PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
2018-2020
Approvato dal Consiglio di Amministrazione nella seduta del 31 gennaio 2018
Redatto dal Gruppo di Supporto al Direttore Generale
Sommario
2. IL PROCESSO DI REDAZIONE DEL PIANO 7
3. LA PREVENZIONE ED IL CONTRASTO ALLA CORRUZIONE 9
4.2.1 ARTICOLAZIONE ORGANIZZATIVA 19
4.2.2 LA SITUAZIONE DOPO GLI EVENTI SISMICI 22
4.2.3 LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E I RISCHI LEGATI ALLA RICOSTRUZIONE POST -SISMA 24
5.1 GLI ORGANI DI INDIRIZZO POLITICO 27
5.2 IL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLA TRASPARENZA (RPCT) 28
5.3 IL GRUPPO DI SUPPORTO AL DIRETTORE GENERALE 30
5.4 I DIRIGENTI – I REFERENTI PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE 30
5.5 L’ORGANISMO INDIPENDENTE DI VALUTAZIONE (OIV) 31
5.6 L’UFFICIO PROCEDIMENTI DISCIPLINARI (UPD) E IL COLLEGIO DI DISCIPLINA 33
5.8 I COLLABORATORI E I CONSULENTI 34
6.1 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI RISCHIO 36
7. LE MISURE DI PREVENZIONE 43
7.1 MISURE DI PREVENZIONE GENERALI 44
7.1.1 CODICE DI COMPORTAMENTO 44
7.1.2 ROTAZIONE DEGLI INCARICHI 46
7.1.3 ASTENSIONE IN CASO DI CONFLITTO DI INTERESSI 48
7.1.4 SVOLGIMENTO INCARICHI D’UFFICIO, ATTIVITÀ ED INCARICHI EXTRA-ISTITUZIONALI 52
7.1.5 INCONFERIBILITÀ DI INCARICHI DIRIGENZIALI IN CASO DI PARTICOLARI ATTIVITÀ O INCARICHI PRECEDENTI (PANTOUFLAGE – REVOLVING DOORS) ED INCOMPATIBILITÀ SPECIFICHE PER POSIZIONI DIRIGENZIALI 54
7.1.6 SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ SUCCESSIVA ALLA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO (PANTOUFLAGE – REVOLVING DOORS) 58
7.1.7 FORMAZIONE DI COMMISSIONI, ASSEGNAZIONI AGLI UFFICI, CONFERIMENTO DI INCARICHI DIRIGENZIALI IN CASO DI CONDANNA PENALE PER DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 60
7.1.8 TUTELA DEL DIPENDENTE CHE EFFETTUA SEGNALAZIONI DI ILLECITO (C.D. WHISTLEBLOWER) 62
7.1.9 FORMAZIONE IDONEA A PREVENIRE IL RISCHIO DI CORRUZIONE 66
7.1.10 PATTI DI INTEGRITÀ E PROTOCOLLI DI LEGALITÀ 67
7.1.11 AZIONI DI SENSIBILIZZAZIONE E RAPPORTO CON LA SOCIETÀ CIVILE 68
7.1.12 TRASPARENZA DEGLI INCARICHI 69
7.1.13 RISPETTO DEI TERMINI PREVISTI DALLA LEGGE O DAI REGOLAMENTI PER LA CONCLUSIONE DEI PROCEDIMENTI 70
7.2 MISURE DI PREVENZIONE SPECIFICHE 71
7.2.1 CONFERIMENTO DI INCARICHI DI PRESTAZIONE DI LAVORO AUTONOMO 71
7.2.2 PROCEDURE CONCORSUALI O PROVE SELETTIVE FINALIZZATE AL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE 72
7.2.4 PROCEDURE DI VERBALIZZAZIONE ESAMI DI PROFITTO 83
7.2.5 PROCEDURE SELETTIVE PER L’ACCESSO A CORSI A NUMERO CHIUSO, PER ESAMI DI STATO DI
ABILITAZIONE E PER L’ACCESSO A CORSI DI DOTTORATO DI RICERCA 84
7.2.6 CONTROLLI AUTOCERTIFICAZIONI 86
7.2.7 INFORMATIZZAZIONE DEI PROCESSI 86
7.2.8 RISPETTO DEI REGOLAMENTI, PROTOCOLLI E PROCEDURE ED OBBLIGHI DI SEGNALAZIONE 87
7.2.10 ATTESTAZIONE DELLA PRESENZA IN SERVIZIO 88
8.2 INIZIATIVE DI COMUNICAZIONE DELLA TRASPARENZA 91
8.3. ATTUAZIONE DELLE MISURE 92
8.4 MISURE PER ASSICURARE L’EFFICACIA DELL’ISTITUTO DELL’ACCESSO CIVICO 94
8.5 TRASPARENZA: LIMITI E PRIVACY 96
9. COLLEGAMENTO CON IL PIANO DELLA PERFORMANCE 99
10. TEMPI E MODALITÀ DI REVISIONE 101
ALLEGATI 101
• TABELLA CALCOLO LIVELLO DI RISCHIO 101
• ELENCO DEGLI OBBLIGHI DI PUBBLICAZIONE - FLUSSO DELLE INFORMAZIONI E DEI DATI 101
Il Piano di Prevenzione della corruzione UNICAM per il triennio 2018/2020 è il secondo che viene adottato dall’Ateneo, ma è il primo che recepisce integralmente le disposizioni normative in materia. Si tratta quindi di un piano che inevitabilmente riprende al suo interno la normativa vigente con dei riferimenti precisi ai Piani Nazionali Anticorruzione approvati dal 2013. L’intento è di costituire una corposa base che possa essere di riferimento per i futuri aggiornamenti dello stesso. Inoltre il Piano è stato elaborato sulla base di uno scenario particolarmente critico: come meglio illustrato nel prosieguo, infatti, gli eventi sismici che hanno colpito il centro Italia da agosto a fine 2016 hanno interessato anche l’Università di Camerino, che proprio per questo motivo tuttora attraversa una fase di eccezionale rischio di compromissione degli interessi primari. L’attuale stato d’emergenza, che inevitabilmente si protrarrà per un lungo periodo, oltre a non rendere possibile una valutazione sulla tempistica di ripristino della situazione pre-sisma, ha reso indispensabile dover riconsiderare tutto il processo di programmazione pluriennale dell’Ateneo, attività ancora in fase di definizione, e ha forzatamente determinato la procedura di redazione e di adozione del presente Piano.
La prima fase del processo di gestione del rischio di corruzione, che consiste nell’analisi del contesto interno, ossia nella mappatura di tutte le attività svolte è stata fortemente influenzata dallo scenario sopra evidenziato. D’altro canto, il presente Piano ratifica e conferma alcune prassi o processi, che UNICAM, pur non avendole esplicitate nel Piano precedente, aveva comunque adottato. In aggiunta il Piano ha alla base un’elaborazione di una metodologia scientifica di analisi del rischio, che è stata specificamente studiata e calibrata in relazione al peculiare contesto amministrativo dell’amministrazione. Particolare attenzione è stata posta anche sull’interazione tra il controllo di gestione, la misurazione della performance e il Piano triennale, in quanto si è considerato che l’adozione di un Piano il più possibile esaustivo in tutte le sue parti è d’ausilio anche per attività di miglioramento gestionale e di valutazione della performance. In tema di misure per la prevenzione della corruzione di carattere generale, l’attuale Piano parte da un’attenta ricognizione, stabilendo, per ciascuna una programmazione, i futuri ‘step’ di avanzamento e le relative fasi e tempi di esecuzione.
Il risultato di questo processo di analisi è un Piano che registra l’introduzione di molteplici novità, sia metodologiche sia nel contenuto, sempre ponendo l’accento sulla ‘mission’ istituzionale dell’Ateneo. Anche le operazioni di monitoraggio si sono svolte con la partecipazione attiva di tutti i membri del Gruppo di Supporto al Direttore Generale, che si sono fatti parte attiva di un processo sganciato dalla logica del mero “adempimento formale”, ma strettamente vissuto con analisi critica e autocritica delle attività espletate. Infatti, il monitoraggio sullo stato di attuazione delle misure individuate dal Piano di prevenzione risulta il vero obiettivo degli strumenti anti-corruzione, in quanto evidenzia che cosa l’amministrazione sia concretamente in grado di attuare in termini di prevenzione dei comportamenti corruttivi ed costituisce l’indispensabile punto di partenza per l’elaborazione del nuovo Piano di prevenzione per il triennio 2018/2020.
Per quanto riguarda la governance di Ateneo, dal 1 novembre 2017 è entrato in carica il nuovo Rettore dell’Ateneo, xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx, il cui mandato copre il sessennio accademico 2017-
2023. Attualmente è in fase di definizione un nuovo piano strategico di Ateneo. Anche l’assetto amministrativo sarà oggetto di una radicale riforma, fortemente voluta dal Rettore e dal nuovo Direttore Generale, Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx, in carica dal 2 ottobre 2017. La nuova organizzazione amministrativa coinvolgerà tutte le strutture dell’Ateneo. Di conseguenza le misure previste nel presente Piano andranno poi calibrate e adattate al nuovo assetto. Risulterà quindi necessario un aggiornamento del Piano, tenendo anche conto delle indicazioni contenute nell’aggiornamento 2017 al Piano Nazionale Anticorruzione, approvato e pubblicato dall’ANAC nel mese di dicembre 2017, che contiene un approfondimento riguardante le Università.
2. IL PROCESSO DI REDAZIONE DEL PIANO
La normativa in materia di prevenzione della corruzione ha rappresentato per tutte le amministrazioni pubbliche il punto di partenza verso l’implementazione di nuove misure per l’attuazione di efficaci strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità. UNICAM, da sempre particolarmente attenta alla garanzia dei diritti, dell’etica e della legalità, si è contraddistinta nelle attività volte a dare maggiore garanzia e trasparenza a tutti gli interlocutori dell’Università. In tal senso il presente Piano costituisce un imprescindibile documento programmatico, condiviso dagli organi di indirizzo politico con il Direttore Generale, Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza.
La redazione del Piano è stata affidata al Gruppo di Supporto al Direttore Generale tenendo conto:
• della Legge 190/2012;
• del Piano Nazionale Anticorruzione predisposto nel 2013 dal Dipartimento della Funzione pubblica;
• della Determinazione dell’X.X.XX. n. 12 del 28 ottobre 2015 “Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione”;
• della delibera dell’X.X.XX. n. 831 del 3 agosto 2016 “Determinazione di approvazione definitiva del Piano Nazionale Anticorruzione 2016”;
• della delibera dell’X.X.XX. n. 1208 del 22 novembre 2017 “Approvazione definitiva dell’Aggiornamento 2017 al Piano Nazionale Anticorruzione”
• della circolare n. 1/2013 del Dipartimento della Funzione pubblica;
• del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” e successive modificazioni;
• del d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39 “Disposizioni in materia di inconferibilità ed incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”;
• del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 “Regolamento recante Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165”;
• di tutte le altre indicazioni, linee guida e/o orientamenti e determinazioni dell’X.X.XX. (già CiVIT);
• delle norme statali che trovano applicazione alle Università;
Inoltre, in conformità a quanto deliberato dall’X.X.XX. con l’aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione 2015, per la redazione del presente Piano sono stati considerati:
• lo Statuto dell’Università degli Studi di Camerino;
• i regolamenti interni UNICAM;
• Il Codice etico e di comportamento UNICAM;
• La Programmazione triennale UNICAM 2013‐2015;
• Il Budget economico e degli investimenti unico di Ateneo;
• La Programmazione triennale 2016-2018 presentata al MIUR (art. 1-ter, comma 1, del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla legge n. 43/2005);
• Il Piano integrato della performance UNICAM 2018-2020.
Secondo quanto previsto dalla Circolare del Dipartimento della Funzione pubblica n. 1/2013, gli ambiti di applicazione del presente Piano riguardano tutte le attività dell’Università (scientifiche, formative, amministrative) nelle quali sia possibile riscontrare un rischio di abuso da parte del soggetto che detiene un potere a lui affidato, al fine di ottenere vantaggi privati. Esso è rivolto, dunque, a tutto il personale dell’Università: personale tecnico amministrativo, C.E.L. ed al personale docente e ricercatore. Per quanto compatibili, le misure e gli obblighi di condotta previsti nel Piano si applicano anche a tutti i soggetti che intrattengono rapporti con l’Ateneo e, in particolare, ai collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ivi inclusi gli incarichi di didattica ai sensi dell’art. 23 della legge 30 dicembre 2010, n. 240; ai titolari di assegni di ricerca di cui all’art. 22 della legge n. 240/2010; ai titolari di borse di studio e di ricerca; agli studenti titolari di contratti di collaborazione a tempo parziale; al personale ed ai collaboratori a qualsiasi titolo delle società partecipate e ‘in house’ dell’Ateneo e delle imprese fornitrici di beni o servizi che realizzano opere in favore dell’amministrazione e ad ogni altro soggetto a cui la normativa estenda l’applicazione. La violazione, da parte dei soggetti tenuti all’osservanza del presente Piano, delle misure di prevenzione previste costituisce illecito disciplinare ai sensi di quanto previsto dall’art. 1, comma 14, della legge n. 190/2012.
Come previsto nella determinazione dell’X.X.XX. n. 12 del 28 ottobre 2015, una volta adottato, il Piano dovrà essere tempestivamente pubblicato sul sito istituzionale dell’Ateneo, nella sezione “Amministrazione trasparente”, sotto-sezione “Altri contenuti > Prevenzione della corruzione”. Tutti i soggetti sopra citati sono tenuti a prendere visione del Piano, ad osservarlo e a farlo osservare. Il Responsabile darà opportuna visibilità e diffusione al Piano della prevenzione della corruzione con l’invio tramite posta elettronica a tutto il personale dell’Ateneo (soggetti interni ed esterni) indicando il link ed il percorso da seguire per prendere atto dei suoi contenuti. A decorrere dalla sua approvazione, il personale neoassunto, a qualsiasi titolo, sarà chiamato a prendere atto del presente Piano al momento della presa di servizio attraverso la sottoscrizione di un’apposita dichiarazione.
È dovere di tutto il personale:
• prendere visione del presente Piano;
• adottare tutti gli standard di condotta raccomandati nel Piano;
• rivolgersi al Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza o al Gruppo di Supporto per ottenere consiglio circa la condotta da tenere in relazione a fattispecie xxx previste.
Nel rispetto della disciplina civile, penale ed amministrativa, ai sensi dell’art. 1, comma 14, della legge n. 190/2012 l’accertata violazione delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare e può costituire motivo di determinazione di sanzioni disciplinari da parte degli organi competenti.
3. LA PREVENZIONE ED IL CONTRASTO ALLA CORRUZIONE
Alla base della recente strategia in materia di prevenzione della corruzione si pone la legge 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, che, negli intenti del legislatore, si propone di prevenire e di limitare i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno della Pubblica Amministrazione, compresi anche gli Atenei, pur non contenendo una definizione specifica del termine “corruzione”, data per presupposta.
Successivamente è intervenuto il Dipartimento della Funzione pubblica con la circolare n. 1/2013 del 25 gennaio 2013, chiarendo che “il concetto di corruzione deve essere inteso in senso lato, come comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell'attività amministrativa, si riscontri l'abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono quindi evidentemente più ampie della fattispecie penalistica, disciplinata negli artt. 318, 319 e 319-ter, c.p., e sono tali da comprendere non solo l'intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui - a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento dell'amministrazione a causa dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite”. La corruzione, in questa nuova accezione, quindi, prescinde dal fatto che il tentativo di ‘inquinare’ l’azione amministrativa abbia successo o meno. La stessa definizione è stata poi ripresa anche nel PNA 2013, dove al concetto di corruzione si aggiunge quello di ‘vantaggio privato’, con il quale non si riferisce ai meri benefici economici derivanti dall’abuso del potere, ma “a qualsiasi tipo di utilità che al soggetto titolare di tale potere potrebbe derivare dal suo scorretto esercizio”.
Nella Delibera n. 12/2015 l’ANAC conferma la definizione di corruzione contenuta nel PNA 2013, aggiungendo che essa è coincidente con la ‘maladministration’, intesa come “assunzione di decisioni (di assetto di interessi a conclusione di procedimenti, di determinazioni di fasi interne a singoli procedimenti, di gestione di risorse pubbliche) devianti dalla cura dell’interesse generale a causa del condizionamento improprio da parte di interessi particolari”.
La Commissione per lo studio e l’elaborazione di proposte in tema di trasparenza e prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, istituita il 23 dicembre 2011 dall’allora Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione aveva individuato le motivazioni che possono indurre alla corruzione:
- motivazioni economiche, derivanti dal bilanciamento tra l’utilità che si ritiene di poter ottenere, la probabilità che il proprio comportamento sia scoperto e la severità delle sanzioni previste;
- motivazioni socio-culturali: la corruzione è tanto meno diffusa quanto maggiore è la forza delle convinzioni personali e di cerchie sociali che riconoscono come un valore il rispetto della legge: dove è più elevato il senso civico ed il senso dello Stato dei funzionari pubblici, i fenomeni corruttivi non trovano terreno fertile per annidarsi.
Nel tempo, sulla base di diversi approcci, sono stati costruiti vari indicatori di misurazione della corruzione, che si possono riassumere in due macro categorie: soggettivi e oggettivi. I primi tendono a misurare la percezione del fenomeno, sulla base di sondaggi, campagne, interviste di soggetti
qualificati, valutazioni di esperti. Tra questi vanno ricordati il Corruption Perception Index (CPI), elaborato da Transparency International, l’indice di controllo della corruzione (CCI) della Banca Mondiale e indicatori più ampi come l’Index of Public Integrity (IPI), che valuta la capacità complessiva di un sistema di resistere alla corruzione. L’Italia, purtroppo, non occupa posizioni di primo piano nelle classifiche risultanti: è sessantesima su 176 Paesi per il CPI, quindicesima su 27 per il Bribe Payers Index (BPI), novantesima su 210 per il CCI, cinquantasettesima su 140 per l’International Country Risk Guide (ICRG). Questi indici, proprio per la loro sinteticità e confrontabilità (temporale e geografica), sono largamente utilizzati a livello internazionale orientano le scelte di investimento. D’altra parte andrebbero comunque colti i limiti di questi indicatori, evitando da un lato di sopravvalutarne il valore informativo e dall’altro di sottovalutarne i margini di errore.
In risposta proprio ai limiti degli indicatori di percezione sono stati elaborati numerosi indicatori di tipo oggettivo, calcolati su dati reali: sondaggi campionari, dati riferite a esperienze dirette degli intervistati, come il Global Corruption Barometer (GCB) e i Quality of Government Index. Dalle classifiche costruite sulla base di questi indicatori, l’Italia emerge in posizioni meno critiche rispetto agli indicatori di percezione, mostrando però differenziali significativi tra le aree geografiche del Paese. L’approccio oggettivo può sfruttare altri indicatori, in particolare quelli economici o giudiziari, come, ad esempio, il confronto tra i costi sostenuti per l’acquisto di beni e lavori e l’effettiva realizzazione di infrastrutture. Si tratta, comunque, sempre di indicatori che andrebbero utilizzati con cautela, utili per inquadrare situazioni anomale, ma non facilmente applicabili per comprendere l’estensione del fenomeno della corruzione.
In conclusione, la corruzione può essere definita come un comportamento che viola i principi etici del servizio pubblico e che si discosta dai compiti istituzionali del ruolo pubblico a causa di interessi privati che comportano profitti monetari o di status. La corruzione ha un costo per l’intera collettività, non solo diretto, ma anche indiretto, connesso cioè ai ritardi nella conclusione dei procedimenti amministrativi, al cattivo funzionamento degli apparati pubblici, alla sfiducia del cittadino nei confronti delle istituzioni, arrivando a minare i valori fondamentali sanciti dalla Costituzione: uguaglianza, trasparenza e pari opportunità dei cittadini. La corruzione danneggia la prestazione del servizio pubblico e riduce il senso di fiducia degli utenti, rendendo di primaria importanza per le pubbliche amministrazioni attuare una forma efficace di prevenzione e contrasto, attraverso la definizione del proprio Piano di prevenzione della corruzione, redatto sulla base dei Piani nazionali anticorruzione (P.N.A.).
Una politica di repressione del fenomeno della corruzione, quindi, non può prescindere dall’integrità morale dei funzionari pubblici, ma deve anche intervenire sulla disciplina dei codici etici e di condotta, delle incompatibilità, della responsabilità disciplinare, della formazione, sul livello di trasparenza dell’azione amministrativa e dei controlli interni. La cultura dell’integrità, però, non può essere raggiunta esclusivamente mediante la definizione di nuovi codici di comportamento dei dipendenti pubblici, ma richiede una serie di adempimenti da seguire con una costante efficacia: l’individuazione delle attività a rischio, la pianificazione preventiva, la formazione e la rotazione del personale, il costante monitoraggio sugli uffici ed una totale trasparenza dei flussi informativi ai cittadini.
La legge ha predisposto un sistema di prevenzione della corruzione basato su due livelli:
• quello nazionale, con i Piani nazionali anticorruzione (PNA), che rappresentano lo strumento attraverso il quale sono individuate le strategie prioritarie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione
• quello periferico, delle singole amministrazioni pubbliche, che sono impegnate ad elaborare e ad adottare annualmente un Piano triennale di prevenzione della corruzione che analizzi e valuti i rischi specifici di corruzione connessi alla singola amministrazione ed indichi gli interventi organizzativi tesi a prevenirli sulla base delle previsioni legislative e delle indicazioni contenute nel PNA
Il PNA, predisposto attualmente dall’ANAC, analizza l’effettiva attuazione della normativa vigente relativa alla prevenzione della corruzione e contiene delle linee guida per l’elaborazione dei piani triennali di prevenzione da parte delle amministrazioni. Si tratta di una serie di indicazioni per una rapida correzione di rotta e in approfondimenti in settori particolarmente esposti al rischio corruttivo. Il Piano triennale di prevenzione della corruzione (PTPC), è quel documento unitario che integra ed attua la disciplina dettata dai Piani nazionali anticorruzione (P.N.A.) e dai successivi aggiornamenti tenendo conto delle specificità e dell’assetto organizzativo dell’Ateneo. Nello specifico il comma 5 dell’art. 1 della legge n. 190/2012 prevede che le pubbliche amministrazioni “definiscano e trasmettano […] un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione ed indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio”, nonché “procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA, ora Scuola Nazionale dell’Amministrazione - SNA), i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari”. L’Aggiornamento 2015 al PNA ha specificato che il PTPC non deve essere “un documento di studio o di indagine ma uno strumento per l’individuazione di misure concrete da realizzare con certezza e da vigilare quanto ad effettiva applicazione e quanto ad efficacia preventiva della corruzione”.
Secondo quanto indicato nelle linee guida ISO 31000:2010 ‘Gestione del rischio – Principi e linee guida’, il contesto esterno è l’ambiente esterno nel quale l’organizzazione cerca di conseguire i propri obiettivi. Nell’individuazione e nell’analisi del contesto esterno si deve tener conto dei seguenti fattori:
• Ambiente sociale, culturale, politico, finanziario, tecnologico, economico, naturale e competitivo.
• Internazionale, nazionale, regionale o locale;
• Tendenze fondamentali che hanno un impatto sugli obiettivi dell’organizzazione;
• Relazioni con i portatori d’interesse esterni, loro percezioni e valori.
Il contesto interno, invece, sempre secondo le linee guida ISO 31000:2010, è l’ambiente interno nel quale l’organizzazione cerca di conseguire i propri obiettivi. Nell’individuazione e nell’analisi del contesto interno si deve tener conto dei seguenti fattori:
• Struttura organizzativa, ruoli e responsabilità
• Politiche, obiettivi e strategie
• Risorse e conoscenze
• Relazioni con i portatori d’interesse interni, le loro percezioni ed valori
• Cultura dell’organizzazione
• Sistemi e flussi informativi
• Norme, linee guida e modelli
• Relazioni contrattuali.
L’ANAC, con la Delibera 12/2015, ha ribadito come l’analisi del contesto esterno dovrebbe avere l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche dell’ambiente nel quale la pubblica amministrazione opera, con riferimento a variabili culturali, criminologiche, sociali ed economiche del territorio che possano favorire il verificarsi di fenomeni corruttivi al proprio interno. A tal fine, sono da considerare sia i fattori legati al territorio di riferimento, sia le relazioni e le possibili influenze esistenti con i portatori e i rappresentanti di interessi esterni.
L’Università degli Studi di Camerino negli ultimi anni ha incrementato i rapporti e le relazioni istituzionali all’intero territorio nazionale e anche al di fuori del contesto nazionale. Sono quindi molteplici i soggetti che possono influenzare le attività dell’Ateneo: studenti, famiglie, istituzioni, imprese, comunità scientifica, ecc. Nel contempo UNICAM ha continuato a rappresentare un fondamentale elemento dell’economia delle aree più interne dei territori storicamente intesi di riferimento dell’Ateneo, garantendo la popolosità dell’area appenninica maceratese-picena grazie all’azione culturale e alle sinergie con le Amministrazioni locali e le realtà produttive più significative, le quali, beneficiando del trasferimento tecnologico, hanno avuto modo di consolidarsi e porsi in posizione di eccellenza sia in ambito nazionale che internazionale.
Nell’Indagine sulla sicurezza dei cittadini 2015-2016, pubblicata dall’Istat il 12 ottobre 2017, l’Istituto ha introdotto un modulo volto a studiare il fenomeno della corruzione in Italia. Si è trattato di un approfondimento che per la prima volta ha prodotto una stima del numero di famiglie coinvolte nel
corso della propria vita in dinamiche corruttive: sono state intervistate 43.000 persone tra i 18 e gli 80 anni di età a cui è stato chiesto se a loro stessi o ad un familiare convivente sia stato suggerito o richiesto di pagare, fare regali o favori in cambio di facilitazioni nell’accesso a un servizio o di un’agevolazione. L’attenzione è stata quindi rivolta alle esperienze concrete, in quanto è stato anche chiesto se vi sia stato uno scambio, in quale modo sia avvenuto, la sua entità, il suo esito e il comportamento di denuncia. Al contempo è stata anche rilevata la conoscenza indiretta di casi di corruzione, cioè se si è venuti a conoscenza, nel proprio ambiente, di persone, come ad esempio amici, colleghi e familiari, che abbiano ricevuto richieste di denaro, favori o regali in cambio di servizi. Da ultimo, sono stati analizzati il voto di scambio e le raccomandazioni, che possono essere considerati fenomeni che favoriscono la dinamica corruttiva. Nella progettazione dell’indagine sono stati definiti otto settori chiave in cui esplorare tutte queste componenti: sanità, assistenza, istruzione, lavoro, uffici pubblici, giustizia, forze dell’ordine, public utilities.
Il risultato dell’indagine è che il 7,9% delle famiglie nel corso della vita è stato coinvolto direttamente in eventi corruttivi quali richieste di denaro, favori, regali o altro in cambio di servizi o agevolazioni (2,7% negli ultimi 3 anni, 1,2% negli ultimi 12 mesi). L’indicatore complessivo raggiunge il massimo nel Lazio (17,9%) e il minimo nella Provincia autonoma di Trento (2%), con una situazione sul territorio molto diversificata a seconda degli ambiti della corruzione, che ha riguardato in primo luogo il settore lavorativo (3,2% delle famiglie), soprattutto nel momento della ricerca di lavoro, della partecipazione a concorsi o dell’avvio di un’attività lavorativa (2,7%). Tra le famiglie coinvolte in cause giudiziarie, si stima che il 2,9% abbia avuto nel corso della propria vita una richiesta di denaro, regali o favori da parte, ad esempio, di un giudice, un pubblico ministero, un cancelliere, un avvocato, un testimone o altri.
Il 2,7% delle famiglie che hanno fatto domanda di benefici assistenziali (contributi, sussidi, alloggi sociali o popolari, pensioni di invalidità o altri benefici) si stima abbia ricevuto una richiesta di denaro o scambi di favori. In ambito sanitario episodi di corruzione hanno coinvolto il 2,4% delle famiglie necessitanti di visite mediche specialistiche o accertamenti diagnostici, ricoveri o interventi. Le famiglie che si sono rivolte agli uffici pubblici nel 2,1% dei casi hanno avuto richieste di denaro, regali o favori. Richieste di denaro o favori in cambio di facilitazioni da parte di forze dell’ordine o forze armate e nel settore dell’istruzione hanno riguardato rispettivamente l’1% e lo 0,6% delle famiglie. La stima più bassa di corruzione riguarda le public utilities: sono soltanto 0,5% le famiglie che al momento di richiedere allacci, volture o riparazioni per energia elettrica, gas, acqua o telefono hanno avuto richieste di pagamenti in qualsiasi forma per ottenere o velocizzare i servizi richiesti.
Nella maggior parte dei casi di corruzione degli ultimi 3 anni c’è stata una richiesta esplicita da parte dell’attore interessato (38,4%) o questi lo ha fatto capire (32,2% dei casi); appare meno frequente la richiesta da parte di un intermediario (13,3%). La contropartita più frequente nella dinamica corruttiva è il denaro (60,3%), seguono il commercio di favori, nomine, trattamenti privilegiati (16,1%), i regali (9,2%) e, in misura minore, altri favori (7,6%) o una prestazione sessuale (4,6%). Tra le famiglie che hanno acconsentito a pagare, l’85,2% ritiene che sia stato utile per ottenere quanto desiderato. Sempre con riferimento alla corruzione, inoltre, il 13,1% dei cittadini conosce direttamente qualcuno fra parenti, amici, colleghi o vicini a cui è stato richiesto denaro, favori o regali per ottenere facilitazioni in diversi ambiti e settori ed ammonta al 25,4% la popolazione che
conosce persone che sono state raccomandate per ottenere privilegi. Tra i casi non formalmente classificabili come corruzione si stima che al 9,7% delle famiglie (più di 2 milioni 100mila) sia stato chiesto di effettuare una visita a pagamento nello studio privato del medico prima di accedere al servizio pubblico per essere curati. Il 3,7% dei residenti fra 18 e 80 anni (oltre 1 milione 700mila) ha ricevuto offerte di denaro, favori o regali in cambio del voto alle elezioni amministrative, politiche o europee. Il 5,2% degli occupati, infine, ha assistito a scambi di favori o di denaro considerati illeciti o inopportuni nel proprio ambiente di lavoro.
Per quanto riguarda il contesto regionale, secondo il “Quadro Economico della Regione Marche”, redatto a giugno 2017 dal P.f. Performance e Sistema Statistico della Regione Marche su dati Istat, nel 2015 le Marche, con un PIL pari a 40 milioni di euro, rappresentano il 2,4% della ricchezza nazionale. Il dato diffuso da Istat mostra una variazione reale del Pil invariata rispetto all'anno precedente, valore che dimostra uno stallo dell'economia regionale. Il trend seguito dalle Marche in questi ultimi anni si dimostra sensibile al contesto congiunturale italiano, ne segue infatti l'andamento tra il 2011 e il 2013 ma con livelli più bassi, con un accelerazione nel 2014 maggiore della media nazionale a cui segue una flessione nel 2015. Tra le regioni le Marche risultano tra gli ultimi posti per crescita reale del PIL rispetto all'anno precedente. Se si osserva la distribuzione del valore aggiunto nel 2015 per settore di attività economica la percentuale maggiore è rappresentata dal settore dei servizi con il 69% (con un ammontare pari a 25.051 milioni di euro) a seguire l'Industria con il 29% (pari a 10.639 milioni di euro) e infine l'agricoltura con il 2% (699 milioni di euro). Dettagliando la sola Industria Manifatturiera, troviamo che il settore con la quota più alta è quello del cosiddetto TAC (Tessile Abbigliamento e Calzature) con il 24%, le Apparecchiature elettriche sono il secondo settore con il 19% e i prodotti in metallo sono il terzo con il 13%.
La rilevazione sulle Forze di lavoro fornisce dati trimestrali sulla condizione lavorativa della popolazione sopra i 15 anni. Il tasso di occupazione, che quantifica il rapporto tra gli occupati nella fascia di età tra 15 e 64 anni rispetto alla popolazione, negli ultimi anni ha avuto, pur riducendosi, una discreta tenuta. Con un valore, negli anni dal 2012 al 2016, per le Marche sopra la media nazionale. L'ultimo periodo disponibile a livello annuale è il 2016, nelle Marche si registra per tale indicatore il 62,2 %, valore che sintetizza un divario tra il 57,1% rilevato nella provincia Ascoli Xxxxxx e il 65,2% rilevato nella provincia di Fermo. Relativamente alla disoccupazione, la situazione delle Marche è molto cambiata negli ultimi anni: si è passati, infatti, da un tasso del 9,1 % del 2012 a un tasso del 10,6% del 2016. Questo significa che su 100 persone facenti parte delle Forze di lavoro (coloro cioè che lavorano o che cercano attivamente un lavoro), 10 non riescono ad entrare nella condizione di occupato. Il tasso di disoccupazione giovanile, cioè della fascia 15-24 anni, nel 2016 ha raggiunto quota 31%, dato molto preoccupante se si considera che nel 2006 era pari a 11,9%; tuttavia è lievemente sceso rispetto all’anno precedente in cui era pari a 32%.
Dall’ultimo rapporto redatto da Banca d’Italia sull’economia nelle Marche, nel 2016 l’attività economica è cresciuta in misura modesta, meno che in Italia, con un indebolimento nel secondo semestre dell’anno, a causa dei già citati eventi sismici che hanno coinvolto un’ampia porzione del territorio regionale; come primo impatto sull’economia, la sequenza sismica ha sottratto flussi turistici al territorio colpito e ha ostacolato le attività economiche dei luoghi più vicini agli epicentri, caratterizzati da una prevalente specializzazione nell’agricoltura e nelle attività manifatturiere e
commerciali a essa maggiormente legate. Xxxxx invece continuato a sostenere l’attività produttiva le imprese industriali di medie e grandi dimensioni, che hanno anche intensificato gli investimenti. La lenta crescita dell’economia è proseguita nei primi mesi del 2017. Per il resto dell’anno, secondo le valutazioni formulate dalle imprese, le prospettive relative agli ordini interni ed esteri e le intenzioni di investimento rimarrebbero moderatamente favorevoli. Un sostegno alla ripresa economica, in particolare nel settore delle costruzioni, potrebbe venire dall’avvio delle opere di ricostruzione post-sisma.
Tutte queste considerazioni di carattere economico-sociale, basate su dati statistici oggettivi rilevati nel 2015 e nel 2016, non hanno tenuto conto in maniera definitiva dell’evento sismico del 2016, che, oltre alle gravi conseguenze di carattere umanitario, ha paralizzato l’economia di Camerino e più in generale del territorio circostante. L’analisi del contesto esterno (tasso di occupazione, economia e benessere della popolazione), quindi, non può rappresentare fedelmente quella che è la situazione attuale. Ad oggi non è ancora possibile conoscere l’influenza che tali eventi hanno portato nell’economia del territorio. D’altro canto è lecito supporre che tutti gli indicatori economici, di occupazione, di benessere delle famiglie abbiano subito un forte decremento. Il perdurare dello stato di emergenza e la cronica inadeguatezza delle misure messe in campo dalle istituzioni inducono inoltre a pensare che tale situazione possa protrarsi a lungo nel tempo.
Per quanto riguarda l’analisi della situazione inerente alla sicurezza pubblica, come evidenziato dalla “Relazione sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata” presentata dal Ministro dell’Interno e trasmessa alla Presidenza della Camera dei Deputati in data 4 gennaio 2017, nel territorio marchigiano “pur non evidenziandosi penetrazioni, tantomeno radicamenti, della criminalità organizzata di tipo storico, si rileva la presenza di qualificati esponenti di consorterie mafiose, interessati ad infiltrarsi nel vivace tessuto economico-imprenditoriale, perché suscettibile di favorire - soprattutto attraverso la rilevazione di attività commerciali e/o investimenti nel settore immobiliare - il reimpiego di capitali accumulati illecitamente.” Tali proiezioni delinquenziali, modulando il proprio dinamismo in riferimento alle eterogenee realtà territoriali, perseguono il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, le estorsioni, le rapine, il controllo dei locali notturni e delle bische clandestine. In particolare si dà rilievo all’insediamento di imprese edili gestite da elementi tangenziali a sodalizi mafiosi, alla gravitazione di soggetti riconducibili ad aggregati criminali camorristici nel comparto della cantieristica navale, alle pratiche estorsive finalizzate alla rilevazione di strutture ricettive, di attività di ristorazione ed impianti balneari.
A questi esponenti provenienti dal sud d’Italia vanno aggiunte alcune formazioni delinquenziali autoctone che risultano coinvolte in attività usuraie e/o estorsive e in delitti che afferiscono alla normativa sugli stupefacenti, ai quali si affianca la criminalità straniera: “È acclarata la presenza di organizzazioni criminali straniere dedite al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in diretto contatto con aggregazioni solidali operanti nel Paese di origine. In particolare, consorterie strutturate di etnia nord africana, pakistana, domenicana, albanese nonché romena, dispiegano il loro dinamismo nello sfruttamento della prostituzione, nella tratta di esseri umani e nel traffico di sostanze stupefacenti. Tutto ciò è agevolato dalla funzione del porto di Ancona, approdo privilegiato anche per il contrabbando di merci contraffatte ed il riciclaggio di veicoli rubati. Il mercato della
contraffazione garantisce a frange delinquenziali cinesi elevati profitti, per la commercializzazione di prodotti in dispregio della normativa per la tutela della proprietà intellettuale e industriale e, non infrequentemente, privi degli standard di sicurezza imposti dalla normativa comunitaria.”
Secondo il procuratore generale della Corte d’Appello di Ancona, nel territorio si è accentuato il deterioramento dell’ordine pubblico e della sicurezza, già manifestatosi negli anni scorsi. La criminalità è particolarmente attiva e allarmante nei settori dei reati contro il patrimonio e nel settore del traffico degli stupefacenti; preoccupante e in crescita i reati di maltrattamenti familiari e di violenza verso le donne. Il procuratore prosegue affermando che non è tranquillizzante il dato stabile o in diminuzione dei reati contro la pubblica amministrazione, atteso che la difficoltà maggiore in questa materia risiede nella individuazione e nella prova degli illeciti e che spesso le denunce sono strumentali, espressive di conflitti interni o tra diverse parti politiche. Il procuratore richiama inoltre il dissesto di Banca Marche ribadendo come nella pubblica opinione e negli ambienti politici istituzionali di questa regione fosse mancata la piena consapevolezza della ampiezza del sotteso sfacelo economico, morale e politico nonché una risposta adeguata (discorso di apertura dell’anno giudiziario del 28 gennaio 2017).
Il procuratore regionale della Corte dei Conti, Xxxxxxxx Xx Xxxx, nella Relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2017, auspica un rapporto sinergico che dovrà sempre più valorizzarsi tra le fondamentali funzioni della Corte dei conti, il controllo e la giurisdizione, poiché denso di potenziali implicazioni e di positive ricadute e in ragione delle significative connessioni al riguardo ormai legislativamente sussistenti, sull’avvertita esigenza della necessaria affermazione dell’effettività, nell’ambito delle gestioni di ingenti masse di risorse, delle pratiche di trasparenza, di legalità e di buon andamento dell’amministrazione. Cita dunque i seguenti dati relativi all’attività della sezione regionale delle Marche della Corte dei Conti: i fascicoli istruttori trattati, ancora pendenti, concernenti vicende relative a fenomeni di tipo corruttivo sono stati n. 346. Le istruttorie in corso, che hanno assunto rilievo in ambito contabile, aperte nei confronti di pubblici dipendenti, ditte private ed amministratori, anche a seguito di comunicazione di illeciti penali, hanno riguardato presunte ipotesi di: indebita percezione di erogazioni a danni dello Stato (n. 19), peculato (n. 5), abuso d’ufficio (n. 12), truffa (n. 7), concussione (n. 1), corruzione (n. 6) e assenteismo (n. 9).
Da segnalare quanto ha sostenuto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Xxxxxxxxxxx Xxxxxx, intervenuto a gennaio 2017 ad un incontro con gli studenti a Civitanova, ha ricordato come, nonostante tangentopoli, in Italia la corruzione non sia ancora debellata; nello stesso incontro il presidente del Consiglio regionale, Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx, è intervenuto ricordando gli allarmi lanciati dal procuratore distrettuale Antimafia di Ancona, Melotti, e dall’ ex procuratore generale presso la Corte d’appello di Ancona, Macrì, secondo i quali al di là dei fenomeni, la tendenza che traspare dai dati è molto preoccupante e rileva che nelle Marche i reati legati alla criminalità organizzata sono diventati superiori alla media nazionale. Xxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx ha espresso inoltre l’intenzione del Consiglio regionale di rivedere e arricchire la legislazione regionale in materia, attraverso l’individuazione di strumenti utili a una più efficace partecipazione dei cittadini alla vita pubblica e a monitorare attentamente l’illegalità nella nostra regione. Il 7 agosto 2017 la regione Marche ha approvato la legge regionale, n. 27 - Norme per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile.
Sebbene distanti dai picchi tipici di altre aree del Paese, comunque, alcuni delitti hanno suscitato preoccupazione nell’opinione pubblica locale. A riprova di ciò, uno studio della Regione Marche ha evidenziato come sia aumentata nella popolazione la percezione del rischio criminalità nel territorio marchigiano da parte delle famiglie:
Come riportato nel proprio Statuto, “l’Università degli Studi di Camerino, fondata nel 1336, è un’istituzione pubblica di alta cultura che partecipa alla costruzione dello Spazio Europeo della Ricerca e dell’alta formazione. In conformità ai principi della Costituzione, è dotata di una responsabile autonomia che s’impegna ad esercitare nell’interesse della società e nel rispetto dei diritti inviolabili della persona. Ha per fine primario la promozione e lo sviluppo della ricerca e della cultura, attraverso l’alta formazione e l’apprendimento permanente, con il contributo - nelle rispettive responsabilità – di tutte le sue componenti. Garantisce libertà di ricerca e d’insegnamento e pari opportunità nell’accesso agli studi e nei meccanismi di reclutamento e di carriera, indipendentemente dal genere, dalla religione, dall’etnia e dalle opinioni politiche, nel rispetto dei principi della Carta europea dei ricercatori, del Codice di condotta per il loro reclutamento e del Codice etico di ateneo. L’Ateneo pone a fondamento delle proprie attività di ricerca la pubblica disponibilità dei risultati, attraverso la loro comunicazione alla comunità scientifica ed al pubblico in generale. Nei casi di collaborazione con soggetti esterni, specifiche convenzioni regolano, ove opportuno, la brevettabilità e lo sfruttamento economico dei risultati ottenuti. Promuove collaborazioni nel campo della ricerca, della didattica e della cultura ed intrattiene rapporti con soggetti pubblici e privati, italiani, comunitari e internazionali, attraverso progetti, contratti, convenzioni e consulenze, stipulati direttamente o attraverso le proprie strutture, anche avvalendosi della collaborazione di personale esterno. Può svolgere ogni genere di attività editoriali, studi, indagini, prove, analisi, rilievi, progetti e certificazioni per conto di terzi.”
UNICAM partecipa ai processi di innovazione culturale, istituzionale, educativa, tecnologica e organizzativa della società. Cura la diffusione dei risultati della ricerca, delle conoscenze e delle informazioni, attraverso processi di trasferimento di conoscenze e competenze verso il sistema della
produzione e dei servizi. Costituisce vivaio di talenti ed idee creative, sperimenta forme nuove di partecipazione allo sviluppo di processi e prodotti innovativi, sostenendone le fasi pre-competitive, e favorisce perciò lo sviluppo di iniziative imprenditoriali autonome o partecipate da studenti, giovani laureati, ricercatori in formazione (attività di spin off e start up). La comunicazione e l’informazione sono per UNICAM le condizioni essenziali per assicurare la partecipazione di tutte le sue componenti alla vita dell’Istituzione, facilitandone l’accesso e la fruizione mediante strumenti convenzionali, informatici e multimediali.
UNICAM si è dotata di una strategia di reclutamento e sviluppo delle risorse umane anche al fine di dare piena attuazione ai principi della Carta Europea dei Ricercatori, del relativo Codice di Condotta e del Codice Etico di Ateneo. Nell’ambito di tale strategia, l’Università favorisce la crescita scientifica e promuove la qualificazione professionale e culturale nonché la formazione continua del personale docente-ricercatore e tecnico-amministrativo, in tutte le fasi delle rispettive carriere. Per tale fine, definisce piani e programmi per la formazione e l’aggiornamento professionale, in attuazione dei quali organizza incontri, corsi di preparazione e perfezionamento, conferenze. Assume iniziative per l’istituzione e il potenziamento, anche al suo interno, di servizi per il tempo libero, culturali, di mensa e di asilo nido, nel rispetto delle specificità connesse allo stato giuridico del personale tecnico- amministrativo e docente-ricercatore.
Nell’ambito della propria autonomia organizzativa, UNICAM ha assunto come valore fondamentale il benessere sui luoghi di studio e di lavoro e predispone strategie di prevenzione per migliorare la sicurezza e la qualità complessiva delle attività. Favorisce la circolazione d’informazioni e di buone pratiche utili alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, con l’intento di diffondere un’adeguata cultura della prevenzione, anche attraverso specifiche attività formative destinate al personale ed agli studenti. UNICAM è inoltre impegnata a realizzare un sistema di relazioni sindacali improntato alla correttezza e trasparenza dei comportamenti delle parti, attraverso la valorizzazione e la promozione di forme di contrattazione integrativa, che tengano conto delle particolarità e specificità dell’istituzione.
Lo Statuto dell’Ateneo stabilisce che: “UNICAM promuove azioni sistematiche per la valutazione e la verifica di tutte le proprie attività (formazione, ricerca, servizi per gli studenti e gestione amministrativa) attraverso un Sistema di assicurazione della qualità. Il Sistema si basa su meccanismi di autovalutazione e di valutazione esterna idonei a garantire il continuo miglioramento delle attività svolte. Il Sistema è diretto in particolare a garantire agli studenti una formazione adeguata alle esigenze della società, a favorire un pronto inserimento nel mondo del lavoro, nonché a rimuovere le criticità emerse attraverso le indagini condotte anche tra gli studenti. Esso costituisce inoltre uno strumento per la modulazione delle risorse da attribuire alle strutture e per l’attivazione di meccanismi premiali che tengano conto del complesso delle attività richieste al personale docente- ricercatore e tecnico-amministrativo. Per verificare la corretta gestione delle risorse, la produttività della ricerca, l’efficacia e l’efficienza della formazione, l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa, nonché l’adeguatezza delle proprie azioni, il Sistema di assicurazione della qualità si avvale delle analisi e degli indirizzi formulati dal Nucleo di Valutazione di Ateneo.”
L’Università di Camerino (UNICAM), coerentemente con i propri valori guida e gli indirizzi strategici, ha deciso di adottare un sistema di Assicurazione Qualità ispirato alle migliori pratiche a livello nazionale ed internazionale. Coerentemente con lo spirito definito nello Statuto dell’Ateneo, il sistema di Assicurazione Qualità UNICAM è diretto a garantire l’efficacia e l’efficienza delle attività di ricerca scientifica e trasferimento tecnologico, dei processi formativi, della gestione delle risorse. A tale scopo promuove azioni sistematiche per il monitoraggio, la valutazione e la verifica delle performance prodotte e dei risultati ottenuti. Le attività svolte sono interpretate come un processo globale, in cui i momenti significativi di contatto con le parti interessate (l’insieme degli utenti) sono individuati, monitorati (in base ai risultati attesi ed ai livelli di soddisfazione conseguiti) e continuamente migliorati, adottando una logica di prevenzione e di controllo dei processi chiave ed individuando in maniera chiara responsabilità e competenze. I processi di accreditamento e certificazione sono interpretati e vissuti in UNICAM come un momento di sviluppo e di confronto e servono a rendere evidente anche all’esterno l’impegno per l’assicurazione della qualità, garantendo il raggiungimento dei risultati attesi. Il sistema di assicurazione per la Qualità è volto inoltre al raggiungimento delle seguenti finalità, che sostanziano la Politica UNICAM:
• rafforzare la capacità di sperimentare nuove forme di ricerca e di didattica, anche alla luce delle nuove tecnologie e degli standard e linee guida europei per l’assicurazione della qualità nelle istituzioni di istruzione superiore;
• consolidare e migliorare i sistemi di valutazione e di monitoraggio dell’Ateneo, contribuendo attraverso la loro applicazione al mantenimento degli impegni definiti nella programmazione strategica e alla soddisfazione delle aspettative delle parti interessate;
• integrare la componente accademico-didattica e la componente tecnico-amministrativa attraverso la messa in comune e valorizzazione delle migliori pratiche e l’adozione di metodi condivisi;
• garantire agli utenti ed a tutte le parti interessate attività e servizi trasparenti ed efficaci per l’informazione sui risultati della ricerca scientifica e delle attività di formazione.
La Politica per la Qualità, assumendo tali finalità, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi strategici fissati dall’Ateneo nei propri documenti di programmazione pluriennale.
4.2.1 ARTICOLAZIONE ORGANIZZATIVA
L’Ateneo, oltre che nella città di Camerino, svolge la propria attività anche nelle sedi collegate di Ascoli Xxxxxx, Matelica (MC) e San Benedetto del Tronto (AP). Sono Organi di governo dell’Università di Camerino il Rettore, che si avvale della collaborazione del Prorettore Vicario, il Consiglio di Amministrazione, il Senato Accademico e il Direttore Generale. Vi sono poi organi con funzioni di consultazione, di proposta e di impulso per le politiche generali dell’Ateneo: il Comitato dei Sostenitori, l’Assemblea delle Rappresentanze, il Consiglio degli Studenti e l’Assemblea della Comunità universitaria. Altri Organi con funzioni specifiche sono il Comitato per lo Sport Universitario, il Consiglio del Polo Scientifico-Didattico Xxxxxx, il Collegio di Disciplina, il Comitato Unico di Garanzia, il Presidio qualità di Ateneo, il Comitato tecnico scientifico e il Sistema bibliotecario e museale. Svolgono invece funzioni di verifica, monitoraggio e valutazione il Nucleo di Valutazione di Ateneo e il Collegio dei Revisori dei Conti.
Le Scuole di Ateneo sono le articolazioni fondamentali dell’Ateneo, responsabili dello svolgimento e del coordinamento delle attività di ricerca, di formazione, di trasferimento di competenze e conoscenze, di erogazione di servizi. Le Scuole hanno autonomia scientifica, didattica e funzionale, e, nei limiti fissati da regolamenti interni e dalla normativa vigente, hanno autonomia gestionale. Sono Organi della Scuola di Ateneo il Direttore, il Consiglio della Scuola e la Giunta. Nel 2013 UNICAM ha dato un nuovo assetto alle Scuole di Ateneo, deliberato nella seduta del CDA 553 del 11 giugno 2013. La configurazione attuale quindi, attiva dal 1 gennaio 2014, prevede cinque strutture che hanno assunto le seguenti denominazioni:
- Scuola di Architettura e Design “E. Vittoria”, sede Ascoli Xxxxxx
- Scuola di Bioscienze Medicina Veterinaria, organizzata in due poli: quello di Bioscienze, situato a Camerino; quello di Medicina Veterinaria, situato a Matelica.
- Scuola di Giurisprudenza, sede Camerino
- Scuola di Scienze del Farmaco e Prodotti della Salute, sede Camerino
- Scuola di Scienze e Tecnologie, sede Camerino
Corsi di Laurea delle Scuole di Scienze e Tecnologie e di Bioscienze e Medicina Veterinaria si svolgono anche nelle sedi UNICAM di San Benedetto del Tronto e Ascoli Xxxxxx. La Scuola di Studi Superiori “Xxxxx Xxxxxx” è un centro di formazione e di ricerca, che affianca i normali corsi universitari con un percorso di eccellenza che prevede, per gli studenti ammessi, attività capaci di consentire la specializzazione in settori particolari di studi avanzati e all’avanguardia. Per quanto riguarda le attività didattiche del terzo ciclo di studi, in particolare il dottorato di ricerca, le attività sono coordinate nell’ambito della School of Advanced Studies (SAS).
Per perseguire la politica della qualità e i fini statutari del sistema e considerata la normativa nazionale ed interna vigente, UNICAM si è dotata di un Presidio Qualità di Ateneo , al quale sono affidati compiti di: supervisione dello svolgimento adeguato e uniforme delle procedure di assicurazione qualità di tutto l’Ateneo; proposta di strumenti comuni per l’assicurazione qualità e di attività formative per il personale impegnato nelle attività; supporto ai Direttori delle Scuole di Ateneo ed ai loro referenti e collaboratori per le attività comuni. Il Presidio Qualità di Ateneo è assistito, dal punto di vista tecnico-amministrativo, dall’Area Sistemi qualità e sviluppo organizzativo dell’Ateneo, dal Management didattico e dall’Area Servizi agli Studenti; tutta la struttura tecnico- amministrativa dell’Ateneo è comunque chiamata a supportare e soddisfare tempestivamente le eventuali necessità operative e/o informative specifiche riguardanti i vari ambiti operativi del Presidio. L’Area sistemi qualità e sviluppo organizzativo è la struttura che fornisce il supporto tecnico-operativo e coordina le attività delle varie strutture tecniche coinvolte nel sistema di assicurazione qualità. Coordina e realizza i cicli di audit interno ed assiste i gruppi o le commissioni di valutazione/accreditamento esterne. Cura direttamente e coordina nelle Scuole la raccolta dei dati utili alla valutazione ed all’analisi dell’andamento dei corsi attivi e sulla soddisfazione degli studenti e degli utenti, fornendo indicazioni utili al riesame e ad una eventuale riprogettazione e ridefinizione degli obiettivi formativi del corso di laurea.
Come già accennato in premessa, nel corso del 2018 sarà completata una importante revisione dell’assetto organizzativo dell’Ateneo, alla cui base è stato posto un ripensamento generale dell’organizzazione, comprese le unità organizzative coinvolte nelle procedure di acquisizione di
lavori, forniture e servizi a vantaggio dell’intero Ateneo, anche alla luce delle recenti modifiche al d.lgs. n. 50 del 18 aprile 2016. Un gruppo di lavoro, costituito con apposita disposizione del Direttore Generale e dallo stesso coordinato, ha intrapreso dal mese di ottobre il complesso lavoro di mappatura dei processi interni, al fine di ridefinire un’organizzazione moderna ed efficiente. Nel contempo l’Area Personale e Organizzazione sta effettuando la mappatura dei procedimenti amministrativi, ripartendo e attribuendo gli stessi alle strutture che compongono l’amministrazione, secondo la nuova organizzazione.
Per quanto riguarda il personale docente e tecnico-amministrativo dell’Ateneo, di seguito vengono riportate delle tabelle che evidenziano la situazione al 31 dicembre 2017:
PERSONALE DOCENTE E RICERCATORE
SCUOLE DI ATENEO | PO | PA | RU | TOT. | R.T.D. | TOTALE |
Architettura e Design | 8 | 15 | 7 | 30 | 4 | 34 |
Bioscienze e Medicina Veterinaria | 8 | 25 | 35 | 68 | 4 | 72 |
Giurisprudenza | 9 | 15 | 9 | 33 | 1 | 34 |
Scienze del Farmaco e dei Prodotti della Salute | 9 | 29 | 8 | 46 | 6 | 52 |
Scienze e Tecnologie | 17 | 28 | 33 | 78 | 9 | 87 |
TOTALE | 51 | 112 | 92 | 255 | 24 | 279 |
PERSONALE TECNICO-AMMINISTRATIVO
B | C | D | EP | DIR. | TOTALE | |
Personale a tempo indeterminato | 34 | 128 | 78 | 18 | 1 | 259 |
Personale a tempo determinato | 0 | 1 | 0 | 0 | 0 | 1 |
Personale comandato | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 | 0 |
Direttore generale | 0 | 0 | 0 | 0 | 1 | 1 |
TOTALE | 34 | 129 | 78 | 18 | 2 | 261 |
ESPERTI LINGUISTICI
Personale in servizio | |
Personale a tempo indeterminato | 2 |
Per quanto riguarda l’organigramma della struttura tecnico-amministrativa e le relazioni con le strutture accademiche dell’Ateneo, come già detto, l’Ateneo nei primi mesi del 2018 definirà un nuovo assetto, che di conseguenza modificherà radicalmente anche l’organigramma. Non potendo rappresentare la nuova situazione in quanto non ancora approvata dagli Organi di governo, si pubblica di seguito l’organigramma attuale:
Lo schema successivo rappresenta l’attuale assetto scientifico‐didattico:
4.2.2 LA SITUAZIONE DOPO GLI EVENTI SISMICI
A seguito degli eventi sismici del 26 e 30 ottobre 2016 la città di Camerino ha subito gravissimi danni, e tutti gli edifici di UNICAM situati nel centro storico risultano tuttora inutilizzabili. La stessa situazione di inagibilità coinvolge la quasi totalità delle abitazioni private che ospitavano, anche al di fuori del centro storico, gli studenti provenienti da varie regioni italiane e dall’estero. Si calcola che subito dopo gli eventi sismici circa 1000 studenti, inclusi i già residenti nella zona rossa o in
abitazioni inagibili delle zone limitrofe, necessitavano di una abitazione a Camerino. A questi si aggiungevano altri 500 studenti residenti nei territori limitrofi che avrebbero potuto scegliere il pendolarismo ma che a regime avrebbero avuto comunque l’esigenza di una stabilità abitativa. L’Ateneo aveva edifici non più agibili e quindi non a disposizione per un totale di circa 40.000 mq, tra i quali il Rettorato, la Scuola di Giurisprudenza, il Polo di Informatica e le Segreterie Studenti e residenze universitarie con 164 posti letto. A questi andavano aggiunti alcuni edifici agibili ma non più a disposizione perché in zona rossa, per un totale di circa 10.000 mq e 50 aule e 6 laboratori didattici non più utilizzabili.
Sono stati trasferiti il Rettorato, la Direzione Generale e molti uffici amministrativi presso il Campus Universitario fuori zona rossa, fortunatamente illeso dopo le scosse sismiche. Questo ha permesso all’istituzione di garantire, seppur con i necessari adattamenti temporali e logistici, le attività; gli uffici hanno garantito continuità agli esami di profitto, agli esami di laurea, agli esami di stato. La Scuola di Giurisprudenza si è trasferita presso l’ala sud del Campus Universitario, l’Informatica presso l’edificio “Polo Informatico” presso il Polo delle Scienze in via Madonna delle Carceri. L’assoluta priorità affrontata è stata la ripartenza delle lezioni e delle attività didattiche, essendosi trovato l’Ateneo, ad un mese dall’inizio del semestre, al momento dell’evento sismico. Dal punto di vista dell’erogazione delle lezioni, queste sono ripartite entro quindici giorni, seppur con una logistica molto diversa e certamente con spirito di adattamento da parte di tutti, incluse le studentesse e gli studenti. L’Università di Camerino ha dovuto provvedere all’esonero della Tasse Universitarie a tutti gli studenti UNICAM, ancor prima di ricevere il sostegno economico da parte del MIUR.
Risulta logico come il contesto interno abbia risentito pesantemente della situazione di assoluta precarietà venutasi a creare, ma d’altro canto il sisma ha determinato un ulteriore legame tra l’Ateneo ed il territorio e ha rafforzato ancor di più il già radicato senso di appartenenza del personale all’Università, al suo buon nome e all’importanza per il tessuto culturale ed economico della città e del territorio circostante. Oltre a questo va registrata, nonostante la precarietà e l’oggettiva paura a rimanere in un territorio così pesantemente colpito dal sisma, la costante presenza degli studenti all’interno del contesto cittadino, gravemente compromesso dal perdurante stato di emergenza. La forza e l’energia che le studentesse e gli studenti dell’Ateneo hanno mostrato nel post-sisma, proviene sicuramente dalle politiche di ‘universitas’, rafforzamento di comunità e senso di appartenenza che l’Ateneo ha costruito negli anni.
UNICAM ha affrontato e affronterà nei prossimi anni la situazione emergenziale anche grazie all’accordo di programma stipulato tempestivamente con il MIUR (35 milioni di euro in quattro anni fino al 2019) che saranno utili all’Ateneo per poter compensare le mancate entrate dovute alla minore contribuzione studentesca; per la ricostruzione, la riqualificazione e la messa in sicurezza degli edifici danneggiati dal terremoto non facenti parte del patrimonio edilizio destinatario di fondi specifici per la ricostruzione; per il potenziamento delle infrastrutture tecnologiche ed informatiche e della teledidattica; per il consolidamento delle attività di ricerca e di terza missione. A questi fondi si aggiunge il congelamento del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) all’anno 2016, cosa che permetterà all’Ateneo di continuare a garantire agli studenti ed a tutti gli stakeholder quei servizi e quelle opportunità, sia per quanto riguarda le attività didattiche che quelle di ricerca, che hanno
caratterizzato UNICAM prima del terribile evento del 26 ottobre e che hanno consentito all’Ateneo di distinguersi per le proprie performance in campo nazionale e internazionale. L’Università inoltre è un elemento fondamentale per la vita e per la crescita culturale, economica e tecnologica di un intero territorio e si spera che l’accordo e le iniziative che lo stesso consentirà di mettere in atto, contribuiscano in modo sostanziale per la riappropriazione da parte dell’Ateneo di quel ruolo di garanzia della vitalità del proprio contesto territoriale e di centro di conoscenze e competenze tecnologiche che ha permesso a molte realtà produttive di consolidarsi e raggiungere livelli di eccellenza nazionali ed internazionali.
4.2.3 LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E I RISCHI LEGATI ALLA RICOSTRUZIONE POST-SISMA Durante il 2017 non si sono registrati eventi legati a fenomeni di corruzione direttamente legati all’Università di Camerino. Nonostante ciò si ritiene che ciò non sia sufficiente a garantire che in futuro si possa conseguire il medesimo risultato. Tutto ciò sembrerebbe logico in una situazione considerata ordinaria, a maggior ragione in un contesto straordinario e di emergenza, quale quello che UNICAM sta vivendo in questi mesi.
Tra le priorità del post sisma è necessario ampliare le residenze per le studentesse e gli studenti dell’Ateneo ai fini del necessario recupero e consolidamento della presenza studentesca a Camerino e sedi collegate e che non sceglierà più il pendolarismo o non potrà rientrare nella zona rossa. E’ in fase di completamento l’ampliamento del campus residenziale universitario, grazie alla donazione delle Province autonome di Trento e Bolzano, che entro breve consentiranno a circa 500 studenti di tornare a Camerino. Per consentire inoltre uno sviluppo del territorio, UNICAM ha in progetto la creazione di un Polo Scientifico-Tecnologico Internazionale (con laboratori di ricerca e sperimentazione tematici, dottorati di ricerca industriale, alta formazione, riqualificazione professionale, incubatori di impresa innovativa) a supporto delle Imprese e delle Pubbliche Amministrazioni del nostro Paese. Il Polo dovrebbe includere anche strutture residenziali per i relativi operatori (ricercatori, dottorandi, post-doc, stagisti nazionali ed internazionali). Inoltre, sempre per le medesime ragioni, sarà costituito un Polo per la valorizzazione dei centri storici e del patrimonio culturale, ambientale e naturalistico, rafforzando quel ruolo che già l’Ateneo svolgeva pre-sisma quale motore di sviluppo per le piccole e medie imprese ed enti del territorio per la promozione e valorizzazione delle eccellenze manifatturiere, eno-gastronomiche, turistiche, tecnologiche.
In questo contesto si inserisce tutta la tematica relativa alla ricostruzione e ai rischi di corruzione ad essa legati. L’ANAC ha effettuato dei controlli nelle aree di cantiere e, nonostante non abbia riscontrato particolari anomalie, ha siglato in data 29 novembre 2017 con la Procura generale presso la Corte d’Appello di Ancona e le Procure della Repubblica nei cui distretti ricadono gli 87 Comuni marchigiani del c.d. “cratere” (Ancona, Ascoli Xxxxxx, Fermo e Macerata) un protocollo d’intesa per prevenire il rischio di infiltrazioni criminali nella ricostruzione pubblica post-sisma. In base all’accordo, l’Anac e l’Autorità giudiziaria daranno vita a uno scambio informativo che consentirà di rendere ancor più efficaci i controlli preventivi di rispettiva pertinenza ed effettuare ispezioni mirate nei cantieri. La condivisione di dati e documenti riguarderà le varie fasi delle procedure d’appalto destinate alla ricostruzione, dalla nomina del direttore dei lavori fino alla fase di esecuzione contrattuale. L’Autorità giudiziaria fornirà le informazioni in suo possesso, anche di natura
investigativa se non coperte da segreto istruttorio; l’Anac metterà a disposizione i pareri rilasciati alle stazioni appaltanti sulle procedure di gara in corso e le risultanze delle verifiche preventive di legittimità svolte, avvalendosi per la gestione dei flussi documentali dell’Unità Operativa Speciale, composta prevalentemente da militari della Guardia di Finanza e già attiva nei controlli relativi alla ricostruzione scolastica. Le notizie e i dati acquisiti serviranno ad implementare, oltre all’attività di sorveglianza svolta dall’Anac, anche il progetto CRASI (Centro di raccordo, analisi e sviluppo informativo), finalizzato a realizzare una grande banca dati contenente informazioni di vario tipo sulla ricostruzione e che vede attualmente impegnate le Procure marchigiane e la Direzione Nazionale Antimafia.
Il 28 novembre 2017, inoltre, veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’Ordinanza di Protezione Civile
n.489 del 20/11/2017, la quale all’art. 6 prevede espressamente che “al fine di garantire la continuità dell'attività didattica, l'Università degli studi di Camerino, i cui laboratori, aule e strutture amministrative sono state danneggiate dagli eventi sismici …., è autorizzata a provvedere, con i poteri di cui al comma 5 dell'art. 3 dell'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile
n. 394/2016, alla realizzazione di strutture temporanee per la didattica e la ricerca su aree da individuare d'intesa con la Regione Marche, previo espletamento delle necessarie opere di sistemazione idrogeologica e di urbanizzazione“. Ad UNICAM vengono conferiti, limitatamente alla ricostruzione di aule e laboratori, gli stessi poteri straordinari assegnati ai comuni in ambito si autorizzazioni, deroghe alle vigenti leggi e al codice dei contratti. Si tratta di un ampio potere che comporterà un’attenzione maggiore da parte dell’Ateneo per fronteggiare eventuali rischi di corruzione. Le misure adottate sono trattate nel relativo capitolo di questo Piano.
I rischi legati a infiltrazioni criminali nell’ambito della ricostruzione post- terremoto sono stati inoltre citati nel corso convegno tenutosi ad Ancona il 26/10/2017 intitolato “Il codice degli appalti per la ricostruzione. Sicurezza, legalità, efficienza”. Il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Xxxxxxxx Xxxxxxx, è intervenuto al convegno ammonendo che, in tema di appalti, occorre "mantenere l'asticella alta, in fatto di controlli, per evitare infiltrazioni criminali. Tra Marche e le altre regioni coinvolte, siamo ora in presenza del più grande cratere sismico della storia del Paese e non si possono fare deroghe alle normative presenti se non di portata limitata, perché il rischio di intromissioni criminali è molto alto.”
Altro settore particolarmente esposto al rischio di fenomeni corruttivi è quello legato alla gestione delle donazioni. L’Università di Camerino, infatti, nell’immediatezza post sisma ha posto in essere le seguenti azioni:
- lanciato il progetto di comunicazione #ilfuturononcrolla e, attraverso questo, l’apertura di un conto corrente bancario per raccogliere donazioni volte alla edificazione del collegio internazionale UNICAM per studenti meritevoli (IBAN XX00 X000 0000 0000 0000 0000 000, BIC XXXXXX0XXXX, Banca: Nuova Banca delle Marche, Intestato a #ilfuturononcrolla – Università degli Studi di Camerino
- orientato le donazioni che invece hanno chiesto una diversa allocazione delle risorse principalmente verso (i) la strumentazione scientifica, (ii) l’acquisto di edifici permanenti per lo studente
- attivato la vendita di gadget sotto lo slogan #ilfuturononcrolla,
- chiesto alla Comunità Universitaria, principalmente ai Professori Ordinari e Associati, la propria partecipazione interna al progetto #ilfuturononcrolla, devolvendo 1 giorno lavorativo del mese di Dicembre come segnale di forte passione e senso di appartenenza.
Sull’ambito soggettivo degli indirizzi in materia di prevenzione della corruzione e di applicazione delle disposizioni in materia di trasparenza è intervenuto il d.lgs. 97/2016 che ha introdotto modifiche ed integrazioni sia al d.lgs. 33/2013 sia alla l. 190/2012. Per quanto riguarda le misure di prevenzione della corruzione il d.lgs. 97/2016 specifica che il PNA “costituisce atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai fini dell’adozione dei propri piani triennali di prevenzione della corruzione”. Le modifiche, inoltre, hanno delineato un ambito di applicazione della disciplina della trasparenza diverso e più ampio. In particolare il d.lgs. 97/2016 inserisce all’interno del d.lgs. 33/2013, specificamente dedicato alla trasparenza, un nuovo articolo che individua tre macro categorie di soggetti: le pubbliche amministrazioni (art. 2-bis, co. 1); altri soggetti tra cui enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo ed enti di diritto privato (art. 2-bis, co. 2); altre società a partecipazione pubblica ed enti di diritto privato (art. 2-bis, co. 3). UNICAM, in virtù delle modifiche intervenute, adotta questo Piano secondo quanto delineato dal PNA 2016, che costituisce atto di indirizzo (art. 1, co. 2-bis, l. 190/2012).
I soggetti che concorrono alla prevenzione della corruzione all’interno di UNICAM partecipano attivamente all’attuazione e al controllo dell’efficacia delle misure adottate. Sono coloro che devono fornire le basi e gli strumenti per progettare, attuare, monitorare, riesaminare e migliorare in modo continuo il risk management all’interno di UNICAM.
5.1 GLI ORGANI DI INDIRIZZO POLITICO
In UNICAM sono il Rettore, il Consiglio di Amministrazione e il Senato Accademico. I principali compiti e funzioni in materia di prevenzione della corruzione sono:
• definire gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza (contenuto necessario dei documenti di programmazione strategico-gestionale e del PTPC)
• designare il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza;
• adottare il P.T.P.C. e i suoi aggiornamenti;
• adottare tutti gli atti di indirizzo di carattere generale, che siano direttamente o indirettamente finalizzati alla prevenzione della corruzione;
• rispondere in caso di mancata adozione del Piano triennale di prevenzione della corruzione o di assenza di elementi minimi.
Sempre nell’ottica di un effettivo coinvolgimento degli organi di indirizzo nella impostazione della strategia di prevenzione della corruzione, ad essi spetta anche la decisione in ordine all’introduzione di modifiche organizzative per assicurare al RPCT funzioni e poteri idonei allo svolgimento del ruolo con autonomia ed effettività.
Pur non essendo un organo di indirizzo politico, un ruolo fondamentale per l’attuazione della strategia di prevenzione della corruzione è ricoperto dal Direttore generale, organo di gestione dell’Ateneo. Nominato dal Consiglio di Amministrazione su proposta del Rettore, sentito il parere
del Senato Accademico, il Direttore Generale è l’organo cui sono attribuiti, sulla base degli indirizzi forniti dagli organi di indirizzo politico, la gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’Ateneo. Tra i compiti attribuiti dalla legge, il Direttore generale cura l’attuazione dei piani, programmi e direttive generali e attribuisce ai dirigenti e ai responsabili di struttura gli incarichi, gli obbiettivi e le relative responsabilità, attribuendo le conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali. In tale quadro normativo risulta quindi fondamentale il ruolo del Direttore Generale nell’attribuire alle varie strutture gli obiettivi relativi alla prevenzione della corruzione, nonché nella verifica del raggiungimento degli stessi.
5.2 IL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLA TRASPARENZA (RPCT)
La figura del Responsabile è stata interessata in modo significativo dalle modifiche introdotte dal d.lgs. 97/2016. Una delle modifiche principali ha riguardato l’unificazione in capo ad un solo soggetto dell’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Con Delibera del Consiglio di Amministrazione del 25 ottobre 2017, il Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxx, già Direttore Generale dell’Università degli Studi di Camerino, è stato nominato Responsabile di Prevenzione della Corruzione e Trasparenza dell’Università degli Studi di Camerino.
Come previsto dalla normativa, al RPCT sono riconosciuti poteri e funzioni idonei a garantire lo svolgimento dell’incarico con autonomia ed effettività.
I compiti e le funzioni proprie del RPCT sono:
• predisporre il PTPC e proporlo all’organo di indirizzo politico;
• segnalare all'organo di indirizzo politico, all’OIV e all’ANAC le disfunzioni in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza;
• indicare all’UPD i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza, affinché possa essere avviata con tempestività l’azione disciplinare;
• provvedere alla verifica dell'efficace attuazione del piano e della sua idoneità;
• definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione;
• provvedere alla verifica dell'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici con il rischio di corruzione più elevato;
• effettuare un regolare controllo sull’effettivo adempimento degli obblighi pubblicazione;
• vigilare sul rispetto delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità;
• elaborare e pubblicare la relazione annuale sull’attività svolta;
• controllare e assicurare la regolare attuazione dell’accesso civico/FOIA;
• ricevere le segnalazioni da parte del cd. Whistleblower;
• individuare le attività per le quali è più alto il rischio di corruzione e individua le relative misure di contrasto;
• monitorare il rispetto dei termini previsti dalla legge e dai regolamenti per la conclusione dei procedimenti;
• esprime pareri in qualunque procedimento che a suo giudizio, o su segnalazione dei responsabili delle strutture organizzative o dei responsabili del procedimento, sia a rischio corruzione;
• provvede a predisporre e coordinare tutte le misure di carattere regolamentare ed i provvedimenti con efficacia esterna o interna che si rendano necessari in relazione all’evoluzione del contesto, normativo e non, negli ambiti della trasparenza e della prevenzione della corruzione;
• può disporre ispezioni e verifiche documentali ogni qualvolta lo ritenga opportuno in relazione ai compiti a lui affidati dalla legge o dal presente Piano;
• fornire al Nucleo di Valutazione le informazioni e i dati relativi all’attuazione degli obblighi di trasparenza ai fini della misurazione e valutazione delle performance dei Dirigenti, dei responsabili dei singoli uffici e dei soggetti tenuti all’elaborazione, alla trasmissione e alla pubblicazione dei dati, secondo quanto specificato nella Tabella allegata al presente Piano.
I compiti attribuiti al Responsabile non sono delegabili, se non in caso di straordinarie e motivate necessità, riconducibili a situazioni eccezionali, mantenendo comunque in capo al RPCT la responsabilità non solo ‘in vigilando’ ma anche ‘in eligendo’. La revoca dell’incarico di RPCT deve essere espressamente ed adeguatamente motivata; inoltre, la revoca deve essere comunicata all’ANAC, che entro 30 giorni può formulare richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione. Rimane fermo l’obbligo di rotazione e la conseguente revoca dell’incarico nel caso in cui nei confronti del dirigente Responsabile della prevenzione e della trasparenza siano avviati procedimenti disciplinari o penali.
Con le modifiche apportate alla l. 190/2012 dal d.lgs. 97/2016 (art. 41, co. 1 lett. f), la tutela nei confronti del ruolo del RPCT è stata ulteriormente rafforzata. È stato introdotto un dovere di segnalazione all’ANAC anche di eventuali misure discriminatorie - quindi non più solo dei casi di revoca - nei confronti del RPCT comunque collegate, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle sue funzioni. In tal caso, l’ANAC può richiedere informazioni all’organo di indirizzo e intervenire con i poteri di cui all’art. 15, co. 3 del d.lgs. 39/2013 (richiesta di riesame entro trenta giorni).
Nel caso in cui, nello svolgimento della sua attività, riscontri dei fatti suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, presenta tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all’accertamento del danno erariale. Ove riscontri poi dei fatti che rappresentano notizia di reato, presenta denuncia alla Procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge (art. 331 c.p.p.) e ne dà tempestiva informazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Secondo quanto previsto dalla normativa vigente, è prevista una responsabilità dirigenziale nel caso di mancata predisposizione del Piano e di mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti da parte del Responsabile della prevenzione della corruzione e della
trasparenza. Inoltre è prevista una forma più generale di responsabilità dirigenziale, disciplinare e amministrativa (per danno erariale e per danno all’immagine di UNICAM), nel caso in cui venga commesso, all’interno dell’Università, un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, a meno che il RPCT non provi di aver predisposto, prima della commissione del fatto, il Piano e di aver adottato le procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti e di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del Piano.
5.3 IL GRUPPO DI SUPPORTO AL DIRETTORE GENERALE
Nello svolgimento dei propri compiti, il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza UNICAM si avvale dell’ausilio di un Gruppo di Supporto, costituito con Disposizione del Direttore Generale prot. n. 18434 del 16 novembre 2017, composto dal Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx dell’Area Sistemi Qualità e Sviluppo Organizzativo, dalla Dott.ssa Xxxx Xxxx del Centro Informatico d’Ateneo, dalla Dott.ssa Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx della School of Advanced Studies, dalla Dott.ssa Xxxxxx Xxxxxxxxx dell’International & Industrial Liaison Office e dalla Dott.ssa Xxxxxxx Xxxxxx della Scuola di Scienze del Farmaco e dei Prodotti della Salute. L’attività di segreteria del Gruppo è curata da Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx della Segreteria della Direzione Generale. Il Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx, inoltre, oltre ad essere delegato dal Direttore Generale a coordinare il Gruppo per conto dello stesso D.G., è delegato a partecipare alle riunioni del Gruppo di Lavoro del CODAU che si occupa di anticorruzione e trasparenza amministrativa.
Come previsto dal Piano Nazionale Anticorruzione, il Gruppo di Supporto coadiuva il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nella gestione di tutte le attività e di tutti gli adempimenti connessi alle sue funzioni, nonché nelle attività di vigilanza e nel monitoraggio dell’attuazione degli obblighi previsti dalle disposizioni legislative e normative vigenti in materia. In particolare:
• collabora alla redazione e all’aggiornamento del Piano triennale di prevenzione della corruzione;
• monitora periodicamente la sezione Amministrazione trasparente per accertare lo stato di avanzamento della pubblicazione dei dati, secondo quanto specificato nella Tabella allegata al presente Piano;
• fornisce agli uffici ed alle strutture informazioni e supporto in merito alla corretta applicazione della normativa di riferimento, agli obblighi di pubblicazione vigenti ed alle loro modalità;
• supporta il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nelle verifiche presso gli uffici, nell’acquisizione di relazioni, dichiarazioni e documentazione, in modo da agevolare l’individuazione di eventuali disfunzioni a livello organizzativo, rispetto a quanto previsto dal presente Piano;
5.4 I DIRIGENTI – I REFERENTI PER LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE
L’attività del RPCT viene affiancata dall'attività dei Dirigenti e, nel caso delle università dei Direttori di Dipartimento, Direttori delle Scuole in UNICAM, ai quali sono affidati poteri propositivi e di controllo e sono attribuiti obblighi di collaborazione, di monitoraggio e di azione diretta in materia di prevenzione della corruzione. Si tratta di una rete che parte dal RPCT (centro) e si dirama verso i Dirigenti (e, ove mancanti, come in UNICAM nel personale della categoria EP) e Direttori di
Dipartimento – Direttori di Scuola, che costituiscono i nodi periferici e che diventano i referenti della prevenzione della corruzione. I referenti, per l’area di rispettiva competenza, svolgono attività informativa nei confronti del responsabile, affinché questi abbia elementi e riscontri sull’intera organizzazione ed attività dell’amministrazione, e svolgono un costante monitoraggio sull’attività svolta del personale assegnato agli uffici di riferimento.
I referenti, così come previsto dal PNA e dalla Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica
n.1 del 2013, svolgono le seguenti funzioni:
• osservano le misure contenute nel PTPC (art. 1, comma 14, della l. n. 190 del 2012);
• svolgono attività informativa nei confronti del RPCT;
• garantiscono tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare;
• partecipano al processo di gestione del rischio;
• controllano e assicurano la regolare attuazione dell'accesso civico/FOIA;
• informano il RPCT sull’esposizione del proprio ufficio al rischio corruttivo;
• propongono le misure di prevenzione (art. 16 d.lgs. n. 165 del 2001);
• assicurano l’osservanza del Codice di comportamento e verificano le ipotesi di violazione;
• Inseriscono le misure di prevenzione negli obiettivi strategici dell’ufficio.
Con Disposto del Direttore Generale n. 2 del 7 gennaio 2016, i direttori e i responsabili delle Scuole, delle Aree e degli Uffici in cui è articolato l’Ateneo sono stati nominati Referenti di Struttura per la Trasparenza e la Prevenzione della Corruzione. I Referenti per la prevenzione della corruzione presentano al RPCT entro il 30 novembre di ogni anno una relazione contenente la segnalazione delle aree critiche, le risultanze dell’attività di verifica dell’efficacia delle misure già poste in essere per prevenire e contrastare i fenomeni corruttivi, nonché le proposte di eventuali ed ulteriori misure da adottare; l’attestazione del rispetto dei tempi di conclusione e della correttezza dei procedimenti amministrativi di competenza e, in caso di inosservanza, le connesse motivazioni, nonché l’indicazione di ogni criticità eventualmente affrontata ed ogni fattispecie degna di segnalazione, anche prescindendo dalla segnalazione da parte degli utenti; l’attestazione della legittimità degli atti prodotti.
5.5 L’ORGANISMO INDIPENDENTE DI VALUTAZIONE (OIV)
Come previsto dalla delibera n. 9/2010 dell’allora CiVIT, le funzioni di OIV di cui all’art. 14 del d.lgs.
n. 150/2009 sono svolte, all’interno dell’Università, dal Nucleo di Valutazione, istituito ai sensi della legge n. 537/1993 come integrata e modificata dalla legge n. 370/1999. L’OIV è “responsabile della corretta applicazione delle linee guida, delle metodologie e degli strumenti predisposti dalla Commissione” esercitando a tal fine un’attività di impulso nei confronti del vertice politico- amministrativo dell’Ateneo.
Secondo quanto stabilito dallo Statuto UNICAM, "Il Nucleo di Valutazione di Ateneo (NVA), in raccordo con l’attività dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR), ha il compito di verificare, mediante analisi comparativa dei costi e dei rendimenti, la fattibilità, la sostenibilità e la realizzazione degli obiettivi e dei programmi, l’efficacia e l’efficienza
della gestione delle risorse, i risultati conseguiti dalle strutture e dai rispettivi componenti, in particolare quelli relativi alla qualità e all'efficacia dell'offerta didattica, anche sulla base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti, e quelli relativi alla attività di ricerca svolta dalle Scuole di Ateneo e dalle altre strutture di ricerca, nonché l’imparzialità, il buon andamento e la trasparenza delle attività di UNICAM" . Il NVA UNICAM, a garanzia di una totale autonomia di giudizio, è attualmente formato da 6 componenti, dei quali 4 esterni all’istituzione e non appartenenti al mondo accademico e 2 rappresentanti degli studenti. Inoltre, il Nucleo dispone di piena autonomia operativa. A tal fine l'Università garantisce il necessario supporto amministrativo e logistico, il diritto di accesso ai dati e alla conoscenza tempestiva di tutte le informazioni necessarie, nonché la pubblicità e la diffusione degli atti, nel rispetto della normativa a tutela della riservatezza. Per lo svolgimento delle proprie attività, il Nucleo si avvale del supporto dell’Area Sistemi Qualità e Sviluppo Organizzativo.
La normativa vigente in materia di prevenzione della corruzione attribuisce al Nucleo di Valutazione le seguenti funzioni:
• esprimere parere obbligatorio sul Codice di comportamento adottato da ciascuna amministrazione;
• partecipare al processo di gestione del rischio;
• considerare i rischi e le azioni inerenti la prevenzione della corruzione nello svolgimento dei compiti ad esso attribuiti;
• svolgere compiti propri connessi all’attività di prevenzione della corruzione in relazione alle misure relative alla trasparenza amministrativa (artt. 43 e 44 d.lgs. n. 33/2013), anche attraverso l’attestazione dell’assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all’integrità (art. 14, comma 4, lett. g), del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150);
• verificare la coerenza tra gli obiettivi di performance e l’attuazione delle misure di prevenzione della corruzione e di assicurazione della trasparenza;
• verificare i contenuti della relazione recante i risultati dell’attività svolta che il RPCT predispone annualmente;
• verificare che il Piano triennale di prevenzione della corruzione sia coerente con gli obiettivi stabiliti nei documenti di programmazione strategico-gestionale e che nella misurazione e valutazione delle performance si tenga conto degli obiettivi connessi all’anticorruzione e alla trasparenza.
Da sottolineare l’ulteriore adempimento previsto dall’art. 1, comma 39, della legge n. 190/2012, con il quale pone in capo alle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 l’obbligo di comunicare al Dipartimento della Funzione pubblica, attraverso gli Organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione.
5.6 L’UFFICIO PROCEDIMENTI DISCIPLINARI (UPD) E IL COLLEGIO DI DISCIPLINA
L’Ufficio Procedimenti disciplinari, istituito con disposto del Direttore generale x. XXXX. 21328 del 22 dicembre 2017 e incardinato quale articolazione interna dell’Area Personale ed Organizzazione ma in posizione di autonomia, è composto dal Direttore Generale, dalla Dott.ssa Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx e dal Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx. L’UPD:
• svolge i procedimenti disciplinari nell’ambito della propria competenza (art. 55-bis del d.lgs. n. 165/2001);
• provvede alle comunicazioni obbligatorie nei confronti dell’autorità giudiziaria (art. 20 D.P.R. n. 3/1957; art. 1, comma 3, l. n. 20/1994; art. 331 c.p.p.) in caso riscontri illeciti penali o ipotesi di responsabilità amministrativa per danno erariale;
• propone l’aggiornamento del Codice di comportamento.
Per quanto riguarda i professori e i ricercatori universitari l’art. 10 della legge 240/2010 ha introdotto la figura del Collegio di disciplina, il quale, su proposta motivata del Rettore, è competente ad istruire i procedimenti disciplinari per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura, nonché ad esprimere parere conclusivo e vincolante in materia ai sensi delle vigenti disposizioni di legge. Come previsto dall’art. 29 dello Statuto UNICAM, il Collegio di Disciplina è costituito da 15 componenti, eletti a suffragio diretto, separatamente per ciascuna fascia, in numero di 5, dagli appartenenti alla prima e alla seconda fascia e dai ricercatori a tempo determinato e indeterminato, impegnati a tempo pieno. Attualmente si sta procedendo al rinnovo di alcuni componenti del Collegio, pertanto la composizione aggiornata sarà disponibile sul sito istituzionale di Ateneo.
Il comma 14 dell’art. 1 della legge n. 190/2012 stabilisce che in capo a ciascun dipendente dell’amministrazione vige il dovere di osservare e rispettare tutte le misure di prevenzione previste dal Piano di Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza. Ai fini del presente Piano per dipendenti dell’Università degli Studi di Camerino si intende tutto il personale, contrattualizzato o non contrattualizzato, inquadrato, con qualsiasi tipologia di qualifica/categoria, nei ruoli dell’Ateneo. Rientrano tra i dipendenti i titolari di contratti di lavoro flessibile di somministrazione con l’Ateneo, nonché i titolari di contratti di lavoro subordinato con altri soggetti, pubblici o privati, che siano distaccati, comandati o comunque assegnati temporaneamente presso l’Ateneo.
La violazione da parte dei dipendenti delle misure di prevenzione previste dal Piano costituisce illecito disciplinare e può costituire motivo di determinazione di sanzioni disciplinari da parte degli organi competenti. Tutti i dipendenti delle strutture coinvolte nell’attività amministrativa mantengono il personale livello di responsabilità in relazione ai compiti effettivamente svolti e dovranno svolgere le proprie attività coordinando le stesse con quelle del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Compete pertanto a tutti i dipendenti dell’Università degli Studi di Camerino partecipare al processo di gestione del rischio attraverso:
• la conoscenza del Piano di prevenzione della corruzione a seguito della pubblicazione sul sito istituzionale nonché la sua osservanza ed altresì, per quanto di competenza, l’esecuzione e l’attuazione delle misure previste;
• la conoscenza e l’osservanza del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici di cui al D.P.R.
n. 62/2013 e del Codice etico e di comportamento UNICAM;
• la segnalazione dei casi di personale conflitto di interessi
• l’invito a riferire al RPCT, ai sensi dell’art. 00-xxx xxx x.xxx. x. 000/0000, xxxxxxxx xxxxxxxx (xxxxxx, disciplinari, amministrativo-contabili) di cui siano venuti a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, nonché a fornire informazioni rilevanti ai fini della prevenzione della corruzione, attraverso l’apposita procedura informatica (whistleblowing);
5.8 I COLLABORATORI E I CONSULENTI
Ai fini del presente Piano, per collaboratori si intendono tutti coloro che, in forza di rapporti di lavoro autonomo o di altro genere, diversi da quelli che contraddistinguono il rapporto di dipendenza, sono inseriti, per ragioni professionali, nelle strutture dell’Ateneo. Tutti i collaboratori così intesi o consulenti, a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia di contratto o incarico, nonché tutti i collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'Università sono tenuti a rispettare le misure contenute nel presente Piano triennale di prevenzione della corruzione e nel Codice etico e di Comportamento UNICAM. Inoltre, sono tenuti a segnalare al RPCT le situazioni di illecito, di qualunque genere, di cui siano venuti a conoscenza fornendo ogni informazione necessaria e l’eventuale documentazione pertinente.
Uno degli scopi principali di questo Piano è quello di individuare le attività che presentano un più elevato rischio di corruzione, e l’analisi degli eventi che possono produrre conseguenze negative per l’organizzazione, in modo da poter attuare azioni preventive e di contrasto al fenomeno corruttivo. Il Piano Nazionale Anticorruzione raccomanda di seguire, nella gestione del rischio di corruzione, quanto indicato nelle linee guida ISO 31000:2010 ‘Gestione del rischio – Principi e linee guida’, che descrivono un modello di gestione del rischio con l’obiettivo di promuovere un approccio sistematico al problema. La ISO/IEC 31010:2009 ‘Risk Management – Risk Assessment Techniques’, invece, fornisce una guida di supporto alla ISO 31000:2010 per la selezione e applicazione di tecniche sistematiche di valutazione del rischio.
I vantaggi che UNICAM può avere nell’utilizzo di una corretta gestione del rischio anche nell’ambito della prevenzione della corruzione sono molteplici, tra i quali:
• Aumentare la probabilità di raggiungere gli obiettivi prefissati per contrastare i fenomeni corruttivi;
• Migliorare l’efficacia e l’efficienza operative;
• Soddisfare i requisiti cogenti e le norme internazionali in materia di prevenzione della corruzione;
• Migliorare la confidenza e la fiducia dei portatori di interesse;
• Migliorare i controlli interni;
• Costituire una base affidabile per il processo decisionale e la pianificazione;
• Assegnare e utilizzare efficacemente risorse per il trattamento del rischio di corruzione;
E’ importante, inoltre, conoscere esattamente le definizioni che le linee guida ISO 31000 danno di alcuni aspetti fondamentali relativi alla gestione del rischio:
• RISCHIO: effetto dell’incertezza sugli obiettivi;
• FONTE DI RISCHIO: elemento che da solo o in combinazione con altri possiede il potenziale intrinseco di originare il rischio (tangibile o intangibile);
• EVENTO: il verificarsi (o il non verificarsi) o il modificarsi di un particolare insieme di circostanze; se non ha conseguenze spesso indicato come ‘near-miss’;
• CONSEGUENZA: esito di un evento che influenza gli obiettivi. Una conseguenza può essere certa o incerta e può avere effetti positivi o negativi sugli obiettivi;
• VEROSIMIGLIANZA, POSSIBILITÀ: plausibilità di un accadimento ipotizzabile;
• CRITERI DI RISCHIO: termini di riferimento a fronte dei quali è valutata la significatività del rischio;
• LIVELLO DI RISCHIO: espressione quantitativa di un rischio o combinazione di rischi, espresso in termini di combinazione di conseguenze e della loro verosimiglianza;
• GESTIONE DEL RISCHIO:
- crea e protegge il valore: salute e sicurezza delle persone, security, rispetto dei requisiti cogenti, consenso presso l'opinione pubblica, protezione dell'ambiente, qualità del prodotto gestione dei progetti, efficienza nelle operazioni, governance e reputazione;
- tiene conto dei fattori umani e culturali: capacità, percezioni e aspettative delle persone esterne ed interne che possono facilitare o impedire il raggiungimento degli obiettivi;
- è trasparente e inclusiva: coinvolgimento appropriato e tempestivo dei portatori d'interesse e, in particolare, dei responsabili delle decisioni, a tutti i livelli dell'organizzazione;
- tratta esplicitamente l'incertezza: tiene conto esplicitamente dell'incertezza, della natura di tale incertezza e di come può essere affrontata;
- è parte integrante di tutti i processi dell'organizzazione: non è un'attività indipendente, separata dalle attività e dai processi principali dell'organizzazione. La gestione del rischio fa parte delle responsabilità della direzione ed è parte integrante di tutti i processi dell'organizzazione, inclusi la pianificazione strategica e tutti i processi di gestione dei progetti e del cambiamento;
- è "su misura”: è in linea con il contesto esterno ed interno e con il profilo di rischio dell'organizzazione.
L’obiettivo istituzionale delle pubbliche amministrazioni, secondo quanto indicato nel Piano Nazionale Anticorruzione del 2013, è “il perseguimento dell’interesse pubblico”. La corruzione distorce i processi della pubblica amministrazione, facendoli deviare verso il perseguimento di interessi privati. Quindi la corruzione è un evento che influenza negativamente l’obiettivo istituzionale di un ente pubblico. Gestire il rischio di corruzione significa gestire nel senso di ridurre l’incertezza nei confronti della corruzione.
I tipi di incertezza sugli eventi di corruzione sono:
1. INCERTEZZA nella GESTIONE DEI PROCESSI
- Non sapere come sono gestiti i processi;
- Non sapere se le leggi, i regolamenti e le procedure sono applicate in modo omogeneo in tutta l’organizzazione;
- Non sapere se il sistema ‘reale’ dei poteri coincide con il sistema ‘formale’ definito dall’amministrazione (organigramma);
- Non accorgersi di eventuali monopoli interni all’amministrazione;
2. INCERTEZZA ETICA
- Scarsa motivazione del personale
- Scarsa capacità di definire gli obiettivi dell’ente
- Scarsa capacità di definire e veicolare valori di etica pubblica
3. INCERTEZZA nelle RELAZIONI
- Mancata individuazione degli interessi privati che possono interferire con i processi pubblici
- Scarsa ‘qualificazione’ dei fornitori e dei consulenti
6.1 INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI RISCHIO
L’individuazione delle aree di rischio ha la finalità di consentire l’emersione delle aree che debbono essere presidiate più di altre mediante l’implementazione di misure di prevenzione. Rispetto a tali aree il Piano identifica le loro caratteristiche, le azioni e gli strumenti per prevenire il rischio, stabilendo le priorità di trattazione. L’individuazione delle aree di rischio è il risultato di un processo
complesso che presuppone la valutazione del rischio, che, secondo gli standard UNI EN ISO 31000:2010 e ISO 31000:2009, consiste nella determinazione dell’entità del rischio attraverso la valutazione della probabilità che il rischio si realizzi e delle conseguenze che il rischio produce (impatto) sia sull’amministrazione (qualità e continuità dell’azione amministrativa, impatto economico, conseguenze legali, reputazione e credibilità istituzionale, ecc.) sia sugli stakeholders (cittadini, utenti, imprese, mercato, ecc.).
Il processo di individuazione delle aree di rischio ha come primo ‘step’ la mappatura completa dei processi, concetto più ampio e flessibile di quello di procedimento amministrativo, in quanto identifica un insieme di attività svolte da uno o più uffici. Tenuto conto del diverso approccio che la governance di Xxxxxx ha avuto nella redazione di questo Piano, si è resa necessaria una nuova mappatura dei processi e dei rischi ad essi connessi, che ha comportato per il RPCT e per il Gruppo di Supporto, una vasta ed impegnativa attività di analisi organizzativa, con il fine di individuare e rappresentare tutte le attività dell’Ateneo in modo razionale, e di conseguenza l’identificazione e la valutazione dei rischi corruttivi.
La mappatura dei processi è stata realizzata nella prima metà del 2017, ed ha visto il coinvolgimento del Responsabile, del Gruppo di Supporto e del responsabile dell’Area Sistemi Qualità e Sviluppo Organizzativo. I processi dell’ateneo sono stati mappati inserendo i rischi individuati nell’Allegato 3 al P.N.A. 2013, nell’Aggiornamento 2015 al P.N.A. e nel PNA 2016 adattandoli alla realtà dell’Università degli Studi di Camerino ed integrandoli con gli eventi individuati autonomamente dall’Ateneo. Per la valutazione del rischio dei singoli processi, secondo quanto indicato nella Tabella Allegato 5 al P.N.A.2013, si è utilizzata una matrice che tiene conto sia della probabilità che dell’impatto. In termini di probabilità vengono analizzati i seguenti aspetti:
- la discrezionalità del processo;
- la rilevanza esterna;
- la frazionabilità;
- il valore economico;
- la complessità;
- la tipologia di controllo applicato al processo.
La probabilità delle conseguenze dell’evento rischioso è classificata dal raro al quasi certo. Per quanto invece concerne l’impatto, questo si misura in termini di:
- impatto economico;
- impatto organizzativo;
- impatto reputazionale.
L’impatto viene misurato da insignificante a grave.
Una prima individuazione dei procedimenti ai quali corrispondono le aree con un elevato rischio di corruzione è stata fornita dall’art. 1, comma 15 e 16, della legge n. 190/2012:
a) autorizzazione o concessione;
b) scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;
c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all’art. 24 del d.lgs. n.150/2009.
e) bilanci e conti consuntivi;
f) costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Queste aree a maggior rischio di corruzione devono essere monitorate in modo da assicurare ai sensi dell’art. 117 della Costituzione il livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili.
I procedimenti citati corrispondono alle seguenti aree di rischio (articolate in sotto aree, come da Allegato 2 al P.N.A.: Aree di rischio comuni e obbligatorie):
• processi finalizzati all’acquisizione ed alla progressione del personale;
• processi finalizzati all’affidamento di lavori, servizi e forniture nonché all’affidamento di ogni altro tipo di commessa o vantaggio pubblici disciplinato dal d.lgs. n. 163 del 2006;
• processi finalizzati all’adozione di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto ed immediato per il destinatario;
• processi finalizzati all’adozione di provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto ed immediato per il destinatario.
Con l’Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione non si parla più di aree di rischio “obbligatorie” e aree “ulteriori”, bensì di aree “generali” e aree “specifiche” di rischio. Oltre alle aree di rischio ricorrenti, individuate dalla legge n. 190/2012, con l’Aggiornamento 2015 del Piano Nazionale Anticorruzione sono state individuate attività generali, svolte in gran parte delle amministrazioni ed enti a prescindere dalla tipologia e dal comparto, con alto livello di probabilità di eventi a rischio corruzione che corrispondono, in particolare, alle aree relative allo svolgimento di attività di:
• gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio;
• controlli, verifiche, ispezioni e sanzioni;
• incarichi e nomine;
• affari legali e contenzioso.
Nell’Aggiornamento 2015 del Piano Nazionale Anticorruzione l’X.X.XX, inoltre, esemplifica relativamente alle Università le seguenti aree di rischio specifiche:
• didattica (gestione test di ammissione, valutazione studenti);
• ricerca (concorsi, gestione fondi per la ricerca).
Nel corso del 2017, il precedente Responsabile della prevenzione della corruzione e della Trasparenza, il Responsabile dell’allora Gruppo Tecnico di Supporto al RPCT e il Responsabile dell’Area Sistemi Qualità e Sviluppo Organizzativo, tenuto conto di quanto sopra illustrato, ai fini della redazione del Piano e con l’obiettivo di individuare le attività a rischio di corruzione, hanno condotto un primo processo di mappatura delle attività a rischio di corruzione, valutandole in relazione al diverso livello di esposizione degli uffici al rischio. Sono stati pertanto presi in considerazione tutti gli ambiti interessati da potenziali rischi di corruzione, dalle attività amministrative a quelle didattiche e scientifiche, tenendo presente la particolare complessità tipica di un Ateneo in termini di attività svolte e soggetti coinvolti e delle conseguenti ricadute sui rapporti e sulle relazioni intercorrenti. Oltre alle attività espressamente individuate dalla legge, sono state così individuate anche quelle legate alla realtà specifica di una Università ritenute potenzialmente più esposte o sensibili al “rischio corruzione”, quali la verbalizzazione degli esami di profitto e la gestione delle carriere degli studenti, i concorsi e le prove selettive per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato, ai corsi di dottorato, a qualunque corso di formazione e di studio attivato a qualunque titolo, alle scuole di specializzazione, gli esami per l’abilitazione all’esercizio delle professioni. La tabella con la mappatura dei processi e il calcolo del livello di rischio corruttivo è riportata tra gli allegati al presente Piano.
Le attività dell’Ateneo riportate di seguito sono quelle che presentano un intrinseco rischio di annidamento di fenomeni corruttivi nell’ampia accezione del termine, senza alcun riferimento alle singole persone preposte alle suddette mansioni nelle unità organizzative deputate allo svolgimento quotidiano delle attività:
PROCESSI | PROBABILITA' | IMPATTO | RISCHIO | ||
ACQUISIZIONE E PROGRESSIONE DEL PERSONALE | RECLUTAMENTO | Procedure concorsuali e prove selettive per l’assunzione di personale dirigente, tecnico- amministrativo e C.E.L. a tempo determinato e indeterminato | ALTA | ALTO | ALTO |
Procedure concorsuali e prove selettive per il reclutamento di personale docente e ricercatore | ALTA | ALTO | ALTO | ||
PROGRESSIONI DI CARRIERA | Procedure di selezione per progressioni economiche e di carriera | MEDIO | MEDIO | MEDIO | |
CONFERIMENTO INCARICHI DI COLLABORAZIONE | Procedure selettive per l’affidamento di contratti ed incarichi di collaborazione e di consulenza a qualsiasi titolo | ALTA | ALTO | ALTO |
AFFIDAMENTO DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE | AFFIDAMENTO FORNITURE E SERVIZI | A. Predisposizione capitolati d’appalto per forniture e servizi B. Redazione provvedimenti autorizzatori finalizzati alle acquisizioni C. Definizione criteri di scelta del contraente D. Controllo ed applicazione convenzioni Consip e MEPA E. Definizione e verifica requisiti di partecipazione F. Gestione procedure affidamento G. Redazione, stipula e controllo su esecuzione dei contratti X. Gestione controllo DURC I. Selezione fornitori di risorse e acquisizioni beni e servizi | ALTA | ALTO | ALTO |
AFFIDAMENTO LAVORI | A. Predisposizione capitolati d’appalto lavori e servizi relativi all’ingegneria e all’architettura B. Progettazione, direzione e collaudo lavori C. Definizione dei requisiti di partecipazione D. Definizione criteri di scelta del contraente nell'affidamento di lavori e servizi E. Verifica dei requisiti F. Verifica dei presupposti per l’affidamento esterno degli incarichi professionali G. Controllo su esecuzione dei contratti H. Verifiche, controlli, validazioni e attestazioni di conformità per lavori, servizi o forniture | ALTA | ALTO | ALTO | |
LIQUIDAZIONE | Liquidazione e pagamento di lavori, servizi e forniture | BASSO | BASSO | BASSO | |
PROVVEDIMENTI AMPLIATIVI DELLA SFERA GIURIDICA DEI DESTINATARI PRIVI DI EFFETTO ECONOMICO DIRETTO ED | Procedure selettive per l’accesso a corsi a numero chiuso, per esami di stato di abilitazione e per l’accesso a corsi di dottorato di ricerca | MEDIO | ALTO | ALTO | |
Procedure di verbalizzazione esami di profitto | MEDIO | ALTO | ALTO | ||
Procedure di convalida delle attività formative | MEDIO | BASSO | BASSO | ||
Procedura rilascio titoli | BASSO | BASSO | BASSO |
IMMEDIATO PER IL DESTINATARIO | Procedure di rilascio certificazione | BASSO | BASSO | BASSO |
PROVVEDIMENTI AMPLIATIVI DELLA SFERA GIURIDICA DEI DESTINATARI CON EFFETTO ECONOMICO DIRETTO ED IMMEDIATO PER IL DESTINATARIO | Rilascio autorizzazioni per lo svolgimento di incarichi retribuiti | MEDIO | MEDIO | MEDIO |
Procedure selettive e concorsuali per concessione compensi e benefici a studenti e laureati (borse di studio, premi di laurea) | MEDIO | MEDIO | MEDIO | |
Pagamento emolumenti e rimborsi a favore del personale, dei collaboratori e di soggetti esterni | MEDIO | MEDIO | MEDIO | |
PROCESSI CON O SENZA EFFETTI ECONOMICI DIRETTI ED IMMEDIATI PER IL DESTINATARIO | Processi di valutazione del personale | MEDIO | MEDIO | MEDIO |
Gestione del rapporto di lavoro del personale tecnico-amministrativo (attestazione presenze, compensi accessori, permessi, incarichi interni, ecc…) | BASSO | MEDIO | MEDIO | |
Gestione del contenzioso | MEDIO | MEDIO | MEDIO | |
GESTIONE DELLE ENTRATE, DELLE SPESE E DEL PATRIMONIO | Gestione di contratti di locazioni o concessioni attive/passive | MEDIO | ALTO | MEDIO - ALTO |
Alienazioni, acquisizioni, permute, perizie estimative, procedure catastali | MEDIO | ALTO | MEDIO - ALTO | |
Stipula e gestione convenzioni conto terzi | MEDIO | ALTO | MEDIO - ALTO | |
Gestione inventario beni mobili (alienazioni, acquisizioni, permute, perizie estimative, inventariazione) | BASSO | MEDIO | BASSO | |
Gestione attività di programmazione e bilancio e di controllo di gestione | BASSO | MEDIO | MEDIO | |
Pagamenti a favore di società, imprese, altri soggetti | MEDIO | ALTO | MEDIO - ALTO | |
Gestione dei fondi per la ricerca | MEDIO | ALTO | MEDIO - ALTO |
Analizzando i risultati della mappatura dei processi, il rischio di esposizione al fenomeno corruttivo così come riconosciuto dal legislatore sussiste anche per l’Università degli Studi di Camerino. L’attuazione delle disposizioni del presente Piano ha proprio l’obiettivo di abbassare il grado di rischio rispetto a quanto risulta dalla tabella sopra riportata. Va comunque sottolineato che si tratta di settori disciplinati da normative di valenza nazionale, alle quali l’Università degli Studi di Camerino deve dare piena e completa applicazione, che “a monte” prevedono una serie di adempimenti in capo all’amministrazione finalizzati a garantire la trasparenza (ad esempio gli obblighi di pubblicità nei confronti del Dipartimento della Funzione pubblica specificamente previsti per gli incarichi esterni o gli obblighi di trasmissione dati all’X.X.XX per la sua attività di vigilanza degli appalti pubblici, incluse le acquisizioni in economia) e la correttezza delle procedure (ad esempio, le verifiche post-aggiudicazione nel campo degli appalti o le procedure concorsuali), ponendo in capo al dirigente o al funzionario preposti sanzioni amministrative e individuando correlati profili di responsabilità di natura amministrativo-contabile nel caso di mancato o inesatto adempimento. L’Università di Camerino ha da tempo adottato un Codice Etico e di Comportamento volto tra le altre questioni anche a prevenire e ad arginare, in coerenza con quanto previsto dalla legislazione vigente, possibili episodi di corruzione e conflitto di interesse e per assicurare il principio fondamentale della trasparenza dell’attività amministrativa. Nonostante ciò, tali adempimenti non risultano ancora sufficienti a garantire un basso livello di rischio corruzione.
Se, come già illustrato, per gestione del rischio si intende l’insieme delle attività coordinate per guidare e tenere sotto controllo l’amministrazione con riferimento al rischio, lo strumento che consente dunque la riduzione del rischio di corruzione è la sua gestione, che viene attuata attraverso la pianificazione, realizzata col presente Piano, e la fase di trattamento del rischio, che secondo l’Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione, è “tesa a individuare i correttivi e le modalità più idonee a prevenire i rischi, sulla base delle priorità emerse in sede di valutazione degli eventi rischiosi”. In particolare si evidenzia come la misura di trattamento del rischio debba rispondere a tre requisiti fondamentali:
• efficacia nella mitigazione delle cause del rischio;
• sostenibilità economica e organizzativa (altrimenti il PTPC sarebbe irrealistico e rimarrebbe inapplicato). La fase di individuazione delle misure deve essere impostata avendo cura di contemperare la sostenibilità anche della fase di controllo e di monitoraggio delle stesse, onde evitare la pianificazione di misure astratte e non realizzabili;
• adattamento alle caratteristiche specifiche dell’organizzazione; nell’Aggiornamento 2015 si sottolinea che i Piani triennali di prevenzione della corruzione dovrebbero contenere un numero significativo di misure specifiche, in maniera tale da consentire la personalizzazione della strategia di prevenzione.
Al fine di programmare una strategia di prevenzione specificamente calibrata sulle fattispecie di rischio tipiche dell’Ateneo, l’individuazione delle misure dovrà essere orientata con riferimento alle singole e specifiche attività degli uffici, rispetto alle quali le categorie di rischio assumono caratteri peculiari e diversi da ufficio ad ufficio. Si può verificare l’ipotesi che alla medesima categoria di rischio gli uffici possano rispondere con strumenti del tutto diversi, finalizzati proprio alle caratteristiche della specifica attività svolta.
Il processo di gestione del rischio si realizzerà attraverso il coinvolgimento innanzitutto dei Referenti per la prevenzione della corruzione, con i quali il RPCT continuerà il meccanismo di raccordo al fine di verificare il grado di attuazione del Piano e l’esistenza di rischi ulteriori a quelli delineati. Il trattamento del rischio si completa con l’azione di monitoraggio da parte del RPCT e dal Gruppo di Supporto, permettendo la verifica dell’efficacia dei sistemi di prevenzione adottati e l’eventuale successiva introduzione di ulteriori strategie di prevenzione; esso si avvale altresì dell’attività di reportistica richiesta ai Referenti sullo stato di attuazione delle misure anticorruzione nelle rispettive strutture di appartenenza.
Il Piano Nazionale Anticorruzione approvato nel settembre 2013 classificava le misure di prevenzione come:
• misure obbligatorie, la cui applicazione discende obbligatoriamente dalla legge o da altre fonti normative;
• misure ulteriori, le quali, non essendo obbligatorie per legge, vengono inserite nei Piani triennali di prevenzione della corruzione a discrezione dell’amministrazione e tale inserimento le rende obbligatorie per l’amministrazione che le ha previste.
L’Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione, superando la distinzione tra misure obbligatorie e misure ulteriori, ha sottolineato la necessità che ciascuna amministrazione individui strumenti specifici, idonei a mitigare i rischi tipici dell’ente stesso, emersi a seguito di specifica analisi ed, ha, quindi, adottato una classificazione che distingue tra:
• misure generali, che incidono sul sistema complessivo della prevenzione della corruzione intervenendo in materia trasversale sull’intera amministrazione;
• misure specifiche, che incidono su problemi specifici individuati tramite l’analisi del rischio.
L’individuazione e l’approfondimento del contenuto delle misure di mitigazione del rischio di carattere generale è supportata da indicazioni riferite all’Allegato 1 al PNA del 2013, che fornisce chiare indicazioni rispetto alle finalità specifiche ed alle modalità attuative delle stesse. Per ciascuna categoria di rischio possono essere generalmente individuate molteplici misure di prevenzione, sia di carattere generale che specifico.
7.1 MISURE DI PREVENZIONE GENERALI
Le misure di carattere generale, proprio in virtù della loro natura di strumenti idonei ad incidere sul complesso sistema di prevenzione, trovano un’applicazione assolutamente generalizzata in tutti i processi dell’amministrazione, soprattutto dove si ravveda il bisogno di mitigare fattispecie di rischio dovute all’uso improprio o distorto della discrezionalità e all’alterazione, manipolazione e utilizzo improprio delle informazioni o della documentazione. Sono misure volte ad assicurare condizioni organizzative che consentano scelte imparziali da parte dei Dirigenti e funzionari, riducendo inoltre i casi di adozione di atti in presenza di conflitti di interesse, anche potenziale. Nella definizione delle misure si supera pertanto, coerentemente con le indicazioni delle delibere dell’X.X.XX. n. 12/2015 e n. 831/2016, la distinzione tra misure generali e specifiche ed anche tra quelle obbligatorie ed ulteriori, nella convinzione che l’efficacia del PTPCT nel suo complesso dipenda soprattutto dalla messa a sistema delle stesse e dalla capacità di adattarle alla specificità dell’organizzazione dell’Ateneo.
Lo strumento dei codici di comportamento è una misura di prevenzione fondamentale in quanto le norme in essi contenute regolano il comportamento dei dipendenti e, quindi, indirizzano l’azione amministrativa al fine di mitigare la maggior parte delle tipologie dei comportamenti a rischio di corruzione, favorendo la diffusione di buone pratiche ispirate a standard di legalità ed eticità nell’ambito delle pubbliche amministrazioni. Tale misura, quindi, operando in maniera trasversale, è di fatto applicabile nella totalità dei processi dell’Ateneo. Il D.P.R. n. 62/2013, recante il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, contiene misure innovative in funzione della prevenzione della corruzione e deve essere integrato nei contenuti dal Codice di comportamento dei lavoratori che ogni amministrazione deve adottare.
Ancor prima della diffusione dell’Aggiornamento 2017 (adottato con Xxxxxxxx n. 1208 del 22 novembre 2017) al Piano Nazionale Anticorruzione 2016, in cui l’ANAC raccomanda di “adottare un documento unico che coniughi le finalità del codice etico e quelle del codice di comportamento”, l’Università di Camerino ha adottato in data 3 febbraio 2015 il Codice etico e di comportamento, che è rivolto a tutta la comunità universitaria, non solo quindi al personale tecnico-amministrativo. Il Codice, infatti, si applica a tutto il personale tecnico-amministrativo, a tempo indeterminato e determinato, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, nonché ai dirigenti dell’Università degli Studi di Camerino; al personale docente e ricercatore, a tutti i soggetti che intrattengono rapporti con l’Ateneo e, in particolare, ai collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ivi inclusi gli incarichi di didattica ai sensi dell'art. 23 della legge 30 dicembre 2010, n. 240; ai titolari di assegni di ricerca di cui all'art. 22 della legge n. 240/2010; ai titolari di borse di studio e di ricerca; agli studenti; al personale ed ai collaboratori a qualsiasi titolo delle società partecipate e ‘in house’ dell'Ateneo e delle imprese fornitrici di beni o servizi che realizzano opere in favore dell'Ateneo e ad ogni altro soggetto a cui la normativa vigente estenda l'applicazione del Codice e delle disposizioni collegate o che intrattenga un rapporto formalizzato con l'Ateneo. Il Codice etico e di comportamento UNICAM “promuove l’accettazione di doveri e responsabilità nei confronti dell’istituzione di appartenenza e detta le regole di condotta nell’ambito della comunità. I componenti di UNICAM sono tenuti a mantenere una condotta collaborativa nei confronti delle decisioni accademiche di carattere organizzativo poste in essere ai fini dell’efficienza, equità, imparzialità e trasparenza dell’amministrazione universitaria.”
Il Codice individua i valori fondamentali della comunità universitaria e le norme volte ad evitare ogni forma di discriminazione e di abuso, nonché a regolare i casi di conflitto di interessi e in materia di proprietà intellettuale; rappresenta il riferimento per regolare le relazioni interne ed esterne dell’Università, proponendosi come dichiarazione di principi accettati e condivisi da docenti e ricercatori, personale dirigente e tecnico amministrativo, studenti e da tutti coloro che instaurino rapporti con l’Ateneo, condividendone i valori.
Il Codice è stato redatto seguendo la procedura prevista dall’art. 54, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001, così come modificato dalla legge n. 190/2012, tramite procedura aperta on-line di partecipazione e previo parere obbligatorio del Nucleo di Valutazione. Inoltre sono state recepite le indicazioni presenti nelle “Linee guida in materia di codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni”, emanate dalla CiVIT con delibera n. 75/2013. È stato, quindi, pubblicato nel sito ufficiale d’Ateneo, nella sezione Amministrazione trasparente - Disposizioni generali - Atti generali. L’Ateneo, contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in mancanza, all’atto di conferimento dell’incarico, consegna e fa sottoscrivere ai nuovi assunti ed ai collaboratori, con rapporti comunque denominati, copia del Codice etico di comportamento dei lavoratori dell’Università degli Studi di Camerino. Al fine di assicurare il rispetto del Codice etico e di comportamento dell’Università degli Studi di Camerino, i responsabili dei relativi procedimenti inseriscono negli atti di incarico, nei bandi, nei contratti di acquisizione delle collaborazioni, delle
consulenze o dei servizi, un’apposita clausola di risoluzione del contratto o di decadenza dal rapporto in caso di violazione degli obblighi derivanti dal Codice etico e di comportamento.
La violazione dei doveri e degli obblighi contenuti nel D.P.R. n. 62/2013 e nel Codice etico e di comportamento dell’Università degli Studi di Camerino, compresi quelli relativi al presente Piano triennale di prevenzione della corruzione, è da intendersi come comportamento contrario ai doveri d'ufficio e determina responsabilità disciplinare accertata all’esito del procedimento disciplinare, secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 165/2001 e dai Contratti collettivi nazionali di lavoro. Ai fini della determinazione del tipo e dell’entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all’entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell'Ateneo. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente, nei casi da valutare, in relazione alla gravità di violazione delle disposizioni richiamate dall'art. 16, comma 2, del Codice di comportamento nazionale.
La violazione degli obblighi di legge e dei doveri suddetti può dar luogo, altresì, a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del lavoratore, ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi e regolamenti. I Dirigenti e i Direttori/Responsabili delle strutture scientifiche/didattiche e delle aree e uffici amministrativi hanno l’obbligo di vigilare ciascuno per le Aree/Strutture di propria competenza, sulla corretta attuazione del Codice etico e di comportamento.
7.1.2 ROTAZIONE DEGLI INCARICHI
La legge n. 190/2012 e ss.mm.ii., all’art. 1, comma 4, lettera e), al comma 5, lettera b) ed al comma 10, lettera b), individua nella rotazione degli incarichi attribuiti ai dirigenti ed al personale che opera nei settori maggiormente a rischio di corruzione una misura organizzativa preventiva utile ad evitare il ‘consolidamento’ di posizioni di privilegio derivanti dalla gestione prolungata e diretta di attività, servizi, procedimenti. Anche nel P.N.A. 2013 e nel P.N.A. 2016, la rotazione del personale addetto alle aree a più elevato rischio di corruzione rappresenta una misura importante tra gli strumenti fondamentali di prevenzione della corruzione.
E’ necessario infatti evitare che dipendenti e dirigenti, instaurando relazioni sempre con gli stessi utenti, possano essere sottoposti a pressioni esterne, e, inoltre, è necessario allontanare il pericolo di consolidamento di consuetudini e prassi che possono creare l’aspettativa di comportamenti improntati a dinamiche inadeguate o di situazioni di privilegio con il rischio di favorire i clienti/utenti/fornitori capaci di intessere relazioni con il personale ed i dirigenti che per lungo tempo risultano inseriti in un certo ruolo, a discapito di altri.
Secondo le indicazioni fornite dall’ANAC (PNA 2016), la rotazione rappresenta inoltre, un criterio organizzativo che può contribuire alla formazione del personale, accrescendo le conoscenze e la preparazione professionale del lavoratore. In questa ottica la rotazione, lungi dal divenire uno strumento connotato da un carattere meramente emergenziale o punitivo, diviene un prioritario
criterio organizzativo finalizzato all’utilizzo ottimale delle risorse umane. Per tale ragione deve essere accompagnato da percorsi di formazione che mirino a far acquisire ai dipendenti competenze professionali trasversali così da rendere fungibili le funzioni in una pluralità di ambiti lavorativi.
Sulla base di quanto sopra descritto diventa prioritario nell’Università di Camerino assumere la rotazione del personale quale criterio imprescindibile per assicurare il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa e garantire la qualità delle competenze professionali necessarie per lo svolgimento di talune attività specifiche, con particolare riguardo a quelle con elevato contenuto tecnico e quelle per cui sia necessaria una particolare professionalità in determinati ambiti e settori di attività. L’adozione di adeguati sistemi di rotazione del personale addetto alle aree di rischio non può, altresì, prescindere dall’individuazione preventiva di modalità condivise, in modo da conciliare le esigenze dettate dalla legge con la continuità e coerenza degli indirizzi e le necessarie competenze delle strutture.
Pur considerando positivamente che finora non è stato necessario attivare la rotazione di personale a seguito di procedimenti penali o disciplinari (la cd. rotazione straordinaria speciale), l’Ateneo, secondo le indicazioni fornite dall’X.X.XX., elaborerà nel corso del 2018 delle “Linee guida” per fissare i principi generali ai quali intende attenersi nell’attuazione di tale misura, in modo da rispettare la normativa in tema di prevenzione della corruzione e di permettere, sia all’Ateneo sia al personale, una gestione ottimale delle relative procedure con tempi certi ed un’adeguata definizione dei presupposti e delle modalità della rotazione, definendo:
- i criteri e le procedure per il conferimento di incarichi e/o di responsabilità di singoli procedimenti;
- i limiti temporali per l’esercizio di un incarico oltre i quali prevedere l’eventuale rotazione;
- le procedure per la preparazione al subentro e le relative modalità organizzative (formazione ad hoc ed attività di affiancamento propedeutica alla rotazione);
- gli incarichi esclusi dalle procedure in quanto l’applicazione della rotazione contrasterebbe con i principi di buon andamento dell’Amministrazione.
Per quanto riguarda il personale con incarico dirigenziale, tenuto conto dell’attuale assetto organizzativo che prevede la presenza di un solo dirigente (escluso il Direttore Generale), la rotazione può essere effettuata considerando i criteri di conferimento degli incarichi da parte del Direttore Generale e potrà essere attuata, di regola, alla scadenza dell’incarico. Stessa analisi potrà essere effettuata se, a seguito dell’approvazione del nuovo organigramma, l’assetto organizzativo dell’Ateneo preveda più dirigenti. Spetterà al Direttore Generale, in qualità di Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, la periodica verifica, secondo le linee guida di cui sopra, della possibilità della concreta attuazione della rotazione degli incarichi non dirigenziali prioritariamente nei Settori/Servizi/Uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione e nei quali da più lungo tempo non siano state effettuate rotazioni, fermo restando che sarà possibile realizzare tale obiettivo nell’ambito di attività fungibili o comunque intermedie, mentre sarà più difficile nell’ambito di attività altamente specializzate o nel caso di profili professionali costituiti da sola unità lavorativa.
Nell’espletamento delle attività più a rischio, secondo le Linee guida da adottare, saranno comunque previste misure specifiche per evitare che i soggetti non sottoposti a rotazione abbiano
il controllo esclusivo dei processi, anche prevedendo modalità operative che favoriscano meccanismi di condivisione ed una maggiore compartecipazione del personale nelle fasi procedimentali e nelle istruttorie più delicate. In luogo della rotazione potrà anche essere attuata una diversa articolazione dei compiti e delle competenze. Nelle Linee guida saranno inoltre previste modalità per idonee e tempestive iniziative formative e di affiancamento dirette a formare il personale in rotazione che dovrà subentrare nelle attività a rischio e quello che dovrà essere assegnato ad altre attività, fatta salva la compatibilità con le disponibilità economiche di bilancio. Ove possibile, la formazione e l’aggiornamento saranno effettuati con l’obiettivo di creare competenze di carattere trasversale e professionalità che possano essere utilizzate in una pluralità di settori. L’adozione dei criteri di rotazione rispetterà le disposizioni in materia di informazione e partecipazione sindacale e sui criteri generali di rotazione sarà data adeguata informazione alle XX.XX. consentendo loro di presentare le proprie osservazioni e proposte.
I Dirigenti e i Direttori/Responsabili delle strutture scientifiche/didattiche e delle aree e uffici amministrativi sono tenuti a rispettare sempre il principio della rotazione anche nella formazione delle diverse commissioni nominate sia nell’Amministrazione centrale che nelle strutture didattiche e di ricerca (es. commissioni di concorso e prove selettive, commissioni aggiudicatrici nelle gare di appalto, ecc.), soprattutto per quanto attiene alle attività richiamate nell’art. 1, comma 16, della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii., considerate più esposte al rischio:
a) autorizzazione o concessione;
b) scelta del contraente nell’affidamento di lavori, forniture e servizi;
c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari;
d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale.
7.1.3 ASTENSIONE IN CASO DI CONFLITTO DI INTERESSI
La legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. ha introdotto il nuovo articolo 6-bis alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e ss.mm.ii., il quale prevede in particolare che il responsabile del procedimento ed i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale, debbano astenersi in caso di conflitto di interesse che pregiudichi l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite, segnalando tempestivamente ai responsabili della struttura presso cui lavorano o, ove si tratti di Dirigenti, al Direttore generale, ogni situazione di conflitto, anche potenziale.
Tale situazione si configura quando il dipendente pubblico è tenuto ad assumere decisioni o a svolgere attività inerenti i suoi compiti che possano essere collegabili a interessi personali oppure interessi del coniuge, di conviventi, di parenti ed affini entro il secondo grado o relativi a soggetti con i quali il dipendente intrattenga frequentazioni abituali. Va sottolineato che l’obbligo di astensione consegue anche alla mera potenzialità del conflitto che si configura in tutte le circostanze in cui il dipendente si trova ad essere portatore di interessi della sua sfera privata che potrebbero, anche solo teoricamente, compromettere l’imparzialità delle proprie valutazioni (Anac, parere 11/2015).
L’obbligo di astensione nel caso di conflitto di interesse non ammette deroghe ed opera per il solo fatto che il dipendente pubblico risulti portatore di interessi personali che lo pongano in conflitto con quello generale affidato all’amministrazione di appartenenza, creando così il sospetto del venir
meno dell’imparzialità nell’agire amministrativo (Orientamenti X.X.XX. n. 78 del 23 settembre 2014 e n. 95 del 7 ottobre 2014). La norma contiene due prescrizioni:
- è stabilito un obbligo di astensione per il responsabile del procedimento, il titolare dell’ufficio competente ad adottare il provvedimento finale ed i titolari degli uffici competenti ad adottare atti endoprocedimentali nel caso di conflitto di interesse, anche solo potenziale;
- è previsto un dovere di segnalazione a carico dei medesimi soggetti;
Inoltre si persegue la finalità di prevenzione che si realizza mediante l’astensione dalla partecipazione alla decisione (sia essa endoprocedimentale o meno) del titolare dell’interesse, che potrebbe porsi in conflitto con l’interesse perseguito mediante l’esercizio della funzione e/o con l’interesse di cui sono portatori il destinatario del provvedimento, gli altri interessati e controinteressati. Tale norma va letta in maniera coordinata con le disposizioni inserite nel Codice di comportamento emanato con D.P.R. n. 62/2013, che all’art. 6 prevede che “Xxxxx restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio, informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando: a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione; b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici” ed all’art. 7 prescrive altresì che “il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui egli sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.
La segnalazione del conflitto deve essere indirizzata al Direttore Generale, il quale, assunte le informazioni necessarie ed esaminate le circostanze, valuta se la situazione realizza un conflitto di interesse idoneo a ledere l’imparzialità dell’agire amministrativo, si pronuncia tempestivamente sulla rilevanza del conflitto di interesse e, se necessario, decide sull'astensione adottando gli atti conseguenti, dandone comunicazione scritta al lavoratore interessato, sollevandolo dall’incarico oppure motivando espressamente le ragioni che consentono comunque l’espletamento dell’attività da parte di quel lavoratore. La segnalazione può anche essere inviata al Direttore/Responsabile della struttura scientifica/didattica o dell’area o ufficio amministrativo di appartenenza, il quale dovrà informare tempestivamente il Direttore Generale. Nel caso in cui sia necessario sollevare il dipendente dall’incarico, quest’ultimo dovrà essere affidato ad altro lavoratore ovvero, in carenza
di lavoratori professionalmente idonei, il Dirigente o il Direttore/Responsabile della struttura scientifica/didattica o dell’area o ufficio amministrativo dovrà avocare a sé ogni compito relativo a quel procedimento.
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza cura l'archiviazione cartacea ed informatica delle predette comunicazioni di astensione e ne predispone apposita banca dati da mantenere costantemente aggiornata. Qualora il conflitto riguardi il personale in regime di diritto pubblico, di cui all'art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (professori e ricercatori) e tutti i soggetti che intrattengono rapporti con l'Ateneo (in particolare: i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ivi inclusi gli incarichi di didattica ai sensi dell'art. 23 della legge 30 dicembre 2010, n. 240; i titolari di contratti di assegni di ricerca di cui all'art. 22 della L. n. 240/2010; i titolari di borse di studio e di ricerca; gli studenti titolari di contratti di collaborazione a tempo parziale; il personale ed i collaboratori a qualsiasi titolo delle società partecipate e in house dell'Ateneo e delle imprese fornitrici di beni o servizi che realizzano opere in favore dell'amministrazione) la comunicazione è resa al Direttore generale o alle persone gerarchicamente superiori; qualora il conflitto riguardi il Direttore generale, la decisione è assunta dal Rettore.
Ciascun lavoratore dell’Università degli Studi di Camerino, nel momento in cui viene assegnato all’ufficio, deve informare, con comunicazione scritta, il responsabile della struttura di riferimento di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni. In particolare, così come prescrive l’art. 19 del Codice etico e di comportamento dell’Università degli Studi di Camerino, il dipendente dovrà precisare:
- se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
- se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.
Il dipendente che si trovi in situazioni di conflitto, anche potenziale, con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado, deve astenersi dal prendere decisioni o dallo svolgere attività inerenti alle sue mansioni. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici (art. 7, comma 5, del Codice etico e di comportamento dell’Università degli Studi di Camerino). Il Direttore Generale e i Direttori/Responsabili delle strutture scientifiche/didattiche e delle aree e uffici amministrativi, ciascuno per le rispettive competenze, vigileranno sull’esatto adempimento di tale obbligo.
I Dirigenti devono comunicare all’Ateneo le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porli in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolgono e devono altresì dichiarare se hanno parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attività politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovranno dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attività inerenti all'ufficio. Hanno inoltre l’obbligo di informare circa la propria situazione patrimoniale e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche (art. 24 del Codice etico e di
comportamento). I Dirigenti e i Direttori/Responsabili delle strutture scientifiche/didattiche e delle aree e uffici amministrativi, ciascuno per la propria competenza, dovranno, secondo quanto stabilito dai commi 7 e 9 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, così come modificato dall’art. 1, comma 42, lett.
c) della legge n. 190/012, svolgere un’attività di verifica volta ad individuare situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi, nel momento in cui procedono al conferimento o all’autorizzazione di incarichi.
È fatto divieto al dipendente di concludere, per conto dell’Università degli Studi di Camerino, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile. Nel caso in cui a concludere tali contratti sia l’amministrazione, il dipendente che con le imprese stipulanti ha concluso contratti a titolo privato o ricevuto altre utilità nel biennio precedente, si deve astenere dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle attività relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio. Vige comunque in capo al dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, l’obbligo di informarne per iscritto il dirigente dell'ufficio (art. 14 del D.P.R. n. 62/2013). Nel caso in cui a trovarsi in tali situazioni si trovi un Dirigente, questi ha l’obbligo di informarne il Direttore generale.
L’art. 1, comma 9, lett. e), della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii., prevede un’azione di “monitoraggio dei rapporti tra l’amministrazione ed i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono destinatari/interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione”. L’ANAC, con comunicato del Presidente del 2015, ha evidenziato come la disposizione normativa sopra citata non contenga un divieto di stipula di contratti pubblici con imprese i cui titolari, amministratori, soci o dipendenti abbiano rapporti di parentela con dipendenti dell’amministrazione, bensì imponga alle pubbliche amministrazioni esclusivamente un monitoraggio su tali situazioni soggettive. Le Pubbliche Amministrazioni, infatti, hanno la facoltà di chiedere, anche ai soggetti con i quali sono stati stipulati contratti o che risultano interessati dai suddetti procedimenti, una dichiarazione in cui attestare l’inesistenza di rapporti di parentela o affinità con funzionari o dipendenti della P.A. e, come suggerito nel comunicato del Presidente dell’X.X.XX. 2015, si inserirà pertanto nei “bandi di gara di maggior rilievo” una clausola che preveda che i concorrenti debbano indicare, ai fini della prevenzione dei conflitti di interesse, l’esistenza di eventuali rapporti di parentela o affinità entro il quarto grado fra i titolari, i soci e gli amministratori dell’impresa concorrente con i dipendenti dell’Ateneo. Ciò consentirà all’Ateneo di conoscere le eventuali relazioni soggettive esistenti tra i soggetti individuati dalla clausola e, in caso positivo, di attivare le misure necessarie alla gestione del conflitto di interessi, anche solo potenziale, eventualmente rilevato.
7.1.4 SVOLGIMENTO INCARICHI D’UFFICIO, ATTIVITÀ ED INCARICHI EXTRA-ISTITUZIONALI
Il principio espresso nella disposizione di cui all’art. 98 della Costituzione secondo cui “i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione” impone al dipendente di dedicare all’ufficio tutta la propria capacità lavorativa, intellettuale e materiale (Corte dei Xxxxx Xxxxxx Romagna, n. 818/2007). La mancanza di interferenze esterne, infatti, assicurano l’indipendenza dell’impiegato ponendolo al riparo dal rischio del conflitto di interessi. A tal fine la normativa interviene a livello preventivo disciplinando una serie di attività:
a) Attività vietate (art. 60 DPR 3/1957);
b) Attività libere (art. 53, comma 6 D.Lgs. 165/2001);
c) Attività da potersi svolgere previa autorizzazione (art. 53, comma 7 D. Lgs. 165/2001).
Per i dipendenti a tempo pieno o con percentuale di tempo parziale superiore al 50% sono da considerarsi vietati tutti gli incarichi che presentano le caratteristiche dell’abitualità e della professionalità secondo quanto disposto dall’art. 60 del D.P.R. 3 del 1957 in base al quale “l’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”. Sono da considerarsi, altresì, vietate tutte quelle attività che determinano una situazione di conflitto di interessi, anche potenziale. Per i dipendenti con percentuale di tempo parziale pari o inferiore al 50% sono da considerarsi vietate tutte quelle attività che determinano una situazione di conflitto di interessi, anche potenziale.
Per quanto riguarda le attività libere, rientrano in questa categoria tutte le attività, disciplinate dall’art. 53, comma 6, D.Lgs. 165 del 2001, relative alla:
- collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
- utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;
-partecipazione a convegni o seminari;
- incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
- incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, comando o fuori ruolo;
- incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;
-attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e ricerca scientifica (ex l. 125/2013).
Le attività da potersi svolgere previa autorizzazione sono tutte le altre attività non espressamente vietate da norme di legge sulle attività incompatibili, che non manifestano carattere di imprenditorialità, subalternità e subordinazione e che non determinano situazioni di conflitto di interesse. A tal proposito è opportuno richiamare quanto stabilito al comma 7 dell’art. 53 del d.lgs.
n. 165/2001, come modificato dall’art. 1, comma 42, della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii.: ”I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi (…) In caso di
inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e responsabilità disciplinari, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente rilasciate deve essere versato a cura dell’erogante o in difetto del percettore nel conto di entrata dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato all’incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti”. La legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. ha inoltre aggiunto il comma 7-bis al citato art. 53 disponendo che ”l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti”.
Anche per i dirigenti/funzionari UNICAM vale l’affermazione che lo svolgimento di incarichi extra- istituzionali da parte del dirigente o del funzionario può realizzare situazioni di conflitto di interesse che possono compromettere il buon andamento dell’azione amministrativa, aumentando quindi il rischio di fenomeni corruttivi. In tal senso, la legge n. 190/2012 e ss.mm.ii., intervenuta a modificare il regime dello svolgimento degli incarichi da parte dei dipendenti pubblici contenuto nell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, ha previsto che le amministrazioni debbano adottare dei principi generali per disciplinare i criteri di conferimento e i criteri di autorizzazione degli incarichi extra istituzionali; infatti, l’art. 53, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001, come modificato dalla legge n. 190/2012 e ss.mm.ii., prevede che “In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgono attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente”.
Giova ribadire che, sempre secondo quanto prescrive l’art. 53, comma 7, del d.lgs. n 165/2001, in sede di autorizzazione allo svolgimento di incarichi extra-istituzionali, le amministrazioni debbono valutare tutti i profili di conflitto di interesse, anche potenziali. Il personale degli uffici che conferiscono incarichi, nell’istruire la pratica di autorizzazione a svolgere incarichi ex commi 5, 7 e 9 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, dovrà pertanto verificare l’insussistenza di situazioni di incompatibilità o di situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale, che pregiudichino l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente. Il dipendente è comunque tenuto a comunicare formalmente all’Ateneo anche l’attribuzione di incarichi gratuiti, in modo da permettere di valutare l’eventuale sussistenza di situazioni di conflitto di interesse anche potenziale e, se del caso, di comunicare al dipendente il diniego allo svolgimento dell’incarico. Nel P.N.A. 2013 il Dipartimento della Funzione pubblica ha specificato che gli incarichi a titolo gratuito da comunicare all’Ateneo sono solo quelli che il dipendente è chiamato a svolgere in considerazione della professionalità che lo caratterizza all’interno dell’Ateneo.
Quanto al cumulo in capo ad un medesimo dirigente o funzionario di incarichi conferiti dall’amministrazione può comportare il rischio di un’eccessiva concentrazione di potere su un unico centro decisionale. La concentrazione del potere decisionale aumenta infatti il rischio che l’attività amministrativa possa essere indirizzata verso fini privati o impropri determinati dalla volontà del dirigente stesso. D’altra parte in una amministrazione come UNICAM, a causa dell’esiguo numero
di personale, risulta difficile per un dirigente e/o funzionario non cumulare incarichi conferiti dalla stessa amministrazione.
Si segnala come l’ANAC, nell’Aggiornamento 2017 al PNA 2016, è intervenuta sulla questione del conflitto di interessi e del regime delle incompatibilità con particolare riferimento al personale docente e ricercatore in considerazione della opportunità, agli stessi riservata, di svolgere attività collaterali di carattere applicativo (consulenza, esercizio professionale, attività redazionali ed attività extra-istituzionali). L’ANAC vuole destare l’attenzione sul regime di incompatibilità previsto dalla normativa speciale volto alla verifica, caso per caso, della situazione di conflitto di interessi. A tale scopo ha ricostruito i seguenti tre diversi regimi di misure per prevenire i conflitti di interessi, applicabili con diversa estensione ai professori ed ai ricercatori, a tempo pieno o tempo definito:
a) Attività assolutamente incompatibili che impongono la richiesta obbligatoria di aspettativa di cui all’art. 13 del DPR 382/1980;
b) Attività libere di cui all’art. 6, comma 10, l. 240/2010;
c) Attività di cui all’art. 6, comma 10, l. 240/2010, da potersi svolgere – previa autorizzazione del Rettore – purché “non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’Università di appartenenza e a condizione che l’attività non rappresenti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali affidate al soggetto dall’Università di appartenenza.”
L’ANAC, inoltre, rileva come, per le attività di cui sopra, vi sia un’abbondanza di fattispecie giuridiche indeterminate che destano molteplici criticità, non solo in sede strettamente interpretativa delle fattispecie di incompatibilità stabilite dalla legge ma anche e soprattutto, in sede di redazione di atti normativi autonomi degli Atenei (statuti e Regolamenti). Per tale ragione auspica un intervento chiarificatore del MIUR che individui, con esattezza, a proposito del regime di incompatibilità proprio dei docenti, quali possano essere le fattispecie consentite e quelle assolutamente incompatibili. In attesa di ciò, l’ANAC sottolinea comunque la necessità che i Regolamenti di Ateneo disciplinino i procedimenti e i limiti dei regimi autorizzatori, sia sotto forma di eventuale contingentamento di attività autorizzabili per ateneo, sia sotto forma di limite al cumulo di attività per singolo professore/ricercatore in modo da non comprometterne il rendimento e nel rispetto dei limiti complessivi al trattamento economico previsti dall’art. 23ter del d.l. 201/2011. A tal fine, in attesa di chiarimenti in materia da parte del MIUR, UNICAM valuterà l’opportunità di modificare i propri regolamenti interni in materia.
Il decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”, ha introdotto una specifica disciplina sia in tema di inconferibilità di incarichi dirigenziali (Capi II, III e IV), che in tema di incompatibilità specifiche per posizioni dirigenziali (Capi V e VI). Ha previsto, infatti, l’ipotesi di inconferibilità di incarichi dirigenziali a quei soggetti che siano destinatari di sentenze di condanna per reati contro la pubblica amministrazione. In questa fattispecie, nei casi in cui la condanna riguardi uno dei reati di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n.
97, l'inconferibilità ha carattere permanente nei casi in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero sia intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di procedimento disciplinare o la cessazione del rapporto di lavoro autonomo. Negli altri casi l'inconferibilità degli incarichi ha la durata di 5 anni.
Diversamente, quando la condanna riguardi uno degli altri reati previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, l'inconferibilità ha carattere permanente nei casi in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero sia intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di procedimento disciplinare o la cessazione del rapporto di lavoro autonomo. Nel caso in cui sia stata inflitta una interdizione temporanea, l'inconferibilità ha la stessa durata dell'interdizione. Negli altri casi l'inconferibilità ha una durata pari al doppio della pena inflitta, per un periodo comunque non superiore a 5 anni. In alcuni casi, salve le ipotesi di sospensione o cessazione del rapporto, al dirigente di ruolo, per la durata del periodo di inconferibilità, possono essere conferiti incarichi diversi da quelli che comportino l'esercizio delle competenze di amministrazione e gestione. E' in ogni caso escluso il conferimento di incarichi relativi ad uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati, di incarichi che comportano esercizio di vigilanza o controllo. Nel caso in cui l'amministrazione non sia in grado di conferire incarichi compatibili con tali disposizioni, il dirigente viene posto a disposizione del ruolo senza incarico per il periodo di inconferibilità dell'incarico.
La situazione di inconferibilità cessa di diritto ove venga pronunciata, per il medesimo reato, sentenza anche non definitiva, di proscioglimento. Nel caso di condanna, anche non definitiva, per uno dei reati di cui reati di cui alla legge 27 marzo 2001, n. 97 o al Capo I del Titolo II del Libro II del Codice penale, nei confronti di un soggetto esterno all'amministrazione cui è stato conferito uno degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013, sono sospesi l'incarico e l'efficacia del contratto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, stipulato con l'Ateneo. Per tutto il periodo della sospensione non spetta alcun trattamento economico. In entrambi i casi la sospensione ha la stessa durata dell'inconferibilità. Fatto salvo il termine finale del contratto, all'esito della sospensione l'Ateneo valuta la persistenza dell'interesse all'esecuzione dell'incarico, anche in relazione al tempo trascorso. La sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., è equiparata alla sentenza di condanna. La normativa ha previsto inoltre l’inconferibilità dell’incarico ai soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni e ai componenti di organi di indirizzo politico.
Le ipotesi di incompatibilità specifiche per posizioni dirigenziali riguardano invece:
a) incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni nonché lo svolgimento di attività professionale;
b) incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche di componenti di organi di indirizzo politico.
Gli incarichi a cui le disposizioni contenute nel d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39 si riferiscono sono gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali così come definiti dalle lett. i), j) e k) dell’art. 1 del d.lgs. n. 39/2013. La normativa citata prevede che all’atto del conferimento dell’incarico l’interessato presenti una dichiarazione sull’insussistenza di una delle cause di inconferibilità di cui al d.lgs. n. 39/2013, da pubblicare poi sul sito istituzionale dell’amministrazione che conferisce l’incarico. Tale dichiarazione costituisce condizione per l’acquisizione dell’efficacia dell’incarico (art. 20, comma 1, d.lgs. n. 39/2013). L’interessato, inoltre, nel corso dell’incarico, presenterà una dichiarazione annuale sull’insussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui al citato d.lgs. n. 39/2013 da pubblicare poi sul sito istituzionale dell’Ateneo (art. 20, comma 2, d.lgs. n. 39/2013).
Gli strumenti attraverso cui l’Ateneo deve effettuare la verifica dell’esistenza delle cause di incompatibilità sono costituiti dal rilascio di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà ex art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 all’atto della nomina o, comunque, prima della firma del contratto di lavoro. Nelle premesse degli atti negoziali deve essere presente il richiamo alla dichiarazione sostitutiva. Sarà cura dell’Area Personale e Organizzazione acquisire, da parte dei Dirigenti e/o dei titolari di incarichi dirigenziali, le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 20. Gli atti ed i contratti posti in essere in violazione delle limitazioni sono nulli ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 39/2013. In linea con le indicazioni di cui al punto 3 della deliberazione dell’X.X.XX. n. 833/2016 (“Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’X.X.XX. in caso di incarichi inconferibili e incompatibili”), alle dichiarazioni deve essere allegata l’elencazione di tutti gli incarichi ricoperti, nonché delle eventuali condanne per i reati commessi contro la pubblica amministrazione.
Una notevole importanza, quindi, ricoprono le dichiarazioni sostitutive di cui sopra, che sono alla base dell’indagine del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato nei confronti dei componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli, ai quali sono applicate le specifiche sanzioni previste dall’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013: “I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati. Sono esenti da responsabilità i componenti che erano assenti al momento della votazione, nonché i dissenzienti e gli astenuti. I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli non possono per tre mesi conferire gli incarichi di loro competenza.” Come per ogni autocertificazione, anche in questo caso vanno effettuati tutti i controlli e l’Ateneo è tenuto ad adottare la massima cautela e diligenza nella valutazione delle dichiarazioni. Il dichiarante, infatti, potrebbe essere assolutamente convinto dell’insussistenza di cause di inconferibilità/incompatibilità e rilasciare, in totale buona fede, la dichiarazione richiesta.
A tal riguardo si segnala come anche nell’Aggiornamento 2017 al PNA 2016 vengano richiamate le Linee Guida A.N.A.C. 833/2016, nelle quali è espressamente indicata la necessità per le amministrazioni di accettare solo quelle dichiarazioni a cui venga allegata l’elencazione di tutti gli incarichi ricoperti dal soggetto che si vuole nominare, nonché delle eventuali condanne da questo subite per i reati commessi contro la pubblica amministrazione. Sarà poi onere dell’amministrazione, sulla base di quanto elencato dall’interessato, effettuare le necessarie verifiche circa le cause di inconferibilità o incompatibilità. Da ciò inoltre deriva la responsabilità in capo all’organo conferente, ogni volta che verrà dichiarato nullo l’incarico quando dall’elencazione prodotta risultavano elementi tali che, se adeguatamente accertati, avrebbero evidenziato la sussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità. Rimane comunque in capo a chiunque rilasci dichiarazioni mendaci la responsabilità penale (essendo dichiarazione resa ai sensi del D.P.R. n. 445/2000) e l’impossibilità, per l’autore della dichiarazione di ricoprire, per 5 anni, gli incarichi previsti dal decreto (art. 20 del d.lgs. n. 39/2013), fermo restando il diritto di difesa e del contraddittorio dell’interessato.
La situazione di inconferibilità non può essere sanata. A differenza delle cause di inconferibilità, che comportano una preclusione all’assunzione dell’incarico dirigenziale, le cause di incompatibilità possono invece essere rimosse mediante la rinuncia dell’interessato ad uno degli incarichi che la legge considera incompatibili tra loro: vi è infatti “l’obbligo per il soggetto cui viene conferito l’incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di 15 giorni, tra la permanenza nell’incarico e l’assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l’incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l’assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico” (art. 1 del d.lgs. n. 39/2013). In caso contrario, l’interessato decadrà dall’incarico e il contratto di lavoro autonomo o subordinato si intenderà risolto (art. 19 del d.lgs. n. 39/2013).
Per il caso in cui le cause di inconferibilità, sebbene esistenti al momento del conferimento, non fossero note all’Ateneo, ma venissero alla luce nel corso del rapporto, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza è tenuto ad effettuare la contestazione all’interessato. Tale fase è avviata attraverso una formale comunicazione al soggetto cui è stato conferito l’incarico. All’esito del procedimento, che si svolge nel rispetto del principio del contraddittorio, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, se ritiene sussistente l’inconferibilità, dichiara la nullità della nomina ed avvia il procedimento sanzionatorio nei confronti dei componenti dell’organo conferente. La deliberazione X.X.XX. n. 833/2016 prevede che il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza effettui una valutazione dell’elemento psicologico di colpevolezza (dolo e colpa anche lieve) in capo all’organo che ha conferito l’incarico, ai fini dell’eventuale applicazione della sanzione interdittiva (divieto dell’organo conferente di affidare incarichi di propria competenza per un periodo di tre mesi).
E’ necessario, quindi, segnalare al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza i casi di possibile violazione delle citate disposizioni, in modo da permettere di esercitare i poteri di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 39/2013, ossia:
1. contestazione all’interessato dell’esistenza o insorgenza delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al citato decreto;
2. segnalazione dei casi di possibile violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 39/2013:
- all’Autorità Nazionale Anticorruzione,
- all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell’esercizio delle funzioni di cui alla legge n. 215/2004;
- alla Corte dei conti, per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative;
3. revoca dell’incarico amministrativo di vertice dirigenziale conferito. Il provvedimento di revoca dovrà poi essere comunicato all’Autorità Nazionale Anticorruzione che, entro 30 giorni, può formulare richiesta di riesame, decorsi i quali la revoca diventa efficace.
In conformità a quanto previsto dall’articolo 20 del d.lgs. n. 39/2013, gli organi amministrativi di vertice e i Dirigenti hanno l’obbligo di rilasciare un’apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000 in merito all’insussistenza di alcuna delle cause di inconferibilità o incompatibilità previste dal medesimo decreto, impegnandosi, altresì, a comunicare tempestivamente eventuali variazioni successivamente intervenute. Le dichiarazioni vengono poi pubblicate nella sezione Amministrazione trasparente del sito web istituzionale dell’Ateneo.
La legge n. 190 ha introdotto un nuovo comma nell’ambito dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 (comma 16-ter dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, così come introdotto dal comma 42, lett. l), dell’art. 1 della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii.), con il fine di contrastare il rischio di situazioni di corruzione connesse all’utilizzo del dipendente successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Il rischio valutato dal legislatore è che durante il periodo di servizio il dipendente possa artatamente precostituirsi delle situazioni lavorative vantaggiose e così sfruttare a proprio fine la sua posizione e il suo potere all’interno dell’amministrazione per ottenere un lavoro per lui attraente presso l’impresa o il soggetto privato con cui entra in contatto.
La norma, di fatto, prevede una limitazione della libertà negoziale del dipendente, stabilendo che: “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”. La norma vale qualunque sia stata la causa di cessazione del rapporto di lavoro (e quindi anche in caso di collocamento in quiescenza per raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione). Per quanto riguarda la nozione di soggetti privati, l’X.X.XX. ha espresso l’orientamento che deve essere interpretata nei termini più ampi
possibili, ricomprendendovi anche i soggetti formalmente privati ma partecipati o controllati da una pubblica amministrazione. La norma, quindi, prevede delle sanzioni sia sull’atto che sui soggetti. Per quanto riguarda gli atti, i contratti di lavoro conclusi e gli incarichi conferiti in violazione del divieto sono nulli, mentre i soggetti privati che hanno concluso contratti o conferito incarichi in violazione del divieto non possono contrattare con l’Ateneo per i successivi tre anni ed hanno l’obbligo di restituire eventuali compensi eventualmente percepiti ed accertati in esecuzione dell’affidamento illegittimo. La sanzione, pertanto, opera come requisito soggettivo legale per la partecipazione a procedure di affidamento con la conseguente illegittimità dell’affidamento stesso per il caso di violazione.
Va precisato come la norma si riferisca solo a quei dipendenti che, per il ruolo e la posizione ricoperti, nel corso degli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato concretamente ed effettivamente per conto dell’amministrazione i poteri autoritativi o negoziali con riguardo a specifici procedimenti o procedure riguardanti i soggetti privati destinatari. In pratica si tratta di quei dipendenti che emanano provvedimenti amministrativi per conto dell’amministrazione e perfezionano negozi giuridici attraverso la stipula di contratti in rappresentanza giuridica ed economica dell’ente. L’X.X.XX., tuttavia, ha espresso l’orientamento che le prescrizioni ed i divieti contenuti nell’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 165/2001, trovano applicazione anche ai dipendenti che, pur non esercitando concretamente ed effettivamente tali poteri, sono tuttavia competenti ad elaborare atti endoprocedimentali obbligatori (pareri, certificazioni, perizie) che incidono in maniera determinante sul contenuto del provvedimento finale, ancorché redatto e sottoscritto da altro funzionario competente. Inoltre ha ribadito che il termine “dipendenti” va inteso nel senso più ampio del termine tale da ricomprendere anche i soggetti legati alla P.A. da un rapporto di lavoro a tempo determinato o autonomo. Lo stesso d.lgs. n. 39/2013 ha inteso ampliare la sfera dei destinatari dell’art. 53, comma 16-ter del d.lgs. n. 165/2001: “Ai soli fini dell'applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al presente decreto, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l'amministrazione, l'ente pubblico o l'ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Tali divieti si applicano a far data dalla cessazione dell'incarico”.
E’ lo stesso d.lgs. n. 39/2013 a definire quali siano gli incarichi interessati dalla norma:
- incarichi amministrativi di vertice, per l’Ateneo quindi l’incarico Direttore Generale;
- incarichi dirigenziali interni, cioè gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli incarichi di funzione dirigenziale nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a dirigenti o ad altri dipendenti, ivi comprese le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, appartenenti ai ruoli dell'amministrazione che conferisce l'incarico ovvero al ruolo di altra pubblica amministrazione;
- incarichi dirigenziali esterni, gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli
incarichi di funzione dirigenziale nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a soggetti non muniti della qualifica di dirigente pubblico o comunque non dipendenti di pubbliche amministrazioni;
- incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico, gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell'ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico;
- gli incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati, con cui si intendono le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell’ente.
Pertanto, ai sensi della corretta attuazione della normativa in tema di “pantouflage”, UNICAM prevede l’inserimento nei contratti di assunzione del personale o nei contratti di lavoro, subordinato o autonomo, con soggetti esterni titolari di uno degli incarichi di cui al d.lgs. n. 39/2013, di apposita clausola che preveda il divieto di prestare attività lavorativa (a titolo di lavoro subordinato o di lavoro autonomo) per i tre anni successivi alla cessazione del rapporto nei confronti dei destinatari di provvedimenti adottati o di contratti conclusi con l’apporto decisionale del dipendente. Inoltre nei bandi di gara o negli atti prodromici agli affidamenti, anche mediante procedura negoziata (per quanto concerne le procedure di scelta del contraente), verrà inserita la condizione soggettiva di non aver concluso contratti di lavoro subordinato o autonomo e comunque di non aver attribuito incarichi ad ex dipendenti che hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni nei loro confronti per il triennio successivo alla cessazione del rapporto. A tal fine dovrà essere disposta l’esclusione dalle procedure di affidamento nei confronti dei soggetti per i quali sia emersa tale situazione. L’Università degli Studi di Xxxxxxxx potrà di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno nei confronti degli ex dipendenti per i quali sia emersa la violazione dei divieti contenuti nell’art. 53, comma 16-ter del d.lgs. n. 165/2001.
7.1.7 FORMAZIONE DI COMMISSIONI, ASSEGNAZIONI AGLI UFFICI, CONFERIMENTO DI INCARICHI DIRIGENZIALI IN CASO DI CONDANNA PENALE PER DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE La legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. ha inserito, dopo l’articolo 35 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l’art. 35-bis che pone delle condizioni ostative per la partecipazione a commissioni di concorso o di gara e per lo svolgimento di funzioni direttive in riferimento agli uffici considerati a più elevato rischio di corruzione: ”Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale:
a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l’accesso o la selezione a pubblici impieghi;
b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all’acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all’erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;
c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili
finanziari, nonché per l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere”. Lo stesso articolo stabilisce inoltre che la disposizione di cui sopra “integra le leggi e regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi segretari”.
La norma in questione si applica alle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs.
n. 165/2001, le quali, ai fini dell’applicazione degli artt. 35-bis del d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 3 del d.lgs. n. 39/2013, sono tenute a verificare la sussistenza di eventuali precedenti penali a carico dei dipendenti e/o dei soggetti cui intendono conferire incarichi all’atto della formazione delle commissioni per l’affidamento di commesse o di commissioni di concorso e all’atto del conferimento degli incarichi dirigenziali e degli altri incarichi previsti dall’art. 3 del d.lgs. n. 39/2013.25. Particolare attenzione andrà pertanto posta da parte dei Dirigenti e/o e dei Direttori delle Scuole e dei responsabili degli uffici preposti alle funzioni, alle attività ed ai procedimenti previsti dall’art. 35-bis del d.lgs. n. 165/2001 nella formazione delle commissioni e nell’assegnazione di incarichi. A tal fine, nell’attribuzione degli incarichi saranno inserite espressamente le condizioni ostative al conferimento. Per quanto attiene all’inserimento di eventuali membri esterni nelle commissioni sopra citate sarà acquisita una dichiarazione sostitutiva di certificazione ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 e ss.mm.ii., in cui si attesti, contestualmente all’accettazione, l’assenza di condanne penali per i reati previsti nel capo I del Titolo II del libro secondo del codice penale. Se all’esito della verifica risultano a carico del personale interessato dei precedenti penali per delitti contro la pubblica amministrazione, l’Ateneo ha l’obbligo di astensione dal conferire l’incarico o dall’effettuare l’assegnazione e provvede a conferire l’incarico o a disporre l’assegnazione nei confronti di altro soggetto.
Secondo quanto previsto nell’Allegato 1 al P.N.A. 2013, in generale, la preclusione opera in presenza di una sentenza, ivi compresi i casi di patteggiamento, per i delitti contro la pubblica amministrazione, anche se la decisione non è ancora irrevocabile ossia non è ancora passata in giudicato (quindi anche in caso di condanna da parte del Tribunale); inoltre la specifica preclusione di cui alla lett. b) del citato art. 35-bis riguarda sia l’attribuzione di incarico o l’esercizio delle funzioni dirigenziali sia lo svolgimento di funzioni direttive. L’ambito soggettivo della norma, pertanto, riguarda i dirigenti ed i funzionari (questi ultimi nel caso in cui siano titolari di posizioni organizzative). Sempre il PNA 2013 ha ribadito come, riguardando la norma i requisiti per la formazione di commissioni e la nomina dei segretari, la sua violazione si traduce nell’illegittimità del provvedimento conclusivo del procedimento. La situazione impeditiva viene meno ove venga pronunciata per il medesimo reato una sentenza di assoluzione anche non definitiva. Se invece la situazione di inconferibilità viene alla luce nel corso del rapporto, il Responsabile della prevenzione e della trasparenza deve effettuare la contestazione nei confronti dell’interessato e lo stesso deve essere rimosso dall’incarico o assegnato ad altro ufficio. Con riferimento allo svolgimento dei concorsi, va evidenziato rinvio, espressamente operato dall’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 487/1994 (“Adempimenti per la commissione”), agli artt. 51 e 52 del codice di procedura civile per le ipotesi di astensione, estensibili a tutti i campi dell’azione amministrativa e, segnatamente, alla materia concorsuale, e nella previsione della sottoscrizione della dichiarazione, da parte dei componenti
della commissione, che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi e i partecipanti al concorso.
7.1.8 TUTELA DEL DIPENDENTE CHE EFFETTUA SEGNALAZIONI DI ILLECITO (C.D. WHISTLEBLOWER) L’art. 1, comma 51, della legge n. 190/2012 ha introdotto un nuovo articolo nell’ambito del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), l’art. 54-bis “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”, il c.d. xxxxxxxxxxxxx, finalizzato a consentire l’emersione di fattispecie di illecito. La Legge n. 179 del 30 novembre 2017 ha modificato l’art. 54-bis, disponendo che: “Il pubblico dipendente che, nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, segnala al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all'articolo 1, comma 7, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ovvero all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), o denuncia all'autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile, condotte illecite di cui è venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito, o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro determinata dalla segnalazione.”
La disposizione citata inoltre prevede che l'identità del segnalante non può essere rivelata e che la segnalazione è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, fatta esclusione delle ipotesi eccezionali descritte nel comma 3 del nuovo art. 54-bis del d.lgs. n. 165/2001 in caso di necessità di disvelare l’identità del denunciante. Il dipendente che segnala condotte illecite è tutelato in caso di adozione di misure discriminatorie, dirette o indirette, intese come azioni disciplinari ingiustificate, molestie sul luogo di lavoro ed ogni altra forma di ritorsione che determini condizioni di lavoro intollerabili. La ratio della norma è quella di evitare che il dipendente, venuto a conoscenza di condotte illecite in ragione del rapporto di lavoro, ometta di segnalarle per il timore di subire conseguenze pregiudizievoli. A tal fine, l’art. 54- bis del d.lgs. n. 165/2001 impone di assicurare la riservatezza dell’identità di chi si espone in prima persona sin dalla ricezione della segnalazione e in ogni fase successiva.
Si segnala come la norma preveda che “le tutele di cui al presente articolo non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave.”
Per quel che riguarda i soggetti direttamente tutelati, l’art. 54-bis si riferisce specificamente a dipendenti pubblici che, in ragione del proprio rapporto di lavoro, siano venuti a conoscenza di condotte illecite. Circa l’identificazione dei soggetti riconducibili alla categoria dei dipendenti pubblici indicati nella norma, in considerazione del rilievo che queste segnalazioni possono avere per finalità di prevenzione della corruzione, il comma 2 intende “il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2 [del d.lgs. 165/2001], ivi compreso il dipendente di cui all'articolo 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. La disciplina di cui
al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione pubblica.”
Proprio la previsione che la tutela e la garanzia di riservatezza siano destinate esclusivamente ai dipendenti pubblici, presuppone l’identificazione del soggetto segnalante il cui nominativo deve essere, comunque, mantenuto riservato. Non rientrano quindi nella fattispecie prevista dalla norma le segnalazioni anonime, in quanto la tutela del dipendente è assicurata solo nel caso di segnalazioni provenienti da dipendenti pubblici individuabili e riconoscibili. Come previsto dal P.N.A., l’amministrazione deve prendere in considerazione anche segnalazioni anonime, ove queste si presentino adeguatamente circostanziate e rese con dovizia di particolari, siano tali cioè da far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati (ad es., indicazione di nominativi o qualifiche particolari, menzione di uffici specifici, procedimenti o eventi particolari, ecc.). Avranno tuttavia modalità di ricezione, trattamento e gestione diversi rispetto a quelli specificamente previsti dall’art. 54-bis per la tutela del dipendente pubblico, come anche altre tipologie di segnalazioni quali quelle provenienti da cittadini o imprese. Resta ferma la distinta disciplina relativa ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio che, in presenza di specifici presupposti, sono gravati da un vero e proprio dovere di riferire fatti di corruzione, in virtù di quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 331 del Codice di procedura penale e degli artt. 361 e 362 del Codice penale. La norma contenuta nell’art. 54-bis, comunque, oltre ad avere un ambito soggettivo e oggettivo più ampio, è rivolta in particolare a definire il regime di tutela dei segnalanti, dipendenti pubblici, da parte dei soggetti a cui la segnalazione può o deve essere inoltrata.
Per “condotte illecite” la normativa comprende non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione di cui al Titolo II, Capo I, del Codice penale (ossia le ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari, disciplinate rispettivamente agli artt. 318, 319 e 319-ter del predetto codice), ma anche le situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati, nonché i fatti in cui, a prescindere dalla rilevanza penale, venga in evidenza un mal funzionamento dell’Ateneo a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, ivi compreso l’inquinamento dell’azione amministrativa “ab externo” (es. casi di sprechi, nepotismo, demansionamenti, ripetuto mancato rispetto dei tempi procedimentali, assunzioni non trasparenti, irregolarità contabili, false dichiarazioni, violazione delle norme ambientali e di sicurezza sul lavoro). Le condotte illecite segnalate, comunque, devono riguardare situazioni di cui il soggetto sia venuto direttamente a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro e, quindi, ricomprendono certamente quanto si è appreso in virtù dell’ufficio rivestito, ma anche quelle notizie che siano state acquisite in occasione o a causa dello svolgimento delle mansioni lavorative, seppure in modo casuale. Non sono invece meritevoli di tutela le segnalazioni fondate su meri sospetti o voci. A tal proposito ad avviso dell’Autorità non è necessario che il dipendente sia certo dell’effettivo avvenimento dei fatti denunciati e dell’autore degli stessi, essendo invece sufficiente che il dipendente, in base alle proprie conoscenze, ritenga altamente probabile che si sia verificato un fatto illecito nel senso sopra indicato.
Il procedimento per la gestione delle segnalazioni ha come scopo quello di proteggere la riservatezza dell’identità del segnalante in ogni fase, dalla ricezione alla gestione successiva, anche nei rapporti con i terzi cui l’Ateneo o l’X.X.XX. dovesse rivolgersi per le verifiche o per iniziative conseguenti alla segnalazione. Al fine di garantire la tutela della riservatezza dell’identità del segnalante, l’X.X.XX. ha disposto che il flusso di gestione delle segnalazioni debba avviarsi con l’invio della segnalazione al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Ateneo, individuando in questo soggetto la figura competente a conoscere eventuali fatti illeciti nonché il soggetto competente a svolgere una prima istruttoria circa i fatti segnalati, anche al fine di predisporre, di conseguenza, le misure volte a rafforzare il Piano di prevenzione della corruzione, per non incorrere inoltre nell’attivazione.
Egli, se lo ritiene strettamente necessario, può avvalersi del Gruppo di Supporto. Nell’eventualità di ipotetici conflitti di interesse, i componenti del gruppo hanno l’obbligo di astenersi dall’analizzare la segnalazione. I componenti del gruppo sono soggetti agli stessi vincoli di riservatezza e alle stesse responsabilità cui è sottoposto il Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza. Ricevuta la segnalazione, il Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza, avvalendosi se necessario del Gruppo di Supporto cura l’istruttoria rispettando la tutela della riservatezza e il principio di imparzialità nell'interesse generale e di tutte le parti coinvolte; valuta oggettivamente i fatti; chiede chiarimenti se strettamente necessari, inclusa l’audizione del segnalante e di eventuali altri soggetti, con l’adozione delle necessarie cautele.
Il Responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza, in caso di manifesta ed evidente infondatezza può decidere di archiviare la segnalazione. In caso contrario valuta a chi inoltrare il contenuto della segnalazione, evidenziando che si tratta di una segnalazione su cui c’è una rafforzata tutela della riservatezza, in relazione ai profili di illiceità riscontrati tra i seguenti soggetti:
- Dirigente della struttura cui è ascrivibile il fatto;
- Ufficio Procedimenti Disciplinari;
- Autorità giudiziaria;
- Corte dei conti;
- ANAC;
- Dipartimento della funzione pubblica.
Terminata la procedura, il Responsabile può utilizzare il contenuto delle segnalazioni per identificare le aree critiche dell'amministrazione, in un'ottica di miglioramento della qualità ed efficacia del sistema di prevenzione della corruzione. Conseguentemente predispone gli interventi organizzativi necessari per rafforzare le misure di prevenzione della corruzione nell’ambito in cui è emerso il fatto segnalato.
Per quanto attiene al divieto di discriminazione nei confronti del whistleblower, si richiama quanto previsto dall’art. 54 bis del d.lgs. 165/2001, il quale prevede che “l'adozione di misure ritenute ritorsive … nei confronti del segnalante è comunicata in ogni caso all'ANAC dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse
sono state poste in essere. L'ANAC informa il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri o gli altri organismi di garanzia o di disciplina per le attività e gli eventuali provvedimenti di competenza. … Qualora venga accertata, nell'ambito dell'istruttoria condotta dall'ANAC, l'adozione di misure discriminatorie da parte di una delle amministrazioni pubbliche o di uno degli enti di cui al comma 2, fermi restando gli altri profili di responsabilità, l'ANAC applica al responsabile che ha adottato tale misura una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro. Qualora venga accertata l'assenza di procedure per l'inoltro e la gestione delle segnalazioni ovvero l'adozione di procedure non conformi a quelle di cui al comma 5, l'ANAC applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. Qualora venga accertato il mancato svolgimento da parte del responsabile di attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute, si applica al responsabile la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a
50.000 euro. L'ANAC determina l'entità della sanzione tenuto conto delle dimensioni dell'amministrazione o dell'ente cui si riferisce la segnalazione. E' a carico dell'amministrazione pubblica o dell'ente di cui al comma 2 dimostrare che le misure discriminatorie o ritorsive, adottate nei confronti del segnalante, sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione stessa. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall'amministrazione o dall'ente sono nulli. Il segnalante che sia licenziato a motivo della segnalazione è reintegrato nel posto di lavoro ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23”
Il dipendente può agire in giudizio nei confronti del dipendente che ha operato la discriminazione e dell’amministrazione per ottenere un provvedimento giudiziale d’urgenza finalizzato alla cessazione della misura discriminatoria e/o al ripristino immediato della situazione precedente; l’annullamento davanti al T.A.R. dell’eventuale provvedimento amministrativo illegittimo e/o, se del caso, la sua disapplicazione da parte del Tribunale del lavoro e la condanna nel merito per le controversie in cui è parte il personale c.d. contrattualizzato; il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale conseguente alla discriminazione.
Come già specificato, la norma tutela l’anonimato facendo specifico riferimento al procedimento disciplinare; per quanto riguarda tale specifico contesto, l’identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità. In questo caso spetta al responsabile/presidente dell’Ufficio/Organo competente per i procedimenti disciplinari valutare, su richiesta dell’interessato, se ricorra la condizione di assoluta indispensabilità della conoscenza del nominativo del segnalante ai fini della difesa, motivando la decisione assunta.
Secondo l’X.X.XX., comunque, è opportuno che l’Ufficio/Organo competente per i procedimenti disciplinari venga a conoscenza del nominativo del segnalante solamente quando il soggetto interessato chieda sia resa nota l’identità dello stesso per la sua difesa. L’identità del segnalante sarà protetta in ogni contesto successivo alla segnalazione ed anche nel momento in cui la
segnalazione viene inoltrata a soggetti terzi interni all’amministrazione; in tal caso sarà comunque inoltrato solo il contenuto della segnalazione, espungendo tutti i riferimenti dai quali sia possibile risalire all’identità del segnalante. Sui componenti dell’Ufficio/Organo competente per i procedimenti disciplinari, valgono gli stessi doveri di comportamento, volti alla tutela della riservatezza del segnalante, cui sono tenuti il Responsabile della prevenzione della corruzione e i componenti del Gruppo di Supporto. Ai sensi dell’art. 1, comma 14, della legge n. 190/2012, la violazione da parte di dipendenti dell’Ateneo delle misure di prevenzione della corruzione previste nel Piano di prevenzione della corruzione, ivi compresa la tutela del dipendente che segnala condotte illecite ai sensi dell’art. 54-bis, è sanzionabile sotto il profilo disciplinare.
Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria.
Il Gruppo di Supporto al RPCT, avvalendosi della collaborazione del Centro Informatico di Ateneo (CINFO) ha predisposto un sistema informatico che gestisce l’intero processo di segnalazione, dalla presa in carico fino al monitoraggio delle azioni a seguire e che permetta di non esporre il segnalante alla presenza fisica dell’ufficio ricevente, convogliando le segnalazioni soltanto al Responsabile della Prevenzione della Corruzione e trasparenza. Come prevedono la normativa vigente e le linee guida dell’ANAC, il RPCT inizialmente visualizza solo la segnalazione senza indicazione del segnalante, i cui dati, necessari per l’accesso alla piattaforma, sono criptati. Solo se il RPCT ritenga strettamente necessario ai fini dell’istruttoria conoscere l’identità del segnalante (ad esempio per un colloquio riservato), il RPCT può decriptare i dati del segnalante. In tutte le fasi, comunque, il segnalante può visualizzare lo stato di avanzamento del processo, compresa la segnalazione del fatto che i propri dati siano stati decriptati dal RPCT.
7.1.9 FORMAZIONE IDONEA A PREVENIRE IL RISCHIO DI CORRUZIONE
I contenuti normativi della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. e dei decreti delegati dispongono, per le pubbliche amministrazioni, la necessità di attivare percorsi formativi che sviluppino innanzitutto la sensibilità dei dipendenti sui temi dell’etica e della legalità. Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e trasparenza deve definire le procedure dirette a formare i dipendenti destinati a operare in settori particolarmente esposti alla corruzione ed individuare il personale da inserire in tali programmi. Il RPCT deve altresì prevedere, per le attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione, nonché organizzare attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione del Codice etico e di comportamento.
L’Università degli Studi di Camerino, nel corso della vigenza del Piano triennale per la prevenzione della corruzione, intende sviluppare interventi di formazione/informazione rivolti al personale con la duplice funzione di prevenire e contrastare il fenomeno e fornire la massima informazione sulle situazioni concrete di rischio. Alle conoscenze e competenze trasversali occorre aggiungere le
conoscenze e le competenze nei settori individuati a rischio, al fine di accrescere la capacità di analisi dei processi, di individuazione dei rischi, nonché di individuare, organizzare e adottare le misure di prevenzione, fornendo gli strumenti tecnici e giuridici di base per l’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione. Oltre a giornate di formazione/informazione generale rivolte a tutti i dipendenti, si intende pianificare:
1. una formazione diretta ai responsabili delle strutture mirata alla consapevolezza dei ruoli, che illustri diversi modelli e sistemi di gestione del rischio che definisca le responsabilità e le procedure da attivare per evitare/segnalare il verificarsi di episodi di corruzione tra il personale, specifichi il ruolo e le responsabilità del responsabile del procedimento, la partecipazione al procedimento amministrativo, illustri elementi di audit e risk management, whistleblowing, patti d’integrità;
2. una formazione diretta in modo specifico al personale operante nelle aree di rischio individuate ai sensi del presente piano, che prescinda dalla semplice rilettura della norma e prenda spunto dai procedimenti e dalle procedure agite per divenire supporto al cambiamento sia degli atteggiamenti personali nei confronti dell’illegalità, sia di eventuali rischi insiti nelle modalità di lavoro.
Potranno essere previsti dei momenti di formazione da attivare nel caso sia rilevato un episodio di potenziale corruzione su istanza del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza o dei Responsabili di struttura/ufficio. Saranno altresì previste attività di formazione professionale specifiche per il personale eventualmente soggetto alla rotazione prevista dal paragrafo 7.1.2. Per quanto riguarda la formazione del personale che supporta il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, essa potrà riguardare, anche in modo specialistico, tutte le diverse fasi: l’analisi di contesto, esterno e interno; la mappatura dei processi; l’individuazione e la valutazione del rischio; l’identificazione delle misure; i profili relativi alle diverse tipologie di misure (ad es. controlli, semplificazioni procedimentali, riorganizzazioni degli uffici, trasparenza). Come previsto dalla normativa, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza definirà annualmente le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Le iniziative formative saranno inserite nel Piano della formazione ed ogni anno il bilancio d’Ateneo prevedrà opportuni interventi di spesa finalizzati a garantire la formazione necessaria alla prevenzione della corruzione.
7.1.10 PATTI DI INTEGRITÀ E PROTOCOLLI DI LEGALITÀ
Il P.N.A. 2013 dispone che “le pubbliche amministrazioni e le stazioni appaltanti, in attuazione dell’art. 1, comma 17, della l. n. 190, di regola, predispongono e utilizzano protocolli di legalità o patti di integrità per l’affidamento di commesse. A tal fine, le pubbliche amministrazioni inseriscono negli avvisi, nei bandi di gara e nelle lettere di invito la clausola di salvaguardia che il mancato rispetto del protocollo di legalità o del patto di integrità dà luogo all’esclusione dalla gara e alla risoluzione del contratto.” I patti d’integrità ed i protocolli di legalità sanciscono un comune impegno ad assicurare la legalità e la trasparenza nell’esecuzione di un dato contratto pubblico, in particolar modo per la prevenzione, il controllo ed il contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa, nonché per la verifica della sicurezza e della regolarità dei luoghi di lavoro.
L’ex A.V.C.P., ora X.X.XX., con determinazione n. 4 del 2012, si era pronunciata circa la legittimità di prescrivere l’inserimento di clausole contrattuali che impongono obblighi in materia di contrasto delle infiltrazioni criminali negli appalti nell’ambito di protocolli di legalità/patti di integrità: “Deve ritenersi che la previsione dell’accettazione dei protocolli di legalità e dei patti di integrità quale possibile causa di esclusione sia tuttora consentita, in quanto tali mezzi sono posti a tutela di interessi di rango sovraordinato e gli obblighi in tal modo assunti discendono dall’applicazione di norme imperative di ordine pubblico, con particolare riguardo alla legislazione in materia di prevenzione e contrasto della criminalità organizzata nel settore degli appalti”. Nella determinazione si precisa inoltre che “mediante l’accettazione delle clausole sancite nei protocolli di legalità al momento della presentazione della domanda di partecipazione e/o dell’offerta, infatti, l’impresa concorrente accetta, in realtà, regole che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono ammessi a partecipare alla gara e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, sanzioni di carattere patrimoniale, oltre alla conseguenza, comune a tutte le procedure concorsuali, della estromissione dalla gara (cfr. Cons. St., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2657; Cons. St., 9 settembre 2011, n. 5066).”
L’Università degli Studi di Camerino, anche in considerazione dell’elevato rischio di fenomeni corruttivi nel settore dell’affidamento di lavori a seguito degli eventi sismici di fine 2016, nel corso del triennio di validità del Piano, predisporrà dei patti di integrità o protocolli della legalità ed inserirà nei relativi bandi l’obbligo di accettazione degli stessi da parte delle società concorrenti.
7.1.11 AZIONI DI SENSIBILIZZAZIONE E RAPPORTO CON LA SOCIETÀ CIVILE
L’Università di Camerino ritiene di fondamentale importanza pianificare ed attuare adeguate misure di sensibilizzazione degli stakeholders dell’Ateneo innanzitutto attraverso la comunicazione e diffusione della strategia di prevenzione dei fenomeni corruttivi adottata dall’Università degli Studi di Camerino attraverso il presente Piano e delle connesse misure. Questo con lo scopo di promuovere la cultura della legalità e di far emergere fatti di cattiva amministrazione o fenomeni corruttivi. A tal fine sarà necessario un adeguato potenziamento dei canali di comunicazione dedicati alla segnalazione (dall’esterno dell’amministrazione, anche in forma anonima, ed in modalità informale) di episodi di cattiva amministrazione, conflitto d’interessi, corruzione, al fine di creare un costruttivo dialogo con l’esterno e implementare un rapporto di fiducia con gli stakeholders.
Il portale istituzionale assumerà quindi una centralità strategica anche ai sensi di quanto stabilito dal P.N.A. 2013, veicolando l’identità dell'Università, coordinando i contenuti ed i servizi gestiti da uffici dislocati in unità organizzative e sedi diverse, trasmettendo all’esterno l’immagine forte di un ateneo ben organizzato, strutturato e ben gestito. Ogni anno verranno organizzate le Giornate della trasparenza, durante le quali saranno invitati a partecipare l’intera comunità universitaria e gli stakeholders.
7.1.12 TRASPARENZA DEGLI INCARICHI
Per quanto riguarda il conferimento degli incarichi, il legislatore è intervenuto integrando il d.lgs. n. 165/2001 e comportando nuovi obblighi e maggiore tempestività nelle comunicazioni obbligatorie relative agli incarichi svolti, sia tra le amministrazioni interessate sia nei confronti del Dipartimento della Funzione pubblica, allo scopo di consentire un’azione di costante monitoraggio. Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso a dipendenti delle amministrazioni pubbliche per incarichi retribuiti, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso, sarà comunicato all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati (art. 53, comma 11, del d.lgs. n. 165/2001, come modificato (art. 1, comma 42, lett. e), della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii.).
Come già esposto, ogni incarico conferito o autorizzato, anche a titolo gratuito, al personale dipendente, sarà comunicato al Dipartimento della Funzione pubblica in via telematica, nel termine di quindici giorni, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto. La comunicazione sarà accompagnata da una relazione in cui saranno indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell’autorizzazione, i criteri di scelta del dipendente cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, la rispondenza dei medesimi ai principi di buon andamento dell’amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa (art. 53, comma 12, del d.lgs. n. 165/2001, come modificato (art. 1, comma 42, lett. f), della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii.).
Tempestivamente e comunque nei termini previsti dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, saranno comunicati al Dipartimento della Funzione pubblica, in via telematica, i dati di cui agli articoli 15 e 18 del medesimo decreto legislativo n. 33 del 2013, relativi a tutti gli incarichi conferiti o autorizzati a qualsiasi titolo dall’Ateneo (soggetti pubblici o privati) (art. 53, comma 13, del d.lgs.
n. 165/2001, come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. g), della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii.). Rientrano in questa fattispecie anche i compensi percepiti dai dipendenti per incarichi relativi a compiti e doveri d’ufficio. Sempre con le stesse modalità sarà altresì comunicato al Dipartimento della Funzione pubblica l’elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui siano stati affidati incarichi di consulenza, con l’indicazione della ragione dell’incarico e dell’ammontare dei compensi corrisposti (art. 53, comma 14, d.lgs. n. 165/2001).
Saranno resi noti, in banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei consulenti dell’Ateneo, con l’indicazione dell’oggetto, della durata e del compenso dell’incarico, nonché l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi (art. 53, comma 14, d.lgs. n. 165/2001 come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. h), della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii.). Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate al Dipartimento della Funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate nelle banche dati accessibili al pubblico per via telematica, saranno trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici.
Entro il 31 dicembre di ciascun anno, il Dipartimento della Funzione pubblica trasmette alla Corte dei Conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, tali informazioni in formato digitale aperto (art. 53, comma 14, del d.lgs. n. 165/2001 come modificato dall’art. 1, comma 42, lett. i), della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii.).
La legge n. 190/2012 ha introdotto una serie di modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241, dando ancora più importanza al rispetto dei tempi procedimentali, inteso quindi come strumento per combattere la corruzione. Il legislatore ha previsto un decreto legislativo per la disciplina organica degli illeciti, e relative sanzioni disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi, secondo i seguenti principi:
a) omogeneità degli illeciti connessi al ritardo;
b) omogeneità dei controlli da parte dei dirigenti, volti ad evitare ritardi;
c) omogeneità, certezza e cogenza nel sistema delle sanzioni in relazione al mancato rispetto dei termini.
Un ruolo fondamentale, quindi, sarà svolto dai Dirigenti e/o i Responsabili dei Settori dell’Amministrazione centrale e/o i titolari delle posizioni di responsabilità ai sensi dell’art. 91, comma 3, del C.C.N.L. vigente, nel rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti, con l’obbligo di relazionare sull’eventuale mancato rispetto dei termini di conclusione fornendone le motivazioni, e di informare tempestivamente il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza sulle segnalazioni di reclamo o sui ricorsi pervenuti e su qualsiasi altra anomalia. Agli stessi è posto anche l’obbligo di adottare le azioni necessarie ad eliminare tutte le possibili criticità.
L’Università degli Studi di Camerino considera questo aspetto relativo ai procedimenti di notevole importanza. Pertanto sulla scorta del lavoro già effettuato dal CODAU con il progetto “Procedamus” l’Area Sistemi Qualità e Sviluppo Organizzativo e l’Area Personale e Organizzazione effettueranno una ricognizione dei procedimenti dell’Ateneo. Nel contempo, con l’ausilio del Centro Informatico di Ateneo, si valuterà l’ipotesi di utilizzare il programma per il protocollo già in uso (TITULUS fornito dal CINECA) per gestire al meglio tutte le fasi dei procedimenti. L’Area Affari Legali predisporrà un Regolamento di Ateneo sulla disciplina dei Procedimenti Amministrativi. Una volta individuati responsabili dei procedimenti e termini di adozione del provvedimento finale, si inviteranno tutti gli uffici ed i relativi responsabili a rispettare i termini entro cui devono essere conclusi i procedimenti amministrativi di rispettiva competenza. Si inviteranno altresì i dipendenti che svolgono le attività a rischio di corruzione ad aggiornare periodicamente il rispettivo Responsabile circa il rispetto dei tempi procedimentali e di qualsiasi altra anomalia accertata, indicando, per ciascun procedimento nel quale i termini non sono stati rispettati, le motivazioni in fatto e in diritto di cui all’art. 3 della legge n. 241/1990, che giustificano il ritardo.
Ai sensi dell’art. 1, comma 30, della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. dovranno essere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite gli strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e s.m.i., le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase. In caso di irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo. Il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza può chiedere in ogni momento, procedendo anche a verifiche presso gli uffici dell’Ateneo ai responsabili delle strutture, informazioni circa i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza. I termini previsti per la conclusione dei principali procedimenti amministrativi sono pubblicati, come previsto dalla normativa vigente, nella sezione Amministrazione trasparente - Attività e procedimenti del sito web di Ateneo.
7.2 MISURE DI PREVENZIONE SPECIFICHE
Le misure di prevenzione specifiche sono quelle individuate dall’Università degli Studi di Camerino con riferimento alle specifiche aree di rischio ed attività a rischio corruzione individuate al capitolo 6 del presente Piano. L’identificazione di tali misure, come suggerito dall’ANAC, è stata effettuata tenendo presente i costi stimati delle stesse, il loro impatto sull’organizzazione ed il grado di efficacia attribuito a ciascuna di esse.
7.2.1 CONFERIMENTO DI INCARICHI DI PRESTAZIONE DI LAVORO AUTONOMO
Per quanto riguarda il conferimento di incarichi di insegnamento a qualsiasi titolo, al fine di prevenire situazioni di incompatibilità e, dunque, arginare il fenomeno corruttivo, secondo quanto prescritto dalla legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. e soprattutto dalla legge n. 240/2010, non possono partecipare a selezioni per il conferimento di incarichi di insegnamento, tra gli altri, coloro che:
- abbiano una relazione di coniugio o un grado di parentela o di affinità, fino al 4° grado compreso, con il Rettore, il Direttore generale, un componente del Consiglio di Amministrazione o con un professore afferente alla struttura che attribuisce l’incarico;
- siano cessati volontariamente dal servizio presso l’Università degli Studi di Camerino con diritto alla pensione anticipata di anzianità (art. 25 della legge 23 dicembre 1994, n. 724);
- siano cessati volontariamente dal servizio presso altro ente pubblico con diritto alla pensione anticipata di anzianità e che abbiano avuto con l’Ateneo rapporti di lavoro o di impiego nei cinque anni precedenti a quello di cessazione (art. 25 della legge 23 dicembre 1994, n. 724).
Tali disposizioni sono anche contenute nel Codice etico e di comportamento, che, oltre a quanto precisato sopra, prevede espressamente all’art. 8 che: “I componenti di UNICAM si impegnano a contrastare fenomeni di favoritismo e nepotismo e si adoperano per la valorizzazione dei meriti individuali in ogni procedura di selezione e valutazione, applicando l’art. 18, legge 30 dicembre 2010,
n. 240 ed i principi della Carta dei ricercatori, rispettando la libera determinazione dei colleghi e astenendosi da ogni forma di indebita pressione. Si attengono ai principi di professionalità, equità e
imparzialità in tutte le occasioni in cui siano chiamati a determinare scelte nell’ambito di procedure di selezione e valutazione. Non devono utilizzare la propria autorità o capacità di persuasione e pressione per influire sulla concessione di benefici anche di natura economica, favorire incarichi, influire sugli esiti concorsuali o sulle procedure di selezione riguardanti la fase iniziale e successiva della formazione nella carriera universitaria, favorire l’assunzione di figli, familiari o conviventi, e comunque le persone cui risultino legati da vincolo di parentela o affinità entro il IV grado, o componenti, a qualsiasi titolo, del proprio nucleo familiare”.
7.2.2 PROCEDURE CONCORSUALI O PROVE SELETTIVE FINALIZZATE AL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE
Una delle aree a maggior rischio per quanto riguarda la possibilità di eventi corruttivi è senz’altro quella relativa al reclutamento del personale. Negli allegati al PNA 2013, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha individuato, tra gli altri, i seguenti rischi:
- previsioni di requisiti di accesso “personalizzati” ed insufficienza di meccanismi oggettivi e trasparenti idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire allo scopo di reclutare candidati particolari;
- abuso nei processi di stabilizzazione finalizzato al reclutamento di candidati particolari;
- irregolare composizione della commissione di concorso finalizzata al reclutamento di candidati particolari;
- inosservanza delle regole procedurali a garanzia della trasparenza e dell’imparzialità della selezione, quali, a titolo esemplificativo, la cogenza della regola dell'anonimato nel caso di prova scritta e la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove allo scopo di reclutare candidati particolari;
- progressioni economiche o di carriera accordate illegittimamente allo scopo di agevolare dipendenti/candidati particolari;
- motivazione generica e tautologica circa la sussistenza dei presupposti di legge per il conferimento di incarichi professionali allo scopo di agevolare soggetti particolari.
Da tempo UNICAM si è dotata di regolamenti ad hoc finalizzati proprio a ridurre il più possibile il rischio che eventi corruttivi possano verificarsi. Considerata comunque la continua evoluzione in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, l’Ateneo nel corso del prossimo anno dovrà emanare nuovi regolamenti in materia che tengano conto dei principi generali della pubblicità, della trasparenza e dell'imparzialità, della corretta ed efficiente gestione delle risorse economiche e strumentali, della rapidità, della parità di condizioni di accesso e non discriminazione. Inoltre si procederà ad una dettagliata programmazione del fabbisogno del personale, requisito indispensabile per procedere a nuove assunzioni, considerando anche la recente delibera ANAC che ha disposto la trasmissione di atti concorsuali di un ateneo all’autorità giudiziaria, ravvisando l’assenza di un’adeguata programmazione del fabbisogno di personale.
Nel frattempo, considerato che il presente Piano vincola tutti i dipendenti UNICAM, si dispone la preventiva verifica dell'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse interne mediante l'effettuazione di una ricognizione formale, tra il personale dipendente, delle risorse disponibili ad assumere l'incarico medesimo. Nel caso di valutazione comparativa, la commissione sarà composta
esclusivamente da esperti, designati dall’Ateneo, sulla base dei titoli di studio e professionali posseduti e delle esperienze di lavoro inerenti alle attività oggetto dell'incarico precedentemente maturate (tale valutazione è prevista anche nel caso di conferimento di incarichi occasionali). Si dispone inoltre la pubblicazione sul sito web di tutti gli incarichi conferiti dall’Ateneo, con evidenza dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e del compenso erogato.
Si valuterà inoltre l’opportunità di adottare modalità operative specifiche con riguardo alla durata della pubblicazione dei bandi e delle modalità di diffusione di tutte le informazioni inerenti il concorso, laddove non già regolati legislativamente, che ha ad oggi ampi margini di miglioramento; specifiche indicazioni volte ad evitare la pubblicazione di bandi nei periodi festivi (Natale, Agosto, etc.) e con finestre temporali strette, al fine di favorire la più ampia partecipazione alle procedure in oggetto.
Un’altra area particolarmente esposta al rischio corruzione è quella che riguarda i contratti pubblici. Come previsto dall’aggiornamento al PNA del 2015, in questo contesto si ritiene necessario utilizzare la più ampia definizione di “area di rischio contratti pubblici”, in luogo di quella di “affidamento di lavori, servizi e forniture” indicata nel PNA del 2013, perché ciò consente un’analisi approfondita non solo della fase di affidamento ma anche di quelle successive di esecuzione del contratto. E’ evidente, infatti, che i fenomeni corruttivi potrebbero presentarsi anche nel contesto della fase esecutiva del contratto così come, particolare attenzione va rivolta all’analisi delle fasi finali di rendicontazione del contratto per evitare che esse siano solo una mera formalità dovendo al contrario, assurgere a ruolo di estremo controllo riassuntivo delle fasi precedenti.
Come suggerito sempre dal PNA, in primis vanno individuati i processi per consentire una corrispondente predisposizione di misure finalizzate a prevenire i rischi corruttivi. In proposito, il PNA 2013 all’allegato 2, fornisce un elenco esemplificativo di sotto-aree di rischio. Si identificano, cioè, le attività della amministrazione che ricorrono ogniqualvolta essa intende ricorrere allo strumento contrattuale e che vanno attenzionate con particolare minuzia, esse sono: la definizione dell’oggetto dell’affidamento, la individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento, i requisiti di qualificazione e di aggiudicazione, la valutazione e la verifica dell’anomalia delle offerte, la gestione delle procedure negoziate e di affidamento diretto, la revoca del bando, la redazione del cronoprogramma, l’adozione di varianti, il subappalto e l’utilizzo di rimedi di risoluzione delle controversie alternativi a quelli giurisdizionali durante la fase di esecuzione del contratto. La procedura legata al controllo di tali sotto-aree di rischio, avviene più agevolmente se si procede ad una mappatura corretta delle fasi contrattuali. Essa determina, inevitabilmente la necessità, come suggerisce il PNA, di una scomposizione del sistema di contrattazione prescelto nelle seguenti fasi: programmazione, progettazione della gara, selezione del contraente, verifica dell’aggiudicazione e stipula del contratto, esecuzione e rendicontazione.
Unicam accoglie in toto le indicazioni del PNA e ritiene che l’analisi dei rischi connessi all’area dei contratti pubblici e riportata nel presente Piano deve rendere non solo intellegibili i processi di
approvvigionamento, ma consentire altresì un’analisi di fondo dell’operato della PA che deve rispondere ai criteri di efficienza, economicità ed efficacia. In altre parole diviene fondamentale capire la qualità dell’azione amministrativa che deve imprescindibilmente volgersi ai principi di imparzialità e trasparenza. In particolare, ogni processo di analisi deve divenire un’occasione di riflessione anche nell’ottica di migliorare e rendere valutabile la performance dei soggetti che operano alla redazione del Piano come buyers pubblici. Occorre, inoltre, sottolineare che il presente Piano traccia un forte collegamento tra gli obiettivi di performance assegnati agli uffici acquisti e il rispetto delle misure di prevenzione della corruzione.
L’importanza di tale aspetto è evidenziata, altresì, nel PNA, che sottolinea come un tale rapporto possa essere d’aiuto al RPCT che, non solo riesce a monitorare le prestazioni degli uffici ma che, inoltre, è adeguatamente e costantemente messo a conoscenza di eventuali scostamenti dall’attività programmata. In tale ottica, il PNA prescrive che “il principale adempimento del responsabile del procedimento e/o del direttore dell’esecuzione del contratto, da valutarsi anche ai fini della performance, è quello di assicurare un raccordo costante con il RPC al fine di garantire la massima trasparenza sui principali alert relativi a fenomeni corruttivi”. Unicam, infine, intende connettere questa parte del Piano con gli strumenti di programmazione di cui l’Ateneo si serve, compresi quelli di natura contabile e finanziaria. Mediante questa azione si potranno individuare le principali scelte di investimento dell’Ateneo e prevedere, caso per caso, misure di prevenzione particolari, non in sostituzione di quelle generali ma ulteriori e calibrate sulle specificità delle singole scelte contrattuali.
FASI DELLE PROCEDURE DI APPROVVIGIONAMENTO
Programmazione
Per evitare l’uso distorto delle procedure, Unicam intende direzionare la sua analisi partendo dalle attività legate alla fase di programmazione, poiché pare necessario evitare un utilizzo improprio degli strumenti di intervento dei privati nella programmazione. La mancata scrupolosità nella gestione dei momenti embrionali legati alla contrattazione, potrebbe, infatti, compromettere pesantemente le successive fasi negoziali di tal che l’Ateneo deve prestare particolare attenzione ai processi di analisi e definizione dei fabbisogni, di redazione ed aggiornamento del programma triennale per gli appalti di lavori ed a tutti i processi che prevedono la partecipazione di privati alla fase di programmazione.
Occorre sottolineare, altresì, che le ordinanze OCDPC n. 489/2017 e n. 394/2016 consentono all’Università di Camerino di procedere in materia contrattuale in deroga ad alcune disposizioni di legge al fine di snellire le procedure negoziali nella fase di gestione dell’emergenza post-sisma. In questa ottica va letta la possibilità per l’Ateneo di procedere alla contrattazione per lavori o per servizi e forniture non inclusi nel programma triennale dei lavori pubblici o in quello biennale degli acquisti. Si tratta, ovviamente, di disposizioni particolari che devono essere interpretate come ausilio nella gestione di una fase assai delicata per il futuro dell’Ateneo. In ogni caso Unicam intende ribadire, ed anzi rafforzare, l’importanza della fase programmatica in materia contrattuale: il fatto
che, in un contesto emergenziale, si possa agire in deroga ad alcune disposizioni vigenti non fa altro che consolidare la necessità di una programmazione oculata e lungimirante la cui superficialità non potrebbe in alcun modo essere giustificata dall’entrata in vigore delle succiate ordinanze del Dipartimento di Protezione Civile.
Tra i rischi che contraddistinguono questa fase potrebbe esserci la individuazione di un fabbisogno non rispondente a criteri di efficienza/efficacia/economicità che vada a premiare interessi particolari (per esempio scegliendo di dare priorità alle opere pubbliche destinate ad essere realizzate da un determinato operatore economico). È necessario, inoltre, monitorare efficacemente tale fase anche al fine di scongiurare un eventuale abuso delle disposizioni che prevedono la possibilità per i privati di partecipare all’attività di programmazione al fine di avvantaggiarli nelle fasi successive. Secondo quanto riportato nell’aggiornamento del 2015 al PNA “il ritardo o la mancata approvazione degli strumenti di programmazione, l’eccessivo ricorso a procedure di urgenza o a proroghe contrattuali, la reiterazione di piccoli affidamenti aventi il medesimo oggetto ovvero la reiterazione dell’inserimento di specifici interventi, negli atti di programmazione, che non approdano alla fase di affidamento ed esecuzione, la presenza di gare aggiudicate con frequenza agli stessi soggetti o di gare con unica offerta valida costituiscono tutti elementi rivelatori di una programmazione carente e, in ultima analisi, segnali di un uso distorto o improprio della discrezionalità.”
Unicam fa propria l’indicazione del PNA 2015 che suggerisce quale indicatore utile per evidenziare eventuali criticità in sede di programmazione, quello relativo all’analisi del valore degli appalti affidati tramite procedure non concorrenziali (affidamenti diretti, cottimi fiduciari, procedure negoziate con e senza previa pubblicazione del bando di gara) riferiti alle stesse classi merceologiche di prodotti/servizi in un determinato arco temporale. In altre parole l’analisi dell’Ateneo si concentrerà nel sommare annualmente i valori degli affidamenti non concorrenziali relativi a ciascuna classe merceologica e qualora essa sia superiore alle soglie di rilevanza comunitaria che impongono di affidare il contratto mediante procedure aperte o ristrette, si procederà a necessari approfondimenti volti a comprendere le ragioni di una programmazione carente che ha condotto al frazionamento delle gare. Oltre a questa misura l’Ateneo accoglie le indicazioni del PNA e dispone l’obbligo di adeguata motivazione in fase di programmazione in relazione a natura, quantità e tempistica della prestazione, sulla base di esigenze effettive e documentate emerse da apposita rilevazione nei confronti degli uffici richiedenti nonchè cicli di audit interni annuali su fabbisogno e adozione di procedure interne per rilevazione e comunicazione dei fabbisogni in vista della programmazione, accorpando quelli omogenei.
Unicam provvede, altresì, a disporre di una corretta e puntuale programmazione annuale anche per acquisti di servizi e forniture, con una precisa predeterminazione dei criteri per individuarne le priorità nonché intende valutare la possibilità di ricorrere ad accordi quadro e verifica delle convenzioni/accordi quadro già in essere per servizi e forniture standardizzabili, nonché lavori di manutenzione ordinaria. Si sancisce, infine, la necessità dell’utilizzo di avvisi di preinformazione
quand’anche facoltativi nonché, in caso di rilevanti importi contrattuali, l’obbligo di comunicazione puntuale nei confronti del RPC in caso di proroghe contrattuali. In accordo con la normativa vigente, UNICAM effettua un diffuso utilizzo del sistema di e-procurement (CONSIP e MEPA) al fine di rendere tracciabili tutte le operazioni di gara a garanzia di imparzialità dell’azione amministrativa e di terzietà.
Progettazione della gara
Il principio fondamentale che governa la fase di progettazione della gara deve rinvenirsi nella necessità che, l’intera procedura di approvvigionamento risponda al principio di perseguimento del pubblico interesse. I processi che compongono la fase di progettazione sono i seguenti: effettuazione delle consultazioni preliminari di mercato per la definizione delle specifiche tecniche; nomina del responsabile del procedimento; individuazione dello strumento/istituto per l’affidamento; individuazione degli elementi essenziali del contratto; determinazione dell’importo del contratto; scelta della procedura di aggiudicazione, con particolare attenzione al ricorso alla procedura negoziata; predisposizione di atti e documenti di gara incluso il capitolato; definizione dei criteri di partecipazione, del criterio di aggiudicazione e dei criteri di attribuzione del punteggio.
Si tratta, come è evidente, di una fase molto complessa che può prestare il fianco a numerose ipotesi di rischio, quali: la nomina di responsabili del procedimento in rapporto di contiguità con imprese concorrenti (soprattutto esecutori uscenti) o privi dei requisiti idonei e adeguati ad assicurane la terzietà e l’indipendenza; la fuga di notizie circa le procedure di gara ancora non pubblicate, che anticipino solo ad alcuni operatori economici la volontà di bandire determinate gare o i contenuti della documentazione di gara; l’attribuzione impropria dei vantaggi competitivi mediante utilizzo distorto dello strumento delle consultazioni preliminari di mercato; l’elusione delle regole di affidamento degli appalti, mediante l’improprio utilizzo di sistemi di affidamento, di tipologie contrattuali (ad esempio, concessione in luogo di appalto) o di procedure negoziate e affidamenti diretti per favorire un operatore; la predisposizione di clausole contrattuali dal contenuto vago o vessatorio per disincentivare la partecipazione alla gara ovvero per consentire modifiche in fase di esecuzione; la definizione dei requisiti di accesso alla gara e, in particolare, dei requisiti tecnico- economici dei concorrenti al fine di favorire un’impresa (es. clausole dei bandi che stabiliscono requisiti di qualificazione); prescrizioni del bando e delle clausole contrattuali finalizzate ad agevolare determinati concorrenti; l’abuso delle disposizioni in materia di determinazione del valore stimato del contratto al fine di eludere le disposizioni sulle procedure da porre in essere; la formulazione di criteri di valutazione e di attribuzione dei punteggi (tecnici ed economici) che possono avvantaggiare il fornitore uscente, grazie ad asimmetrie informative esistenti a suo favore ovvero, comunque, favorire determinati operatori economici.
Gli elementi che devono essere considerati per rivelare il rischio di corruzione e che quindi devono portare l’Ateneo ad adottare misure specifiche di contrasto sono molteplici e sono stati tutti elencati nel PNA 2015: il fatto che non sia garantita una corretta alternanza nel ruolo di responsabile del procedimento o che lo stesso venga spesso supportato dai medesimi tecnici esterni; l’assenza di adeguati approfondimenti atti a chiarire le motivazioni economiche e giuridiche alla base del ricorso
a moduli concessori ovvero altre fattispecie contrattuali anziché ad appalti; la mancanza o l’incompletezza della determina a contrarre ovvero la carente esplicitazione degli elementi essenziali del contratto; la previsione di requisiti restrittivi di partecipazione; nelle consultazioni preliminari di mercato, la mancanza di trasparenza nelle modalità di dialogo con gli operatori consultati; la fissazione di specifiche tecniche discriminatorie (bandi – fotografia); insufficiente stima del valore dell’appalto senza computare la totalità dei lotti; insufficiente stima del valore dell’appalto di servizi e/o forniture senza tener conto della conclusione di contratti analoghi nel periodo rilevante; l’acquisto autonomo di beni presenti in convenzioni, accordi quadro e mercato elettronico; il mancato rispetto dell’obbligo di pubblicazione della determina a contrarre per le procedure negoziate; la non contestualità nell’invio degli inviti a presentare offerte; la redazione di progetti e capitolati approssimativi e che non dettagliano sufficientemente ciò che deve essere realizzato in fase esecutiva; la previsione di criteri di aggiudicazione della gara eccessivamente discrezionali o incoerenti rispetto all’oggetto del contratto; il ricorso al criterio dell’Offerta Economica Più Vantaggiosa (OEPV), nei casi di affidamenti di beni e servizi standardizzati, o di lavori che non lasciano margini di discrezionalità all’impresa e viceversa, l’adozione del massimo ribasso per prestazioni non sufficientemente dettagliate; in caso di ammissione di varianti in sede di offerta, la mancata specificazione nel bando di gara di limiti di ammissibilità.
Relativamente all’analisi delle criticità che si presentassero in seno alla fase di progettazione della gara Unicam intende basare i suoi rilievi sul rapporto tra il numero di procedure negoziate con o senza previa pubblicazione del bando e di affidamenti diretti/cottimi fiduciari sul numero totale di procedure attivate dalla stessa amministrazione nell’arco di un anno. Le valutazioni dell’Ateneo intendono interpretare in maniera profondamente critica il ricorso a forme di selezione dei contraenti non competitive. Benchè, infatti, esse siano consentite dal d. lgs. n. 50/2016 l’utilizzo non giustificato di esse può costituire un segnale di favore nei confronti di particolari operatori economici.
La valutazione dell’Ateneo, inoltre, prenderà in esame annualmente il valore delle procedure non aperte in rapporto al valore complessivo delle procedure, così da individuare eventuali sbilanciamenti non giustificati. Oltre al valore si terrà in considerazione anche l’eventuale ricorrenza di determinati contraenti privati, tali episodi e ciò che li ha determinati sarà oggetto di rapporti di audit almeno annuali. Le misure che Unicam intende adottare riguardano in primis la rotazione del RP che sarà in ogni caso individuato tra soggetti in possesso dei requisiti di professionalità necessari. La rotazione, in particolare, garantirà l’assenza di conflitto di interesse in capo allo stesso e assicurerà una azione contrattuale maggiormente improntata ai criteri di imparzialità e trasparenza. Inoltre, la scelta della procedura e la scelta del sistema di affidamento adottato ovvero la tipologia contrattuale dovranno sempre essere motivate nella determina a contrarre e verranno adottate linee guida che limitino il ricorso al criterio dell’OEPV in caso di affidamenti di beni e servizi standardizzati, o di lavori che non lasciano margini di discrezionalità all’impresa.
Altra misura messa in campo da Unicam riguarda le varianti progettuali in corso d’opera. Esse, infatti, non possono costituire uno strumento di progettazione a vantaggio di taluni contraenti privati, di tal che si sancisce l’obbligo, nel bando di gara, di dettagliare in modo trasparente e congruo i requisiti minimi di ammissibilità delle varianti progettuali in sede di offerta. I soggetti coinvolti nella redazione della documentazione di gara, infine, dovranno sottoscrivere dichiarazioni in cui si attesta l’assenza di interessi personali in relazione allo specifico oggetto della gara. Verranno predisposti, altresì, audit annuali che riguarderanno la verifica della conformità dei bandi Unicam ai bandi tipo redatti dall’ANAC e il rispetto della normativa anticorruzione.
Con specifico riguardo alle procedure negoziate, affidamenti diretti, in economia o comunque sotto soglia comunitaria, l’Ateneo sancisce la necessità di una preventiva individuazione, mediante direttive e circolari interne, di procedure atte ad attestare il ricorrere dei presupposti legali per indire procedure negoziate o procedere ad affidamenti diretti da parte del Responsabile del Procedimento. Verranno, inoltre, diffuse direttive interne atte ad informare le procedure ai massimi livelli di trasparenza e pubblicità, anche con riguardo alla pubblicità delle sedute di gara e alla pubblicazione della determina a contrarre. In ogni caso l’Ateneo verificherà mediante audit interni annuali il rispetto dell’utilizzo di elenchi aperti di operatori economici con applicazione del principio della rotazione, previa fissazione di criteri generali per l’iscrizione.
Selezione del contraente
La fase di selezione del contraente costituisce un momento molto delicato che potrebbe prestare il fianco a possibili conflitti di interesse. In questa ottica l’Ateneo è chiamato a mettere in campo una vera e propria strategia fatta di misure concrete a tutela dell’azione amministrativa. Occorre scongiurare possibili applicazioni distorte delle diverse diposizioni del Codice in grado di condizionare gli esiti della procedura privilegiando interessi finanziari, economici o altri interessi personali. E’ evidente, infatti, che in questa fase occorre assicurare che l’azione dell’Ateneo sia totalmente conforme ai principi di imparzialità e indipendenza, essi, infatti, devono informare tutto il procedimento contrattuale ed emergono con maggiore forza, proprio nella fase di scelta del contraente. Come indicato nel PNA i processi tipici di questa fase sono: la pubblicazione del bando e la gestione delle informazioni complementari; la fissazione dei termini per la ricezione delle offerte; il trattamento e la custodia della documentazione di gara; la nomina della commissione di gara; la gestione delle sedute di gara; la verifica dei requisiti di partecipazione; la valutazione delle offerte e la verifica di anomalia dell’offerte; l’aggiudicazione provvisoria; l’annullamento della gara; la gestione di elenchi o albi di operatori economici.
In questa fase, l’azione dell’Ateneo deve evitare che i vari attori coinvolti (quali, ad esempio, RP, commissione di gara, soggetti coinvolti nella verifica dei requisiti, etc.) manipolino le disposizioni che governano i processi sopra elencati al fine di pilotare l’aggiudicazione della gara. Le azioni messe in campo dall’Ateneo sono volte a prevenire le più comuni fattispecie patologiche che si possono manifestare in questa fase, come, ad esempio, l’indebito restringimento della platea dei partecipanti o la manipolazione dell’esito della gara mediante l’applicazione distorta dei criteri di
aggiudicazione. Occorre scongiurare, inoltre, che vengano nominati commissari di gara in conflitto di interesse o che non posseggano i requisiti necessari. Unicam si impegna, inoltre, a mettere in campo azioni specifiche volte ad evitare possibili alterazioni o sottrazioni di documenti di gara anche nella successiva fase di controllo.
L’analisi dell’Ateneo dovrà farsi ancor più stringente in costanza di specifici elementi rivelatori di carenza nell’azione amministrativa quali: l’assenza di pubblicità del bando e dell’ulteriore documentazione rilevante, l’immotivata concessione di proroghe rispetto al termine previsto dal bando, il mancato rispetto delle disposizioni che regolano la nomina della commissione (ad esempio, la formalizzazione della nomina prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte o la nomina di commissari esterni senza previa adeguata verifica dell’assenza di professionalità interne o l’omessa verifica dell’assenza di cause di conflitto di interessi o incompatibilità), l’alto numero di concorrenti esclusi, la presenza di reclami o ricorsi da parte di offerenti esclusi, l’assenza di criteri motivazionali sufficienti a rendere trasparente l’iter logico seguito nell’attribuzione dei punteggi nonché una valutazione dell’offerta non chiara/trasparente/giustificata, l’assenza di adeguata motivazione sulla non congruità dell’offerta, nonostante la sufficienza e pertinenza delle giustificazioni addotte dal concorrente o l’accettazione di giustificazioni di cui non si è verificata la fondatezza, la presenza di gare aggiudicate con frequenza agli stessi operatori ovvero di gare con un ristretto numero di partecipanti o con un’unica offerta valida.
Misura imprescindibile che Unicam include nelle sue strategie di anticorruzione e trasparenza è l’accessibilità online della documentazione di gara e/o delle informazioni complementari: in caso di documentazione non accessibile online, l’Ateneo predefinisce e pubblica le modalità per acquisire la documentazione e/o le informazioni complementari. Riveste carattere di obbligatorietà anche la pubblicazione del nominativo dei soggetti cui ricorrere in caso di ingiustificato ritardo o diniego dell’accesso ai documenti di gara. A tutela degli offerenti Unicam utilizza un sistema di protocollazione delle offerte inalterabile e, se necessario, provvederà ad una ulteriore documentazione in caso di consegna a mano delle buste.
Viene, altresì, introdotto l’obbligo di trasparenza/pubblicità delle nomine dei componenti delle commissioni e eventuali consulenti che, conformemente a quanto sancito dal PNA, devono possedere i necessari requisiti e devono rilasciare dichiarazioni attestanti:
a) l’esatta tipologia di impiego/lavoro, sia pubblico che privato, svolto negli ultimi 5 anni;
b) di non svolgere o aver svolto «alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta» (art. 77, co. 4, del Codice);
c) Di non aver ricoperto, nel biennio antecedente all’indizione della procedura di aggiudicazione, cariche di pubblico amministratore;
d) di non aver concorso, «in qualità di membri delle commissioni giudicatrici, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi» (art. 77, co. 6, del Codice);
e) di non trovarsi in conflitto di interesse con riguardo ai dipendenti della stazione appaltante per rapporti di coniugio, parentela o affinità o pregressi rapporti professionali;
f) l’assenza di cause di incompatibilità con riferimento ai concorrenti alla gara, tenuto anche conto delle cause di astensione di cui all’articolo 51 c.p.c., richiamato dall’art. 77 del Codice;
g) di non essere stato condannato, neppure con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale ai sensi dell’art. 35-bis, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 165/2001 e s.m.i.;
h) l’assenza di situazioni di conflitto di interesse ex. art. 42 del Codice o di obblighi di astensione di cui all’art. 7 D.P.R. 62/2013.
Un’altra misura che l’Ateneo mette in campo riguarda l’obbligo di segnalazione agli organi di controllo di eventuali gare in cui sia presentata un’unica offerta valida o credibile. A questo si aggiunga l’obbligo di preventiva pubblicazione online del calendario delle sedute di gara. Per verificare la congruenza dell’operato effettivo con tale sistema Unicam provvederà mediante audit annuali.
Verifica dell’aggiudicazione e stipula del contratto
“La verifica dell’aggiudicazione costituisce un momento essenziale di accertamento della correttezza della procedura espletata, sia in vista della successiva stipula del contratto sia nell’ottica dell’apprezzamento della sussistenza dei requisiti generali e speciali di partecipazione in capo all’aggiudicatario. In questa fase i processi rilevanti sono, ad esempio, la verifica dei requisiti ai fini della stipula del contratto, l’effettuazione delle comunicazioni riguardanti i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni, la formalizzazione dell’aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto.” (PNA – aggiornamento 2015). L’Ateneo fa propri i rischi tipici di tale fase così come indicati dal PNA ed indica quali maggiori criticità la omissione dei controlli o l’alterazione degli stessi al fine di favorire un aggiudicatario privo dei requisiti richiesti. Sempre in questa ottica occorre scongiurare che i contenuti delle verifiche siano alterati per pretermettere l’aggiudicatario e favorire gli operatori economici che seguono nella graduatoria.
Unicam ritiene che, sia utile monitorare la presenza di eventuali denunce/ricorsi da parte dei concorrenti ovvero dell’aggiudicatario che evidenzino una palese violazione di legge da parte dell’amministrazione, la mancata, inesatta, incompleta o intempestiva effettuazione delle comunicazioni inerenti i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni, o l’immotivato ritardo nella formalizzazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e/o nella stipula del contratto, che possono indurre l’aggiudicatario a sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto e che costituiscono elementi rivelatori di un non corretto operato dell’Ateneo.
Altro elemento su cui viene concentrata l’analisi dell’Ateneo riguarda la eventuale ricorrenza delle aggiudicazioni ai medesimi operatori economici; in particolare tale ricorrenza verrà valutata mediante rapporti biennali che analizzino gli aggiudicatari in un periodo di due anni contigui così da far emergere la frequenza di aggiudicazioni a medesimi operatori. Verrà considerato il rapporto tra
il numero di operatori economici che risultano aggiudicatari in due anni contigui ed il numero totale di soggetti aggiudicatari sempre riferiti ai due anni presi in esame.
L’Università di Camerino, recependo quanto suggerito nel PNA, tra le misure a tutela della trasparenza dell’operato della Amministrazione, adotta direttive interne che assicurino la collegialità nella verifica dei requisiti, sotto la responsabilità del Responsabile dell’ufficio Gare e Appalti – e-procurement e la presenza dei funzionari dell’ufficio, coinvolgendoli nel rispetto del principio di rotazione. Inoltre, Unicam procede alla formalizzazione da parte dei funzionari e dirigenti che hanno partecipato alla gestione della procedura di gara di una dichiarazione attestante l’insussistenza di cause di incompatibilità con l’impresa aggiudicataria e con la seconda classificata, avendo riguardo anche a possibili collegamenti soggettivi e/o di parentela con i componenti dei relativi organi amministrativi e societari, con riferimento agli ultimi 5 anni.
Esecuzione del contratto
L’esecuzione del contratto si estrinseca nella soddisfazione dei bisogni contrattuali della Amministrazione di tal che è necessario mettere in opera tutti quegli strumenti di controllo che siano in grado di verificare che tali bisogni non siano modificati o pretermessi in favore di interessi privati. Questa fase è particolarmente esposta al rischio corruttivo, tenuto conto che i processi racchiusi sono quelli di: approvazione delle modifiche del contratto originario; autorizzazione al subappalto; ammissione delle varianti; verifiche in corso di esecuzione; verifica delle disposizioni in materia di sicurezza con particolare riferimento al rispetto delle prescrizioni contenute nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) o Documento Unico di Valutazione dei Rischi Interferenziali (DUVRI); apposizione di riserve; gestione delle controversie; effettuazione di pagamenti in corso di esecuzione.
Oggetto dell’analisi dell’Ateneo sarà la verifica dell’effettivo stato di avanzamento dei lavori rispetto al cronoprogramma al fine di evitare l’applicazione di penali o la risoluzione del contratto. L’azione di Unicam, inoltre, dovendosi concretare nella verifica del perseguimento del bisogno dell’Amministrazione così come esplicitato in sede contrattuale deve evitare l’abusivo ricorso alle varianti al fine di favorire l’appaltatore (ad esempio, per consentirgli di recuperare lo sconto effettuato in sede di gara o di conseguire extra guadagni o di dover partecipare ad una nuova gara). L’impegno dell’Ateneo riguarda pure l’approvazione di modifiche sostanziali degli elementi del contratto definiti nel bando di gara o nel capitolato d’oneri (con particolare riguardo alla durata, alle modifiche di prezzo, alla natura dei lavori, ai termini di pagamento, etc.) solo in casi eccezionali e motivati.
Con riferimento al subappalto, inoltre, un possibile rischio consiste nella mancata valutazione dell’impiego di manodopera o dell’incidenza del costo della stessa ai fini della qualificazione dell’attività come subappalto per eludere le disposizioni e i limiti di legge, nonché nella mancata effettuazione delle verifiche obbligatorie sul subappaltatore. Altro fattore ad alto rischio oggetto dei controlli dell’Ateneo riguarda l’eventuale apposizione di riserve generiche a cui consegue una incontrollata lievitazione dei costi così come il ricorso ai sistemi alternativi di risoluzione delle
controversie per favorire l’esecutore o il mancato rispetto degli obblighi di tracciabilità dei pagamenti.
Secondo il PNA 2015 “i segnali di allarme ai quali occorre prestare specifica attenzione in questa fase sono rappresentati, ad esempio, da un motivazione illogica o incoerente del provvedimento di adozione di una variante, con specifico riferimento al requisito dell’imprevedibilità dell’evento che la giustifica, o alla mancata acquisizione, ove le modifiche apportate lo richiedano, dei necessari pareri e autorizzazioni o ancora all’esecuzione dei lavori in variante prima dell’approvazione della relativa perizia. Parimenti, elementi da valutare con attenzione sono la concessione di proroghe dei termini di esecuzione, il mancato assolvimento degli obblighi di comunicazione all’ANAC delle varianti, la presenza di contenzioso tra stazione appaltante e appaltatore derivante dalla necessità di modifica del progetto, l’assenza del Piano di Sicurezza e coordinamento, l’ammissione di riserve oltre l'importo consentito dalla legge, l’assenza di adeguata istruttoria dei dirigenti responsabili che preceda la revisione del prezzo.”
In altre parole l’azione di controllo della Amministrazione si concentra in questa fase sull’analisi di due fattori:
- la presenza di un elevato numero di contratti aggiudicati e poi modificati per effetto di varianti;
- la presenza di un numero eccessivo di contratti prorogati.
Xxxxx restando gli adempimenti formali previsti dalla normativa, il Responsabile del Procedimento dovrà segnalare tempestivamente al RPCT:
- l’avvenuta variante, esplicitando l’istruttoria interna condotta sulla legittimità della variante e sugli impatti economici e contrattuali della stessa (in particolare con riguardo alla congruità dei costi e tempi di esecuzione aggiuntivi, delle modifiche delle condizioni contrattuali, tempestività del processo di redazione ed approvazione della variante).
- tutte le informazioni utili per assicurare l’effettiva osservanza degli adempimenti in materia di subappalto.
I provvedimenti di adozione delle varianti vengono pubblicati sul sito internet di Ateneo contestualmente alla loro adozione.
Rendicontazione del contratto
La fase di rendicontazione del contratto è la fase di verifica per eccellenza di tutto il procedimento contrattuale nella quale l’amministrazione accerta che la prestazione effettuata sia totalmente conforme a quella richiesta e procede al pagamento del soggetto esecutore. La verifica della congruità della prestazione effettuata può passare attraverso il procedimento di collaudo di tal che è importante mappare il procedimento di nomina del collaudatore (o della commissione di collaudo), così come il procedimento di verifica della corretta esecuzione, per il rilascio del certificato di collaudo, del certificato di verifica di conformità ovvero dell’attestato di regolare esecuzione (per gli affidamenti di servizi e forniture), nonché le attività connesse alla rendicontazione dei lavori in economia da parte del responsabile del procedimento. Essendo una fase di accertamento della conformità delle prestazioni effettuate, i fenomeni corruttivi che hanno
come finalità il perseguimento dell’interesse privato, si manifestano attraverso l’alterazione delle attività di controllo, con l’omissione delle stesse ovvero mediante l’effettuazione di pagamenti ingiustificati o sottratti alla tracciabilità dei flussi finanziari. Possono, ad esempio, essere considerati tra gli eventi rischiosi l’attribuzione dell’incarico di collaudo a soggetti compiacenti per ottenere il certificato di collaudo pur in assenza dei requisiti; il rilascio del certificato di regolare esecuzione in cambio di vantaggi economici o la mancata denuncia di difformità e vizi dell’opera.
Le operazioni di controllo dell’Ateneo si concentrano, in particolare, nei casi di incompletezza della documentazione inviata dal RP ai sensi dell’art. 10 co. 7, secondo periodo, decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 nonché nei casi di mancato invio di informazioni al RP (verbali di visita; informazioni in merito alle cause del protrarsi dei tempi previsti per il collaudo) o di emissione di un certificato di regolare esecuzione relativo a prestazioni non effettivamente eseguite. Come indicato anche nel PNA, si ritiene indice certo di elusione, degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari la mancata acquisizione del CIG o dello smart CIG in relazione al lotto o all’affidamento specifico ovvero la sua mancata indicazione negli strumenti di pagamento.
Considerato l’alto rischio di fenomeni corruttivi, l’ufficio Gare e Appalti – e-procurement trasmetterà al RPCT:
- un report annuale al fine di rendicontare le procedure di gara espletate, con evidenza degli elementi di maggiore rilievo (quali importo, tipologia di procedura, numero di partecipanti ammessi e esclusi, durata del procedura, ricorrenza dei medesimi aggiudicatari, etc.) in modo che sia facilmente intellegibile il tipo di procedura adottata, le commissioni di gara deliberanti, le modalità di aggiudicazione, i pagamenti effettuati e le date degli stessi, le eventuali riserve riconosciute nonché tutti gli altri parametri utili per individuare l’iter procedurale seguito.
- un report periodico annuale relativo alle procedure negoziate/affidamenti diretti, in cui, per ciascun affidamento, sono evidenziati: le ragioni che hanno determinato l’affidamento; i nominativi degli operatori economici eventualmente invitati a presentare l’offerta e i relativi criteri di individuazione; il nominativo dell’impresa affidataria e i relativi criteri di scelta; gli eventuali altri contratti stipulati con la medesima impresa e la procedura di affidamento; un prospetto riepilogativo di tutti gli eventuali contratti, stipulati con altri operatori economici, aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture identici, analoghi o similari.
7.2.4 PROCEDURE DI VERBALIZZAZIONE ESAMI DI PROFITTO
Tra i processi tipici di un ateneo e che, a seguito dell’analisi e del calcolo del rischio, risultano con un’elevata esposizione a fenomeni corruttivi, vi è senz’altro quello della verbalizzazione degli esami di profitto. I possibili rischi di corruzione consistono in una fraudolenta compilazione del verbale di esame o in un'alterazione dello stesso allo scopo di conseguire o di far conseguire un ingiusto beneficio (esame di profitto superato e/o superato con voto maggiore) allo studente. Trattandosi di un processo con un elevato grado di discrezionalità in capo a chi effettua la valutazione, risulta complicato utilizzare degli indicatori che permettano di verificare in quali situazioni sia più probabile il verificarsi di un fenomeno corruttivo. Oltre al fatto che tutti gli esami di qualsiasi corso
dell’Università di Camerino siano pubblici e aperti al pubblico, nel Regolamento Didattico di Ateneo è previsto che la commissione di esame sia validamente formata e quindi possa operare con almeno due componenti. Questa disposizione limita la possibilità che intercorrano relazioni dirette tra studente e un singolo valutatore. I Direttori delle Scuole hanno l’obbligo di vigilare affinché tale disposizione sia attuata da tutti i docenti afferenti ad ogni singola Scuola. Di tale attività di vigilanza i Direttori delle Scuole relazionano annualmente al RPCT.
Per verificare l’effettiva applicazione della normativa sopra citata, UNICAM nel corso del 2018 somministrerà agli studenti un questionario nel quale verrà chiesto se durante lo svolgimento degli esami di profitto erano presenti almeno due membri della commissione.
Questo processo di selezione, basato sul merito del candidato, è fattore di per sé di possibili fenomeni di corruzione volti ad eludere la verifica concorsuale per conseguire il vantaggio dell’ammissione al corso di studio. Tra i possibili rischi rientra per esempio l'ausilio illecito fornito ad uno o più candidati volto a facilitare o garantire il superamento della prova concorsuale. Le principali procedure di accesso a corsi a numero di chiuso sono regolamentate da Decreti Ministeriali e gestite dal punto di vista organizzativo da enti esterni (CINECA). L’Ateneo ha il compito di attenersi scrupolosamente alle direttive emanate dal Ministero e dal CINECA, che contengono indicazioni atte a limitare la possibilità che si verifichino fenomeni corruttivi. E’ lo stesso CINECA, per conto del MIUR, a predisporre il materiale e le domande delle prove. La prova si svolge di fronte ad apposita Commissione nominata dal Direttore della Scuola. Prima dell’inizio della prova il Presidente della Commissione d’esame o il responsabile d’aula sorteggia quattro studenti fra i candidati presenti in aula e verifica con loro l’integrità delle scatole sigillate contenenti i plichi destinati ai candidati che partecipano alla prova; provvede quindi all’apertura delle stesse e alla distribuzione dei plichi in relazione al numero dei partecipanti. Il Presidente della Commissione o il responsabile d’aula ha cura di redigere, quindi, una dichiarazione dalla quale risultino l’integrità delle scatole, il numero dei plichi assegnati e il numero di quelli eventualmente non utilizzati. Tale dichiarazione è sottoscritta anche dai quattro studenti sorteggiati. Il Presidente della Commissione d’esame o il responsabile d’aula redige altresì il verbale d’aula, predisposto secondo il format messo a disposizione del MIUR. Nel caso in cui uno o più candidati segnalino irregolarità in merito al plico ricevuto, il Presidente della Commissione o il responsabile d’aula ne verifica l’attendibilità e, se necessario, provvede alla sostituzione del plico. Detta operazione deve risultare dal verbale d’aula unitamente alle relative motivazioni. È fatto divieto ai candidati di interagire tra loro durante la prova e non devono introdurre o utilizzare nelle aule telefoni cellulari, palmari, smartphone, smartwatch o altra strumentazione similare nonché manuali, testi scolastici, appunti manoscritti e materiale di consultazione. A conclusione della prova, il candidato deve recarsi alla postazione dedicata e dotata di apposita penna, posta a congrua distanza dalla Commissione, ove deve scegliere una coppia di xxxxxxxxx adesive ivi presenti. Ciascuna etichetta deve essere applicata a cura esclusiva del candidato che deve accertarsi della corrispondenza dei codici alfanumerici impressi
sulle etichette della coppia scelta, sul modulo risposte e sulla scheda anagrafica. I candidati devono quindi sottoscrivere, in calce alla scheda anagrafica, la dichiarazione di veridicità dei dati anagrafici e di corrispondenza dei codici delle etichette applicate alla scheda anagrafica e al modulo risposte. A conclusione di queste operazioni, il candidato deve inserire la scheda anagrafica nel contenitore sigillato presente nella postazione dedicata e recarsi nella postazione della commissione ove inserisce il modulo risposte nel contenitore chiuso ivi predisposto. Le prove sono soggette ad annullamento nei seguenti casi:
1) svolgimento della prova in un’aula d’esame diversa da quella nei cui elenchi d’aula il candidato è iscritto, a meno che la variazione sia stata autorizzata dalla commissione d’esame e di tanto sia dato atto a verbale;
2) introduzione nonché utilizzo in aula, da parte del candidato, di telefoni cellulari, palmari, smartphone, smartwatch o di altra strumentazione similare nonché di manuali, testi scolastici, appunti manoscritti e materiale di consultazione;
3) apposizione sul modulo risposte della firma ovvero di contrassegni del candidato o di un componente della Commissione.
L’annullamento della prova è disposto dalla Commissione e il CINECA non determina il punteggio della prova annullata. Ai candidati, durante la prova, non è permesso comunicare tra loro verbalmente o per iscritto, ovvero mettersi in relazione con altri, salvo che con gli incaricati della vigilanza o con i membri della Commissione. Al termine della prova, il Presidente della Commissione o il responsabile d’aula, provvede a inserire tutti i moduli risposte in uno o più contenitori che devono essere chiusi alla presenza degli stessi candidati chiamati a verificare l’integrità delle scatole ovvero in caso di sopravvenuta impossibilità di costoro, in presenza di altri quattro candidati estratti a sorte e ad inserire tutte le schede anagrafiche in uno o più contenitori che devono essere chiusi alla presenza degli stessi candidati chiamati a verificare l’integrità delle scatole o comunque di altri quattro candidati estratti a sorte. Tutto il materiale, comunque, chiuso, sigillato e firmato, è conservato dall’Università per cinque anni dall’effettuazione della prova, sia ai fini della formulazione della graduatoria finale di merito sia per ogni eventuale futura richiesta di accesso agli atti. Sarà cura di un responsabile amministrativo consegnare nella stessa giornata dello svolgimento della prova di ammissione, presso la sede del CINECA ai rappresentanti del MIUR, il materiale richiesto dal DM n. 477/2017, Allegato 1, punto 10. Il responsabile del procedimento (o suo delegato) assiste alle operazioni di scansione e conteggio dei moduli risposte presso la sede del CINECA e provvede al loro ritiro al termine delle operazioni di determinazione del punteggio degli elaborati in modo che tutti i documenti relativi al singolo candidato siano conservati agli atti dell’Università. Presso il CINECA, l’ufficio competente del MIUR autorizza il predetto Consorzio, previa verifica del rispetto delle procedure previste, alla rilevazione informatizzata delle risposte fornite dai candidati nella prova con conseguente determinazione automatica del relativo punteggio. La correzione degli elaborati e la determinazione del punteggio sono affidate al CINECA che provvede per conto del MIUR.
Diversa è la situazione per quanto riguarda gli Esami di Stato finalizzati al conseguimento dell’abilitazione professionale. In questi casi, vi è un’ampia discrezionalità da parte della
commissione sia nell’identificare l’oggetto della prova, sia nel determinare i criteri di valutazione. Una prima misura atta a contrastare eventuali fenomeni corruttivi è prevista dalla legge, che prevede la presenza di membri interni ed esterni nella commissione di esame.
Comunque, in ogni procedura concorsuale, i Dirigenti e/o Direttori delle Scuole e/o Responsabili delle Aree/uffici dell’Ateneo dovranno effettuare un’adeguata rotazione sia dei Responsabili del Procedimento, sia del personale impiegato durante le selezioni (si pensi ai segretari degli Esami di Stato) al fine di limitare il più possibile il rischio che si verifichino eventi corruttivi.
7.2.6 CONTROLLI AUTOCERTIFICAZIONI
Sulle dichiarazioni sostitutive prescritte con il presente Piano verranno effettuati controlli a campione e controlli mirati ove si ravvisi il dubbio di una dichiarazione mendace. Oltre a quelli già deliberati e/o stipulati, sarà valutata l’opportunità di stringere ulteriori accordi e convenzioni tra amministrazioni per l’accesso alle banche dati istituzionali contenenti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000, disciplinando le modalità di accesso ai dati senza oneri (art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 82/2005) al fine di permettere controlli più efficaci e veloci.
Sebbene la normativa vigente preveda controlli a campione e controlli mirati ove si ravvisi il dubbio di una dichiarazione mendace, UNICAM effettuerà tali controlli su tutte le dichiarazioni presentate relativamente ai bandi per l’affidamento di lavori, servizi o forniture.
7.2.7 INFORMATIZZAZIONE DEI PROCESSI
L’informatizzazione dei processi si inserisce nell’ambito delle misure per l’automazione, esecuzione, controllo e ottimizzazione di processi interni all’Ateneo. E’ il mezzo principale per la transizione dalla gestione analogica del procedimento amministrativo al digitale. Ciò permetterà la tracciabilità delle fasi fondamentali del processo delle attività dell’Ateneo, riducendo il rischio di flussi informativi non controllabili con evidenza delle responsabilità per ciascuna fase (workflow management system). Sono attualmente automatizzati la gestione dell'orario di lavoro del personale, la gestione della contabilità, del sistema di misurazione e valutazione della performance, la verifica della tempestività dei pagamenti, la gestione delle carriere del personale PTA e docente. Viene fatto ricorso a convenzioni CONSIP e al MEPA per acquisto beni e servizi. Sono stati inoltre consolidati i seguenti procedimenti dematerializzati: gestione delle carriere degli studenti; verbalizzazione degli esami online; iscrizioni online a tutti i corsi di laurea e di alta formazione; concorsi di accesso per l’Esame di Stato per l’esercizio delle professioni; procedure online per l’accesso ai corsi a programmazione locale o nazionale o comunque soggetti a selezione in fase di ingresso (TFA, Dottorati di Ricerca, ecc.); procedure per l’accesso ai benefici nei confronti degli studenti; questionari di valutazione della didattica per gli studenti e per i docenti, compilati online ed integrati con il programma di verbalizzazione online; implementazione della fattura elettronica, come da normativa vigente.
L’Ateneo dovrà analizzare attentamente i propri processi in modo da valutare dove è possibile l’utilizzo di una gestione informatizzata anche attraverso applicativi già in dotazione nell'Ateneo.
Questa strategia implicherà inevitabilmente un rilevante cambiamento nei processi organizzativi e gestionali attualmente in adozione.
7.2.8 RISPETTO DEI REGOLAMENTI, PROTOCOLLI E PROCEDURE ED OBBLIGHI DI SEGNALAZIONE
L’attività di vigilanza dovrà essere svolta dai Dirigenti e/o dai Responsabili degli uffici dell’Amministrazione centrale e, ove non presenti, i titolari delle posizioni di responsabilità ai sensi dell’art. 91, comma 3, del C.C.N.L. vigente, nonché dai Direttori delle Scuole, con l’obbligo, al fine di prevenire i possibili rapporti illeciti tra privato e pubblico ufficiale, di relazionare al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza sul puntuale rispetto e sulle segnalazioni di reclamo o di anomalie, nonché sui ricorsi pervenuti, fornendone le motivazioni.
Le misure di monitoraggio e vigilanza sull'efficacia del Piano triennale di prevenzione della corruzione sono costituite da attività di controllo sulla sua attuazione e da tutti gli eventuali interventi di implementazione e di miglioramento del suo contenuto. Il RPCT, coadiuvato dal Gruppo di Supporto, procederà a verifiche degli adempimenti prescritti dalla legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. secondo le seguenti azioni complementari:
1. raccolta di informazioni
2. verifiche e controlli presso le strutture organizzative
3. funzione di audit
4. verifiche sulla pagina “amministrazione trasparente”
5. acquisizione di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.
Il Responsabile raccoglierà informazioni, anche per via telematica, da parte dei Dirigenti e/o dei Direttori delle Scuole e/o del personale della categoria EP e/o dei titolari di incarichi di responsabilità ex art. 91, comma 3, del C.C.N.L. vigente al verificarsi di ogni fenomeno di cui essi ritengano opportuno informare il Responsabile.
Il RPCT procederà, sempre con l’ausilio del Gruppo di Supporto, a verifiche e controlli presso le strutture e gli uffici dell’Ateneo in cui sia presente almeno un ambito di attività tra quelle considerate a rischio di corruzione, al fine di effettuare il controllo del rispetto delle misure contenute nel Piano nonché delle condizioni di correttezza e legittimità su campioni rappresentativi di procedimenti amministrativi e di processi (intesi come catene di procedimenti che coinvolgono più unità organizzative) in corso o conclusi. I controlli saranno concentrati soprattutto sui principali processi individuati nelle aree a rischio elencate nel presente Piano. A tal fine il RPCT potrà avvalersi della metodologia e degli input contenuti nell’Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione, individuando una serie di indicatori di efficacia e di economicità nelle diverse fasi degli approvvigionamenti. Il Responsabile potrà svolgere eventuale specifici audit in relazione all’attuazione di tutte o di alcune delle misure contenute nel Piano, attraverso riunioni con i Dirigenti e/o dei Direttori delle Scuole e/o del personale della categoria EP e/o dei titolari di incarichi di responsabilità ex art. 91, comma 3, del C.C.N.L. vigente, scambio di note, acquisizione di dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, nonché attraverso relazioni.
Saranno inoltre acquisiti reports da parte dei Dirigenti e/o del personale della categoria EP e/o dei titolari di incarichi di responsabilità ex art. 91, comma 3, del C.C.N.L. vigente, anche ai fini dell’attività di monitoraggio, verifica e valutazione svolte nell’ambito del Ciclo della performance, stante l’assegnazione a pressoché ciascuno di essi di obiettivi relativi all’applicazione delle misure previste nel presente Piano, nonché la stretta correlazione esistente con il Piano della performance. I risultati del monitoraggio saranno pubblicati nella relazione annuale del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, di cui all’art. 1, comma 14, della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. che sarà pubblicata sul sito istituzionale dell’Ateneo di norma entro il 15 gennaio di ogni anno.
7.2.10 ATTESTAZIONE DELLA PRESENZA IN SERVIZIO
Una delle tematiche riguardanti il pubblico impiego che ha suscitato più clamore nell’opinione pubblica è senz’altro quella inerente l’attestazione della presenza in servizio. Termini quale “furbetto del cartellino” sono ormai di dominio pubblico e spesso i mezzi di informazione ne danno risalto. Le continue notizie di aperture di indagini nei confronti di dipendenti pubblici, rei di aver manomesso il sistema di rilevamento della presenza, ha indotto il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e Trasparenza a prevedere nel Piano delle specifiche misure di prevenzione.
Secondo l’art. 54 quater del d.lgs. 165/2001 “costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l'amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell'orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta”.
Si tratta di una fattispecie che prevede come sanzione disciplinare il licenziamento senza preavviso e, nei casi in cui sia accertata in flagranza, ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, determina l’immediata sospensione cautelare del dipendente senza stipendio.
Al fine di prevenire nell’Ateneo fenomeni di questo tipo, nel corso del 2018 i terminali predisposti alla registrazione delle presenze dei dipendenti saranno collocati all’ingresso degli edifici in modo che siano chiaramente visibili. Inoltre il Direttore Generale trasmetterà a tutto il personale delle note circolari in materia, contenenti anche le indicazioni rivolte ai responsabili delle unità organizzative, che sono i soggetti tenuti al monitoraggio della presenza del personale alle loro dipendenze.
La trasparenza è uno degli assi portanti della politica anticorruzione impostata dalla legge n. 190/2012 e ss.mm.ii., e rappresenta essa stessa l’oggetto di una complessa disciplina normativa. Essa costituisce “livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili”, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, realizzando già di per sé una misura di prevenzione, poiché consente il controllo da parte degli utenti dello svolgimento dell’attività amministrativa. Con la normativa più recente (d.lgs. n. 97/2016), la trasparenza è intesa come “accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche. La trasparenza, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, concorre ad attuare il principio democratico ed i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione. Essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.
La trasparenza così intesa implica l’obbligo per l’Università di rendere trasparenti le proprie strutture organizzative, le modalità attraverso le quali le stesse ottemperano ai propri compiti istituzionali, il modo attraverso il quale vengono gestiti i processi e le responsabilità individuali dei soggetti. L’Ateneo adotta tutte le misure previste dalla legge n. 190/2012 e dal d.lgs. 14 marzo 2013,
n. 33 e ss.mm.ii., il c.d. decreto trasparenza, emanato con lo scopo di raccogliere, riordinare ed integrare in un unico atto normativo numerose disposizioni legislative vigenti in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni imposti alla pubblica amministrazione susseguitesi nel tempo e contenute in vari provvedimenti normativi, standardizzando le modalità attuative della pubblicazione, nel rispetto di una serie di principi e criteri direttivi. Il decreto trasparenza, inoltre, modifica ed integra l'attuale quadro normativo, prevedendo ulteriori obblighi di pubblicazione di dati ed ulteriori adempimenti, ed implementa un sistema di controlli sulla loro attuazione, allo scopo di:
a) sottoporre al controllo diffuso ogni fase del ciclo di gestione della performance per consentirne il miglioramento;
b) assicurare la conoscenza, da parte dei cittadini, dei servizi resi dalle amministrazioni, delle loro caratteristiche quantitative e qualitative nonché delle loro modalità di erogazione;
c) prevenire fenomeni corruttivi e promuovere l’integrità.
Tra gli obiettivi strategici connessi alla trasparenza, ritenuti prioritari, l’Ateneo si impegna a perseguire i seguenti:
1. Implementazione effettiva di piattaforme informatiche per avere un deposito unico e completo di tutti i dati attraverso una procedura controllata, così da garantire correttezza, coerenza e completezza dei dati pubblicati in trasparenza. L’idea è quella di effettuare un prelievo automatico dei dati precedentemente immessi, assicurando il miglioramento dei flussi informativi ai fini della pubblicazione dei dati on line in modo da evitare inserimenti molteplici dei dati.
2. Realizzazione di attività di formazione, anche in house, per tutto il personale al fine di assicurare maggiore qualità nella trasparenza dei dati e delle attività dell’Ateneo e nell’attuazione della normativa sull’accesso generalizzato.
Nell’apposita sezione della homepage istituzionale denominata Amministrazione trasparente sono pubblicati in formato di tipo aperto (ai sensi dell’art. 68 del Codice dell'amministrazione digitale, di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), i dati, le informazioni e i documenti concernenti l’organizzazione e l’attività dell’amministrazione soggetti a pubblicazione obbligatoria. Non devono essere usati filtri ed altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche. Le prescrizioni di trasparenza del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. saranno attuate secondo quanto previsto nella Tabella allegata al presente Piano quale parte integrante, secondo quanto prescritto dal Disposto del Direttore Generale n°6 del 28 agosto 2017, che definisce le responsabilità e i flussi dei dati e dell’informazione. Al fine di permettere l’uniformità e, dunque, la comparabilità con le altre amministrazioni, l’Ateneo segue le indicazioni riportate nella delibera dell’X.X.XX. n. 1310/2016 “Prime linee guida recanti indicazioni sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni contenute nel d.lgs. 33/2013 come modificato dal d.lgs. 97/2016”, che forniscono le principali indicazioni per adempiere agli obblighi di trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Pur nella consapevolezza che la pubblicazione di tutti i dati, le informazioni ed i documenti richiesti implica per l’Ateneo un notevole impegno a livello organizzativo, è espressamente richiesto il contributo di tutti gli uffici, sia centrali sia periferici dell’Ateneo, individuati per ciascuna tipologia di dati da pubblicare e ciascuno per i dati riferibili alle proprie competenze. Pertanto il responsabile di ciascun Area/uffcio/Scuola di Ateneo è tenuto ad adottare tutte le soluzioni e le misure operative ed organizzative utili a garantire tempestivamente l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione vigenti relativi alle attività svolte dall’Ateneo, come sintetizzati nella Tabella contenuta nel presente Piano.
Nell’ambito della sezione Amministrazione trasparente del sito d’Ateneo, in principio si è optato per una pubblicazione prevalentemente centralizzata contenente anche le informazioni che riguardano le articolazioni dotate di autonomia o periferiche. Ai fini della pubblicazione nella sezione Amministrazione trasparente del sito web istituzionale, quindi, gli uffici dovevano inviare i dati, i documenti e le informazioni da pubblicare ed i relativi aggiornamenti al Centro Informatico di Ateneo. Ciò era dovuto anche all’allora impostazione del sito istituzionale di Ateneo. Nel corso del 2017 si è conclusa la fase di implementazione del nuovo sito, sviluppato in DRUPAL. Anche la sezione “Amministrazione trasparente” è stata modificata in tal senso, consentendo quindi una
pubblicazione diretta da parte dei responsabili dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria. Il processo avviato non è stato ancora completato, ma è necessario e prioritario per l’Ateneo. Sono stati effettuati degli incontri mirati con i referenti di ogni area/ufficio e il Gruppo Tecnico di Supporto, in modo da concordare la modalità di pubblicazione più rapida e definire le varie responsabilità e le disposizioni di legge.
Come prescritto dall’art. 6. Del decreto trasparenza, l’Ateneo ha l’obbligo di garantire la qualità delle informazioni riportate nel sito web nel rispetto degli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge, assicurandone l’integrità, il costante aggiornamento, la completezza, la tempestività, la semplicità di consultazione, la comprensibilità, l’omogeneità, la facile accessibilità, nonché la conformità ai documenti originali in possesso dell’Ateneo, l’indicazione della loro provenienza e la riutilizzabilità, secondo quanto previsto dall’articolo 7 del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii.
8.2 INIZIATIVE DI COMUNICAZIONE DELLA TRASPARENZA
Le attività di promozione e di diffusione dei contenuti del Piano triennale per la prevenzione della corruzione devono essere volte a favorire l’effettiva conoscenza ed utilizzazione dei dati pubblicati e la partecipazione degli stakeholders interni ed esterni alle iniziative per la trasparenza e l’integrità realizzate. La strategia dell’Ateneo punta sui seguenti principali aspetti:
- momenti di incontro con i responsabili degli uffici durante i quali illustrare lo stato dell’arte relativo alla pubblicazione dei dati, affrontare eventuali criticità ed individuare le modalità di risoluzione, a supporto del processo di pubblicazione dei dati nella sezione Amministrazione trasparente del portale ed al fine di garantire efficacia, efficienza e qualità delle informazioni pubblicate;
- realizzazione della Giornata della trasparenza sulle tematiche della trasparenza e della lotta alla corruzione, nel corso della quale potranno essere illustrati i dati economico-finanziari dell’Ateneo, i risultati dei rapporti e delle indagini di customer satisfaction, i dati raccolti di efficacia/efficienza delle attività svolte;
- iniziative ulteriori di formazione ed informazione destinate al personale dell’Ateneo inerenti il tema della trasparenza, finalizzate a favorire ed a promuovere la cultura della trasparenza, l’integrità e la legalità nell’ambito della comunità accademica.
Le Giornate della trasparenza, espressamente previste dal decreto trasparenza, sono strumenti di coinvolgimento degli stakeholder per la promozione e la valorizzazione delle trasparenza nelle pubbliche amministrazioni. Si tratta di incontri che rappresentano un momento di confronto e di ascolto per conseguire sia la partecipazione dei cittadini per individuare le informazioni di concreto interesse per la collettività degli utenti sia il coinvolgimento dei cittadini nell’attività dell’amministrazione al fine di migliorare la qualità dei servizi ed il controllo sociale. UNICAM ha già organizzato una Giornata della Trasparenza a gennaio 2016 e, dopo una pausa dovuta agli eventi sismici, saranno realizzate con cadenza annuale. Oltre ad illustrare le attività svolte, gli obiettivi perseguiti e le iniziative programmate dall’Ateneo, saranno anche l’occasione per presentare il Piano di prevenzione della corruzione, considerando lo stretto collegamento tra prevenzione della corruzione, trasparenza e performance.
La corretta esecuzione del Piano prevede il coinvolgimento di tutte le aree e gli uffici dell’Ateneo, ciascuno per le parti di rispettiva competenza con riferimento alla natura delle relative informazioni, con il coordinamento del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di Ateneo. Con Disposto del Direttore Generale n° 6 del 28 agosto 2017, sono state definite le responsabilità e i flussi di dati e informazioni relativi agli obblighi di pubblicazione. La tabella allegata al disposto è stata predisposta secondo le indicazioni dell’allegato A al decreto legislativo n. 33/2013 e ss.mm.ii. ed aggiornata in base alla delibera dell’X.X.XX. n. 1310/2016, completa delle informazioni relative a denominazione delle sotto-sezioni di I e II livello della sezione Amministrazione trasparente, riferimenti normativi, denominazione del singolo obbligo, contenuti dell’obbligo, tempistiche dell’aggiornamento. In corrispondenza dei contenuti di ciascun obbligo, secondo il criterio della competenza, sono individuati gli uffici responsabili della trasmissione dei dati, intesi quali uffici tenuti alla individuazione e/o alla elaborazione e/o aggiornamento dei dati che costituiscono il contenuto dell’obbligo nei termini fissati dalla normativa. A seguito di ciò, sempre secondo quanto contenuto nel disposto del Direttore Generale, il Gruppo di Supporto al RPCT ha inviato la tabella ai vari uffici chiedendo agli stessi di indicare, per ogni obbligo di loro competenza, il nominativo del responsabile dell’individuazione e/o elaborazione del dato e quello del responsabile della relativa pubblicazione.
In considerazione dell’organizzazione dell’Ateneo, il raccordo tra Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, gli uffici dell’Amministrazione centrale e tutte le strutture decentrate competenti per la individuazione, elaborazione, trasmissione e/o pubblicazione dei dati, nonché il coordinamento delle attività in materia di trasparenza saranno assicurati attraverso incontri, note, e-mail e circolari esplicative e per il tramite delle attività svolte direttamente dal RPCT e dal Gruppo di Supporto. Il RPCT ha un ruolo di regia, di coordinamento e di monitoraggio sull’effettiva pubblicazione, ma non sostituisce gli uffici e i responsabili, come individuati nella Tabella allegata, nell’elaborazione, nella trasmissione e nella pubblicazione dei dati.
Ai fini della pubblicazione dei dati, il d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. prevede esplicitamente che sia garantito il tempestivo e regolare flusso delle informazioni da pubblicare per il rispetto dei termini stabiliti dalla legge (art. 43, comma 3). Secondo quanto precisato anche dall’ANAC per trasmissione si intende, nel caso in cui i dati siano archiviati in una banca dati, sia l’immissione dei dati nell’archivio sia la confluenza degli stessi dall’archivio al soggetto responsabile della pubblicazione sul sito. Nei casi in cui l’aggiornamento debba essere tempestivo, è cura del responsabile della struttura detentrice del dato provvedere con sollecitudine ed avvisare tempestivamente il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza se dovessero insorgere problemi per la pubblicazione.
L’Ateneo ha adottato le misure necessarie affinché, in base al livello di elaborazione del dato, la pubblicazione ed il relativo aggiornamento siano effettuati direttamente ed autonomamente dall’ufficio detentore del dato o dell’informazione, dopo le necessarie elaborazioni.
Contestualmente all’individuazione dei soggetti responsabili della trasmissione, si stanno implementando le policies di accesso alle varie sottosezioni di Amministrazione trasparente, al fine di rendere le strutture dell’Ateneo autonome nella gestione della pubblicazione dei dati. La pubblicazione presuppone l’elaborazione dei dati e delle informazioni a cura dello stesso ufficio detentore, che ne assicura la veridicità e l’attendibilità, nonché la rispondenza ai canoni di completezza, aggiornamento e tipologia di formato aperto (ad es.: .rtf, per i documenti di testo; .csv per i fogli di calcolo; .pdf per gli atti ed i documenti) nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni che regolano la materia richiamate nel Documento tecnico sui criteri di qualità della pubblicazione dei dati di cui all’allegato 2 della delibera della CiVIT n. 50/2013. L'esigenza di assicurare adeguata qualità delle informazioni diffuse non può, in ogni caso, costituire motivo per l'omessa o ritardata pubblicazione dei dati, delle informazioni e dei documenti.
I dati, le informazioni e i documenti soggetti all’obbligo di pubblicazione dovranno essere pubblicati tempestivamente ed aggiornati periodicamente secondo la tempistica indicata nella Tabella allegata e nei casi in cui si ravvisi la necessità di apportare modifiche significative dei dati o si debba provvedere alla pubblicazione di documenti urgenti. Ai fini dell’aggiornamento è necessario che per ciascun dato, o categoria di dati, sia indicata la data di pubblicazione e, conseguentemente, di aggiornamento, nonché l’arco temporale cui lo stesso dato, o categoria di dati, si riferisce. Si precisa che con il termine “aggiornamento” non si intende esclusivamente la modifica del dato, ma anche un controllo dell’attualità delle informazioni pubblicate. Tutte le strutture e gli uffici coinvolti dovranno pertanto controllare l’attualità delle informazioni pubblicate e modificarle, ove sia necessario, anche nei casi in cui l’interessato ne richieda l’aggiornamento, la rettifica e l’integrazione ai sensi dell’art. 7, comma 0, xxxx. x), xxx x.xxx. x. 000/0000 (xx esempio, nel caso dei curricula vitae degli organi di indirizzo politico, dei titolari di incarichi amministrativi di vertice e dei titolari di posizioni organizzative). Per dar conto dell’avvenuta verifica dell’attualità delle informazioni pubblicate, si valuterà la possibilità che in ogni pagina della sezione Amministrazione trasparente sia indicata la relativa data di aggiornamento.
Il d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. ha individuato quattro diverse frequenze di aggiornamento:
a) Cadenza annuale, per i dati che, per loro natura, non subiscono modifiche frequenti o la cui durata è tipicamente annuale;
b) Cadenza semestrale, per i dati che sono suscettibili di modifiche frequenti, ma per i quali la norma non richiede espressamente modalità di aggiornamento eccessivamente onerose;
c) Cadenza trimestrale, per i dati soggetti a frequenti cambiamenti
d) Aggiornamento tempestivo, per i dati che è indispensabile siano pubblicati nell’immediatezza della loro adozione.
L’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. prevede, in linea generale, che “i documenti contenenti atti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblicati tempestivamente sul sito istituzionale dell’amministrazione”; quindi, laddove la norma non menzioni in maniera esplicita l’aggiornamento, si deve intendere che l’amministrazione è tenuta alla pubblicazione e, di conseguenza, ad un aggiornamento tempestivo.
In riferimento agli atti di conferimento di incarichi di collaborazione o di consulenza a soggetti esterni a qualsiasi titolo per i quali è previsto un compenso, l’art. 15 del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. dispone che “la pubblicazione degli estremi degli atti (…), completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato, nonché la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica dei relativi dati ai sensi dell'articolo 53, comma 14, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, sono condizioni per l'acquisizione dell'efficacia dell'atto e per la liquidazione dei relativi compensi”. In considerazione delle criticità relative a quanto esposto, gli uffici e le aree responsabili come da tabella allegata devono procedere con tempestività alla pubblicazione dei dati, documenti ed informazioni sopra indicati, in ragione degli effetti ad essa collegati: acquisizione di efficacia e presupposto di legittimità della liquidazione dei compensi.
Per quanto attiene alla durata dell’obbligo di pubblicazione, l’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. dispone che i dati, le informazioni ed i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente siano pubblicati per un periodo di cinque anni, decorrenti dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello da cui decorre l’obbligo di pubblicazione, e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali e dagli articoli 14, comma 2, e 15, comma 4, del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. in relazione ai dati concernenti i componenti degli organi di indirizzo politico ed i titolari di incarichi dirigenziali e di collaborazione o consulenza, da pubblicare entro tre mesi dalla elezione, dalla nomina o dal conferimento e per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell’incarico. Alla scadenza del termine di durata dell’obbligo di pubblicazione, i documenti, le informazioni e i dati sono accessibili ai sensi dell'articolo 5 del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. (accesso civico generalizzato)
L'Ateneo ha di recente attivato l’indirizzo di posta elettronica xxxxxxxxxxx.xxxxxxxxxx@xxxxxx.xx che viene utilizzato dal Gruppo di Supporto per le comunicazioni istituzionali. Tale indirizzo di posta elettronica potrà essere utilizzato anche per la gestione dei reclami e segnalazioni su ritardi o inadempienze in merito alla “trasparenza”, anche alla rilevazione dell’interesse dei cittadini sui dati pubblicati. Inoltre l’Ateneo dovrà valutare l’opportunità di monitorare, nel rispetto e nei limiti della privacy, gli accessi alla sezione Amministrazione trasparente, in modo da riscontrare quali siano i dati più consultati e di maggiore interesse per privilegiarne le azioni di miglioramento. I dati di accesso alla sezione Amministrazione trasparente potranno essere analizzati, rappresentati in report dettagliati e raggruppati per obiettivi da raggiungere. Il monitoraggio potrà essere effettuato anche in tempo reale.
8.4 MISURE PER ASSICURARE L’EFFICACIA DELL’ISTITUTO DELL’ACCESSO CIVICO
Rimane ferma la disciplina relativa all’accesso civico cd. semplice (art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii.), che si sostanzia nel diritto di chiunque, senza dover dimostrare l'interesse differenziato a sostegno di tale esigenza e senza alcuna limitazione rispetto alla legittimazione soggettiva, di accedere alle informazioni direttamente ed immediatamente, senza autenticazione ed
identificazione (art. 2, comma 2), e di riutilizzare i documenti, le informazioni ed i dati per i quali sussiste l’obbligo di pubblicazione, senza ulteriori restrizioni diverse dall'obbligo di citarne la fonte e di rispettarne l’integrità. Tale diritto si esercita nel chiedere ed ottenere che l’Ateneo pubblichi le informazioni, gli atti e i documenti detenuti ma che, per qualsiasi motivo, non abbia provveduto a rendere pubblici sul proprio sito istituzionale: un diritto di accesso, quindi, svincolato dai requisiti di legittimazione dell'accesso previsto dalla legge n. 241/1990, azionabile senza formalità, senza dover dimostrare l'utilità dell'atto che si intende conoscere rispetto alle esigenze difensive del richiedente. Pubblici ai fini in esame, e dunque soggetti a libero accesso da parte di ciascuno, sono solo i dati e documenti per i quali si prescrive la pubblicazione obbligatoria.
Importanti novità sono state introdotte in materia di accesso civico da parte del d.lgs. n. 97/2016, come anche declinate nella delibera X.X.XX. n. 1309/2016 “Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 comma 2 del d.lgs. 33/2013 recante «riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”. L’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013, modificato dal d.lgs. n. 97/2016, consente a chiunque il “diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dall’art. 5-bis”. La ratio della riforma, ispirata ai princìpi del F.O.I.A. (Freedom of Information Act), di derivazione statunitense, risiede nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. I nuovi articoli 5 e 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. dettano la nuova disciplina dell’accesso civico, introducendo il nuovo accesso civico. Le Linee Guida dell’X.X.XX. in materia di nuovo accesso civico, di cui alla deliberazione n. 1309/2016, rinominano lo stesso come “accesso generalizzato” e forniscono indicazioni puntuali per la corretta attuazione di tale nuovo diritto. È opportuno evidenziare che l'accesso civico non sostituisce il diritto di accesso di cui all'art.
22 della legge n. 241/1990, che è uno strumento finalizzato a proteggere interessi giuridici particolari da parte di soggetti che sono portatori di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (art. 22, comma 1, lett. b), della legge n. 241/1990) e si esercita con la visione o l'estrazione di copia di documenti amministrativi.
La nuova disciplina dell’accesso civico generalizzato presuppone, comunque, il rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati di cui all’art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii, ed adeguamenti organizzativi in merito alle quali le Linee Guida di cui alla deliberazione n. 1309/2016 forniscono alcune indicazioni interpretative, specificando in cosa consistono le eccezioni assolute ed i limiti derivanti dalla tutela di interessi pubblici e privati. Come suggerito nelle Linee guida è stato adottato un regolamento sull’accesso che rechi una disciplina organica e coordinata delle tre tipologie di accesso (documentale di cui alla L. 241/1990, civico “semplice” e generalizzato) e che
individui gli uffici competenti a decidere sulle richieste di accesso generalizzato e la procedura per la valutazione caso per caso delle richieste di accesso.
8.5 TRASPARENZA: LIMITI E PRIVACY
L’Ateneo si impegna a pubblicare i dati rispettando le disposizioni nazionali ed europee in materia di segreto di stato, di segreto d’ufficio, di segreto statistico e di protezione dei dati personali, come previsto dall’art. 1, comma 15, della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. ed evidenziato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. L’attuazione della trasparenza sarà in ogni caso contemperata con l’interesse costituzionalmente protetto della tutela della riservatezza e rispetterà le disposizioni in materia di protezione dei dati personali (art. 11 del d.lgs. n. 196/2003, art. 4, commi 3-6, ed art. 26, comma 4, del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii.). I dati personali pubblicati nella sezione Amministrazione trasparente sono riutilizzabili solo alle condizioni previste dalla normativa vigente sul riuso dei dati pubblici (direttiva comunitaria 2003/98/CE e d.lgs. n. 36/2006 di recepimento della stessa), in termini compatibili con gli scopi per i quali sono stati raccolti e registrati e nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali.
In sede di predisposizione della documentazione da pubblicare occorre attenersi accuratamente alle indicazioni contenute nella deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali n. 243 del 15/5/2014 in materia di trattamento dei dati personali contenuti anche in atti e documenti amministrativi, per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati, le quali pongono una serie di limiti al riutilizzo dei dati, richiamando le diposizioni comunitarie che introducono specifiche eccezioni al riutilizzo, fondate sui principi di protezione dei dati, prevedendo che una serie di documenti del settore pubblico contenenti tale tipologia di informazioni siano sottratti al riuso anche qualora siano liberamente accessibili online. Prima di mettere a disposizione sul sito web istituzionale informazioni, atti e documenti amministrativi contenenti dati personali occorre accertarsi che ci sia un obbligo specifico di legge o regolamento, così come ricordato più volte dal Garante per la protezione dei dati personali. E’ necessario selezionare i dati personali, verificando, caso per caso, se ricorrono i presupposti per l'oscuramento di determinate informazioni. Considerando che la norma fa espressamente riferimento al “rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali” occorre avere riguardo ai principi fondamentali in materia dettati dall'art. 11 e seguenti del Codice della privacy: pertinenza, non eccedenza, proporzionalità ed indispensabilità con riferimento alla finalità della pubblicazione. Potrà essere consentita la diffusione dei dati personali solo nel caso in cui sia realmente necessaria e proporzionata alla finalità di trasparenza perseguita nel caso concreto.
Per quanto riguarda i curriculum vitae e le dichiarazioni, si dovranno rendere inintelligibili, prima della pubblicazione, i dati personali eccedenti, non pertinenti o non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza della pubblicazione (ad esempio, stato civile, codice fiscale, sottoscrizione, indirizzi e numeri di telefono personali, hobbies, ecc.). Laddove il curriculum sia necessario, si rende pertanto opportuno pubblicare e far compilare un facsimile idoneo alla pubblicazione sul web rispettoso della disciplina sulla riservatezza. Analoga attenzione si dovrà prestare con riferimento alla pubblicazione di:
- dichiarazioni dei redditi
- entità di corrispettivi e compensi
- provvedimenti finali dei procedimenti relativi a concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera
- atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici e dell'elenco dei soggetti beneficiari.
Non è consentita la pubblicazione dei dati identificativi delle persone fisiche destinatarie dei provvedimenti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici, qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico sociale degli interessati. Sempre nel caso di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici, l’adempimento relativo alla pubblicazione del link al progetto è assolto con la pubblicazione delle sole parti dello stesso che si ritengono essenziali per la concessione del contributo e che non sono coperti da segreto industriale o diritto di autore. Si predisporranno opportune istruzioni già nel bando o avviso facendo predisporre ai partecipanti schede progetto ai soli fini della pubblicazione prevista dal decreto trasparenza.
È comunque sempre vietata la diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale. Non sono ostensibili, se non nei casi previsti dalla legge, le notizie concernenti la natura delle infermità e degli impedimenti personali o familiari che causino l’astensione dal lavoro, nonché le componenti della valutazione o le notizie concernenti il rapporto di lavoro tra il dipendente e l’amministrazione, idonee a rivelare dati sensibili. Nella deliberazione n. 243 del 15/5/2014, il Garante per la protezione dei dati personali ritiene che “laddove atti, documenti e informazioni, oggetto di pubblicazione obbligatoria per finalità di trasparenza, contengano dati personali, questi ultimi devono essere oscurati, anche prima del termine di cinque anni, quando sono stati raggiunti gli scopi per i quali essi sono stati resi pubblici e gli atti stessi hanno prodotto i loro effetti.” Prima di procedere alla pubblicazione e diffusione di un dato occorrerà, quindi, effettuare preliminarmente una attenta valutazione in ordine alla finalità per la quale il dato medesimo verrà pubblicato, verificando nel contempo che la sua diffusione non comporti la compromissione dei diritti dell'interessato, in quanto non proporzionata alle finalità stesse, eventualmente consultando gli orientamenti del Garante per la protezione dei dati personali per ogni caso di dubbio.
Come precisato nella delibera CiVIT n. 2/2012, la più recente accezione della trasparenza quale “accessibilità totale” implica che le amministrazioni si impegnino, nell’esercizio della propria discrezionalità ed in relazione all’attività istituzionale espletata, a pubblicare sui propri siti istituzionali dati “ulteriori” oltre a quelli espressamente indicati e richiesti da specifiche norme di legge. La pubblicazione dei “dati ulteriori” è prevista anche dalla legge n. 190/2012 e ss.mm.ii. come contenuto dei Piani triennali di prevenzione della corruzione (art. 1, comma 9, lett. f)). Il d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii., all’art. 1, comma 1, nell’esplicitare il principio generale di trasparenza
e nel fare riferimento ai “dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”, sotto intende una logica di piena apertura dell’amministrazione verso l’esterno, non indirizzata solamente verso forme di mero adempimento delle norme puntuali sugli obblighi di pubblicazione.
I dati ulteriori sono quelli che l’Ateneo, in ragione delle proprie caratteristiche strutturali e funzionali, individuerà a partire dalle richieste di conoscenza dei portatori di interesse, anche in coerenza con le finalità del d.lgs. n. 150/2009 e della legge n. 190/2012 e ss.mm.ii., per individuare tipologie di informazioni che, a prescindere da interessi prettamente individuali, rispondono a richieste frequenti e che, pertanto, possa essere opportuno rendere pubbliche nella logica dell’accessibilità totale. Si deve trattare di dati utili per i portatori di interesse e possono anche consistere in un’elaborazione di “secondo livello” di dati ed informazioni obbligatori, resi più comprensibili per gli interlocutori che non hanno specifiche competenze tecniche.
L’Ateneo, secondo quanto sopra illustrato, pubblica nell’apposita sezione del sito Amministrazione trasparente i seguenti dati ulteriori:
- i Decreti Rettorali e le Disposizioni del Direttore Generale;
- i verbali approvati delle sedute del Consiglio di Amministrazione e del Senato Accademico, nonché le relative deliberazioni;
- Le disposizioni e le note circolari del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e Trasparenza;
- i documenti relativi alla formazione prevista dal presente Piano inerente la tematica di prevenzione della corruzione.
Fermo restando quanto già previsto dal capitolo 8.5 del presente Piano, trattandosi di dati ulteriori per i quali non esiste un obbligo di pubblicazione specifico disposto dalla normativa, è necessario procedere preventivamente all’anonimizzazione dei dati personali eventualmente presenti. Le pubbliche amministrazioni, infatti, non sono libere di diffondere dati personali ulteriori, non individuati dal d.lgs. n. 33/2013 o da altra specifica norma di legge o di regolamento.
9. COLLEGAMENTO CON IL PIANO DELLA PERFORMANCE
Il d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. fornisce indicazioni precise in merito ai collegamenti con il Piano della performance, prevedendo all’art. 10 che “La promozione di maggiori livelli di trasparenza costituisce un obiettivo strategico di ogni amministrazione, che deve tradursi nella definizione di obiettivi organizzativi e individuali”. Si sottolinea anche quanto la CiVIT (ora X.X.XX.) aveva previsto nella delibera n. 6/2013, paragrafo 3.1, lettera b), in merito alla necessità di un coordinamento e di una integrazione fra gli ambiti relativi alla performance ed alla trasparenza, affinché le misure adottate nei Piani di prevenzione della corruzione diventino obiettivi da inserire nel Piano della performance, il documento di programmazione triennale in cui, ai sensi dell’art.10, comma a), del d.lgs. n. 150/2009, sono esplicitati, in coerenza con le risorse finanziarie assegnate, gli obiettivi, gli indicatori ed i target su cui si baserà la misurazione, la valutazione e la rendicontazione della performance attesa. L’art. 44 del d.lgs. n. 33/2013 e ss.mm.ii. sottolinea infatti l’importanza della coerenza tra gli obiettivi del PTPC e quelli del Piano della performance e precisa che i dati e le informazioni concernenti l’attuazione degli obblighi di trasparenza devono essere utilizzati per la misurazione e valutazione della performance organizzativa ed individuale dei dirigenti e degli uffici responsabili della elaborazione e trasmissione di tali dati ed informazioni.
In un’ottica di integrazione e di semplificazione, l’ANVUR, nelle “Linee guida per la gestione integrata del Ciclo della perfomance delle Università statali”, adottate con delibera n. 103 del 20 luglio 2015, ha rilevato la necessità per le Università di uno strumento operativo denominato Piano integrato che sviluppi in chiave sistemica la pianificazione delle attività amministrative in ordine alla perfomance, alla trasparenza e all’anticorruzione tenendo conto della programmazione economico- finanziaria e della strategia inerente le attività istituzionali. L’Università degli Studi di Camerino promuove e realizza da tempo un ciclo della performance comprendente gli ambiti relativi alla performance, alla qualità della didattica e dei servizi agli studenti ed alle misure in tema di contrasto alla corruzione, trasparenza ed integrità. Per quel che concerne il coordinamento e l’integrazione fra gli ambiti relativi alla performance e alla prevenzione della corruzione particolare attenzione viene posta dall’Ateneo alla coerenza tra PTPC e Piano della performance sotto due profili:
a) le politiche sulla performance contribuiscono alla costruzione di un clima organizzativo che favorisce la prevenzione della corruzione;
b) le misure di prevenzione della corruzione e di trasparenza sono tradotte, sempre, in obiettivi individuali assegnati al Dirigente ed ai titolari di incarichi di responsabilità. Ciò agevola la piena coerenza tra misure anticorruzione e perseguimento della funzionalità amministrativa.
All’interno del ciclo di gestione della performance, la trasparenza costituisce una parte rilevante del Piano della performance e degli obiettivi dell’Amministrazione, consentendone la piena conoscibilità da parte di tutti i cittadini, anche in riferimento al loro stato di attuazione ed ai risultati conseguiti. Nel Piano della performance 2018-2020, la trasparenza è area strategica trasversale a tutte le altre aree individuate dall’Ateneo: ricerca, formazione, trasferimento tecnologico e valorizzazione delle risorse.