L'intermediazione avente ad oggetto derivati su valute rientra nella disciplina del TUF.
L'intermediazione avente ad oggetto derivati su valute rientra nella disciplina del TUF.
Responsabilità solidale della banca che collabori alla attività di intermediazione svolta da soggetto non abilitato
Tribunale di Firenze. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx.
Intermediazione finanziaria su valute - Strumenti derivati - Applicabilità della disciplina del TUF
La prestazione di servizi di investimento che riguardi i derivati su valute rientra a pieno titolo nella nozione di investimento in strumenti finanziari e, quindi, nell'area di applicabilità della disciplina del TUF; in tal caso, infatti, oggetto dell'investimento non è direttamente la valuta, la quale costituisce il "sottostante", ma il contratto derivato la cui redditività dipende dalla fluttuazione dei tassi di cambio della prima.
Intermediazione finanziaria avente ad oggetto derivati su valute - Prestazione di servizi di investimento - Autorizzazione
- Necessità
L'attività di intermediazione che abbia ad oggetto derivati legati all'andamento delle valute costituisce a tutti gli effetti attività di prestazione di servizi di investimento e non può essere esercitata dalle società di cui all'albo degli intermediari finanziari istituito ai sensi dell'articolo 106 TUB, in quanto, ai sensi dell'articolo 18 TUF, detta attività è riservata alle imprese di investimento ed alle banche ovvero, sia pure con limitazioni, alle società iscritte all'albo speciale di cui all'articolo 107 TUB.
Intermediazione finanziaria - Attività svolta da soggetto non abilitato in collaborazione con l'Istituto bancario - Responsabilità solidale della banca - Sussistenza
La banca che presti la propria collaborazione all'attività di intermediazione finanziaria svolta da soggetto non abilitato risponde in solido con l'intermediario dei danni sofferti dai clienti in caso di esito sfavorevole degli investimenti.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
I 46 attori sopra indicati hanno citato in giudizio la BANCA X SPA al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, patiti in conseguenza della totale perdita degli investimenti effettuati mediante operazioni di intermediazione in cambi sul mercato del Forex, in concreto eseguiti tramite l'operato di Y SPA, società terza, iscritta
nell'elenco generale degli intermediatori finanziari ex art. 106 d.lgs. 385/1993 (c.d. T.U.B.).
A sostegno della propria tesi, la difesa attorea ha evidenziato:
- che gli attori erano tutti clienti c.d. retail;
- che la BANCA convenuta e la Y avevano operato in sinergia, in co- branding;
- che gli stessi avevano stipulato, tramite procacciatori d'affari della Y che si recavano presso il proprio domicilio, un “Contratto di gestione in cambi” con la Y, avente ad oggetto una vera e propria gestione patrimoniale con previsione di una c.d. leva finanziaria pari addirittura a 50, nel periodo compreso fra il marzo 2006 ed il luglio 2009, nonché, contestualmente, un contratto di conto corrente con la BANCA per il deposito delle somme destinate agli investimenti;
- che gli attori con specifiche sottoscrizioni avevano autorizzato altresì la Y ad operare sui conti correnti suddetti con corrispondente rinuncia dei medesimi ad utilizzare le somme depositate senza autorizzazione di Y e sino a revoca del mandato a questa conferito;
- che la BANCA, tramite giroconto interno, aveva trasferito quanto depositato sui c/c dagli attori in un conto corrente omnibus della Y, acceso presso la stessa BANCA, determinando così una situazione di confusione patrimoniale;
- che le somme venivano poi trasferite ad altro intermediario estero, per eseguire in piena autonomia di Y investimenti collegati a valute sul mercato internazionale dei cambi (c.d. FOREX);
- che nell'agosto 2009, a seguito di allarmanti notizie pubblicate sugli organi di stampa, circa la solvibilità della Y, i cui uffici risultavano di fatto abbandonati e gli amministratori irreperibili, gli attori avevano revocato i mandati a suo tempo conferiti, chiedendo il rientro delle somme depositate sul conto BANCA;
- che quest'ultima si era limitata a rimborsare somme minimali, rispetto a quanto complessivamente investito;
- che Y era stata dichiarata fallita dal Tribunale di Como nell'ottobre 2009 e che inesistenti erano le concrete possibilità di recupero dalla procedura delle somme investite;
- che dei danni complessivamente sofferti era responsabile in solido la stessa BANCA.
In particolare gli attori, a fondamento della corresponsabilità della convenuta negli accadimenti, hanno evidenziato:
1. la collaborazione di fatto fra le due società, le quali, tramite comunicazioni e modulistica contrattuale idonea a creare confusione, aveva ingenerato nei clienti la convinzione di aver sottoscritto un'unica operazione contrattuale, in cui le controparti erano cumulativamente la banca e la Y. In tal senso è evidenziato che i distinti contratti (di conto corrente, sottoscritto dalla BANCA, e di gestione in cambi, formalmente concluso solo con Y) venivano presentati e fatti firmare unitariamente e nello stesso contesto; che alla Convention informativa e promozionale di
----- del 16.01.2009, in cui erano stati presentati ai potenziali clienti i prodotti di Y, la BANCA aveva partecipato con un proprio relatore; che nella cartellina consegnata ai clienti al momento della sottoscrizione della modulistica contrattuale risultavano ben evidenti entrambi i loghi delle due società; che i contratti di c/c predisposti da BANCA erano stati appositamente personalizzati e denominati Y; che la BANCA aveva tratto notevoli vantaggi economici nell'operazione, derivanti dall'apertura di
molteplici nuovi contratti di conto corrente, nonché dalla disponibilità di ingenti somme di denaro sui suoi conti (in alcuni casi era presente una clausola per cui almeno il 50% delle somme depositate dai clienti doveva rimanere „a far volume' nelle casse dell'odierna convenuta).
2. che la Y aveva agito in spregio all'autorizzazione di cui disponeva: invero, pur essendo autorizzata ex art. 106 TUB alla sola attività di negoziazione e gestione in cambi, in realtà eseguiva attività diversa ed ulteriore, con leva finanziaria fino a 50, come tale riservata ai sensi del Testo Unico Finanza (D. Lgs. n. 58/1998) alle banche, alle S.I.M. ed alle società di gestione del credito; l'Y FOREX aveva svolto dunque un'attività per la quale difettava dei requisiti di legge; che tale circostanza era senz'altro nota o comunque conoscibile dalla BANCA, quale operatore professionale; che la stessa quindi non avrebbe dovuto collaborare, mediante la stipula dei citati contratti di conto corrente nell'attività di intermediazione finanziaria e di investimento esercitata da Y;
3. Che la BANCA non aveva reso correttamente le rendicontazioni dovute per legge, ed aveva reso possibile la situazione di confusione patrimoniale di cui sopra;
4. Che la BANCA aveva violato gli obblighi di identificazione del cliente, in occasione della stipula dei contratti, ed aveva svolto il ruolo di depositaria degli investimenti senza le necessarie autorizzazioni previste dalla normativa di settore.
Gli attori, assumendo la piena correponsabilità della convenuta in relazione ai danni sofferti, hanno quindi concluso come sopra.
Si è costituita, tempestivamente, la BANCA SPA, contestando le avverse pretese, di cui ha chiesto il rigetto ed avanzando a sua volta, in subordine, domanda di manleva nei confronti del FALLIMENTO Y, che ha chiamato in causa.
La stessa ha escluso ogni responsabilità nella vicenda, rivendicando la propria buona fede e correttezza. In particolare:
1) Per quanto riguarda l'asserita corresponsabilità della BANCA con la Y, in considerazione della asserita natura unitaria della complessa vicenda contrattuale, la convenuta ha ribadito la piena distinzione fra il proprio operato e quello della Y, essendosi la prima limitata alla stipula dei contratti di conto corrente ed essendo rimasta estranea all'attività di gestione in cambi posta in essere in via esclusiva dalla Y; ha affermato la piena regolarità dell'attività posta in essere, in quanto la Y, quale intermediario finanziario iscritto all'albo ex art. 106 T.U.B., necessitava del supporto di una banca per operare, non potendo la stessa essere depositaria della provvista fornita dai clienti per le operazioni di investimento; aggiunge sul punto che in concreto la BANCA era stata uno delle quattro banche di cui si era servita la Y; circa il ruolo avuto dalla banca alla Convention di Lugano, ha evidenziato che la stessa era intervenuta solo a mezzo di un proprio dipendente, il quale si era limitato ad una breve presentazione del proprio prodotto (il contratto di c/c) a fronte di molte ore di illustrazione dell'attività di Y; inoltre, per quanto riguarda la cartellina predisposta con entrambi i loghi BANCA - Y, ha precisato che la stessa conteneva unicamente il servizio fornito dalla banca, e cioè il contratto di conto corrente, e non anche la modulistica contrattuale predisposta da Y.
2) Quanto all'attività della Y, la BANCA ha evidenziato come la stessa non rientrasse nell'area di applicabilità dal TUF, in quanto consisteva nella mera intermediazione in cambi, cioè nella negoziazione di valuta
contro un'altra per conto dei clienti, e non aveva ad oggetto strumenti finanziari.
A sostegno di tale tesi, la BANCA ha evidenziato che lo stesso art. 1 co. 4 del TUF prevede che “i mezzi di pagamento non sono strumenti finanziari” e richiama le Comunicazioni CONSOB del 23.09.1996 e del 14.01.1998, che escludono che l'attività di intermediazione in cambi avente ad oggetto direttamente valute rientri nella nozione di strumenti finanziari e costituisca prestazione di servizi di investimento ai sensi del TUF.
3) Per quanto riguarda le rendicontazioni, precisa di aver regolarmente inviato ai clienti gli estratti conto previsti, unico onere su di lei gravante. Circa la creazione della situazione di confusione patrimoniale, ha contestato l'addebitabilità di qualsivoglia violazione, essendosi limitata a dare esecuzione agli ordini provenienti dalla Y, unica legittimata ad operare su detti conti correnti in virtù dei vincoli contrattuali sottoscritti dagli stessi clienti.
La BANCA, poi, ha rivendicato la propria buona fede durante l'intero rapporto contrattuale, evidenziando che al momento in cui uscirono i primi dati di stampa circa il non corretto operato degli amministratori della Y, poi sottoposti anche a procedimento penale, la stessa aveva prontamente “congelato” i conti dei clienti, provvedendo poi a trasferire la giacenza dei conti stessi in loro favore.
4) ha contestato, infine, le asserite violazioni normative relative agli obblighi di corretta identificazione del cliente ed alla attività espletata di banca depositaria.
La convenuta ha poi contestato la quantificazione del danno operata dagli attori, allegando gli estratti conto con tutta la movimentazione dei conti correnti degli attori e producendo diverso conteggio con la indicazione delle singole posizioni. La stessa ha inoltre negato la risarcibilità del mancato guadagno e del danno non patrimoniale; ha eccepito, infine, il difetto di legittimazione attiva del sig. XXXXXX, soggetto che non aveva mai avuto alcun rapporto contrattuale con la banca.
Si è costituito il FALLIMENTO della Y SPA, eccependo in via preliminare l'inammissibilità della domanda di manleva svolta dalla convenuta, trattandosi di credito da far valere in sede concorsuale, secondo le norme di cui alla legge fallimentare. Per il resto ha chiesto il rigetto delle domande.
Con sentenza n. 54/2012, resa a seguito di discussione orale, è stata dichiarata l'inammissibilità della domanda di manleva, con condanna della BANCA alla rifusione delle spese legali.
Il giudizio è quindi proseguito tra le parti originarie.
All'udienza del 24.04.2012 si è costituito nuovo difensore di parte convenuta e sono stati concessi i termini di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c.
Con ordinanza del 14.03.2013, il Giudice ha rigettato tutte le richieste istruttorie delle parti.
In corso di causa gli attori hanno chiesto in via cautelare il sequestro conservativo dei beni della convenuta sino a concorrenza dei rispettivi crediti, ma la relativa richiesta è stata rigettata dall'ufficio con ordinanza 13.8.2013 per difetto di periculum in mora, sentra entrare nel merito della fondatezza della pretesa.
La causa è stata istruita solo documentalmente.
A seguito della soppressione della Sezione Distaccata di Empoli, la causa è stata trattata presso la sede centrale, previa assegnazione a questo
Giudice (cfr. provvedimento del Pres. di sez. del 05.03.2014).
Esperito con esito negativo il procedimento di mediazione disposto dall'ufficio ex art. 5, II co., D. Lgs. n. 28/2010 e s.m.i., all'udienza del 19.05.2015 sono state precisate le conclusioni come sopra e la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.
In comparsa conclusionale, gli attori hanno formulato domanda di nullità dei contratti con la BANCA per violazione delle disposizioni di cui agli artt. 21 e 23 del TUF.
La causa è stata rimessa sul ruolo con ordinanza del 16.09.2015, al fine di provvedere alla ricostituzione dei fascicoli di parte che, pur ritualmente depositati, non risultavano agli atti.
La causa è stata quindi nuovamente trattenuta in decisione all'udienza 13.10.2015
1) Sulla posizione processuale del sig. XXXXXX
In sede di precisazione delle conclusioni, il legale delle parti attrici ha precisato di non aver inteso proporre nessuna domanda in favore del sig. XXXXXX e che il nominativo dello stesso è stato inserito nella lista degli attori per mero errore materiale.
Sul punto non deve pertanto emettersi alcuna decisione di merito.
Ad analoga conclusione si giunge, assumendo che la suddetta puntualizzazione sia da qualificare in termini di rinuncia alla domanda e/o agli atti del giudizio.
2) Sull'attività svolta da Y SPA – il quadro normativo di riferimento
È pacifico in causa che la Y SPA fosse una società finanziaria autorizzata, iscritta nel c.d. elenco generale di cui all'art. 106 Testo Unico banche (D. Lgs. n. 385/1993).
Tale disposizione normativa, nella versione vigente ratione temporis, prevedeva che “L'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC.”
Ai sensi dell'art. 4 del decreto del Ministero del Tesoro del 6 luglio 1994 (applicabile ratione temporis), predisposto ad attuazione del comma 4 dello stesso art. 106 TUB l'intermediazione in cambi consiste ne“l'attività di negoziazione di una valuta, compresa la lira, contro un'altra, a pronti o a termine, nonché ogni forma di mediazione avente ad oggetto valuta”. Inoltre, a norma del comma 4 dell'art. 1 del TUF (vigente ratione temporis) “I mezzi di pagamento non sono strumenti finanziari”.
Dal combinato disposto di tali disposizioni normative, si evince che l'attività di mera intermediazione in cambi, in quanto avente ad oggetto direttamente valute, non è considerata attività di prestazione di servizi di investimento ai sensi del TUF, ed è estranea alla disciplina di questo.
Ciò perché le valute non possono considerarsi strumento finanziario nell'accezione propria di cui all'art. 1, II co., TUF.
In tal senso si è espressa anche la CONSOB nelle Comunicazioni richiamate dalla difesa della BANCA (Comunicazioni CONSOB del 23.09.1996 e del 14.01.1998); tale attività, di conseguenza, esula dalle previsioni normative del TUF, che dunque non troverebbe applicazione nella fattispecie. Come condivisibilmente affermato in tale sede “le
operazioni di compravendita a pronti o a termine aventi direttamente ad oggetto valute non rientrano nella nozione di "strumenti finanziari" recata dall'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 415 del 1996 (c.d. decreto S.I.M., poi abrogato dal D. Lgs. n. 58/1998 NDR). Ne consegue che per svolgere la relativa attività nei confronti del pubblico non si deve costituire una Sim, né trasformarsi in una Sim: occorre anzi segnalare che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6, comma 5, e 1, comma 4, lett. g), del decreto, le Sim possono prestare il servizio di intermediazione in cambi solo quando questo sia collegato alla prestazione di servizi di investimento”.
A soluzione opposta si deve invece giungere ove l'attività di intermediazione in cambi non abbia ad oggetto direttamente valute, bensì strumenti finanziari derivati legati alla fluttuazione dei cambi.
Sul punto è quindi necessario lumeggiare, senza alcuna pretesa di esaustività ed al solo fine di far comprendere le caratteristiche essenziali di tale tipo di investimenti, la nozione e le caratteristiche proprie degli strumenti finaziari derivati.
Invero ai sensi dell'art. 1, II co., TUF per “strumenti finanziari”, la cui negoziazione comporta la prestazione di servizi di investimento regolati dalla suddetta normativa, si intendono (lett. f, g, h, i), tra gli altri, i “contratti futures su valute”, “i contratti di scambio a pronti e a termine su valute”, “i contratti a termine collegati a valute”, “i contratti di opzione su valute” in tutti i casi “anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti”, che la legge definisce “strumenti finanziari derivati” (art. 1 comma III TUF).
Ove l'intermediazione in cambi si attui attraverso la conclusione di tale tipologia di contratti, il rischio per l'investitore è enormemente superiore e maggiori devono essere le garanzie poste a sua tutela.
E' noto che nell'ordinamento italiano manca – a livello di normativa primaria - una definizione di contratti derivati, limitandosi il TUF a precisare che i contratti su derivati elencati all'art. 1, co., 2 lett. D), e), f) g), h) e j) costituiscono gli “strumenti finanziari derivati” (rectius sono contratti dai quali „derivano' – qui è il caso - strumenti finanziari), con conseguente applicazione di tale disciplina per la prestazione di servizi di investimento aventi ad oggetto tali prodotti.
La Banca d'Italia (art. 3, Istruzioni di vigilanza per le banche – Circolare
n. 229/1999) li definisce “i contratti che insistono su elementi di altri schemi negoziali, quali titoli, valute, tassi di interesse, tassi di cambio, indici di borsa, ecc. Il loro valore „deriva' da quello degli elementi sottostanti. Costituiscono prodotti derivati, ad esempio, i futures, le options, gli swaps, i forward rate agreements”.
Come è stato affermato in dottrina, i derivati possono definirsi “come contratti il cui valore deriva (cioè dipende) dal prezzo di una attività finanziaria sottostante, ovvero del valore di un parametro finanziario di riferimento (indice di borsa, tasso d'interesse, cambio)”. Si aggiunga che oggetto del contratto non è mai il „sottostante' (ad es. la valuta straniera, la merce di riferimento), ma il differenziale tra il valore dell'entità di riferimento al momento della stipula e quello assunto dalla medesima entità al momento della data di esecuzione del contratto.
Secondo altra ricorrente definizione il derivato è quel contratto o strumento finanziario che possieda, congiuntamente, le seguenti caratteristiche: “(a) il suo valore cambi in relazione al cambiamento di un tasso di interesse, di un prezzo di uno strumento finanziario, di un prezzo
di una merce, di un tasso di cambio in valuta estera, di un indice di prezzi o di tassi, di un merito di credito (rating) o indici di credito o altra variabile prestabilita (alcune volte denominata “sottostante”); (b) a parita di redditività, richieda un investimento netto iniziale minore di quanto ottenibile mediante investimento diretto sul “sottostante” (cd acquisto allo scoperto); (c) è regolato a data futura, con regolamento differito rispetto alla data di negoziazione”.
Come è stato evidenziato, la seconda caratteristica valorizza l'effetto „di leva' che si ottiene con lo strumento, con conseguente idoneità alla moltiplicazione dei profitti, o delle perdite.
La possibilità di effettuare acquisti allo scoperto, connaturata all'investimento in strumenti finanziari derivati, ha infatti l'effetto di moltiplicare gli eventuali profitti, o perdite, dell'investimento stesso (cfr la definizione di leva finanziaria di cui all'art. 41 (leva finanziaria) del Reg. Consob Del 11522/98 secondo cui: L'intermediario contrae obbligazioni per conto dell'investitore che lo impegnano oltre il patrimonio gestito qualora la leva finanziaria utilizzata superi l'unità. Ai fini della definizione delle caratteristiche della gestione, per leva finanziaria si intende il rapporto fra il controvalore di mercato delle posizioni nette in strumenti finanziari e il controvalore del patrimonio affidato…)
Ciò spiega perché, la prestazione di servizi di investimento che riguardi derivati su valute rientri a pieno titolo nella nozione di investimento in strumenti finanziari e, quindi, nell'area di applicabilità della disciplina di cui al T.U.F.
In tal caso infatti oggetto dell'investimento non è direttamente la valuta, che costituisce il “sottostante”, ma il contratto derivato la cui redditività dipende dalla fluttuazione dei tassi di cambio della prima.
La conclusione sotto il profilo giuridico è che l'intermediazione in cambi che non riguarda direttamente valute, bensì derivati legati all'andamento delle valute, costituisce a tutti gli effetti attività di prestazione di servizi di investimento disciplinata dal T.U.F. e non può invece essere esercitata dalle società di cui all'albo degli intermediari finanziari istituito ai sensi dell'art. 106 del Testo Unico Banche.
Ai sensi dell'art. 18 del TUF infatti “L'esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi e delle attività di investimento (disciplinata dallo stesso TUF – ndr) è riservata alle imprese di investimento (SIM, NDR) ed alle banche”, ovvero, sia pure con limitazioni, alle società iscritte all'albo speciale di cui all'art. 107 TUB).
Tali attività sono subordinate al rilascio di apposita autorizzazione di competenza della Consob, sentita la Banca d'Italia, la quale verifica la susisstenza delle condizioni di cui all'art. 19 TUF.
E' da escludere invece che tale attività possa essere esercitata da soggetti diversi da quelli indicati.
Tanto premesso in punto di diritto, e venendo alla presente fattispecie, e ribadito che Y era iscritta esclusivamente all'albo degli intermediari finanziari di cui all'art. 106 TUB, resta allora da accertare se l'attività di questa costituisse esclusivamente attività di intermediazione in cambi avente direttamente ad oggetto valute, come tale legittimamente da essa esercitabile, ovvero attività di prestazione di servizi di investimento ai sensi della disciplina del TUF.
Ad avviso del giudicante la risposta è la seconda.
Dai contratti depositati relativi ai servizi prestati da Y emerge chiaramente che la stessa non svolgeva un'attività di intermediazione o gestione in cambi “pura”, ma una vera e propria gestione patrimoniale, attuata mediante forme di investimento su derivati legati alla fluttuazione dei cambi.
Le linee di gestione proposte alla clientela prevedevano infatti una leva finanziaria, che poteva raggiungere anche la considerevole cifra di „fino a 50' (cfr. pag. 9 dei contratti stipulati con Y – doc. 10 fascicolo difesa attorea).
Ciò sta a significare, secondo il meccanismo finanziario sopra illustrato, che la gestione conferiva ad I. il potere dovere di investire per conto dei clienti su strumenti derivati legati alle valute, con conseguente impegno di somme limitate, destinate all'effettuazione di acquisti “allo scoperto” e con effetto moltiplicatore dei possibili guadagni e delle eventuali perdite (anche di importo maggiore alla stessa somma impiegata).
Ne segue che, anche sulla base del solo dato contrattuale di provenienza Y, l'attività posta in essere dalla stessa non poteva avere ad oggetto direttamente valute (e scambi a pronti od a termine di una valuta contro un'altra, con esborsi pari all'entità complessiva dell'investimento effettuato), bensì l'investimento su derivati legati a valute, regolati solo per differenza e non interamente „coperti' dal versamento del cliente.
Diversamente, infatti, non avrebbe avuto alcun senso la previsione contrattuale di un meccanismo di leva finanziaria.
A favore di tale ricostruzione sono anche le caratteristiche proprie delle diverse linee d'investimento proposte dalla Y (metaforicamente definite in contratto, in ordine crescente di rischiosità, “Silver, Gold, Platinum e Privilege”): invero, le stesse prospettavano alte percentuali di guadagno a fronte di un mercato, quale quello del FOREX, notoriamente caratterizzato da oscillazioni valutarie minime.
Non sarebbe stato possibile prospettare e concretizzare tali alti guadagni se non fosse stato previsto il meccanismo derivato di leva finanziaria anzidetto, il quale permette appunto di moltiplicare gli eventuali guadagni (ed i correlativi rischi con possibilità di perdite patrimoniali anche in termini multipli rispetto al capitale impegnato).
Di conseguenza, l'attività posta in essere da Y era a tutti gli effetti qualificabile quale servizio di investimento a norma del comma 5 dell'art. 1 del TUF, in quanto avente ad oggetto strumenti finanziari.
Ne deriva la piena applicabilità dell'intera disciplina del TUF.
Tale attività poteva essere svolta solo da uno dei soggetti abilitati a norma dell'artt. 18 e 19 TUF, e cioè una SIM, una Banca, oppure una società autorizzata iscritta all'albo speciale di cui all'art. 107 TUB.
Si aggiunga che l'esercizio abusivo della prestazione di servizi di investimento integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 166 TUF. Nella fattispecie è pacifico che Y non rientrava in nessuna delle tre ipotesi anzidette, trattandosi di una mera società iscritta all'albo degli intermediari finanziari di cui all'art. 106 del Testo Unico Banche, come tale sottratta vuoi ai poteri di vigilanza della Banca d'Italia e della Consob, così come previsti dalla disciplina del TUF (artt. 5 e ss.), vuoi alla necessità di ottenere la rituale autorizzazione e rispettare gli stringenti requisiti di onorabilità degli organi sociali ed i requisiti minimi dimensionali e di capitale ed oggetto sociale di cui all'art. 19 del TU. Poiché non è in contestazione che nell'espletamento del servizio di gestione patrimoniale suddetto Y ha provocato la sostanziale irreversibile
dispersione delle somme accreditate dai risparmiatori sui conti correnti della convenuta, con correlativo danno, resta allora da valutare se di tali conseguenze pregiudizievoli debba rispondere anche la BANCA.
3) la responsabilità di BANCA SPA
La BANCA SPA è co-responsabile, insieme alla Y SPA, per i danni subiti dagli odierni attori.
La stessa, nella sua qualità di operatore professionale del settore bancario e creditizio non poteva non aver avuto conoscenza della natura dell'attività finanziaria posta in essere dalla Y ed in particolare del ricorso da parte di questa al mercato dei derivati.
L'analisi del contenuto letterale dei contratti che sottoscritti con la Y, che la banca non è pensabile che non conoscesse, evidenziava per le ragioni dette la natura illecita di tutta l'attività posta in essere dalla Y.
Né d'altra parte può mettersi seriamente in dubbio che la banca avesse effettiva contezza dell'effettivo tenore della modulistica contrattuale di Y. È inverosimile, infatti, che un Istituto Bancario predisponga, come nella fattispecie, una personalizzazione dei servizi dalla stessa offerti, adeguando il proprio contratto di conto corrente, partecipando a mezzo di proprio funzionario alla Convention organizzata dalla stessa Y per pubblicitare la sua attività e predisponendo una modulistica ad hoc con i loghi di entrambe le società, senza aver prima verificato, anche solo documentalmente, l'oggetto e la legittimità dell'attività esercitata dal partner commerciale.
BANCA quindi sapeva, ovvero comunque avrebbe dovuto sapere, usando l'ordinaria diligenza, che la messa a disposizione di propri conti correnti funzionali allo svolgimento dell'attività pubblicizzata da Y, avrebbe contribuito alla prestazione di servizi di investimento da parte di soggetto non abilitato.
Ne segue che la stessa è solidalmente responsabile dei danni arrecati agli investitori in conseguenza della definitiva “volatilizzazione” delle somme veicolate su tali conti a seguito della mala gestio degli amministratori della Y e del sopravvenuto fallimento di questa.
D'altra parte non può dubitarsi della sussistenza in concreto di nesso causale tra la condotta della BANCA ed il danno arrecato agli attori.
Invero, non è in contestazione che per svolgere il servizio di intermediazione in cambi Y necessitasse di “appoggiarsi” ad una banca per consentire agli investitori il deposito delle somme destinate agli investimenti.
In difetto della collaborazione commerciale della BANCA, Y non avrebbe quindi potuto operare.
Come condivisibilmente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione “quando un danno di cui si chiede il risarcimento è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell'evento dannoso, si configura una responsabilità solidale ai sensi dell'art. 1294 cod. civ. fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ciascuno di essi è chiamato a rispondere, dal momento che, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone, è sufficiente, ai fini della responsabilità solidale, che tutte le singole azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, alla luce dei principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni (patrimoniali e non) da risarcire”
(Cass. Sez. L, Sentenza n. 8372 del 09/04/2014; analogamente in materia di appalto, in applicazione analogica dell'art. 2055 c.c.: Sez. 2, Sentenza n. 14650 del 27/08/2012; Sez. 3, Sentenza n. 7618 del 30/03/2010).
Ad abundantiam, comunque si osserva che ad analoga conclusione si giungerebbe, in ipotesi, assumendo la nullità per causa illecita del contratto di gestione patrimoniale concluso tra gli attori ed Y, atteso l'esercizio abusivo dell'attività nel senso sopra detto.
Invero, anche se in analoga controversia intentata da altri clienti nei confronti della stessa convenuta, sempre in conseguenza del crac della Y, è stata esclusa l'esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di gestione in cambi ed il contratto di conto corrente (cfr Trib. Milano sent. 20.5.2014), ritiene invece questo giudice che nella fattispecie ricorra chiaramente il suddetto collegamento.
Va premesso sul punto che, come anche recentemente affermato dalla S.C., “Il collegamento negoziale non dà luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo accordo, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, che conservano una loro causa autonoma anche se ciascuno è finalizzato ad un unitario regolamento dei reciproci interessi, sicchè, pur determinandosi, tra loro, un vincolo di reciproca dipendenza, in virtù del quale le vicende relative all'invalidità, all'inefficacia ed alla risoluzione dell'uno possono ripercuotersi sugli altri, ciascuno di essi mantiene una propria individualità giuridica” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20726 del 01/10/2014).
Nella fattispecie non è in contestazione la circostanza che la apertura dei conti correnti presso la BANCA fosse funzionale a rendere possibile la prestazione del servizio di gestione patrimoniale da parte della Y.
Invero la natura strumentale del conto corrente era certo ben nota alla stessa banca, per avere la stessa operato in co-branding con la società di intermediazione finanziaria.
D'altra parte, non vi è prova che i suddetti rappporti di conto corrente siano stati in concreto utilizzati per diversa finalità.
Ne segue, attesa la natura inscindibile del vincolo che lega i due contratti, che l'eventuale nullità del contratto attori- Y, causa la natura abusiva dell'attività da questa espletata, integrante addirittura illecito penale (art.
166 TUF), non potrebbe non riverberarsi sulla validità degli stessi rapporti di conto corrente.
Gli attori avrebbero quindi comunque diritto alla restituzione delle somme ivi depositate, in coerenza con la disciplina dell'indebito oggettivo (art. 2033 c..c).
Né d'altra parte potrebbe ritenersi, sotto tale profilo, non tutelabile in questa sede la relativa pretesa restitutoria ai sensi dell'art. 112 c.p.c., per difetto di domanda, avendo gli attori avanzato formalmente solo una domanda di tipo risarcitorio.
Invero, la domanda svolta dagli attori è palesemente volta ad ottenere la restituzione delle somme originariamente investite, e tale dato è agilmente ed indubbiamente ricavabile dal corpo dell'atto di citazione e da tutti i successivi scritti difensivi.
Nulla pertanto osterebbe, avendo gli attori posto a fondamento della domanda, tra l'altro, la questione inerente la mancanza dei requisiti soggettivi per il legittimo espletamento di servizi di intermediazione
finanziaria, alla riqualificazione della stessa, quale ripetizione di indebito
ex art. 2033 c.c.
La BANCA potrebbe quindi condannarsi alla restituzione anche sotto tale profilo.
Il punto non merita ulteriore approfondimento, essendosi comunque accolta la domanda risarcitoria espressamente proposta.
Va pertanto affermata la responsabilità della convenuta per il danno sofferto dagli attori.
Resta assorbita ogni altra questione di merito proposta.
Non si procede ad alcuna segnalazione ai sensi dell'art. 331, IV co. c.p.p., in relazione al reato di concorso in abusivismo in attività finanziaria, in quanto, atteso il tempo trascorso (le ultime condotte sotto il profilo temporale sono del 2009), gli illeciti sono ampiamente prescritti.
4) la quantificazione dei danni
Gli attori hanno chiesto il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
Sotto il primo profilo, essi hanno ne chiesto, in tesi, la liquidazione in misura corrispondente alla somma tra gli importi investiti e quanto accreditato da Y a titolo di risultati di gestione, detratto quanto già restituito dalla banca al momento della estinzione del rapporto.
Tanto premesso, va subito escluso che costituisca danno risarcibile la perdita degli utili di gestione, già accreditata da Y.
Invero, attesa la accertata illiceità dell'attività espletata dalla I., nessun diritto avevano gli attori di capitalizzare i guadagni eventualmente conseguiti.
Non è legittimo ottenere dei vantaggi economici dall'espletamento di un'attività non lecita per l'ordinamento.
La BANCA va invece condannata al pagamento in favore degli attori delle somme da questi conferite sui c/c e non ancora recuperate.
Su tali somme, costituenti debiti di valore, sono dovuti sia la rivalutazione monetaria sia gli interessi.
Invero, la Suprema Corte ha affermato che “Per i debiti di valore - fra i quali è compreso anche quello di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale di obbligazioni non pecuniarie - va riconosciuto il cumulo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali, l'una e gli altri assolvendo a funzioni diverse, giacché la prima mira a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato ponendolo nella condizione in cui si sarebbe trovato se l'inadempimento non si fosse verificato, mentre i secondi hanno natura compensativa; ne' consegue che le due misure sono giuridicamente compatibili e che, pertanto, sulla somma risultante dalla rivalutazione debbono essere corrisposti gli interessi, il cui calcolo va effettuato con riferimento ai singoli momenti in relazione ai quali la somma s'incrementa nominalmente, in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria ovvero ad un indice medio” – cfr. Cass., sez. 2, sent. n. 9517 del 01.07.2002, nonché più recentemente Xxxx., sez. L, sent. n. 4184 del 24.02.2006 e Cass., sez. 1, sent. n. 12698 del 05.06.2014.
Ciò posto in punto di diritto, circa la liquidazione del danno, va rilevato che era onere degli stessi fornire la prova dell'effettiva entità delle somme versate sul conto della BANCA.
Sul punto tale onere non è stato compiutamente assolto, avendo gli attori depositato solo in parte le relative contabili bancarie (ovvero gli estratti
del conto da cui risultano i relativi accrediti).
Invero, ai fini della prova dei relativi versamenti gli stessi hanno spesso utilizzato dei prospetti contabili, redatti su carta intestata ed a firma Y, dai quali si evincerebbe l'entità delle somme complessivamente versate.
Ritiene il giudicante che tale dato documentale, in quanto non proveniente dalla parte contro cui lo stesso viene fatto valere, non fornisca idonea prova dell'effettiva entità delle somme versate.
D'altra parte, poiché non è stato neanche allegato che siano state dagli attori investite in Y somme non transitate sui conti correnti di appoggio ad essi intestati, era onere di quest'ultimi fornire la relativa documentazione bancaria.
In proposito, pertanto, deve farsi riferimento ai conteggi, ed alle risultanze degli estratti conto completi versati in atti dalla banca (Cfr docc. Nn. Da 57 a 101 e 105), con la precisazione che rispetto a talune posizioni l'entità del danno patrimoniale riconosciuto è addirittura superiore a quanto espressamente richiesto (es. posizione Nunzia e Xxxxxxxx).
Ovviamente, non avendo gli attori chiesto la liquidazione del danno in misura anche superiore a quello di cui ai propri conteggi prodotti, ai sensi dell'art. 112 c.p.c., rispetto a tali posizioni la condanna dovrà essere limitata nei limiti della richiesta.
Sul punto si osserva che non rileva allo scopo la circostanza che sia stata richiesta, in alternativa all'importo specificamente indicato nelle conclusioni, la condanna al pagamento “dell'altra somma che risulterà di giustizia”.
Invero, attesa la genericità della locuzione utilizzata, è da ritenere che la stessa non consenta la liquidazione del danno in misura superiore a quanto specificamente domandato (ma solo in misura inferiore).
In ultimo è solo da precisare che, in difetto di specifica contestazione della banca in ordine alla effettiva titolarità delle somme investite, deve presumersi esistente la legittimazione sostanziale ad agire per l'intero danno comoplessivamente sofferto sul c/c anche agli attori che sono meri cointestari di esso (es: Xxxxxxx).
La BANCA va quindi condannata al pagamento delle somme di cui al dispositivo.
Quanto alla posizione Xxxxxxxxx la domanda deve invece essere respinta, in quanto la documentazione bancaria è incompleta e l'investimento di
€105.000,00 risulta esclusivamente da documentazione riferibile ad Y e non trova alcun riscontro negli atti depositati dalla banca.
Parimenti da respingere è la domanda di Xxxxxxxx, in quanto dai citati conteggi della convenuta risulta un saldo positivo a suo favore, circostanza che esclude la sussistenza dei lamentati danni.
5) Sulla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale La richiesta va accolta.
Sul punto è sufficiente evidenziare che l'esercizio delle attività di prestazione di servizi di investimento, di cui al TUF, da parte di soggetti privi della necessaria legittimazione, integra il reato contravvenzionale di cui all'art. 166 del medesimo testo unico.
Nella fattispecie pertanto la risarcibilità del danno non patrimoniale è prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 2059 c.c. e 185 c.p..
Gli attori hanno quindi diritto al risarcimento di tale voce di danno in considerazione dell'evidente patema d'animo senz'altro sofferto in
conseguenza delle illecite condotte di cui sono stati vittime.
Considerata la peculiarità del caso concreto, stimasi equo determinare prudentemente tale posta risarcitoria in misura pari al 10% di quanto ad essi dovuto a titolo di danno patrimoniale, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
6) Sulla domanda della convenuta ex art. 96 c.p.c. La domanda non può essere accolta.
La soccombenza della convenuta rispetto alla domanda principale attorea è infatti ostativa all'accoglimento della domanda di responsabilità processuale aggravata avanzata in via riconvenzionale ex art. 96 c.p.c..
7) Spese di lite
Le spese di lite vanno poste a carico di parte convenuta BANCA SPA, attesa la sostanziale soccombenza.
Le stesse vanno liquidate, anche per il procedimento cautelare, come da dispositivo ed in coerenza alla nota depositata, che risulta congrua ai sensi del d.m. n. 55/2014, avuto riguardo al valore della causa, alla pluralità di parti patrocinate ed all'attività defensionale espletata.
Le spese vanno liquidate direttamente in favore dell'avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx di parte attrice, il quale si è dichiarato anticipatario.
P.Q.M.
Visto l’art. 281 quinquies c.p.c.
Il Tribunale di Firenze, III sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente decidendo, ogni altra istanza respinta:
1) CONDANNA parte convenuta BANCA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento:
- in favore del sig. ….della somma di € 7.021,06,
- in favore del sig….. della somma di € 3.012,60,
- in favore del sig…. della somma di € 12.991,76,
- in favore del sig. … della somma di € 39.566,01,
- in favore dei sig.ri … della somma di € 5.708,55,
- in favore del sig…. della somma di € 4.974,77,
- in favore del sig. … della somma di € 15.145,60,
- in favore della sig.ra … della somma di € 12.507,82,
- in favore del sig. … della somma di € 30.789,94,
- in favore del sig. … della somma di € 4.974,98,
- in favore del sig. … della somma di € 13.033,87,
- in favore dei sig.ri … della somma di € 95.799,87,
- in favore della sig.ra … della somma di € 24.013,93,
- in favore del sig. … della somma di € 35.061,40,
- in favore della sig.ra … della somma di € 95.743,43,
- in favore della sig.ra … della somma di € 25.611,88,
- in favore dei sig.ri … della somma di € 25.194,17,
- in favore del sig. … della somma di € 3.952,77,
- in favore del sig. … della somma di €4.500,00 ,
- in favore del sig. … della somma di € 19.987,81,
- in favore del sig. … della somma di € 32.005,52,
- in favore del sig. … della somma di € 23.077,03,
- in favore delle xxx.xx … della somma di € 6.291,86,
- in favore del sig. … della somma di € 81.392,71,
- in favore del sig. … della somma di € 66.091,76,
- in favore della sig.ra … della somma di € 3.484,63,
- in favore del sig. … della somma di € 95.085,19,
- in favore del sig. … della somma di € 95.000,00,
- in favore della sig.ra… della somma di € 10.083,05,
- in favore del sig. … della somma di € 45.528,73,
- in favore del sig. … della somma di € 85.054,87,
- in favore del sig. … della somma di € 50.322,33,
- in favore del sig…. della somma di € 45.000,00,
- in favore della sig.ra … della somma di € 95.042,12,
- in favore del sig. …. della somma di € 12.657,52,
- in favore della sig.ra … della somma di € 52.738,03,
- in favore del sig. … della somma di € 45.000,00,
- in favore della sig.ra … della somma di € 25.427,16,
- in favore del sig. … della somma di € 15.015,98,
- in favore del sig. … della somma di € 27.329,21,
- in favore del sig. … della somma di € 55.314,86,
- in favore del sig. …. della somma di € 47.549,17,
- in favore della sig.ra …. della somma di € 24.437,09;
2) CONDANNA parte convenuta BANCA SPA al pagamento in favore di ciascun attore degli interessi e della rivalutazione monetaria sugli importi di cui sopra, come da parte motiva;
3) CONDANNA parte convenuta BANCA SPA al pagamento in favore degli attori di cui al punto 1) a titolo di danno non patrimoniale, di ulteriore importo, pari al 10% di quanto spettante a titolo di danno patrimoniale, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo;
4) RESPINGE la domanda svolta ex art. 96 c.p.c. da parte convenuta;
5) CONDANNA parte convenuta BANCA al pagamento delle spese di lite direttamente in favore dell'avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, spese che si liquidano, in € 400,00 per esborsi, ed € 22.435,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario 15%, IVA e CPA come per legge. Firenze, 29 gennaio 2016
Il Giudice
xxxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx