DOTT.SIMONETTA BRUNO PRESIDENTE DOTT. ANGELINA AUGUSTA BALDISSERA GIUDICE REL. DOTT. VINCENZA AGNESE GIUDICE
IL TRIBUNALE DI BRESCIA IV SEZIONE CIVILE
In composizione collegiale, nelle persone di
XXXX.XXXXXXXXX XXXXX PRESIDENTE XXXX. XXXXXXXX XXXXXXX XXXXXXXXXX GIUDICE REL. XXXX. XXXXXXXX XXXXXX XXXXXXX
esaminata la proposta di accordo di ristrutturazione dei debiti depositata per l’omologazione ex art. 182-bis l.f. da XXXXXX XXXXXX X.X.X. IN LIQUIDAZIONE e la documentazione prodotta;
ha pronunciato il seguente
DECRETO
- con ricorso depositato in data 25 luglio 2018, Xxxxxx Xxxxxx X.x.x. in liqui- dazione domandava l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti con funzione liquidatoria ai sensi e per gli effetti dell’art. 182-bis l.f.;
- il Tribunale di Brescia, riscontrate molteplici carenze sia del piano e della proposta che dell’attestazione del professionista, con decreto del 5 otto- bre 2018, assegnava al ricorrente il termine perentorio di cui all’art. 162, xxxxx xxxxx, l.f.;
- con memoria depositata il 19 ottobre 2018, la società istante integrava la proposta ed il piano, presentava ulteriori documenti e domandava l’assegnazione di un nuovo ed ulteriore termine per il deposito dello “ag- giornamento” della relazione del professionista attestante la veridicità dei
dati aziendali e la fattibilità del piano, senza addurre alcuna giustificazio- ne del mancato adempimento nel termine assegnato;
- all’udienza del 24 ottobre 2018, il Tribunale si riservava.
1.1 La domanda presentata da Xxxxxx Xxxxxx X.x.x. in liquidazione in è inammissibile, non avendo la società proponente depositato nel termine as- segnatole dal Tribunale l’integrazione dell’attestazione del professionista sulla veridicità del piano e sull’attuabilità dell’accordo.
1.2 Permanogno dunque le carenze dell’attestazione rilevate con il decreto del 5 ottobre 2018. Si tratta di vizi talmente gravi da comportare un giudizio di irragionevolezza dell’attestazione del professionista e, ciò, tanto per quel che riguarda l’aspetto della veridicità dei dati aziendali quanto per quel che riguarda il profilo della progonosi dell’attuabilità dell’accordo e dell’integrale e tempestivo pagamento dei creditori non aderenti. Infatti, come è stato riscontrato dal provvedimento di questo Tribunale del 5 ottobre 2018 “l’attestazione del professionista non effettua alcun vaglio critico dei dati aziendali avendo omesso, ad esempio, un giudizio sulla congruità dei valori indicati nella perizia ai fini della stima dell’attivo, un’analisi del rapporto tra creditori aderenti e non aderenti, l’interpello dei creditori e dei debitori della società onde individuare il titolo e l’ammontare delle ri- spettive posizione creditorie e debitorie (e, quanto a queste ultime, anche le effettive possibilità di realizzo dei crediti della ricorrente ai valori indicati nel piano), una verifica in ordine all’esistenza di creditori fiscali e previ- denziali, una valutazione seria circa l’effettiva possibilità di soddisfare i creditori non aderenti nel termine di centoventi giorni dalla domanda,
un’analisi circa l’efficacia, la ragionevolezza e la coerenza con le previsio- ni del piano dei singoli accordi con i creditori aderenti”.
2.1 Le gravi carenze dell’attestazione assumono un maggior grado di con- cretezza ove si consideri che il professionista - impregiudicata ogni valuta- zione sulla sua responsabilità (anche) professionale che non è al vaglio in questa specifica sede – non ha riscontrato alcuno dei numerosi profili di inammissibilità della proposta di accordo che, esaminati nella loro globalità, portano ad un giudizio di infattibilità giuridica del piano. Come è noto, tale valutazione può essere già in questa fase fatta dal Tribunale d’ufficio, posto che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità formulato in tema di concordato preventivo (Cass. civ. Sez. Unite, 23-01- 2013, n. 1521 e successive conformi), ma valevole anche per l’accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182-bis l.f. (cfr. Corte d’Appello di Torino, 03 agosto 2015, n. 141 in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx), “il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di suc- cesso economico del piano e dei rischi inerenti”.
3.1 Anzitutto manca un’aggiornata relazione sulla situazione patrimo-
niale economica e finanziaria della società (cfr. combinato disposto degli artt. 161, comma secondo lett. a), 182-bis, comma primo, l.f.). La più recen- te situazione economica, patrimoniale e finanziaria prodotta dalla ricorrente è, infatti, il bilancio di esercizio chiuso al 31.12.2017. Per mero scrupolo questo Collegio osserva che quella rilevata non è una mera carenza formale.
Va da sé, infatti, che l’impossibilità di cristallizzare l’attivo ed il passivo patrimoniale ad una data coeva a quella del deposito della domanda (la stes- sa attestazione, peraltro, fa riferimento ai valori del bilancio di esercizio al 31.12.2017) preclude ogni valutazione sulla concreta attuabilità del piano, in quanto poggia su valori non più attuali (e, quindi, già per ciò solo inattendi- bili) e non considera i fatti della gestione liquidatoria successivi alla data del 31.12.2017.
4.1 Il ricorrente non ha neppure allegato uno stato analitico ed estima- tivo delle attività completo ed attendibile (v. combinato disposto art. 161, comma secondo, lett. b ed art. 182, comma primo, l.f. ).
4.2 Anzitutto si osserva che la dichiarazione di aggiornamento del valore dei beni immobili depositata il 19 ottobre 2018, non dà conto della ragioni per cui la valutazione di tutti gli immobili periziati – che pure sono di diversa tipologia, dimensione e destinazione – sarebbe rimasta invariata rispetto a quella effettuata dallo stesso perito due anni e mezzo prima e, cioè, in data 26 aprile 2016 (prendendo a riferimento, peraltro, dati di mercato riferiti all’ultimo semestre del 2015). Il perito, infatti, non effettua alcuna analisi né dell’attuale consistenza fisica degli immobili, né dell’evoluzione del merca- to immobiliare della zona degli ultimi due anni e mezzo. La sua conclusio- ne, dunque, stante la radicale assenza di un percorso argomentativo, appare quantomeno ermetica.
4.3 Per quel che concerne, poi, la voce crediti verso clienti si ritiene del tutto implausibile la stima di realizzo indicata nell’attestazione (questo elemento dell’attivo non è, infatti, desumibile se non dalla relazione del professioni-
sta), essendo evidente a chiunque come crediti risalenti nel tempo1 non pos- sano essere appostati, come è invece avvenuto nella quasi generalità dei casi, a valori corrispondenti all’importo nominale. Se a tale considerazione, già di per sé dirimente per concludere sull’inattendibilità della stima di rea- lizzo dei crediti, si aggiunge che, dall’attestazione del professionista, emerge che in molti casi i crediti sono oggetto di contestazione giudiziale e, in alcu- ni altri casi, sono vantati nei confronti di debitori in concordato preventivo o in fallimento, è evidente come la stima di realizzo appaia, perlomeno prima facie ed in assenza di elementi di segno contrario a quelli sopra rilevati, lon- tana dalla realtà.
4.4 Resta poi immotivata l’esclusione dallo stato estimativo delle attività del ramo d’azienda affittato il 6 agosto 2015 a Ducoli Costruzioni S.r.l.: trattasi di un cespite che, sulla base delle prospettazione della stessa società debitri- ce (cfr. ricorso per omologazione ex art. 182-bis l.f., pag.6), avrebbe un va- lore di mercato e, ciò nondimeno, viene inammissibilmente escluso tanto dallo stato analitico ed estimativo dell’attivo patrimoniale quanto dal piano di liquidazione proposto dalla società ricorrente. Peraltro, la ricorrente omet- te di allegare il contratto d’affitto con l’opzione di acquisto dell’azienda, con la conseguenza che il valore di incasso del corrispettivo dalla vendita del cespite indicato nell’attestazione non è fornito di adeguato supporto docu- mentale e, comunque, in mancanza di una stima dell’azienda, i creditori non risultano essere messi nelle condizioni di valutare se esistono ulteriori e più convenienti valori di realizzo rispetto a quello prospettato dal ricorrente.
1L’attività sociale è, infatti, cessata nel 2015, anno in cui la società è stata posta in liquida- zione volontaria con affitto di ramo d’azienda ad altra società.
4.5 Tutti questi elementi portano a concludere per l’assenza di uno stato estimativo delle attività completo ed attendibile, il che, conseguentemente, porta a ritenere inverosimile il valore dell’attivo patrimoniale stimato dalla società proponente.
5.1 La domanda di omologa d’accordo è altresì carente di un aggiorna- to e completo elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei ri- spettivi titoli e delle cause di prelazione (v. combinato disposto artt. 161, comma secondo lett. b) e art. 182-bis l.f.).
5.2 Al riguardo si osserva, anzitutto, come il proponente abbia allegato un elenco dei fornitori risalente al 2016 e, quindi, non più attuale. Tale situa- zione di incertezza circa l’esatta consistenza della voce “debiti verso forni- tori” emerge, in modo ancora più grave, dall’insanabile contraddittorietà dei documenti prodotti e dalle allegazioni contenute nel ricorso per l’omologazione dell’accordo: nella nota integrativa del bilancio chiuso al 31.12.2017 viene indicato, alla voce debiti verso fornitori, l’importo di 263.746 euro (v. pag. 14, doc. 7-ter); nella domanda di omologazione la diversa somma di euro 628.174,00 euro (vedi pag. 7); nella nota di deposito 19 ottobre 2018 la (ancora diversa) somma di 564.073,00 (vedi pag.3); nell’elenco fornitori al 31.12.2016 la somma di euro 606.259, 97 (vedi pag.6); nell’attestazione del professionista la somma di euro 592.406 (vedi pag. 14).
5.3 Tra i creditori della società del tutto erroneamente sono, inoltre, stati esclusi i dipendenti del ramo d’azienda affittato a Ducoli Costruzioni S.r.l. L’art. 2112 c.c. dispone, infatti, che nel caso di cessione di azienda o di ra- mo d’azienda, cedente e cessionario sono entrambi obbligati in via solidale
al pagamento dei crediti maturati dai dipendenti fino alla data della cessione. A tale previsione, invero, è possibile derogare, liberando il cedente, solo raggiungendo un accordo con i lavoratori nella forme di cui agli artt. 410 e 411 c.p.c. Pertanto, laddove manchi - come è avvenuto nel caso di specie - un accordo raggiunto “in sede protetta”, il patto con cui il cessionario di- chiari di accollarsi il debito del cedente verso i dipendenti ha efficacia nei soli rapporti interni e la rinuncia dei dipendenti ad agire verso la cedente è invalida per violazione dell’art. 2112, comma secondo, c.c. Conseguente- mente Xxxxxx Xxxxxx X.x.x. in liquidazione avrebbe dovuto indicare anche gli ex dipendenti della società tra i creditori, prevedendo un apposito fondo “rischi” per l’eventualità che la cessionaria del ramo d’azienda non adempia all’obbligo di pagare i crediti maturati dai dipendenti c.d. trasferiti sino alla data della cessione.
5.4 Questa carenza, oltre a rilevare ai fini della inattendibilità dell’elenco dei creditori, significativamente incide anche sulla fattibilità giuridica della pro- posta di accordo che, a ben vedere, si fonda su un assunto (l’esclusione degli ex dipendenti tra i creditori della società) erroneo sul piano giuridico, in quanto contrastante con una norma imperativa posta a tutela dei lavoratori.
6.1 La domanda deve essere dichiarata inammissibile anche perché gli ac- cordi raggiunti dalla debitrice con le banche, con i fornitori e con la cessionaria del ramo d’azienda sono incompatibili con le previsioni con- tenute nel piano e nella proposta e, inoltre, presentano diversi profili di aleatorietà e di criticità.
6.2 Quanto agli accordi con le banche (e, segnatamente, Unicredit, Intesa Sanpaolo, UBI, Banca Popolare di Sondrio) devono ritenersi inefficaci, es-
sendo spirato il termine contrattualmente previsto dalle parti (quello del 29 giugno 2018) senza l’avveramento della condizione sospsensiva cui risulta- no essere stati sottoposti (l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f.). La loro attuazione è, inoltre, subordinata alla vendita degli immobili ad un corrispettivo superiore al valore della parte dei crediti garantiti dalle ipoteche iscritte sopra i suddetti immobili. In caso di vendita a prezzo inferiore le banche, infatti, si riservano espressamente il potere di negare il consenso alla cancellazione dell’ipoteca ed alla conse- guente degradazione al chirografo della quota di credito ipotecario rimasto insoddisfatto. Tuttavia, la possibilità di vendere gli immobili ad un prezzo pari o maggiore al valore dei crediti che sugli stessi vantano la prelazione ipotecaria, allo stato, deve ritenersi del tutto aleatoria, mancando sia una perizia di stima aggiornata degli immobili ipotecati sia proposte di acquisto dei medesimi.
6.3 Quanto agli accordi con i fornitori, sono estremamente risalenti nel tem-
po (tra l’aprile ed il maggio del 2016; v. docc. 4 e 14) e sono sottoposti alla condizione sospensiva dell’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Sebbene nei contratti non sia stato fissato un termine entro il qua- le l’evento dedotto in condizione avrebbe dovuto avverarsi, deve, nondime- no, ritenersi che tali accordi siano divenuti definitivamente inefficaci, es- sendo decorso un lasso di tempo più che congruo dalla loro conclusione senza l’avveramento della condizione sospensiva (cfr. Cass. Sez. III, 10 no- vembre 2010, n. 22811 la quale afferma che, decorso un significativo lasso temporale dalla stipula del contratto, sia consentito ad una delle parti di agi- re in giudizio per ottenere la declaratoria di inefficacia di un contratto so-
spensivamente condizionato per il mancato avveramento della condizione, senza la necessità della previa fissazione giudiziale del termine entro il qua- le l’evento avrebbe dovuto avverarsi).
6.4 Un ulteriore aspetto meritevole di attenzione è, inoltre, l’incompatibilità degli accordi raggiunti con le banche, con i fornitori e con la società cessio- naria del ramo d’azienda rispetto alle previsioni del piano di liquidazione dell’attivo.
6.5 Orbene, l’accordo di ristrutturazione della cui omologazione si discute, ha una funzione liquidatoria e si basa quasi interamente sulla vendita di tutti gli immobili della società – stimati ad un valore complessivamente pari ad euro 2.198.500,00 euro (v. attestazione, pagg. 6-7) – al fine di ottenere la liquidità necessaria per pagare i creditori finanziari, i fornitori e gli altri cre- ditori. Sulla base delle previsioni del piano, quindi, gli immobili sarebbero tutti destinati alla vendita sul mercato. Tuttavia, esaminando i singoli accor- di, emerge una situazione diversa: il diritto di proprietà su alcuni dei beni immobili della società non è destinato alla vendita a terzi, ma piuttosto og- getto di trasferimento a favore di alcuni creditori. In particolare, nell’accordo raggiunto con il fornitore Xxxxxx Xxxxxxxx il 20 aprile 2016, si prevede la cessione della proprietà di un immobile della società – e, segna- tamente, dell’area edificabile ubicata nel Comune di Costa Volpino (BG) censita al Catasto Terreni del medesimo Comune sub partt. 12122 e 11772 e stimata in euro 218.500,00 euro – a pagamento di un credito di euro 145.000,00 (v. doc. 14, ultima pagina). Inoltre, nell’accordo tra Ducoli Sil- vio s.r.l. in liquidazione, Ducoli Costruzioni s.r.l. ed i dipendenti trasferiti si prevede il trasferimento della proprietà dell’edificio avente destinazione
uffici ubicato in Darfo Boario Terme (BS) in Xxx Xxx, x. 0, censito al foglio 8, part. 4078, sub. 10 a favore della cessionaria del ramo d’azienda (la pre- detta Ducoli Costruzioni S.r.l.) come corrispettivo dell’accollo dei debiti della cedente verso i propri dipendenti (v. doc. 5); anche questo immobile, però, è ricompreso dal piano nell’attivo da liquidare e ivi valutato 128.500,00 euro (vedi attestazione pagg. 6-7).
6.6 L’insanabile contraddittorietà tra le previsioni del piano e gli atti dispo- sitivi contenuti nei singoli accordi con alcuni dei creditori impedisce l’omologazione dell’accordo, il quale, a ben vedere, basandosi su presuppo- sti diversi da quelli allegati nella domanda e nell’attestazione, o sarebbe irrealizzabile per mancanza di alcune delle risorse indicate nell’attivo da liquidare, oppure (nel caso, cioè, in cui si ritenga che debbano prevalere le previsioni del piano rispetto a quelle dei singoli accordi) pregiudicherebbe alcuni dei creditori asseritamente aderenti e sottoscriventi gli accordi indivi- duali con la società debitrice in quanto muterebbe l’assetto di interessi in forza del quale hanno espresso il loro consenso.
7. Infine, si evidenzia come la ricorrente abbia offerto elementi tali da ritenere che l’attuazione dell’accordo sia inidonea assicurare l’integrale pagamento dei creditori non aderenti entro centoventi giorni dall’omologa.
7.1 In particolare, è improbabile che sia assicurato l’integrale e tempestiva- mento pagamento dei crediti vantati dalle banche non aderenti pari ad euro
313.336 euro. Queste ultime, secondo le prospettazioni della ricorrente nella nota di deposito, avrebbero agito in sede esecutiva contro i fideiussori pi- gnorando la villa ubicata in Darfo Boario Terme (BS) e censita al Catasto al
Foglio 8 mappale 10411, sub. 6 e 7 e stimata 375.000 euro nella perizia al- legata depositata in questo procedimento. Tale circostanza, diversamente da quanto opina la società proponente, non garantisce, di per sé, un soddisfa- cimento integrale entro centoventi giorni dall’omologa dell’accordo di ri- strutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f. delle banche non aderenti.
7.2 Da un lato, infatti, si osserva come i tempi di una procedura esecutiva sono estremamente lunghi e che, nel caso di specie, la proponente non ha neppure allegato in quale fase la procedura esecutiva promossa nei confronti dei terzi garanti sia attualmente pendente, di tal chè ogni previsione in meri- to al soddisfacimento dei creditori finanziari entro il ristretto termine di cui all’art. 182-bis l.f., allo stato appare impossibile e, comunque, è improbabile alla luce delle scarne allegazioni e delle inconferenti produzioni documenta- li offerte a sostegno da Xxxxxx Xxxxxx in Liquidazione S.r.l.
7.3 Dall’altro lato, si osserva che l’integrale soddisfacimento delle due ban- che non aderenti sia difficilmente realizzabile se, come allega la società pro- ponente, la sola fonte da cui attingere le risorse finanziarie sia rappresentata dalla villa di proprietà dei fideiussori oggetto di pignoramento immobiliare. La stima di vendita ad euro 375.000,00 esposta dalla società debitrice appa- re, infatti, non adeguatamente supportata, posto che si fonda su una perizia di stima che – oltre ad essere risalente a due anni e mezzo fa – non tiene conto dell’assai probabile deprezzamento derivante dal fatto che la vendita avverrà nell’ambito di una procedura di espropriazione forzata (nelle quali il prezzo, oltre ad essere caricato dei costi della procedura, sconta il carattere coattivo della vendita con la conseguente procedimentalizzazione e rigidità della fase delle trattive).
P.Q.M.
Il Tribunale, visti gli artt. 161, commi 1-3, 162, 182-bis l.f., comma primo:
- dichiara inammissibile la domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.f.;
- nulla sulle spese vista la natura del procedimento.
Brescia, 24 ottobre 2018.
Il Presidente Dott.ssa Xxxxxxxxx Xxxxx
Atto realizzata con la collaborazione del Magistrato in Tirocinio Xxxxxxx Xxxxx