LA CONFORMITA’
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LA CONFORMITA’
DEI CONTRATTI TELEMATICI ALLA NORMATIVA SULLE CLAUSOLE
VESSATORIE
PARERE
COMMERCIO ELETTRONICO E CLAUSOLE VESSATORIE
1. Introduzione
2. Criteri di analisi e panorama normativo
2.1. Principi generali
2.2. Inquadramento normativo
3. Presupposti dell’analisi
3.1. Esistenza del contratto
3.2. Stipulazione in rete e prova della trattativa
3.3. Nozione di consumatore
4. Requisiti generali della contrattazione in rete
4.1. Principio di trasparenza
4.2. Legge applicabile ai contratti in rete, giurisdizione e foro
4.2.1 Contraenti italiani
4.2.2 Contraenti di nazionalità diversa
4.2.3 Giurisdizione e foro competente
5. Profili di vessatorietà delle clausole contrattuali esaminate
5.1. Adesione del consumatore a clausole non conoscibili prima della conclusione del contratto
5.2. Formazione del contratto e configurazione della proposta contrattuale
5.3. Prodotti a peso variabile
5.4. Prodotti non disponibili
5.5. Diritto di recesso
5.5.1. Facoltà di recesso
5.6. Limitazioni di responsabilità
5.7. Modifiche alle condizioni generali di contratto
5.8. Mancato recapito dei prodotti
5.9. Modifiche del prezzo
5.10. Garanzie per la conformità dei prodotti
5.10.1. Obblighi di qualità e indennizzi 5.10.1.1.Informazioni sulla qualità
5.10.1.2. Clausola di indennizzo
1. Introduzione
1.1. In conformitá a quanto previsto dall’art. 2 comma 4 L. 580/93, la Camera di Commercio di Milano si è da tempo attivata nel settore della regolazione del mercato, dedicando particolare attenzione al tema del controllo dei testi contrattuali, al fine di garantire un effettivo equilibrio negoziale fra professionista e consumatore.
In particolare, da alcuni anni è stata istituita una Commissione di tecnici, alla quale è demandato proprio il compito di valutare l’eventuale presenza di clausole inique nei contratti più diffusi o per i quali maggiore è risultato essere l’interesse mostrato dai consumatori.
La scelta degli ambiti di intervento della Commissione è stata operata dalla CCIAA di Milano con cadenza annuale ed ha spaziato da settori di mercato nei quali il rapporto fra professionista e consumatore nasce per soddisfare esigenze secondarie di quest’ultimo (come è accaduto per i contratti relativi alle agenzie di viaggio, alla multiproprietá immobiliare o alla mediazione immobiliare) fino a contratti relativi a servizi diffusi di carattere primario, o comunque utilizzati dalla maggioranza dei consumatori, come il servizio di erogazione del gas e dell’energia elettrica, il servizio di telefonia ovvero, da ultimo, i contratti RC auto.
Sono stati quindi toccati ambiti nei quali è prevalente la contrattazione diretta fra il professionista ed il consumatore ed altri per i quali è giá da tempo invalsa fra i consumatori la prassi della contrattazione indiretta, ad esempio attraverso il collegamento telefonico.
1.2. Proprio la rilevazione del ricorso sempre più diffuso alla contrattazione indiretta e soprattutto ad Internet per la conclusione di rapporti contrattuali
- e ciò anche per settori di largo interesse, come i viaggi o le assicurazioni - ha indotto la CCIAA di Milano, per l’anno 2003, a sottoporre la contrattazione elettronica all’analisi della Commissione Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx.
Tale attivitá si affianca anche ad un più ampio progetto di raccolta degli usi nel settore del commercio elettronico, che la CCIAA di Milano ha parallelamente avviato, nell’intento di riuscire a fornire ai professionisti e
ai consumatori una base negoziale di riferimento anche nel mondo virtuale, nel quale l’assenza di regole può esporre gli operatori a rilevanti rischi operativi.
Come si vedrá meglio in seguito, del resto, la necessitá di regolare l’operativitá contrattuale in rete è stata fortemente avvertita anche dal legislatore, che proprio recentemente con il D.Lgs. 70/2003 ha recepito le disposizioni comunitarie in materia di commercio elettronico, dettando alcune norme di inquadramento della materia, che necessita, peraltro, ancora di notevoli approfondimenti sia teorici, sia applicativi.
L’indagine della Commissione è stata effettuata su una pluralitá di testi contrattuali, reperiti attraverso la consultazione dei principali siti presenti in rete, per i diversi settori analizzati, scegliendo, nella vastitá della proposta, gli ambiti per i quali appare più esteso l’interesse dei consumatori, come la spesa on line, la biglietteria elettronica, l’acquisto di viaggi, di prodotti cosmetici o di prodotti software.
Si è, poi, proceduto - secondo la prassi della Commissione stessa - all’audizione delle associazioni di categoria dei principali operatori in rete, nonchè all’audizione delle associazioni di consumatori.
Le audizioni hanno evidenziato come sia comune a tutte le categorie la preoccupazione che la rete si configuri o sia percepita come un ambito di assoluta mancanza di regole e quindi lesivo sia per la sicurezza dei consumatori, sia per la affidabilitá e per l’immagine dei professionisti.
Da entrambe le parti, quindi, si è auspicato un intervento di controllo, che consenta di salvaguardare la libertá della rete, che ne è la principale caratteristica ed è il carattere che permette di trarne le maggiori utilitá, senza peraltro esporre i consumatori a rischi ingiustificati.
La Camera di Commercio è consapevole del fatto che la velocitá di modificazione dei dati presenti in rete e la rapiditá di trasformazione del mercato virtuale sono tali da rendere elevato il rischio che l’analisi effettuata dalla Commissione sia superata, ancora prima che ne siano disponibili gli esiti.
Tuttavia, come è accaduto anche per altri settori, per i quali le modifiche normative o l’evoluzione del mercato imponevano un rapido
aggiornamento dei testi negoziali, l’intento della CCIAA non è tanto quello di censurare i contenuti di singoli documenti contrattuali, ma è soprattutto quello di mettere in luce i principali profili di criticitá rilevati, allo scopo di fornire un indirizzo operativo da seguire nella rielaborazione dei testi stessi.
Sotto questo profilo, infatti, anche nel settore in esame, la CCIAA di Milano ha ritenuto preferibile, in questa fase, fornire indicazioni operative, salvaguardando comunque l’autonomia e l’originalitá dell’iniziativa d’impresa, considerando quale ipotesi residuale l’avvio di procedure repressive, come l’azione inibitoria.
Dall’esame delle varie soluzioni contrattuali, si è dunque ritenuto di individuare tipologie di clausole sulle quali sviluppare una particolare analisi critica, senza fermarsi al dettaglio delle singole posizioni controverse, anche tenuto conto del fatto che spesso le formulazioni esaminate appaiono in più contratti, stante la tendenza soprattutto delle imprese minori a uniformarsi a schemi sostanzialmente comuni.
2. Criteri di analisi e panorama normativo
2.1. Principi generali
La scelta di sottoporre ad analisi i rapporti negoziali on line ha posto la Commissione nella condizione di sciogliere alcuni dubbi preliminari correlati alla difficoltà di applicare al mondo virtuale un sistema normativo
- quale è quello introdotto dalla L.52/96 - immaginato e strutturato sulla base dell’esperienza interpretativa tradizionale, strettamente ancorata a situazioni proprie del mondo reale, come ad esempio la redazione di un contratto per iscritto o la possibilità di instaurare trattative fra le parti contraenti.
Lo schema normativo introdotto dalla L. 6 Febbraio 1996 n.52 e recepito agli artt. 1469 bis e seguenti del Codice Civile incentra, infatti, il controllo di vessatorietá sull’analisi di eventuali clausole derogatorie, rispetto ai principi generali dell’ordinamento o al modello contrattuale espressamente normato. Si tratta, quindi, nella sostanza di una indagine su pattuizioni
riprodotte in un testo scritto, predisposto dal contraente più forte, cioè dal professionista.
Il requisito preliminare, dunque, per lo svolgimento dell’indagine della Commissione è che il contratto sia strutturato nel suo complesso e sia quindi un documento organizzato, alla stregua di ogni normale contratto riprodotto su un documento cartaceo, ancorché compaia virtualmente nella Rete.
È peraltro sorto il dubbio che potesse costituire elemento di vessatorietà il fatto solo che la negoziazione avvenisse in rete: dubbio generato dalla estesa sensazio ne che nella contrattazione on line il consumatore sia in una posizione particolarmente debole e quindi si determini quello squilibrio nei rapporti contrattuali, che la L. 52/96 ha espressamente inteso escludere.
Sotto questo profilo si è osservato che, nella valutazione sulla potenziale vessatorietá di una clausola contrattuale, assumono particolare rilievo anche le cosiddette “circostanze di stipulazione” (cfr. art. 1469 ter Cod. Civ.), cioè le condizioni oggettive di formazione del consenso, così che la iniquitá di una pattuizione deve essere esaminata in base alle modalitá con cui avviene la contrattazione, tanto che alcuni profili di vessatorietá sono proposti dallo stesso legislatore come meramente presuntivi e superabili con la dimostrazione dell’avvenuta trattativa diretta con il consumatore.
Si è pertanto giunti alla conclusione di ritenere il passaggio dal mondo reale a quello virtuale non in sè elemento di vessatorietà, ferma peraltro la necessità di valorizzare maggiormente, nell’analisi di testo contrattuale on line, le circostanze di stipulazione, privilegiando – in situazioni dubbie – la soluzione più favorevole al consumatore.
Si deve, peraltro, segnalare che – come si illustrerà - la contrattazione in rete è stata recentemente oggetto di numerosi interventi normativi, sia a livello nazionale, sia comunitario, che hanno avuto come obiettivo primario proprio la tutela del consumatore, così che allo stato non è del tutto corretto sostenere che in tale contesto il consumatore sia sempre il contraente più debole.
Prima di affrontare nel dettaglio i diversi spunti di riflessione che l’analisi condotta dalla CCIAA di Milano ha posto in evidenza, appare, pertanto, opportuno un breve inquadramento normativo del commercio elettronico,
che permetta di comprendere le peculiarità dello scenario nel quale l’interprete è chiamato ad operare.
2.2. Inquadramento normativo
2.2.1. La contrattazione in rete è il crocevia di una serie di tematiche ad elevata dinamicità regolamentare.
Il complesso normativo riferibile al mondo in rete può suddividersi in tre principali classificazioni:
1. un primo gruppo riguarda alcune norme che disciplinano l’aspetto infrastrutturale, vale a dire le reti di comunicazione elettronica, che rappresentano il presupposto tecnologico per la contrattazione on line;
2. una seconda categoria raggruppa le disposizioni che si interessano delle modalità operative, che si svolgono su tale piattaforma – cioè i flussi di informazioni e le comunicazioni interpersonali;
3. infine, una terza classificazione racchiude quelle norme che disciplinano i contenuti delle relative transazioni elettroniche.
Le prime due categorie (punti 1 e 2) sono affrontate sistematicamente dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche (D. Lgs. 259/2003), entrato in vigore il 16 settembre 2003, che recepisce le cosiddette direttive comunitarie “di pacchetto” e che viene a sostituire sostanzialmente il Codice Postale del 1973.
Con tale operazione si è fornita risposta alla necessità di separare la disciplina dei mezzi di trasmissione (regolata dal Codice) dalla disciplina dei contenuti.
I contenuti delle transazioni elettroniche (di cui al precedente punto 3) sono, infatti, regolati da una serie di ulteriori disposizioni normative, tendenzialmente complementari tra loro: la disciplina sui contratti stipulati al di fuori dei locali commerciali (D. Lgs. 50/1992 che dà attuazione alla Direttiva 85/577/CE), la disciplina dei contratti a distanza (D. Lgs.
185/1999 che ha recepito la Direttiva 97/7/CE), la disciplina sul commercio elettronico (D. Lgs. 70/2003 che ha recepito la Direttiva 2000/31/CE).
Le disposizioni richiamate hanno carattere di specialità rispetto alle norme di riferimento del Codice Civile ed appare quindi opportuno soffermarsi ancora brevemente sulle peculiarità di ciascuna disciplina, ancorchè si tratti di un tema non strettamente connesso con il controllo di vessatorietà delle clausole contrattuali, per meglio comprendere l‘ambito nel quale l’interprete deve muoversi.
2.2.2. L’ambito della regolamentazione contenuta nel Codice delle Comunicazioni Elettroniche è costituito da una particolare tipologia contrattuale, riferita ad uno specifico oggetto: fornitura di reti di comunicazione elettronica o di servizi di trasmissione di segnali in rete. Tale disciplina assume rilevanza anche ai fini dell’indagine della Commissione nel caso in cui il contratto on line abbia il medesimo oggetto previsto dalla disciplina di riferimento: ad esempio, nell’ipotesi di contratti per la fornitura di servizi di gestione della messaggistica elettronica (e- mail).
In altri casi, come per le norme relative ai contratti stipulati al di fuori dei locali commerciali, il legislatore pone la propria attenzione, anziché sulla tipologia contrattuale, sul luogo di conclusione, quando questo è diverso da quello di svolgimento dell’attività commerciale propria del professionista. In tale ipotesi, la disciplina del D. Lgs. 50/1992 viene in rilievo in quanto il contratto on line ovviamente rientra in tale situazione: di conseguenza, nel caso in cui sussistano gli ulteriori presupposti previsti da tale disciplina, si applicheranno al contratto in rete, anche le norme del D. Lgs. 50/1992.
In altri casi ancora, la disciplina legislativa è esclusivamente rimessa alla modalità di contrattazione in rete. Sono queste le ipotesi delle norme sui contratti a distanza e sul commercio elettronico. La differenza tra queste due discipline riguarda i destinatari della norma che ne forma oggetto.
Il legislatore definisce, infatti, come “contratti a distanza” quelli aventi
«per oggetto beni o servizi» e stipulati «nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impiega esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la
conclusione del contratto stesso»1. Per l’applicazione di tale disciplina, pertanto, occorre che l’intero iter contrattuale si svolga in rete e riguardi i consumatori. Di conseguenza, le norme sui contratti a distanza si applicano a qualsiasi tipo contrattuale che si sviluppa interamente in rete, salvo le eccezioni espressamente previste, purché si tratti di rapporti “business to consumer”.
La disciplina sul “commercio elettronico”, invece, riguarda anch’essa la fornitura di servizi e beni mobili facenti parte della categoria dei “servizi della società dell’informazione”, ma relativa ai rapporti sia “business to consumer”, sia “business to business”.
Secondo il legislatore sono «servizi della società dell’informazione: le attività economiche svolte in linea – on line – nonché i servizi definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317» 2. Tale prescrizione definisce come servizi della società dell’informazione
«qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi. Ai fini della presente definizione si intende: per “servizio a distanza” un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti; per “servizio per via elettronica” un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento, compresa la compressione digitale e di memorizzazione di dati e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici; per “servizio a richiesta individuale di un destinatario dei servizi” un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale». Tale disciplina, per quanto già indicato, deve ritenersi alternativa a quella del Codice sulle Comunicazioni Elettroniche, ma è complementare a quella relativa ai contratti a distanza.
Più in generale, possono considerarsi “servizi di comunicazione elettronica” ai fini dell‘applicazione delle norme del Codice, i servizi in cui la componente trasmissiva sia prevalente. Sono, invece, al di fuori del campo di applicazione del Codice, i contratti aventi ad oggetto “servizi di contenuto” e “servizi della società dell’informazione”, anche se si
1 V. art. 1.1, lett. a), D. Lgs. 185/1999.
2 V. art. 2.1, D. Lgs. 70/2003.
avvalgono di ”reti o servizi di comunicazione elettronica”, perchè in essi manca la prevalenza dell’elemento trasmissivo.
Infine, in una posizione trasversale che interessa tutte le categorie contrattuali sopra menzionate, si colloca la disciplina sulla tutela dei dati personali, per quanto attiene sia le problematiche di difesa dei diritti, sia per gli aspetti di sicurezza delle informazioni che transitano in rete. Il recente codice (D.Lgs. 196/2003) prevede regole generali a protezione dei dati personali e specifiche disposizioni per il settore delle comunicazioni elettroniche (Titolo X, Parte II, con cui si è data attuazione alla direttiva 2002/58/CE su questo specifico tema). Pertanto, l’uso di dati personali (vale a dire di qualunque informazione riconducibile, direttamente o indirettamente, ad una persona fisica o giuridica) nelle diverse fasi di svolgimento di un contratto in rete – partendo dalla fase di raccolta delle informazioni necessarie per una sollecitazione a contrarre – deve essere conforme a queste regole.
2.2.3. La maggior parte di queste discipline non è mutuamente esclusiva, nel senso che la risposta in merito all’applicabilità o meno di una di esse ad una determinata fattispecie non esclude “a priori” che siano comunque applicabili alla stessa le altre discipline considerate.
Unica eccezione è il regime introdotto dal Codice delle Comunicazioni Elettroniche che, per espressa indicazione di legge, è alternativo alle disposizioni sul commercio elettronico, ma non anche alle norme sui contratti a distanza o sui contratti stipulati al di fuori dei locali commerciali, in quanto applicabili.
Analogamente, le disposizioni sul commercio elettronico si aggiungono a quelle sui contratti a distanza e, in quanto applicabili, a quelle sui contratti stipulati al di fuori dei locali commerciali.
Tutte le disposizioni citate, peraltro, fanno salve le norme vigenti a tutela del consumatore: si viene quindi a realizzare un processo di “stratificazione normativa”, che salvaguarda comunque la posizione dei consumatori.
Fermo restando che lo “stare in rete” (a fini contrattuali e non) è soggetto ad una disciplina di portata maggiore di quanto qui esaminato, atteso che l’oggetto dell’analisi della CCIAA di Milano è la verifica di sussistenza di elementi di vessatorietà nei contratti “on line”, l’ambito di questo parere
viene limitato alle situazioni negoziali nelle quali si verifichi la compresenza di tre requisiti:
a) deve trattarsi di un contratto;
b) che si sviluppa in rete;
c) fra professionista e consumatore .
Fatte queste precisazioni, nulla esclude che vi siano aree di sovrapposizione normativa, alcune delle quali sono persino menzionate dallo stesso legislatore. Nell’ipotesi di differenze di contenuto tra le disposizioni (si veda, ad esempio, la diversa regolamentazione del diritto di recesso tra i D. Lgs. 50/1992 e 185/1999) si applica la disposizione più favorevole al consumatore.
Sotto questo profilo, la Commissione ha avuto modo di verificare che, in almeno due dei siti esaminati, pur trattandosi di contratti “business to consumer” interamente gestiti in rete, è erroneamente richiamato ed indicato come applicabile il D.Lgs.50/1992, in luogo del D.Lgs. 185/1999.
La Commissione è consapevole che una simile previsione non solleva alcuna questione di vessatorietà, ma ritiene opportuno chiarire che tale disposizione integra una vera e propria violazione dell’art. 15, II comma, D.Lgs. 185/99 che prevede che alle vendite on line si applicano le disposizioni più favorevoli ai consumatori contenute nel testo legislativo del 1999, ed espone il professionista alle conseguenze della violazione degli obblighi ivi previste.
3. Presupposti dell’analisi
3.1. Esistenza del contratto in rete
Mentre le disposizioni normative relative ai contratti in rete sopra richiamate concernono anche le fasi preliminari della negoziazione e
prescindono dalla effettiva conclusione contrattuale, la verifica sulla sussistenza di clausole abusive, invece, ha ad oggetto – come sopra anticipato - proprio la fase di negoziazione vera e propria e si incentra sui contenuti contrattuali.
Il controllo di vessatorietá implica, dunque, l’esistenza di un testo contrattuale con pattuizioni non in linea con le prescrizioni normative di riferimento: la mancanza di un testo negoziale o di pattuizioni speciali, derogatorie rispetto alle norme generali, comporta, infatti, l’applicazione diretta delle disposizioni di legge generale o speciale, escludendo così in radice ogni possibile profilo di anomalia contrattuale.
Si è già detto come, in presenza di un testo negoziale, la circostanza che esso sia diffuso in via telematica e non cartacea non impedisce che le relative pattuizioni siano soggette al controllo di vessatorietá e che le stesse debbano considerarsi inefficaci, se contrarie alla disciplina di cui al Capo XIV bis del Libro IV del Codice Civile.
Sul punto si osserva, inoltre, che l’esistenza in rete di un testo contrattuale preordinato alla stipulazione di contratti telematici nell’attuale sistema normativo deve comportare comunque la disponibilitá per il consumatore di riprodurlo e memorizzarlo (art. 12 D.Lgs 70/2003), così che, laddove la norma di legge sia correttamente applicata, deve sussistere comunque un documento di riferimento, riproducibile per il consumatore, rispetto al quale non possono che applicarsi i medesimi procedimenti interpretativi previsti per i contratti stipulati tradizionalmente. L’eventuale non riproducibilità del documento comporterebbe in sè un profilo di invaliditá del contratto per violazione di una norma speciale, determinando la conseguente inopponibilitá al consumatore di una eventuale clausola vessatoria.
In presenza di un testo contrattuale, poi, l’analisi di vessatorietá deve essere condotta secondo i criteri ordinari .
Atteso che alcuni dei settori analizzati nel presente parere sono giá stati oggetto di precedenti valutazioni specifiche da parte di questa Camera di Commercio, non si è ritenuto di tornare su aspetti generali che sono stati trattati nei diversi pareri giá resi, quanto piuttosto di capire se il passaggio del rapporto contrattuale dal mercato tradizionale alla rete evidenzi profili
nuovi ed ulteriori di anomalia, inquadrabili in alcuna delle ipotesi di cui agli artt. 1469 bis e 1469 quinquies Cod. Civ..
Va comunque osservato che per alcuni dei settori giá esaminati e soprattutto per il settore dei viaggi, alcuni testi negoziali che compaiono in rete appaiono prescindere non solo dal rispetto delle indicazioni giá espresse da questa Camera in occasione dell’analisi della contrattualistica di settore, ma addirittura dal rispetto delle condizioni minime di regolaritá imposte dalle norme speciali relative al settore stesso.
3.2. Stipulazione in rete e prova della trattativa diretta
L’esperienza delle associazioni di consumatori ha evidenziato come alla crescente diffusione dell’accesso alla rete non abbia, per ora, corrisposto una maggiore preparazione e qualificazione dei fruitori del servizio, così che la mancanza del rapporto diretto con il venditore (peraltro comune a tutte le vendite a distanza) e l’assenza comunque di qualunque contatto personale (che per esempio si verifica nelle vendite telefoniche) determina una situazione di potenziale squilibrio nel rapporto fra professionista e consumatore nel mondo virtuale.
L'idea diffusa e ampiamente riproposta in audizione dalle associazioni di categoria, secondo cui la contrattazione in rete avvenga in una sorta di “ambito di frontiera”, appare, peraltro, fortemente mitigata sia dalla normativa speciale applicabile ai contratti on line e sopra richiamata, sia proprio dalla disciplina generale in materia di clausole vessatorie.
Si segnala, ad esempio, come il passaggio dal mondo reale a quello virtuale possa incidere sul rapporto fra l’art. 1469 bis e l’art. 1469 quinquies Cod.Civ.: la presunzione di vessatorietà di cui all’art. 1469 bis, infatti, è esclusa laddove sia dimostrata l’avvenuta trattativa diretta con il consumatore. La conclusione del contratto in rete rende particolarmente complessa la prova della trattativa, così che potrebbe crearsi una sostanziale equiparazione fra le ipotesi di cui all’art. 1469 bis e quelle di cui all’art. 1469 quinquies.
In proposito, si potrebbe obiettare che nel mondo reale per alcune clausole previste dall’art. 1469 bis il carattere vessatorio viene escluso
dall’applicazione dell’art. 1341 Cod.Civ., in quanto la doppia sottoscrizione costituirebbe in sè prova della trattativa diretta. Vi è stato anche un Giudice di Pace3 che, muovendo da tale analogia, ha sostenuto che il “doppio clic” sostituisce la doppia sottoscrizione.
Sembra, peraltro, che tale soluzione non sia rispettosa della ratio dell’art. 1341 Cod.Civ., in quanto la meccanicità del gesto appare difficilmente conciliabile con la consapevolezza della scelta che la norma presuppone.
Appare comunque evidente come tali profili relativi alla conclusione del contratto e alla regolarità della trattativa potrebbero essere definitivamente chiariti se fosse utilizzata la firma digitale, che ad oggi appare ancora circoscritta a settori specialistici.
Dall’esame dei diversi siti è, inoltre, emerso che molto frequentemente il passaggio del contratto dal mondo reale a quello virtuale avviene senza alcuna modificazione: senza, cioè che si provveda ad adeguare il testo contrattuale agli standard contenutistici previsti dalla legis lazione speciale sul commercio elettronico.
Tale elemento, pur non concretandosi in un effettivo profilo di vessatorietà, costituisce non solo una violazione di legge speciale, ma incide sulla buona fede nella stipulazione del contratto, che è elemento essenziale di garanzia nell’equilibrato rapporto fra professionista e consumatore, che la novella codicistica mira a tutelare.
3.3. Nozione di consumatore
Ulteriore requisito dell’ambito di analisi è l’appartenenza di una delle parti contrattuali alla categoria dei consumatori.
Sotto questo profilo, la disciplina relativa al controllo sulla eventuale vessatorietà di clausole contrattuali appare di particolare importanza nel campo dei contratti on line.
Le direttive comunitarie, che costituiscono la fonte del Codice delle Comunicazioni Elettroniche e della disciplina del commercio on line,
3 Giudice di Pace di Partanna – 1 Febbraio 2002 n.15
ribadiscono la piena applicazione delle disposizioni comunitarie e nazionali a difesa dei consumatori, nei rispettivi contesti.
La direttiva sul commercio elettronico, in proposito, ricorda l’applicazione della Direttiva 90/314/CE sui pacchetti di viaggio, anche ai servizi della società dell’informazione (v. Considerando (11) ed art. 1.3).
Elaborando questo concetto, esso indica che nel caso in cui la fattispecie rientri nell’ambito di applicazione di uno di questi regimi normativi, dovranno essere rispettate anche le ulteriori disposizioni a tutela dei consumatori. Ad esempio, nel corso dell’iter di approvazione della direttiva comunitaria “servizio universale”4, il Parlamento Europeo aveva presentato un emendamento con cui si chiedeva di precisare che le clausole contrattuali con i consumatori debbano essere «eque e trasparenti e siano formulate in un linguaggio chiaro e comprensibile». La Commissione CE non ha accolto questa proposta in considerazione del fatto che tali aspetti sono già garantiti dalle citate direttive 97/7 (sui contratti a distanza) e 93/13 (sulle clausole vessatorie, recepita con legge 52/1996).
Nel diritto comunitario - e nel diritto nazionale da esso derivato - la definizione di consumatore prende in considerazione la finalità d’uso del bene o servizio oggetto del contratto, richiedendone l’estraneità all’attività professionale eventualmente svolta.
Quanto appena evidenziato assume rilievo in taluni contratti on line, soprattutto per quelli in cui la prestazione è fruita indistintamente da parte del medesimo soggetto (persona fisica) sia per scopi professionali sia per scopi personali. Si pensi, a titolo di esempio, alla fornitura di servizi di messaggistica elettronica o anche ai contratti di viaggio.
La disciplina a tutela dei consumatori deve ritenersi applicabile ogni volta che si contrae con soggetti che si qualificano come tali.
Non si ritengono, a tale fine, giuridicamente corrette quelle clausole contrattuali, che pongono “limiti di destinazione del servizio” (ad esempio, a solo uso professionale) al fine di escludere l’applicabilità degli obblighi previsti a tutela dei consumatori.
4 Dir. 2002/22/CE.
Ad ulteriore conferma di cio`, si osserva che le clausole di destin azione dei beni o dei servizi inserite nel contratto stipulato al di fuori dei locali commerciali5, secondo la recente giurisprudenza, non sono vincolanti.
Il Tribunale di Bari6, infatti, ha evidenziato come la nozione di consumatore – in tali ambiti – vada interpretata secondo parametri obiettivi. Pertanto, nessun valore giuridico vincolante, secondo il giudice di merito, può essere riconosciuto alle clausole di destinazione dei beni e dei servizi che vengano accettate dalla persona fisica all’atto della sottoscrizione del contratto.
La valutazione “obiettiva” cui si accennava porta a ritenere che la persona fisica agisca per uno scopo estraneo alla propria attività professionale, ogni qualvolta il servizio oggetto del contratto sia idoneo a soddisfare meglio o più largamente esigenze diverse da quelle normalmente riconducibili all’esercizio della professione di chi ne compie l’acquisto.
L’idoneità del servizio, a tale proposito, va valutata assumendo come parametri:
• il criterio di normalità di uso
• il tipo di contratto e
• le circostanze concrete dell’affare.
Ne deriva che, ad esempio, per i contratti di accesso alla rete con il rilascio di una o più caselle di posta elettronica sarebbe opportuno procedere ad una diversificazione di disciplina basata sulla div ersa natura dei soggetti contraenti (persone fisiche o enti) piuttosto che sulla classificabilità degli stessi nelle categorie soggettive dei “consumatori” o “non consumatori”.
4. Requisiti generali della contrattazione in rete
Come si è premesso, uno dei temi preliminari sui quali la Commissione si è soffermata all’inizio dei propri lavori ha riguardato il fatto che la circostanza che un contratto fosse concluso in rete dovesse essere
5 Specificamente regolamentati, come già ricordato, dal D. Lgs. 50/92.
6 V. Tribunale di Bari del 31 agosto 2001, in Giur. Italiana 2002, 1192.
La Commissione ha ritenuto che il mezzo negoziale non fosse in sè valutabile alla stregua di un elemento di potenziale vessatorietà: peraltro non si puo` non rilevare come la diffusa accessibilità della rete non abbia ancora generato nel nostro Paese una seria abitudine culturale alla negoziazione in rete, esponendo cosi` i consumatori non particolarmente esperti a rischi maggiori di quelli propri del mondo reale.
Ad avviso della Commissione, vi sono, pertanto, alcuni aspetti che la contrattazione in rete deve garantire per salvaguardare l’equilibrio nel rapporto negoziale e quindi tali per cui la loro assenza genera un profilo di anomalia contrattuale da valutarsi sotto il profilo della eventuale vessatorietà.
4.1. Trasparenza dell’offerta
Un primo requisito che la proposta contrattuale in rete deve avere è costituito dalla trasparenza dell’offerta stessa.
Tale requisito risulta trasversalmente rilevante, in quanto da considerare non solo ai fini della valutazione sulla vessatorietà delle clusole contrattuali, ma anche perchè espressamente richiamato da tutte le norme speciali applicabili al commercio on line.
Il Codice delle Comunic azioni Elettroniche prescrive che il contratto con il consumatore abbia un contenuto minimo (art. 70). Le disposizioni relative alla trasparenza delle informazioni contrattuali ed alle modalità di loro eventuale pubblicazione possono essere integrate da provvedimenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (art. 71). Le violazioni agli obblighi di contenuto minimo dei contratti con i consumatori sono sanzionate con il pagamento di una somma pecuniaria (art. 98.16).
Nella disciplina sui contratti conclusi al di fuori dei locali commerciali, si prevede l’obbligo di informare per iscritto il consumatore circa la possibilità di esercitare il diritto di recesso7. La violazione di questo
7 V. artt. 5 e 9, D. Lgs. 50/1992.
obbligo comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro8.
Il decreto legislativo sui contratti a distanza, prevede taluni obblighi di informazione per il consumatore, «prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza»9. In aggiunta, è sancito l’obbligo di confermare per iscritto tali informazioni10. Anche in tale evenienza, il legislatore impone che le informazioni devono essere fornite «in modo chiaro e comprensibile» e che lo scopo commerciale delle stesse «deve essere inequivocabile». Nello specifico, il legislatore richiama l’osservanza «in particolare (de)i principi di buona fede e di lealtà in materia di transazioni commerciali, valutati alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori particolarmente vulnerabili» (art. 3.2). La violazione agli obblighi di trasparenza è sanzionata con il pagamento di una somma di danaro (art. 12).
La disciplina sul commercio elettronico prevede obblighi di informazione generale per identificare correttamente il fornitore (art. 7 D. Lgs. 70/2003), obblighi di informazione per la comunicazione commerciale al fine di evidenziarne la natura promozionale insieme ad altre indicazioni (art. 8 e 9), ulteriori obblighi di informazione per la conclusione del contratto da aggiungersi a quelle previste dalla disciplina dei contratti a distanza (art. 12), messa a disposizione di clausole e condizioni generali di contratto al fine di consentire al consumatore la loro memorizzazione e riproduzione (art. 12.3), conferma della ricezione dell’ordine con riepilogo degli elementi contrattuali (art. 13). Le violazioni alle disposizioni ora citate (con la sola esclusione di quella dell’articolo 13) sono soggette al pagamento di una somma pecuniaria (art. 21). Questi obblighi informativi si aggiungono, per espressa previsione legislativa, a quelli stabiliti dalla disciplina relativa ai contratti a distanza di cui si è già riferito.
8 V. art. 11, D. Lgs. 50/1992.
9 V. art. 3, D. Lgs. 185/1999.
10 V. art. 4, D. Lgs. 185/1999.
4.2. Legge applicabile ai contratti in rete, giurisdizione e foro competente
Un altro tema di carattere generale che deve essere preliminarmente esaminato riguarda la individ uazione della legge applicabile al contratto on line. La contrattazione in rete implica, infatti, la possibilità che il consumatore entri in rapporto con professionisti localizzati in paesi diversi e quindi potenzialmente soggetti a norme diverse da quella nazionale.
La problematica inerente l’individuazione della legge applicabile è inevitabilmente condizionata dall’ordinamento giuridico nel cui alveo ci si muove, posto che ciascun ordinamento risolve le questioni che vedono coinvolti soggetti di differenti nazionalità in modo diverso. Nell’ambito delle contrattazioni in rete la determinazione della legge applicabile, talvolta, può rappresentare qualche difficoltà.
La legge italiana sulla riforma del sistema di diritto internazionale privato, prevede che le obbligazioni contrattuali sono in ogni caso regolate dalla convenzione di Roma 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali11 (senza pregiudizio delle altre convenzioni internazionali, in quanto applicabili)12.
Una prima distinzione deve essere fatta tra le ipotesi in cui il commercio telematico abbia luogo tra soggetti italiani che operino sul territorio italiano o tra soggetti di nazionalità diverse.
4.2.1. Contraenti italiani
Nel caso di transazioni tra contraenti italiani, dove vige il principio generale della competenza della legge italiana, sono ammesse deroghe contrattuali. Questa scelta contrattuale, peraltro, sarà valida nei limiti in cui non contrasti con principi inderogabili dell’ordinamento italiano, secondo quanto disposto dall’art. 16 della l. 218 del 1995.
Su questo aspetto si rinvia a quanto evidenziato in prosieguo.
11 Resa esecutiva con l. 18 dicembre 1984 n. 975.
12 Art. 57 della l. 31 maggio 1995 n. 218.
4.2.2. Contraenti di nazionalità diversa
Nel caso in cui le parti del contratto abbiano nazionalità diversa, l’ordinamento italiano prevede il principio della libertà di scelta della legge applicabile, come regola generale.
La Convenzione di Roma – richiamata dalla legge 218/1995 – stabilisce, in via generale, che “il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. La scelta deve essere espressa e risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze. Le parti possono designare la legge applicabile a tutto il contratto ovvero ad una parte soltanto di esso”13.
Questa facoltà delle parti di scegliere la legge applic abile è stata recentemente confermata per il commercio elettronico, dal D. Lgs. 70 del 200314.
Nei contratti con i consumatori, tuttavia, la Convenzione di Roma, limita la facoltà di scelta della legge del contratto stabilendo espressamente il divieto di privare il consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della legge del Paese nel quale risiede stabilmente15. Vale a dire che nel caso di contratti “business to consumer”, il principio della libera scelta della legge applicabile non può avere l’effetto di privare il consumatore delle garanzie che gli riconosce il proprio Paese.
Osservando il diritto positivo nazionale, notiamo che vi sono almeno due disposizioni che vietano espressamente la scelta della legge di un Paese diverso dall’Italia (o da uno degli Stati membri della Comunità) quando è contraente il consumatore.
In primo luogo, la disciplina delle clausole “abusive” che prevede espressamente l’inefficacia (nullità) delle clausole che rinviano alla legge di un paese esterno alla unione xxxxxxx00, quando essa “abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata” con la disciplina sulle clausole abusive.
13 Art. 57, legge 218/1995 ed art. 3 della Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali.
14 V. art. 4 D. Lgs. 70/2003.
15 Art. 5 paragrafo 1. Detto divieto opera solo in presenza delle condizioni di cui all’art. 5 paragrafo 2.
16 Art. 1469-quinquies, comma 5, del codice civile.
In questo caso, il legislatore – mostrando particolare fiducia nelle norme nazionali di recepimento della Direttiva 93/13, ha previsto che una eventuale clausola che facesse riferimento all’applicazione di una legge diversa da quella italiana (o da quella dello stato comunitario che ha collegamento più stretto con il contratto) avrebbe effetto solo se il giudice italiano, applicando la legge prescelta dal contratto, raggiungesse le stesse conclusioni che avrebbe raggiunto se avesse applicato la legge italiana (o quella comunitaria): cioè, per quanto riguarda la tutela del consumatore, il giudice deve comunque applicare i livelli minimi di garanzia previsti dal diritto italiano e sancire la nullità di clausole di rinvio ad altri ordinamenti, per la parte in cui hanno l’effetto di rimuovere tali diritti e garanzie.
Il ricorso a questa circonlocuzione lessicale, preferita al più semplice e chiaro divieto di derogare alla legge italiana, è risultato necessario in quanto, in base al principio generale della libertà di scelta della legge applicabile, il legislatore non avrebbe potuto riferirsi in termini di “clausole derogatorie della legge applicabile”. Difatti, non si può derogare a quanto ciascuno è libero di determinare. Per questa ragione, il legislatore ha dovuto fare riferimento, piuttosto, agli effetti sostanziali che tale scelta avrebbe potuto determinare sui diritti e sulle tutele dei consumatori.
In aggiunta a questa disposizione del codice – che non è limitata ad alcuna specifica tipologia contrattuale – vi è la regola contenuta nella disciplina dei contratti a distanza, secondo la quale, analogamente a quanto visto in occasione delle clausole “abusive”, l’eventuale opzione contrattuale in favore di una legge diversa da quella italiana (o di uno Stato membro della Comunità), non preclude l’applicazione delle disposizioni a tutela dei consumatori contenute nella disciplina dei contratti a distanza. Tuttavia, l’eventuale ricorso alla sottoscrizione contrattuale “off line” potrebbe portare il contratto in esame al di fuori dell’ambito di applicazione dei contratti a distanza. In tale evenienza, infatti, l’iter contrattuale non verrebbe svolto mediante ricorso alle sole tecniche a distanza, per cui mancherebbe il presupposto di applicazione della disciplina sui contratti a distanza. In tale ipotesi, rimarrebbe il divieto alla “deroga alla legge italiana” prevista dall’ articolo 1469-quinquies Cod. Civ..
In conclusione, nei contratti con i consumatori la previsione di una legge applicabile al contratto diversa da quella italiana (o comunitaria) sarebbe in
contrasto con i principi inderogabili del diritto nazionale, nei limiti sopra rappresentati.
4.2.3. Giurisdizione e foro competente
Una clausola che in un contratto on line determinasse la competenza esclusiva di un determinato foro, conterrebbe una scelta di giurisdizione (ad esempio il giudice italiano) e di territorialità (ad esempio, il foro di Milano).
La verifica di validità di una simile clausola presuppone la determinazione della giurisdizione e del foro territorialmente competente, secondo i principi generali. L’eventuale discordanza di tali conclusioni, rispetto alle scelte presenti nel contratto on line, va vagliata al fine di accertarne la legittimità.
Detta verifica in punto di giurisdizione si risolverà di volta in volta alla stregua della legge n. 218 del 1995 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato. Essa, infatti, stabilisce i criteri atti ad individuare la sussistenza della giurisdizione italiana, che consistono nella circostanza che il convenuto risieda o sia domiciliano in Italia, oppure che il convenuto non sollevi l’eccezione di incompetenza giurisdizionale nel suo primo atto difensivo, ovvero, infine, nei criteri indicati dalla Convenzione di Bruxelles del 27.09.196817 (tra cui anche quelli fissati dalla relativa Sezione II, Titolo II in materia di contratti conclusi da consumatori, appunto) e dalla Convenzione di Lugano del 16.9.198818.
Ogni qualvolta ricorra la giurisdizione italiana, si porrà il problema del foro territorialmente competente a giudicare della lite insorta tra professionista e consumatore. A tale riguardo, si osserva che sia in base a quanto stabilito dal codice civile (art. 1469 bis, III comma, n. 19), sia secondo le discipline dei contratti stipulati fuori dei locali dell’impresa e di quelli “a distanza”, la competenza territoriale è “inderogabile” ed è del giudice del luogo di residenza o di domicilio del consumatore (v. art. 12 del D. Lgs. 50 del 1992 ed art. 14 del D. Lgs. 185 del 1999).
17 Sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
18 X. Xxxxxxx, I principi regolativi dei contratti telematici, in Dir. Comm. Int. 1997, 295 e Zanobetti, Legge applicabile al commercio elettronico: strumenti internazionali e comunitari, in Il diritto dell’Unione europea, 2000, 661.
La quasi totalità delle condizioni generali presenti nei siti esaminati tacciono sulla designazione di un foro per le controversie scaturenti dal contratto, ovvero si limitano a rinviare alle disposizioni di legge. Solo alcune indicano quale foro competente un foro diverso da quello della residenza o del domicilio del consumatore.
La Commissione ribadisce in questa sede quanto fatto presente anche in occasione dell’analisi dei profili di vessatorietà nei contratti standard per l’assicurazione RC Auto: in virtù della normativa a tutela dei consumatori sopra menzionata e dei più recenti orientamenti della giurisprudenza di merito, il solo foro esclusivo ed inderogabile per le controversie tra un professionista e un consumatore è quello di residenza di quest’ultimo.
Dunque, la Commissione esprime un giudizio negativo su quelle clausole contrattuali che ancora oggi confliggono esplicitamente con la normativa vigente ed auspica che, quanto ai casi in cui il professionista nulla prevede a riguardo, le condizioni generali proposte on line diano atto espressamente della esclusività di questo foro per volontà della legge, a fini di correttezza e maggior chiarezza nei confronti dei consumatori.
5. Profili di vessatorietà delle clausole contrattuali esaminate
Come si è premesso l’indagine condotta quest’anno dalla Commissione, diversamente che nel passato, ha riguardato non i contratti standard di un solo settore merceologico, ma una pluralità di modelli contrattuali di settori merceologici diversi, accomunati dall’unica caratteristica di essere proposti e conclusi in rete dagli operatori dei vari mercati, da un lato, e dai consumatori / “navigatori”, dall’altro.
Alla luce di questa premessa, la Commissione ha operato l’esame di vessatorietà su detti modelli, mirando innanzitutto a verificare l’esistenza di clausole qualificabili come abusive in ragione della peculiare circostanza di essere proposte dal professionista e accettate dal consumatore in un ambiente virtuale, anziché in un ambiente reale.
Individuate alcune clausole il cui carattere abusivo è strettamente connesso al mezzo (la rete internet) attraverso cui si realizza l’incontro tra proposta e accettazione, la Commissione non si è sottratta al compito di valutare il
carattere vessatorio di altre clausole, la cui abusività risulterebbe tale anche se esse fossero sottoscritte mediante supporto cartaceo, in ambiente non virtuale.
Riguardo a queste ultime, il lavoro di analisi dei regolamenti negoziali ha portato talvolta a conclusioni già espresse in pareri emessi in passato in relazione a clausole analoghe (negoziate e accettate su supporto cartaceo, appunto). In tali casi, nella trattazione seguente, l’Ufficio ha creduto opportuno limitare le argomentazioni a supporto del proprio giudizio e rinviare il lettore alle considerazioni svolte nei precedenti pareri, ove ancora attuali.
5.1. Adesione del consumatore a clausole non conoscibili prima della conclusione del contratto
Diversi siti esaminati non riportano affatto condizioni generali di contratto. Come già anticipato, una simile mancanza comporta l’applicazione delle disposizioni codicistiche in vigore.
Peraltro, in tali siti sono sempre presenti delle sezioni variamente denominate (“Informazioni”, “Richiesta Informazioni”, “Aiuto”, “Help”, “Come funziona”, “Informazioni sull’acquisto elettronico”) o, più frequentemente, le sezioni “F.A.Q.” (Frequently Asked Questions).
Com'è noto, dette sezioni presentano all’attenzione del visitatore del sito le domande che sono (o potrebbero essere) poste con maggiore ricorrenza dai “navigatori” all’operatore e portano le relative risposte a conoscenza di tutti i successivi fruitori del sito in maniera standard, con il mero scopo di fornire loro informazioni circa le modalità di operatività del sito, l’identità dell’operatore o le caratteristiche generiche e/o la storia del prodotto/servizio offerto.
Ebbene, è stato osservato che spesso tali pagine riportano anche domande e risposte riguardanti aspetti regolamentari del rapporto giuridico tra operatore del sito e consumatore e, conseguentemente, si è posto il quesito di quale sia il valore giuridico di simili contenuti, ossia, si è posta la domanda se essi debbano considerarsi statuizioni contrattuali vincolanti per il consumatore oppure no.
Si osserva, infatti, che, pur tenendo presente la funzione meramente informativa delle “F.A.Q.” e delle altre sezioni ad essa assimilabili, ove in esse sia riportata la “descrizione” della disciplina contrattuale applicabile a determinate fasi negoziali, non può essere escluso che con ciò sia introdotta surrettiziamente una disciplina contrattuale derogatoria rispetto alla normativa generale applicabile all’eventuale rapporto contrattuale tra professionista e visitatore del sito.
La Commissione, peraltro, dubita che i contenuti delle sezioni in questione possano assurgere a ruolo di clausole contrattuali con efficacia vincolante per il consumatore che fa un acquisto o comunque conclude un contratto in rete. Infatti, se così fosse, il consumatore si troverebbe vincolato a clausole che, seppur tecnicamente conoscibili prima della conclusione del contratto stesso (secondo la previsione dell’ art. 1469 bis, III comma, n. 10), non sono in realtà nemmeno “riconoscibili” come tali dal consumatore, poiché contenute in (una o più) sezioni del sito che per definizione non hanno che la funzione già richiamata e la cui consultazione è perciò stesso meramente eventuale.
Tuttavia, non potendosi ad oggi escludere con certezza la natura vincolante dei contenuti delle sezioni “F.A.Q.” e di quelle ad essa simili, la Comissione li ha comunque valutati e sottoposti al vaglio di vessatorietà, soprattutto in quei casi in cui i siti non presentano altra sezione dedicata precipuamente al regolamento contrattuale tra le parti.
Non mancano casi, poi, in cui le condizioni generali - pur presenti nei siti esaminati - prevedono espressamente che tutte le modalità di vendita, consegna e pagamento, elencate in dettaglio in altre sezioni del sito stesso, siano da ritenersi parte integrante ed essenziale del contratto di vendita del bene o di fornitura del servizio proposto.
Secondo la normativa vigente (art. 1469 bis, III comma, n. 10), l’integrazione delle condizioni generali di vendita mediante un simile richiamo non è abusivo, se l’estensione dell’adesione del consumatore è operata in relazione a clausole, che il consumatore ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto on line (ancorché con una paziente e impegnativa operazione di consultazione del sito).
Dunque, è giusto concludere che non sussistono profili di vessatorietà nelle clausole in discussione, se il rinvio è operato con la precisione sufficiente a identificare le sezioni del sito visitato in maniera puntuale ed esatta. Ciò, per esempio, accade in alcuni siti che fanno esplicito riferimento soltanto ad una certa sezione (ad esempio, la sezione “Aiuto”), la quale è poi chiaramente individuabile. Il rinvio risulta, invece, abusivo qualora esso non individui con precisione le sezioni rilevanti ai fini negoziali, come nel caso esemplare del sito che, richiamando “tutte le modalità di vendita elencate in dettaglio nelle varie sezioni del sito e soprattutto nella parte
<help>”, opera un rinvio per un verso troppo generico - perché le sezioni del sito sono molto numerose - e per altro verso addirittura errato - poiché non esiste una sezione del sito denominata “help”, esistendo piuttosto solo una sezione “Aiuto”.
Nonostante le considerazioni che precedono, la Commissione ritiene opportuno indicare agli interessati che, più in generale, una clausola di rinvio ai contenuti di altre sezioni del sito, anche ove esse siano esattamente individuate, comporta comunque un grave deficit di chiarezza e trasparenza nella presentazione delle condizioni negoziali, che – per le considerazioni già illustrate (cfr. paragrafi 3.1 e 4.1) - potrebbe avere una rilevanza negativa alla luce dei principi introdotti dal recente D. Lgs. 70/2003.
Infine, l’Ufficio qualifica come senz’altro abusiva, alla luce del disposto dell’art. 1469 bis, III comma, n. 10, la previsione contrattuale a volte rinvenuta, la quale prevede in maniera del tutto generica l’adesione del consumatore ad “ulteriori termini e condizioni diversi dalle presenti [i.e. le Condizioni Generali]” applicabili “alla vendita di beni e servizi o all’uso di altre parti del sito”.
5.2. Formazione del contratto e configurazione della proposta contrattuale
Le condizioni generali di contratto di uno dei siti esaminati prevedono espressamente che “tutte le informazioni contenute nel sito non possono essere considerate offerta bensì <invito ad offrire>, pertanto [l’operatore] si riserva il diritto di rifiutare il servizio [offerto] e la consegna per qualsiasi
La Commissione ha già avuto modo di esaminare la presente questione nell’amb ito del parere riguardante i profili di vessatorietà delle clausole contenute nei contratti di telefonia, giacché anche nell’indagine del 2001 fu riscontrato che molte compagnie telefoniche ricostruivano il processo di conclusione del contratto in termini sostanzialmente analoghi a quelli sopra riportati. Nel settore telefonico, tale impostazione aveva il fine di garantire agli operatori la possibilità di condurre verifiche sul soggetto richiedente il servizio e minimizzare così i rischi di “insolvenza programmata”, prima di assumere qualsiasi obbligo di fornitura nei confronti del possibile utente. Pur apprezzando le ragioni degli operatori di quel settore, allora la Commissione non poté che stigmatizzare come abusive tali modalità di conclusione dei contratti telefonici con argomentazioni che, mutatis mutandis, valgono oggi a spiegare l’analogo giudizio di vessatorietà espresso da questa Commissione su i contratti oggetto del presente parere e alle quali non si può che rimandare.
5.3. Prodotti a peso variabile
Posto che il peso effettivo dei “prodotti a peso variabile” è determinato solamente al momento della preparazione del prodotto e può variare rispetto alla misura indicativamente presentata a video, in alcuni dei siti del settore Spesa, è stabilito che, ove la spesa comprenda uno o più di detti prodotti, il peso e l'importo determinato al momento dell'ordine possa differire dal peso e dall'importo effettivo calcolato al momento dell'emissione dello scontrino (o della preparazione della spesa). Di conseguenza, l’esatto ammontare del (peso e del) prezzo della merce (che, stando ai contratti, potrà differire del 10-20% rispetto a quanto stabilito nell’ordine inviato dal consumatore) verrà comunicato ed addebitato solo al momento della consegna della spesa.
Tale clausola non ha carattere abusivo ai sensi dell’art. 1469 bis, III comma, n. 12, poiché il prezzo della merce per unità di misura (al chilogrammo o all’ettogrammo, in genere) è comunque fissato al momento dell’ordine e non della consegna. Neppure può dirsi che essa sia vessatoria ai sensi dell’art. 1469 bis, I comma, poiché il possibile aumento della quantità dei prodotti e del relativo prezzo, essendo limitato in termini percentuali ragionevoli, non implica un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto a carico del consumatore.
Tuttavia, la Commissione ritiene più rispettose del principio di buona fede contrattuale quelle modalità di determinazione della quantità e del prezzo dei “prodotti a peso variabile” riportate in quei contratti proposti al consumatore da altri siti del settore Spesa, in virtù delle quali è garantita comunque la facoltà dell’operatore di consegnare una quantità di merce entro certi limiti (massimo 10-20%) differente da quanto ordinato, ma in forza delle quali il professionista è impegnato a garantire che, nei casi in cui la spesa comprenda uno o più “prodotti a peso variabile”, l’addebito effettivo del corrispettivo della spesa sia sempre inferiore a quanto stabilito nell’ordine, oppure mai superiore all'importo totale determinato al momento dell'ordine. Perciò, la Commissione auspica che anche gli altri siti di settore riformino le rispettive previsioni contrattuali in tal senso.
5.4. Prodotti non disponibili
In diversi siti esaminati, gli operatori non assicurano la continua disponibilità dei prodotti offerti ed è espressamente esclusa la loro responsabilità per tale indisponibilità, anche se temporanea.
Tale tipo di clausole non è vessatorio. Tuttavia, in proposito, la Commissione ritiene opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 6.2 del D.Lgs. 185/99 (disposizione opportunamente richiamata dalle condizioni di contratto riportate da altri siti analizzati), in simili casi il professionista ha l’obbligo di informare il consumatore dell’indisponibilità del prodotto e di rimborsarne il prezzo entro trenta giorni dall’invio dell’ordine (ovviamente, dove tale prezzo sia stato corrisposto dal consumatore al momento dell’ordine). A tale proposito, la Commissione precisa altresì che la automatica sostituzione dei prodotti non disponibili con altri di pari valore
– peraltro, prevista solo da pochi dei siti considerati - non è conforme alle disposizioni di legge.
5.5. Diritto di recesso
Il tema del diritto di recesso nei contratti on line appare particolarmente articolato, anche per l’attenzione specifica dedicata ad esso dalla legislazione speciale, e necessita, quindi, di un particolare approfondimento.
Il Codice delle Comunicazioni Elettroniche, per il limitato ambito che disciplina, prevede il diritto di recesso discrezionale da parte del consumatore, senza penali, in caso di modifiche contrattuali. A tal proposito è previsto un accessorio obbligo di informativa al consumatore, con preavviso di almeno un mese, in relazione alle modifiche che si intendono apportare ed al diritto di recesso riconosciuto in caso di non accettazione delle stesse.
La violazione degli obblighi contrattuali sopra commentati, previsti in favore dei consumatori, determina l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. La sanzione potrà essere irrogata dal Ministero delle comunicazioni o dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, secondo le rispettive competenze19. Si tratta di un importo di gran lunga superiore rispetto alle violazioni degli obblighi informativi previsti in materia di contratti a distanza20.
Diverso, invece, è il diritto di recesso riconosciuto dalla disciplina dei contratti fuori dei locali commerciali e dei contratti a distanza stipulati con i consumatori.
La disciplina dei contratti al di fuori dei locali commerciali prevede anch’essa un diritto di recesso per il consumatore (art. 4-8, D. Lgs. 50/1992). Il diritto va esercitato entro sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione della nota d’ordine o dal ricevimento della merce, secondo
19 V. art. 98.16 del Codice.
20 V. art. 12 del D. lgs. 185 del 1999 in caso di violazione del contenuto minimo delle informazioni di cui all’art. 3 della medesima normativa. In tale evenienza, le sanzioni vanno da lire 1 milione a lire dieci milioni (rispetto ad un minimo di euro 5.800 ed un massimo di euro 58.000 previsti dal codice) fatta salva la possibilità di raddoppiare questi importi in caso di recidiva o di particolare gravità.
quanto disposto dall’articolo 6. Il diritto di recesso è suffragato da specifici obblighi di informazione relativi alla sua esistenza, imposti a carico del fornitore (art. 5).
Le violazioni degli obblighi di informazione relativi al diritto di recesso sono sanzionate con il pagamento di una somma pecuniaria, che viene raddoppiata nei casi di maggiore gravità o di recidiva (art. 11).
Anche nella disciplina dei contratti a distanza il diritto di recesso non è condizionato ad alcuna circostanza, essendo totalmente libero. Nei contratti a distanza, il fornitore di servizio di comunicazione elettronica dovrà informare il consumatore dell’esistenza del diritto di recesso, esercitabile entro dieci giorni lavorativi, in tempo utile rispetto alla conclusione del contratto21. La violazione di questi diritti di recesso o di informazione è sanzionata con il pagamento di una somma di danaro.
Il diritto di recesso è irrinunciabile ed il legislatore prevede la nullità di ogni pattuizio ne in contrasto con il decreto 185/99 (art. 11).
La disciplina sul commercio elettronico non prevede un diritto di recesso contrattuale per i consumatori ma impone al fornitore di accusare ricevuta dell’ordine ricevuto, per via telematica e senza ritardo, con l’indicazione dettagliata, tra l’altro, dell’eventuale recesso (art. 13.2, D. Lgs. 70/2003).
Alla luce dei principi esposti, la Commissione rammenta agli operatori interessati che in occasione della stipulazione di un contratto in rete con un consumatore dovranno essere rispettati tutti gli obblighi in materia di diritto
21 Ai sensi del richiamato articolo 3 del D. Lgs. 185 del 1999. A questo proposito, il consumatore che stipula contratti a distanza ha diritto di recedere (art. 5 del D. Lgs. 185 del 1999), senza alcuna penalità e senza necessità di specificarne il motivo, entro il termine di dieci giorni lavorativi decorrente dal ricevimento dei beni o dalla conclusione dei contratti di prestazione dei servizi. In caso di mancata soddisfazione dei diritti di cui all’art. 4 del medesimo decreto da parte del fornitore detto diritto di recesso può essere fatto valere entro tre mesi. Il diritto di recesso si esercita con l'invio, entro il termine previsto, di una comunicazione scritta all'indirizzo geografico della sede del fornitore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. La comunicazione può essere inviata, entro lo stesso termine, anche mediante telegramma, telex e facsimile, a condizione che sia confermata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento entro le 48 ore successive.
Salvo diverso accordo tra le parti, il consumatore non può esercitare il diritto di recesso per i contratti, ad esempio, di fornitura di servizi la cui esecuzione sia iniziata, con l'accordo del consumatore, prima della scadenza del termine di dieci giorni oppure di fornitura di beni o servizi il cui prezzo sia legato a fluttuazioni dei tassi del mercato finanziario che il fornitore non è in grado di controllare.
di recesso previsti legislativamente e, tra gli altri previsti dal D. Lgs. 185/99, l’obbligo di informare il consumatore prima della conclusione del contratto (art. 3) circa l’esistenza, le condizioni e le modalità di esercizio del diritto di recesso, nonché l’obbligo di inviare al consumatore conferma scritta di tali informazioni prima o al momento dell’esecuzione del contratto (art. 4). Dovrà altresì essere assicurata al consumatore la possibilità di esercitare il diritto di recesso nei termini e con i modi stabiliti inderogabilmente dalle norme vigenti (art. 5).
Nel corso dell’indagine, è stata riscontrata sia la violazione degli obblighi informativi da parte dei professionisti (quali, a mero titolo di esempio, l’omissione di qualsiasi informazione in merito al diritto di recesso e l’indicazione di informazioni parziali o erronee su esistenza, condizioni e modalità di esercizio del diritto di recesso), sia la previsione di limitazioni illegittime al diritto di recesso (quali, ancora a solo titolo di esemplificazione, la riduzione del termine per esercitare il diritto di recesso, la previsione della sostituzione del prodotto in luogo del rimborso del prezzo, la previsione di una “franchigia” sul rimborso del prezzo, l’esclusione del diritto di recesso in ipotesi diverse e ulteriori rispetto ai casi espressamente previsti dall’art. 5, III comma, D. Lgs. 185/99, l’esclusione del diritto di recesso in relazione a merce acquistata on line ma ritirata presso la sede del rivenditore, la previsione di termini per il rimborso al consumatore del prezzo già corrisposto divergenti e peggiorativi rispetto a quelli previsti dal legislatore).
La Commissione, avendo già rammentato che i diritti attribuit i al consumatore dal D. Lgs. n. 185/1999 sono irrinunciabili e che è nulla ogni pattuizione contrattuale contraria e che alla violazione delle disposizioni in tema di diritto di recesso del consumatore segue l’applicazione di sanzioni amministrative a carico del professionista, auspica che gli operatori conformino i rispettivi modelli contrattuali e la propria prassi operativa e quanto stabilito dal legislatore.
5.5.1. Facoltà di recesso del professionista
L’ufficio ha rilevato un caso in cui il professionista si è riservato la facoltà di recedere dal contratto (anche se le condizioni contrattuali parlano
La Commissione specifica che la previsione di una simile facoltà in capo al professionista non è illegittima, ma, affinché ne sia escluso il carattere vessatorio nei confronti del consumatore (art. 1469, III comma, n. 7), la clausola deve riservare la medesima facoltà di recesso anche al contraente più debole, ossia al consumatore.
5.6. Limitazioni di responsabilità
Nel corso dell’indagine, sono state rinvenute delle clausole volte a limitare variamente la responsabilità del professionista: (i) in alcuni casi, il professionista declina ogni responsabilità circa l’operatività del sito, l’accuratezza, la completezza e l’affidabilità delle informazioni presenti nel sito, i dati e le eventuali inesattezze tecniche o d'altra natura che potrebbero essere contenute nel sito; (ii) in altri, l’operatore esclude qualsiasi responsabilità a proprio carico per danni diretti o indiretti di qualunque natura o sotto qualunque forma si manifestino, conseguenti all'utilizzo del sito e/o delle notizie, foto ed informazioni ivi contenute, oppure limita l’ammontare del risarcimento dei danni dovuto al consumatore - o addirittura esclude qualsiasi obbligo risarcitorio del professionista - in caso di responsabilità del professionista nei confronti del consumatore a qualsiasi titolo, ivi incluso l’inadempimento totale o parziale.
Ebbene, con riguardo alle clausole del primo tipo (quelle descritte sub (i), la Commissione è dell’avviso che esse siano abusive, perché l’ampiezza della esclusione di responsabilità per i contenuti del sito (ivi incluse, in ipotesi, anche le informazio ni circa le caratteristiche dei beni o dei servizi acquistabili on line) può risolversi in un’esclusione o una limitazione delle azioni o dei diritti del consumatore nei confronti del professionista in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista stesso, ossia in circostanze rilevanti ai sensi dell’art. 1469 bis, III comma, n. 2.
Quanto alla previsioni sub (ii), la Commissione ricorda, come ha già fatto nei pareri precedenti, che, sotto il profilo della vessatorietà, la legge lascia alle parti un grado di autonomia diverso, a seconda del tipo di danno che viene in considerazione. In particolare, per il combinato disposto dell’art. 1469 bis, III comma, n. 1 e dell’art. 1469 quinques, II comma, n. 2, nessun margine di libertà è concesso rispetto alla responsabilità per morte o danno alla persona del consumatore, disponendo in ogni caso per l’inefficacia assoluta delle clausole contrattuali che abbiano per oggetto o per effetto l’esclusione o la limitazione della responsabilità del professionista per questo tipo di danni.
Le previsioni contrattuali oggetto di esame, dunque, risultano vessatorie nei confronti del consumatore perché sono formulate nei termini generali sopra citati senza distinguere a seconda del tip o di danno, oppure, perché (oltre a non distinguere in punto di tipo di danno sofferto dal consumatore) limitano i diritti dello stesso in caso di inadempimento del professionista.
5.7. Modifiche alle condizioni generali
Le condizioni generali di contratto riportate in diversi siti riservano al professionista il diritto di modificare le condizioni contrattuali stesse. In tali ipotesi, per lo più, è esplicitamente specificato che il regolamento negoziale applicabile al singolo ordine è quello esposto sul sito al momento dell’ordine stesso e che le eventuali nuove pattuizioni fissate dal professionista si applicano solo alle compravendite concluse successivamente alla loro pubblicazione in rete.
La Commissione ha però riscontrato anche l’esistenza di casi in cui i documenti contrattuali: (i) sono meno chiari con riguardo al regime di efficacia delle nuove condizioni di vendita riguardo a compravendite già stipulate ed in corso di attuazione, poiché prevedono genericamente che le modifiche dovranno considerarsi in vigore a partire dal giorno in cui il relativo avviso è esposto sul sito; (ii) sono contraddittori, poiché stabiliscono sia che le condizioni applicabili sono quelle alla data dell’ordine sia che il consumatore ha l’obbligo di stampare nuovamente e conservare le condizioni a seguito di ogni aggiornamento delle stesse da parte del professionista, come se esse fossero comunque da considerarsi in
vigore anche tra le parti di un contratto stipulato prima delle modifiche; infine, (iii) presentano disposizio ni in merito poco chiare ma, ad ogni modo, dirette ad assicurare al professionista una libertà illimitata di modificare le clausole contrattuali in qualsiasi momento a scapito di quanto già stabilito con il singolo consumatore.
Nel caso sub (iii), ma anche in quello sub (ii), ove l’incertezza sui termini di applicabilità delle modifiche negoziali unilaterali abbia l’effetto di conferire al professionista la facoltà di modificare unilateralmente le clausole del contratto già stipulato (ed in corso di esecuzione), ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio, senza un giustificato motivo preventivamente indicato nel contratto stesso, le clausole in questione sono da considerarsi vessatorie ai sensi dell’art. 1469 bis, III comma, n. 11. Per approfondimenti al riguardo, si rinvia al parere reso dalla Commissione con riguardo alle clausole vessatorie nei contratti di telefonia.
5.8. Mancato recapito dei prodotti
La Commissione ha riscontrato che la gran parte delle merci acquistate in rete è consegnata al domicilio indicato dal consumatore, previo accordo sull’orario di consegna. La consegna è poi indistintamente realizzata dallo stesso fornitore della merce, da corrieri specializzati o tramite il servizio postale. Nelle ultime due ipotesi, in caso di assenza del destinatario, la merce è nuovamente presentata al domicilio indicato dal consumatore in un altro momento e, in ultima istanza, depositata presso la sede del corriere, presso cui il consumatore potrà ritirarla secondo le indicazioni riportate nell’avviso recapitatogli dal corriere stesso.
In alcuni siti, la Commissione ha rilevato la presenza di una disciplina abusiva dei termini di consegna della merce e, in particolare, dell’ipotesi di mancato recapito. Tale, ad esempio, è il caso in cui l’operatore professionale si obbliga a consegnare il prodotto tramite corriere espresso, con assicurazione di consegna entro il giorno successivo all’ordine (senza possibilità di precisare una fascia oraria), e il consumatore, pur avendo già corrisposto il prezzo della merce all’operatore, è esposto al rischio di perdere completamente qualsiasi diritto sulla merce in caso di mancato recapito (peraltro, anche al domicilio di un destinatario diverso dal
consumatore che ha effettuato l’ordine). Ricorrendo tale evenienza, infatti, è escluso ogni obbligo del professionista di tentare nuovamente la consegna o di rimborsare il prezzo ricevuto, trattenendo la merce.
Una simile disciplina contrattuale, anche qualora sia dettata in relazione alla compravendita di beni deteriorabili, è vessatoria alla luce dell’art. 1469 bis, I comma, poiché impone illegittimamente al consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e, in definitiva, una ingiustificata decadenza del consumatore dal proprio diritto, rilevante anche ai sensi dell’art. 1469 bis, III comma, n. 18.
5.9. Modifiche del prezzo
La Commissione ha avuto modo di verificare che talvolta è riservato all’operatore il diritto di confermare o modificare i prezzi dei prodotti al momento della conferma dell’ordine del consumatore. Una simile previsione, rendendo possibile al professionista di modificare il prezzo sostanzialmente già pattuito, costituisce un abuso nei confronti del consumatore ai sensi dell’art. 1469, III comma, n. 13, qualora non sia contestualmente previsto a favore del medesimo la possibilità di recedere dall’impegno di acquisto assunto se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto.
5.10. Garanzia per la conformità dei prodo tti
Il legislatore italiano, dando attuazione alla Direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie di consumo con il D.Lgs. n. 24 del 2 febbraio 2002, ha novellato il codice civile, introducendo gli articoli da 1519-bis a 1519-novies che disciplinano dettagliatamente il regime della garanzia nella compravendita di beni di consumo da parte dei consumatori. Tale nuova disciplina, ex art. 2 del D.Lgs. n. 24/2002, si applica ai contratti di vendita di beni di consumo per i quali la consegna al consumatore è avvenuta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (23 marzo 2002).
Senza indugiare sui noti contenuti del nuovo regime di garanzia e rinviando per ogni commento allo stesso alle numerose pubblicazioni già apparse in
materia, ma stante la rilevanza che una simile garanzia assume nel contesto di una compravendita conclusa a distanza con modalità on line, alla Commissione preme sottolineare che, nel corso della propria analisi, ha riscontrato che: (i) i siti tacciono totalmente sulle condizioni di garanzia in questione, oppure (ii) le condizioni contrattuali riportate nei siti dettano una disciplina relativa alla garanzia sulla conformità dei prodotti che, salvo rare eccezioni, è risultata essere non conforme al dettato normativo.
La Commissione ritiene, dunque, opportuno ricordare agli operatori che nel primo caso non sussistono profili critici in quanto, nel silenzio delle pattuizioni, deve ritenersi applicabile in toto la nuova disciplina codicistica e che, nel secondo caso sopra esposto, il legislatore (art. 1519-octies) ha previsto la nullità di ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dal codice al consumatore, con conseguente applicazione integrale delle norme codicistiche recentemente introdotte.
Peraltro, non mancano casi in cui, nel regolare il diritto di garanzia, gli operatori: (i) escludono il diritto del consumatore ad essere risarcito di qualsiasi danno causato dal prodotto o dalla mancanza di integrità del prodotto al momento della consegna - esclusioni per la cui vessatorietà si vedano le considerazioni già svolte sub n. 6; (ii) indicano come applicabili delle clausole contrattuali contenute nei certificati di garanzia dei produttori, estendendo così l’adesione del consumatore a clausole non conoscibili prima della conclusione del contratto, in maniera certamente abusiva per il consumatore (art. 1469, III comma, n. 10); (iii) presentano una cospicua serie di regimi di garanzia diversi tra loro in relazione alla tipologia di prodotto acquistata, senza comunque conformarsi nei contenuti alle previsioni codicistiche, con ciò implicando un’evidente carenza di chiarezza e comprensibilità dal carattere vessatorio ai sensi dell’art. 1469- quater, I comma.
5.10.1. Obblighi di qualità e indennizzi
Il Codice delle Comunicazioni Elettroniche prevede che tra gli elementi che debbono essere indicati nei contratti di fornitura di servizi di comunicazione elettronica, vi siano:
▪ “i livelli di qualità dei servizi offerti” 22;
▪ “le disposizioni relative all’indennizzo ed al rimborso applicabili qualora non sia raggiunto il livello di qualità del servizio previsto dal contratto”23.
5.10.1.1. Informazioni sulla qualità
In aggiunta, l’art. 72 del Codice, rubricato “qualità del servizio”, riconosce all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la facoltà di prescrivere alle imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, la pubblicazione delle informazioni sulla qualità dei servizi offerti.
L’indicazione di detti parametri di qualità, peraltro, risponde al principio di trasparenza che ispira sia l’art. 71 del Codice, che ha recepito l’art. 21 della Direttiva sul servizio universale (22/2002), di cui si è già detto, sia l’art. 4 della direttiva 179/2003 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Detto ultimo articolo, infatti, stabilisce che gli utenti hanno il diritto ad un’informazione completa circa le modalità giuridiche, economiche e tecniche di prestazione dei servizi (art. 4, comma 1). La stessa disposizione richiama la necessità di rispettare i criteri di trasparenza, chiarezza e tempestività nonché i principi di buona fede e lealtà, valutati alla stregua delle esigenze delle categorie di consumatori più deboli.
5.10.1.2. Clausola di indennizzo
L’obbligo di inserire una specifica clausola che faccia riferimento al diritto ad un indennizzo e al rimborso per quanto attiene i contratti aventi ad oggetto prevalente la trasmissione di segnali in rete, scaturisce dall’art. 70 del Codice.
La procedura di qualità prevista dal legislatore e dall’Autorità stabilisce che il contratto indichi il livello minimo di qualità dei servizi, in modo chiaro e trasparente, così da rendere effettivi i diritti degli utenti finali.
22 V. art. 70, comma 1 lett. b) del Codice.
23 V. art. 70, comma 1 lett. f) del Codice.
Il mancato raggiungimento del livello minimo di qualità del servizio dà diritto a rimborsi o indennizzi in favore degli utenti. Le pattuizioni contrattuali dovranno specificarne ammontare e modalità di corresponsione.
Il Segretario Generale (Xxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx)
Milano, 30 Gennaio 2004