COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) RUSSO Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) GUIZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 31/03/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema dell’inadempimento dell’intermediario alle obbligazioni nascenti da un contratto di factoring, in particolare sotto il profilo della mancata accettazione di crediti di cui si era pattuita la cessione. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento.
Dopo aver esperito reclamo, con esito valutato insoddisfacente, la società attuale ricorrente, avvalendosi dell’assistenza di un avvocato, si è rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario, lamentando l’inadempimento dell’intermediario attuale resistente agli obblighi assunti nell’ambito di un contratto di factoring, stipulato inter partes il 19 novembre 2012.
Il legale della ricorrente espone, in fatto:
i) che con decorrenza dalla data di conclusione del contratto, il factor provvedeva a comunicare alla società periodicamente l’importo degli affidamenti espressi nella forma tecnica del factoring, concessi, tra gli altri, in relazione al rapporto “pro soluto notification maturity”, sui crediti vantati dalla stessa nei confronti di uno specifico debitore;
ii) che il 25 giugno 2014, la società ed il factor predisponevano “insieme” la comunicazione, conforme al modello fornito dallo stesso factor, inerente alla cessione, per
il complessivo importo € 491.382,37, dei crediti recati da n. 4 fatture emesse da tale debitore;
iii) che il debitore, informato della cessione, il 30 giugno notificava al factor la propria accettazione;
iv) che a sua volta, il factor confermava l’operazione con lettera nella quale si dava atto che la comunicazione ricevuta veniva “sottoscritta per benestare ed accettazione’;
v) che in data 2 luglio 2014 il factor procedeva al rituale pagamento dei crediti ceduti portati dalle fatture già scadute (per € 109.587,46);
vi) che la restante parte, pari ad € 381,794,91, avrebbe dovuto essere corrisposta alla rispettiva scadenza delle due residue fatture, e precisamente in data 29 luglio e 28 agosto 2014;
vii) che tuttavia, allo scadere del primo di tali termini, l’intermediario ometteva il pagamento dell’importo dovuto (€ 192.417,73)
viii) che il 1° agosto 2014, il factor informava la società ricorrente che, in relazione alle residue fatture e note di credito, “la vostra richiesta di contratto di cessione in oggetto […] non può essere dalla scrivente [banca omissis] riscontrata in termini positivi” e che “le fatture e le note di credito sopra indicate non sono da considerarsi riscontrate positivamente”;
ix) che in esito al reclamo della cliente (6 agosto 2014), il factor affermava la legittimità del riscontro negativo al contratto di cessione del 25 giugno 2014. In particolare, oltre a richiamare il regolamento delle operazioni di factoring, ai sensi del quale il trasferimento dei crediti diviene efficace al momento del pagamento del corrispettivo di cessione, dichiarava di stare vagliando “con dovuta attenzione e prudenza”, “condotte” poste in essere dal fornitore con il debitore ceduto, affermando inoltre che si erano rivelate “prive di fondamento” le attestazioni rese dal fornitore in relazione alla cessione del 25 giugno circa l’insussistenza di difficoltà del debitore ceduto;
x) che nel mese di novembre 2014 il debitore ceduto dava notizia del pagamento in favore delle società del gruppo di talune fatture, tra le quali la n. 3101400498 del 30 aprile 2014, che ceduta al factor con l’operazione de qua avrebbe dovuto essere a questo corrisposta, “Per quanto occorrer possa, si contesta pertanto l’imputazione di tale pagamento da parte” del debitore ceduto.
Sulla base di tali articolate premesse in fatto, la ricorrente denuncia la violazione da parte dell’intermediario, non soltanto degli obblighi contrattuali, ma anche di quelli di buona fede. La società sottolinea, in particolare, che “la questione in contesa, sottoposta a codesto Arbitro, riguarda il diritto del factor di rifiutare il pagamento di un credito ceduto, invocando la disposizione contrattuale di cui all’art. 3.2 secondo la quale il trasferimento del credito è efficace al momento del pagamento del corrispettivo di cessione”. Sostiene in proposito la ricorrente che il riferimento da parte dell’intermediario a tale norma contrattuale sia del tutto inconferente, in quanto essa, pur posponendo al momento del pagamento del corrispettivo il trasferimento del diritto di credito in capo al factor, non stabilisce affatto la facoltà di quest’ultimo di sottrarsi alle già insorte obbligazioni di acquisto del credito. Piuttosto, tale norma avrebbe la funzione di proteggere il cedente dal rischio dell’inadempimento del factor, evitando che il primo si ritrovi nella situazione di vedersi rifiutare il pagamento dovuto da parte del secondo, avendo già perso la titolarità del credito. La ricorrente sottolinea altresì che la cessione del 25 giugno 2014 era stata espressamente confermata (i) “per benestare ed accettazione” con lettera del 30 giugno 2014 e di nuovo (ii) con lettera del 5 settembre 2014, in cui il factor precisava che “il c.d. riscontro negativo comunicato in relazione al contratto – cessione del 25.6.2014 sarebbe legittimo”.
Alla luce di quanto esposto, la società conclude affermando che i reiterati comportamenti vessatori posti in essere dal convenuto , rendono necessaria una pronuncia dell’Organo adito sulla corretta interpretazione del contratto di cessione, con particolare riferimento all’art. 3.2., e ciò “anche al fine di dissipare ogni possibile incertezza in proposito e consentire anche per il futuro un pacifico svolgimento dei rapporti”.
L’intermediario ha resistito depositando controdeduzioni con cui eccepisce, in via preliminare, l’irricevibilità del ricorso sotto due, concorrenti, profili.
Il resistente eccepisce, in primo luogo, che la domanda della ricorrente sarebbe diretta a sollecitare l’Arbitro a svolgere “una inammissibile attività consulenziale per la regolamentazione di non meglio quantificati, identificati e soprattutto provati rapporti tra il factor e le consociate” del gruppo. L’intermediario lamenta, in secondo luogo, che il ricorso dovrebbe considerarsi inammissibile anche perché chiaramente eccedente la competenza per valore dell’Arbitro, atteso che la proposizione di una domanda “apparentemente” di mero accertamento rappresenterebbe un mero espediente per eludere il limite di valore statuito dalle disposizioni attuative dell’art. 128-bis TUB.
Per quanto concerne il merito del ricorso, il resistente si sofferma diffusamente soprattutto sul complesso delle pattuizioni contrattuali regolanti i rapporti intrattenuti con la ricorrente, riportandone ampi stralci al fine di sottolineare, in particolare, gli “espliciti obblighi di informazione e collaborazione” assunti nei confronti dal factor dall’odierna ricorrente, “anche per quanto riguarda il profilo dei rapporti con i debitori ceduti”, che sarebbero “ben più specifici e stringenti dei generali principi di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., la violazione dei quali – oltre ad integrare di per sé un inadempimento contrattuale – nello specifico caso del Factoring Pro Soluto Ias è tale da viziare ab origine (o ex tunc, a seconda del momento in cui tale violazione è scoperta), la stessa efficacia del vincolo contrattuale”.
Per quanto specificamente attiene alla attiene alla proposta del 25 giugno 2014, sottolinea che “il pagamento effettuato da banca [omissis] in data 2 luglio 2014 …., per complessivi € 109.587,46 …. lungi dall’implicare un perfezionamento onnicomprensivo per tutte le fatture contemplate nella proposta di cessione del 25.6.2014, si limitava a perfezionare – sempre nel rispetto delle pattuizioni contrattuali perfettamente note anche a [fornitore] – la cessione dei soli crediti oggetto di pagamento”.
In particolare, richiama le condizioni di cui alla proposta del 25.6.2014, le quali chiaramente esplicitano che “il trasferimento dei crediti ceduti sarà immediatamente efficace al momento del pagamento del corrispettivo di cessione da parte del cessionario”. Il resistente sottolinea quindi che “il pagamento dell’importo di € 192.147,73= relativo alla fattura n. 3101400498 (…) non poteva essere affatto scontato per la ricorrente, tanto meno alla fine del mese di luglio 2014” atteso che:
a) nella seconda metà del mese di luglio 2014 emergevano condotte poste in essere dalla ricorrente direttamente nei confronti del debitore ceduto “tali da pregiudicare la solvibilità” di quest’ultimo, condotte che avrebbero dovuto essergli comunicate in ragione dei precisi obblighi di trasparenza contrattualmente stabiliti;
b) in particolare, nel periodo sopra indicato, il debitore ceduto, il quale aveva già beneficiato di una dilazione di pagamento nell’aprile dello stesso anno, rappresentava al factor “l’esigenza di una ulteriore rinegoziazione dei termini di pagamento del debito ceduto, a causa delle pressioni subite dalla ricorrente … nella riscossione di altri crediti vantati sempre nei confronti della debitrice ceduta …, non ceduti e per i quali si era fatta rilasciare titoli a scopo di garanzia, che dalla fine del mese di luglio 2014 aveva inopinatamente cominciato a porre all’incasso, provocando evidenti negative ripercussioni sulla solvibilità del debitore ceduto relativamente sia ai crediti già ceduti, sia a quelli per i quali era stata proposta la cessione”;
c) tali comportamenti, oltre ad integrare di per sé una lampante violazione degli obblighi di correttezza e buona fede invocati dall’odierna ricorrente, rappresentavano all’evidenza una macroscopica violazione degli specifici obblighi di trasparenza e collaborazione espressamente assunti;
d) come confermato dalla gestione congiunta dei reclami presentati dalla ricorrente e da altra società del gruppo, la quale ultima ha presentato separato ricorso all’Arbitro, “le società del gruppo (omissis) hanno messo una strategia congiunta per indebitamente abusare dello strumento del Factoring Pro Soluto IAS , pretendo di cedere … crediti relativi al debitore ceduto (omissis), da un lato espressamente attestando e garantendo la insussistenza di eventi negativi tali da incidere sulla solvibilità del medesimo onde ottenere l’assunzione del rischio in capo al cessionario, ma – dall’altro - compromettendo esse stesse tale solvibilità, mediante una spregiudicata e vessatoria riscossione di crediti significativamente non ceduti”;
e) la “macroscopica” violazione perpetrata dalla cedente ha reso non solo legittimo, ma anche doveroso il diniego del factor all’acquisizione di crediti per i quali il rischio del mancato pagamento da parte del debitore ceduto veniva chiaramente ed illegittimamente falsato dalla stessa cedente, come peraltro a quest’ultima chiaramente esplicitato dal factor nella fase prodromica al ricorso.
In conclusione il resistente afferma che il proprio impegno ad acquistare il credito pro soluto proposto dalla società cedente era subordinato alla correttezza e buona fede delle condotte e delle dichiarazioni di quest’ultima e sospensivamente condizionato al pagamento del corrispettivo. Correttezza e buona fede nel caso di specie evidentemente mancanti.
DIRITTO
Deve esaminarsi innanzitutto l’eccezione di inammissibilità del ricorso. Essa appare fondata.
Costituisce principio sufficientemente consolidato, anche nella giurisprudenza della Suprema Corte, che nell’ambito delle azioni di mero accertamento, quale è quella proposta nella specie, la condizione essenziale dell’azione rappresentata dall’esistenza dell’interesse ad agire possa considerarsi soddisfatta solo se il richiesto accertamento sia essenziale per evitare un danno attuale a chi agisce, e non anche quando esso sia strumentale alla soluzione soltanto in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche (così si esprime Cass. 24434/2007; ma in termini non dissimili Cass n. 12548/2002; Cass., n. 10558/2002).
Xxxxxx, se si muove da tali premesse, sembra al Collegio che la domanda formulata dalla società non soddisfi il richiesto requisito. Gli è, infatti, come rammentato, che è la stessa ricorrente a sottolineare che la domanda di accertamento formulata all’Arbitro è funzionale a «dissipare ogni possibile incertezza e a consentire anche per il futuro il pacifico svolgimento del rapporto», collocandosi così proprio su quel terreno di soluzione meramente ipotetica o astratta della controversia, che avvicina la domanda proposta ad una sollecitazione al Collegio a svolgere una funzione di fatto consulenziale.
D’altra parte non può nemmeno dimenticarsi che se è vero, come sottolineato anche dal Collegio di Coordinamento nella decisione 3169/2014, che il limite di valore fissato dalle disposizioni che disciplinano lo svolgimento del procedimento davanti l’ABF è formalmente previsto solo per le domande che abbiano ad oggetto la condanna al pagamento di una somma di denaro, vero è anche che «l’interpretazione sistematica delle varie disposizioni (128 bis TUB, Regolamento CICR e Disposizioni di Banca d’Italia) alla luce delle
espressioni utilizzate e della logica sottesa al Regolamento, nonché la considerazione delle finalità perseguite (…), consentono di ritenere non solo come la limitazione di valore di cui si discute operi in tutti i quei casi in cui oggetto del contendere siano beni in ordine all’attribuzione dei quali vi sia contestazione, ma come, in ogni caso, la mancanza di limiti statuita rispetto all’“accertamento di diritti, obblighi e facoltà” non possa in nessun caso essere interpretata (rectius strumentalizzata) in modo tale da aggirare il limite di valore di cui alle pronunce di condanna». Il che sembra, invece, essere proprio quanto accadrebbe nella specie se il Collegio si pronunciasse sulla domanda di accertamento dell’efficacia della cessione del 25 giugno, giacché conseguenza necessitata, ancorché implicita, di tale statuizione consisterebbe nel dichiarare tenuto l’intermediario a corrispondere l’importo dei crediti ceduti, che però all’evidenza eccede, ed ampiamente la descritta soglia di valore.
P.Q.M.
Il Collegio dichiara il ricorso irricevibile.
IL PRESIDENTE
firma 1