COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) DI STASO Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) TRENTO Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) MERUZZI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(BO) XXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - NICOLA DI STASO
Nella seduta del 28/09/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
In data 9.6.2011, parte ricorrente stipulava un contratto di finanziamento verso cessione del quinto dello stipendio per un montante di 25.200,00 euro, da restituire mediante 120 rate mensili di 210,00 euro ciascuna, con decorrenza 1.10.2011. Tra le condizioni economiche applicate al finanziamento figuravano: commissioni bancarie per 252,00 euro; commissioni a favore dell’intermediario finanziario per 1.764,00 euro; spese di riscossione rata per 360,00 euro e polizza assicurativa “vita” per 362,88 euro. Con decorrenza 30.9.2015, pagata la 48a rata, estingueva anticipatamente il contratto, ricevendo 216,00 euro a titolo di “rimborso commissioni di gestione”.
La ricorrente sostiene che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.M 8.7.1992, dell’art. 125 del TUB e del D.Lgs. n. 141/10 sia incontestabile che l’intermediario sia tenuto a restituire, in relazione agli oneri contrattuali pagati anticipatamente dal consumatore, la relativa quota non maturata (assunto confermato dalla Comunicazione del Governatore del 10.11.2009). Fa notare poi che nel contratto le modalità di rimborso, pur essendo espresse, sono esplicitate in modo difficilmente comprensibile ad un consumatore e con limitazioni prive di
specifiche spiegazioni, con la conseguenza che vi è una diretta violazione dell’art. 125 sexies TUB. Ne deriva, a suo avviso, che l’importo che dovrà essere preso in considerazione quale ristorno, non potrà che essere l’intero ammontare delle commissioni, proporzionato per le mensilità del finanziamento con scadenza oltre la data di estinzione; gli oneri assicurativi, inoltre, devono essere ristorati dall’istituto finanziario erogante, come stabilito dall’accordo ABI-ANIA del 22.10.2008, recante “Linee guida per le polizze assicurative connesse a mutui e altri contratti di finanziamento”, e dall’art. 49 del regolamento ISVAP n. 35/10. Per quanto concerne le commissioni in favore dell’intermediario finanziario, la clausola che la prevede deve ritenersi integralmente nulla, nessuna commissione è dovuta e le somme già corrisposte devono essere integralmente restituite (cfr. Collegio di Roma, decisione n. 4550/15, relativa ad un caso speculare alla presente fattispecie). In effetti, su un piano normativo, l’art. 34, comma 2, del D.Lgs 206/05, dispone che “la valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene [...] all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile”; il successivo comma 4, al fine di escludere la vessatorietà di una clausola affetta da tale squilibrio, pone la stringente condizione che la medesima sia stata oggetto di trattativa tra le parti; l'art. 125-novies, comma 2, del TUB, riguardante gli intermediari del credito dispone che “il consumatore è informato dell’eventuale compenso da versare all'intermediario del credito per i suoi servizi. Il compenso è oggetto di accordo tra il consumatore e l'intermediario del credito su supporto cartaceo o altro supporto durevole prima della conclusione del contratto di credito”. Il compenso in favore dell’intermediario del credito deve pertanto risultare da una trattativa con quest’ultimo, a monte della quale, al consumatore deve essere resa disponibile un’informazione puntuale, su supporto cartaceo o durevole, dell’adeguatezza delle commissioni richieste, pena la conseguente radicale nullità della clausola. Quanto al caso di specie, comparando l’ammontare dell’intera commissione di intermediazione (1.764,00 euro, pari al 8,98% del capitale finanziato), con il dato medio delle commissioni per i prestiti alle famiglie diffuso trimestralmente dalla Banca d’Italia per il periodo inerente alla data di stipula del contratto, risulta che la ricorrente ha sostenuto un costo di intermediazione pari al dato medio dei prestiti alle famiglie (4,58%) maggiorato del 96,12%. Ai fini di una valutazione del carattere di vessatorietà della clausola, secondo la ricorrente rilevano le seguenti circostanze: a) sussiste un significativo squilibrio tra diritti e obblighi del consumatore; b) in ordine al corrispettivo, non si rinviene alcuna individuazione, tanto meno chiara e comprensibile; c) non vi è mai stata alcuna trattativa tra le parti, essendo le clausole riportate su di uno stampato uniforme identico per tutti i contratti di questo tipo nell’unità di tempo, riempito con i dati del cliente e gli importi commissionali.
Chiede pertanto con il ricorso che sia dichiarata la nullità della clausola di intermediazione del credito, con obblighi restitutori a carico dell’intermediario dell’intero ammontare della stessa, oltre al rimborso pro quota delle altre commissioni e degli oneri (euro 2.034,75), il tutto maggiorato di interessi legali e di spese legali per euro 500. In subordine, salve le domande accessorie, chiede il rimborso pro quota di tutte le commissioni e tutti gli oneri applicati al finanziamento per la complessiva somma di euro 1.329,15.
Parte resistente conferma i fatti di causa, in relazione alla stipulazione del finanziamento verso cessione del quinto dello stipendio in oggetto, assistito da polizza assicurativa, e successivamente estinto in via anticipata, come deciso dalla ricorrente in data 19.9.2015, e dichiara di essere divenuto titolare del rapporto controverso a seguito di un’operazione di cessione del ramo d’azienda dell’originario mutuante mandante costituito da tutte le attività, passività e rapporti legati alle operazioni di finanziamento contro cessione del
quinto dello stipendio/pensione e delegazione di pagamento risultanti attive alla data del 30.6.2012.
In punta di diritto, l'intermediario sostiene che la ricorrente è stata idoneamente informata di tutte le condizioni contrattuali e delle voci di costo del finanziamento in base a quanto previsto dalla normativa in materia vigente all’epoca della conclusione del contratto e pertanto nessuna clausola si può ritenere nulla. Rileva poi che le commissioni bancarie, analiticamente descritte nel punto 3.1 del modulo Secci, costituiscono il corrispettivo per una serie di attività la cui natura è evidentemente di carattere preliminare alla concessione del finanziamento, per cui se ne deve riconoscere la non rimborsabilità. Anche le commissioni corrisposte a favore dell’intermediario finanziario, indicate al punto 3.1 del modulo Secci, corrispondendo “all’istruttoria del finanziamento (processing data, info commerciali, costo interrogazione banche dati, costo del personale addetto all’istruttoria dei finanziamenti, raccolta e archiviazione dei documenti) e di costi relativi alla organizzazione della società (altre spese operative, consulenze, pubblicità, Enasarco)”, non sono rapportati alla durata del finanziamento e non possono essere restituiti al cliente in sede di estinzione anticipata. Inoltre, le spese di riscossione rata per il mutuante, essendo riferite a componenti rapportate alla durata del finanziamento, sono già state restituite al cliente in occasione della estinzione anticipata nella misura di 216,00 euro. Con riferimento alla contestata violazione dell’art. 125-novies, secondo comma, TUB, tale disposto non può trovare applicazione nel caso in esame in quanto chiaramente inerente agli obblighi posti in capo all’intermediario del credito (e non al finanziatore), nell’ambito di un eventuale contratto tra lo stesso ed il cliente, e non tra il cliente e il finanziatore, uniche parti contrattuali del finanziamento. Non sussiste alcuna previsione codicistica, nemmeno all’interno del TUB, che prescriva la nullità parziale del contratto per una sua violazione, che potrebbe comportare sanzioni esclusivamente amministrative. Ritiene la parte resistente che l’unico soggetto legittimato passivo al rimborso degli oneri assicurativi non goduti è l’impresa assicuratrice e non l’ente erogatore del credito, come chiarito dal giudice ordinario (Tribunale di Torino, sentenze n. 3944 del 28.5.2015 e n. 1354 del 9.3.2016), chiamato a valutare fattispecie analoghe; dalle disposizioni vigenti (L. 221/2012, di conversione del D.L. 179/2012; art. 49 del Regolamento n. 35/10 dell’ISVAP; art. 10- sexies del Regolamento n. 46/16 dell’IVASS); dalle dettagliate argomentazioni contenute in una comunicazione PEC, inviata dall’intermediario il 30.5.2016 ai collegi ABF di Milano, Napoli e Torino, condivisa con la propria capogruppo. La richiesta di rifusione delle spese legali non può essere accolta in quanto manca la documentazione che ne comprovi il pagamento, alla luce dei principi statuiti dalla decisione del Collegio di coordinamento n. 6167/14 (di cui ha fatto applicazione il Collegio di Milano, decisioni n. 4730/15 e n. 4744/15). Nel caso di specie, conclude, si è di fronte a un classico esempio di lite a carattere seriale (come statuito da Collegio di Napoli, decisione n. 3616/16) e perciò non è necessario il ricorso ad un legale (Collegio di Milano, decisioni n. 4046/15, n. 2976/16, n. 2540/15, n. 6645/14 e n. 6730/14).
Chiede pertanto che il ricorso sia rigettato, in quanto infondato sia nelle domande principali che in quelle subordinate.
Con note di replica, la ricorrente conferma le proprie posizioni, con particolare riferimento all’applicazione dell’art. 125 novies anche agli agenti in attività fìnanziaria e alla vessatorietà della clausola in vertenza.
DIRITTO
1. In xxx xxxxxxxxxxx, il Collegio evidenzia come la domanda si inserisca nell'ambito del ben noto filone della retrocessione proporzionale degli oneri applicati a prestiti verso cessioni del quinto della retribuzione, nel momento in cui questi finanziamenti vengono estinti anticipatamente rispetto al normale decorso del piano di ammortamento. Tuttavia, il ricorrente, ed è ciò che caratterizza detto ricorso, spezza le domande in due segmenti: l'uno, principale, tende a richiedere, accanto alla retrocessione proporzionale delle altre commissioni e oneri, anche la declaratoria di invalidità (con conseguente obbligo di retrocessione dell'intero importo versato al momento della contrazione del prestito) della commissione per l'intermediario del credito, frappostosi nel perfezionamento del finanziamento (e si vedrà tra un istante come occorra distinguere, all'interno di tali operatori, tra agenti finanziari, mediatori creditizi, enti iscritti negli appositi albi di cui all'art. 106 TUB o semplici mandatari del finanziatore).
Più in particolare, parte ricorrente assume che detta clausola sarebbe contrastante con norme inderogabili di legge, costituite dall'art. 125 novies T.U.B. (di cui viene postulata l'applicabilità ratione temporis) e con la normativa in tema di tutela del consumatore e segnatamente con le norme di cui agli artt. 33 e 34, commi 2 e 4.
Il ricorrente allega la vessatorietà della previsione contrattuale relativa alla commissione qui ricordata, in relazione al significativo squilibrio tra le prestazioni, con particolare riferimento all’importo dovuto, alla carenza di informazione ed alla mancanza di trattativa tra le parti.
La domanda subordinata ulteriore, sottoposta all'attenzione del Collegio, nel caso in cui venisse rigettata detta interpretazione del dettato normativo in merito alla commissione dell'intermediario, è una ben nota domanda di retrocessione degli oneri e delle commissioni applicate al finanziamento, inclusa quella in favore dell'intermediario del credito, sulla base del principio proporzionale, come ritenuto elaborato dalla giurisprudenza ABF.
2. Inquadrata in questi termini la domanda su cui il Collegio è chiamato a pronunciarsi, si deve premettere che la domanda principale è stata recentemente fatta oggetto di analisi da parte del Collegio di Coordinamento (ci si riferisce alle decisioni n. 9584 e 9585 del 1 agosto 2017). Il Collegio ha elaborato importanti principi che, per la loro rilevanza sistematica, meritano di essere riportati letteralmente come segue.
Anzitutto, il Collegio ha preso in esame la disposizione normativa principale utilizzata per impugnare la clausola (i.e. la commissione per l'intermediario finanziario), ossia l'art. 125 novies (e segnatamente il secondo comma dell'articolo). Detta norma, introdotta nel Testo Unico Bancario, con il d.lgs. 141/10 (entrato in vigore a far data dal 19 settembre 2010), prevede che “il consumatore è informato dell’eventuale compenso da versare all'intermediario del credito per i suoi servizi. Il compenso è oggetto di accordo tra il consumatore e l'intermediario del credito su supporto cartaceo o altro supporto durevole prima della conclusione del contratto di credito”. Xxxxxx, in primo luogo, il Collegio di Xxxxxxxxxxxxx ha ritenuto che detta norma, per le caratteristiche delle varie figure professionali che si presentano nella conclusione di un contratto di finanziamento siffatto, non sarebbe rettamente interpretata qualora la si estendesse a ogni figura professionale intervenuta nella fase negoziale di un prestito.
In primo luogo, la norma sopra citata, e i relativi diritti a favore del cliente, non può trovare applicazione laddove l'intermediario intervenuto sia, sebbene la figura di cui infra sia sussumibile nel genere degli intermediari del credito (art. 121 comma 1 lett. h), un agente
del finanziatore, in quanto, ad onta del disposto normativo che prevede il pagamento (diretto) di una somma dal cliente all'intermediario del credito, “non è invece configurabile la richiesta rivolta al consumatore di corrispondere un compenso a favore dell’agente in attività finanziaria, posto che quest’ultimo, a norma dell’art. 128-quater del TUB, agisce esclusivamente su mandato di un intermediario, il quale provvede alla sua remunerazione e inserisce il relativo ammontare fra i costi del credito che compongono il TAEG”. A conclusioni differenti (a' fini della definizione soggettiva del parametro di applicazione della normativa), ed è questa la condizione che ricorre per la decisione del caso in vertenza, si deve giungere qualora l'intermediario del credito sia un intermediario del credito rientrante in quelli di cui all'albo ex art. 106 TUB (“l’ “intermediario ex art. 106 TUB” indicato nel contratto come “intermediario del credito” ricade nell’ambito applicativo dell’art. 125- novies”), ovvero un mediatore creditizio, di cui all'art. 128 sexies TUB.
Nel caso di cui al ricorso, è indubbio l'intervento di un mero agente in attività finanziaria iscritto all'apposito albo. Pertanto, in ossequio alla decisione del Collegio di Coordinamento citata, non vi è spazio per l'applicazione della norma indicata.
3. Detto ciò, non resta che procedere con l'esame dell'ulteriore argomentazione che viene prospettata dalla parte ricorrente per fare dichiarare l'invalidità della clausola di intermediazione finanziaria, basata sul contrasto con la disciplina in tema di diritto del consumatore (articolo 34 commi 2 e 4 cod. cons.). Su tale aspetto, il Collegio non può che rilevare come le norme chiamate in causa dal ricorrente, in realtà, si limitino a richiedere, impedendo al giudicante ogni valutazione in termini di convenienza economica dell'affare per il consumatore, che il professionista illustri in modo chiaro e comprensibile gli oneri collegati alla prestazione dei servizi propri o dei propri ausiliari. Nel caso in vertenza, il Collegio non può che fare proprio l'orientamento già espresso dall'ABF come segue: “la clausola di cui alla presente controversia sfugge, tuttavia, alle indicazioni “presuntive” appena richiamate, in quanto da reputarsi sussumibile sotto la previsione di cui al secondo comma dell’art. 34 cod. consumo, che esclude che il carattere vessatorio di una clausola possa attenere alla “determinazione dell’oggetto del contratto” o anche “all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi”, a condizione che tali elementi siano individuati “in modo chiaro e comprensibile”. La previsione appena richiamata sembra disegnare un delicato punto di equilibrio tra il principio della libertà contrattuale, al quale il nostro sistema di diritto contrattuale continua a ispirarsi, e l’esigenza di perseguire la giustizia sostanziale nell’ambito dei rapporti obbligatori derivanti dalla regola negoziale. La norma in esame, in particolare, sembra precludere all’interprete la possibilità di sindacare l’equilibrio economico dell’assetto di interessi divisato dalle parti, trattenendolo dalla tentazione di arrischiarsi a determinare il pretium iustum delle prestazioni dedotte nel regolamento contrattuale. Questa soluzione incontra però un limite correlato all’esigenza di assicurare che il rapporto obbligatorio sia pienamente trasparente. E così anche l’equilibrio economico dell’operazione negoziale diventa sindacabile ogniqualvolta le clausole relative all’oggetto del contratto e al corrispettivo dei beni e dei servizi siano formulate in modo poco perspicuo. L’asimmetria informativa, che già di partenza caratterizza il rapporto professionista-consumatore, ha indotto il legislatore a mostrare assoluta intolleranza per le clausole relative al prezzo che non siano formulate in modo “chiaro e comprensibile”. Applicando queste regole al caso di specie, il Collegio ritiene che la clausola di cui alla lett. D del regolamento contrattuale concluso inter partes si sottragga a una valutazione di vessatorietà. Occorre infatti tenere presente che la somma dovuta dal consumatore risulta chiaramente indicata, senza possibilità di generare incertezze” (Collegio di Napoli n. 5194/13).
In questo senso, a nulla vale confondere l'opacità della clausola descrittiva dell'attività
negoziale posta in essere dall'intermediario del credito con l'opacità in sé della clausola del prezzo che invece, nel caso di specie, risulta essere perfettamente comprensibile, essendo stata quantificata in un importo economico in valore assoluto, perfettamente determinato e comprensibile (tanto da essere quantificata proprio dal medesimo ricorrente in sede di domanda subordinata, il quale ben era al corrente di quanto avrebbe corrisposto al professionista). Inoltre, a nulla vale argomentare sulla base della (presunta) eccessiva onerosità della commissione (impiegando in modo discutibile parametri statistici rilevati per altri fini e con altri presupposti, cfr. Collegio di Coordinamento n. 9584/17), in quanto argomentazione del tutto estranea, come testé evidenziato nel richiamato precedente, ai fini del giudizio di (in)validità della clausola in parola; in ogni caso, come nota anche il Collegio di Coordinamento, un eventuale difetto informativo non potrebbe che rilevare non agli effetti della vessatorietà della clausola, ma solo ai fini della eventuale responsabilità precontrattuale, e di un ipotetico risarcimento del danno, elementi ai quali, peraltro, il ricorrente non ha fatto neppure cenno.
In conclusione, la parte della domanda principale, tendente a rilevare l'invalidità della clausola di determinazione della commissione dell'intermediario del credito, non può trovare accoglimento.
4. A questo punto il Collegio procede all’esame della domanda formulata dal ricorrente in via subordinata.
Il Collegio richiama il costante orientamento dell’ABF secondo il quale, in caso di estinzione anticipata del prestito contro cessione del quinto della retribuzione/pensione/con delegazione di pagamento: (a) sono rimborsabili, per la parte non maturata, le commissioni bancarie (comunque denominate) così come le commissioni di intermediazione e le spese di incasso quote; (b) in assenza di una chiara ripartizione nel contratto tra oneri e costi up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle suddette voci deve essere preso in considerazione al fine della individuazione della quota parte da rimborsare; (c) l’importo da rimborsare viene stabilito secondo un criterio proporzionale ratione temporis, tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue; (d) l’intermediario è tenuto al rimborso a favore del cliente di tutte le suddette voci, incluso il premio assicurativo (v. Collegio di Coordinamento, decisione n. 6167/2014).
Il Collegio richiama, altresì, come il Collegio di Coordinamento, successivamente, abbia espresso i seguenti princìpi generali: (a) l’art. 125-sexies t.u.b. è una norma imperativa che esplicita un criterio di competenza economica non derogabile; (b) di conseguenza, «il ricorso all’autonomia negoziale non può spingersi fino ad escludere ex ante– attraverso la negoziazione di un criterio di rimborso alternativo a quello pro rata temporis– il rimborso di costi versati dal cliente e dovuti per attività o prestazioni non erogate per effetto dell’estinzione anticipata del finanziamento»; (c) fermo restando quanto precede, nonché la ribadita esigenza di una chiara distinzione tra costi up front e costi recurring, l’autonomia negoziale delle parti può esplicarsi nella individuazione del criterio di maturazione dei costi definiti come recurring, nel senso che tale maturazione può «avere uno sviluppo non strettamente lineare o proporzionale»; (d) quando ciò avviene, anche il rimborso dovuto al soggetto finanziato in caso di estinzione anticipata può – coerentemente – seguire il criterio adottato per la maturazione dei costi recurring, ossia può risultare «non strettamente lineare o proporzionale (come normalmente avviene)»; (e) in conclusione, dunque, «le parti sono libere di determinare i futuri costi recurring e la loro distribuzione nel corso del tempo, ma non la quota di quei costi oggetto di rimborso in caso di estinzione anticipata del finanziamento, la cui determinazione è, in ogni caso, regolata dal principio di
competenza economica, da intendersi quale criterio legale di rimborso ex art. 125-sexies TUB» (decisione n. 10035/2016).
Passando, perciò, alla trattazione delle voci di costo applicate al finanziamento, si rileva quanto segue:
la commissione bancaria applicata al finanziamento deve essere qualificata di natura recurring, come chiarito dalla Conferenza dei Collegi del 15 maggio 2017, in considerazione dell’opacità della clausola e della indicazione di attività (in particolare l’archiviazione fisica e ottica) che non possono con certezza limitarsi alla sola fase iniziale del prestito;
natura recurring hanno anche le commissioni dell’intermediario finanziario, in quanto anche essa opaca e collegata ad attività non limitabile alla fase prodromica al finanziamento (ci si riferisce alla voce “costi relativi all’organizzazione della società”). In questo senso, cfr. Collegio di Roma n. 4708/17;
natura recurring, per definizione, hanno le spese per riscossione rata (le quali, peraltro, risultano già rimborsate dall’intermediario);
i costi assicurativi, rilevata la legittimazione passiva in capo all’intermediario nel suo rimborso e la assenza di criteri specifici per il rimborso del premio, debbono essere rimborsati secondo il criterio proporzionale (cfr. Collegio di Coordinamento n. 6167/14). A tale proposito, si deve rimarcare che parte ricorrente dà atto di avere ricevuto, sebbene non vi sia traccia in proposito negli atti, a titolo di rimborso di detta voce di costo euro 98,18.
Ne consegue che le somme che devono essere retrocesse alla ricorrente sono quelle che emergono dalla tabella di cui d’appresso.
rate pagate | 48 | rate residue | 72 | Importi | Metodo pro quota | Rimborsi già effettuati | Residuo |
Oneri sostenuti | |||||||
Commissioni bancarie | 252,00 | 151,20 | 0,00 | 151,20 | |||
Commissioni intermediario finanziario | 1.764,00 | 1.058,40 | 0,00 | 1.058,40 | |||
Spese riscossione rata | 360,00 | 216,00 | 216,00 | 0,00 | |||
Premio assicurativo | 362,88 | 217,73 | 98,18* | 119,55 | |||
Totale | 1.329,15 | ||||||
* La ricorrente riferisce - limitando di conseguenza la domanda - di un rimborso di 98,18 euro, di cui però non vi è evidenza alcuna |
Sulla somma così calcolata è dovuto il rimborso degli interessi legali a decorrere dalla data del reclamo al saldo effettivo.
La domanda di ristoro delle spese per la difesa tecnica è respinta, in ossequio all’orientamento del Collegio di coordinamento (Decisione n. 4618/16).
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio – in parziale accoglimento del ricorso – dichiara l’intermediario tenuto in favore della parte ricorrente alla restituzione dell’importo complessivo di euro 1.329,15 (milletrecentoventinove/15), oltre interessi legali dalla data del reclamo.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda
alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1