Professore a contratto di Diritto privato nell’Università Ca’ Foscari Venezia Avvocato nel Foro di Venezia
Il contratto di rete dopo il c.d. “Decreto Sviluppo”
Xxxxxx Xxxxxxxx
Professore a contratto di Diritto privato nell’Università Ca’ Foscari Venezia Avvocato nel Foro di Venezia
Sommario: 1. Introduzione: le aggregazioni tra imprese. – 2. Il contrat- to di rete: work in progress. – 🡪. Le parti. – 4. La causa. – 5. (segue) La struttura e l’oggetto. – 6. La forma, la pubblicità ed il contenuto. – 7. Il fondo patrimoniale. – 8. L’organo comune. – 9. Gli incentivi e la natura pubblicistica. – 10. Il contratto di rete e le aggregazioni tra imprese. – 11. Incompletezza ed elasticità del contratto di rete. – 12. Mutamenti sog- gettivi della rete. – 1🡪. La rete e il principio di relatività. – 14. Interessi dei singoli ed interesse della rete. – 15. Riflessioni conclusive.
1. Introduzione: le aggregazioni tra imprese
Il fenomeno delle aggregazioni tra imprese oggi è un tema di gran- dissima attualità nella dottrina giuridica ed economica italiana, portato alla ribalta dal d.l. 10 febbraio 2009 n. 5, «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi», c.d. «Decreto incentivi», convertito con modifiche dalla l. 9 aprile 2009, n. 🡪🡪, che all’art. 🡪, co. 4-ter, rubricato
«Distretti produttivi e reti di imprese», introduceva per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano l’istituto del contratto di rete tra imprese.
In realtà il fenomeno delle aggregazioni tra imprese è presente nell’or- dinamento giuridico e nel dibattito scientifico italiano da oltre trent’anni. Per aggregazioni tra imprese si intende una realtà produttiva costi- tuita da una molteplicità di imprese, tipicamente di piccole e medie di- mensioni, tra le quali intercorrono particolari rapporti di collaborazione ed interdipendenza, diversi ed ulteriori rispetto al mero scambio di una risorsa contro un prezzo e rispetto alle comuni relazioni competitive di
mercato.
Sinteticamente, ci si riferisce alle aggregazioni tra imprese quando una pluralità di imprese viene a costituire una realtà economico-produt-
71
tiva in qualche modo unitaria. Dal punto di vista interno dell’aggregazio- ne, le singole imprese, pur mantenendo ciascuna la propria autonomia e la propria indipendenza giuridica ed economica, perseguono, oltre al singolo interesse individuale, un interesse comune e, a tal fine, struttu- rano i loro rapporti in modo tale che ciascuna di esse condiziona ed è condizionata dalle altre. Dal punto di vista esterno, l’aggregazione può arrivare ad essere percepita, in particolare dai clienti e dai fornitori, quasi come un’entità unitaria che assorbe le singole imprese che la co- stituiscono (un esempio su tutti: la rete di franchising).
Nelle scienze economiche, le aggregazioni di imprese vengono in- dicate come modelli di organizzazione aziendale intermedi tra la ge- rarchia ed il mercato, ossia «quell’insieme di relazioni di tipo coope- rativo e tendenzialmente stabili tra due o più imprese formalmente e giuridicamente distinte, anche concorrenti, tra le cui attività esista o si generi una qualche interdipendenza ed emerga dunque un’esigenza di coordinamento»(1).
Il primo approccio del Legislatore italiano al fenomeno delle aggrega- zioni tra imprese è stato quello del c.d. «distretto produttivo».
A partire dalla l. 5 ottobre 1991, n. 🡪17 «Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese», il Legislatore inizia ad occuparsi dei distretti industriali intesi quali «aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimen- to al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell’insieme delle imprese»(2). Il distretto industriale, sostanzialmente, è una concetto geografico, ossia una circoscrizione territoriale caratterizzata da una concentrazione di imprese manifatturiere specializzate in uno specifico settore ed aventi un’importante peso occupazionale nel territorio in cui sono stanziate.
Nel corso degli anni la definizione e l’individuazione dei distretti ope- rate dal Legislatore variano molto.
Dapprima, la l. 11 maggio 1999, n. 140 «Norme in materia di attività produttiva», all’art. 6, co. 8, novella la l. n. 🡪17/1991 e modifica la no- zione di distretto industriale, che da area geografica diventa «sistema produttivo», ossia un raggruppamento di imprese caratterizzato da «una peculiare organizzazione interna». Ciò che rileva non è più la mera adiacenza fisica delle imprese, ma la particolare struttura di relazioni esistenti tra loro.
(1) P. Iamiceli, in Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, a cura di X. Xxxxxxx, Bologna, 2004, p. 128.
(2) Sui distretti industriali si veda X. Xxxxxxx, in Reti d’imprese tra regolazione e norme sociali – Nuove sfide per diritto ed economia, a cura del medesimo, cit., p. 44 ss.
72 ricerch e giuri D ic h e i | 1
Successivamente, con la legge 2🡪 dicembre 2005, n. 266, c.d. «Finan- ziaria 2006» (commi da 🡪66 a 🡪72), dal distretto industriale si passa al distretto produttivo, comprendente, quindi, non solo le imprese mani- fatturiere, ma anche quelle «dei servizi, turistiche ed agricole e della pesca». I distretti vengono ora definiti «quali libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale»: ancora maggiore è, quindi, il rilievo posto sui particolari rapporti interni tra le imprese che costituiscono il distretto, tanto che per alcuni aspetti il distretto sembra configurarsi quasi come un’entità unitaria.
Infatti, tale normativa dispone una serie di misure a favore dei distret- ti, in materia amministrativa, fiscale e finanziaria, che paiono quasi po- stulare una soggettività unitaria del distretto. Ad esempio,è previsto che le imprese intrattengano i rapporti con la Pubblica Amministrazione per il tramite del distretto; è prevista la c.d. «tassazione unitaria di distret- to»; è prevista la c.d. «cartolarizzazione» delle obbligazioni distrettuali. Fino a questo momento il distretto viene, comunque, preso in con- siderazione dal Legislatore solo ed esclusivamente dal punto di vista
pubblicistico-amministrativo.
Tutte le fonti sopra brevemente richiamate definiscono ed individuano i distretti al solo scopo di porre in essere degli interventi pubblici a soste- gno del sistema industriale: il distretto, sostanzialmente, è il destinatario di finanziamenti pubblici o di agevolazioni fiscali e amministrative volti a promuovere lo sviluppo economico locale.
Il Legislatore non si occupa dell’aspetto privatistico del fenomeno delle aggregazioni di imprese: il distretto non è preso in considerazione per disciplinare i rapporti privatistici intercorrenti tra le imprese che lo compongono, i quali rimangono soggetti alla disciplina del diritto privato comune.
Nel 2008, con il disegno di legge c.d. Bersani sulle liberalizzazioni, per la prima volta si registra un mutamento nell’approccio legislativo sopra descritto. Dal punto di vista dell’oggetto, tale proposta di legge abbandona la nozione di distretto per occuparsi ora delle reti d’imprese; mentre dal punto di vista degli scopi legislativi, non ci si propone più di disporre interventi a sostegno del sistema industriale, ma si persegue lo scopo di «definire le forme di coordinamento stabile di natura contrat- tuale tra imprese aventi distinti centri di imputazione soggettiva, idonee a costituire … una rete di imprese».
Il Legislatore, per la prima volta dopo più di quindici anni, intendeva quindi occuparsi dell’aspetto privatistico delle aggregazioni d’imprese. Tuttavia tale disegno di legge non ha avuto esito alcuno, sicché il pro- posito è rimasto inattuato.
Per questo motivo è stata accolta con tanto entusiasmo e tanto cla-
par te I | s aggI 7 🡪
more la successiva introduzione del contratto di rete tra imprese, che finalmente si propone di disciplinare gli aspetti privatistici delle aggre- gazioni tra imprese.
2. Il contratto di rete: work in progress
La disciplina del contratto di rete sembra essere un procedimento in fie- ri originato dal confronto tra il Legislatore e la comunità scientifica: ad un intervento del primo segue una vivace e costruttiva critica della seconda, al quale il Legislatore risponde con un nuovo intervento di aggiustamento e correzione delle norme precedentemente promulgate, e così via(🡪).
Il contratto di rete è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italia- no dalla l. 9 aprile 2009, n. 🡪🡪, di conversione con modifiche del decreto
l. 10 febbraio 2009, n. 5, «Misure urgenti a sostegno dei settori indu- striali in crisi», c.d. «Decreto incentivi».
In sede di conversione, l’art. 🡪 del d.l. n. 5/2009, rubricato «Distretti produttivi e reti di imprese», è stato arricchito del comma 4-ter, prima inesistente, contenente la versione primigenia dell’istituto in esame.
La norma attualmente in vigore è l’ultima di diverse versioni che si sono rapidamente succedute nel tempo. Infatti, non appena concepita, la prima disciplina del contratto di rete ha subito suscitato un vivace dibattitto in dottrina ed un vivo interesse tra gli operatori. Nonostante sia stata salutata con un certo entusiasmo come intervento da lungi at- teso ed al contempo all’avanguardia, da ogni parte se ne sono rilevate le lacune e l’incompletezza(4).
(🡪) Subito la dottrina più attenta aveva colto la tendenza del legislatore a correggere la disciplina del contratto di rete in funzione dei riscontri della comunità scientifica e degli operatori giuridici. Si veda il sintomatico titolo di X. XxxxxxX, Il nuovo contratto di rete: “learning by doing”?, in Contratti, 2010, p. 1152.
(4) X. Xxxxx, Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, in Giur. comm., 2010, I, p. 8🡪9:
«…il quadro normativo si compone di pochi tratti, risultando tanto incompleto da lasciare molti dei problemi della rete del tutto irrisolti. Inoltre, l’utilizzazione di una tecnica legisla- tiva più che approssimativa dà spazio a rilevanti problemi interpretativi e sistematici»; X. XxxxxxX Il contratto di rete – Commentario, a cura del medesimo, Bologna, 2009, p. 2🡪: «Si tratta di una disciplina scarna la cui interpretazione non è semplice, soprattutto se misurata sulle ampie esigenze prima disegnate. Un articolato fortemente incompleto che lascia all’au- tonomia privata, individuale e collettiva, ed ai tipi contrattuali esistenti il compito di colmare le lacune»; X. XxxxxXx, Il “contratto” e la “rete”: brevi note sul riduzionismo legislativo, in Contratti, 2009, p. 956, dichiara di ricavarne «...la sensazione di un atteggiamento sempli- ficante e persino riduzionistico da parte del legislatore che, in fin dei conti, non sembra in alcun modo interessato a farsi carico dei numerosi e non semplici problemi giuridici della rete in ordine ai rapporti intersoggettivi … ma che rischia anche di scoraggiare le indagini
74 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
Il Legislatore, quindi, era indotto ad apportare delle modifiche e delle integrazioni alle norme de quibus, dapprima con la l. 2🡪 luglio 2009 n. 99 (art. 1), e poi con il d.l. 🡪1 maggio 2010, n. 78, convertito con xxxxxx- xxxxxxx dalla l. 🡪0 luglio 2010, n. 122 (art. 42, co. 2-bis).
Tale intervento, lungi dal dipanare i dubbi e dal quietare il dibattito scientifico sorti intorno all’istituto, li riaccendeva e li intensificava. La maggior parte delle osservazioni e delle critiche mosse alla nuova ver- sione disciplina, ad avviso di chi scrive, trovavano esaustivo e sintetico compendio nelle «Linee guida per i contratti di rete» pubblicate da Confindustria – Retimpresa e dal Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie nel mese di marzo 2012(5).
Successivamente, il d.l. 22 giugno 2012 n. 8🡪 contenente «Misure ur- genti per la crescita del Paese», c.d. «Decreto sviluppo», apportava un ulteriore modesto intervento in merito alla forma del contratto di rete (art. 45), il quale, però, in sede di conversione apriva la strada per un profondo e sostanziale rimaneggiamento dell’istituto, attuato con la re- centissima legge di conversione con modificazioni 7 agosto 2012, n. 1🡪4. Tale legge, nel riformare le norme in parola, sembra quasi rispondere punto per punto alle indicazioni contenute nelle citate «Linee guida per
i contratti di rete», apportando le seguenti sostanziali novità:
- una modifica della disciplina della forma e della pubblicità del con- tratto di rete;
- nuove indicazioni sui soggetti legittimati ad essere parte della rete;
- una nuova configurazione delle reti dotate di fondo patrimoniale co- mune;
- una modifica nella disciplina dell’organo comune;
- nuovi incentivi per la conclusione di contratti di rete.
3. Le parti
Come indicato già dal nomen dell’istituto, le parti del contratto di rete sono necessariamente imprese. Il comma 4-ter del d.l. n. 5/2009 (d’ora in avanti indicato anche solo come “comma 4-ter”), infatti, si apre sta- tuendo: «Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di … e a tal fine si obbligano…» (il corsivo è aggiunto).
ricostruttive, attualmente in cerca delle coordinate giuridiche più appropriate per trattare correttamente le questioni insorte o insorgende con riferimento alle reti».
(5) Il testo delle «Linee guida per i contratti di rete» alla data odierna del 20 agosto 2012 è disponibile al seguente indirizzo web: xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxx/ DOCUMENTI/linee%20guida%20per%20i%20contratti%20di%20rete.pdf
par te I | s aggI 75
Originariamente, prima della modifica apportata dal d.l. n. 78/2010, il testo dell’alinea in esame era leggermente diverso: anziché «più im- prenditori», si indicavano come parti del contratto «due o più imprese». Tuttavia tale modifica, di pura forma, pare non aver minimamente intac- cato il contenuto sostanziale della disposizione.
Infatti, per quanto riguarda la qualifica delle parti, prima si parlava di “imprese” ed ora si parla di “imprenditori”, ma la sostanza non pare cam- biare: il riferimento è comunque alla figura individuata dall’art. 2082 c.c.. Forse si è preferito parlare di imprenditori piuttosto che di imprese per eliminare ogni possibile dubbio sulla legittimazione anche dell’im- prenditore individuale, oltre a quello organizzato in forma societaria, ad essere parte del contratto di rete. Tale dubbio, nella precedente versione della norma, era alimentato dal fatto che l’obbligo assunto dalle parti era quello di «esercitare in comune una o più attività economiche rien- tranti nei rispettivi oggetti sociali»: come prontamente rilevato dai primi commenti alla norma(6), il riferimento all’oggetto sociale poteva indurre
a ritenere che l’istituto fosse applicabile solo alle società.
Corrispondentemente, la norma è stata modificata anche su tale pun- to, che oggi non parla più di oggetto sociale ma di «oggetto della propria impresa».
Per quanto riguarda, invece, il numero delle parti, prima si richiedeva che fossero «due o più» e ora si richiede che siano «più» imprese.
Anche tale modifica risulta assolutamente irrilevante e, in particolare, non permette di predicare che ora il contratto di rete sia necessariamen- te plurilaterale. Non v’è, infatti, nulla che impedisca che il contratto di rete sia ancora stipulato da due sole imprese, in quanto «più imprese» significa «più di una impresa», quindi anche solo due. La modifica, forse, sottende la considerazione che il concetto di rete consiste in una mol- teplicità di nodi sicuramente superiore a due: ciò sia per come è inteso nel parlare comune, sia per com’è inteso nelle scienze matematiche (geometricamente due soli punti individuano una linea, non una rete), sia per com’è inteso nelle scienze economiche e giuridiche.
Tuttavia, dato il tenore letterale della disposizione, non si può che concludere che il contratto di rete può essere stipulato da due o più imprese, il ché corrisponde esattamente a quello che era il tenore della norma prima della citata modifica legislativa.
Chiarito ciò, gli ulteriori quesiti che si pongono sono, rispettivamente, se qualsiasi tipo di impresa possa essere parte del contratto di rete e se,
(6) M. R. XxxxxxX, Reti di impresa e contratto di rete, in Contratti, 2009, p. 960: «...la necessa- ria connessione fra attività economiche da esercitare ed oggetti sociali delle imprese partecipanti potrebbe far sorgere il dubbio che il contratto di rete possa essere stipulato solo fra società».
76 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
oltre alle almeno due imprese che devono necessariamente esserne parte, possano partecipare anche altri soggetti che invece imprese non siano.
La recente novella dell’agosto 2012 presenta interessanti spunti in proposito.
In primo luogo, la riforma contiene una previsione che consente di dedurre la legittimazione delle imprese agricole ad essere parte del contratto di rete. Infatti, il terzo comma dell’art. 45 del d.l. n. 8🡪/2012, convertito con modifiche dalla l. n. 1🡪4/2012, statuisce che al contratto di rete non si applicano le disposizioni della l. 🡪 maggio 1982, n. 20🡪 «Di- sposizioni sui contratti agrari». La norma è palesemente volta a liberare le imprese agricole dai vincoli della specifica disciplina dei loro contratti per agevolarne la partecipazione alle reti. Si deve, tuttavia, riconoscere che la possibilità per le imprese agricole di stipulare contratti di rete non è mai stata messa in dubbio.
Infatti, nella completa assenza di specificazioni o limitazioni legislative, pacificamente si ritiene che qualunque tipo di impresa (individuale o so- cietaria – grande, media o piccola – artigiana o agricola) possa essere par- te di un contratto di rete, purché sostanzialmente corrisponda alla figura descritta dall’art. 2082 c.c. e formalmente sia iscritta nel registro delle imprese (per poter procedere alla dovuta iscrizione del relativo contratto). La questione che, invece, si presenta ancora problematica è quella della partecipazione di soggetti diversi dalle imprese al contratto di rete
e, in particolare, dei professionisti.
Il tenore letterale della norma pare non lasciare spazio a dubbi e porta a ritenere che «Il requisito soggettivo dell’essere impresa è elemento essenziale: deve ritenersi pertanto nulla la partecipazione del soggetto privo di tale requisito»(7).
Tuttavia, non si può non rilevare che la limitazione ai soli imprenditori potrebbe costituire un grosso e serio limite del contratto di rete.
Infatti, il fenomeno delle aggregazioni di imprese è tipicamente carat- terizzato dal coinvolgimento nel sistema anche di soggetti diversi dalle imprese, ad esempio università, istituti di formazione e ricerca, camere di commercio, enti locali, associazioni di categoria, finanziatori...
Il coinvolgimento di soggetti diversi dalle imprese, in particolare università ed enti di ricerca, è ovviamente tanto più rilevante laddove l’aggregazione tra imprese sia volta all’accrescimento della capacità innovativa e della competitività, proprio come pretende di essere l’isti- tuto della in esame, che indica espressamente in tale accrescimento lo scopo del contratto stesso.
(7) X. XxxxxxX, op. ult. cit., p. 🡪4.
par te I | s aggI 77
In proposito, certa dottrina(8) ha molto acutamente sostenuto che la nozione di imprenditore potrebbe, anzi in una visione europea dovrebbe, essere interpretata in modo estensivo fino a farla coincidere con la no- zione di professionista, ossia qualunque soggetto che agisca nell’ambito della propria attività professionale. In questo modo potrebbero essere coinvolti nella rete, ad esempio, i liberi professionisti.
Su questo punto la riforma non è intervenuta direttamente, però pro- prio la questione dell’estensione del contratto di rete ai professionisti è stata espressamente affrontata nelle sedute parlamentari che hanno portato all’intervento normativo che qui si commenta.
Nei lavori parlamentari preparatori si legge che «…la cooperazione tra il mondo dell’impresa e i professionisti è un dato significativo della realtà economica italiana che va rafforzata e sviluppata, anche attraver- so un potenziamento del contratto di rete; … al pari delle imprese, anche gli studi professionali vivono oggi l’esigenza di ricorrere a strumenti collaborativi utili per innovare ed accrescere in competitività e non si capisce perché debbano essere ancora una volta esclusi da istituiti che incentivano e supportano la crescita»(9).
Il suggerimento, tuttavia, non è stato accolto sicché, ad oggi, si deve ritenere che i liberi professionisti non siano legittimati ad essere parte di un contratto di rete, ferma restando la necessità, rilevata nei citati lavori parlamentari, di un impegno del Governo «…ad estendere l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 45 anche ai soggetti esercenti attività libero-professionali, prevedendo che, in caso di partecipazione di liberi professionisti al contratto, ai fini dell’onere di iscrizione, si procede all’iscrizione presso i relativi Ordini professionali».
4. La causa
Le norme in esame contengono alcune previsioni che, seppure con qualche incertezza, possono essere ricondotte all’elemento causale del contratto di rete.
Il primo paragrafo del comma 4-ter stabilisce che i soggetti stipulanti
«perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente,
(8) Si veda X. XxxxXxX, Il contratto di rete dopo la l. n. 122 del 2010, in Contratti, 2011, p. 617.
(9) Resoconto sommario dei lavori delle Commissioni 8° e 10° riunite del Senato del giorno 🡪0 luglio 2012. Il testo alla data odierna del 16 agosto 2012 è reperibile nel sito web del senato al seguente indirizzo: xxxx://xxx.xxxxxx.xxxxxxxx/xxx/xxxx.xxx?xxxxxxxxXXX LITER&tipo=assemblea&leg=16&id=38692
78 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato» e la successiva lettera b) prescrive che il contratto debba contenere
«l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi».
La causa del contratto di rete sembrerebbe essere, quindi, l’accresci- mento della capacità innovativa e della competitività delle imprese che ne sono parte ed il contratto stesso deve prevedere gli strumenti per verificare e misurare il raggiungimento di tale accrescimento.
Come si vede, si tratta di concetti economici piuttosto che giuridici, peraltro piuttosto vaghi ed indeterminati, e conseguentemente, il lo- ro appartenere al mondo extragiuridico potrebbe indurre ad accostar- li motivo soggettivo delle parti piuttosto che alla causa del contratto. Inoltre, già i commenti alle precedenti versioni della norma avevano rilevato la difficoltà dell’accertamento di una causa così configurata, difficoltà «…accresciuta dall’estrema vaghezza, sul piano del linguaggio tecnico – giuridico, e forse non solo di quello, delle formule «capacità innovativa» e «competitività sul mercato», non essendovi ovviamente un criterio obbiettivo immediatamente misuratore di tali entità»(10). Si è infatti osservato che «Nella nostra recente legislazione il “termine com- petitività” è sempre più ricorrente, ma non ha veste giuridica: è ancora confinato nel mondo economico»(11).
Tuttavia, nonostante le legittime perplessità, pare non potersi rinun- ciare ad individuare in tale elemento la causa del contratto di rete. Ciò perché, come si vedrà nel prosieguo, solo una causa così individuata risulta essere l’unico elemento distintivo del contratto di rete, atteso che il suo oggetto non permette affatto di distinguere tale contratto da qualsiasi altro contratto, tanto di scambio quanto di comunione di scopo, stipulato tra imprese.
In proposito è stato, infatti, affermato che «…ciò che contraddistingue il contratto di rete è proprio la qualificazione della sua causa che non è la mera condivisione di uno scopo comune, il perseguire insieme una o più attività imprenditoriale, ma è l’accrescimento dell’innovazione tecnologica e della competitività delle imprese»(12).
(10) X. XxxxxxxXxxXx, Il contratto di rete: il problema della causa, in Contratti, 2009,
p. 96🡪.
(11) X. XxxxxxX, Reti d’impresa: dall’economia al diritto, dall’istituzione al contratto, in
Contr. e impr., 2010, p. 966.
(12) X. XxxxxxX, op. cit., p. 970.
par te I | s aggI 79
5. (segue) La struttura e l’oggetto
Dopo la riforma dell’anno 2010, il comma 4-ter prevede che le parti del contratto di rete «si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’e- sercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o pre- stazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa».
L’oggetto del contratto di rete presenta, quindi, tre possibili alternative:
1) la collaborazione tra le parti in ambiti attinenti l’esercizio delle proprie imprese;
2) lo scambio tra le parti di informazioni o di prestazioni praticamente di qualsiasi natura (industriale, commerciale, tecnica e tecnologica);
🡪) l’esercizio in comune tra le parti di una o più attività rientranti nell’oggetto delle rispettive imprese.
La formulazione estremamente generica ed ampia delle tre figure le rende, di fatto, difficilmente distinguibili.
Infatti, atteso che non esiste una definizione giuridica di “collabora- re”, tale espressione deve essere interpretata nel significato che essa assume nel linguaggio comune, ossia quello di lavorare insieme in modo non occasionale per il perseguimento di un obiettivo comune. Qualunque attività posta in essere da due o più imprese che sia volta al persegui- mento di uno scopo comune, anziché alla competizione per prevalere l’una sull’altra, può rientrare nel concetto di collaborazione. In proposito è stato osservato che «È difficile immaginare un tipo di programma che sfugga davvero alla fattispecie legale. La formula della collaborazione in ambiti e modi predeterminati attinenti all’esercizio delle imprese è così generica che può sostanzialmente rientrarvi qualsiasi cosa sia strumen- tale o consequenziale all’attività delle imprese della rete»(1🡪).
La collaborazione, quindi, può avvenire sia attraverso un’attività di scambio che mediante un’attività esercitata in comune. Ecco che, per- tanto, la prima alternativa di oggetto sociale (la collaborazione) viene praticamente ad assorbire le altre due (lo scambio e l’esercizio in comu- ne di attività), le quali, a loro volta, sono formulate in maniera talmente ampia e generica da poter comprendere al loro interno, rispettivamente, qualsiasi rapporto di scambio e qualsiasi rapporto di comunione di scopo.
Tale considerazione pare trovare riscontro nella prassi.
Infatti, la dottrina più attenta ai fenomeni reticolari, all’esito di un esa-
(1🡪) X. XxxxXxX, op. cit., p. 62🡪.
80
rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
me empirico dei primi contratti di rete stipulati nella prassi, riconosce che «Lo scambio di informazioni risulta spesso inquadrato nell’ambito di attività di collaborazione o di esercizio in comune di attività ... Lo scam- bio di prestazioni è più sotteso al testo contrattuale che esplicitamente menzionato … La collaborazione sembra essere un ingrediente costante del programma di rete»(14).
A bene vedere, lo scambio può avere ad oggetto sia informazioni sia prestazioni: considerata la genericità e l’indeterminatezza dei concetti di informazione e di prestazione, è difficile immaginare qualcosa che le imprese non possano scambiarsi con il contratto di rete.
Allo stesso modo, il Legislatore non stabilisce cosa debba intendersi per «esercizio in comune di un’attività», sicché anche su questo punto ampio spazio e libertà è data all’autonomia negoziale delle parti. In dottrina(15) si è fermato che tale nozione potrebbe spaziare dal mero coordinamento delle rispettive attività all’affidamento totale alla rete dell’intero processo produttivo di ciascuna impresa.
Si è altresì suggerito che la distinzione tra le tre tipologie di ogget- to dovrebbe essere individuata nella diversa rilevanza degli interessi collettivi ed individuali attribuita dalle parti: «Tale tripartizione può essere letta sul piano causale facendo riferimento a diversi equilibri tra interesse collettivo ed interessi individuali. Prevalenti quest’ultimi nel contratto plurilaterale di scambio, soccombenti o comunque in posizione subordinata nei contratti di collaborazione ed ancora più in quelli che prevedono l’esercizio in comune dell’attività»(16).
Ad ogni modo, a parere di chi scrive, resterebbero testualmente esclu- se dalla possibilità di essere oggetto del contratto di rete solo le attività che non siano né di scambio né esercitate in comune, quindi il contratto non potrebbe prevedere che l’attività della rete sia esercitata esclusi- vamente da un’impresa e senza che questa riceva in cambio alcunché dalle altre parti in termini di prestazioni, di beni o di informazioni volti al perseguimento dello scopo comune. Il ché, a ben guardare, equivale a dire che il contratto di rete non può prevedere come oggetto un’attività che non sia di collaborazione.
L’ulteriore limitazione all’oggetto del contratto di rete individuabile nel disposto normativo, è che le informazioni e le prestazioni scambiate devono avere natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica.
(14) X. XxxxxxX, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, in Contratti, 2010, p. 509.
(15) X. Xxxxx, op. cit., p. 8🡪9.
(16) X. XxxxxxX, Il nuovo contratto di rete: “learning by doing”?, cit., p. 1146.
par te I | s aggI 81
Anche qui è difficile immaginare qualcosa che resti effettivamente escluso.
Infatti, da quanto sopra, risulta chiaramente che l’oggetto del con- tratto di rete è semplicemente la collaborazione interimprenditoriale, intesa nel senso più ampio del termine, sia che consista in un attività di scambio sia che consista in un attività esercitata in comune.
Il contratto di rete pare, quindi, candidarsi al ruolo di strumento ido- neo ad adattarsi a tutta quella varietà di rapporti non competitivi tra imprese che nelle dottrina economica vengono indicati come un conti- nuum di modelli organizzativi ibridi tra i due estremi della gerarchia e del mercato (supra, par. 1).
Per questo motivo, come si accennava sopra, l’oggetto non è l’ele- mento che consente di distinguere il contratto di rete da tutte le altre figure di contratti stipulati tra imprese. L’oggetto concreto dei contratti di rete che saranno stipulati potrà, di volta in volta, coincidere con uno o più oggetti combinati di altri contratti tipici (ad esempio il contratto d’opera, l’affitto, il comodato, l’appalto, la società, il consorzio, il depo- sito…). Ciò che lo distinguerà da questi sarà la causa: si avrà rete solo se quell’oggetto sia volto a perseguire lo «scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato».
Ecco perché lo scopo comune di accrescere la capacità innovativa e la competitività, che potrebbe a prima vista sembrare vicino al moti- vo soggettivo, viene invece espressamente previsto dal Legislatore ed assurto al rango di causa del contratto: «...l’idoneità del programma a incrementare la competitività e consentire l’innovazione hanno rilevanza causale. Effettivamente, questo scopo non resta confinato ai motivi, e come motivo determinante e comune entra nella causa del contratto»(17). Xxxxxxxx causa è ciò che consente di attribuire al rapporto la qualifica di contratto di rete piuttosto che quella di un qualsiasi altro contratto, tipico o atipico(18).
Si badi bene che tale qualifica non è un’esigenza meramente scien- tifica o sistematica: è un esigenza estremamente pratica e concreta. Infatti, da tale qualificazione dipende la concessione delle importanti agevolazioni di cui si accennerà infra (par. 9). Le imprese dell’aggrega- zione possono ottenere i benefici amministrativi e fiscali previsti solo se il contratto tra loro stipulato possa essere qualificato come contratto di rete e l’unica via per qualificarlo come tale è verificare che la sua causa
(17) X. XxxxXxX, op. cit., p. 620.
(18) X. Xxxxxxxx, Brevi Considerazioni sulla governance nei contratti di rete, in Contr. e impr., 2012, p. 🡪48.
82 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
sia l’accrescimento della capacità innovativa e della competitività delle imprese.
Tornando all’oggetto del contratto di rete, dopo aver indicato la tri- plice configurazione che questo può assumere, la legge richiede che il testo contrattuale indichi espressamente un programma di rete, il quale contenga «l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante» e «le modalità di realizzazione dello scopo comune» (co. 4-ter, lett. c)).
Emerge quindi che il contratto di rete ha una struttura bifasica.
Come è stato fatto notare, «la formula echeggia quella in materia di contratto di società»(19): sostanzialmente il contratto stabilisce lo scopo e le modalità di funzionamento della rete e, successivamente, nell’ambito di tale cornice, sarà svolta l’attività, materiale o giuridica, della rete.
La prima fase, statica e programmatica, consiste nella dichiarazione degli obiettivi della rete nonché dei diritti e degli obblighi che le parti assumono per perseguire tali obiettivi.
La seconda fase, dinamica ed esecutiva, consiste nello svolgimento concreto del programma di rete, ossia nell’individuazione e nell’attua- zione delle operazioni specifiche attraverso le quali si intende realizzare lo scopo comune. Non si tratta della mera esecuzione di prestazioni già previste nel contratto, ma della concreta specificazione di quanto ivi previsto solo in via programmatica.
Si noti che, similmente a quanto avviene nei consorzi e a differenza di quanto avviene nelle società, tra gli obblighi che possono assumere le parti può esservi quello di eseguire eventuali successivi conferimenti, ulteriori rispetto quelli iniziali, per sopperire alle esigenze di funziona- mento e di mantenimento della rete(20).
Il Legislatore rimette completamente all’autonomia negoziale delle parti la determinazione delle modalità di svolgimento dell’attività della rete, limitandosi a fornire due strumenti facoltativi che esse possono, ma non necessariamente devono, utilizzare: l’organo comune e il fondo patrimoniale comune, di cui si dirà in seguito.
(19) X. XxxxxxX, Il contratto di rete – Commentario, cit., p. 🡪4.
(20) In questo senso anche le «Linee guida per i contratti di imprese» pubblicate da Confindustria – Retimpresa e Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Vene- zie nel mese di marzo 2012.
par te I | s aggI 8 🡪
6. La forma, la pubblicità ed il contenuto
Quello della forma e della pubblicità del contratto di rete, è il profilo (inizialmente l’unico) su cui interveniva il d.l. n. 8🡪/2012, nella sua for- mulazione originaria prima della conversione con modifiche operata dalla l. n. 1🡪4/2012.
Il comma 4-quater prevede (e prevedeva anche prima della riforma) che «Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante».
La parte finale del primo paragrafo del comma 4-ter, questa sì mo- dificata dalla riforma, ora prevede che «Ai fini degli adempimenti pub- blicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma degli articoli 24 o 25 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, da ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti»
La novità sta nell’introduzione, accanto all’atto pubblico ed alla scrit- tura privata autenticata (già previste nella formulazione originaria della norma), della forma digitale, ossia del documento informatico munito della c.d. “firma digitale”. La riforma introduce questa importante novità all’evidente scopo di incentivare, rendendo meno costosa, la conclusione dei contatti di rete (non essendo più necessaria la forma notarile), ma per la disciplina del documento informatico si limita a rinviare alla rela- tiva disciplina del c.d. “Codice dell’amministrazione digitale”.
Inoltre, sempre all’evidente fine di promuovere la diffusione delle reti, la riforma ha previsto che la registrazione presso i competenti uffici del registro delle imprese avvenga attraverso un modello ministeriale stan- dard, facilitando ed accelerando, così, il relativo procedimento burocrati- co. Infatti è previsto che il contratto di rete sia «trasmesso ai competenti uffici del registro delle imprese attraverso il modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’e- conomia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico».
Al medesimo scopo di alleggerimento burocratico, nel comma 4-quater del d.l. n. 5/2009 è stato introdotto un nuovo procedimento di registra- zione per le modifiche successive apportate al contratto originario: «Le modifiche al contratto di rete, sono redatte e depositate per l’iscrizione, a cura dell’impresa indicata nell’atto modificativo, presso la sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta la stessa impresa. L’ufficio del registro delle imprese provvede alla comunicazione della avvenuta iscrizione delle modifiche al contratto di rete, a tutti gli altri uffici del registro delle imprese presso cui sono iscritte le altre partecipanti, che provvederanno alle relative annotazioni d’ufficio della modifica».
84 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
Ora le variazioni al contratto, anziché essere iscritte da ciascuna im- prese aderente presso il proprio registro delle imprese, saranno regi- strate ad opera di una sola delle imprese aderenti e solo presso il proprio ufficio del registro delle imprese, il quale provvederà a comunicare la variazione agli altri uffici interessati per la relativa annotazione nei rispettivi registri.
Al riguardo, è opportuno segnalare che la Circolare n. 🡪649/C del 18 gennaio 2012, Prot. n. 0009890, del Ministero per lo Sviluppo Economi- co, nel frattempo, aveva introdotto la figura della “impresa di riferimen- to”, cui fa riferimento il novellato comma 4-quater.
Si tratta, sostanzialmente, di una delle imprese aderenti che viene incaricata di curare la pubblicità della rete: «Al fine di evitare duplica- zioni di adempimenti in capo a tutte le imprese partecipanti al contratto di rete, si richiede di identificare un’unica “impresa di riferimento” per ogni contratto per semplificare la predisposizione e presentazione delle pratiche al Registro Imprese. L’“impresa di riferimento” non deve neces- sariamente coincidere con l’eventuale impresa mandataria o capogrup- po: è esclusivamente una identificazione al fine della presentazione dei dati da iscrivere. La qualifica di impresa di riferimento, adottata anche allo scopo di evitare duplicazioni di informazioni, può essere riattribuita senza alcun vincolo ad altro soggetto partecipante al contratto di rete, previa comunicazione all’ufficio»(21).
Per questo motivo il novellato comma 4-quater adesso prevede che lo stesso atto modificativo del contratto originario debba indicare anche l’impresa incaricata di provvedere alla relativa pubblicità.
Ciò detto in ordine alla pubblicità ed alla forma del contratto, in or- dine al suo contenuto si rileva che la legge prescrive dettagliatamente anche gli elementi contenutistici che deve avere il testo contrattuale, individuando, così, contenuti necessari e contenuti facoltativi.
I contenuti necessari costituiscono gli elementi essenziali del contrat- to e sono: le generalità delle parti (tanto degli originari sottoscrittori quanto dei successivi aderenti); gli obiettivi strategici (di cui si è detto sopra); il programma di rete con l’enunciazione dei diritti e degli obbli- ghi assunti da ciascun partecipante nonché le modalità di realizzazione dello scopo comune; la durata del contratto; le modalità di adesione di altri imprenditori; le regole per l’assunzione delle decisioni dei parteci- panti su ogni materia o aspetto di interesse comune.
I contenuti facoltativi riguardano invece gli elementi che le parti han-
(21) La circolare menzionata è disponibile alla data odierna del 16 agosto 2012 presso il sito web del Ministero dello Sviluppo Economico al seguente indirizzo: xxxx://xxx.xxxxxx- xxxxxxxxxxx.xxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxx/0000-X_xxxxxxxxxx_0000.xxx
par te I | s aggI 85
no la facoltà di inserire nel contratto ma che possono anche non essere previsti, quindi, in primo luogo, il fondo patrimoniale e l’organo comune, con la relativa regolamentazione. Sono altresì indicati ulteriori contenuti facoltativi e precisamente: la possibilità di prevedere, e disciplinare, il diritto di recesso anticipato e la modificabilità a maggioranza del pro- gramma di rete.
Ciò che è interessante rilevare è che la scelta di imporre la forma scritta e l’elenco di contenuti non è una novità in materia di contratti tra imprese e, anzi, risulta ormai essere la tendenza legislativa in questo campo.
Infatti, analoghe previsioni si riscontrano nella disciplina delle re- centi figure di contratti d’impresa introdotte nell’ordinamento, ossia il contratto di subfornitura (l. n. 192/1998) e il contratto di franchising (l. n. 129/2004). In proposito si è affermato che «La forma … è scritta (atto pubblico o scrittura privata autenticata), a contenuto prescrittivo vincolato – come solitamente si prevede per questa nuova “generazione” di contratti tra imprenditori»(22).
Tuttavia, la disciplina della forma del contratto di rete, pur essendo analoga a quella dei menzionati contratti di franchising e di subfornitura, sembra rispondere ad una diversa ratio.
La tecnica della forma scritta a contenuto prescrittivo in quei contratti risponde all’esigenza di tutelare la parte debole del rapporto contrattua- le, rispettivamente il franchisee ed il subfornitore. Invece, nel contratto di rete tale esigenza non risulta sussistere.
Infatti, mentre nella subfornitura e nel franchising il Legislatore muo- ve dal presupposto che tipicamente una delle due parti contrattuali, per diversi motivi, sia in una posizione di debolezza nei confronti della controparte e la legge, quindi, interviene per tutelare la parte debole con una serie di norme imperative la cui violazione è sanzionata con la nul- lità, nella normativa in esame, al contrario, non compare alcuna previ- sione volta a tutelare una parte e, corrispondentemente, non si rinviene alcuna norma imperativa la cui violazione sia sanzionata con la nullità. Xxxx, in dottrina si è censurato il fatto che il Legislatore del contratto di rete non abbia minimamente affrontato né preso in considerazione la problematica dell’asimmetria di posizioni contrattuali che tipicamente caratterizzano i rapporti tra imprese.
Quindi, lo scopo perseguito dal Legislatore con il contratto di rete deve essere individuato in qualcosa di diverso dalla tutela della parte debole. In vero, da una semplice lettura dell’articolato in esame, emerge
(22) X. XxxxxXX, Dalle reti di imprese al contratto di rete nella recente prospettiva legi- slativa, in Contratti, 2009, p. 9🡪0.
86 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
chiaramente e pacificamente, senza necessità di particolari sforzi erme- neutici, quale sia tale diverso scopo.
La dottrina(2🡪) è concorde nel riconoscere che la finalità perseguita dalla normativa in parola, lungi dall’essere una finalità di protezione, è quella di promuovere la collaborazione tra imprese al fine di accrescere la loro capacità innovativa e la loro competitività(24) (come esposto supra in relazione alla causa del contratto).
La ratio della disciplina della forma del contratto di rete deve, quindi, essere individuata in qualcosa di diverso dalla tutela della parte debole, che risulta essere finalità assente nelle disposizioni in esame.
Invero, è la stessa norma ad indicare espressamente quale sia la fi- nalità delle forma del contratto di rete, nella parte in cui specifica che il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per documento digitale «Ai fini degli adempimenti pub- blicitari».
A ciò si deve aggiungere che (come si vedrà infra, par. 9) per le impre- se che stipulano un contratto di rete sono previste agevolazioni fiscali ed amministrative, a condizione che il programma di rete sia asseverato dagli organismi indicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. È inoltre previsto che l’Agenzia delle Entrate vigili sulla corrispondenza a tale programma dell’attività concretamente posta in essere dalle im- prese beneficiarie delle suddette agevolazioni.
Riassumendo, ai fini pubblicistici della previsione in esame, il contrat- to di rete deve essere trascritto nel registro delle imprese e deve esserne
(2🡪) Si veda, tra gli altri, X. XxxxXxxX, Il contratto di rete: una soluzione in cerca del pro- blema?, in Contratti, 2009, p. 9🡪5: «Con la subfornitura e il franchising … si è inteso dare seguito all’esigenza di tutelare uno dei due contraenti, a dispetto di quella tralatizia convin- zione che l’autonomia privata non ha bisogno di controlli, quanto di esprime nel contesto interprofessionale … Niente di tutto questo – almeno stando all’attuale formulazione delle disposizioni – per il contatto di rete, il quale viene introdotto non con una finalità protettiva, ma con un obiettivo di tipo promozionale, in un quadro di politica industriale volto a favorire il rilancio dell’economia e la competitività dell’industria nazionale».
(24) Così anche X. XxXxxxxX, La nuova legge sui “contratti di rete” tra le imprese: os- servazioni e spunti, in Not., 2010, n. 2, p. 192: «Nelle prime due figure, la subfornitura ed il franchising … il legislatore si ispira ad un’esigenza fondamentale, un’esigenza protet- tiva: tutelare uno dei due contraenti, la parte debole del rapporto. Tale scelta nasce dalla consapevolezza che nella realtà vi sono contratti di impresa “diseguali” (oggi si parla di “asimmetria” contrattuale); comunque vi sono contratti “sbilanciati”, “ineguali” e qui di è necessario riequilibrare il rapporto tra i contraenti, tanto che l’interviene tecnicamente è abbastanza invasivo, perché si ricorre all’inserimento di norme imperative, di una serie di divieti e questi divieti sono sanzionati con la nullità. La recente legge sul contratto di rete non prevede, invece, niente di tutto questo e appare innovativa rispetto al passato, perché si ispira ad una finalità diversa, non protettiva, cioè ad un obiettivo dichiaratamente di “tipo promozionale”».
par te I | s aggI 87
verificata da parte della Pubblica Amministrazione la corrispondenza al dettato normativo nonché l’effettiva e corretta esecuzione.
Così inquadrato il contesto della disciplina della forma del contratto di rete, è possibile affermare che la relativa ratio è prettamente pubbli- cistica: la forma scritta è funzionale alla trascrizione del contratto nel registro delle imprese, mentre l’indicazione espressa del contenuto è funzionale alla concessione dei benefici fiscali, prima quale presupposto per l’asseverazione del programma e poi per i controlli sulla sua effettiva e corretta attuazione.
Pertanto, si deve concludere che, nonostante l’apparente similitudine, la disciplina della forma del contratto di rete è profondamente diversa per ratio da quella dei contratti di franchising e di subfornitura.
A ben guardare, la differenza non sta solo nella ratio ma emerge anche nel dato positivo. La legge sul franchising e quella sulla subfornitura stabiliscono espressamente che la forma scritta è imposta a pena di nullità, la legge in esame invece non dice quale sia la conseguenza del difetto di forma.
Quindi, considerando che la forma del contratto di rete ha una ratio pubblicistica, che non persegue finalità di tutela della parte debole e che non risulta espressamente imposta a pena di nullità, si potrebbe argomentare che essa non incida sulla validità del contratto(25).
Un contratto di rete stipulato con scrittura privata (o addirittura in forma orale) sicuramente non potrà essere iscritto nel registro delle imprese e non potrà portare all’applicazione delle agevolazioni fiscali previste, ma ben potrebbe far sorgere in capo alle parti stipulanti i diritti e gli obblighi in esso previsti.
Analogo ragionamento può essere svolto in ordine alla previsione del comma 4-quater della legge in esame, per cui «l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni pre- scritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari». Che cosa intende il Legislatore per “efficacia” nella norma in esame: efficacia anche dal punto di vista privatistico (produzione di effetti giu- ridici tra le parti) o solo efficacia dal punto di vista pubblicistico (appli-
cazione delle agevolazioni fiscali ed amministrative)?
Come sopra: il contratto di rete non iscritto nel registro delle imprese non potrà certo portare all’applicazione delle agevolazioni previste, ma ben potrebbe far sorgere in capo alle parti stipulanti i diritti e gli obbli-
(25) Così anche A. DI LIzIa, (Contratto di) Rete di imprese – Rassegna e clausole contrat- tuali, in Not., 2012, n. 🡪, p. 294.
88 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
ghi in esso previsti(26). Lo stesso dicasi per un contratto di rete stipulato tra più imprenditori, alcuni di quali, pur essendo imprenditori di fatto, non risultino iscritti al registro delle imprese, con la conseguenza che, relativamente a questi, non vi sarà un registro delle imprese presso cui iscrivere il contratto: la rete potrebbe comunque venire ad esistenza ai fini civilistici(27).
7. Il fondo patrimoniale
Come anticipato sopra, il contratto di rete ora può prevedere l’isti- tuzione di un fondo patrimoniale comune quale dotazione patrimoniale per lo svolgimento dell’attività di rete, mentre nella versione originaria della norma il fondo patrimoniale era elemento necessario dell’istituto. Qualora il fondo patrimoniale sia previsto, il contratto deve indicare
«la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli even- tuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del fondo medesimo».
Per quanto riguarda la disciplina dell’elemento in esame, la norma prevede che ad esso si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli artt. 2614 e 2615 c.c., dettati in materia di consorzi con attività esterna.
(26) X. XxxxX, La nuova legge sul contratto di rete, in Nuova giur. civ. comm., 2011, p. 540:
«…pare doversi ritenere che l’efficacia condizionata dalla pubblicità sia quella all’idoneità
«agevolativa», non quella privatistica. In questa ipotesi, la pubblicità non dovrebbe incidere sull’efficacia del contratto sul piano dei rapporti interprivati, ma potrebbe al limite rilevare, in casi particolari, come presunzione iuris tantum di conoscenza dei fatti pubblicati».
(27) In questo senso anche lo Studio n. 1/2011l del Consiglio Nazionale del Notariato: «… la forma prevista dalla legge in esame essendo classificabile come meramente “integrativa”, cioè condizionante la qualificazione come “rete d’imprese” e l’accesso ai benefici che tale qualificazione comporta. La nuova formulazione del comma 4-quater prevede che “l’effi- cacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari”. La lettera della norma si presta ad alimentare suggestioni inesatte: l’efficacia cui fa riferimento deve essere intesa non già come idoneità del contratto interaziendale stipulato a produrre effetti fra le parti (ex art. 1🡪72 c.c.), ma come rilevanza del medesimo quale (atto costitutivo di una) rete di imprese a tutti gli effetti normativamente ricollegati a tale qualificazione. La ragione della scelta normativa sembra ravvisabile nella volontà di evitare che i partecipanti possano sfrut- tare in maniera impropria i vantaggi, anche fiscali, che la legge connette alla partecipazione alla rete, ed è funzionale all’obiettivo di incentivare, fra l’altro, l’istituzionalizzazione delle forme di collaborazione e di coordinamento fra imprese fino ad ora vissute nella prassi».
Il testo, alla data odierna del 16 agosto 2012, è disponibile presso il sito web del Consiglio Nazionale del Notariato al seguente indirizzo: xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xx/xxxxxxxxxx/ news/archive/pdf-news/1-11-i.pdf
par te I | s aggI 89
Il Legislatore ha distinto il profilo interno del fondo patrimoniale da quello esterno, rimettendo sostanzialmente all’autonomia negoziale pri- vata la disciplina del primo e dettando invece una disciplina eteronoma per il secondo.
Dal punto di vista interno, infatti, sono le parti a determinare conven- zionalmente, nel modo che riterranno più opportuno, in che cosa consi- steranno i conferimenti (denaro, beni immobili, beni mobili, diritti di pro- prietà industriale, know how...), quale valore attribuire agli stessi e come regolarne l’utilizzo e l’amministrazione. Si precisa che i beni potranno essere conferiti in proprietà (o altro diritto reale) oppure in utilizzo. Gli effetti del conferimento variano a seconda della concezione di rete adot- tata (si veda infra, par. 11): se si opta per la rete-organizzazione, allora il diritto reale sui beni conferiti (in caso di conferimento reale) oppure il diritto relativo di godimento (in caso di conferimento in utilizzo) saranno in capo alla rete stessa; se invece si opta per la rete-contratto, sui beni conferiti si creerà un comunione di diritti (reali o relativi, a seconda del conferimento) in capo a tutti gli aderenti alla rete.
Dal punto di vista esterno, invece, viene richiamata la disciplina det- tata per i consorzi con attività esterna, in particolare nella parte in cui sancisce l’autonomia patrimoniale dell’ente. Gli articoli richiamati sta- biliscono, infatti, che i partecipanti non possono dividere il patrimonio comune finché dura l’ente, che i creditori dei partecipanti non possono aggredire il patrimonio dell’ente (art. 2614 c.c.) e che per le obbligazio- ni assunte per conto dell’ente risponde esclusivamente il patrimonio dell’ente stesso, mentre per le obbligazioni assunte per conto dei singoli partecipanti rispondono solidalmente il patrimonio dell’ente e quello del partecipante interessato (art. 2615 c.c.).
La legge prevede, senza alcuna precisazione né alcun chiarimento, che i citati articoli 2614 e 2615 c.c. applichino solo «in quanto compati- bili» e, in vero, ci si è subito chiesti quale sia la portata effettiva di tale limitazione. Autorevole dottrina risponde a tale domanda affermando che la disciplina del consorzio sarebbe non applicabile proprio quando le parti abbiano voluto costituire, anziché un’organizzazione, una rete tendente al rapporto di scambio. In questa interpretazione, infatti, il con- tratto di rete si presterebbe anche a costituire e regolare meri rapporti di collaborazione che, per quanto intensi e complessi, non arrivano a creare un nuovo soggetto giuridico altro rispetto alle parti tra cui inter- corrono: «…in questa prospettiva il regime di autonomia patrimoniale prefigurato dagli artt. 2614 e 2615 c.c. risulta «incompatibile» con la natura della rete tutte le volte in cui dia vita ad una forma di collabora- zione che non generi una nuova organizzazione imprenditoriale dotata di una sua autonomia funzionale ed operativa, legata alla presenza di
90 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
una organizzazione complessa per lo più di tipo corporativo…»(28). Una questione che si pone in relazione a tali disposizioni riguarda l’oppo- nibilità ai terzi creditori dei singoli partecipati del conferimento dei beni del debitore nel fondo patrimoniale della rete, con la conseguente impossibilità per essi di aggredirli per soddisfare il credito vantato nei confronti del singolo aderente-debitore medesimo. Le soluzioni possibili sono due(29): o si ritiene che il conferimento sia opponibile nel momento in cui al contratto di rete viene data la pubblicità prescritta mediante l’iscrizione nei registri delle imprese competenti, oppure si può ritenere che l’opponibilità dei conferimenti segua le regole comuni dettate dal Codice Civile per ciascuna tipologia di bene (immobili(🡪0), mobili regi- strati, mobili e crediti).
Così inquadrato il fondo patrimoniale, si rileva che proprio in relazione a tale elemento contrattuale sono legate le novità forse più importanti portate dalla riforma dell’agosto 2012.
Tale novella, infatti, ha introdotto le seguenti innovative previsioni connesse all’esistenza del fondo patrimoniale della rete:
a) il contratto di rete che preveda il fondo patrimoniale deve preve- dere anche una denominazione ed una sede per la rete (lett. a) co. 4-ter), mentre tali elementi non erano contemplati prima della riforma e continuano a non essere contemplati per le reti prive di fondo patrimoniale;
b) il contratto di rete con fondo patrimoniale ora può essere iscritto nel registro delle imprese del luogo dov’è stabilita la sede della rete, anziché in ciascun registro presso cui sono iscritte le imprese aderenti, come invece avveniva prima e come avviene tuttora per le imprese prive di fondo patrimoniale (n. 2 del terzo periodo del primo paragrafo del comma 4-ter);
c) la rete dotata di fondo patrimoniale che si iscrive nel registro, con tale iscrizione, acquista soggettività giuridica (ultimo periodo del comma 4-quater), mentre prima la norma non si pronunciava sulla soggettività giuridica della rete, che anzi rappresentava la questio- ne più spinosa dibattuta in dottrina;
d) la rete dotata di fondo patrimoniale è ora tenuta a redigere annual-
(28) P. IamIcelI, op. cit., p. 7🡪.
(29) In questo senso anche le «Linee guida per i contratti di rete» pubblicate da Confin- dustria – Retimpresa e Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie nel mese di marzo 2012.
(🡪0) In particolare per i beni immobili si è prospettata la possibilità di trascrivere il con- ferimento come atto di destinazione ai sensi dell’art. 2645-ter oppure ai sensi del combinato disposto del n. 10 dell’art. 264🡪 e dell’art. 2645 c.c..
par te I | s aggI 91
mente una situazione patrimoniale, osservando per quanto possi- bile le norme dettate per la redazione del bilancio d’esercizio delle società per azioni (n. 🡪 del terzo periodo del primo paragrafo del co. 4-ter);
e) la rete dotata di fondo patrimoniale è tenuta ad indicare negli atti e nella corrispondenza la propria sede, l’ufficio del registro delle im- prese presso cui è iscritta ed il numero di iscrizione ai sensi del co.
🡪 dell’art. 2615-bis (richiamato dal n. 🡪 del terzo periodo del primo paragrafo del co. 4-ter).
Come si approfondirà nel prosieguo, si tratta di previsioni tutte volte, in modo abbastanza deciso, ad indurre a considerare la rete come un vero e proprio soggetto giuridico.
La riforma ha introdotto anche un’altra interessante nuova previsio- ne per le reti dotate di fondo patrimoniale, relativa alla responsabilità per le obbligazioni di rete. Dopo aver disposto il rinvio agli art. 2614 e 2615 c.c. per la disciplina del fondo patrimoniale, la legge ora specifica che «in ogni caso, per le obbligazioni contratte dell’organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo medesimo» (n. 2 del terzo periodo del primo paragrafo del co. 4-ter).
In vero, tale norma pare ripetere (ma in modo più impreciso ed equivo- co) il principio già posto dal primo comma del richiamato art. 2615 c.c., secondo cui «Per le obbligazioni assunte in nome del consorzio … i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo consortile». La disposizione del comma 4-ter in esame, però, omette di specificare che la limitazione della responsabilità al fondo patrimoniale sussiste per le obbligazioni contratte in nome della rete e ciò potrebbe comportare problemi di coordinamento con il secondo comma dell’art. 2615 c.c., che, invece, disciplinando il caso delle obbligazioni assunte per conto dei singoli aderenti (anziché dell’ente), prevede in questo caso la responsa- bilità solidale dei singoli interessati. Se l’organo comune, in relazione al programma di rete, assume delle obbligazioni per conto dei singoli aderenti, questi sono solidalmente responsabili, ai sensi del richiamato secondo comma dell’art. 2615 c.c., oppure i terzi possono far valere i loro diritti solo sul fondo patrimoniale, ai sensi della specifica previsione in questo senso posta nella parte finale della norma in esame?
Lo scopo della norma, a parere di chi scrive, è proprio quello di esclu- dere la responsabilità degli aderenti anche quando l’organo comune abbia assunto obbligazioni sì in loro nome, ma per l’esecuzione del pro- gramma di rete. L’inciso “in ogni caso”, infatti, pare deporre a favore di tale conclusione.
Per completezza dell’esposizione, si deve rilevare che la legge preve-
92 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
de che il fondo patrimoniale possa essere costituito, anziché attraverso il conferimento diretto dei beni, mediante l’apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell’art. 2447-bis, co. 1, lett. a), c.c.
Tuttavia, tale ipotesi di una serie di patrimoni destinati per ciascuna impresa aderente risulta di limitata applicazione per una serie di motivi. In primo luogo, stante il tenore letterale dell’art. 2447-bis c.c. i patrimoni destinati possono essere istituti solo da S.p.A., quindi l’ipotesi non riguar-
derebbe tutte le imprese aderenti che non rivestano tale forma sociale.
In secondo luogo, l’istituzione di patrimoni destinati incontra un limite assai rilevante: la quota di patrimonio destinato non può superare il 10% del patrimonio netto della S.p.A. destinante.
In terzo luogo, l’istituzione di patrimoni destinati è un procedimento costoso e complesso che mal si adatta alle esigenze di dinamicità che invece intende soddisfare il contratto di rete.
Già nella prassi dei primissimi contratti di rete, l’ipotesi dei patrimo- ni di destinazioni risulta, quindi, non essere stata percorsa(🡪1). Inoltre, l’opzione dei patrimoni destinati comporta che ciascuna impresa resti unica ed esclusiva titolare dei beni così conferiti(🡪2), sicché non vengono a crearsi tra le imprese, in forza del conferimento, particolari problema- tiche su cui concentrare l’attenzione in questa sede.
8. L’organo comune
L’organo comune è il soggetto incaricato di dare esecuzione al pro- gramma di rete.
In assenza di precisazioni legislative, l’organo comune può avere com- posizione unipersonale o pluripersonale e possono farne parte soggetti sia interni che esterni alle imprese aderenti. La legge, inoltre, pare suggerire la possibilità di nominare quale organo comune una persona giuridica, atteso che la lettera e) del comma 4-ter richiede di indicare
«la denominazione sociale del soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo comune».
L’originaria formulazione del comma 4-ter, si limitava a stabilire che
(🡪1) X. XxxxxxX, Il contratto di rete nella prassi. Prime riflessioni, cit., p. 509, all’esito di un esame empirico dei propri contratti di rete stipulati nella prassi riconosce che «I con- tratti di rete prevedono sempre la costituzione del fondo patrimoniale mentre non fanno riferimento all’uso dei patrimoni di destinazione».
(🡪2) Per un esame completo ed articolato dell’opzione di costituzione del fondo patrimo- niale mediante il conferimento di patrimoni destinati, si rimanda a X. Xxxxxx, Integrazione di imprese e destinazione patrimoniale, in Contr. e impr., 2010, p. 169.
par te I | s aggI 9 🡪
il contratto di rete doveva necessariamente indicare «l’organo comune incaricato di eseguire il programma di rete, i suoi poteri anche di rap- presentanza e le modalità di partecipazione di ogni impresa alla attività dell’organo»(🡪🡪).
L’organo comune, quindi, era elemento necessario del contratto (sicché non potevano esistere reti prive dello stesso), ma la norma non forniva alcuna indicazione circa la sua natura giuridica ed il suo funzionamento. La laconicità di tale disciplina lasciava, quindi, ampio spazio alle spe- culazioni della dottrina e degli operatori. Durante la breve vigenza di tale versione della norma in esame, nel qualificare giuridicamente la figura dell’organo comune, si era proposto di attribuirgli una natura duplice, come duplice si riteneva essere la natura del contratto di rete: quella tendente al rapporto associativo (“rete-organizzazione”) e quella
tendente al rapporto di scambio (“rete-contratto”).
Dalla scelta operata dalle parti circa quale dei due modelli di rete uti- lizzare sarebbe derivata una diversa configurazione dell’organo comune:
«La diversa natura della rete (meramente contrattuale o associativa a rilevanza esterna) incide altresì sulle regole inerenti all’esercizio dei poteri rappresentativi. Si applicherà infatti la disciplina della rappre- sentanza ordinaria (o del mandato senza rappresentanza) nell’ipotesi di rete meramente contrattuale; quella della rappresentanza organica negli altri casi»(🡪4).
Se le parti avessero voluto, con il contratto di rete, un rapporto associa- tivo, allora l’organo comune sarebbe stato, appunto, un organo (in senso tecnico) dell’ente rete; se invece le parti avessero voluto limitarsi alla co- stituzione di un rapporto di scambio, allora l’organo comune sarebbe stato un soggetto che agiva per conto (ed eventualmente in nome) delle parti.
Il Legislatore, con il d.l. n. 78/2010 convertito con modificazioni dalla
l. n. 122/2010, è intervenuto massicciamente sull’elemento contrattuale in parola.
In primo luogo, l’organo comune non è più elemento essenziale del contratto ma solo accidentale, quindi è facoltà delle parti decidere se dotarne la rete o meno. Nel caso in cui decidano di non istituirlo, l’ese- cuzione del programma di rete sarà gestita direttamente dalle parti nei modi che avranno liberamente convenuto nel contratto medesimo.
In secondo luogo, la novella dell’anno 2010 ha introdotto delle previ- sioni che permettevano di inquadrare con più precisione la natura giuri-
(🡪🡪) Per un’analisi dell’elemento in esame di veda X. Xxxxx, Il contratto di rete e l’organo comune: governance e profili di responsabilità, in Resp. civ., 2012, p. 6.
(🡪4) P. IamIcelI, op. cit., p. 5🡪.
94 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
dica dell’organo comune (e conseguentemente anche della rete stessa). La prima parte del comma 4-ter, nella formulazione dell’anno 2010, stabilisce che «Il contratto può anche prevedere … la nomina di un or- gano comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso», mentre la successiva lettera e) impone che il contratto, se ne prevede l’istitu- zione, debba indicare «...il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale del soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo …, i poteri di gestione e di rappresentanza conferiti a tale soggetto come manda- tario comune…» (si anticipa che quest’ultima parte della norma è stata
modificata dalla novella dell’agosto 2012).
Tale dettato normativo pareva consentire di sgombrare il campo da al- cuni dubbi sorti in precedenza affermando che la rete non sarebbe stata un’organizzazione dotata di soggettività propria (rete-organizzazione) e che l’organo comune, quindi, non avrebbe dovuto essere qualificato come organo in senso tecnico, ma come un mandatario con procura in- caricato in comune dai singoli soggetti aderenti alla rete.
Siffatta conclusione era avvallata dall’espressa previsione per cui l’or- gano agisce «in nome e per conto dei partecipanti alla rete» e, quindi, si sarebbe detto non in virtù di un rapporto di rappresentanza organica con l’eventuale ente rete, ma quale mandatario comune delle singole impre- se. Peraltro, detta tesi pareva trovare testuale ed inconfutabile conferma nella chiara previsione per cui i poteri di gestione e rappresentanza gli venivano conferiti «come mandatario comune».
Pertanto, nella formulazione della norma dell’anno 2010, l’organo co- mune, anche qualora previsto dal contratto, non era un elemento che po- tesse deporre a favore dell’attribuzione alla rete di una qualsivoglia sog- gettività giuridica autonoma e distinta da quella delle parti contrattuali(🡪5). Tuttavia, l’ultima riforma dell’agosto 2012 ha apportato delle modifi- che che, almeno ad un primo esame, sembrano contraddire le indicazioni
fornite precedentemente ed imporre una revisione di tali conclusioni.
In primo luogo, è stato eliminata dalla lettera e) del comma 4-ter la specificazione per cui i poteri di gestione e di rappresentanza vengono conferiti all’organo comune «come mandatario comune», sicché non si può più sostenere che la sua natura di mandatario sia espressamente predicata dal testo normativo.
(🡪5) Contra si veda X. Xxxxxxxxx, Il «contratto di rete» fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. x00, il quale sostiene che il termine “organo” sarebbe utilizzato in senso tecnico e che il limite rappresentato dal fatto che l’organo co- mune agisce in rappresentanza delle imprese aderenti sarebbe facilmente superabile in via interpretativa.
par te I | s aggI 95
Inoltre, mentre il primo periodo del comma 4-ter continua a prevedere che l’organo comune agisca «in nome e per conto dei partecipanti», la medesima lettera e), invece, ora prevede espressamente che l’organo comune «agisce in rappresentanza della rete», quindi non solo in rap- presentanza dei singoli aderenti, ma della stessa rete in quanto tale.
Tutto ciò, evidentemente, implica l’idea di una soggettività propria della rete e, quindi, di un rapporto di rappresentanza organica dell’or- gano comune, sicché oggi tale elemento risulta essere più vicino alla figura dell’organo in senso tecnico che a quella del mandatario (anche se permangono forti dubbi, su cui infra, par. 10).
9. Gli incentivi e la natura pubblicistica
L’importanza strategica attribuita dal Legislatore al nuovo istituto del contratto di rete è dimostrata dalla profusione di incentivi e di agevola- zioni che esso riconosce alle imprese che decidano di costituire una rete. Infatti, la normativa in esame prevede l’estensione alle reti di alcune delle misure di promozione previste per i distretti dalla sopra cita Legge Finanziaria 2006, in particolare le previsioni in materia amministrativa,
finanziaria e di ricerca e sviluppo.
Inoltre, il citato d.l. n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla l. n. 122/2010, prevede una sospensione d’imposta per le imprese che confe- riscano beni per la costituzione del fondo patrimoniale di una rete (art. 42-quater, co. 2-quater)(🡪6). Tale agevolazione è subordinata alla «asseve- razione» del programma di rete da parte delle competenti associazioni di categoria e dei competenti organismi pubblici. Inoltre è previsto che l’Agenzia delle Entrate vigili sulla corrispondenza tra l’attività effettiva- mente svolta dalla rete ed il programma asseverato (sulla base del quale sono concesse le agevolazioni fiscali)(🡪7).
(🡪6) Sulla compatibilità di questa agevolazione fiscale con la disciplina europea sugli aiuti di stato si è pronunciata positivamente la Commissione Europea con la decisione C(2010)89🡪9 def. del 26 gennaio 2011.
(🡪7) Tale sistema di agevolazione fiscale è divenuto operativo con l’emanazione del de- creto attuativo del 25 febbraio 2011 del Ministro dell’economia e delle finanze (mediante il quale sono stati individuati gli organismi di diritto privato espressione dell’associazioni- smo imprenditoriale abilitati ad asseverare il programma comune di rete) e con l’adozione dei provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 14 aprile 2011, concernenti gli aspetti procedurali connessi all’incentivo fiscale (n. 2011/🡪11🡪9 relativo alla trasmissione dei dati dell’asseverazione del programma; n. 2011/🡪48🡪9 concernente la comunicazione del possesso dei requisiti per il rilascio dell’asseverazione del programma; n. 2011/54949 in merito all’approvazione della comunicazione contenente i dati per la fruizione dei vantaggi
96 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
Infine, la recente riforma dell’agosto 2012 introduce due nuovi incentivi. In primo luogo,è previsto che i consorzi per l’internazionalizzazione di cui all’art. 42 del medesimo d.l. n. 8🡪/2012 possano svolgere la loro attività, beneficiando dei relativi contributi statali (ai sensi del decreto attuativo che dovrà essere emanato dal Ministero per lo Sviluppo Econo- mico entro 90 giorni dalla conversione del citato d.l.), anche stipulando contratti di rete con piccole e medie imprese pur non consorziate: «Ai consorzi per l’internazionalizzazione sono concessi contributi per la copertura di non più del 50 per cento delle spese da essi sostenute per l’esecuzione di progetti per l’internazionalizzazione, da realizzare anche attraverso contratti di rete con piccole e medie imprese non consorzia-
te» (art. 42, comma 6, d.l. n. 8🡪/2012).
In secondo luogo, limitatamente al settore economico del turismo, l’art. 66 del d.l. n. 8🡪/2012 prevede che il Ministero per gli A ffari Regio- nali, il Turismo e lo Sport stanzi dei contributi a fondo perduto, fino a 8 milioni di Euro, per la realizzazione di progetti pilota di reti tra imprese e di filiere (sic) promossi da aziende del comparto turistico del territorio nazionale: «Al fine di favorire la creazione di reti di impresa e di filiera tra le aziende del comparto turistico del territorio nazionale, con uno o più decreti del Ministro per gli A ffari Regionali, il Turismo e lo Sport, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Re- gioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti criteri e modalità per la realizzazione di progetti pilota … Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al primo comma, si provvede, nel limite di spesa di 8 milioni di euro, nell’ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l’anno 2012, finalizzate allo sviluppo del turismo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
È, quindi, chiaro che la riforma persevera nel precedente e tradizio- nale approccio legislativo nei confronti delle aggregazioni tra imprese: tale fenomeno viene preso in considerazione e disciplinato non solo (o non tanto) per dettarne la disciplina privatistica ma anche (o soprattutto) per concedere alle imprese che le costituiscano delle agevolazioni e dei vantaggi di tipo amministrativo, fiscale e tributario.
Il rilievo pubblicistico della rete emerge, inoltre, nella disposizione di cui alla lettera e) del comma 4-ter, la quale prevede che di regola, salvo che le parti non abbiano espressamente previsto in senso contrario,
fiscali c.d. mod. RETI). L’Agenzia delle Entrate ha inoltre fornito importanti delucidazioni con la circolare 14 aprile 2011 n. 15/E chiarendo alcuni delicati aspetti applicativi, tra cui in particolare i seguenti: a) modalità di accesso all’agevolazione per le imprese in contabilità semplificata; b) costi agevolabili; c) termine del regime di sospensione.
par te I | s aggI 97
l’organo comune della rete ha la rappresentanza delle imprese aderenti e della rete stessa nelle «procedure di programmazione negoziata» con la Pubblica Amministrazione, nonché «nelle procedure inerenti ad inter- venti di garanzia per l’accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall’ordinamento, nonché all’utilizzazione di stru- menti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza».
La rete, quindi, sotto questo profilo assume la funzione di interlocuto- re nei rapporti tra la Pubblica Amministrazione e le imprese. Pertanto, mentre si è molto discusso, almeno fino all’ultimissima novella dell’ago- sto 2012 (come si vedrà nel prosieguo), se la rete abbia una soggettività giuridica di diritto privato, è sicuro che essa sia dotata di una propria soggettività nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
A ben vedere, anche quella che viene pacificamente indicata come la causa del contratto di rete presenta una forte connotazione pubblicisti- ca, piuttosto che privatistica.
Il comma 4-ter, infatti, stabilisce che lo scopo delle parti nel contratto di rete è quello «di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato». È facile rilevare che siffatta formulazione dell’elemento causa del contrat- to di rete «riflette piuttosto la prospettiva … di un disegno di politica industriale in cui l’impiego della rete viene vincolato alla dimostrazione di una maggiore capacità innovativa, più adatto a costituire parametro per un finanziamento o per un’agevolazione che ad operare sul piano civilistico della causa»(🡪8).
10. Il contratto di rete e le aggregazioni tra imprese
Inquadrata l’attuale disciplina del contratto nei suoi termini essenzia- li, si osserva ora come essa possa presentare degli interessanti spunti per affrontare le problematiche proprie e specifiche delle aggregazioni tra imprese.
Richiamando le nozioni della dottrina economica per cui il rapporto di mero scambio corrisponde al modello organizzativo “mercato” e il rap- porto associativo corrisponde al modello organizzativo “gerarchia”(🡪9),
(🡪8) F. CafaggIIl contratto di rete – Commentario, cit., p. 🡪1.
(🡪9) R. H. Xxxxx, The firm the market and the law, Chicago, 1988, p. 🡪5, rende così il con- cetto: «Outside the firm, price movements direct production, which is co-ordinated through a series of exchange transactions on the market. Within the firm these market transactions
98 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
si rileva che per aggregazioni tra imprese si intende generalmente tutto ciò che si trova in mezzo tra questi due estremi, ossia tutte quelle forme di organizzazione aziendale nelle quali le imprese creano tra loro dei legami tali da condizionare le une le condotte delle altre, mantenendo però ciascuna la propria autonomia e la propria indipendenza formale. Si è osservato in dottrina come tali rapporti tra imprese soffrano la distinzione dicotomica tra contratti di scambio e contratti di comunione di scopo in quanto, tipicamente, si tratta di rapporti in cui le due anime dello scambio (e quindi del conflitto tra interessi di soggetti autonomi) e della comunione di scopo (e quindi della convergenza di interessi in una soggettività comune) s’intrecciano. Il problema dell’inquadramento e della disciplina dei rapporti tra imprese è che questi fenomeni non si collocano in modo appropriato né nella categoria dei contratti di scambio
né nella categoria dei contratti associativi.
Ebbene, l’istituto del contratto di rete risulta incarnare in modo esem- plare tale ambiguità, come prontamente rilevato dalla dottrina più at- tenta: «L’interprete si trova di fronte ad indici normativi ambigui che non consentono in modo netto e lineare di identificare una disciplina applicabile sia a modelli associativi che a modelli contrattuali. In par- ticolare, mentre la nozione definita dall’art. 🡪, co. 4-ter, sembrerebbe orientata verso un contratto associativo, alcuni degli elementi del con- tratto indicati nelle lettere a, b, c, d, e, sembrerebbero fare riferimento sia al contratto bilaterale che plurilaterale privo di soggettività…»(40).
Sembrerebbe quindi di essere davanti ad una figura nuova, a metà tra i contratti di scambio ed i contratti associativi, che, a differenza dei primi non si limita al mero scambio e, a differenza dei secondi, non arriva a creare un soggetto giuridico che assorbe le parti. Infatti, il contratto di rete è stato autorevolmente definito come «Una sorta di figura au- tonoma di rapporto associativo, e intermedia tra il mero contratto «di collaborazione», per così dire, e l’organizzazione societaria (della quale non presenta la struttura)»(41).
Il contratto di rete andrebbe oltre la «..diversa ratio sistematica con cui l’attività economica viene disciplinata nel codice civile, restando ten- denzialmente ancorata alla ripartizione contratto di scambio/contratto di
are eliminated, and in place of the complicated market structure with exchange transactions is substituted the entrepreneur-co-ordinator, who directs production. It is clear that these are alternative methods of co-ordinating production».
(40) X. XxxxxxX, op. ult. cit., p. 24.
(41) X. XxxxxXX, op. cit., p. 9🡪0.
par te I | s aggI 99
organizzazione»(42). Con il contratto di rete il Legislatore avrebbe fornito alle imprese una figura giuridica versatile, capace di racchiudere tutti quei fenomeni intermedi tra il rapporto di mero scambio ed il rapporto associativo che vengono generalmente indicati come modelli ibridi tra gerarchia e mercato: starà all’autonomia negoziale delle parti determi- nare il contenuto concreto e le caratteristiche specifiche della propria rete in modo tale da collocarla, conformemente alle proprie esigenze, verso l’uno o verso l’altro estremo, configurandola come una figura ten- dente al rapporto associativo oppure al rapporto di scambio(4🡪).
11. Incompletezza ed elasticità del contratto di rete
Una delle caratteristiche tipiche dei rapporti tra imprese è che gene- ralmente, a causa della molteplicità di variabili coinvolte, sia interne che esterne al rapporto medesimo, nonché della complessità e del protrarsi di questo nel tempo, risulta impossibile prevedere precisamente quale sarà l’assetto degli interessi delle parti nel futuro. Pertanto, una delle esigenze cui deve rispondere lo strumento contrattuale nei rapporti tra imprese è quello di lasciare un certo margine di incompletezza ed inde- terminatezza da riempire in sede di esecuzione del contratto, al fine di permettere a questo di adattarsi alle sopravvenienze.
Questo, ovviamente, accade anche nel contratto di rete e la disciplina in esame sembra fornire una qualche risposta a tale esigenza.
Infatti, come anticipato sopra in materia di oggetto del contratto, l’isti- tuto in esame si articola in una fase statica, quella dell’atto giuridico, ed in una fase dinamica, quella della svolgimento del rapporto giuridico(44):
«Il contratto di rete comprende una fase di programmazione ed una di attuazione. Tendenzialmente si tratta di un contrato incompleto in cui attuazione concorre al completamento entro i limiti della modifica»(45).
(42) X. XxxxxxX, Il Contratto di rete e il diritto dei contratti, in Contratti, 2009, p. 920. (4🡪) X. XxxxxXX, op. cit., p. 9🡪2: «L’opzione legislativa – perfettamente comprensibile
nell’ottica di innovare gli strumenti legislativi fin qui introdotti in materia – si è indirizzata verso un modello di disciplina di tipo contrattualistico e non societario, orientato da una filo- sofia non autoritaria ma largamente dispositiva. Con la conseguenza innanzitutto di affidare la regolazione dei rapporti interni alle previsioni dell’autonomia privata dei contraenti».
(44) In proposito P. IamIcelI, op. cit., p. 46, osserva che «La separazione tra program- mazione ed attuazione riflette probabilmente la convinzione che la complessità della rete è determinata da livelli di incompletezza contrattuale relativamente elevati, da definirsi successivamente alla costituzione della rete in sede di attuazione del programma».
(45) X. XxxxxxX, op. ult. cit., p. 920.
100 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
Tale sistema consente alle parti di stabilire, al momento della conclu- sione del contratto, il quadro generale dei loro obiettivi e l’assetto dei loro interessi, lasciando un opportuno margine di libertà e di discrezione per la successiva concreta e specifica attuazione degli stessi.
La fase esecutiva sarà gestita dall’organo comune, se previsto, oppure direttamente dalle parti contraenti. Se è previsto l’organo comune, il contratto deve specificare quali operazioni e quali atti di gestione del pro- gramma di rete sono a lui affidati e, per quelli non affidatigli, il contratto deve stabilire le regole di gestione da parte degli aderenti alla rete .
I confini dei poteri di gestione dell’organo comune, oppure le modalità di gestione collettiva da parte dei contraenti medesimi, sono lasciate completamente all’autonomia negoziale delle parti. Infatti, la norma si limita a prevedere che il contratto indichi «le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo» (lett. f) del comma 4-ter).
Il Legislatore non fornisce nemmeno uno schema suppletivo per la regolamentazione della fase esecutiva. Ciò è sicuramente un difetto della legge in quanto la previsione di una disciplina di default, da applicarsi ove non diversamente previsto dalle parti, avrebbe sicuramente favo- rito l’applicazione dell’istituto, sia rendendo più semplice la redazione dei contratti, sia prevenendo possibile controversie su eventuali lacune lasciate dalle parti nel testo contrattuale.
Il testo normativo consente esclusivamente di affermare che vi è un limite massimo alla discrezionalità (dell’organo comune o della colletti- vità delle parti) nella gestione del programma di rete. Tale limite è dato da quegli obiettivi strategici e dall’assetto della collaborazione previsti nel contratto, i quali costituiscono rispettivamente la causa e l’oggetto del contratto medesimo.
Il testo contrattuale non può essere così indeterminato da non indivi- duare nemmeno gli obiettivi strategici e un assetto minimo della collabo- razione, pena la nullità per indeterminatezza della causa o dell’oggetto ex art. 1🡪25 c.c. Parallelamente, il margine di discrezionalità lasciato alla fase di gestione non può essere così ampio da mutare causa ed oggetto in sede di esecuzione. In proposito è stato affermato che «non si tratta di un potere illimitato … il limite deve essere ravvisato nella permanenza degli obiettivi strategici inizialmente definiti, mutando i quali non si avrebbe mera modificazione del contratto ma estinzione della rete seguita da nuova costituzione»(46).
(46) P. IamIcelI, op. cit., p. 47.
par te I | s aggI
101
Tanto più specifico e dettagliato sarà stato il contratto, tanto più limi- tate saranno l’elasticità del contratto nonché la sua capacità di adattarsi alle sopravvenienze, e viceversa. Tuttavia tale elasticità, come detto, dovrà comunque muoversi entro i limiti e gli obiettivi stabiliti dal testo contrattuale e non potrà mai arrivare al punto di modificarli. Infatti, secondo i principi generali in materia contrattuale (non v’è ragione per non ritenerli applicabili), il contratto può essere modificato solo con il consenso di tutte le parti contraenti.
Ma proprio su questo punto il Legislatore introduce un importante elemento innovativo.
Con la novella dell’anno 2010, è stata introdotto nella lettera e) del comma 4-ter la disposizione per cui nel testo negoziale devono essere indicate, «se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo».
Con questo inciso, il Legislatore suggerisce alle parti di derogare convenzionalmente al principio per cui il contratto può essere modifi- cato solo con il consenso unanime di tutte le parti e di prevedere, a tal fine, dei procedimenti per modificare il programma di rete con il solo consenso della maggioranza. Si tratta sicuramente di un istituto che risponde in maniera calzante alle più volte rilevate esigenze di elasticità e adattabilità dei rapporti tra imprese.
Anche su questo punto si deve rilevare, tuttavia, lo stesso difetto legislativo di cui sopra, ossia che la legge non fornisce alle parti una di- sciplina suppletiva cui inspirarsi o da applicare ove non espressamente previsto diversamente. È rimesso completamente all’autonomia nego- ziale privata l’escogitare e disciplinare tali procedimenti per modificare il contratto senza il consenso di tutte le parti: non viene fornita nessuna indicazione né imposto alcun limite. Si ribadisce che siffatta scelta le- gislativa non favorisce certo l’applicazione né la diffusione dell’istituto.
12. Mutamenti soggettivi della rete
Il fenomeno delle aggregazioni di imprese è caratterizzato, tra le altre cose, dal fatto che i rapporti intercorrenti tra le parti sono tendenzial- mente rapporti di durata, ma al contempo presentano la necessità di consentire, in determinate situazioni, sia la fuoriuscita delle parti che l’ingresso di nuovi soggetti. In altre parole, l’incompletezza del contratto di rete può manifestarsi anche dal punto di vista soggettivo, ossia quello delle imprese che la compongono, le quali possono variare nel tempo.
Questa pare essere la ratio che ha ispirato la previsione per cui il contrat-
102 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
to deve espressamente stabilire «le modalità di adesione di altri imprendi- tori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l’esercizio del relativo diritto, ferma restando in ogni caso l’applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo». Si prevede, sostanzialmen- te, che il contratto possa consentire alla rete di evolversi anche mediante l’ingresso di nuovi nodi e la fuoriuscita di quelli vecchi.
Il fatto che il contratto debba necessariamente indicare le modalità di adesione di nuove imprese non impedisce all’autonomia negoziale delle parti di stabilire che l’ingresso di nuovi soggetti sia subordinato al consenso unanime di tutti i fondatori, rendendo così sostanzialmente la rete un’aggregazione chiusa (l’adesione di nuove parti praticamente avverrà attraverso una modifica unanime del contratto originario)(47).
La disciplina del procedimento di adesione è rimessa all’autonomia negoziale delle parti, ma perché l’adesione del nuovo membro possa dirsi conclusa sarà necessaria una fase di “formalizzazione” dell’adesio- ne che, costituendo una modifica soggettiva dell’originario contratto di rete, dovrà ricoprire la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata (oggi anche dell’atto firmato digitalmente) e che sarà sog- getta a pubblicità presso i competenti registri delle imprese.
Anche per la disposizione in parola si deve ribadire l’osservazione di cui sopra: il Legislatore si limita a prevedere la possibilità di variazioni soggettive della rete, senza però fornirne alcuna apposita disciplina, almeno suppletiva, che sicuramente avrebbe favorito l’applicazione dell’istituto, sia facilitando la redazione dei contratti, sia prevenendo eventuali contenziosi (se la disciplina è chiara e priva di lacune, l’inci- denza delle controversie è minore).
Peraltro si deve aggiungere che sia l’adesione successiva al contratto di altre parti sia il diritto di recesso sono strumenti già previsti dall’or- dinamento (rispettivamente art. 1🡪🡪2 ed art. 1🡪7🡪 c.c.) i quali, quindi, erano a disposizione delle imprese anche prima ed indipendentemente dalla normativa in esame.
Al contrario, il Legislatore non contempla l’ipotesi di esclusione della rete, che invece nella prima prassi dei contratti di rete registra notevole importanza. Generalmente si ritiene che le parti, nella loro autonomia negoziale, possano liberamente introdurre nel contratto di rete delle clausola in forza delle quali, al verificarsi delle circostanze in esse pre- viste, un aderente venga estromesso dalla rete.
(47) Così anche le «Linee guida per i contratti di imprese» pubblicate da Confindu- stria – Retimpresa e Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie nel mese di marzo 2012.
par te I | s aggI 10 🡪
Anche in questo caso, una disciplina legislativa suppletiva sarebbe stata di notevole utilità. In particolare, il Legislatore bene avrebbe fatto a fornire una disciplina suppletiva della questione che si profila come maggiormente problematica nella prassi, ossia quella della sorte del fon- do patrimoniale e dei conferimenti in caso di scioglimento del contratto nei riguardi di un solo aderente.
13. La rete e il principio di relatività
Nella dottrina economica e giuridica si rileva frequentemente che uno degli ostacoli maggiori alla corretta comprensione e all’opportuna disci- plina dei fenomeni aggregativi da parte del diritto comune dei contratti è rappresentato dal principio della relatività dei contratti. Si è visto che nelle aggregazioni di imprese le vicende di un rapporto contrattuale intercorrente tra due nodi possono, di fatto, produrre effetti importanti anche nei confronti di altri nodi formalmente estranei a quel rapporto e financo nei confronti dell’intera rete.
Tale considerazione assume particolare rilevanza in riferimento agli inadempimenti contrattuali. Infatti, nelle aggregazioni di imprese gli inadempimenti devono essere valutati diversamente da quanto avviene nei comuni rapporti di mero scambio bilaterale.
In contesti reticolari, gli effetti dell’inadempimento non devono essere valutati considerando solo l’interesse della parte direttamente destina- taria della prestazione, ma anche l’eventuale interesse di altre imprese dell’aggregazione che, pur non avendo direttamente alcun rapporto con- trattuale con l’inadempiente, subiscono un pregiudizio in quanto coin- volte nella trama di rapporti nel cui ambito si verifica l’inadempimento. Si pensi agli esempi dell’inadempimento di uno degli anelli della catena di subfornitura oppure alla violazione degli standard qualitativi da parte di uno dei franchisee. La mancanza di un formale rapporto contrattua- le, laddove, di fatto, vi è invece sicuramente una relazione economica, rende estremamente problematico il riconoscimento delle pretese delle imprese non direttamente destinatarie della prestazione inadempiuta.
Il nuovo istituto del contratto di rete sicuramente potrà aiutare a tra- sferire tali considerazioni dal piano economico a quello giuridico.
In dottrina si sono già proposti numerosi esempi di possibile applica- zione in questo senso del contratto di rete, in particolare nelle reti di franchising(48).
(48) X. Xxxxxxxxx, op. cit., p. 🡪🡪1: «...posto che la stipulazione del «contratto di rete» vincola i partecipanti ad un comportamento leale e rispettoso dell’altrui sfera giuridica (cc.
104 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
Il contratto di rete, infatti, crea un rapporto giuridico plurilaterale che coinvolge tutte le imprese aderenti. Può anche accadere che, nell’ambito dell’esecuzione del programma di rete, una delle imprese sia tenuta ad eseguire delle prestazioni direttamente a favore solo di alcune altre: ciò tut- tavia non intacca il rapporto contrattuale che la lega anche a tutte le altre. In una cornice giuridica di questo tipo, è naturale valutare comples- sivamente la gravità dell’inadempimento ed è, altresì, chiaramente più facile ammettere la legittimazione ad agire contro l’inadempimento an-
che delle imprese non direttamente destinatarie delle prestazione(49).
Quindi, nonostante il Legislatore non abbia espressamente affrontato il problema, il contratto di rete pare comunque prestarsi a fornire una risposta al più volte rilevato problema della compatibilità del principio di relatività del contratto con i contesti reticolari.
14. Interessi dei singoli ed interesse della rete
Il fenomeno delle aggregazioni tra imprese è spesso caratterizzato dal fatto che agli interessi individuali delle singole imprese si affianca un interesse collettivo dell’aggregazione e che quest’ultimo può essere distinto dai primi e financo contrastante con questi. Uno dei problemi che si pongono, quindi, è quello di limitare i comportamenti abusivi delle singole imprese, ossia quei comportamenti volti a perseguire esclusiva- mente il singolo interesse individuale a scapito dell’interesse collettivo. Anche su questo punto, come evidenziato sopra per il problema del principio di relatività, il Legislatore non si occupa direttamente della questione ma il contratto di rete pare comunque potersi prestare a delle
utili considerazioni.
Si riconosce pacificamente che anche nella rete istituita ai sensi del
dd. obblighi di protezione), il singolo affiliato (franchisee) potrebbe così, ad esempio, agire in xxx xxxxxxxxxxxx xxxxxx altro consociato il cui comportamento – in ipotesi consistente in un uso scorretto del marchio o degli altri segni distintivi – abbia gravemente leso l’imma- gine del sistema: facoltà questa non consentitagli in virtù del solo contratto bilaterale di affiliazione commerciale, stante il principio di relatività (art. 1🡪72 c.c.)».
(49) In proposito X. XxxxxXX, op. cit., p. 9🡪4, osserva che la decisione della parti di vin- colarsi mediante un contratto di rete «…comporta la scelta in termini altrettanto formali di stabilizzare le proprie relazioni di interdipendenza e di cooperazione alla stregua di vincoli e di obblighi contrattuali reciproci, suscettibili quindi di essere «pretesi» e sanzionati da ciascuna impresa aderente nei confronti dell’altra. Il ché è esattamente ciò che l’adozione delle altre figura contrattuali di rete consente di escludere (n.d.r.: il riferimento è alla subfornitura ed al franchising), laddove lo stesso legislatore organizza i relativi rapporti alla stregua di contratti rigorosamente bilaterali e non plurilaterali/associativi».
par te I | s aggI 105
comma 4-ter «Emerge un interesse collettivo che spesso trascende quel- lo delle dei singoli partecipanti … Tale interesse coesiste con quelli individuali dei singoli partecipanti, a volte configge con questi o almeno con alcuni di essi»(50).
Ovviamente, i problemi relativi alla tutela dell’interesse di rete si pre- sentano nella fase esecutiva del contratto, non nella sua fase genetica. Infatti, nel momento della stipula del contratto le parti, prestando il loro mutuo consenso collettivo, sono libere di cristallizzare l’assetto degli interessi che ritengono: il problema è, poi, di mantenere quell’assetto nella futura concreta attuazione del programma di rete.
Si è già detto che la legge non si esprime in alcun modo sul punto, tuttavia la previsione dell’elemento accessorio dell’organo comune può essere uno strumento utile per affrontare questo problema. Come visto sopra, l’organo comune è una sorta di mandatario comune cui le parti possono demandare, testualmente, «l’esecuzione del contratto». Nel far ciò esse devono disciplinare «i suoi poteri di gestione» e «le regole relative alla sua eventuale sostituzione».
In questo scenario, la gestione dell’attività di rete, quindi, è sottratta alle parti ed è rimessa ad un apposito ufficio. È vero che nulla esclude che i contraenti decidano di investire della carica una o più delle parti medesime, ma tale scelta eventuale non incide sulla portata concettuale della norma perché, comunque, le parti investite dell’ufficio gestiranno l’esecuzione del contratto non in quanto parti del contratto ma in quanto organo comune.
Le parti, quindi, nella loro autonomia negoziale potranno escogitare delle discipline dell’organo comune tali da renderlo garante del rispetto dell’assetto di interessi consacrato nel contratto, attribuendogli i poteri a tal fine necessari (tanto più che la norma richiede espressamente che siano indicati «i suoi poteri di gestione»).
Ad esempio, potrà essere nominato un soggetto terzo che goda della fiducia e della stima di tutti. Altrimenti, l’organo comune potrà essere costituito in forma collegiale attribuendogli una composizione che assi- curi la paritaria partecipazione di tutte le parti.
Potrà essere previsto che la carica sia periodica e sia ricoperta a turno a ciascuna delle parti.
Potranno essere previsti procedimenti per la rimozione dell’organo comune che non si dimostri imparziale, tanto più considerando che la norma richiede espressamente che siano indicate «le regole relative alla sua eventuale sostituzione».
(50) X. XxxxxxX, op. ult. cit., p. 920.
106
rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
Il contratto potrà attribuire all’organo comune appositi poteri di con- trollo sulla condotta delle imprese aderenti alla rete e, eventualmente, anche appositi poteri sanzionatori.
Tutto quanto sopra esposto è solo una generica esemplificazione di come le parti potranno utilizzare l’organo comune per tentare di risol- vere il più volte lamentato problema della tutela dell’interesse di rete.
Come già rilevato per altri elementi del contratto di rete, sarebbe sta- to auspicabile che il Legislatore avesse fornito una disciplina suppletiva anche di tale aspetto della rete, in modo da facilitare la redazione dei contratti e colmarne eventuali lacune, ma così non è stato.
L’istituto in esame si rivela utile a fornire una risposta alla problema- tica dell’interesse di rete anche sotto un ulteriore profilo.
Come si è visto sopra, con il contratto di rete si crea un legame giuri- dico e formale tra tutte le parti, anche quelle tra cui eventualmente non intercorre alcun rapporto obbligatorio diretto (nel senso che non sono tenute l’una ad una prestazione nei confronti dell’altra). Ciò consente di valutare la gravità di eventuali inadempimenti considerando non solo l’interesse dell’impresa direttamente creditrice della prestazione ma anche gli interessi delle altre imprese (che in assenza di un contratto di rete sarebbero meri soggetti terzi) e, in particolare, il loro interesse generale, ossia l’interesse di rete. In questo modo, la valutazione po- trebbe mutare: inadempimenti che sono di grande importanza per la diretta destinataria potrebbero essere, invece, di scarsa importanza per la rete, e viceversa(51).
La configurazione della rete come rapporto unitario tra i diversi nodi, anziché come sommatoria di rapporti bilaterali accostati, permette di dare rilevanza giuridica ad interessi che diversamente non emergereb- bero e, conseguentemente, di ampliare la responsabilità dei soggetti co- stituenti la rete medesima: l’attenzione non si concentra più sul singolo rapporto o sulla singola prestazione, ma si estende all’intero contesto reticolare in cui questi sono inseriti(52).
(51) X. XxxxxxX P e X. Xxxxxxx, in Il contratto di rete – Commentario, cit., p. 96: «La va- lutazione della gravità dell’inadempimento svolta nell’ambito del contratto di rete opera in modo diverso rispetto a quanto accade nei contratti bilaterali di scambio … la valutazione della gravità va operata non in riferimento all’interesse individuale di ciascuno dei parteci- panti ma all’ulteriore ed autonomo interesse collettivo all’esecuzione del contratto di rete».
(52) Sul punto si veda G. VIlla, op. cit., p. 944: «…la ricostruzione del rapporto in senso unitario conduce ad un ampliamento delle pretese e, reciprocamente, delle responsabilità delle imprese della rete, dal momento che il comportamento dedotto in obbligazione da ciascun partecipante è atteso in un contesto in cui si aggiungono tanti creditori, e quindi tanti potenziali danneggiati in caso di inadempimento, quanti sono i soggetti che entrano nella relazione contrattuale. È dunque inevitabile che rischi e responsabilità si accrescano.
par te I | s aggI 107
Allo stesso modo, la dimensione collettiva del contratto di rete per- mette di dare ingresso all’interesse di rete (eventualmente distinto e diverso da quello delle singole parti) nell’interpretazione del contratto medesimo ed anche, eventualmente, nei contratti bilaterali stipulati tra i nodi della rete in esecuzione del programma di rete.
L’interesse della rete potrebbe, quindi, essere utilizzato non solo per valutare la rilevanza di eventuali inadempimenti ma anche come stru- mento ermeneutico per interpretare lo stesso contratto di rete ed i con- tratti conclusi nell’ambito della rete medesima.
15. Riflessioni conclusive
Nel vigore delle precedenti formulazioni della norma, il dibattito scientifico si era focalizzato soprattutto sulla questione della natura della rete: “rete-contratto” o “rete-organizzazione”? La dottrina si pre- sentava divisa: secondo alcuni(5🡪) il contratto di rete avrebbe originato un ente dotato di soggettività giuridica propria (se non addirittura di personalità giuridica); secondo altri(54) ciò non sarebbe stato possibile e l’unico effetto del contratto di rete sarebbe stato quello di creare un rapporto obbligatorio (ed eventualmente una comunione di diritti sul fondo patrimoniale); secondo altri ancora(55) il contratto di rete avrebbe
Peraltro, la variazione non è solo quantitativa, perché l’inserimento della singola prestazio- ne in un rapporto in rete impone di operare le valutazioni riguardanti l’inadempimento ed i suoi caratteri tenendo presente l’intero contesto in cui le parti si trovano ad operare. Così, il giudizio sulla gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione può essere influenzato dal vincolo fiduciario che normalmente collega tra loro gli aderenti alla rete e deve considerare le finalità complessive del contratto, che mira ad organizzare e conservare la relazione reti- colare. Perciò, un inadempimento che sarebbe considerato minore in un rapporto bilaterale, potrebbe diventare di non scarsa importanza se è idoneo a minare il legame fiduciario che unisce tra loro gli aderenti; simmetricamente, un inadempimento grave in un rapporto bila- terale potrebbe non giustificare la risoluzione se questa comportasse la dissoluzione della rete e se, nella prospettiva della sua conservazione, quell’inadempimento fosse tollerabile».
(5🡪) Si veda sempre X. Xxxxxxxxx, xx. xxx., x. x00.
(54) X. XxxxxXX, op. cit., p. 9🡪0: «La costituzione di una rete per contratto non dà luogo alla nascita di un soggetto collettivo, come confermato inequivocabilmente – ove occorres- se – dalla successiva lett. e sul cosiddetto «organo comune incaricato», ma piuttosto ad un’organizzazione non soggettivizzata e strumentale all’attuazione di un programma di rete comune».
(55) Sul punto si veda G. VIlla, Reti di imprese e contratto plurila- terale, in Giur. comm., 2010, I, p. 944: «Il primo interrogativo è se, considerata la decisa opzione che la legge opera a favore del contrat-
108 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
avuto duplice natura e avrebbe dovuto essere collocato tra i rapporti associativi o tra i rapporti di scambio a seconda delle connotazioni di volta in volta attribuite dalle parti al contratto.
È opportuno ripercorrere cronologicamente la storia della norma in esame per evidenziare come le diverse formulazioni da questa assunte si siano, di volta in volta, prestate all’una piuttosto che all’altra inter- pretazione.
Nella versione originaria del comma 4-ter, la presenza necessaria del fondo patrimoniale e dell’organo comune aveva indotto, grazie anche alla laconicità della loro disciplina, l’idea che la rete fosse un vero e pro- prio soggetto giuridico. In particolare, il rinvio agli art. 2614 e 2615 c.c., operato per disciplinare il fondo patrimoniale, implicherebbe (tutt’ora) l’idea che:
- la rete sia un centro di imputazione di interessi autonomo e diverso dai soggetti che la costituiscono, in quanto può assumere obbliga- zioni per conto proprio;
- la rete sia capace di essere titolare di rapporti giuridici distinti e diversi dai rapporti giuridici di cui sono titolari gli aderenti;
- la rete sia titolare di un proprio patrimonio, autonomo e distinto dai patrimoni degli aderenti;
to associativo, essa presupponga necessariamente la costituzione di un nuovo soggetto di diritto, così da fare della rete di imprese una vera e propria persona giuridica. L’analisi della norma pare sugge- rire che, sebbene la costituzione di un nuovo ente sia riguardata come ipotesi normale, non si possono escludere altre soluzioni. La previsione di un fondo patrimoniale comune assistito dalla stessa autonomia patrimoniale che il codice civile riconosce al fondo con- sortile depone certamente a favore della creazione di una persona giuridica; pertanto, qualora il modello organizzativo prescelto dalle parti si indirizzi in quella direzione, non si potrà che considerare la rete come centro di imputazione dotato di soggettività … qualora … il vincolo creato dagli aderenti possa configurarsi come avente rilievo puramente interno, al pari di quanto accade in altri ambiti con i patti parasociali dotati di un’organizzazione, con le c.d. società puramente interne tra professionisti, o con le joint ventures; coerentemente, i poteri rappresentativi che, secondo la previsione della lettera e) del comma 4-ter, devono essere attribuiti all’organo comune, saranno in questo caso solamente poteri di rappresentare i singoli contraenti, e non una persona giuridica».
par te I | s aggI 109
- la responsabilità della rete sia autonoma e distinta da quella degli aderenti.
Così configurata, la rete risulterebbe essere una figura vicina ai rap- porti associativi piuttosto che a quelli di scambio.
Successivamente, le modifiche apportate al testo legislativo nell’anno 2010 hanno introdotto elementi e specificazioni tali da confutare tale tesi e deporre a favore della “rete-contratto”.
Infatti, la trasformazione dell’organo comune e del fondo patrimonia- le da elementi necessari ad elementi accessori imponeva la seguente considerazione: se la rete poteva essere considerata soggetto giuridico in quanto (necessariamente) dotata di organo comune e fondo patrimo- niale, allora doveva essere sicuramente escluso che le reti prive di questi elementi potessero essere considerate tali.
Si poteva, tuttavia, obbiettare che, sebbene non più regola imperativa, la previsione dell’organo comune e del fondo patrimoniale è (tuttora) un’opzione disponibile. Pertanto, le reti in cui siano previsti tali elementi facoltativi avrebbero potuto continuare ad essere considerate quali sog- getti giuridici: «…nel caso di istituzione di un fondo patrimoniale comu- ne il contratto di rete dà vita a un nuovo soggetto di diritto, del quale il fondo rappresenta la dotazione di risorse apprestata dai partecipanti per lo svolgimento dell’attività e il perseguimento dello scopo comune … in questo caso il profilo patrimoniale incentrato sul fondo comune porta, di conseguenza, ad affermare l’entificazione della rete e la qualificazione del contratto come associativo (con rilievo esterno)»(56).
Tale teoria pareva confortata, oltre che dal rinvio agli art. 2614 e 2615 c.c., dal richiamo nella definizione dell’oggetto del contratto alla locuzione «esercizio in comune di attività», che caratterizza i contratti di società e che sembra presuppore l’esistenza di un ente titolare di posizioni giuridiche soggettive proprie.
Si replicava però che, anche su questo versante, la novella legislativa dell’anno 2010 conteneva ulteriori indicazioni incompatibili con l’idea della “rete-organizzazione”.
Infatti, la disciplina dell’organo comune dettata dal legislatore del 2010, come visto sopra, impediva decisamente di qualificarlo come or- gano in senso tecnico ed induceva, invece, a definirlo come mandatario comune con rappresentanza: «…nemmeno la presenza dell’organo co- mune può valere a trasformare la rete in un’ associazione. Il rapporto tra partecipanti ed organo comune sembra infatti più esterno (di mandato) che interno (organico) … In sintesi: la rete non diventa un soggetto nep-
(56) X. Xxxxx, op. cit., p. 8🡪9.
110
rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
pure quando istituisce un organo comune. Resta una collettività. E l’or- gano comune contra nominem non è un organo ma un mandatario»(57).
Inoltre, si era osservato(58) che, anche da un punto di vista meramente formale, la legge non prevedeva che la rete avesse una propria deno- minazione ed una propria sede, elementi questi essenziali per l’indivi- duazione di un soggetto giuridico, e che alla rete non veniva attribuita una propria posizione autonoma nel registro delle imprese (in quanto la stessa poteva solo essere annotata nelle posizioni delle imprese che la costituiscono).
Appariva, quindi, condivisibile la conclusione per cui «La costituzione di una rete di imprese per il tramite contrattuale non determina la na- scita di un soggetto collettivo nuovo (principio dell’alterità soggettiva), come conferma inequivocabilmente la lettura del dato della norma»(59).
La prospettiva deve necessariamente cambiare nuovamente ora, alla luce della recentissima riforma dell’agosto 2012.
La nuova formulazione della norma, infatti, ha falciato i sopraesposti argomenti contrari alla qualificazione della rete come soggetto giuri- dico: l’organo comune non è più individuato come mandatario comu- ne delle parti e, anzi, è ora espressamente previsto che esso agisca in rappresentanza della rete in quanto tale; le reti (almeno quelle dotate di fondo patrimoniale) devono avere una propria sede ed una propria denominazione e posso avere una posizione autonoma nel registro delle imprese del luogo dove hanno sede.
Inoltre, con un’assimilazione della rete alle società di capitali che la dice lunga sul modo in cui il Legislatore sembra intendere la rete quale organizzazione (anziché quale rapporto obbligatorio), la rete dotata di fondo patrimoniale è anche tenuta a redigere annualmente una sorta di bilancio, osservando le disposizioni dettate per le S.p.A., ed è tenuta ad indicare nei propri atti e nella propria corrispondenza le generalità che la individuano come soggetto (sede, ufficio del registro d’iscrizione e numero d’iscrizione), così come i consorzi con attività esterna (art. 2615-bis, co. 🡪, c.c., richiamato dal comma 4-ter).
Infine, si deve rilevare che, con un colpo di mano inatteso, il Legisla- tore del 2012, in sede di conversione, ha risolto in modo perentorio la questione relativa alla dibattuta soggettività giuridica della rete, sta-
(57) X. XxxxXxX, op. cit., p. 627.
(58) X. XxxxxXxX, Le reti di imprese: natura giuridica e modelli di governance, in Società, 2011, p. 1429.
(59) X. Xxxxxx, La responsabilità patrimoniale delle imprese contraenti per le obbligazioni assunte a favore di una rete tra loro costituita, in Resp. civ., 2010, p. 406.
par te I | s aggI 111
tuendo, nel comma 4-quater, che la rete dotata di fondo patrimoniale, nel momento in cui si iscrive presso il competente registro delle imprese, acquista soggettività giuridica.
In relazione a siffatta dirompente novità dell’attribuzione di sogget- tività giuridica alla rete, nelle dichiarazioni rese nei lavori parlamen- tari, si afferma che «Anche questa modifica risolve difficoltà operati- ve riscontrate nelle reti di imprese costituite da piccoli imprenditori e crea condizioni favorevoli per un forte incremento di questa forma di aggregazione»(60).
In vero, è di tutta evidenza che la formulazione della norma non è pre- cisa e potrà dare adito ad equivoci e perplessità, in quanto il Legislatore, anziché di capacità giuridica, parla di soggettività giuridica (a differenza di quanto avviene con le società di capitali).
Peraltro, le incertezze su quali siano i contorni della soggettività delle reti emergono chiaramente già nei citati lavori parlamentari, durante i quali, da una parte, si era proposto di attribuire alla rete, anziché una soggettività giuridica, una mera soggettività tributaria(61) e, dall’altra parte, si era suggerito di rendere l’attribuzione della soggettività giuri- dica facoltativa, rimettendola alla volontà delle parti contraenti(62).
Pertanto, se dopo la riforma dell’anno 2010 la questione della natura della rete sembrava risolta a favore della “tesi contrattuale”, oggi la que- stione pare riaccendersi, alimentata dalla rimozione degli ostacoli che si opponevano alle “tesi organizzativa” e dall’introduzione di rilevanti elementi a favore di quest’ultima.
(60) Relazione del 2🡪 luglio 2012 in Senato dell’Xx. X. XXxxxxX, Relatore per la X Commis- sione, disponibile alla data odierna del 17 agosto 2012 presso il sito web del Senato al se- guente indirizzo: xxxx://xxx.xxxxxx.xx/000?xxXxxxxxx0000&xxxxxxxxxxxxxxxxx#xxx0000. stenografico.tit00120
(61) Nei lavori della Commissioni 8° e 10° riunite del Senato, l’emendamento n. 45.1 Cagnin Castelli proponeva di introdurre nella norma in esame il comma 4-quinquies del seguente tenore: «Se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete è altresì soggetta ad iscrizione nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese, nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; in tal caso, con l’iscrizione nel registro delle imprese, la rete può ac- quistare soggettività tributaria piena». Circa la personalità tributaria delle rete d’impresa, prima della riforma dell’agosto 2012, l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 70/E del
🡪0 giugno 2011, ha fornito indicazioni in merito alle modalità di iscrizione all’Anagrafe tributaria delle reti di impresa, precisando che il codice fiscale può essere attribuito in base all’art. 2 del D.P.R. 29 settembre 197🡪 n. 605 rivolto alle organizzazioni di persone o di beni prive di personalità giuridica, «ferma restando l’esclusione di soggettività tributaria in capo alla rete di imprese».
(62) Si veda l’ordine del giorno n. G/🡪426/81/8 e 10 del Sen. CursI C. che impegna il Governo «a chiarire che l’acquisto della soggettività giuridica nel contratto di rete rimane facoltativo e non obbligatorio e ad affidare tale opzione alla volontà dei partecipanti la rete».
112 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1
Tuttavia, la “tesi organizzativa” non pare possa essere sposata incon- dizionatamente nemmeno ora, atteso che sono tutt’altro che chiari e definiti i contorni ed il contenuto di questa “soggettività giuridica” che il Legislatore attribuisce alla rete dotata di fondo patrimoniale che si iscri- ve al registro delle imprese. Finché la dottrina, la prassi o il Legislatore non faranno chiarezza su questo punto, l’interrogativo sulla natura della rete non potrà dirsi sopito.
Discorso diverso deve essere fatto per le reti prive di fondo patrimo- niale.
In relazione a queste, infatti, la recente riforma non ha rimosso gli ostacoli che impedivano di aderire alla “teoria organizzativa”.
Non è previsto che la rete priva di fondo patrimoniale abbia una pro- pria denominazione, anche se non è vietato e, anzi, nella prassi è quasi una costante. Inoltre non è previsto nemmeno che tale rete abbia una propria sede e nemmeno una posizione autonoma nel registro delle imprese, atteso che il relativo contratto viene iscritto in ciascun regi- stro presso cui sono iscritte le imprese aderenti. Essa, inoltre, non è nemmeno soggetta all’obbligo di redazione annuale della situazione patrimoniale che, invece, è stato introdotto a carico delle reti dotate di fondo patrimoniale.
Si deve ritenere che, in questa ipotesi, la rete resterebbe qualcosa di ben diverso da un ente dotato di soggettività giuridica, non sarebbe capace di essere titolare in proprio di rapporti giuridici e non avrebbe una propria responsabilità né un proprio patrimonio. I beni conferiti dai partecipanti per il perseguimento dello scopo di rete non costituireb- bero un patrimonio autonomo dell’ente, ma semplicemente su di essi si costituirebbe una comunione di diritti (reali o relativi a seconda del tipo di conferimento) volta a permettere la realizzazione dell’attività comu- ne. In sostanza, per le reti prive di fondo patrimoniale pare non doversi nemmeno porre il problema della loro natura giuridica, essendo escluso che esse costituiscano un soggetto giuridico e risultando pacifico che dal relativo contratto nasca solo un rapporto obbligatorio.
Abstract
The contract of network between firms is a new legal instrument that allows firms aggregations to establish enhanced cooperation organized and sustained, preserving their own independence and individuality (not setting up an organization such as the company or consortium), as well as to take advantage of significant incentives and tax breaks.
par te I | s aggI 11 🡪
The institute has been introduced in the Italian legal system by Law 9 April 2009. 33, converting Decree Law 10 February 2009 n. 5 (called “Decree Incentives “), which added article. 3 of DL, paragraph 4-ter, containing the primitive discipline of the network contract. The first dis- cipline of the network contract was amended by the Law 23 July 2009. 99 (Art. 1), then by Decree Law 31 May 2010 n. 78, converted with amend- ments by Law 30 July 2010 n. 122 (Article 42, paragraph 2-bis), and finally by Legislative Decree 22 June 2012 no. 83, called “Decree development” (art. 45), and in particular by its conversion Law 7 August, 2012 n. 134.
The paper aims to examine the substantial changes introduced in the discipline of the network contract by this recent reform.
114 rIcerch e gIurI D Ic h e I | 1