Art. 6
Art. 6
Integrazione dell'articolo 444 del codice di procedura penale, in materia di applica- zione della pena su richiesta delle parti
1. All'articolo 444 del codice di procedura penale, dopo il comma1-bis è inserito il se- guente:
«1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314,317, 318, 319, 319-ter, 319- quater e 322-bis del codice penale,l'ammissibilità della richiesta di cui al comma 1 è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato».
Patteggiamento e delitti contro la P.A. nella l. 27 maggio 2015, n. 69: gli effetti di chiaroscuro della riforma
di Xxxxxxx Xxxxxx
(Professore associato di diritto processuale penale, Università di Milano)
SOMMARIO: 1. Il presupposto della restituzione dei proventi illeciti. – 2. Il perimetro applicativo. – 3. I contenuti del vincolo. – 4. Le interre- lazioni. – 5. L’incidenza sull’accordo e le correlate verifiche giudi- ziali.
1. Un settore dell’intervento legislativo di contrasto alla corruzione nel settore pubblico interessa anche il patteggiamento. Con l’art. 6 della legge n. 69/2015 s’inserisce nell’art. 444 Cpp il comma 1-ter, in base al quale per specifiche tipologie di reati contro la pubblica amministrazione – si tratta dei delitti previsti dagli artt. 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis Cp – l’accesso al rito è subordinato alla resti- tuzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
La nuova pagina normativa, che manifesta l’intento di stigmatizzare talune con- dotte ritenute maggiormente offensive dell’immagine e degli interessi della P.A., in- troduce, come s’è detto, un ulteriore requisito per fruire del patteggiamento riguardo ai delitti specificamente indicati. La variante introdotta genera non pochi dubbi in- terpretativi. In particolare, oltre a talune questioni inerenti alla dimensione operati- va e all’incidenza pratica dell’impegno restitutorio, emergono frizioni e nodi proble- matici in rapporto a due istituti preesistenti – il sequestro preventivo (art. 321, com- ma 2-bis Cpp) e la confisca (art. 322-ter Cp) – e ad una nuova realtà normativa, costi- tuita dalla riparazione pecuniaria (art. 322-quater Cp).
Nel configurare la predetta condizione di ammissibilità della richiesta, il legislato- re conferma la strategia volta a sviluppare le possibilità operative del procedimento speciale deflattivo, secondo un regime differenziato e attraverso limiti calibrati anche in base ai reati per cui si procede.
Com’è noto, rispetto all’originario assetto, che consentiva alle parti di concordare l’applicazione di una pena che, tenuto conto delle circostanze, e diminuita fino un terzo, non fosse superiore a due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria, la legge n.
134/2003 aveva esteso le possibilità di accesso al procedimento speciale quando la pe- na concretamente applicabile, tenuto conto della diminuente processuale, non supe- rasse i cinque anni. Al contempo, però, quella stessa legge veniva ad inserire, in rela- zione alla pena superiore a due anni, specifiche esclusioni: sia di tipo soggettivo, in ragione di talune tipologie di autore (i soggetti dichiarati delinquenti abituali, profes- sionali o per tendenza o per i quali sia stata ritenuta ed applicata la c.d. “recidiva rei- terata”1), sia di tipo oggettivo, in rapporto ad alcuni gravi delitti che suscitano parti- colare allarme sociale. Il catalogo dei reati ostativi – inizialmente radicato nella serie di delitti previsti dall’art. 51, commi 3-bis e 3-quater – veniva poi ampliato, attraverso le leggi n. 38/2006 e n. 172/2012, di ulteriori ipotesi riguardanti altri gravi delitti: nell’art. 444, comma 1-bis Cpp si richiamavano espressamente talune fattispecie in materia di prostituzione minorile, pedopornografia e violenza sessuale.
Mentre le ipotesi a cui fa riferimento il comma appena citato identificano situazio- ni ostative che inibiscono l’accesso al rito solo quando la pena superi la soglia dei due anni, il nuovo comma 1-ter pone una condicio sine qua non, costituita dall’operata re- stituzione integrale del prezzo o del profitto del reato. Si è in questo modo introdot- to un vincolo2 per chiudere la vicenda penale attraverso il rito deflattivo, esclusiva- mente quando si tratti di delitti specificamente indicati contro la P.A., tutti poten- zialmente suscettibili di rientrare nell’ambito del patteggiamento, nonostante l’inasprimento delle pene operato dalla legge n. 69/2015. L’obbligo restitutorio, peral- tro, prescinde dall’entità della pena applicata e si prospetta, quindi, anche qualora la sanzione oggetto dell’accordo fra le parti non superi la soglia dei due anni di pena de- tentiva.
Da una prospettiva “esterna” di raffronto sistematico, il particolare nuovo presup- posto, introdotto nell’art. 444, co. 1-ter Cpp, costituito dalla previa restituzione di quanto indebitamente percepito, contraddistingue la sentenza applicativa di pena ri- spetto alle pronunce di condanna, in rapporto alle quali si prospetta, invece, la ripa- razione pecuniaria (art. 322-quater Cp). Quest’ultima rappresenta una specifica mi- sura sanzionatoria, che si pone in termini obbligatori soltanto nel caso di condanna.
Inducono a concludere in questo senso due considerazioni: in primo luogo, a diffe- renza dell’art. 322-ter Cp, relativo alla confisca, manca nell’art. 322-quater Cp, che prevede la nuova misura, un espresso richiamo alla sentenza applicativa della pena su richiesta delle parti; l’esclusiva pertinenza della riparazione pecuniaria alla pronuncia di condanna emerge, inoltre, dagli stessi lavori parlamentari. Infatti, l’originaria ver- sione del testo dell’art. 322-quater nel d.d.l. S. n. 19 (Disposizioni in materia corruzio- ne, voto di scambio, falso in bilancio e riciclaggio) prevedeva la riparazione pecunia- ria anche con riguardo alla sentenza ex art. 444 Cpp; successivamente, si è inteso sopprimere nella norma sostanziale il richiamo alla riparazione anche per il procedi- mento speciale in discorso (emendamento n. 3.700 al d.d.l. n. 19), per la ragione che
1 Riguardo alla recidiva cfr. Xxxx., S.U., 27.5.2010, n. 35738, p.g., Calibè e altro, in CEDCass., m. 247839-247840.
2 La previsione di vincoli per il patteggiamento – nei termini di adempimenti rilevanti ex ante – compare anche altrove: è il caso dell’integrale pagamento degli importi dovuti e del ravvedimento operoso specificamente previsto per i delitti in materia tributaria dall’art. 13-bis, co. 2 d. lgs. n. 74/2000 (introdotto dall’art. 12, d. lgs. n. 158/2015).
l’accesso al patteggiamento era stato subordinato al presupposto della restituzione (emendamento governativo n. 6.0.10000 al d.d.l. n. 19, 657, 711, 846, 847, 851, 868)3.
L’inserimento del nuovo requisito d’accesso marca la distanza del patteggiamento dal giudizio abbreviato, la cui ammissibilità, nella forma condizionata, resta legata a parametri probatori, ma risulta sempre svincolata da qualunque limite soggettivo o oggettivo. D’altra parte, il giudizio abbreviato, a differenza del patteggiamento, è frutto di una scelta che incide soltanto sul rito: risulterebbe quindi arduo giustificare limiti o condizioni riconducibili ad adempimenti di carattere restitutorio. Restano ferme, però, in caso di condanna in esito giudizio abbreviato, sia la confisca ex art. 322-ter Cp, sia la riparazione pecuniaria ex art. 322-quater Cp.
A prima vista, l’introduzione dell’obbligo restitutorio sembra soltanto convalidare prassi preesistenti dirette a sollecitare comportamenti collaborativi finalizzati ad as- sicurare la confisca di quanto illecitamente percepito, rappresentando un ulteriore ostacolo sulla via del patteggiamento.
Alla luce del nuovo quadro sanzionatorio relativo ai delitti contro la P.A., però, il fatto che, a differenza della sentenza di condanna, l’applicazione della pena su richie- sta delle parti non comporti anche la riparazione pecuniaria, pare costituire non cer- to un freno, ma, al contrario, un motivo in più per ricorrere al rito speciale. La (pre- via) restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato consentirebbe, infatti, di chiudere la vicenda penale evitando quell’ulteriore (successivo) esborso – che si con- figura in termini obbligatori ex art. 322-quater Cp e si aggiunge alla confisca imposta ex art. 322-ter Cp – costituito dal “pagamento di una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio”.
Per effetto della modifica apportata all’art. 165 Cp, alla riparazione pecuniaria re- sterebbe invece sempre subordinata la sospensione condizionale anche quando il be- neficio costituisca un elemento dell’intesa fra le parti o una condizione per l’efficacia dell’accordo (art. 444, co. 3 Cpp)4. Di conseguenza, per tutte le fattispecie delittuose indicate nell’art. 165, 4° co. Cp – fatta salva l’ipotesi di corruzione di persona incari- cata di pubblico servizio (art. 320 Cp), non richiamata espressamente dall’art. 444, co. 1-ter Cpp – oltre alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato, cui è
3 Poiché una disposizione del tutto simile a quella introdotta dall’art. 6 della l. n. 69/2015 era conte- nuta anche nell’art. 14, co. 4, d.d.l. C. n. 2798 d’iniziativa del governo, una volta approvata la legge in commento è venuta meno la medesima disposizione presente nel citato disegno di legge di più am- xxx xxxxxxx. Nella Relazione al disegno di legge C. n. 2798 - Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi e per un maggiore contrasto del fenomeno corruttivo, oltre che all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena (presentato dai ministri Orlando, Xxxxxx, Padoan, il 23 dicembre 2014), a pro- posito dell’art. 14 si legge: “In riferimento ai procedimenti per i più gravi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione si prevede che la richiesta di cosiddetto patteggiamento sia con- dizionata, pena l'inammissibilità, alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato, che sono oggetto di confisca obbligatoria. In tal modo si impone all'imputato che voglia accedere al rito speciale di assumere un fattivo atteggiamento di collaborazione, agevolando la confisca nell'interesse pubblico delle ricchezze connesse alla commissione del reato”.
4 V. al riguardo Xxxx. S.U., 11.5. 1993, n. 5882, Iovine, in CEDCass., m. 193417; Cass. S.U., 11.5.1993, n.
10, Xxxxxxxxxx, in CEDCass., m. 194064.
vincolato l’accesso al rito premiale, si prospetta anche l’ulteriore onere rappresentato dal previo pagamento di una somma equivalente al profitto del reato o all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale, al fine di guadagnare il be- neficio della sospensione condizionale della pena.
2. La particolare condizione di ammissibilità rappresentata dalla restituzione inte- grale del prezzo o del profitto è testualmente richiesta in relazione a questi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione: peculato (art. 314 Cp); concus- sione (art. 317 Cp); corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 Cp); corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 Cp); corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter Cp); induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319-quater Cp); pecu- lato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istiga- zione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322- bis Cp).
Dall’elenco risultano invece esclusi altri delitti contro la P.A. previsti sempre nel capo I, titolo II, libro II del codice penale. Si tratta di: peculato mediante profitto dell’errore altrui (art. 316); malversazione a danno dello Stato (art. 316-bis); indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter); corruzione di persona in- caricata di un pubblico servizio (art. 320). Per tutti questi altri delitti – sempre che la pena sia suscettibile di rientrare nell’ambito della soglia prevista per il patteggiamen- to – è pertanto da escludersi la rilevanza espressa della indicata condizione di acces- so al rito. Tuttavia, quanto indebitamente percepito – denaro o altra utilità (art. 316), contributi, sovvenzioni o finanziamenti (art. 316-bis), contributi, finanziamenti, mu- tui agevolati o altre erogazioni (art. 316-ter) – verrà comunque sottoposto a confisca: infatti, ai sensi dell’art. 322-ter, co. 1° Cp, nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per i delitti previsti dagli artt. da 314 a 320 Cp è sempre ordinata la misura ablativa dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo del reato, a meno che appartengano a persona estranea al reato; quando invece non sia possibile la confisca di tali beni, sarà disposta la surrogatoria forma della confisca per equivalente. Il recupero dei proventi della corruzione è disposto, perciò, con sen- tenza e il giudice, in base all’art. 322-ter, co. 3° Cp, nel disporre la confisca è tenuto a determinare specificamente le somme di denaro e ad individuare i beni da sottoporre a vincolo.
In sintesi, in rapporto al patteggiamento e in base all’innovato quadro normativo, i delitti risultano così ripartiti: per quelli di cui agli artt. 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319- quater, 322-bis Cp si prospetta un “accesso vincolato” alla restituzione; per quelli di cui agli artt. 316, 316-bis, 316-ter, 320 Cp si profila invece un “accesso libero”, ferma re- stando la confisca disposta dal giudice con la sentenza applicativa di pena.
Ulteriori indicazioni si traggono, sul piano operativo, allorché si consideri che nel co. 1-ter dell’art. 444 Cpp non risulta espressamente richiamato, a differenza di quan- to previsto per la sospensione condizionale della pena, l’art. 320 Cp.
Dall’omissione di uno specifico riferimento a questa disposizione, secondo la quale i delitti di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 Cp) e per un atto contra- rio ai doveri d’ufficio (art. 319 Cp) possono riferirsi anche all’incaricato di pubblico
servizio, consegue che, in rapporto a quest’ultimo, la condizione di accesso al pat- teggiamento qui in discorso si riferisce soltanto ai delitti di peculato (art. 314 Cp), di concussione (art. 317 Cp), di induzione indebita a dare o promettere utilità (art. 319- quater Cp), e, nei limiti in cui tale posizione rileva, di peculato, concussione, indu- zione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri (art. 322-bis Cp).
Invece, in virtù dell’esplicito riferimento (anche) all’art. 320 Cp, nei confronti dell’incaricato di pubblico servizio, nelle fattispecie di corruzione di cui agli artt. 318 e 319 vale la previsione per cui con la sentenza di condanna (art. 322-ter Cp) è ordina- to il pagamento di una somma a titolo di riparazione pecuniaria; tale riparazione, pe- raltro si pone, come si è detto, quale specifica condizione per poter fruire del benefi- cio della sospensione condizionale (art. 165, co. 4 Cp).
La scelta legislativa operata con riguardo all’incaricato di pubblico servizio è discu- tibile, in quanto il trattamento differenziato in rapporto al patteggiamento non pare del tutto giustificato5.
Ancora, è da notare anche il mancato richiamo a quella disposizione – l’art. 321 – che viene ad estendere al corruttore le pene previste – nel primo comma dell’art. 318, negli artt. 319, 319-bis, 319-ter, e nell’art. 320 Cp in relazione alle fattispecie di cui agli artt. 318 e 319 (corruzione per l’esercizio della funzione e corruzione in atti giudiziari)
– per il corrotto pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Di conseguenza, il nuovo requisito d’accesso al patteggiamento non riguarda il privato corruttore, che, quale intermediario, abbia trattenuto per sé parte del prezzo o del profitto, ma solo il funzionario pubblico corrotto. L’obiettivo è quello di segnare un requisito ulteriore solo per quest’ultimo, in ragione della particolare posizione che riveste e nella pro- spettiva di incentivare la restituzione di quanto illecitamente percepito. In definitiva, soltanto se provvede alla “restituzione” il funzionario pubblico corrotto è ritenuto meritevole di una soluzione concordata da cui consegue un trattamento penale più favorevole.
Peraltro, l’assenza di un riferimento espresso all’art. 321 Cp si riscontra anche negli artt. 322-quater e 165, co. 4 Cp, laddove prevedono, rispettivamente, il pagamento di una somma a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione quale statuizione ulteriore della sentenza di condanna o condizione specifica a cui è subor- dinata la sospensione condizionale della pena. Per il privato corruttore vale, comun- que, la previsione della confisca di cui all’art. 322-ter, che richiama espressamente l’art. 321 Cp.
Nella prospettiva aperta dal mancato richiamo all’art. 321 Cp, che limita l’operatività del vincolo restitutorio e della sanzione riparatoria soltanto nei confronti del funzionario pubblico, risulterebbe ingiustificata, nonostante “il richiamo integra- le” agli artt. 319-quater e 322-bis Cp, ogni diversa soluzione diretta a porre limiti al patteggiamento anche nei confronti del privato corruttore nelle due figure delittuose,
5 Ritiene “incomprensibile” l’assenza del riferimento all’art. 000 Xx X. Xxxxxxx, Una prima lettura delle nuove norme penali a contrasto dei fenomeni corruttivi, in DPP 2015, 811.
di induzione indebita a dare o promettere utilità e di corruzione internazionale, pre- viste dalle disposizioni appena citate6.
3. Non poche difficoltà e problemi pratici derivano poi dalle coordinate normative che descrivono l’adempimento cui è condizionato l’accesso al rito: la “restituzione” riguarda il “prezzo” o il “profitto” del reato e deve essere “integrale”.
Il riferimento alla restituzione, proprio in quanto rapportata al “prezzo” o al “pro- fitto” del reato, non corrisponde a quell’obbligo di natura civile derivante da reato, considerato dall’art. 185 Cp, che comporta la riconsegna di quanto sottratto e il ripri- stino della situazione preesistente. Va tenuto in conto che, a livello normativo, è escluso dal patteggiamento ogni profilo risarcitorio, tanto che se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda (art. 444, co. 2 Cpp). Anche se non si può negare che, nella prassi, provvedere al risarcimento del danno, x xxxx- no adoperarsi in tal senso, costituisce implicito presupposto per l’adesione del p.m. alla proposta di patteggiamento dell’imputato, l’avvenuto risarcimento non mai ha rappresentato, espressamente, un’ulteriore condizione di ammissibilità del rito. Ciò, infatti, implicherebbe la compenetrazione, fra i presupposti dell’accordo, di un ele- mento eccentrico rispetto alla logica di fondo che pospone le esigenze di tutela della parte civile e all’impianto strutturale che resiste a contaminazioni con obblighi civili derivanti da reato. Perciò, la giurisprudenza della Cassazione ha ritenuto, per un ver- so, che sia ingiustificato il dissenso del p.m. motivato esclusivamente dal mancato ri- sarcimento7; per altro verso, che il giudice non possa apporre una condizione non prevista e così modificare unilateralmente i termini dell’accordo, subordinando la concessione della sospensione condizionale della pena alla restituzione del bene o al risarcimento del danno8.
La restituzione in discorso assume, invece, diretto rilievo penale, in quanto essa è tesa ad elidere le conseguenze dannose del reato ed è, quindi, inerente al c.d. danno criminale.
L’oggetto della restituzione, infatti, individuato mediante il riferimento al “prezzo” o al “profitto” del reato, viene a corrispondere a quello della confisca ex art. 322-ter Cp.
Posto che, in relazione a quei beni di cui è consentita la confisca, il giudice è tenu- to a disporre il sequestro preventivo – previsto dall’art. 321, co. 2-bis Cpp in relazione
6 Viceversa, X. Xxxxxxx, op. cit., 811 osserva che “il richiamo integrale agli artt. 319-quater e 322-bis Cp unitamente alla formulazione della clausola di limitazione, che fa riferimento alla ‘restituzione inte- grale del prezzo o del profitto del reato’, rischiano di limitare l’accesso al patteggiamento sia al priva- to corruttore indotto per il reato di cui all’art. 319-quater sia al privato corruttore per il delitto di cor- ruzione internazionale prevista dall’art. 322-bis Cp” Cfr., nel senso che la restituzione integrale quale condizione per patteggiare “sembra limitata alla sola posizione del pubblico ufficiale o dell’incarico di pubblico servizio”, X. Xxxxx, Pagare “sempre” quanto ricevuto a titolo riparativo, in GD 2015 (26), 48.
7 X. Xxxx. 00.0.0000, x. 00000, Xxxxx X., in CEDCass., m. 217276.
8 La giurisprudenza al riguardo è costante, v.: Cass. 9.7.2013, n. 31441, Xxxxxxx, in CEDCass., m. 256073; Cass. 11.3.2010, n. 13905, Xxxxxxx, in CEDCass., m. 246689; Cass. 7.4.2004, n. 18044, Pappater- ra e altro, in CEDCass., m. 229049; Cass. 15.2.2000, n. 6580, Terranova A, in CEDCass., m. 217102; Cass. 4.1.2000, n. 2, p.m. e p.c. in proc. X’Xxxxxx S, in CEDCass., m. 215854.
ai procedimenti per delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. – l’atto della restituzio- ne si prospetta come requisito di carattere processuale relativo alla formale “offerta” di quanto, in pratica, potrebbe essere già stato oggetto di sequestro preventivo in funzione della futura misura ablativa ex art. 322-ter Cp.
In sostanza, attraverso la restituzione si viene ad assicurare ex ante – mettendo a disposizione quanto illecitamente percepito – ciò che solo ex post – mediante l’esecuzione della confisca disposta con la pronuncia della sentenza applicativa della pena concordata – può realizzarsi.
La sostanziale identità di contenuti fra (previa) restituzione che apre le porte al ri- to premiale e (successiva) confisca a seguito della sentenza applicativa di pena ex art. 444 Cpp, deve indurre a recuperare, anche riguardo alla restituzione, l’elaborazione giurisprudenziale della Corte Suprema in tema di confisca relativa alle nozioni di “prezzo” – denaro, beni o altra utilità economica che rappresentano un corrispettivo per la commissione del reato9 – e di “profitto” – dalle Sezioni Unite della Cassazione recentemente identificato con “il vantaggio economico derivante in via diretta e im- mediata dalla commissione dell’illecito”10.
A differenza di quanto previsto per la riparazione pecuniaria – per cui viene espressamente previsto che sia disposta “in favore” dell’amministrazione cui il pub- blico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio appartiene o, nel caso di corruzione in atti giudiziari, dell’amministrazione della giustizia – la restituzione qui in esame non vede analoga specificazione destinazione. Essa, da questo punto di vista, sembra avere destinazione analoga a quanto oggetto di confisca, e perciò i beni vengono ac- quisiti al patrimonio dello Stato e le somme di denaro versate al Fondo unico di giu- stizia.
Il riferimento alla restituzione correlato al prezzo e al profitto, d’altra parte, pare assorbire soltanto le ipotesi in cui vi sia stato un corrispettivo – e non solo la promes- sa di denaro o altra utilità – che abbia valore e sia valutabile sul piano economico: si verrebbe così ad escludere il rilievo dell’impegno restitutorio quando l’utilità o il van- taggio conseguiti non abbiano una connotazione economica perché si tratta di favori non monetizzabili o perché quanto indebitamente percepito o conseguito non è “qualificabile o quantificabile sotto il profilo materiale” 11.
La restituzione, che implica la determinazione del prezzo e del profitto da parte dell’organo inquirente, deve essere “integrale”: questa precisazione, che qualifica in termini effettivi e totali l’adempimento da parte dell'imputato, induce, in primo luo- go, a ipotizzare la possibilità che, come per la confisca, si prefiguri anche una restitu- zione per equivalente, ossia per un valore corrispondente al prezzo o profitto del rea-
9 Nel senso che il prezzo “rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determi- nare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusiva- mente sui motivi che hanno spinto l'interessato a commettere il reato” v. già Xxxx. S.U., 17.10.1996, n. 9149, Xxxxxx Xxxxx, in CEDCass., m. 205707.
10 Cass. S.U., 26.6.2015, n. 31617, Xxxxx, in CEDCass., m. 264436. Cfr. però in senso contrario Xxxx. S.U., 24.4.2014, n. 38343, p.g., r.c., Xxxxxxxxx e altri, in CEDCass., m. 261116.
11 Così X. Xxxxxxxxxx, Il patteggiamento, in AA.VV., Verso un processo penale accelerato – Riflessioni intorno alla l. 67/2014 al d. lgs. 28/2015 e al d.l. 2798/2014, a cura di X. Xxxxxxxxx - K. La Regina – X. Xxxxxx, Napoli, 2015, 125.
to, in chiave surrogatoria quando non sia possibile la confisca ordinaria12. In questa prospettiva, si aprono ulteriori fronti problematici, relativi alla possibilità che alla re- stituzione si possa provvedere anche con il contributo di terzi13.
Se è certamente ostativo all’accesso al rito il fatto che l’imputato non possa prov- vedere integralmente alla restituzione, resta da definire se, nel caso di concorso di persone, sia sufficiente una restituzione parziale, per quanto personalmente ricevuto, oppure se essa debba essere comunque totale, e quindi diretta a consentire l’intero recupero del profitto o del prezzo del reato14.
Il raffronto con le disposizioni relative alla sospensione condizionale della pena, per cui il beneficio è subordinato “al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito” a titolo ripara- zione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa, può indurre a ritenere che, nel caso di patteggiamento, sia la mancata specificazione di una restituzione che possa essere soltanto limitata a quanto percepito da chi intenda patteggiare, sia il riferi- mento al suo carattere “integrale”, impongano la restituzione per intero. Sarebbe quindi da escludersi che con il patteggiamento si recuperino solo pro quota i proventi del reato.
Più semplicemente, il riferimento al carattere “integrale” della restituzione potreb- be essere inteso nei termini di garanzia dell’effettività del recupero del prezzo o del profitto del reato, e, perciò, nel senso di escludere la rilevanza di restituzioni soltanto parziali, rispetto al beneficio economico personalmente conseguito, da parte dell’imputato determinato a patteggiare. La disposizione, così intesa, impegnerebbe l’imputato a dimostrare di aver percepito solo in parte quanto corrisposto per com- mettere il reato, per restituire in modo corrispondente e non per l’intero.
4. L’assenza di una disposizione di coordinamento fra restituzione, da un lato, e sequestro preventivo-confisca, dall’altro, lascia all’interprete la soluzione di alcuni problemi operativi riguardo a possibili sovrapposizioni di strumenti diversi per natu- ra e finalità.
12 Esclude “la possibilità di rendere il tantudem” X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 124.
13 In senso contrario alla restituzione da parte di un terzo v. ancora X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 127-128. Cfr. anche Cass. 19.3.2009, n. 16725, p.m. in proc. Fitto, in CEDCass., m. 243672, per cui “anche in te- ma di sequestro preventivo, il prezzo del reato, oggetto della confisca obbligatoria ex art. 322-ter Cp, non è suscettibile di essere sostituito dal tandundem offerto da un terzo o da un coimputato, posto che il carattere sanzionatorio della suddetta confisca impedisce che l’autore del reato possa in alcun modo avvantaggiarsi o, comunque beneficiare del pretium sceleris approfittando del fatto che altri abbia offerto una somma equivalente (nella specie, la corte ha ritenuto ininfluente, ai fini del seque- stro preventivo del prezzo del reato di cui all’art. 319 Cp, che il coindagato di corruzione attiva avesse versato su un c/c vincolato a favore dell’erario una somma diretta a coprire, per l’ipotesi dell’eventuale confisca, oltre al profitto del reato anche il suddetto prezzo)”.
14 Cfr. sul punto le opinioni di A. Cisterna, Strada in salita senza operazioni sotto copertura, in GD 2015 (26), 36-37 e di A. Testaguzza, op. cit., 128, nel comune rilievo che intendere la restituzione in chiave integrale, senza ammettere una messa a disposizione pro quota, rischia di essere troppo one- rosa.
Con la restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato sembra venir meno ratio e funzione stessa della confisca prevista dall’art. 322-ter Cp15, che viene ad ag- gredire il patrimonio dell’imputato sottraendogli il vantaggio economico derivante dal reato. La misura ablativa pare da escludersi proprio in quanto la previa restitu- zione, laddove sia richiesta quale presupposto per il patteggiamento, oblitera il fine e neutralizza l’utilità di ogni successivo provvedimento del giudice volto ad evitare l’illecito arricchimento16. La confisca quale effetto ulteriore della condanna17 nei casi di cui al comma 1-ter dell’art. 444 Cpp dovrebbe considerarsi superflua, in quanto su- perata dalla restituzione, ossia dalla messa a disposizione di quanto costituisce il pro- fitto o il prezzo del reato, salvo ritenere che il provvedimento ablativo attesti soltan- to la materiale apprensione di quanto già corrisposto, e perciò si limiti a confermare il vincolo esecutivo sull’offerta restitutoria. Una diversa soluzione interpretativa, tesa a mantenere anche l’operatività concreta del provvedimento ablativo, verrebbe a ge- nerare una illegittima “duplicazione sanzionatoria”18 . Di fatto, quindi, per effetto dell’introduzione del requisito di cui all’art. 444, co. 1-ter Cpp in relazione a specifici delitti contro la P.A., l’ambito della confisca prevista dall’art. 322-ter Cp, risulta con- siderevolmente ridotto, essendo limitato ai casi in cui la restituzione non sia prevista quale condizione di accesso al rito deflattivo.
Nel caso in cui vi sia già stato un sequestro preventivo dei beni confiscabili – posto in termini obbligatori dall’art. 321, co. 2-bis Cpp nel corso di un procedimento penale per tutti i delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. – la restituzione del prez- zo/profitto del reato finalizzata al patteggiamento dovrebbe condurre alla revoca del- la misura cautelare. Se la restituzione rende inutile la confisca, anche il sequestro preventivo funzionale alla misura ablativa resta privo di giustificazione19.
15 In merito a questa ipotesi di confisca e circa i profili applicativi, anche riguardanti i rapporti con le altre ipotesi di confisca e con il sequestro preventivo, v. per un recente quadro di sintesi X. Xxxxxxx, sub art. 322-ter, in Codice penale commentato, fondato da X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxxxx, diretto da X. Xxxxxxx e G.L. Xxxxx, tomo II, IV ed., 2015, 415 ss.
16 Cfr. con riferimento ai reati tributari Cass. 1°.1.2010, n. 10120, Provenzale, in CEDCass., m. 249752, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 322-ter Cp ed 1, 143º co. l. n. 244/2007 per la parte in cui, prevedendo la confisca per equivalente anche per i reati tributari di cui al d.leg. n. 74/2000, contrasterebbero, nel caso di sanatoria della posizione debi- toria con l’amministrazione finanziaria, con gli art. 23 e 25 Cost., in quanto “la restituzione all’erario del profitto del reato fa venir meno lo scopo principale perseguito con la confisca, escludendo la te- muta duplicazione sanzionatoria”.
17 Significativo è il costante sviluppo – quale misura operativa ex post – della confisca finalizzata al recupero dei beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, o di valori corrispondenti. Già inclusa quella di cui all’art. 240 Cp nell’art. 445 Cpp, sono numerosissime le norme che prevedono, con ri- guardo alla legislazione di settore, il vincolo ablativo anche in relazione alla procedura ex art. 444 Cpp: fra le più recenti, si segnalano l’art. 452-undecies l. n. 68/2015, in materia di delitti contro l’ambiente, e l’art. 12-bis d. lgs. n. 158/2015, in ambito tributario.
18 Stigmatizzano la “duplicazione sanzionatoria” che deriverebbe dal disporre la confisca anche nel caso di restituzione all’erario delle somme percepite illecitamente, fra le altre, Cass. 15.4.2015, n. 20887, Xxxxxxx, in CEDCass., m. 263409; Cass. 8.1.2014, n. 6635, Cavatorta, in CEDCass., m. 258903 (entrambe le sentenze in materia di reati tributari); Cass. 15.10.2013, n. 44446, Xxxxx, in CEDCass.,
m. 257628 (in un caso di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).
19 V. ancora Cass. 15.4.2015, n. 20887, Aumenta, cit.; Cass. 8.1.2014, n. 6635, Cavatorta, cit.
5. Per i delitti contro la P.A. indicati dall’art. 444, co. 1-ter Cpp, la mancata restitu- zione, o la restituzione non integrale, legittima il dissenso del p.m. Analogo discorso, rapportato alla riparazione pecuniaria, vale nel caso in cui la richiesta della sospen- sione condizionale avanzata ex art. 444, co. 3, Cpp non sia accompagnata dal paga- mento di una somma pari a quanto indebitamente ricevuto dal funzionario pubblico a titolo di riparazione pecuniaria.
La ragionevolezza della mancata adesione del p.m., ostativa alla realizzazione dell’accordo, sarà oggetto di controllo giudiziale, secondo le cadenze che consentono all’imputato di provocare subito un prima verifica in limine judicii, ed offrono poi successive occasioni di verifica, in esito al dibattimento e al giudizio d’impugnazione. Nell’intesa dovrebbero essere previamente determinate dalle parti “le somme di denaro” o individuati “i beni assoggettabili a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente” agli stessi20; diversa- mente, nel caso di condanna, è il giudice a operare tali determinazioni, in linea con
quanto previsto dall’art. 322-ter Cp.
Già prima della riforma, vi sono state affermazioni giurisprudenziali nel senso di ricomprendere nell’accordo anche l’individuazione dei beni o valori soggetti a confi- sca21. È da ritenere, però, che, al di fuori dei casi in cui si configura la previa restitu- zione quale condizione d’ammissibilità del rito, l’oggetto del provvedimento ablativo sfugge alle determinazioni delle parti, il cui perimetro è definito dall’art. 444, co. 1, 2 e 3 Cpp. Mentre spetta a p.m. e imputato la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione/la comparazione delle circostanze, la pena applicabile, e l’eventuale ri- chiesta accessoria della sospensione condizionale della pena, ogni specificazione ul- teriore, quale è quella relativa a beni o somme destinate a confisca, potrà guidare il giudice nella determinazione di ciò che, in quanto pertinente al reato, è suscettibile di confisca, ma non rappresenta un’area pertinente al patto, dato che la misura abla- tiva rientra nell’orbita degli effetti della sentenza (art. 445 Cpp).
Invece, proprio in quanto l’avvenuta restituzione del profitto illecito costituisce, nei delitti indicati e con riferimento ai soggetti per cui opera, un elemento impre- scindibile del patteggiamento, essa deve essere pienamente rappresentata al giudice, costituendo un contenuto ulteriore e distinto rispetto all’accordo sulla pena. Perciò, riguardo ai delitti specificamente indicati contro la P.A., gli aspetti inerenti alla resti- tuzione, e in particolar modo la determinazione e la quantificazione del dovuto, deve invece essere necessariamente presente, essendo l’ammissibilità della richiesta di pat-
20 E questo, naturalmente, senza che le parti abbiano possibilità di “pervenire ad un accordo di natu- ra transattiva sul quantum da restituire”: lo rimarca X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 128.
21 Cass. 11.3.2010, n. 12508, Valente, in CP 2011, 2661, con nota di X. Xxxxxxxxx, Patteggiamento e confi- sca: la Corte estende l’oggetto dell’accordo tra le parti. Nel caso di specie, che riguardava la determi- nazione dei beni oggetto del provvedimento di confisca per equivalente, la Corte concludeva che la nullità della statuizione relativa al capo della confisca comporta l’annullamento dell’intera sentenza ex art. 444 Cpp. Cfr., invece, nel senso che nel caso in cui l’accordo riguardi anche le pene accesso- rie, le misure di sicurezza o la confisca, “il giudice non è obbligato a recepirlo o non recepirlo per in- tero, rimanendo vincolato soltanto con riguardo alle parti dell’accordo riguardanti elementi in di- sponibilità delle parti” Cass. 19.4.2012, n. 19945, T., in CEDCass., m. 252825.
teggiamento subordinata alla “restituzione integrale” del prezzo o del profitto del reato. A corredo dell’accordo dovranno quindi esservi le opportune indicazioni, e perciò tutti gli atti e i documenti utili al fine di comprovare quanto percepito illeci- tamente e l’avvenuta restituzione integrale dei proventi del reato.
Analogo discorso vale in rapporto alla sospensione condizionale, per cui l’adempiuta riparazione pecuniaria, cui è subordinata la concessione del beneficio nei delitti indicati dall’art. 165, co. 4, Cp deve trovare formale riscontro nell’accordo.
Si apre, di conseguenza, un nuovo capitolo oggetto del vaglio giurisdizionale: che sarà, in parte correlato alla qualificazione del fatto così come definito nell’accordo, in parte autonomo, dovendo il giudice verificare, una volta ritenuta corretta la cornice giuridica prospettata dalle parti, se la restituzione del profitto illecito sia avvenuta e sia stata operata in modo integrale.
Il sindacato sulla “congruità” non solo della pena prospettata dalle parti, ma anche dell’indebito percepito, avverrà in base alle risultanze in atti e agli ulteriori elementi che le parti potranno fornire a corredo dell’accordo. Vi si aggiunge, nel caso in cui l’accordo fosse subordinato alla, o comprendesse il vaglio sulla, concessione della so- spensione condizionale, la verifica circa l’avvenuto esborso a titolo di riparazione pe- cuniaria.
Anche su questi fronti si aprono i meccanismi di controllo sul provvedimento di rigetto della richiesta da parte del giudice: secondo quanto stabilito dall’art. 448, co. 1 Cpp, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, a seguito di rinnovata richiesta dell’imputato; dopo la chiusura del dibattimento di primo gra- do; a conclusione del giudizio d’impugnazione.