociale” e non retributiva, a cui sono riconducibili anche le finalità di possibile utilizzo delle quote dei proventi derivanti da sanzioni del codice della strada, secondo la disci- plina prevista dall’art. 208 del D.Lgs. n. 285/1992.
Esaminata la vigente disciplina del trattamento eco- nomico accessorio e viste le previsioni contrattuali del CCNL Personale comparto Funzioni locali, si ritiene utile tracciare brevemente le principali caratteristiche del welfare integrativo, quale istituto che nasce nel- l’ambito del settore privato (cd. welfare aziendale) e che consiste nell’insieme di servizi e di benefit che un’a- zienda fornisce ai propri dipendenti, per soddisfare bisogni di natura assistenziale, previdenziale e sociale. A tali servizi si accompagnano benefici di carattere fiscale e contributivo (7), che evidenziano un favor del Legislatore rispetto a siffatte iniziative da parte del datore di lavoro, tese a creare e promuovere nuove e maggiori leve motivazionali da parte dei lavoratori (8). Il welfare integrativo si pone, dunque, in chiave ontologicamente funzionale ad accrescere il benes- sere organizzativo e lavorativo dei dipendenti, in modo da contribuire all’aumento della loro produtti- vità e alla realizzazione di un clima lavorativo positivo.
Nell’ambito del rapporto di lavoro di pubblico impiego, i principi generali in materia sono rinveni- bili nell’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001, secondo cui le Pubbliche Amministrazioni garanti- scono un ambiente di lavoro “improntato al benessere organizzativo”.
Le forme di welfare integrativo possono essere molte- plici, come emerge dallo stesso art. 72 del CCNL Funzioni locali del 21 maggio 2018, che, come visto, elenca varie tipologie di benefici che la contratta- zione integrativa può riservare ai dipendenti.
La previsione in parola, peraltro, costituisce un punto di rilievo dell’ultima tornata contrattuale non solo nell’ambito del comparto delle Funzioni locali, ma anche in quello delle Funzioni centrali. L’art. 72 del CCNL Funzioni locali trova, difatti, una previsione speculare nell’art. 80 del CCNL Funzioni centrali, sottoscritto in data 21 settembre 2018, che, tra i benefici in favore dei propri dipendenti, espressa- mente include le iniziative di sostegno al reddito della famiglia (sussidi e rimborsi), il supporto all’i- struzione e promozione del merito dei figli, contributi a favore di attività culturali, ricreative e con finalità sociale, prestiti a favore di dipendenti in difficoltà ad accedere ai canali ordinari del credito bancario o che si trovino nella necessità di affrontare spese non differibili, polizze sanitarie integrative delle presta- zioni erogate dal servizio sanitario nazionale (9).
Da ultimo, per fare un breve punto sul welfare
integrativo nella Pubblica Amministrazione, si
(7) Sul welfare aziendale nella Pubblica Amministrazione, le novità della legge di bilancio 2017 e la previdenza complementare, vd. ARAN (2017), “Welfare e previdenza complementare: il wel- fare aziendale nella Pubblica Amministrazione, le novità della legge di bilancio 2017 e la previdenza complementare” - ARAN, Occa- sional paper 7/2017, reperibile sul sito xxxx://xxxxxxxxxxx.xx/xxxxx. php/statistiche-e-pubblicazioni/. Vedi ancora, circolare dell’Xxxxxxx xxxxx xxxxxxx x. 0/X del 29 marzo 2018, avente ad oggetto: Premi di risultato e welfare aziendale - art. 1, commi 182 a 190, legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016), così come modi- ficato dall’art. 1, commi 160 - 162, L. 11 dicembre 2016, n. 232 (X. Xxxxxxxx 2017), dall’art. 55, D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 e dall’art. 1, commi 28 e 161, Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (X. Xxxxxxxx 2018).
(8) Per un approfondimento sul tema, vd. X. Xxxx, Welfare aziendale 2.0, Nuovo welfare, vantaggi contributivi e fiscali, Ipsoa, 2016. Si tenga presente, inoltre, che ai sensi dell’art. 51, comma 2, D.P.R. n. 917/1986 (c.d. TUIR), non concorrono a formare il reddito da lavoro una serie di prestazioni e di servizi aventi finalità assistenziale, sanitaria, sociale e familiare. Sul punto, si segnala anche la recente nota dell’Agenzia delle entrate, risposta n. 10 del 25 gennaio 2019, in tema di piani di welfare aziendale rivolti agli amministratori di azienda.
(9) Per completezza ricostruttiva, si fa presente che previ- sioni simili sono rintracciabili anche in precedenti disposizioni contrattuali, afferenti ad altri comparti. Si cita, in proposito, l’art. 27 del CCNL enti pubblici non economici del 14/02/2001,
recante “Benefici di natura assistenziale e sociale”, secondo cui “1. Gli Enti disciplinano, in sede di contrattazione integra- tiva nazionale di ente, la concessione dei seguenti benefici di natura assistenziale e sociale in favore dei propri dipendenti: a) sussidi; b) borse di studio; c) contributi a favore di attività culturali, ricreative e con finalità sociale; d) prestiti; e) inter- venti derivanti dall’applicazione dell’art. 46 del CCNL 6 luglio 1995, assicurando anche la permanenza degli enti interessati ai processi descritti nell’art. 1, comma 4, del CCNL 16/02/99;
f) mutui edilizi. 2. L’onere complessivo a carico del bilancio degli Enti per la concessione dei benefici previsti dal punto a) al punto e) del comma 1 non può superare un importo pari all’1% delle spese per il personale iscritte nel bilancio di previsione”. Ancora, si cita l’art. 51 del CCNL Ricerca del 7 ottobre 1996, recante “Benefici di natura assistenziale e sociale”, a norma del quale “1. Le parti si danno atto che gli interventi legislativi in materia di interesse legale hanno prodotto effetti sulla normativa contrattuale vigente in tema di concessione ai dipendenti di mutui edilizi agevolati nonché di piccoli prestiti, modificando parzialmente lo scopo delle dispo- sizioni contrattuali. Al fine di contemperare le esigenze dei dipendenti e degli enti interessati, le parti convengono sulla necessità che gli Enti stessi rivedano, entro i limiti delle disponibilità all’uopo previste, le determinazioni adottate nella specifica materia, al fine di ripristinare il carattere effet- tivamente agevolato del tasso. 2. I principi informatori relativi alla disciplina degli interventi, già previsti dall’art. 24 del D.P.R.
n. 171/1991, e la relativa misura saranno definiti in sede di
riportano, di seguito, alcuni dati elaborati dall’A- RAN (e reperibili sul suo sito istituzionale) (10) relativi alla spesa per il benessere del personale per tutti i comparti della Pubblica Amministra- zione, sia dirigente che non dirigente, i quali,
sebbene riferiti all’anno 2013, danno comunque l’idea di una necessaria accelerazione e promo- zione di istituti simili, specie se si raffronta il divario tra i benefici pro-capite medi tra i diversi comparti.
Volendo fare riferimento a dati aggiornati al trien- nio 2014-2016 (11), si possono confermare, in ogni caso, le considerazioni di cui sopra, con riferimento al beneficio pro-capite medio dei dipendenti. Emerge ancora, difatti, un forte divario tra i vari comparti esaminati, nonché, in merito al comparto Regioni ed autonomie locali, una diminuzione del beneficio pro-capite rispetto al 2013, da euro 29 per tale annua- lità (importo sostanzialmente confermato anche per il 2014) ad euro 23,2 nel 2015 e ad euro 23,7 per il 2016.
Un beneficio pro-capite medio piuttosto alto si riscon- tra, da ultimo, in quei comparti (enti di ricerca; enti
pubblici non economici) in cui la contrattazione collettiva ha disciplinato i benefici di natura assi- stenziale e sociale già in passato e ciò conferma che l’attenzione delle parti sociali a tali istituti non può che apportare giovamento, magari anche in un arco temporale di medio-lungo periodo, ai dipendenti dei relativi comparti di appartenenza.
Il quesito posto e il parere della Corte dei conti
L’excursus normativo riportato e la giurisprudenza contabile sopra citata ci conducono all’oggetto del parere espresso dalla Sezione regionale di controllo
contrattazione decentrata nazionale, nell’ambito dell’importo massimo dell’1% delle spese per il personale del Comparto iscritte nel bilancio di previsione”.
(11) Vd. X. Xxxxxxxxxxx, Prospettive di welfare aziendale e con- trattuale nel pubblico impiego, 28 ottobre 2018. Articolo reperibile
in “Amministrazione in cammino - rivista elettronica di diritto pubblico, di diritto dell’economia e di scienza dell’amministrazione a cura del Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche “Vit- torio Bachelet”.
per la Liguria della Corte dei conti, con la delibera- zione n. 27/2019/PAR.
In particolare, l’Ente locale chiede:
1) se si possa applicare l’art. 72 del CCNL comparto Funzioni Locali, del 21 maggio 2018, sul welfare integrativo, in presenza di somme già stanziate in passato dall’Ente per finalità assistenziali, ma non nell’anno immediatamente precedente;
2) se, per l’importo a carico del bilancio degli enti per finanziare l’istituto sopra indicato, sussista il limite del trattamento accessorio di cui all’art. 23 D.Lgs. n. 75/2017.
La Corte dei conti esamina i due quesiti, effettuando una preliminare valutazione di ammissibilità sogget- tiva e oggettiva della richiesta di parere, nel rispetto
delle previsioni di cui all’art. 7, comma 8, della Legge n. 131/2003.
Il primo quesito viene dichiarato dalla Corte inammissibile sotto il profilo oggettivo, in quanto volto all’interpretazione di una clausola del contratto collettivo nazionale. Per consoli- dato orientamento della giurisprudenza conta- bile (12), difatti, l’interpretazione di clausole della contrattazione collettiva è estranea al peri- metro dell’attività consultiva della Corte dei conti, in quanto demandata per legge alle parti contraenti e, per la parte pubblica, all’ARAN (art. 49 del D.Lgs. n. 165/2001).
Circa il predetto quesito, ad ogni buon conto, si fa presente che l’ARAN, con parere CFL29/2018, ha stabilito che:
“... gli oneri per la concessione al personale di benefici di natura assistenziale e sociale possono trovare copertura nelle disponibilità già stanziate dagli enti sulla base delle vigenti e specifiche disposizioni normative in materia. Pertanto, se l’ente non ha già in passato stanziato risorse a tale finalità, sulla base di specifiche norme vigenti nel tempo, non potrà applicare la citata disciplina dell’art. 72 del CCNL del 21 maggio 2018 ...”.
Con tale risposta, l’ARAN, nel ribadire la natura assistenziale e sociale dei benefici in parola, fa un generico riferimento alla necessità di uno stanziamento “in passato” di risorse per tale finalità, sulla base delle vigenti e specifiche disposizioni normative in materia.
Tale precedente stanziamento rappresenta, dun- que, il limite all’applicazione della disciplina in parola, atteso che, in proposito, la stessa ARAN precisa nel predetto parere che:
“il CCNL non prevede altre e diverse forme di finanziamento, neppure attraverso l’utilizzo di risorse decentrate. Infatti, tale finalità non è presente tra diverse modalità di utilizzo delle risorse decentrate fissate nell’art. 68 del medesimo CCNL del 21 maggio 2018”.
In merito al secondo quesito (dichiarato ammis- sibile sotto il profilo oggettivo), la Corte dei conti - nel ribadire che la disciplina prevista dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017 si pone nel solco di precedenti disposizioni norma- tive volte a porre un tetto al trattamento econo- mico accessorio e che tale limite riguarda tutti gli oneri accessori del personale, sia le risorse tratte dai fondi per la contrattazione integrativa sia le risorse poste direttamente a carico del bilancio delle singole amministrazioni (13) - espressa- mente, e in modo efficacemente sintetico, risponde che le somme erogate a titolo di welfare integrativo non rientrano nel limite del
trattamento accessorio, in quanto prive di finalità retributiva ed afferenti, invece, ad una funzione assistenziale e previdenziale.
Il parere ripercorre, in particolare, le coordinate ermeneutiche della giurisprudenza contabile sopra ricordate, citando la pronuncia della Sezione delle Autonomie (Deliberazione n. 22 /SEZAUT/2015/ QMIG) che ha escluso dal limite di spesa del tratta- mento accessorio le somme destinate a forme di previdenza complementare del personale di polizia municipale, nonché la pronuncia della Sezione regio- nale di controllo per il Veneto (14) che, con riferi- mento alle somme di cui all’art. 208 del D.Lgs. n. 285/ 1992, ha osservato che:
“la spesa per la previdenza integrativa di cui all’art. 208 non è una componente del trattamento economico, né fondamentale né accessorio e, come tale, non rientra nell’ambito di operatività del vincolo medesimo ... in quanto le risorse impiegate per la realizzazione della finalità
(12) Vedi, ex multis, le recenti deliberazioni della Sezione regio- nale di controllo per l’Xxxxxx-Romagna n. 2/2019/PAR e n. 19/ 2019/PAR.
(13) Vd. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 99/PAR/2018; Sezione regionale di
controllo per la Lombardia, deliberazione n. 200/PAR/2018; Sezione regionale di controllo per la Campania, n. 124/2018/PAR.
(14) Vd. deliberazione n. 503/2017/PAR.
previdenziale di cui all’art. 208 del CdS, pur rientrando nella spesa per il personale, non hanno natura retributiva, bensì “contributivo- previdenziale”.
Posto, dunque, che nel limite del trattamento acces- sorio rientrano le somme che hanno natura retribu- tiva, la Corte afferma l’esclusione da tale limite delle risorse previste dall’art. 72 CCNL comparto Funzioni Locali, in ragione della loro natura assistenziale e previdenziale.
Il limite a cui sono sottoposte tali risorse, in defini- tiva, è quello specificamente previsto dallo stesso art. 72 CCNL e cioè di precedenti stanziamenti di risorse, sulla base delle vigenti e specifiche disposizioni nor- mative in materia.
Considerazioni conclusive
Il parere in commento, ponendosi nel solco della giurisprudenza contabile in materia, chiarisce che le risorse dedicate a finalità di welfare integrativo, secondo le previsioni dell’art. 72 CCNL comparto Funzioni locali, non rientrano nel limite del tratta- mentoaccessorio fissato dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 75/2017.
Ciò che va evidenziato, in definitiva, è che nel suddetto limite vi rientrano le erogazioni aventi finalità retributiva e connesse, dunque, alla presta- zione lavorativa svolta dal dipendente, in virtù del rapporto sinallagmatico con la PA e in attuazione del principio, sancito dall’art. 7, comma 5, D.Lgs. n. 165/ 2001, secondo cui le Amministrazioni Pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che
non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
Ciò posto, sarebbe incoerente che risorse che finan- ziano benefici, come quelli in esame, aventi natura diversa debbano trovare un limite in specifiche pre- visioni normative che riguardano istituti ontologica- mente differenti. I benefici in parola, difatti, sono connessi allo status di dipendente e non alla specifica prestazione lavorativa dallo stesso resa.
In ultima analisi, come chiarito anche dall’ARAN nel parere CFL29/2018, il limite che la contrattazione collettiva pone alle risorse in parola è costituito dalla disponibilità di risorse già stanziate dagli enti, ai sensi delle vigenti disposizioni, anche per finalità assistenziali nell’ambito di strumenti a carattere mutualistico e anche se già utilizzati dagli enti stessi, non prevedendo il CCNL altre e diverse forme di finanziamento.
In conclusione, l’opportunità prevista dall’art. 72 CCNL comparto Funzioni locali, nel rispetto di quanto sopra indicato, potrebbe essere proficua- mente utilizzata dalle amministrazioni allo scopo di puntare su nuove e più incisive leve motiva- zionali, funzionali ad accrescere il benessere orga- nizzativo interno alle strutture, quale contributo all’aumento della produttività individuale e all’in- vestimento sul capitale umano della Pubblica Amministrazione.