Luigi Caso (a cura di) Gianluca Fatato
Xxxxx Xxxx (a cura di) Xxxxxxxx Xxxxxx
Guida al lavoro domestico
L’assunzione, gli adempimenti
del datore di lavoro, il rapporto di lavoro, i contributi
INDICE GENERALE
Presentazione 9
CAPITOLO 1 QUADRO NORMATIVO,
DEFINIZIONI, CATEGORIE 13
1.1 Il quadro normativo: dal codice civile
alla contrattazione collettiva 13
1.2 Ambito e definizioni 16
a) Definizioni e ambito generale 16
b) Definizioni e ambito ai fini previdenziali 19
c) Casistica 23
1.3 Inquadramento dei lavoratori 24
1.4 Le relazioni sindacali 29
CAPITOLO 2 L’INSTAURAZIONE DEL RAPPORTO 31
2.1 Gli adempimenti precedenti all’assunzione 31
a) Assunzione di lavoratori extracomunitari 31
b) Assunzione di lavoratori italiani
o comunitari 37
c) Comunicazioni obbligatorie 37
d) Documenti per l’assunzione 39
e) Sanzioni per lavoro irregolare 40
2.2 La regolarizzazione colf-badanti 2009 41
2.3 Il contratto di lavoro (lettera di assunzione)
e il periodo di prova 51
2.4 Il lavoro domestico a tempo determinato 53
2.5 Il lavoro domestico ripartito 57
2.6 Il lavoro accessorio 58
CAPITOLO 3 IL RAPPORTO DI LAVORO 65
3.1 L’orario di lavoro 65
3.2 Lavoro notturno 67
3.3 Lavoro straordinario 68
3.4 Vicende del rapporto 69
a) Riposi 69
b) Festività nazionali e infrasettimanali 70
c) Ferie. 71
d) Permessi 73
e) Assenze e sospensione del rapporto 75
f) Trasferimenti e trasferte 76
3.5 Maternità, lavoro minorile,
malattia, infortuni 77
3.6 Retribuzione 83
3.7 Risoluzione del rapporto 86
3.8 Il trattamento di fine rapporto (T.F.R.) 89
3.9 Controversie di lavoro 92
3.10 Aspetti fiscali 93
CAPITOLO 4 PREVIDENZA E CONTRIBUTI 97
4.1 I contributi previdenziali 97
a) Premessa 97
b) Misura dei contributi 98
c) Versamento dei contributi 101
d) Sanzioni 102
4.2 Le prestazioni previdenziali 103
a) Premessa 103
b) Indennità di maternità 105
c) Assegni familiari 106
d) Infortunio e malattia professionale 107
TABELLE 109
TABELLE MINIMI RETRIBUTIVI 111
TABELLE CONTRIBUTI 114
TABELLE RIVALUTAZIONE TFR 117
ESEMPIO DI CALCOLO DEL T.F.R. 124
SCHEMI CONTRATTUALI
PER LA GESTIONE DEL RAPPORTO 125
1. Lettera di assunzione 127
a) Lavoratori non conviventi
a tempo indeterminato 127
b) Lavoratori non conviventi
a tempo determinato 130
c) Lavoratori conviventi
a tempo indeterminato 133
d) Lavoratori conviventi a tempo determinato 136
e) Lavoro ripartito 139
f) Proroga di un contratto
di lavoro domestico a tempo determinato 142
g) Comunicazione di ospitalità 143
2. Lettera di risoluzione del rapporto 144
a) Licenziamento con preavviso 144
b) Licenziamento in tronco
(senza preavviso) 145
c) Risoluzione consensuale 146
d) Dimissioni con preavviso 147
e) Dimissioni senza preavviso
(per giusta causa) 148
3. Retribuzione 149
a) Prospetto paga mensile 149
b) Certificazione
delle somme erogate nell’anno 150
APPENDICE NORMATIVA 151
Contratto collettivo nazionale di lavoro Sulla disciplina del rapporto
di lavoro domestico 16 febbraio 2007 153
Legge 2 aprile 1958, n. 339
Per la tutela del rapporto di lavoro domestico 176
D.P.R. 31 dicembre 1971 n. 1403
Disciplina dell'obbligo delle assicurazioni sociali
nei confronti dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, nonché dei lavoratori addetti a servizi
di riassetto e di pulizia dei locali 182
X.X. 00 marzo 1942, n. 262 - Codice civile
Articoli estratti 191
Legge 27 dicembre 1953, n. 940
Corresponsione della 13ª mensilità al personale
addetto ai servizi domestici 194
Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198
Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6
della L. 28 novembre 2005, n. 246 195
Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151
Testo unico delle disposizioni legislative in materia
di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 196
MODULISTICA 199
Modello COLD ASS (INPS) 201
MODELLO COLD VAR (INPS) 206
Modello Q (Contratto di Soggiorno) 209
Modello LDEM09 ETXRA UE (INPS) 215
Modello denuncia infortunio (INAIL) 220
Modello comunicazione
preventiva prestazioni lavoro accessorio (INAIL) 230
Modello variazione dati comunicazione
preventiva prestazioni lavoro accessorio (INAIL) 231
PRESENTAZIONE
Presentazione
Il lavoro domestico costituisce una realtà molto radicata nel tessuto eco- nomico-sociale, proprio in considerazione della natura delle prestazioni dedotte nel contratto e dei soggetti coinvolti. Il rapporto, infatti, non si svolge all’interno di un’impresa organizzata e strutturata, ma nell’ambito di un nucleo ristretto ed omogeneo, di natura per lo più familiare o con le caratteristiche proprie di una convivenza limitata, e risponde alle esigenze tipiche e comuni di ogni famiglia. Ne consegue l’ampio e diffuso ricorso a tale tipologia contrattuale in vari settori della popolazione e il sempre con- tinuo e crescente interesse per i diversi aspetti che lo caratterizzano.
Si tratta di un rapporto che, a differenza del momento storico in cui è sta- ta dettata la relativa disciplina nel codice civile (artt. 2240 – 2246), vede oggi quali principali prestatori, in conseguenza della internazionalizzazio- ne dei mercati e degli ampi fenomeni migratori prodotti dagli eventi geo- politici degli ultimi vent’anni, soggetti prevalentemente stranieri, spesso titolari di elevati livelli di istruzione. Dal lato dei fruitori del servizio, inve- ce, alla tradizionale famiglia di ceto alto borghese si sono andate sostituen- do forme familiari diversificate e appartenenti più spesso alla classe media che sempre più frequentemente si avvalgono, per le esigenze del proprio nucleo familiare ed anche in considerazione della maggiore partecipazione della donna al mondo del lavoro, di collaboratori domestici.
Tali attuali assetti, quindi, vanno ad incidere profondamente non solo sull’incontro tra la domanda e l’offerta di servizi familiari, ma anche sulla permanenza dei rapporti già instaurati e sull’uscita dei lavoratori dal mer- cato, nonché sulla necessità di una compiuta ed attuale disciplina legale.
Le medesime condizioni, inoltre, in uno con l’invecchiamento della popolazione e il conseguente ricorso alle prestazioni di assistenza rese dal- le c.d. badanti, influenzano fortemente anche le modalità di esecuzione della prestazione. Sono sempre più diffusi, infatti, servizi domestici svolti in forma di convivenza con tutte le conseguenze che ne discendono in ter-
GUIDA AL LAVORO DOMESTICO
mini di disciplina del rapporto (vitto, alloggio ecc.).
La disciplina legale del lavoro domestico, così come viene ad atteggiarsi allo stato attuale in presenza delle circostanze e condizioni di mercato sopra accennate, presenta tuttavia una scarna e spesso superata regola- mentazione (codice civile, articoli 2240-2246, e legge 2 aprile 1958, n. 339 sulla tutela del rapporto di lavoro domestico). A tale insufficienza, tutta- via, risponde l’opera della contrattazione collettiva che, con lo scopo pro- prio di integrare la lacunosa normativa legale, regola ampiamente i diversi e sempre più variegati aspetti del rapporto in questione.
Il mercato dei servizi domestici, inoltre, è caratterizzato da una elevata incidenza di lavoro irregolare; la diffusione di rapporti instaurati in via di mero fatto, senza il riconoscimento delle tutele minime, e sottratti a qualsi- voglia regola legale, ha determinato il legislatore alla adozione di interven- ti normativi finalizzati, seppur con diverse modalità, all’emersione del c.d. “lavoro nero”. Accanto, quindi, alla disciplina tesa alla regolarizzazione delle colf e badanti, la più recente delle quali è relativa all’anno 2009 (decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, articolo 1-ter), va annoverata la discipli- na del lavoro accessorio (e il correlato sistema di pagamento della presta- zione tramite “buoni” dal valore economico predefinito) destinata a trovare applicazione, tra l’altro, per le prestazioni occasionali nell’ambito dei servizi domestici, molto diffuse nella realtà economica (articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276).
Dell’una e dell’altra disciplina è fornita, nel testo, ampia e dettagliata descrizione, con una particolare attenzione agli aspetti procedurali e ope- rativi (seguendo le indicazioni pratiche esposte nei provvedimenti ammi- nistrativi di attuazione).
Una specifica analisi, inoltre, è stata dedicata ad alcuni degli strumenti contrattuali - che consentono, con maggiore flessibilità, il ricorso al merca- to del lavoro - introdotti o modificati nella evoluzione normativa dell’ulti- mo decennio e che possono trovare applicazione anche ai rapporti di lavoro domestico. Il riferimento è, in particolare, al contratto a tempo determinato, che risponde ad esigenze temporanee di servizi domestici purché giustificate da ragioni oggettive, e al lavoro ripartito (c.d. job sha- ring), che invece attribuisce la possibilità di assumere contemporaneamen- te due prestatori per l’esecuzione di una unica obbligazione lavorativa.
Il volume intende, quindi, fornire una guida il più possibile dettagliata a quanti, sempre più numerosi, intendono avvalersi, anche ricorrendo agli strumenti contrattuali flessibili sopra accennati, di prestazioni di servizi a carattere familiare per le più disparate esigenze (assistenza agli anziani,
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PRESENTAZIONE
collaborazione nelle quotidiane faccende domestiche, baby sitter ecc.).
Pertanto, oltre alla descrizione dei vari istituti contrattuali e alle modalità per accedere alla c.d sanatoria di lavoratori irregolari, viene fornita la pun- tuale indicazione degli adempimenti connessi con l’assunzione, la varia- zione e la cessazione del rapporto, del corretto inquadramento dei lavoratori, della relativa disciplina applicabile. A ciò segue una dettagliata rappresentazione dei vari aspetti attinenti allo svolgimento della presta- zione lavorativa (orario di lavoro, ferie, permessi, retribuzione, tfr) e agli adempimenti del datore di natura previdenziale nonché ai rapporti con l’INPS e con l’INAIL.
Chiude il volume un’appendice normativa che, recando l’insieme della legislazione vigente e della contrattazione nazionale applicabile, rappre- senta un agile strumento per l’immediata consultazione della disciplina in materia. Si è inteso, inoltre, fornire un valido e utile supporto pratico per la gestione del rapporto, predisponendo degli schemi di lettera di assunzio- ne, di risoluzione del rapporto, di prospetto paga, nonché riportando le tabelle per la determinazione dei minimi retributivi, per il calcolo dei con- tributi previdenziali e del trattamento di fine rapporto.
I facsimile dei moduli per le comunicazioni obbligatorie, infine, consen- tono la visione e la consultazione immediata degli strumenti burocratici richiamati nel testo, in modo da predisporre un approccio il più possibile corretto nei confronti degli Enti pubblici e delle Amministrazioni compe- tenti, per tutti quegli aspetti che richiedono l’adempimento delle prescri- zioni di legge.
QUADRO NORMATIVO, DEFINIZIONI, CATEGORIE
1 Quadro normativo, definizioni, categorie
1.1 Il quadro normativo: dal codice civile alla contrattazione collettiva
Il lavoro domestico costituisce un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato la cui specialità - che generalmente determina una collocazio- ne differenziata nei testi che si occupano di rapporti di lavoro - discende dalla disciplina appositamente dettata, in materia, dal legislatore.
Non v’è dubbio, infatti, che il rapporto di lavoro domestico per la sua particolare natura si differenzia, sia in relazione all’oggetto, sia in relazione ai soggetti coinvolti, da ogni altro rapporto di lavoro: esso, infatti, non è prestato a favore di un’impresa avente, nella prevalenza dei casi, un siste- ma di lavoro organizzato in forma plurima e differenziata, con possibilità di ricambio o di sostituzione di soggetti, ma a favore di un nucleo familiare ristretto ed omogeneo, ed è destinato, quindi, a svolgersi nell’ambito della vita privata quotidiana di una limitata convivenza (1).
Già nel codice civile, infatti, (titolo IV del libro V: “Del lavoro subordinato in particolari rapporti”), sono previste, al Capo II (“Del lavoro domestico”), alcune specifiche disposizioni (articoli da 2240 a 2246). Il codice, in partico- lare, detta alcune scarne previsioni in tema di periodo di prova, diritto al vitto e alloggio, periodo di riposo, recesso e indennità di anzianità, riman- dando, peraltro, per l’integrazione della disciplina generale, alle sole con- venzioni o agli usi, se più favorevoli al prestatore, escludendo espressamente la contrattazione collettiva (art. 2068). Pertanto, nel sistema delle fonti normative del rapporto di lavoro domestico indicate nel codice civile del 1942 – che, nel suo complesso riconosceva un certo rilievo alle norme derivanti dall’ordinamento corporativo, poi abolito, per cui la rego- lamentazione dei rapporti di lavoro era rimessa in parte alle corporazioni
- la contrattazione collettiva non aveva, invece, alcun ruolo.
1. Così X.Xxxx., sent. 11-23 dicembre 1987, n. 585.
La successiva evoluzione della legislazione in materia ha visto l’adozio- ne di una specifica normativa ad opera della legge 2 aprile 1958, n. 339. Tale disciplina regola istituti non contemplati dal codice civile (assunzione, lavoratori minorenni, diritti e doveri delle parti, orario di lavoro, festività, congedo matrimoniale, relazioni sindacali, indennità in caso di morte, tre- dicesima mensilità), e dispone, per quelli già previsti, regole più dettagliate (periodo di prova, riposi e ferie, preavviso, indennità di anzianità). La leg- ge, peraltro, prevedendo per i lavoratori domestici “associazioni di catego- ria a carattere nazionale” (art. 2, comma secondo) e “associazioni sindacali di categoria” (articoli 11, comma secondo, e 12, comma secondo), e per i datori di lavoro (domestico), “associazioni rappresentative delle famiglie” (art. 11, comma secondo), ha aperto la strada al riconoscimento di un ruolo fondamentale in materia anche alla contrattazione collettiva. Tale ricono- scimento è stato consacrato dalla Corte Costituzionale che, con sentenza n. 68 del 27 marzo 1969, ha dichiarato la illegittimità dell’articolo 2068 del codice civile nella parte in cui dispone che siano sottratti alla disciplina col- lettiva i rapporti di lavoro concernenti prestazioni di carattere domestico (2).
Alla disciplina legale dettata dalla legge n. 339 del 1958, pertanto, si è andato affiancando, in funzione di integrazione e completamento, quanto previsto dalla autonomia collettiva. Attualmente il contratto in vigore sti- pulato dalle associazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresenta- tive sul piano nazionale (3) è quello in vigore dal 1° marzo 2007 e valevole
2. Secondo la Corte Costituzionale, infatti, il richiamo operato dalla legge 339/1958 alle asso- ciazioni sindacali e alle associazioni delle famiglie, costituisce elemento o indizio che consente di considerare “i lavoratori domestici come una categoria professionale, nei cui confronti ... non può ne- garsi il ricorso all'autodisciplina collettiva”.
3. Il contratto, infatti, è stato stipulato da associazioni di datori e di prestatori che sono ema- nazione delle maggiori organizzazioni datoriali e sindacali a livello nazionale. In particolare si tratta, per i datori di lavoro di:
● FIDALDO – FEDERAZIONE ITALIANA DATORI DI LAVORO DOMESTICO aderente a Confedilizia;
● DOMINA – ASSOCIAZIONE NAZIONALE DATORI DI LAVORO DOMESTICO aderente a Federcasalinghe;
per i lavoratori di:
● FEDERAZIONE ITALIANA LAVORATORI COMMERCIO, TURISMO E SERVIZI (FIL- CAMS-CGIL);
● FEDERAZIONE ITALIANA SINDACATI ADDETTI AI SERVIZI COMMERCIALI AFFINI E DEL TURISMO (FISASCAT-CISL);
● UNIONE ITALIANA LAVORATORI TURISMO COMMERCIO E SERVIZI (UILTuCS-UIL);
● FEDERCOLF FEDERAZIONE SINDACALE DEI LAVORATORI A SERVIZIO DELL’UO- MO.
fino al 28 febbraio 2011, con possibilità di tacito rinnovo per un quadrien- nio (il contratto resterà comunque in vigore fino a che non sarà sostituito dal successivo).
Nel prosieguo della presente trattazione, pertanto, quanto si fa riferi- mento alla disciplina collettiva, dovrà intendersi richiamato tale contratto.
Il contratto collettivo contiene una dettagliata regolamentazione di tutti gli istituti contrattuali: dalla assunzione, disciplina e risoluzione del rap- porto, alla interpretazione del contratto; prevede altresì l’istituzione di un Ente bilaterale a composizione paritetica (tra rappresentanti datoriali e dei lavoratori), e l’istituzione di forme di previdenza complementare per la categoria.
All’insieme delle disposizioni fin qui citate, espressamente rivolte alla disciplina del rapporto di lavoro domestico, si vanno ad aggiungere ulte- riori norme che, dettate nell’ambito di provvedimenti più generali e relati- vi ad istituti propri di ogni contratto di lavoro subordinato, sono tuttavia destinate a regolare il rapporto in questione.
Si tratta, in particolare, delle disposizioni in tema di licenziamenti indi- viduali (di cui alla legge 11 maggio 1990, n. 108 che per espressa previsione dell’articolo 4 della medesima legge, non trovano applicazione al lavoro domestico), e di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (che all’arti- colo 35, comma 9, esclude dalle disposizioni in tema di divieto di licenzia- mento per causa di matrimonio le lavoratrici addette ai servizi familiari e domestici).
Anche nel testo unico delle norme a tutela e sostegno della maternità e paternità (decreto legislativo n. 151 del 2001), sono previsti specifici riferi- menti al lavoro domestico. L’articolo 62, infatti, estende alcune norme ai lavoratori del settore in questione che saranno esaminate nel dettaglio nel paragrafo dedicato alla maternità.
Sotto il profilo retributivo, poi, la legge 27 dicembre 1953, n. 940, ha imposto, anche a favore del personale addetto ai servizi domestici, la cor- responsione della tredicesima mensilità e la legge n. 4 del 1953 ha previsto alcune specifiche esclusioni in tema di prospetto paga (tuttavia, in questo ultimo caso, si tratta di disposizioni derogate dai contratti collettivi in favo- re dei lavoratori).
Esistono, poi, tutta una serie di disposizioni che, per ragioni contingenti, connesse con esigenze di emersione di lavoratori irregolari o con progetti di riforma del mercato del lavoro, incidono sul lavoro domestico anche per gli aspetti relativi ai rapporti con le amministrazioni pubbliche (è il caso
della normativa in tema di immigrazione di cui al decreto legislativo n. 296 del 1998, della regolarizzazione colf badanti 2009 prevista dal decreto leg- ge 1° luglio 2009, n. 78, articolo 1-ter, nonché della disciplina in tema di lavoro accessorio di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276).
Occorre, infine, evidenziare che, sotto il profilo prettamente previdenzia- le, su delega (4) conferita dall’articolo 35, comma 1, lett. d), della legge 30 aprile 1969, n. 153, il decreto del Presidente della Repubblica n. 1403 del 1971 ha dettato la disciplina dell’obbligo delle assicurazioni sociali nei con- fronti dei lavoratori addetti ai servizi domestici, costituendo così la princi- pale fonte di regolamentazione del rapporto giuridico previdenziale intercorrente tra il datore, il lavoratore e gli istituti a ciò preposti.
1.2 Ambito e definizioni
a) Definizioni e ambito generale
Per individuare il corretto ambito di applicazione della disciplina legale e collettiva in tema di lavoro domestico, occorre preliminarmente stabilire qua- li rapporti o tipologie di attività possano essere ricomprese in tale concetto.
Soccorrono al riguardo, le puntuali definizioni operate dalle diverse nor- mative che nel tempo sono andate stratificandosi.
Rileva in primo luogo, secondo un criterio cronologico, la definizione di cui all’articolo 3, comma 1, del Regio decreto n. 1955 del 1923 che considera lavori domestici “tutte le prestazioni d'opera inerenti al normale funzionamento della vita interna di ogni famiglia o convivenza, come: convitto, collegi, convento, caserma, stabilimento di pena” (5) (6).
4. La delega era relativa a norme intese a “disciplinare l'obbligo delle assicurazioni sociali nei con- fronti dei lavoratori addetti in genere ai servizi domestici e familiari, nonché delle persone addette a servizi di riassetto e pulizia dei locali, stabilendo i criteri per l'accertamento dei soggetti medesimi, per la costitu- zione della loro posizione assicurativa e per la determinazione e il versamento dei contributi in relazione alla natura del rapporto, alla durata delle prestazioni lavorative ed alla coesistenza di rapporti plurimi di lavoro riferiti allo stesso soggetto”.
5. Il R.D. n. 1955 del 1923 è il regolamento sulla limitazione dell’orario di lavoro per gli operai ed impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura. La definizione opera- ta dalla norma, vale a delimitare il campo di esclusione dalla disciplina sull’orario normale mas- simo di lavoro di cui al R.D.L. n. 692 del 1923 (l’esclusione dalla disciplina sull’orario normale massimo di lavoro, per gli addetti al lavoro domestico, è disposta dall’articolo 1, comma 2, di tale decreto).
Il codice civile non contiene, invece, definizioni al riguardo, limitandosi, per l’individuazione dell’ambito di applicazione delle relative norme, ad un generico riferimento alle “prestazioni di servizi di carattere domestico”.
Analoga a quanto stabilito dal richiamato regio decreto è, poi, la previ- sione della principale disciplina sul lavoro domestico di cui alla legge n. 339 del 1958, che intende per addetti ai servizi personali domestici, “i lavo- ratori di ambo i sessi che prestano a qualsiasi titolo la loro opera per il funziona- mento della vita familiare, sia che si tratti di personale con qualifica specifica, sia che si tratti di personale adibito a mansioni generiche”.
Il contratto collettivo, infine, si richiama, analogamente a quanto già visto per la disciplina legale, “ai prestatori di lavoro, anche di nazionalità non italiana o apolidi, comunque retribuiti, addetti al funzionamento della vita fami- liare e delle convivenze familiarmente strutturate, tenuto conto di alcune fonda- mentali caratteristiche del rapporto”.
Occorre inoltre precisare che l’ambito di applicazione della disciplina le- gale di cui alla legge n. 339 del 1958 è limitato ai soli rapporti in cui siano coinvolti addetti ai servizi domestici che prestano la loro opera, continua- tiva e prevalente, di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di la- voro, con retribuzione in denaro o in natura. Tale limitazione è stata ritenuta costituzionalmente legittima in quanto la disciplina in parola non costituisce che una delle fonti in materia e, lungi dal porre divieti o esclu- sioni, consente l’applicazione - ricorrendone i presupposti - di tutte quelle altre disposizioni che, regolando la materia, non richiedono, quale requisi- to essenziale, una particolare misura della prestazione (come, nello speci- fico, un orario di lavoro minimo) (7).
Pertanto il rapporto di lavoro subordinato domestico, che abbia ad oggetto una prestazione continuativa di durata inferiore a 4 ore giornalie- re, rimane disciplinato da tutte quelle disposizioni (artt. 2240 e seguenti del
6. La norma deve ritenersi tuttora in vigore. La giurisprudenza, infatti, proprio con riferimen- to alla disposizione in oggetto, ha precisato che “l'ordinamento … non conosce (e non può conoscere in un sistema di diritto scritto) il concetto di desuetudine delle norme fino a quando queste rimangono in vigore, e non siano state abrogate o in maniera espressa, o implicitamente, o per nuova completa disciplina della materia, ai sensi dell'articolo 15 preleggi” (X.Xxxx. sez. lav., 9 giugno 2008, n. 15150).
7. Così C.Cost. n. 585 cit. Si veda anche la sentenza del 12 febbraio 1976, n. 27 ove viene preci- sato che il legislatore, con la legge n. 339 del 1958, ha dettato la disciplina del settore tenendo con- to della qualità e della entità della prestazione in concreto. Tale scelta legislativa, quindi, a parere della Corte, non può ritenersi né illogica né irragionevole, limitandosi semplicemente a rendere possibile, nei confronti dei quanti abbiano prestato meno di quattro ore giornaliere, l’applicazio- ne delle disposizioni di carattere generale contenute nel codice civile.
codice civile; legge 27 dicembre 1953 n. 940, decreto del Presidente della Repubblica n. 1403 del 1971) che non richiedono - quale requisito essenzia- le - una particolare durata della prestazione lavorativa, e per esso comun- que trova in ogni caso applicazione il generale principio della retribuzione sufficiente di cui all’art. 36 della Costituzione (8).
La sfera di applicazione della contrattazione collettiva è, invece, molto più ampia proprio in considerazione della funzione di integrazione e completa- mento della disciplina del rapporto di lavoro, tipica di tale fonte normativa. Non sono, infatti, previsti limiti alla sua applicazione né con riferimento all’orario di lavoro né con richiami ad ulteriori elementi. Anzi le norme del contratto collettivo sono, nell’ambito di ciascuno dei relativi istituti regolati, inscindibili e correlative fra di loro e, quindi, non cumulabili con altro trat- tamento (articolo 2). Il contratto collettivo prevede, comunque, la salva- guardia di eventuali trattamenti più favorevoli ad personam (articolo 3).
L’obbligo di osservanza delle norme collettive sussiste, innanzitutto, nei confronti dei datori di lavoro che siano iscritti alle organizzazioni stipulan- ti. Per i datori e i lavoratori non iscritti, l’obbligo si configura, secondo prin- cipi ormai consolidati nel nostro ordinamento, o mediante adesione esplicita (con espresso richiamo, nel contratto individuale, alle norme del contratto collettivo), o mediante l’applicazione, in via di fatto, delle clauso- le o degli istituti contrattuali ivi disciplinati (attraverso, cioè, comporta- menti concludenti). Va comunque precisato che, nel caso di assunzione di lavoratori extracomunitari, la normativa in tema di immigrazione richiama espressamente i contratti collettivi nazionali di categoria, almeno per quanto riguarda i trattamenti retributivi ed assicurativi (9).
Ad ogni modo il riconoscimento dell’efficacia del contratto collettivo, al di fuori dello stretto ambito di applicazione (i soli iscritti), è, ad oggi, paci- fico (certamente per quanto riguarda la parte economica). Peraltro, gli accordi collettivi costituiscono, generalmente, il parametro di riferimento per i giudici in caso di controversia.
Sono esclusi dalla disciplina del lavoro domestico, in quanto destinata- ri di apposita regolamentazione, coloro che accedono al c.d. collocamen- to alla pari di cui all’Accordo europeo del 24 novembre 1969, n. 68, ratificato con la legge 18 maggio 1973, n. 304. Il collocamento alla pari
8. Così X. Xxxx. sez. lav. 23 ottobre 1985, n. 5211.
9. D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, art. 30 bis, comma 2, lett. c).
consiste nell’accoglimento temporaneo in seno a famiglie, come contro- partita di alcune prestazioni (consistenti nella partecipazione ai normali lavori casalinghi), di giovani stranieri comunitari venuti allo scopo di perfezionare le loro conoscenze linguistiche ed, eventualmente, profes- sionali e di arricchire la loro cultura generale con una migliore conoscen- za del Paese di soggiorno. L’Accordo europeo disciplina nel dettaglio tale istituto, con norme in tema di diritti e doveri delle parti, obblighi assicu- rativi, età minima ecc.
Restano, altresì, escluse dalla normativa dettata per il lavoro domestico tout court, le prestazioni rese in forma occasionale per soddisfare esigenze temporanee di servizi familiari. In tale ultimo caso si tratta, come si avrà modo di precisare, di un rapporto di lavoro assoggettato, soprattutto per quanto riguarda il sistema delle modalità di pagamento della prestazione e di regolazione degli obblighi previdenziali, alle norme proprie del lavoro accessorio di cui agli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settem- bre 2003, n. 276.
b) Definizioni e ambito ai fini previdenziali
La delimitazione dell’ambito di applicazione delle tutele previdenziali e assicurative al rapporto in questione, discende dalla definizione di lavoro domestico, o più in particolare dalla definizione di prestatore e di datore, stabilita dalla relativa normativa e precisata nella prassi amministrativa. Si tratta del decreto del Presidente della Repubblica n. 1403 del 1971 (10) (11), che introduce definizioni più dettagliate rispetto a quelle viste per l’applicazio- ne della disciplina legale o collettiva.
Sotto il profilo oggettivo, il decreto stabilisce che il lavoro domestico deb- ba essere, quale che sia la durata delle prestazioni, “retribuito, continuati- vo e non occasionale”.
10. Il decreto è stato emanato nell’esercizio della delega conferita dalla l. n. 153 del 1969, arti- colo 35, comma 1, lett. d), per disciplinare l’obbligo delle assicurazioni sociali nei confronti dei lavoratori addetti in genere ai servizi domestici e familiari, nonché delle persone addette a ser- vizi di riassetto e pulizia dei locali, stabilendo i criteri per l’accertamento dei soggetti medesimi, per la costituzione della loro posizione assicurativa e per la determinazione e il versamento dei contributi in relazione alla natura del rapporto, alla durata delle prestazioni lavorative ed alla coesistenza di rapporti plurimi di lavoro riferiti allo stesso soggetto.
11. Anteriormente all’entrata in vigore del d.P.R. 31 dicembre 1971 n. 1403, che ha esteso l’ob- bligatorietà delle assicurazioni sociali al rapporto di lavoro domestico quale che sia la durata del- la prestazione lavorativa giornaliera, l’anzidetto rapporto, ove caratterizzato da prestazioni inferiori alle quattro ore giornaliere, non era soggetto alle assicurazioni sociali obbligatorie (cosi X.Xxxx. sez.lav. 23 febbraio 1981, n. 1103).
Quanto all’ambito soggettivo, la norma, con un generico richiamo alle specifiche disposizioni vigenti, definisce i lavoratori addetti ai servizi do- mestici e familiari come collaboratori e collaboratrici “che svolgono, esclusi- vamente per il funzionamento della vita familiare, le mansioni indicate dalle leggi che disciplinano il rapporto di lavoro domestico”.
Il decreto, inoltre, comprende nell’ambito del lavoro domestico anche i rapporti intercorrenti tra soggetti legati da vincoli di parentela o affinità, ma precisa che in tali casi il rapporto si presume gratuito (escludendo, per- tanto, l’insorgere dell’obbligazione contributiva), salvo prova contraria (12). L’onere della prova non è, tuttavia, richiesto, e quindi il rapporto si presu- me domestico, quando si tratta di persone che, pur in presenza di vincoli di coniugio, parentela od affinità, svolgono le seguenti mansioni:
1) assistenza degli invalidi di guerra civili e militari, invalidi per causa di servizio, invalidi del lavoro, fruenti dell’indennità di accompagnamen- to prevista dalle disposizioni che regolano la materia;
2) assistenza dei mutilati ed invalidi civili fruenti delle provvidenze di legge (13), o che siano esclusi da dette provvidenze per motivi attinenti alle loro condizioni economiche e non al grado di menomazione;
3) assistenza dei ciechi civili fruenti del particolare trattamento di pensio- ne previsto dalla legge 10 febbraio 1962, n. 66, e successive modifiche ed integrazioni o che ne avrebbero diritto qualora non fossero titolari di un reddito superiore ai limiti stabiliti dalle disposizioni che discipli- nano la materia;
4) prestazioni di opere nei confronti dei sacerdoti secolari di culto cattolico;
5) prestazioni di servizi diretti e personali nei confronti dei componenti le comunità religiose o militari di tipo familiare.
Per il rapporto reso nell’ambito di vincoli di parentela, l’INPS ha precisa- to che (14):
● non è comunque configurabile, al di fuori dei casi di assistenza sopra indicati, un rapporto di lavoro domestico tra coniugi o persone convi- venti more uxorio (15);
12. X.Xxxx. sez. lav., 12 dicembre 1985, n. 6281 e 29 settembre 2003, n. 14513. 13. L. 30 marzo 1971, n. 118.
14. Circolare del 6 maggio 1989, n. 89.
15. Così anche la circolare 17 febbraio 2009, n. 20.
● le prestazioni domestiche rese in favore di parenti od affini di 1° grado, indipendentemente dalla convivenza, sono da considerare prestate per motivi affettivi e quindi prive di tutela previdenziale (16);
● le prestazioni in favore di parenti od affini di 2° e 3° grado conviventi debbono ritenersi prestate a titolo gratuito, salvo accertamento della esistenza di tutti i requisiti caratterizzanti un rapporto di lavoro subor- dinato. Se non conviventi vi è attenuazione della presunzione di gratu- ità per cui il rapporto è assicurabile previa acquisizione di prove certe sulla esistenza dei requisiti.
Tra i soggetti, invece, qualificabili come datore di lavoro domestico, rien- trano i seminari (in quanto esplicano attività religiosa senza scopo di lucro) nonché le altre convivenze tra persone non legate da vincoli di sangue, che sostituiscono, sotto il profilo morale ed organizzativo, le famiglie di coloro che vi fanno parte e si tratti di comunità stabile, permanente e continuativa di tetto e di mensa, senza fini di lucro, politico, culturale, sportivo o di sva- go (17). Le comunità destinatarie delle prestazioni devono, quindi, presenta- re la natura di “convivenza di tipo familiare”, cioè diretta ad appagare in comune quelle consuete esigenze di servizi domestici che sono caratteristi- che della vita di famiglia (18).
Nel caso in cui il prestatore svolga attività in luogo diverso dall’abitazio- ne del datore di lavoro, per la configurabilità del rapporto deve ricorrere la personalità del servizio: deve trattarsi, cioè, di servizio svolto per soddisfa- re un personale bisogno del datore di lavoro (es. assistenza non infermie- ristica a persona ricoverata in casa di cura ovvero mansioni di baby sitter presso la propria abitazione), con esclusione dei casi in cui tale servizio possa costituire strumento dell’attività professionale del datore di lavoro.
16. Salve eccezionali situazioni da verificare con estrema prudenza (ad es. potrebbe essere assicu- rabile una lavoratrice domestica che, a seguito della nascita di un nipote, cessi dal lavoro presso estra- nei per accudire il nipote stesso, percependo la retribuzione da parte del figlio). Così INPS, circ. 89 cit.
17. Conseguentemente sono assicurabili nel settore domestico i lavoratori addetti al soddisfa- cimento dei bisogni di natura personale degli appartenenti a case famiglia per handicappati, co- munità per il recupero dei tossicodipendenti, comunità per l’assistenza gratuita a fanciulli, anziani, ragazze madri, comunità focolari, convivenze di sacerdoti anziani del clero secolare ces- sati dal ministero parrocchiale o dal servizio diocesano (così INPS, circ. 89 cit.).
18. INPS, circolare 8 febbraio 2006, n. 19 che specifica: “possono essere considerate datori di lavoro domestico le convivenze come le comunità religiose (conventi, seminari) e le convivenze militari (caserme, comandi, stazioni) che hanno lavoratori addetti al servizio diretto e personale dei conviventi nonché le co- munità senza fini di lucro (orfanotrofi e i ricoveri per anziani il cui fine è prevalentemente assistenziale), qualunque sia il numero dei componenti”.
Se invece il prestatore svolge un’attività lavorativa non esclusivamente diretta al funzionamento della vita familiare del datore di lavoro, come nel caso di collaboratori familiari a servizio di professionisti o esercenti attività commerciale, il rapporto è di lavoro domestico con conseguente obbligo contributivo, se il servizio è prestato esclusivamente al domicilio del dato- re, ancorché una stanza dell’abitazione sia adibita a studio professionale e sempre che l’attività non sia connessa all’esercizio della professione. Qua- lora, invece, l’attività si svolga soltanto presso i locali dell’impresa o dello studio professionale, fuori dall’abitazione del datore di lavoro, il rapporto sarà soggetto alle norme comuni.
Per quanto concerne, infine, il caso di prestazioni rese sia presso la fami- glia che presso l’azienda o lo studio professionale, al di fuori dell’abitazio- ne del datore di lavoro, trattandosi nella fattispecie di due distinti rapporti di lavoro, ciascuno di essi deve essere assoggettato alla relativa disciplina assicurativa e pertanto dovranno essere costituite due posizioni previden- ziali, una nel settore domestico e l’altra nel settore comune (19).
Una particolare disciplina è, inoltre, dettata per la categoria professiona- le degli autisti. La legge 31 luglio 1956, n. 1003, espressamente richiamata dall’articolo 1, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica
n. 1403 del 1971, dispone, infatti, che gli autisti che prestano la propria ope- ra alle dipendenze di titolari di impresa ovvero di titolari di attività co- munque soggette alle norme sugli assegni familiari o del loro nucleo familiare, anche se addetti a servizi personali del titolare medesimo o dei componenti del suo nucleo familiare, sono soggetti alle stesse forme di pre- videnza e di assistenza sociale alle quali i titolari medesimi sono tenuti per i propri dipendenti addetti all’impresa o all’attività esercitata. Tale dispo- sizione ha una portata limitata ai soli fini previdenziali e, pertanto, non in- cide sull’accertamento della qualificazione professionale, rilevante ai fini del trattamento retributivo, che va invece compiuto in relazione all’attività effettivamente espletata dal lavoratore (20).
Gli addetti ai servizi di riassetto e pulizia dei locali, assunti da uno o più datori di lavoro per finalità diverse dal funzionamento della vita familiare, non sono considerati lavoratori domestici e sono, pertanto, assoggettati, sotto il profilo previdenziale, alle forme assicurative proprie della genera- lità dei lavoratori subordinati (21).
19. INPS, circ. 89 cit.
c) Casistica
L’elemento caratterizzante il rapporto di lavoro domestico, come visto nelle sezioni precedenti, è la prestazione finalizzata al funzionamento della vita familiare per soddisfare un bisogno personale del datore e non deve costituire strumento per l’attività professionale da lui prestata. Ne conse- gue che la normativa sul lavoro domestico non è applicabile quando il pre- cettore o l’istitutore svolge la sua opera, non già per le necessità personali del datore, ma per il funzionamento dell’attività istituzionale e professio- nale da questi svolta, di gestione di una comunità alloggio per minori (22).
Analogamente deve ritenersi escluso il nesso funzionale diretto con i ser- vizi domestici e familiari, ricorrendo, invece, un rapporto di lavoro subor- dinato non domestico, nel caso di attività avente ad oggetto l’assistenza di minore portatore di handicap psicofisici, svolta in ambito scolastico ed in collaborazione con l’insegnante di sostegno (e fuori dell’abitazione del datore di lavoro) (23).
L’attività di cuoca e di addetta alle pulizie, svolta alle dipendenze di una comunità religiosa conventuale (avente, in quanto tale, carattere parafami- liare), configura un rapporto di lavoro domestico (con la correlativa inappli- cabilità dei parametri retributivi della disciplina collettiva del settore turistico o alberghiero), ancorché tale comunità, fuori del perseguimento di
20. Così X.Xxxx. sez. lav., 19 ottobre 1982, n. 5432. Si veda anche X.Xxxx., sez. lav. 6 gennaio 1982, n. 34, per cui “a norma dell'art. 1 della legge 31 luglio 1956 n. 1003 gli autisti che prestano la pro- pria opera alle dipendenze di titolari d'impresa ovvero di titolari d'attività comunque soggette alle norme sugli assegni familiari o del loro nucleo familiare, non sono considerati lavoratori domestici, ma sono soggetti alle stesse forme di previdenza e d'assistenza sociale alle quali i titolari medesimi sono tenuti per i propri dipendenti addetti all'impresa o all'attività esercitata purché non prestino l'opera esclusiva- mente a pro del nucleo familiare. La stessa norma - fatta espressamente salva all’art. 1 del d.P.R. 31 dicembre 1971 n. 1403 - trova applicazione anche nel caso in cui il lavoratore presti la sua opera a favore di imprenditori persone giuridiche, nonché di amministratori e rappresentanti delle medesime, o a favore del socio amministratore di una società in nome collettivo”.
21. D.P.R. n. 1403 del 1971, art. 26. La norma specifica che per lavoratori addetti ai servizi di riassetto e pulizia dei locali si intendono coloro che prestano l’attività alle dipendenze di: a) ditte appaltatrici; b) studi professionali; c) amministrazioni di stabili condominiali; d) circoli o associa- zioni che perseguono fini di svago o si prefiggono scopi di ordine culturale, religioso, politico o sportivo, nonché di comunità e convivenze in genere diverse da quelle indicate all’art. 1, punto 5), del decreto; e) amministrazioni dello Stato, comprese quelle ad ordinamento autonomo, re- gioni, province, comuni, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza ed altri enti in genere;
f) datori di lavoro che appartengono a categorie assimilabili a quelle elencate nelle precedenti let- tere a), b), c) e d).
22. X.Xxxx. sez. lav., 14 dicembre 2005, n. 27578.
23. X.Xxxx. sez. lav., 1 aprile 2005, n. 6024.
qualsiasi fine di lucro, ospiti saltuariamente altre persone, avendo nella detta ipotesi rilievo preminente, ai fini dell’inquadramento del rapporto di lavoro, la prestazione principale, espletata nell’esclusivo interesse della comunità religiosa, e non i compiti accessori svolti in favore degli ospiti estranei (24).
Tra i lavoratori domestici non rientra chi svolga solo attività di casalinga, come tale non riconducibile tra i lavoratori subordinati addetti ai servizi familiari (25).
1.3 Inquadramento dei lavoratori
La legge n. 339 del 1958 prevede due categorie di prestatori di lavoro domestico, classificate in base alla natura delle mansioni attribuite. Rical- cando, infatti, la distinzione fra “impiegati” ed “operai” di cui all’articolo 2095 del codice civile, l’articolo 5 della legge individua da un lato lavora- tori con mansioni impiegatizie (specificando i seguenti profili: precettori, istitutori, governanti, bambinaie diplomate, maggiordomi, dame di com- pagnia); dall’altro i prestatori d’opera specializzata o generica (anche in questo caso ne specifica i profili: cuochi, giardinieri, balie, guardarobiere, bambinaie comuni, cameriere, domestiche tuttofare, custodi, portieri pri- vati, personale di fatica, stallieri, lavandaie).
Le due categorie sono, quindi, assoggettate ad una disciplina sensibil- mente differenziata per ciò che riguarda diversi istituti contrattuali (perio- do di prova, ferie, preavviso, indennità di anzianità). Tale differenziazione è, peraltro, stata riconosciuta costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale (26).
La contrattazione collettiva, invece, con previsioni che rispondono alle mutate ed attuali condizioni del mercato dei servizi domestici, inquadra i lavoratori in quattro livelli a ciascuno dei quali corrispondono due para- metri retributivi, il superiore dei quali è definito “super” (articolo 10).
Livello A
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari generici, non addetti all’assistenza di persone, sprovvisti di esperienza professionale o con esperienza professionale (maturata anche presso datori di lavoro
24. X. Xxxx. sez. lav., 6 settembre 1988, n. 5049.
25. X. Xxxx. sez. lav., 9 agosto 2003, n. 12036.
diversi) non superiore a 12 mesi, nonché i lavoratori che, in possesso della necessaria esperienza, svolgono con competenza le proprie mansioni, rela- tive ai profili lavorativi indicati, a livello esecutivo e sotto il diretto control- lo del datore di lavoro.
PROFILI | MANSIONI |
LIVELLO A | |
Collaboratore familiare con meno di 12 mesi di esperienza professionale, non addetto all’assistenza di persone Al compimento dei dodici mesi di anzianità questo lavoratore sarà inquadrato nel livello B con la qualifica di collaboratore generico polifunzionale | Svolge mansioni di pertinenza dei collaboratori familiari, a livello di inserimento al lavoro ed in fase di prima formazione |
Addetto alle pulizie | Svolge esclusivamente mansioni relative alla pulizia della casa |
Addetto alla lavanderia | Svolge mansioni relative alla lavanderia |
Aiuto di cucina | Svolge mansioni di supporto al cuoco |
Stalliere | Svolge mansioni di normale pulizia della stalla e di cura gene- rica del/dei cavallo/i |
26. C.Cost., sentenza del 7 maggio 1976, n. 117 che precisa: “la introdotta distinzione riproduce in buona sostanza quella fra “impiegati” ed “operai” accolta nel 1924 dalla legge sull'impiego privato e con- servata dal codice civile del 1942 nell'art. 2095. Ora, è noto che a siffatta distinzione, anche se basata su criteri incerti e controversi, si accompagnavano, in origine, accentuate differenze di disciplina, in quanto la categoria degli operai restava in gran parte esclusa dalla tutela del rapporto di lavoro, apprestata per gli impiegati. Questa diversità si è andata nel tempo attenuando, come si evince dal codice civile del 1942, che ha esteso i principali istituti, progressivamente elaborati sul piano legislativo e dei contratti collettivi, a tutti i lavoratori subordinati, pur prevedendo che i contenuti degli istituti medesimi possano variare a se- conda della qualifica del lavoratore e del settore di lavoro (così, per le ferie annuali, l'art. 2109 c.c.; per il preavviso, l'art. 2118 c.c.; per l'indennità di anzianità, l'art. 2120 c.c.). Il processo evolutivo, tuttora in corso, è indubbiamente contraddistinto dalla tendenza verso una sostanziale parificazione, in parte già re- alizzata, del trattamento normativo delle due indicate categorie; ma la sua maturazione ed il suo ulteriore svolgimento restano soprattutto affidati agli strumenti dell'autonomia collettiva e dell'intervento legisla- tivo, chiamati a contemperare esigenze socioeconomiche non sempre univoche. Non può, dunque, allo stato considerarsi superata la cennata distinzione fra le due categorie, e da ciò apoditticamente inferirsi come ingiustificate talune disparità di trattamento; le eventuali differenze devono, invece, essere singolarmente valutate, ai fini di vagliarne la conformità al principio di eguaglianza, alla stregua delle ragioni che sono alla loro base e delle esigenze al cui soddisfacimento esse sono preordinate”.
(segue)
PROFILI | MANSIONI |
Assistente ad animali domestici | Svolge mansioni di assistenza ad animali domestici. |
Addetto alla pulizia ed annaffia- tura delle aree verdi | |
Operaio comune | Svolge mansioni manuali, di fatica, sia per le grandi pulizie, sia nell’ambito di interventi di piccola manutenzione. |
LIVELLO A SUPER | |
Addetto alla compagnia | Svolge esclusivamente mansioni di mera compagnia a persone autosufficienti, senza effettuare alcuna prestazione di lavoro. |
Baby sitter | Xxxxxx mansioni occasionali e/o saltuarie di vigilanza di bam- bini in occasione di assenze dei familiari, con esclusione di qualsiasi prestazione di cura. |
Livello B
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che, in possesso della necessaria esperienza, svolgono con specifica competenza le proprie mansioni, ancorché a livello esecutivo.
PROFILI | MANSIONI |
LIVELLO B | |
Collaboratore generico polifun- zionale | Svolge le incombenze relative al normale andamento della vita familiare, compiendo, anche congiuntamente, mansioni di pulizia e riassetto della casa, di addetto alla cucina, di addetto alla lavanderia, di assistente ad animali domestici, nonché altri compiti nell’ambito del livello di appartenenza |
Custode di abitazione privata | Svolge mansioni di vigilanza dell’abitazione del datore di lavoro e relative pertinenze, nonché, se fornito di alloggio nella proprietà, di custodia |
Addetto alla stireria | Svolge mansioni relative alla stiratura |
Cameriere | Svolge servizio di tavola e di camera |
Giardiniere | Addetto alla cura delle aree verdi ed ai connessi interventi di manutenzione |
(segue)
PROFILI | MANSIONI |
Operaio qualificato | Svolge mansioni manuali nell’ambito di interventi, anche com- plessi, di manutenzione. |
Autista | Svolge mansioni di conduzione di automezzi adibiti al tra- sporto di persone ed effetti familiari, effettuando anche la rela- tiva ordinaria manutenzione e pulizia. |
Addetto al riassetto camere e servizio di prima colazione anche per persone ospiti del datore di lavoro | Svolge le ordinarie mansioni previste per il collaboratore gene- rico polifunzionale, oltre che occuparsi del rifacimento camere e servizio di tavola della prima colazione per gli ospiti del datore di lavoro. |
LIVELLO B SUPER | |
Assistente a persone autosuffi- cienti | Svolge mansioni di assistenza a persone (anziani o bambini) autosufficienti, ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assi- stiti. |
Livello C
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che, in possesso di specifiche conoscenze di base, sia teoriche che tecniche, relative allo svol- gimento dei compiti assegnati, operano con totale autonomia e responsa- bilità.
PROFILI | MANSIONI |
LIVELLO C | |
Cuoco | Svolge mansioni di addetto alla preparazione dei pasti ed ai connessi compiti di cucina, nonché di approvvigionamento delle materie prime |
LIVELLO C SUPER | |
Assistente a persone non auto- sufficienti (non formato) | Svolge mansioni di assistenza a persone non autosufficienti, ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti |
Livello D
Appartengono a questo livello i collaboratori familiari che, in possesso dei necessari requisiti professionali, ricoprono specifiche posizioni di lavo- ro caratterizzate da responsabilità, autonomia decisionale e/o coordina- mento.
PROFILI | MANSIONI |
LIVELLO D | |
Amministratore dei beni di fami- glia | Svolge mansioni connesse all’amministrazione del patrimonio familiare |
Xxxxxxxxxxx | Xxxxxx mansioni di gestione e di coordinamento relative a tutte le esigenze connesse ai servizi rivolti alla vita familiare |
Governante | Svolge mansioni di coordinamento relative alle attività di cameriere di camera, di stireria, di lavanderia, di guardaroba e simili |
Capo cuoco | Svolge mansioni di gestione e di coordinamento relative a tutte le esigenze connesse alla preparazione dei cibi ed, in generale, ai compiti della cucina e della dispensa |
Capo giardiniere | Svolge mansioni di gestione e di coordinamento relative a tutte le esigenze connesse alla cura delle aree verdi e relativi inter- venti di manutenzione |
Istitutore | Svolge mansioni di istruzione e/o educazione dei componenti il nucleo familiare |
LIVELLO D SUPER | |
Assistente a persone autosuffi- cienti | Svolge mansioni di assistenza a persone (anziani o bambini) autosufficienti, ivi comprese, se richieste, le attività connesse alle esigenze del vitto e della pulizia della casa ove vivono gli assistiti |
La contrattazione collettiva, con note a verbale all’articolo 10, precisa che:
● il lavoratore addetto allo svolgimento di mansioni plurime ha diritto all’inquadramento nel livello corrispondente alle mansioni prevalenti;
● per persona autosufficiente si intende il soggetto in grado di compiere le più importanti attività relative alla cura della propria persona ed alla vita di relazione;
● la formazione del personale, laddove prevista per l’attribuzione della qualifica, si intende conseguita quando il lavoratore sia in possesso di diploma nello specifico campo oggetto della propria mansione, conse- guito in Italia o all’estero, purché equipollente, anche con corsi di for- mazione aventi la durata minima prevista dalla legislazione regionale e comunque non inferiore a 500 ore.
1.4 Le relazioni sindacali
Le relazioni sindacali tra le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro domestico sono improntate alla bilateralità; si tratta di un particola- re sistema di gestione e prevenzione dei conflitti tra le parti attraverso la costituzione di appositi enti o organismi a composizione paritetica, che presuppone il reciproco riconoscimento degli interlocutori nell’ambito di regole condivise.
L’articolo 46 del contratto collettivo, infatti, contempla l’Ente Bilaterale composto da rappresentanti datoriali e dei lavoratori in misura identica (50% ciascuno), cui sono attribuite le seguenti funzioni: istituzione dell’osservatorio con compiti di analisi e studi, al fine di cogliere gli aspetti peculiari delle diverse realtà presenti nel nostro Paese (27); promozione ai vari livelli di iniziative in materia di formazione e qualificazione professio- nale, anche in collaborazione con le Regioni e gli altri Enti competenti, non-
ché di informazione in materia di sicurezza.
Presso l’Ente bilaterale è costituita una Commissione Paritetica Naziona- le (composta da un rappresentante per ciascuna delle XX.XX. dei lavoratori e da uguale numero di rappresentanti delle Associazioni dei datori di lavo- ro, che abbiano stipulato il contratto collettivo nazionale), il cui compito principale consiste nella decisione della controversie, individuali o collet- tive, sorte in relazione al rapporto di lavoro e relative alla interpretazione delle norme del contratto.
Gli ulteriori compiti della Commissione Paritetica Nazionale sono: la for- mulazione di pareri e proposte per l’applicazione del contratto di lavoro e
27. A tal fine, l’osservatorio dovrà rilevare: la situazione occupazionale della categoria; le retri- buzioni medie di fatto; il livello di applicazione del C.C.N.L. nei territori; il grado di uniformità sull’applicazione del C.C.N.L. e delle normative di legge ai lavoratori immigrati; la situazione previdenziale e assistenziale della categoria; i fabbisogni formativi; le analisi e le proposte in ma- teria di sicurezza.
per il funzionamento delle Commissioni territoriali di conciliazione; l’esa- me delle istanze delle Parti per l’eventuale identificazione di nuove figure professionali; esperire il tentativo di conciliazione per le controversie insorte tra le Associazioni territoriali dei datori di lavoro e le XX.XX. terri- toriali dei lavoratori, facenti capo alle Associazioni ed Organizzazioni nazionali, che abbiano stipulato il contratto (28).
Il contratto collettivo prevede, inoltre, le Commissioni territoriali di con- ciliazione, presso le quali deve essere esperito, prima dell’azione giudizia- ria, il tentativo obbligatorio di conciliazione (art. 45) (29).
L’articolo 43, invece, istituisce, presso il Ministero del lavoro, una Com- missione nazionale per l’aggiornamento retributivo, a composizione pari- tetica, che delibera all’unanimità sui seguenti aspetti: rivalutazione annuale dei minimi retributivi; rivalutazione annuale dei valori conven- zionali di vitto e alloggio; variazione delle retribuzioni minime e dei valori convenzionali di vitto e alloggio secondo le variazioni del costo della vita per le famiglie di impiegati ed operai rilevate dall’ ISTAT al 30 novembre di ogni anno (30). Tali rivalutazioni e variazioni retributive hanno efficacia dal 1° gennaio di ciascun anno se non diversamente stabilito dalle parti.
Per la costituzione ed il funzionamento degli organismi paritetici sopra indicati, il contratto collettivo prevede la riscossione di contributi di assi- stenza contrattuale per il tramite di un Istituto previdenziale o assistenzia- le, con esazione a mezzo dei bollettini di versamento dei contributi previdenziali obbligatori. Sono tenuti alla corresponsione di tali contributi tanto i datori di lavoro che i rispettivi dipendenti, nella misura oraria di euro 0,03, dei quali 0,01 a carico del lavoratore (articolo 49).
28. La Commissione è convocata almeno due volte l’anno e comunque ogni qualvolta se ne rav- visi l’opportunità o quando ne faccia richiesta scritta una della parti stipulanti (art. 44 c.c.n.l.).
29. Occorre precisare, tuttavia, che è in corso di esame in Parlamento (AS 1441 quater -B), una proposta di modifica delle norme del codice di procedura civile relative al processo del lavoro, con particolare riguardo al tentativo di conciliazione che da obbligatorio diventerebbe facoltati- vo e sarebbe sostituto dalla possibilità di ricorrere a tre diverse tipologie di arbitrato.
30. La Commissione è convocata, a tal fine, dal Ministero del Lavoro entro e non oltre il 20 di- cembre di ciascun anno, in prima convocazione, e, nelle eventuali successive convocazioni, ogni 15 giorni. Dopo la terza convocazione, in caso di mancato accordo o di assenza delle parti, il Mi- nistero è delegato dalle Organizzazioni ed Associazioni stipulanti a determinare la variazione periodica della retribuzione minima in misura pari all’80% della variazione del costo della vita per le famiglie di impiegati ed operai rilevate dall’ ISTAT per quanto concerne le retribuzioni mi- nime contrattuali e in misura pari al 100% per i valori convenzionali del vitto e dell’alloggio.