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CONTRATTI
29/07/2021
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COVID-19 e locazione immobiliare: obbligo di rinegoziazione del contratto e riduzione del canone
La crisi economica causata dalla pandemia COVID-19 e la chiusura forzata delle attività commerciali - in particolare quelle legate al settore alberghiero e della ristorazione – devono qualificarsi come sopravvenienze idonee a creare squilibri nel contratto di locazione e che ne impongono la rinegoziazione in base al dovere di buona fede oggettiva.
La Redazione
TRIB. LECCE, SEZ. II, ORD., 24 GIUGNO 2021
Con ricorso ex art. 700 c.p.c., la conduttrice di una struttura alberghiera chiedeva la riduzione dei canoni relativi a due contratti di locazione ad uso alberghiero, in conseguenza delle rilevanti e gravose perdite di ricavi subite per effetto della pandemia da COVID-19: nello specifico, riteneva che la locatrice non avesse ottemperato all'obbligo, derivante dalla clausola generale di buona fede e correttezza, di ricontrattare le condizioni economiche del contratto di locazione a seguito delle sopravvenienze legate all'insorgere della pandemia.
Il ricorso è fondato, sia sotto il profilo del fumus boni iuris che del periculum in mora. Il Tribunale, infatti, afferma che la crisi economica causata dalla pandemia COVID-19 e la chiusura forzata delle attività commerciali - in particolare quelle legate al settore alberghiero e della ristorazione – devono qualificarsi come sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto del contratto di locazione. Ne consegue che, pur in mancanza di clausole di rinegoziazione, i contratti a lungo termine, in applicazione del principio «rebus sic stantibus», devono continuare ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatti le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della conclusione del contratto. Al contrario, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto del contratto, «la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi dell'esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente, deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto».
Il Giudice, pertanto, condivide l'orientamento dottrinale secondo cui la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nel caso in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti e imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della conclusione del contratto: ciò può verificarsi anche nel caso dei c.d. «contratti relazionali», che implicano un rapporto continuativo tra le parti e che mal tollerano la risoluzione del contratto, tra cui rientrano anche i contratti di locazione di immobili per l'esercizio di attività produttive. In simili casi, infatti, un'eventuale risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta comporterebbe la perdita dell'avviamento per l'impresa colpita dall'eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell'attività economica: in tali ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola di buona fede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a ripristinare l'equilibrio del contratto entro i limiti dell'alea normale del contratto.
Il ricorso è fondato anche sotto il profilo del periculum in mora, in quanto il pagamento dei canoni in misura integrale è idoneo ad aggravare considerevolmente la situazione di crisi finanziaria della conduttrice.
Per questi motivi, il Tribunale, in accoglimento del ricorso, dispone la riduzione dei canoni relativi ai due contratti di locazione.
Trib. Lecce, sez. II, ord., 24 giugno 2021
Giudice De Xxxxxxxx Xxxxx e Diritto
letti gli atti; visto il proprio decreto con cui è stato disposto lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, con riserva di successiva adozione fuori udienza di ogni opportuno provvedimento; lette le conclusioni scritte depositate telematicamente dalla parte ricorrente in conformità all'invito formulato con precedente decreto; OSSERVA QUANTO SEGUE Con ricorso ex art. 700 c.p.c., in corso di causa, depositato in data 24.3.2021, (omissis) ha adito l'intestato Tribunale per sentire accogliere le seguenti conclusioni: “1- con decreto inaudita altera parte, a) disporre la riduzione del canone di locazione, relativo ad entrambi i contratti, nella misura del 50%, o nella misura maggiore o minore rispetto a quella richiesta e che sarà ritenuta di giustizia, con riferimento al semestre marzo 2021 - agosto 2021 per il contratto del 24.02.2016 e al semestre maggio 2021 - ottobre 2021 con riferimento al contratto del 19.10.2016; b) o, in subordine, disporne la sospensione del pagamento nella stessa misura, o nella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia; c) disporre ogni altro provvedimento d'urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo a eliminare il pregiudizio subito e subendo dalla conduttrice per tutti i motivi meglio dedotti nel corpo dell'atto; d) contestualmente, fissare l'udienza di comparizione delle parti assegnando al ricorrente termine per la notificazione del ricorso e dell'emittendo decreto e, a tale udienza, confermare i provvedimenti emanati con detto decreto e sopra richiesti. Con vittoria di spese e compensi di giudizio. 2- ove non siano ritenuti sussistenti i presupposti per l'emissione del decreto inaudita altera parte, fissare la comparizione delle parti in contraddittorio procedendo, nel modo ritenuto più opportuno agli atti di istruzione ritenuti indispensabili e con Ordinanza: a) disporre la riduzione del canone di locazione relativo ad entrambi i contratti, nella misura del 50%, o nella misura maggiore o minore rispetto a quella richiesta e che sarà ritenuta di giustizia, con riferimento al semestre marzo 2021 - agosto 2021 per il contratto del 24.02.2016 e al semestre maggio 2021 - ottobre 2021 con riferimento al contratto del 19.10.2016; b) o, in subordine, disporne la sospensione del pagamento nella stessa misura, o nella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia; c) disporre ogni altro provvedimento d'urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo a eliminare il pregiudizio subito e subendo dalla conduttrice per tutti i motivi meglio dedotti nel corpo dell'atto; Con vittoria di spese e compensi di giudizio” [il corsivo è tratto testualmente dalle conclusioni rassegnate in ricorso]. La ricorrente ha dedotto: che in virtù di ricorso ex art. 447 bis c.p.c. depositato in data 11.02.2021, è pendente il giudizio (omissis) R.G. promosso dalla stessa ricorrente, conduttrice di una struttura alberghiera denominata (omissis) nei confronti della locatrice (omissis) con cui è stata chiesta la riduzione dei canoni di locazione relativi ai due contratti di locazione ad uso alberghiero del 24.02.2016 (per il quale era previsto un canone semestrale pari ad € 45.000,00 oltre IVA) e del 19.10.2016 (per il quale era previsto un canone semestrale pari ad 10.000,00 oltre IVA), in essere tra le parti, in conseguenza dei danni economici provocati dalla pandemia da Covid-19; di aver subito, per effetto della crisi epidemiologica, rilevanti e gravose perdite dei ricavi, soprattutto in considerazione delle numerose cerimonie (matrimoni, battesimi, ecc.) e prenotazioni delle stanze cancellate o rinviate sine die, con restituzione degli acconti ricevuti, oltre che in conseguenza del mancato utilizzo del ristorante a causa della imposta chiusura e limitazioni; di aver richiesto di riequilibrare i contratti di locazione attraverso una riduzione del canone concessa dalla locatrice solo in occasione della prima ondata della pandemia e rifiutata, invece, per i periodi successivi, costringendo la conduttrice all'integrale pagamento dei canoni; di aver sempre provveduto al pagamento dei canoni, seppur con enormi sacrifici, al fine di non rendersi inadempiente e provocare ulteriori danni all'azienda; che la locatrice ha rifiutato il bonario componimento della vicenda anche in sede di mediazione; che il canone di locazione è ormai divenuto eccessivamente oneroso; che la prima udienza di discussione del giudizio ordinario è stata fissata per la data del 14 settembre 2021; che, nelle more, la situazione relativa alla pandemia da Covid-19 è peggiorata a causa delle sue varianti, che hanno provocato il nuovo aumento di contagi e l'adozione di ulteriori misure restrittive soprattutto per la Regione Puglia; che in data 05 Marzo 2021 è scaduto il pagamento del canone di locazione semestrale anticipato relativo al contratto di locazione del 24.02.2016 per € 45.000,00 oltre IVA, da corrispondere entro 30 giorni dalla scadenza; che è in scadenza (05.05.2021) anche il canone di locazione semestrale pari ad € 10.000,00 oltre IVA con riferimento al contratto del 19.10.2016; di aver limitato la domanda cautelare al solo canone di locazione scaduto e che dovrebbe essere corrisposto entro il 05 aprile 2021, pari ad € 45.000,00 oltre IVA, e a quello in scadenza in data 05.05.2021 pari ad € 10.000,00 oltre IVA. (omissis), ritualmente costituitasi, ha contestato tutto quanto ex adverso dedotto e ha rassegnato le seguenti conclusioni: “si chiede il rigetto del ricorso stante la carenza dei presupposti in fatto ed in diritto oltre che la totale assenza di un periculum che inversamente girava sulla società resistente. Vinte le spese e competenze processuali.” [il corsivo ripropone testualmente le conclusioni rassegnate nella memoria di costituzione sull'istanza cautelare ex art. 700 c.p.c.]. La resistente ha dedotto: di non aver mai negato la disponibilità alla contrattazione tanto che, al contrario di quanto sostenuto, nel giugno del 2020 si era addivenuti ad una riduzione del 20% sulle due rate semestrali (45.000 + 10.000) per un importo complessivo di € 17.000,00 oltre al credito di imposta del 60%; di aver consentito il differimento della rata semestrale del contratto 19.10.2016, di € 10.000,00, a gennaio 2021 anziché novembre 2020, nonché il differimento e pagamento parziale di soli € 10.000,00 della rata semestrale (di € 45.000) con scadenza al 5 marzo 2021; di non aver intrapreso alcuna azione in pregiudizio della (omissis) concedendo il tempo necessario per l'acquisizione della provvista. Il ricorso è suscettibile di favorevole considerazione sotto il profilo del fumus boni iuris e del periculum in mora. Deve sottolinearsi che i requisiti della tutela cautelare sono la probabile esistenza del diritto, o fumus boni iuris, nonché il periculum in mora, vale a dire il pericolo del danno che potrebbe verificarsi per il ritardo del provvedimento definitivo a causa della lentezza del procedimento ordinario. Chi ricorre alla procedura d'urgenza deve quindi fornire al giudice un'evidenza del diritto, ovvero un'immediata verosimiglianza di fondatezza delle sue pretese da acclararsi all'esito della cd. summaria cognitio. Il giudice deve valutare la sola probabilità del diritto, emanando un provvedimento limitato nel tempo, destinato a venire meno ed a essere sostituito dal provvedimento definitivo, o di merito, emesso all'esito dell'accertamento pieno dei fatti raggiunto attraverso il procedimento ordinario, provvedimento definitivo alla cui effettiva attuazione il provvisorio provvedimento cautelare è funzionalmente ordinato. Posto che il timore della trasformazione del pericolo di danno in danno effettivo e la conseguente urgenza non consentono al giudice una piena cognizione dei fatti, la particolare struttura della procedura d'urgenza comporta una ben precisa connotazione dell'attività istruttoria volta all'adozione del provvedimento e dell'utilizzazione di tali risultanze ai fini della delibazione della fattispecie. Infatti, il livello probatorio non è quello rigoroso del procedimento ordinario, risultando bastevole che dal ricorrente (o dal resistente, quando sia onerato della prova) siano addotte circostanze sulle quali si fondi l'apparenza del proprio buon diritto e che facciano ritenere probabile l'esito del giudizio di merito, giustificando un
provvedimento anticipatorio della decisione finale. Il giudice, da parte sua, per raggiungere il proprio convincimento sull'apparenza del diritto, gode di vasta iniziativa e può disporre dei più ampi e autonomi poteri istruttori in ordine ai fatti, che comunque spetta alla parte interessata dedurre. Ciò posto, la ricorrente pone, a sostegno della sua domanda, la violazione dei canoni di buona fede in senso oggettivo e della solidarietà da parte della. nella fase successiva alla stipulazione del contratto di locazione in oggetto.
Secondo le prospettazioni della ricorrente, invero, la resistente non avrebbe ottemperato all'obbligo, derivante dalla clausola generale di buona fede e correttezza, di ricontrattare le condizioni economiche del contratto di locazione a seguito delle sopravvenienze legate all'insorgere della pandemia per Covid-19.
Certamente la crisi economica dipesa dalla pandemia Covid e la chiusura forzata delle attività commerciali - ed in particolare di quelle legate al settore alberghiero e della ristorazione - devono qualificarsi quale sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale; invero, nel caso delle locazioni commerciali il contratto è stato stipulato “sul presupposto” di un impiego dell'immobile per l'effettivo svolgimento di attività produttiva, e segnatamente nel caso di specie per lo svolgimento dell'attività di ristorazione. Ciò posto, si ritiene che pur in mancanza di clausole di rinegoziazione, i contratti a lungo termine, in applicazione dell'antico brocardo “rebus sic stantibus”, debbano continuare ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando rimangono intatti le condizioni ed i presupposti di cui essi hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio. Al contrario, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, quale quella determinata dalla pandemia del Covid-19, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni pattuite inizialmente deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, in base al dovere generale di buona fede oggettiva (o correttezza) nella fase esecutiva del contratto l'art. 1375 c.c.). Si rileva come secondo un diffuso orientamento dottrinale, condiviso da questo giudice, la buona fede può essere utilizzata anche con funzione integrativa cogente nei casi in cui si verifichino dei fattori sopravvenuti ed imprevedibili non presi in considerazione dalle parti al momento della stipulazione del rapporto, che sospingano lo squilibrio negoziale oltre l'alea normale del contratto. Nello specifico, secondo il citato orientamento, le suddette circostanze vengono a verificarsi nel caso dei cosiddetti contratti relazionali implicanti un rapporto continuativo tra le parti e che mal tollerano la risoluzione del contratto. All'interno della suddetta categoria sembrano poter rientrare anche i contratti di locazione di beni immobili per l'esercizio di attività produttive. In tal caso, infatti, l'eventuale risoluzione del contratto per eccessiva sopravvenuta onerosità comporterebbe inevitabilmente la perdita dell'avviamento per l'impresa colpita dall'eccessiva onerosità e la conseguente cessazione dell'attività economica. In siffatte ipotesi sorge, pertanto, in base alla clausola generale di buona fede e correttezza, un obbligo delle parti di contrattare al fine di addivenire ad un nuovo accordo volto a riportare in equilibrio il contratto entro i limiti dell'alea normale del contratto. La clausola generale di buona fede e correttezza, invero, ha la funzione di rendere Ressibile l'ordinamento, consentendo la tutela di fattispecie non contemplate dal legislatore. Si evidenzia peraltro che sono state previste a livello statale una serie di misure volte a ridurre l'impatto finanziario della pandemia nelle attività produttive. Tra le suddette misure rileva in particolare per il caso che qui ci occupa la previsione di cui all'art. 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito in legge n.
27/2020 di un credito di imposta del 60% sui canoni di locazione. Nonostante lo sforzo fatto dal legislatore, le suddette misure non sembrano tuttavia essere sufficienti, almeno nel caso di specie, a riportare in equilibrio il contratto entro la sua normale alea atteso che nella fattispecie si sono di certo verificate delle perdite nette dei ricavi. Tanto rilevato, anche in presenza dell'intervento generale del legislatore per fare fronte alla crisi economica causata dal Covid-19, deve ritenersi doveroso in tale ipotesi fare ricorso alla clausola generale di buona fede e di solidarietà sancito dall'art. 2 della Carta costituzionale al fine di riportare il contratto entro i limiti dell'alea normale. In tali situazioni non sembra possa dubitarsi in merito all'obbligo delle parti di addivenire a nuove trattative al fine di riportare l'equilibrio negoziale entro l'alea normale del contratto. A tal punto sembra prima facie non essere stato violato da parte della resistente il canone di buona fede in senso oggettivo dal momento che la stessa ha dedotto che nel giugno del 2020 si era addivenuti ad una riduzione del 20% sulle due rate semestrali (45.000 + 10.000) per un importo complessivo di € 17.000,00 e di aver concesso un differimento e pagamento parziale di soli € 10,000,00 della rata semestrale (di € 45.000) con scadenza al 5 marzo 2021. Ciò nondimeno, per il 2021 sembra necessario fare ricorso alla buona fede integrativa per riportare in equilibrio il contratto nei limiti dell'alea negoziale normale, disponendo la riduzione del canone di locazione del 20% per il semestre marzo-agosto 2021 per il contratto del 24.02.2016 e del 5% per il semestre maggio-ottobre per il contratto del 19.10.2016; si rileva difatti che a decorrere dal mese di giugno tutte le strutture alberghiere e della ristorazione hanno ripreso normalmente ad operare. Il ricorso sembra inoltre essere fondato sotto il profilo del periculum in mora, posto che il pagamento dei canoni in misura integrale è idoneo ad aggravare considerevolmente la situazione di crisi finanziaria della ricorrente. Ne consegue la pronuncia di cui in dispositivo. Spese al definitivo.
P.Q.M.
visti gli articoli 700 e 669-bis e seguenti c.p.c., accoglie il ricorso e, per l'effetto, dispone la riduzione del canone di locazione del 20% per il semestre marzo-agosto 2021 per il contratto del 24.02.2016 e del 5% per il semestre maggio-ottobre per il contratto del 19.10.2016; spese al definitivo. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.