RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE
IN ITALIA
Maggio 2019
Airi
ASSOCIAZIONE ITALIANA
PER LA RICERCA INDUSTRIALE
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Airi
ASSOCIAZIONE ITALIANA
PER LA RICERCA INDUSTRIALE
Consiglio Nazionale delle Ricerche
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
Accordo
AIRI-CNR per la RRI
Maggio 2019
REPORT
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
Il lavoro è stato svolto da un Tavolo Tecnico, coordinato da Xxxxx Xxxxxxxx (Vice Presidente Airi)
e la cui composizione è riportata nella Tabella seguente:
ISTITUZIONE / IMPRESA COMPONENTI
Airi Xxxxxx Xxxxxxx
Xxxxxxx Xxxxxx
Apre Xxxxx Xxxxxxxx
Xxxxxx Xxxxx
Cnr Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
Azzurra Malgieri
Cotec Xxxxxxx Xxxxxx
Eutronica Xxxx Xxxxx
Federchimica Xxxxx Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxx
Fondazione Sodalitas Xxxxxx Xxxxxx
Istituto Italiano Tecnologia Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Xxxxx Xxxxx Xxxxxxx
Xxxxxx Xxxxxxxx
Conoscenza e Innovazione Xxxxx Xxxxx
Link Campus University Xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxx
Mapei Xxxxxxxx Xxxxxxx
Unioncamere Xxxxx Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx
Università La Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxx
Uni – Ente Italiano di Normazione Xxxxx Xxxxxxx
Xxxxxxxxxx Xxxxxxx
2 < Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia xxx.xxxx.xx
INDICE
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
INTRODUZIONE 4
1. IL QUADRO DI RIFERIMENTO 10
1.1 IL SISTEMA DELLA RICERCA ED INNOVAZIONE NELLA QUARTA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE 11
1.2 RILEVANZA DI UN APPROCCIO RESPONSABILE13
1.3 LA SITUAZIONE ITALIANA 15
2. LA RICERCA RESPONSABILE 20
2.1 IL SIGNIFICATO DI RESPONSABILITÀ NELLA RICERCA 21
2.2 OPEN SCIENCE 24
2.3 EDUCATION E RRI 33
2.4 VALUTAZIONE DELLA RICERCA 34
3. L’INNOVAZIONE RESPONSABILE 40
3.1 CSR E RRI 42
3.2 UNA INDUSTRIA RESPONSABILE 47
3.3 ORGANIZZAZIONE DEL NUOVO LAVORO 53
3.4 L’IMPORTANZA DELLA NORMAZIONE E CERTIFICAZIONE 60
4. LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA 72
4.1 RAPPORTO TRA RICERCA PUBBLICA E SISTEMA DELLE IMPRESE 73
4.2 RAPPORTO TRA SOCIETÀ, SCIENZA E TECNOLOGIA 79
4.3 METODOLOGIE DI COMUNICAZIONE 82
CONSIDERAZIONI FINALI 86
5.1 STRATEGIE E MECCANISMI 88
5.2 SVILUPPO DI INCENTIVI PER LA RRI 94
5.3 CONCLUSIONI 98
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 101
APPENDICE 102
Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia > 3
REPORT
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
INTRODUZIONE
4 < iocnetrrcibauetdo Ianllna ostvraazteiogniaenRaezsiopnoanlseadbiiIlendinusItariliaa4.0
N
egli ultimi anni stiamo assistendo a un confronto molto serrato tra due posizioni estreme: da
un lato chi sostiene che la grande ondata della crescita economica basata sullo sviluppo delle nuove tecnologie di tipo “general purpose” stia ormai esaurendo la sua spinta propulsiva; e dall’altro chi sostiene, al contrario, che la più recente rivoluzione informatica abbia appena cominciato a fare sentire i suoi effetti.
La storia economica ci insegna, d’altro canto, che i ritardi nell’impiego delle conoscenze scientifiche più importanti a fini produttivi e commerciali rappresentano una norma, e non un’eccezione. Chi afferma che la rivoluzione nelle tecnologie abilitanti, nella produzione e distribuzione delle informazioni deve ancora esplicare tutti i suoi effetti sulla produttività
del lavoro e sulla crescita di lungo periodo, in genere, ne enfatizza sì i benefici potenziali, ma non sottovaluta le criticità di questi processi: dai costi necessari per ripensare
e rivedere l’automazione delle fabbriche, ai problemi legati ad una distribuzione del
reddito che premia la concentrazione della ricchezza presso determinati soggetti.
Il progresso tecnologico digitale, distorto anche a favore della specializzazione un po’ in tutti i Paesi occidentali, finisce per
ampliare decisamente i differenziali di crescita delle retribuzioni dei cittadini nel corso del tempo, a favore delle classi di lavoratori con i gradi di istruzione più elevati, con la parziale
eccezione dell’Italia.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
Chi afferma che invece nella realtà non cambierà nulla nelle performances dei Paesi occidentali perché, anche se cambiano le tecnologie più innovative in determinati periodi, nulla cambia nel paradigma fondamentale dei loro sistemi economici, sottovaluta la circostanza che – nel lungo termine – la riduzione dei costi di produzione e di trasmissione delle informazioni su scala globale sposta automaticamente le risorse
a favore delle imprese che le utilizzano normalmente come merce base da reperire, rielaborare e commercializzare.
Gli effetti delle reti producono poi economie di scala molto elevate dal lato della domanda.
Di conseguenza in mercati come quelli delle tecnologie dell’informazione, la cui struttura è più di tipo oligopolistico, il prezzo dell’informazione è inferiore al suo valore
di mercato; essa è infatti molto costosa da produrre, ma molto economica da riprodurre e da distribuire su dimensioni planetarie.
Senza entrare nel merito di questioni così complesse e relative agli effetti della “Second Age Machine”, è forse più utile una visione d’insieme delle nuove tecnologie emergenti nei grandi paesi industriali che rappresentano una sorta di rottura radicale con i sistemi e i processi del passato:
🡢 tecnologie energetiche;
APPENDICE
🡢 biotecnologie, incluse terapie genetiche, ricerca su cellule staminali, uso dei Big Data (BD) in sanità, etc.;
🡢 Information Technology (Web 3.0, Social Network, nuove App, Internet of Things, BD, Cloud, blockchain, intelligenza
artificiale e dispositivi di realtà virtuale);
🡢 manifattura avanzata (robotica, sistemi di automazione complessi, stampa in 3D, makers digitali, etc.);
🡢 mobilità e commercio intelligenti (auto a guida autonoma, sistemi di smaltimento del traffico, distribuzioni delle merci in ambiente urbano, supermercati senza addetti, etc.);
🡢 tecnologie della difesa, l’aerospazio, droni, etc.;
🡢 tecnologie del sistema monetario, finanziario e assicurativo.
Scorrendo questo elenco, ci viene subito in mente che molte di queste tecnologie sollevano problemi fondamentali di Responsabilità – talvolta proprio nel senso
delle norme e dell’etica dei comportamenti – degli Enti Pubblici di Ricerca, delle Università e delle stesse Imprese, nella fase di sviluppo sperimentale delle conoscenze e soprattutto nei confronti dei dipendenti, dei consumatori, dei giovani, della società e dell’ambiente.
Riferendoci per es. al settore dell’Intelligenza Artificiale, l’avvento e la diffusione delle macchine intelligenti sollevano per la politica, l’economia e l’opinione pubblica interrogativi seri: come usarle correttamente, come costruire dispositivi che siano “giusti”
e rispettosi della nostra privacy e dei nostri diritti, e – prima di tutto – un corretto rapporto uomo/macchina. Al riguardo, in un recente Convegno (ottobre 2018) presso la Camera
di commercio di Reggio Calabria, è emerso con forza un principio “antropocentrico”, secondo cui l’AI è una tecnologia abilitante
che deve sempre essere messa al servizio delle persone, e non viceversa.
Proprio perché la creazione di nuove conoscenze scientifiche e la crescita delle nostre Imprese hanno il bisogno vitale di un “mondo aperto”, preoccupano senz’altro alcuni fenomeni che in prospettiva rischiano di spiazzare l’Unione Europea:
il negazionismo sugli effetti dei cambiamenti climatici professato dall’Amministrazione USA, con l’insistenza sull’impiego ad oltranza dei combustibili fossili;
la determinazione della Cina a giocare il proprio ruolo economico e politico nello scenario internazionale con una politica molto determinata sul fronte delle proprietà intellettuale e degli investimenti nelle nuove tecnologie dell’informazione;
i rischi di strappi unilaterali ad opera di grandi paesi sul fronte dei limiti etici sulla sperimentazione nelle biotecnologie, con riferimento sempre alla Cina per quella recentissima sull’editing del DNA;
le asimmetrie nelle dimensioni e nelle valutazioni dei grandi mercati azionari e finanziari sul valore dei gruppi e delle
imprese che operano nei diversi mercati dell’Information Technology;
i timori sempre più diffusi nella sfera dell’opinione pubblica sull’impatto che queste nuove tecnologie produrranno sulla struttura della società e, in particolare, nella dinamica del mercato del lavoro.
In riferimento all’ultimo punto, ad es. una stima dell’OCSE ritiene che, con la progressiva automazione dei processi produttivi e di servizio, il numero dei posti di lavoro distrutti
sia maggiore di quelli che saranno creati. Tale problema riguarda circa il 44% degli occupati in Italia: solo il 10% degli stessi
rischia effettivamente di essere sostituito dalle macchine e dai dispositivi, mentre il restante 34% subirà cambiamenti significativi nei contenuti e nello status del proprio lavoro.
L’unica risposta che ci offre la teoria è quella della necessità che i diversi Paesi riformino
i propri sistemi dell’Istruzione e Ricerca per offrire un sostegno adeguato a chi viene penalizzato dai processi della globalizzazione e dalla diffusione sempre più vasta delle nuove tecnologie. L’approccio ideale è quello di creare strumenti e incentivi per riqualificare i lavoratori e re–inserirli nelle aziende in crescita, avendo presente che in questo campo il sistema più eṀcace in Europa è senz’altro quello tedesco. È sin troppo banale ricordarlo, ma anche il quadro della nostra finanza pubblica non ci aiuta molto, lasciando margini molto limitati per gli investimenti tesi a riformare l’istruzione e a rilanciare il “sistema nazionale” per la Ricerca e l’Innovazione.
Se vogliamo costruire una vera Catena del Valore in senso europeo, allora dobbiamo minimizzare i possibili effetti negativi della globalizzazione e in questo percorso un elemento fondamentale è rappresentato dalla Responsible Research and Innovation (RRI). In tale ottica, il concetto di “Science with and for Society” (SWAFS), promosso dalla Commissione europea tramite l’omonimo programma, ha effettivamente voluto restituire alla Scienza il ruolo di componente fondamentale dello sviluppo, riconoscendo la Società come protagonista nella scelta
degli argomenti da sottoporre alle indagini scientifiche. L’integrazione degli interessi della Società con quelli del Sistema Ricerca e Innovazione aumenta la qualità, la pertinenza, l’accettabilità e la sostenibilità dei risultati scientifici.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
Le riflessioni e le proposte del primo Rapporto1 AIRI – CNR sulla Ricerca e l’Innovazione Responsabile hanno ancora una loro validità e, nel contempo, anche alcuni Enti di Ricerca e Università (l’ENEA, il Politecnico di Milano e altri), e numerose Imprese italiane, hanno fatto passi avanti decisivi nello scorso triennio su questo fronte. La diffusione e lo sviluppo della RRI richiede ad ogni modo un impegno corale degli Organi Istituzionali del Paese e delle forze sociali, il Governo e il Parlamento anzitutto, ma anche le Regioni e i Comuni, le diverse associazioni delle imprese e i
sindacati. Solo questa coralità permetterà di identificare obiettivi condivisi e prioritari per un corretto sviluppo di una strategia nazionale sulla transizione in corso, di cui gli aspetti tecnologici specifici relativi al Piano Impresa
4.0 rappresentano il capitolo importante di una rivoluzione culturale più ampia. Questo Report, oltre ad aggiornare quanto espresso precedentemente1 sulla base dell’evoluzione del pensiero internazionale, vuole presentare alcune proposte per tradurre in pratica e al meglio alcuni principi condivisi di Responsabilità, per rafforzare
il Valore Sociale ed Ambientale che deriva dalla Ricerca e dall’Innovazione, ritenendo che il risultato finale possa essere raggiunto solo se si definiranno contesti di riferimento
appropriati e si troveranno alleanza e condivisione con le Istituzioni, il mondo dell’Education e le organizzazioni sociali. Riteniamo che sia un percorso ineludibile per superare alcune criticità nel nostro Paese quali l’attuale frammentario collegamento fra ruolo pubblico e privato nella innovazione
e nello sviluppo, la diṀcoltà delle PMI a usufruire dei frutti dell’innovazione realizzata in imprese leader, la carenza di risorse finanziarie e umane specialistiche, una coesione sociale non solida e la generale limitata capacità di innovare delle nostre imprese nel confronto internazionale.
Sarà quindi necessario che Imprese, Istituzioni, Comunità, Organizzazioni no- profit, Scuola e Università accentuino il loro sforzo per l’attivazione di iniziative comuni di cooperazione ai fini dell’interesse generale.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO | LA RICERCA RESPONSABILE | L’INNOVAZIONE RESPONSABILE | LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA | CONSIDERAZIONI FINALI | APPENDICE |
Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia > 9
REPORT
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
1. IL QUADRO
DI RIFERIMENTO
10 < Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia
K
1.1 Il Sistema della Ricerca ed Innovazione nella Quarta Rivoluzione Industriale
xxxx Xxxxxx, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, nel suo libro
del 2018 “Shaping the Fourth Industrial Revolution” 2, ha chiesto nei fatti a tutti noi di assumerci
la responsabilità collettiva per un futuro in cui Innovazione e Tecnologia siano centrate
sull’umanità e contribuiscano a servire l’interesse pubblico:
“La nuova era tecnologica, se modellata in modo reattivo e responsabile, potrebbe
catalizzare un nuovo rinascimento culturale che ci consentirà di sentirci parte di qualcosa di molto più grande di noi stessi: una
vera civiltà globale. La quarta rivoluzione industriale ha il potenziale per robotizzare l’umanità e quindi compromettere le nostre tradizionali fonti di significato: lavoro, comunità, famiglia, identità. Oppure possiamo usare la quarta rivoluzione
industriale per elevare l’umanità in una nuova coscienza collettiva e morale basata su un senso condiviso del futuro. Spetta a tutti noi fare in modo che tutto ciò si possa avverare”.
La rilevanza di tale pensiero è sicuramente aumentata con il trascorrere del tempo, poiché Ricerca e Sviluppo hanno promosso una rapida crescita delle Tecnologie, le Aziende hanno adottato nuovi approcci,
e sono emerse nuove prove empiriche
dell’impatto potenzialmente distruttivo delle tecnologie emergenti e dei nuovi modelli di business sui mercati del lavoro, sulle relazioni sociali e sui sistemi politici.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
È indubbio che oggi ci si trovi di fronte ad un bivio: se da un lato lo sviluppo tecnologico ha rapidamente raggiunto livelli fino a poco tempo fa inimmaginabili e mantiene, allo stesso tempo, un’enorme potenzialità ancora non espressa, dall’altro lato va sottolineato come i sistemi sociali e politici che hanno plasmato le nostre politiche nazionali e globali per mezzo secolo siano in affanno nel controllare le esternalità negative di questa economia globale integrata, con particolare riguardo all’ambiente naturale e alle collettività vulnerabili. La fiducia della gente nei confronti della comunità economica e imprenditoriale, del governo, dei media e
persino della società civile, va diminuendo e la coesione sociale è divenuta profondamente fragile e, forse, in alcuni casi molto vicina alla rottura.
È in questo contesto politico e sociale precario, che dobbiamo affrontare le opportunità che provengono da una serie di tecnologie emergenti - dall’intelligenza artificiale, alle biotecnologie, dai materiali avanzati all’informatica quantistica - che
costituiscono nei fatti lo scenario tecnologico della Quarta Rivoluzione Industriale
e che provocheranno cambiamenti sempre più radicali nel nostro modo di vivere. Queste tecnologie emergenti non rappresentano semplicemente dei progressi incrementali rispetto al passato ma, in quanto dirompenti, andranno
ad incidere su tutti i modelli esistenti di rilevamento, calcolo, organizzazione, azione e distribuzione: rappresenteranno quindi
dei modi completamente nuovi di creare valore per organizzazioni e cittadini. Basti pensare al fatto che già i progressi nelle Neurotecnologie e nelle Biotecnologie ci costringono a mettere in discussione cosa significhi essere umani.
D’altra parte, la Quarta Rivoluzione Industriale è ancora ai suoi primissimi passi e la sua evoluzione è ancora nelle nostre mani: norme e regolamenti sociali che regolano
le tecnologie emergenti sono oggi in fase di sviluppo e scrittura. Se perdiamo questa finestra di opportunità per modellare le
nuove tecnologie in modo che promuovano il bene collettivo, migliorino la dignità umana e proteggano l’ambiente, ci sono buone possibilità che le sfide che viviamo oggi finiranno con l’essere solo esacerbate: modellare la Quarta Rivoluzione Industriale significa quindi impegnarsi in dialoghi strategici sulle tecnologie emergenti all’interno e attraverso le comunità, le organizzazioni e le istituzioni di cui si è
membri, contribuendo a plasmare un mondo in linea con i valori umani comuni.
La stessa tipologia di riflessioni è fatta anche nell’ambito del Report “The Next Production Revolution: Implications for Governemnts and Business” dell’OECD3, dove si sottolinea l’importanza della capacità di tradurre rapidamente i progressi scientifici e tecnologici in innovazioni che generino benefici e valori, non solo per
gli azionisti, ma anche per i cittadini e la società. Fare ciò in modo eṀcace e rapido richiede il coinvolgimento precoce di tutte le parti interessate sia per stabilire valori e benefici, sia per negoziare trade-off che vengano ben accettati e possano essere implementati senza ostacoli. È anche chiaro che i modelli economici e sociali esistenti stanno raggiungendo i loro limiti per offrire una qualità di vita sempre migliore: i dati emergenti per i Paesi sviluppati indicano che, mentre l’aspettativa di vita è in aumento, la qualità della vita non sembra procedere nella stessa direzione. L’affermarsi dell’Economia
Digitale, se non gestita in modo responsabile, potrebbe non riuscire a fornire i benefici attesi e peggiorare piuttosto che migliorare
la nostra Società. La stessa “Agenda 2030” dell’ONU4 ribadisce con forza la necessità di bilanciare le tre dimensioni dello sviluppo
sostenibile: la dimensione economica, quella sociale e quella ambientale, in quanto fattori indivisibili per una piena realizzazione dei diritti umani di tutti.
Quindi, nel contesto dell’attuale globalizzazione, il concetto di Innovazione Responsabile ha assunto un valore strategico per il beneficio condiviso della società, dei cittadini e dell’industria.
Se da una parte è oggi chiaro che l’Innovazione trova molto spesso il suo fondamento sulla Ricerca, d’altro canto va sottolineato che, in linea di principio, il processo di ricerca di base (Ricerca) e il processo di ricerca applicata e sviluppo
(Innovazione) devono rimanere chiaramente
dissociati:
🡢 La Ricerca di base ha il compito di generare Conoscenza, il cui impatto è difficile da prevedere e quantificare, ma che può essere misurato in termini di integrità;
🡢 L’Innovazione deve generare valore per la Società, gli azionisti e i singoli clienti/consumatori, con impatti che dovrebbero essere ragionevolmente anticipati e quantificati. Rimane intrinseco alla natura stessa dell’Innovazione che tali previsioni
possano essere incomplete o addirittura sostanzialmente errate e, inoltre, non soddisfino tutte le parti interessate.
Occorre ricordare che per integrità nella ricerca si intende l’insieme dei principi e dei valori etici, dei doveri deontologici e degli standard professionali sui quali si fonda una condotta responsabile e corretta da parte di chi svolge, finanzia o valuta la ricerca scientifica.
Ne consegue che nelle imprese manifatturiere l’Innovazione si realizza sostanzialmente attraverso le funzioni di R&D e di Ingegneria di Processo, distinguendosi
in linea di principio dalla Ricerca di Base, attuata soprattutto nelle Università e negli Enti Pubblici con l’obiettivo fondamentale della crescita della Conoscenza, non necessariamente collegata a precise ed immediate ricadute.
1.2 Rilevanza di un Approccio Responsabile
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
L
’adattamento a questi nuovi scenari richiede la capacità di tradurre rapidamente
LA RICERCA RESPONSABILE
i progressi scientifici e tecnologici in innovazioni che generino benefici e valore, non solo per gli azionisti, ma anche per i cittadini e la Società.
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
Fare ciò in modo rilevante, eṀcace e rapido richiede il coinvolgimento precoce di tutte le parti interessate con riflessioni a più livelli, sia per stabilire valori e benefici nell’orientamento di investimenti in ricerca ed innovazione, sia per negoziare trade- off che vengano ben accettati a livello
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
sociale e di comunità e che possano essere implementati senza ostacoli. Non da ultimo, è necessario sviluppare consapevolezza circa le conseguenze di lungo periodo dei risultati di Ricerca ed Innovazione, anche oltre il settore di immediata applicazione.
CONSIDERAZIONI FINALI
Questo significa che il concetto di impatto va affrontato ragionando anche in termini di implicazione e non solo di applicazione dei risultati. In un momento di rivoluzione
industriale e di evoluzioni distruttive è quanto mai necessario un tale approccio riflessivo, anticipatorio e multidisciplinare, al fine di cogliere opportunità ed individuare rischi ad ampio spettro e a lungo termine.
APPENDICE
È quindi necessario che l’intera Società dimostri l’agilità e la preparazione necessaria, e sia in grado di analizzare ed affrontare la questione dell’accettabilità di nuove soluzioni in una fase quanto più precoce possibile,
per evitare colli di bottiglia importanti che inficino la possibilità di raccogliere i benefici resi possibili dai nuovi sviluppi scientifici e tecnologici. Uno dei fattori principali che permette di raccogliere tali benefici ed opportunità è la fiducia che i cittadini nutrono nelle loro istituzioni e organizzazioni sia come motori dell’Innovazione, sia come garanti della tutela e dell’interesse delle persone: esiste un crescente numero di cittadini preoccupati per i valori sociali e timorosi dei possibili rischi che derivano dall’Innovazione continua. Senza linee guida chiare e credibili, il pericolo è che pratiche non corrette alimentino ulteriormente una sfiducia già esistente nei confronti della comunità imprenditoriale, il che potrebbe ostacolare gravemente l’uso della Scienza
e della Tecnologia per sviluppare soluzioni innovative che rispondano ai bisogni della Società apportando reali valori e benefici. In tale ottica, il concetto di Prevention- throught-design (coniato inizialmente negli USA e meglio conosciuto in ambito
Europeo come Safety-by-design), che viene proposto ormai da circa un decennio per la prevenzione dei rischi in ambiente di lavoro e comunque lungo tutto il ciclo di vita dei materiali e dei processi, rappresenta un esempio di approccio metodologico che
tende a minimizzare i rischi a partire dalla fase di progettazione di un’innovazione, ma che per motivi economici e culturali non viene ancora adottato in maniera sistematica.
Come evidenziato dall’OCSE3, è in tale quadro decisamente complesso che un
Approccio Responsabile alle problematiche che miri alla Sostenibilità Complessiva appare il solo in grado di precorrere le esigenze future. D’altra parte tale visione rappresenta
il valore trasversale su cui poggia l’intera programmazione europea di HORIZON 2020. Nello specifico, negli ultimi 10 anni la programmazione europea di “Science with and for Society” ha costituito un punto di riferimento per lo sviluppo dei principi della RRI (Responsible Research and Innovation), la cui evoluzione va ascritta ad autori provenienti sostanzialmente dal mondo accademico e dagli organismi pubblici di Ricerca. Per quanto riguarda invece il mondo imprenditoriale, la Commissione Europea aveva invitato, nel 2002, i Governi degli Stati dell’Unione a definire strategie e iniziative
per la diffusione della cultura della CSR (Corporate Social Responsibility) e della sua applicazione nella pratica.
Nonostante questi interventi, rivolti sia al mondo della ricerca sia a quello industriale, è indubbio che attualmente esistono ancora diverse criticità da superare per tradurre i princìpi condivisi in fatti e comportamenti concreti e reali. Tale stato di cose deriva, a nostro avviso, da alcuni fattori:
🡢 l’insieme “Xxxxxxx e Innovazione” definisce due processi differenti con problemi ed esigenze distinti e non sempre convergenti, mentre nella letteratura RRI, la Ricerca e l’Innovazione sono oggetto di un’analisi simile;
🡢 la percezione media nel mondo imprenditoriale è che implementare la RRI non sia di particolare rilievo per l’industria,
sia perché si utilizza una “tassonomia” che è troppo diversa dalle pratiche correnti,
o perché non pone la giusta attenzione su elementi che l’Industria considera centrali;
🡢 oggi si può senz’altro affermare che i principi della Responsabilità Sociale e quanto ne può derivare in termini di sostenibilità e valore condiviso, siano, quanto meno in linea teorica, acquisiti dal mondo industriale. La CSR è però in generale ancora lontana da una diffusa e profonda integrazione nella cultura
aziendale e, di conseguenza, non ancora assimilata del tutto come azione centrale nello sviluppo e nella attività dell’impresa.
C
1.3 La Situazione Italiana
ome ampiamente illustrato nel precedente paragrafo, il concetto di Sostenibilità complessiva
è ampiamente condiviso a livello dalle organizzazioni più rilevanti a livello internazionale, anche se la sua piena realizzazione richiede tempi certamente non brevi.
A fronte di tale situazione, quale è lo stato dell’arte nel nostro Paese?
Il recente studio (2018) “Empowering Innovation”, condotto da Ayming in partnership con Airi e ANDAF, ci dice come i principali drivers dell’Innovazione (in Italia, Spagna e Portogallo) siano rappresentati nell’ordine decrescente da Digitalizzazione, Modello 4.0 e Sostenibilità Sociale e Ambientale.
Tali indicazioni sono confortate dal più recente rapporto ISTAT4 sulla competitività dei settori produttivi, in cui viene dedicata per la prima volta un’attenzione specifica al tema più generale dello sviluppo sostenibile delle imprese italiane, focalizzando
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
l’attenzione sull’impatto delle loro attività sulle risorse naturali del pianeta e sul benessere delle persone. Dai risultati dell’indagine,
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
su un campione di circa 4.000 imprese manifatturiere, emerge che, tra tutti gli aspetti che caratterizzano la sostenibilità di queste attività, l’impatto ambientale e quello sociale (che va naturalmente oltre gli obblighi di legge) sono quelli più sentiti:
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
quasi il 56 per cento di queste imprese adotta comportamenti per salvaguardare l’ambiente e circa il 49 per cento delle stesse privilegia strategie che tengono conto anche del loro impatto sociale.
Dai dati ISTAT emerge un quadro rappresentato nella Tabella 1.1
CONSIDERAZIONI FINALI
TABELLA 1.1
INDUSTRIA MANIFATTURIERA | N° Imprese |
- Imprese non sostenibili | 202.854 |
- Imprese lievemente sostenibili | 58.180 |
- Imprese mediamente sostenibili | 58.568 |
- Imprese altamente sostenibili | 68.264 |
Fonte: stime su dati ISTAT
APPENDICE
dove il 52,3 per cento del campione delle imprese manifatturiere può essere definito non sostenibile, il 15,0 per cento lievemente sostenibile, il 15,1 per cento mediamente sostenibile e il 17,6 per cento altamente sostenibile. Il loro grado di sostenibilità
aumenta al crescere della loro dimensione in termini di addetti; questa evidenza è spiegabile in parte con l’approvazione della norma che ha obbligato le imprese con 500 e più addetti ad adottare rendicontazioni non finanziarie e a presentarle annualmente alla CONSOB, accanto alla contabilità di tipo economico-finanziario. Parimenti, la conoscenza e l’uso delle certificazioni e delle rendicontazioni finalizzate a mostrare
lo stato di sostenibilità dell’impresa hanno un ruolo molto importante nell’introduzione di pratiche più incisive in questa direzione.
Per vedere se ad un’elevata sostenibilità si associa anche una maggiore competitività, l’ISTAT ha stimato la produttività media d’impresa in funzione dei relativi indicatori: i risultati confermano l’esistenza nelle industrie manifatture di un “premio” in
termini di produttività del lavoro, che cresce all’aumentare del grado di sostenibilità
delle imprese. Rispetto alle imprese con sostenibilità nulla, prese come benchmark di riferimento, quelle lievemente sostenibili
presentano una produttività superiore del 4,5 per cento, quelle mediamente sostenibili del 7,9 per cento e quelle altamente sostenibili del 10,2 per cento. Estrapolando i dati all’universo del manifatturiero, secondo ISTAT si tratta di un sottoinsieme che gravita attorno a 39-40 mila imprese.
Rispetto al tema che ci interessa (quello della loro responsabilità nella ricerca e l’innovazione) appare un dato realistico, considerato pure il fatto che molte di queste imprese fanno già parte di determinate “catene internazionali del valore”, mentre
altre operano in paesi o con concorrenti che impongono l’adozione di determinati standard e livelli di sicurezza dei lavoratori e dei consumatori, o di tipo ambientale.
Tra le imprese che sono orientate ad almeno una delle attività aziendali per lo sviluppo sostenibile, nel 45 per cento dei casi le motivazioni prevalenti nell’adozione di tali comportamenti sono anche quelle legate all’obiettivo di sperimentare e sviluppare progetti innovativi, anche di ricerca, in questo ambito. Se questo è vero, significa che l’universo di quelle che puntano idealmente sull’Innovazione Sostenibile come leva per accrescere il proprio potere di mercato è un sottoinsieme molto più vasto del precedente, forse nell’ordine di 100 mila imprese e oltre. Considerati i dati ISTAT sull’innovazione nelle imprese manifatturiere nel triennio 2014– 2016, che consente di stimare in poco più di 220 mila l’universo di quelle attive su questo fronte, gli scarti tra le due fonti delle rilevazioni e gli errori possibili appaiono davvero poco significativi.
Sono ovviamente dati la cui evoluzione va verificata nel prossimo futuro, se è vero che una parte di queste imprese potrebbe esprimere semplicemente dei “desiderata”,
dall’altro lato ciò non dovrebbe corrispondere solo ad un puro obiettivo di marketing o
di branding, visto che, secondo l’ISTAT, la motivazione a migliorare l’immagine dell’azienda e la reputazione dei propri
marchi riguarda in realtà il 77,6 per cento delle imprese manifatturiere.
Secondo l’ultima edizione del Rapporto sulla
“Bioeconomia in Europa e in Italia”, curato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e ASSOBIOTEC, oggi ammonta a 328 miliardi di euro il valore della produzione dei settori che trattano e utilizzano materie prime rinnovabili di origine biologica, con un ruolo significativo giocato dalla Chimica e dalla Farmaceutica; la bioeconomia impiega circa 2 milioni di addetti in Italia.
Altro aspetto interessante è quello che emerge da alcuni studi di Unioncamere, volti ad individuare imprese di biotecnologie e interessi alla loro acquisizione e sviluppo
non rilevate nell’ambito del Report “BioInItaly 2018”. Tale indagine ci dice, tra l’altro, che queste tecnologie abilitanti hanno una diffusione sempre più rapida nel nostro tessuto produttivo, anche con l’ingresso nel mercato di imprese di piccola dimensione e di start up innovative.
Sul fronte degli aspetti ambientali e dell’Economia circolare in particolare, al di là di quanto già detto in precedenza, i
grandi gruppi, alcune multi–utility e imprese industriali (ENEL, ENI, SNAM, EDISON, HERA,
BARILLA, SOLVAY Specialty Polimers Italy, Xxxxx Xxxxxxxxx, PIRELLI Tyre, etc.) hanno maturato esperienze molto importanti e promettenti sul fronte dalle sostenibilità ambientale del processi produttivi e distributivi, che vanno ben oltre i loro obiettivi di marketing e il rispetto delle norme vigenti.
E forse si aprono prospettive interessanti per creare un mercato più aperto e
trasparente delle materie prime seconde e dei sottoprodotti derivanti dalle caratteristiche dei cicli produttivi, partendo dall’agroalimentare
per finire all’arredamento. Ciò consentirebbe di superare i limiti degli approcci agli scambi del tipo one–to–one, che dovrebbero partire invece dalla ricognizione della domanda effettiva delle imprese localizzate in ambiti territoriali specifici (distretti industriali e vaste aree industriali o commerciali). In questo quadro, l’applicazione di standard di qualità delle materie e dei sottoprodotti scambiati secondo le norme tecniche (ovvero gli standard) condivise a livello nazionale (UNI) ed europeo (EN) è fondamentale.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
Questa visione di un Paese che può contare su una base significativa di Imprese inserite in un “mondo aperto”, è d’altra parte confermata dai dati della Banca d’Italia, per i quali nel
2017 il saldo complessivo della bilancia dei pagamenti tecnologica (BPT) è risultato positivo per il sesto anno consecutivo, con una somma pari a 1,8 miliardi di euro, un livello mai raggiunto in precedenza.
Dopo un lungo periodo di saldi negativi, il miglioramento del saldo è stato trainato, tra il 2012 e il 2014, dall’aumento dell’avanzo dei servizi di R&D e, nel successivo triennio, dalla riduzione del deficit nei compensi per l’uso della proprietà intellettuale; nel 2017 è inoltre tornato in surplus il saldo dei servizi con contenuto tecnologico, in particolare quelli
relativi ai servizi di architettura e di ingegneria. La bilancia tecnologica è ancora in passivo nei confronti dei paesi europei, ma attiva
nei confronti tutte le altre aree del mondo, compresi gli Stati Uniti.
Per quanto detto in precedenza, le varie indagini condotte in quest’ultimo biennio ci suggeriscono che il sistema italiano abbia
tutte le credenziali per poter entrare da protagonista nel percorso che porta allo sviluppo di una Innovazione Moderna e Responsabile. È un percorso sicuramente non breve in senso generale e che, nello specifico, impone al nostro Paese di mettere in atto tutti quegli strumenti per far compiere un deciso balzo in avanti in termini di Innovazione potendo contare su un sistema culturalmente maturo per affrontare le nuove sfide.
Mentre le strategie e le azioni delle Medio- Grandi Imprese emergono in maniera chiara dai ben noti Bilanci di Sostenibilità, abbiamo voluto raccogliere nell’Appendice a questo Report una serie di testimonianze provenienti da Istituzioni pubbliche e PMI a dimostrazione di quanto oggi il concetto di Sostenibilità Complessiva sia importante per il Sistema Ricerca e Innovazione Nazionale.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO | LA RICERCA RESPONSABILE | L’INNOVAZIONE RESPONSABILE | LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA | CONSIDERAZIONI FINALI | APPENDICE |
Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia > 19
REPORT
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
20 < Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia
I
2.1 Il Significato di Responsabilità nella Ricerca
nnanzitutto vogliamo ricordare che la Ricerca di base,
sviluppata essenzialmente nelle Università e negli Enti Pubblici
con l’obiettivo fondamentale della crescita della Conoscenza, non è strettamente legata a precise ed immediate ricadute e, quindi, il suo livello di Responsabilità può essere ricondotto ad un discorso di Integrità complessiva che rende la Conoscenza sviluppata sicuramente affidabile. Di cosa parliamo quando ci riferiamo alla Integrità della Ricerca? Certo la risposta non è facile e, d’istinto, ci
verrebbe di dire che è quella ricerca
esente da elaborazioni, falsificazioni e plagio. Ci sembra pertanto utile fare riferimento a due documenti precedentemente elaborati.
In sede europea, lo “European Code of Conduct for Research Integrity” (2017) definisce l’Integrità sulla base di quattro elementi essenziali: aṀdabilità (assicura una ricerca di qualità); onestà (nella fase di ricerca e di comunicazione dei risultati della stessa); rispetto (verso colleghi, società ed
ambiente in senso generale) e responsabilità. A livello italiano, il CNR aveva elaborato precedentemente (2015) “Le Linee Guida
per l’Integrità nella Ricerca” in sintonia con le esigenze internazionali ed europee, e nelle quali, tra gli aspetti essenziali del concetto di Integrità, figurano responsabilità, correttezza,
dignità, equità e diligenza.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
Se d’altra parte è vero che viviamo il periodo della Economia della Conoscenza, appare logico che, sin dalle prime fasi preparatorie del lancio di Horizon 2020, la Commissione Europea abbia iniziato il proprio sforzo definitorio per inserire la Responsabilità all’interno dei processi connessi alla filiera:
RICERCA
|
INNOVAZIONE
|
MERCATO
|
SFIDE SOCIALI
L’intento era passare dal concetto di public awareness, che mirava di fatto solo a informare gli stakeholder, a quello di Science with and for society, riconoscendo la Società (intesa nell’accezione ampia di forza produttiva, cittadinanza, policy maker) come soggetto non solo interessato a conoscere o utilizzare i risultati della ricerca scientifica
e dell’innovazione, ma come protagonista dell’agenda scientifica.
È da questo approccio che nasce la prima definizione europea di RRI, in cui
l’accento veniva posto sulla necessità di una collaborazione tra tutti gli attori sociali, in tutte le fasi del processo di ricerca e innovazione, al fine di allineare il processo medesimo
ed il suo impatto con i valori, i bisogni e le aspettative della società europea. La RRI rappresentava e rappresenta, dunque, un modello di policy per la Ricerca, fondato sui
bisogni sociali e sul coinvolgimento della società attraverso strumenti e prospettive inclusivi e partecipati in tutte le fasi dei processi di ricerca. Per dare forma a questo nascente paradigma furono individuati sei pilastri fondativi della RRI:
🡢 Public engagement, per coinvolgere la società nelle attività di ricerca e innovazione;
🡢 Gender equality, per assicurare la parità di genere sia nelle carriere sia nei contenuti della ricerca;
🡢 Science education, per accrescere le attività formali ed informali di educazione scientifica sia nelle istituzioni di ricerca che presso la società;
🡢 Open access, per democratizzare l’accesso alla conoscenza e ai risultati scientifici;
🡢 Ethics, per inserire la dimensione etica nei processi di ricerca e innovazione;
🡢 Governance, come pilastro trasversale capace di integrare gli altri cinque nella definizione di un modello di governance della scienza.
A questi primi elementi fondativi ne sono stati aggiunti altri due nel 2015:
🡢 Social justice/Inclusion, per evitare esclusioni inique di specifici gruppi dalla partecipazione al processo di ricerca e/o dall’accesso ai risultati della ricerca;
🡢 Sustainability, per far emergere e valorizzare il contributo delle iniziative in ambito di ricerca e di RRI al principio di crescita sostenibile come definito dalla strategia Europa2020.
Oggi, grazie anche alle numerose pubblicazioni scientifiche e ai risultati di molti progetti di ricerca, il dibattito sulla RRI rimane molto vivace e prosegue nello sforzo di definire un approccio, che per le sue molteplici implicazioni e potenzialità, riesce a cogliere un composito nucleo di elementi relativi al futuro della Ricerca pubblica. In particolare, in un report della Commissione Europea, la RRI è stata definita un approccio completo alla ricerca e innovazione, tale da includere sin dal principio tutti i potenziali stakeholder del processo di ricerca e innovazione (R&I) per generare conoscenza e consapevolezza diffuse sugli impatti della Scienza, sulle sue implicazioni sociali e morali anche al fine di definire nuovi servizi e prodotti.
Passando da Xxxx Xxx Xxxxxxxxx ad Xxxx, la RRI viene intesa come un impegno collettivo di attenzione al futuro attraverso
la gestione responsiva e responsabile della Scienza e dell’Innovazione nel presente
e, quindi, ha tre caratteristiche in perfetta integrazione e continuità con il quadro valoriale di riferimento europeo:
🡢 Governance democratica della ricerca per orientare i suoi scopi verso il “giusto” impatto;
🡢 Integrazione e istituzionalizzazione di approcci di R&I deliberativi, riflessivi ed anticipatori tali da orientare le politiche sul tema;
🡢 Responsabilità come elemento della R&I, intesa come azione collettiva e dagli esiti non determinati in partenza.
Ne consegue che la RRI finisce per connotarsi attraverso cinque dimensioni fondamentali:
🡢 Dimensione anticipatoria, relativa agli impatti generati e alle implicazioni sociali, politiche ed ambientali della R&I;
🡢 Dimensione riflessiva, rappresentata
dalla capacità degli attori della filiera della ricerca di interrogarsi sulle proprie pratiche e visioni consolidate e sui propri limiti alla conoscenza;
🡢 Dimensione deliberativa, intesa come
la possibilità degli attori sociali di essere parte dei processi deliberativi;
🡢 Dimensione responsiva, espressa
dalla possibilità d’integrazione e istituzionalizzazione delle dimensioni succitate al fine di definire politiche sulla R&I;
🡢 Dimensione della trasparenza,
rappresentata dalla disponibilità dei dati, anche in formato aperto, per favorire l’accesso all’informazione in materia di politiche pubbliche.
Si può quindi affermare che il futuro della RRI è strettamente connesso ad una visione per la quale la responsabilità è in primis
una questione di policy della Ricerca che, in quanto tale, non può esclusivamente far riferimento ai contenuti scientifici dei processi di ricerca e innovazione, ma deve
sostanziarsi in reali momenti di cambiamento istituzionale.
La questione preliminare da affrontare risiede, dunque, nella possibilità di mostrare che ricerca e innovazione responsabili non siano soltanto “giuste” perché portatrici di
un indiscutibile ethos tale da connotare positivamente la filiera stessa della ricerca, ma siano “utili” sia per i ricercatori sia per la governance universitaria, poiché possono generare un cambiamento istituzionale capace di un’azione migliorativa in diversi ambiti della vita accademica: dalle politiche di reclutamento alla terza missione, dalla
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
produzione e diffusione della conoscenza alla reputazione degli atenei.
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
Non di meno, per un’adozione utile e consapevole della RRI all’interno degli organismi di ricerca, è necessario considerare la ricerca medesima non come un’idea astratta, bensì come il lavoro quotidiano
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
di individui (i ricercatori, appunto) immersi in un contesto che offre opportunità, ma che ha anche molti limiti. Se la RRI riesce ad impattare su questi limiti, allora può dirsi eṀcace e significativa.
Accanto a quanto sta emergendo in ambito europeo, esiste un significativo movimento internazionale, a carattere globale, che promuove l’integrazione tra scienza e società e, soprattutto, l’affermazione di
CONSIDERAZIONI FINALI
una Governance della ricerca capace di influire sulle policy sovranazionali. In
questo contesto, va sicuramente ricordato lo Scientific Advisory Board del Segretario Generale delle Nazioni Unite, che ha il compito di fornire all’ONU consulenze
APPENDICE
su scienza, tecnologia e innovazione per lo sviluppo sostenibile. In uno dei più recenti incontri (Trieste 2016) il Board
ha discusso dei rapporti tra saperi locali, tradizionali e conoscenza scientifica, e sull’implementazione dell’Agenda 2030
per lo sviluppo sostenibile, con particolare riferimento alla sicurezza alimentare e alla salute. Proprio i Sustainable Development Goal (SDGs) delle Nazioni Unite rappresentano un interessante esempio di policy mutualmente dipendente dalla ricerca e che condivide con la RRI una
serie di elementi-chiave tra cui l’attenzione all’uguaglianza di genere, all’educazione, all’inclusione e all’innovazione.
Inoltre, nel cammino ideale che collega scienza, società e policy, va sicuramente incluso il lavoro svolto dal Science Center World Summit, un “evento-rete” che ogni 3 anni fa incontrare i principali organismi per la divulgazione scientifica provenienti da oltre 50 Paesi. L’edizione 2017 è stata dedicata al ruolo della scienza e della ricerca nell’implementazione degli SDGs basata su tre principali focus tematici: I) Global Sustainability; II) Co-design for Transformation; III) Personal Engagement in Science. Tale Summit è soprattutto noto per aver lanciato, nel 2008, la Toronto Declaration, uno dei primi documenti sulla
Governance della scienza e sulle possibilità che questa possa avere impatto sulle politiche globali. Tra i punti salienti della dichiarazione è possibile menzionare:
🡢 la possibilità che la scienza possa contribuire al benessere globale;
🡢 il diritto di accesso alla conoscenza e al sapere scientifico;
🡢 il ruolo della scienza nel superamento delle barriere culturali, fisiche, sociali, geografiche, ed economiche;
🡢 la promozione del dialogo con i cittadini
nelle questioni scientifiche;
🡢 il contributo nella definizione di uno scenario futuro fondato sulla
partecipazione dei cittadini a questioni di rilievo quali la consapevolezza ambientale, l’educazione scientifica e l’innovazione.
In definitiva, dobbiamo, dunque, far riferimento a una comunità scientifica internazionale protesa verso la definizione di un nuovo ruolo della Ricerca e della Scienza all’interno della società. Pensiamo che per una definitiva affermazione di tale movimento globale (ancorché rivelatore di una nuova sensibilità) sia necessario superare alcune criticità di fondo elencate di seguito:
🡢 un’eccessiva attenzione al rapporto con gli stakeholder esterni (public engagement)
a discapito di una riflessione interna agli organismi di ricerca;
🡢 un’idea di Governance “astratta” e non calata nelle dinamiche istituzionali;
🡢 una visione di sviluppo non supportata da una metodologia di indagine e priva di un sistema di misurazione dell’impatto.
I
2.2 Open Science
l fenomeno della globalizzazione ha attratto e continua a farlo l’interesse di molti, soprattutto in virtù
delle molteplici conseguenze e dei fenomeni da esso derivanti, che inftuenzano gran parte degli aspetti della realtà odierna (economia, scienza, cultura, benessere, salute,
sicurezza dei cittadini, ecc.).
La Scienza sembra essere oggi fortemente influenzata dagli effetti della globalizzazione. La globalizzazione sociale, culturale ed economico-finanziaria è riuscita a mutare non solo i confini, ma anche le intrinseche caratteristiche del metodo e dei contenuti della ricerca scientifica. Il successo e la diffusione delle tecnologie dell’ICT ha avuto un impatto notevole sulla Scienza, che tende a divenire più aperta, collaborativa e globale. La diffusione e l’utilizzo capillare
di tools web-based, che facilitano la collaborazione scientifica, hanno determinato un ampliamento della condivisione e dell’accesso alla conoscenza, in tutte le fasi del processo della ricerca scientifica.
In questo contesto, l’Open Science rappresenta un nuovo approccio al processo scientifico basato sul lavoro cooperativo tra tutti principali attori della R&S (ricercatori, cittadini, imprese, istituzioni accademiche
e di ricerca, funder e policy maker, ecc.) e una nuova via per la condivisione e l’accesso alla conoscenza attraverso l’utilizzo diffuso e capillare di tecnologie digitali e di tools collaborativi. L’Open Science pone l’accento sulla necessità primaria di condividere
e rendere accessibili (in modo aperto, comprensibile e trasparente) metodologie, conoscenze, processi e strumenti, sin dalle prime fasi del processo della scoperta scientifica. Si tratta quindi di un cambiamento sistemico delle modalità di fare ricerca e di organizzare la scienza, il quale comporta
(in termini di comunicazione scientifica) uno spostamento del focus dalle pratiche
tradizionali di pubblicazione dei risultati della ricerca verso la condivisione e il riutilizzo di tutte le conoscenze disponibili in uno stadio precoce del processo della ricerca.
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COME DEFINIRE L’OPEN SCIENCE
Esso è un termine ombrello che ha assunto negli ultimi anni un ruolo di rilievo nel dibattito scientifico, seppure esprima valori che dovrebbero essere alla base del modo naturale in cui si porta avanti l’attività scientifica e si fa scienza.
Negli ultimi quindici anni, l’Open Science è divenuta una delle parole più in voga nella comunità scientifica ed è stata ed è
utilizzata dalle diverse comunità scientifiche e dai differenti attori della ricerca per studiare e affrontare tematiche e questioni estremamente eterogenee, che spaziano dall’affermazione del diritto democratico dell’accesso aperto ai prodotti della ricerca finanziata con fondi pubblici (Open Access,
Open Research Data, Open Code) alla richiesta di coinvolgere attivamente i cittadini “non addetti ai lavori” nei processi della ricerca, rendendo questi ultimi accessibili, trasparenti, comprensibili e partecipativi (Citizen Science).
Il dibattito ha posto nel tempo l’accento su differenti aspetti dell’apertura della Scienza, in quanto espressione di approcci culturali e scientifici assai diversificati:
La Scuola Democratica identifica l’Open Science (OS) come una leva per una più equa distribuzione della conoscenza attraverso l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche e ai dati. La Scuola Pragmatica
pensa, invece, che la creazione della conoscenza sia più eṀciente se avviene attraverso la collaborazione e rendendo il processo il più eṀcace e trasparente
possibile, attraverso lo sviluppo di approcci, metodologie e strumenti aperti e condivisi. La Scuola Infrastrutturale pone l’accento sulla componente tecnologica della ricerca. Lo sviluppo e l’ampio utilizzo di Infrastrutture, piattaforme ed ecosistemi digitali di ricerca, aperti, interoperabili e collaborativi, rappresenta, al contempo, lo strumento e l’obiettivo fondamentale per favorire l’apertura della scienza. La Scuola Pubblica ha come centro di interesse l’accessibilità e la partecipazione pubblica ai processi di creazione della conoscenza, attraverso le tecnologie, gli strumenti e i canali di comunicazione del social web
e del Web 2.0. La scienza deve essere accessibile anche ai non addetti ai lavori. In quest’ambito si possono inoltre distinguere due tendenze, che pongono l’accento da un lato sull’esigenza di apertura dei processi della ricerca, attraverso un coinvolgimento graduale, più o meno attivo, dei non esperti (citizen science) e dall’altro sulla necessità di rendere le attività e i risultati della ricerca
trasparenti e comprensibili per i cittadini (open scholarly communication). Infine, la Scuola della Misurazione focalizza l’attenzione
sullo sviluppo e l’utilizzo di standard e sistemi alternativi per la misurazione dell’impatto – altmetrics - delle diverse tipologie di prodotti della ricerca (dai dataset, ai blog scientifici,
ai prodotti intermedi, sino ad arrivare alle pubblicazioni scientifiche). Tali sistemi devono
tener conto dei mutamenti e dell’evoluzione delle modalità, dei canali e dei prodotti della comunicazione scientifica digitale propri del Social Web.
Le 5 scuole di pensiero sopra enunciate non danno una definizione completa del concetto di Open Science, ma di sicuro riescono a toccare in maniera complementare molti degli aspetti espressi da questo termine. Per riassumere, è possibile affermare che l’Open Science punti a garantire i seguenti obiettivi:
🡢 Accesso pubblico e piena trasparenza della comunicazione scientifica;
🡢 Accesso pubblico, disponibilità e riusabilità dei dati scientifici;
🡢 Trasparenza nella metodologia degli esperimenti, nella osservazione e nella raccolta dei dati;
🡢 Completa collaborazione scientifica.
Nel cercare di garantire tali obiettivi, diventa necessario che si svolgano alcune azioni che sono da considerarsi propedeutiche:
🡢 Rafforzare il dialogo tra scienza e società;
🡢 Collegare gli scienziati ai policy maker;
🡢 Sviluppare infrastrutture e servizi digitale a favore dell’Open Science;
🡢 Cambiare gli strumenti legali e i requisiti politici per la scienza aperta.
GLI EFFETTI DELL’APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DI OPEN SCIENCE
L’Open Science può sicuramente aiutare il
mondo scientifico ad affrontare tre importanti sfide poste dallo scenario attuale.
La prima sfida è la crisi della riproducibilità dei risultati scientifici raggiunti. Per alcuni
settori della ricerca un risultato su due non è replicabile, mentre (nel migliore dei casi) i risultati raggiunti sono sovrastimati. In uno studio, condotto dal Center for Open
Science, in 100 prove di replicazioni di studi nel campo delle scienze psicologiche solo il 36% di queste ha dato risultati in linea
con quanto espresso nella pubblicazione scientifica. Da non sottovalutare nemmeno l’effetto file drawer: fenomeno che spinge a pubblicare solo quello che funziona. Quello che non funziona finisce nel “cassetto della scrivania” con l’aumento di casi di falsi positivi. Un secondo nodo sono i costi di accesso.
Le università e centri di ricerca sono chiamati in primis a pagare un conto salatissimo per garantire ai propri ricercatori l’accesso alle maggiori riviste scientifiche.
Ma quella del paywall non è soltanto una barriera al trasferimento della conoscenza scientifica tra pari, all’interno del mondo accademico, ma costituisce un limite al processo di trasferimento dell’innovazione e comunicazione scientifica tutta: Centri di ricerca privati, aziende, piccole e medie imprese, pubbliche amministrazioni, ONG, associazioni e cittadini infatti non possono beneficiare della conoscenza – spesso
finanziata da fondi pubblici - se non a fronte di costi significativi.
Una terza sfida è la metrica utilizzata per valutare l’attività scientifica: l’impact factor. Quest’ultimo, che si riferisce alla rivista e non al singolo articolo, è una media (non misura nulla) e coglie solo l’impatto dentro l’accademia. I limiti sono evidenti, eppure è
ancora largamente diffuso sebbene siano stati
descritti in letteratura diversi casi di anomalie, tra le quali la correlazione tra impact factor e retraction index.
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APPENDICE |
È in questo scenario che risulta evidente il valore dell’Open Science nelle sue molteplici declinazioni. Adottare una filosofia open permette infatti di superare agevolmente le barriere prima descritte.
L’Open Access e l’Open Data garantiscono, per esempio, un pieno e gratuito accesso sia alle pubblicazioni scientifiche, sia ai dati scientifici. I vantaggi sono evidenti, in termini di trasparenza, diffusione della conoscenza, e massimizzazione dell’impatto della
conoscenza generata. Anche il trasferimento dell’innovazione in quest’ottica risulta agevolato. Basti pensare ad una PMI (tra i maggiori beneficiari di una possibile politica open) che agevolmente e senza pagare il paywall riesce a identificare in letteratura lo stato dell’arte in merito ad un determinato processo, e magari contattare il ricercatore di un dato processo per richiedere la sua implementazione nel ciclo produttivo
dell’azienda. Il tutto senza pagare le quote dei numerosi articoli consultati prima di trovare appunto quello giusto.
In realtà tutta la filosofia Open può essere applicata all’intero processo di generazione di conoscenza scientifica e, in questa prospettiva, si stanno diffondendo concetti
come l’Open Methodology e l’Open reviewed (in cui le identità degli autori e dei revisori sono rivelate l’una all’altra). Aprire per es.
la valutazione e renderla Open, significa garantire maggiore trasparenza nel processo di valutazione e spesso i commenti del
valutatore sono di reale valore aggiunto alla comunità tutta.
OPEN SCIENCE E OPEN INNOVATION: UN COLLEGAMENTO STRATEGICO IN UNA VISIONE INTEGRATA
È ormai convinzione comune e consolidata
che scienza, tecnologia e innovazione abbiano assunto negli ultimi anni una funzione fondamentale in molti settori della politica internazionale, fornendo strumenti utili per comprendere i rischi e i benefici delle diverse scelte politiche che impattano, a livello mondiale, su ambiente, cultura, società, economia e finanza, offrendo, inoltre, tools innovativi per intervenire
in modo eṀcace sulle complesse e interconnesse dinamiche ambientali, culturali, sociali ed economico-finanziarie, sia a livello nazionale che internazionale.
Per tali ragioni, Ricerca e Innovazione rappresentano una componente strategica delle politiche tematiche europee. Nella visione continentale, esse svolgono ad es. un ruolo centrale per lo sviluppo del Mercato Unico Digitale (Digital Single Market), che
consentirà all’industria e ai cittadini europei di trarre il massimo vantaggio dallo sviluppo e dall’utilizzo diffuso dei dati della ricerca e delle tecnologie ICT.
Tutti i cambiamenti in atto facilitano lo sviluppo di un nuovo modello open per la ricerca scientifica, sempre più basata su collaborazioni aperte di tipo inter-multi- disciplinare, sia che si perseguano scopi di conoscenza fondamentale, sia che si
affrontino tematiche più direttamente legate
all’Innovazione.
La visione della UE sull’Open Science, così come è stata definita in questi ultimi anni, sembra essere fortemente influenzata dalla necessità di utilizzare l’apertura della scienza non solo come elemento determinante per la crescita scientifica e culturale europea, ma soprattutto come fattore abilitante e propedeutico per una crescita diffusa in termini economici e di innovazione.
L’Open Science diviene così abilitante per lo sviluppo di sistemi aperti di Innovazione: la condivisione della conoscenza, la
scelta condivisa degli aspetti su cui focalizzare la ricerca, la messa in comune di risorse, infrastrutture, outcome e output, rappresentano elementi fondamentali per abilitare e incrementare i flussi di quella conoscenza che sono alla base dei processi di Innovazione.
Dall’altro lato, l’Open Innovation rappresenta quella connessione, teoricamente necessaria, che può permettere alla conoscenza prodotta dalla scienza di trasformarsi rapidamente
ed eṀcacemente in innovazione. Ciò vuol dire, dunque, che le Università e i Centri di ricerca conserverebbero il primato nella produzione di nuova Conoscenza, mentre la ricerca sull’applicazione della stessa si trasformerebbe in uno sforzo distribuito tra il settore pubblico e quello privato, in tutte le sue declinazioni, tramite appropriati modelli
di business e strategie di tutela della proprietà intellettuale, che consentirebbero di portare l’innovazione sul mercato e di creare valore. In termini di politiche per l’innovazione,
la Commissione mira a garantire che le
condizioni generali (framework conditions), necessarie per lo sviluppo di un sistema innovativo aperto, siano definite e attuate a livello europeo e nazionale.
In questo contesto l’ampia circolazione e l’accesso aperto ai risultati della ricerca, in particolare a quelli finanziati con fondi pubblici, viene ad assumere un ruolo prioritario per il progresso economico e sociale europeo. L’accesso aperto alle
conoscenze scientifiche consente, infatti, di migliorare l’intero ciclo della comunicazione e dell’informazione scientifica e, in tal modo, contribuisce a razionalizzare i processi e gli investimenti della ricerca; ad accrescere la qualità dei risultati; a diffondere la conoscenza scientifica, consentendone un riutilizzo più diffuso e consapevole anche da parte della società civile e, in particolar modo, delle PMI maggiormente innovative, innescando di conseguenza una velocizzazione dei processi di Innovazione.
OPEN SCIENCE E OPEN ACCESS:
LE POLITICHE EUROPEE
In questo scenario Open, va comunque sottolineato che per la Commissione Europea rimane essenziale garantire che la proprietà intellettuale sia tutelata prima che la conoscenza sia resa disponibile pubblicamente, al fine di attirare successivi
investimenti che possano aiutare a tradurre i risultati della ricerca in innovazione. L’obiettivo è quello di creare un quadro normativo europeo condiviso e armonizzato, favorendo al contempo lo sviluppo condiviso delle eccezioni previste dal copyright per la libera
circolazione delle pubblicazioni scientifiche, dei dati e dei principali prodotti della ricerca pubblica. In accordo con le priorità politiche europee, la Commissione Europea ha definito quindi una piattaforma politica per supportare e favorire l’apertura della scienza, lanciando
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
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CONSIDERAZIONI FINALI |
la European Open Science Policy Platform
e la European Open Science Agenda, che costituiscono la base per l’elaborazione delle strategie e delle politiche europee a favore dell’Open Science (OS).
I potenziali interventi si basano sulla previsione che l’OS porterà a una scienza migliore, rendendola più credibile (scientific integrity), più aṀdabile (attraverso una migliore e più trasparente verifica dei dati), più eṀciente (evitando la duplicazione di risorse e investimenti) e capace eṀcacemente di rispondere alle sfide sociali.
La European Open Science Policy Platform individua, quindi, cinque linee di azione per supportare lo sviluppo dell’OS in Europa:
🡢 promozione e creazione di incentivi per l’OS, sostenendola nell’ambito di
APPENDICE
programmi di educazione e formazione scientifica, promuovendo best practices e nuovi sistemi di valutazione, favorendo l’inserimento e l’integrazione dei knowledge producers in un ambiente caratterizzato da una maggiore apertura della scienza verso i cittadini (citizen science). La tematica investe anche la qualità e l’integrità della ricerca e il suo impatto;
🡢 rimozione delle barriere che ostacolano lo sviluppo dell’OS, attraverso nuovi sistemi di premialità e di incentivazione
per i ricercatori attivamente coinvolti e mediante una revisione/ripensamento dei meccanismi che regolano le carriere accademiche e di ricerca;
🡢 integrazione e promozione delle politiche per l’Accesso Aperto ai dati della ricerca e alle pubblicazioni scientifiche;
🡢 sviluppo delle infrastrutture di ricerca verso e per l’OS, al fine di migliorarne la gestione, l’accesso e la governance, mediante lo sviluppo di un framework condiviso per i dati della ricerca e la
creazione di un European Open Science Cloud;
🡢 integrazione dell’OS nella società, come driver socio-economico, affinché la scienza sia più reattiva e capace di rispondere alle aspettative sociali ed economiche.
Ne derivano otto topics, che costituiscono il nucleo essenziale della European Open Science Agenda (al momento in fase di definizione):
🡢 nuovi sistemi di premialità per i ricercatori impegnati nell’OS, in termini di carriere, finanziamenti e riconoscimenti scientifici (rewards);
🡢 nuovi sistemi e metriche alternative per misurare l’impatto e valutare la qualità dei prodotti della ricerca, che tengono conto dei cambiamenti e dell’evoluzione dei sistemi e dei canali della comunicazione scientifica digitale caratteristici del Social Web (altmetrics);
🡢 infrastrutture digitali, sistemi e servizi condivisi e interoperabili a supporto della
scienza aperta (Open Science Cloud);
🡢 accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche attraverso una trasformazione degli attuali modelli di business editoriali (changing business models for publishing);
🡢 integrità della ricerca (research integrity);
🡢 citizen science;
🡢 open education and skills;
🡢 FAIR data (Findable, Accessible, Interpretable and Re-usable data).
In questo contesto generale, la politica europea per l’apertura della scienza prevede lo sviluppo di specifici interventi per sostenere e incentivare le pratiche, gli standard e le iniziative finalizzate a garantire l’integrità
della ricerca (Research Integrity). Il controllo dell’integrità della ricerca costituisce un tema centrale nell’ambito dell’Open Science, in quanto rappresenta uno strumento eṀcace, insieme all’apertura, condivisione
e ri-usabilità dei prodotti scientifici, per promuovere e favorire la replicabilità/ ripetibilità e la riproducibilità della ricerca. La Research Integrity (RI) è una componente fondamentale della scienza, in quanto costituisce la base su cui si crea e si fonda la fiducia e la credibilità dell’intero sistema della ricerca scientifica.
La RI, considerata dalla Commissione Europea come un prerequisito essenziale dell’eccellenza scientifica, dovrebbe supportare l’apertura della scienza, promuovendo comportamenti finalizzati ad un migliore accesso e condivisione dei
dati disponibili, incrementando il rapporto di
fiducia tra scienza e società, ottimizzando, in questo modo, i ritorni sugli investimenti europei in ricerca e innovazione. Essa costituisce pertanto una delle priorità delle politiche europee dell’apertura della scienza.
COME INTERVENIRE NEL CONTESTO DELL’OPEN SCIENCE
Secondo la Commissione Europea,
l’attuazione di una politica sistemica a supporto dell’OS e dell’integrità della ricerca, basata su una programmazione degli interventi caratterizzata da un approccio bottom up, stakeholder-driven e multi- livello (internazionale, europeo, nazionale e
istituzionale), potrebbe favorire e accelerare il progresso scientifico e culturale, nonché una crescita diffusa dell’Unione Europea in termini sociali, economici e di innovazione.
I benefici conseguibili rappresentano sfide che devono concretizzarsi in obiettivi chiave dell’intero sistema della R&S, mirati alla soluzione di numerosi problemi complessi e trasversali, come ad esempio il miglioramento dei modelli comunicazionali tra le differenti comunità scientifiche e i diversi attori dell’intero sistema.
AṀnché i benefici conseguenti all’apertura della Scienza risultino effettivamente realizzabili, sarebbe preliminarmente necessario favorire lo sviluppo di un ambiente (ecosistema) comune per la condivisione
di principi, criteri, metodologie, linguaggi e pratiche, definendo:
🡢 un framework concettuale e una metodologia (Reference Framework);
🡢 i processi fondamentali del sistema della
R&S su cui agire a molteplici livelli e in diversi ambiti;
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
🡢 un linguaggio comune tra i differenti stakeholder e le diverse comunità di ricerca che possa superare le peculiarità delle singole entità (istituzioni / imprese / persone) e dei gruppi di entità (comunità disciplinari e/o nazionali, gruppi e reti
di ricerca, organizzazioni nazionali e internazionali, ecc.).
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
Il Reference Framework in cui inquadrare l’OS è complesso ed eterogeneo e presenta una molteplicità di aspetti:
🡢 multidimensionalità: riguarda diversi scenari e settori in cui sono definiti e si sviluppano le strategie, le azioni e
i processi, a vari livelli (macro, meso, micro);
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
🡢 interdisciplinarità e multidisciplinarità
delle tematiche e dei problemi;
🡢 diacronia: contraddistingue i differenti fenomeni e le loro relazioni reciproche.
CONSIDERAZIONI FINALI
APPENDICE
L’approccio multi-dimensionale, inter- disciplinare, multi-disciplinare e diacronico, che caratterizza il metodo da adottare nell’ambito del Reference Framework, risulta decisivo sia per individuare correttamente gli attori (chi), le azioni (che cosa), i contesti, le regole e gli strumenti (come), le dinamiche temporali (quando); sia per acquisire una visione ampia e completa dei fenomeni in gioco.
A tale scopo sembra pertanto necessario:
🡢 definire una metodologia di tipo olistico e adattivo da utilizzare nelle attività di
analisi, definizione, programmazione, organizzazione e attuazione di interventi mirati all’apertura della scienza e dell’innovazione;
🡢 analizzare, identificare e mappare sistematicamente i diversi stakeholder (ricercatori, policymaker, organismi di valutazione, ICT e information specialist, istituzioni, organizzazioni, imprese,
etc.) allo scopo di disporre di tutti gli elementi informativi utili a valorizzare adeguatamente expertise, relazioni, ecc.;
🡢 analizzare e strutturare sistemi di conoscenza dei differenti contesti culturali e comunicativi, individuandone le pratiche, le norme e i comportamenti (formali e informali); gli approcci, i processi, i canali informativi e i diversi linguaggi tecnici e scientifici (technical jargon);
🡢 analizzare, individuare e strutturare modelli organizzativi e strumenti normativi per la promozione e gestione ottimale dei processi a favore dell’OS e dell’integrità della ricerca;
🡢 definire e sviluppare interventi culturali, formativi e tecnico-tecnologici multi- dimensionali per rendere trasparenti i processi di produzione e gestione di dati e informazioni, rendere efficaci i sistemi di sviluppo di tool web-based, da utilizzare nelle attività di programmazione, pianificazione, regolamentazione
e gestione delle iniziative di ricerca e innovazione, nei diversi ambiti di applicazione e a vari livelli di coinvolgimento degli stakeholder;
🡢 monitorare sistematicamente lo stato di attuazione degli interventi e la loro efficacia a vari livelli (macro, meso,
micro), attraverso sistemi di misurazione e valutazione ex ante, in itinere, ex
post (livello macro: political, economic, cultural, social, scientometric and technological analysis; livello meso: scientometric, organisational, economic, financial analysis, audit, process monitoring, analysis of knowledge transfer, etc.; livello micro: knowledge management, performance, soft skill, target and context indicators, etc.);
🡢 ottimizzare i diversi processi di valutazione mediante la loro integrazione armonizzata nelle diverse fasi della ricerca e dell’innovazione (ex-ante, in itinere, ex post);
🡢 verificare la correlazione costante, contestualizzata degli interventi e il loro grado di integrazione e sostenibilità nel medio e lungo periodo.
Xxxxxxxx concludere sottolineando che all’opposto dell’Open Science non c’è la “Scienza Chiusa”, ma più probabilmente un modo di fare scienza non corretto. Si è diffusa infatti nell’ambiente l’espressione “il contrario di scienza aperta non è scienza chiusa, ma scienza cattiva”. Sulla base di quanto detto, ritorna attuale una frase di
Xxxxxx del 2015 “Open science describes the practice of carrying out scientific research
in a completely transparent manner, and making the results of that research available to everyone. Isn’t that just ‘Science’?”
C
2.3 Education e RRI
oinvolgere studenti e insegnanti nel riftettere sul ruolo della ricerca e dell’innovazione (R&I)
favorisce interazioni sostenibili tra scuole, ricercatori, industria e organizzazioni della società civile,
sia nell’apprendimento formale che informale.
L’integrazione dei principi della RRI nelle attività di insegnamento e apprendimento supporta la multidisciplinarietà e un maggiore coinvolgimento degli studenti, nonché l’acquisizione da parte degli studenti del pensiero critico e delle abilità di apprendimento collaborativo. Xx prepara anche a fare scelte informate e basate
sull’evidenza sul futuro della società. Inoltre, la reattività e l’adattamento al cambiamento, due dimensioni del processo RRI, possono essere viste come abilità fondamentali per gli individui se devono essere preparati per la crescente complessità del nostro mondo. In questo senso, una prospettiva generale sulle sfide nell’educazione viene offerta nel libro
dell’UNESCO “Rethinking Education: Towards a Global Common Good?”
Sebbene i rapporti con la Scienza e le materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) possano sembrare più forti, i principi RRI possono anche applicarsi ad altre discipline (scienze sociali, ricerca storica e antropologica, ecc.). I principi RRI possono riguardare molti aspetti di metodi didattici innovativi che favoriscono l’implementazione di processi di valutazione formativa e
l’acquisizione di competenze trasversali. Infine, i concetti RRI possono aiutare gli studenti a comprendere meglio i percorsi di carriera esistenti, i processi di imprenditorialità e innovazione e le complessità del mondo professionale.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
COME INTEGRARE LA RRI NELL’ISTRUZIONE SUPERIORE
Oltre a istruire la prossima generazione di
responsabili politici, imprenditori, ricercatori e leader del pensiero globale, gli istituti di istruzione superiore svolgono un ruolo di primo piano nella ricerca e nell’innovazione (R&I). In quanto tali, sono attori fondamentali nel trasformare la società e affrontare
le grandi sfide della società di oggi. Le Università e gli Istituti possono adempiere in modo ottimale il loro ruolo di attori del cambiamento, migliorando le competenze pertinenti alla conduzione della RRI e
promuovendo l’agenda di governance chiave per la RRI in tali Istituzioni. Pertanto, gli istituti di istruzione superiore possono contribuire
a trasformare il sistema di R&I in modo tale che la reattività sociale, la sostenibilità e l’accettabilità etica diventino la nuova normalità di R & I.
A livello istituzionale (provost, consiglio, consigli di amministrazione) è possibile adottare una serie di misure per favorire e sostenere la RRI, come lo sviluppo di:
APPENDICE
🡢 Un quadro normativo che includa i principi RRI;
🡢 Un piano per favorire il dialogo, la riflessione, la partecipazione e l’impegno pubblico nella vostra istituzione;
🡢 Un piano per sostenere cambiamenti strutturali riguardanti l’uguaglianza di genere negli organi decisionali, nel
personale universitario e nelle condizioni lavorative;
🡢 Un codice etico di condotta per la ricerca e l’insegnamento e una promozione attiva della consapevolezza e dell’uso di questo codice attraverso incontri interni e istruzione;
🡢 Politiche volte a promuovere la trasparenza e l’apertura attraverso il processo scientifico e le misure per promuovere l’accesso aperto ai risultati della ricerca;
🡢 Xxxxx che utilizzano i principi RRI o che insegnano agli studenti quali sono questi principi e come utilizzarli. Esempi sono l’innovazione responsabile MOOC: etica, sicurezza e tecnologia e, nei Paesi Bassi, il corso Responsible Innovation (Università di Delft) e il programma minore Responsible Innovation (università di Leiden, Delft e Rotterdam).
Tenendo d’altra parte presente che coinvolgere studenti e insegnanti nel riflettere sul ruolo della ricerca e dell’innovazione
(R&I) favorisce interazioni sostenibili tra scuole, ricercatori, industria e organizzazioni della società civile. Inoltre, l’integrazione dei principi RRI nell’insegnamento STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) potrebbe rendere le carriere STEM più attraenti per i giovani studenti e aiutarli
ad acquisire conoscenze scientifiche e competenze chiave STEM. L’apprendimento
di tali competenze può aiutare gli studenti a comprendere meglio la Scienza e l’Innovazione e le loro relazioni con i diversi aspetti della società e può preparare gli studenti a prendere parte ai processi decisionali che riguardano le loro società future.
L
2.4 Valutazione della Ricerca a valutazione della ricerca è un tema molto dibattuto sia in ambito europeo
sia a livello nazionale, soprattutto per quel che concerne la generazione di impatto nella comunità scientifica.
Tale impatto è misurato prevalentemente attraverso tecniche bibliometriche (ad es. impact factor delle riviste, h-index degli autori) fondate su modelli di valutazione quantitativi, che stanno ricevendo aspre critiche per la loro incapacità di confrontarsi col rapporto tra scienza e società e di prendere in considerazione la dimensione qualitativa dell’attività di ricerca.
Negli ultimi anni, tuttavia, sta emergendo una crescente sensibilità verso il tema dell’impatto generato dalla Ricerca nella Società: tale argomento suscita grande attenzione anche in Commissione Europea che sta lavorando, attraverso linee guida, progetti e raccomandazioni, alla definizione di un modello di misurazione della ricerca e soprattutto della RRI.
In particolare, nel 2014 la Commissione ha costituito un panel di esperti per la definizione di indicatori di policy della RRI
che ha prodotto un report, l’anno successivo, i cui esiti principali possono essere riassunti brevemente come segue:
🡢 la RRI necessita di indicatori “di interazione”, ossia capaci di cogliere la dimensione relazionale che la caratterizza e il valore dei diversi stakeholder del processo;
🡢 questi indicatori devono focalizzarsi su obiettivi di breve e medio periodo per monitorare e valutare outcome intermedi.
Sulla base di queste due indicazioni metodologiche, il Report presenta un set di performance indicator e di perception indicator per ciascuno dei pilastri della RRI. L’approccio presentato nel Report è
caratterizzato da alcune limitazioni. In primo luogo, la scelta di considerare soltanto
gli effetti di breve e medio periodo rischia di essere parziale, poiché un esercizio di
valutazione completo deve necessariamente includere la previsione degli outcome e degli impatti di lungo periodo.
Inoltre, l’attenzione agli indicatori di interazione e alle logiche di network può generare dinamiche valutative proiettate eccessivamente verso l’esterno e pertanto prive di una analisi del contesto interno, che riveste un’importanza fondamentale per misurare il cambiamento istituzionale e il reale impatto della RRI proprio presso le comunità
dove questa dovrebbe produrre i principali effetti. Anche la scelta di individuare gli indicatori sulla base dei sei pilastri della ricerca responsabile, e non sulla base degli obiettivi delle organizzazioni (Università ed Enti Pubblici di Ricerca) e delle comunità che su esse insistono, non appare di ampio respiro. In tale contesto, è sicuramente utile analizzare il set di indicatori proposti sia dal panel di esperti succitato, sia dal progetto europeo MORRI, per la dimensione della Governance che, tra tutti i pilastri della RRI, risulta la più trasversale e la più aṀne al concetto di cambiamento istituzionale.
Il QUADRO
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L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
Nello specifico, come mostrato dalla tabella seguente, il report sui policy indicator per la RRI prevede una struttura divisa per tipologia di soggetto “responsabile” dell’impatto, e per ciascuno la definizione di:
I) indicatori di performance, a loro volta divisi in:
🡢 indicatori di processo, assimilabili alle attività da implementare;
CONSIDERAZIONI FINALI
🡢 indicatori di risultato/output, misure quantitative di output nel breve-medio periodo;
II) indicatori di percezione, tesi a fornire una misura quali-quantitativa del livello di
APPENDICE
awareness dei diversi soggetti coinvolti nella RRI sul tema.
FIG. 2.1 – TABELLA DEGLI IMPATTI DELLA GOVERNANCE
Criterion Performance indicators Percepition indicators Keu actors Process indicators Outcome indicators
Governance Identification of
formal and informal networks of R&I that promote RRI, at both the national and the EU level
Governance Activities of funders to
promote RRI
For each of these networks:
• number of RRI debates
• number of RRI protocols
• number of RRi agreements
Number of funding mechanisms to support RRI activities
Number of euros invested in RRI projects
Involvement of the wider public in rri debates, measured for example throught social media involvement of
the wider public in RRI policym the
development of policy, protocols
Number of references in applications RRI
Numbero of collaborative RRI porjects
National and supranational governmets, major stakeholders in cience and society
Founding organisations, stakeholders
Fonte: Report from the European Commission Expert Group on Policy Indicators
Il Progetto MORRI ad es. fa esplicito riferimento all’uso di un logic model per l’elaborazione degli indicatori, definibili come segue:
🡢 indicatori di contesto, per fornire informazioni generali nazionali e transnazionali;
🡢 indicatori di input, focalizzati sulle azioni, le iniziative e le risorse per la promozione della RRI;
🡢 indicatori di output, relativi ai risultati di breve e medio periodo ottenuti tramite gli input;
🡢 indicatori di outcome, relativi al raggiungimento di obiettivi di lungo periodo e alla misura della percezione dei benefici connessi alla RRI.
Per quanto attiene invece alla dimensione della Governance, vengono proposti tre indicatori:
🡢 GOV1 – Composite Indicator of RRI Governance Si tratta di un indicatore composito che aggrega indicatori su genere, public engagement, accesso aperto ed etica nella ricerca per proporre una valutazione sulla governance nazionale in relazione alla definizione qualitativa di sistemi di governo. Viene definito un indicatore qualitativo
per offrire una rappresentazione multidimensionale della valutazione della governance, rappresentabile attraverso un grafico a radar.
🡢 GOV 2 – Existence of formal governance structures for RRI within research funding and performing organisations Determina se la RRI è considerata un obiettivo
prioritario per le organizzazioni e se è supportata da un approccio formale. La misurazione dell’indicatore è ottenuta tramite questionari sottoposti alle organizzazioni di ricerca e presentata come aggregato nazionale per la valutazione della presenza, o meno, di una struttura di governo formale sulla RRI.
🡢 GOV 3 – Share of research funding and performing organisations promoting RRI Valuta quanto la governance della RRI sia diffusa entro i sistemi nazionali di ricerca e innovazione; nello specifico
l’indicatore intende misurare il grado con cui le organizzazioni di ricerca attuano e promuovono la RRI.
Partendo da questi primi riferimenti, pensiamo che sia auspicabile sviluppare un modello
di valutazione della ricerca responsabile per le c.d. research funding and performing organisations che guardi alla responsabilità
come una delle dimensioni della Governance, accanto alle dimensioni tradizionali di valutazione quali l’eṀcacia, l’eṀcienza e l’economicità.
In ambito nazionale è da annoverare l’attività dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e delle Ricerca (ANVUR, istituita nel 2006) che cura la valutazione esterna della qualità delle attività delle Università e degli Enti di Ricerca destinatari di finanziamenti pubblici, valuta l’eṀcacia
e l’eṀcienza dei programmi pubblici di finanziamento e di incentivazione alle attività
di ricerca e innovazione. L’Agenzia opera in raccordo con gli organismi internazionali
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
e dell’Unione Europea, nonché con le agenzie e le amministrazioni di altri paesi e con gli organismi scientifici internazionali operanti nel campo della valutazione dei sistemi dell’istruzione superiore e della ricerca. Recentemente il D.Lgs. 218/2016 ha esteso il sistema di valutazione anche agli Enti Pubblici di Ricerca per cui l’ANVUR ha approvato nel 2017 le Linee Guida per la Valutazione degli EPR. Tali linee guida sono dirette, in particolare, alla valutazione della
qualità dei processi, dei risultati e dei prodotti delle attività di ricerca, di disseminazione della ricerca e delle attività di Terza Missione, ivi compreso il trasferimento tecnologico relativo a tali attività.
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
In particolare la valutazione viene distinta in relazione a tre tipi di attività degli enti: ‘ricerca istituzionale’, ‘ricerca scientifica’ e ‘terza missione’. La prima è caratterizzata dal fatto di essere svolta in conformità al
mandato istituzionale. Si tratta quindi di attività ‘obbligatorie’ per gli EPR, perché richieste
CONSIDERAZIONI FINALI
in modo formale da istanze della pubblica amministrazione a cui l’ente di ricerca deve corrispondere i risultati.
APPENDICE
La Ricerca Scientifica invece produce conoscenza originale quale avanzamento nello stato del sapere consolidato a livello internazionale. Interessante notare che le linee guida sottolineano che “ferma restando la natura curiosity driven di questa attività di ricerca, l’elemento qualificante della Ricerca Scientifica è la sua rilevanza dal punto di vista delle ricadute sullo svolgimento delle
attività istituzionali dell’ente, quale motore per lo svolgimento allo stato dell’arte delle funzioni istituzionali stesse”. Altri elementi caratterizzanti la ricerca scientifica sono “la limitata programmabilità in termini qualitativi degli output finali della ricerca stessa”, di cui si dovrà tener conto in sede di valutazione e di programmazione delle attività di ciascun Ente, e “l’importanza dell’autofinanziamento”, in particolare attraverso la partecipazione a bandi competitivi, nazionali e internazionali. Infine la Terza Missione “riguarda il rapporto degli EPR con la società e con lo sviluppo economico e culturale attraverso la trasformazione, la messa a disposizione e la circolazione della conoscenza prodotta con l’attività di ricerca, nonché la promozione e l’avviamento alla ricerca stessa”.
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Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia > 39
REPORT
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
40 < Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia
L
a crescita economica nelle sue forme attuali rischia
di produrre risultati non soddisfacenti in termini
di uguaglianza e inclusione sociale. Tali problematiche costituiscono quindi un rischio per il mantenimento del benessere in senso generale, ma anche per
la stessa sostenibilità economica dell’attività delle Imprese.
Al contempo un nuovo modello di crescita non può concretizzarsi senza il contributo delle Imprese. Sono infatti l’Innovazione e la sua concreta applicazione produttiva che rendono possibile la sostenibilità: due driver che insieme definiranno la transizione verso un’economia più circolare, più eṀciente nell’uso delle risorse, a basse emissioni
e più inclusiva. Un punto di vista che è ormai condiviso dalle principali istituzioni internazionali e dalla maggioranza dei Governi dei grandi Paesi.
Tale scenario di fondo è decisivo per orientare le scelte imprenditoriali e manageriali al fine di non mettere a rischio la competitività dell’industria italiana nel medio termine: ad es. diventa più probabile una maggiore severità
di regole e norme; cresce la sensibilità dei consumatori per gli impatti ambientali e sociali (ad esempio in tema di rispetto dei diritti umani) dei prodotti e dei servizi; migliora la consapevolezza di imprenditori e lavoratori sulle tematiche di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; si modificano le preferenze; aumenta l’aspettativa delle comunità locali verso le Imprese del proprio territorio aṀnché
contribuiscano al benessere delle persone che lì vivono, al di là della capacità di generare reddito e occupazione.
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Non diciamo nulla di nuovo perché, nei fatti, 70 anni fa Xxxxxxx Xxxxxxxx promulgava un modello d’Impresa in cui al valore economico si aggiungeva anche quello sociale.
È opportuno pertanto ricordare quali vantaggi possano essere conseguiti dalla considerazione degli aspetti di sostenibilità complessiva. I potenziali benefici per
le imprese possono schematicamente ricondursi ai seguenti punti:
minori costi, ad esempio quando la scelta di modalità operative di minore impatto comporti risparmi nei costi dell’energia; maggiori ricavi, ad esempio quando le caratteristiche dei prodotti / servizi offerti siano in grado di incontrare il favore della domanda;
attrazione di investitori, che leggono nelle performance delle imprese il segno di una loro capacità di gestire le sfide poste dal contesto esterno e di generare valore
nel medio – lungo termine, quindi maggiore resilienza;
riduzione del rischio, Quest’ultima categoria è particolarmente rilevante quando si consideri il contesto relazionale in cui si svolgono le attività di impresa e l’importanza crescente che in tale contesto ha assunto
il fattore reputazionale. Rispondere alle aspettative degli stakeholder può agevolare il raggiungimento degli obiettivi di business, mentre deluderle può comportare opposizione o addirittura boicottaggio di mercato;
anticipazione di possibili inasprimenti normativi e regolatori, L’emergere con la ricerca di rischi per la salute dell’uomo e per l’ambiente inattesi o la pressione dell’opinione pubblica su certe tematiche può portare all’introduzione di leggi e norme che possono mettere fuori mercato certi prodotti; incremento del capitale reputazionale, attraverso l’integrità nella gestione dell’impresa (rispetto di valori etici, il contrasto alla corruzione) che anche svolge una funzione sia di mitigazione del rischio
sia di qualificazione positiva verso clienti, dipendenti, investitori.
Come già evidenziato al paragrafo 1.3, molte imprese italiane si relazionano con i propri dipendenti e con la comunità locale con un’attenzione che va molto al di là degli obblighi di legge e di contratto, contribuendo a rafforzare il tessuto sociale. Alcune grandi imprese italiane sono riconosciute a livello internazionale per le loro performances
di sostenibilità. E sono già numerose le imprese italiane, che grazie all’innovazione di processo e di prodotto, possono vantare
posizioni di leadership nell’ambito della Green Economy. Rispetto alle sfide della sostenibilità complessiva, il sistema industriale italiano può dunque far leva su un patrimonio già esistente e diventa pertanto fondamentale supportarlo adeguatamente lungo questo percorso
in una corretta ottica di valorizzazione internazionale.
3.1 CSR e RRI
N
el Libro Verde della Commissione Europea, edito nel 2001, la Responsabilità Sociale
è definita come: “L’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”, mentre nel 2011 la stessa Unione Europea definisce la Responsabilità Sociale delle Imprese come “l’impatto che esse hanno sulla società”.
In un contesto in cui la tendenza generale è quella di promuovere la consapevolezza
degli impatti sociali ed ambientali del proprio operato al fine di implementare un approccio che sia, appunto, responsabile, il concetto
di CSR è stato interpretato dalle aziende in maniera molto diversa, evolvendo in una moltitudine di approcci e sfaccettature. Tale varietà si caratterizza soprattutto in base alla diversa relazione che intercorre tra l’attività aziendale principale e le attività CSR, ovvero a livello di integrazione realizzata. L’evoluzione del concetto e la sua profonda integrazione all’interno delle strategie aziendali hanno contribuito in alcuni casi ad influenzare
i modelli stessi di impresa, creandone di nuovi. La varietà di soluzioni e approcci nella declinazione del concetto costituiscono un sistema di riferimento per l’applicazione del concetto di RRI a livello imprenditoriale.
Inizialmente, la CSR è stata interpretata come un filone di attività disgiunto rispetto
all’attività principale dell’azienda, molto spesso per compensare le esternalità negative prodotte. L’approccio strategico era promozionale, difensivo, e legato al concetto di beneficienza. Le attività di CSR potevano essere coerenti con il settore di
attività primario, ma anche totalmente avulse. Molto spesso la loro implementazione era sporadica, ed esternalizzata a fondazione collegata all’azienda, o ad altre realtà del terzo settore. In questa sua forma, la CSR è stata interpretata come un onere, tanto necessario quanto scomodo, spesso focalizzato
a migliorare la percezione del marchio (greenwashing). Questo tipo di approccio, basato su attività troppo sporadiche o scoordinate rispetto all’attività principale, ha mostrato di non incidere positivamente sul capitale reputazionale delle aziende.
Successivamente, anche in seguito ad un’evoluzione delle abitudini dei consumatori in ottica sempre più consapevole e attenta all’impatto ambientale e sociale, il concetto di CSR si è evoluto in maniera significativa. Gli aspetti di responsabilità sociale e ambientale sono passati progressivamente da elemento marginale (a scopo prevalentemente di immagine e senza punti di contatto forti con l’attività principale dell’azienda) a elemento sostanziale nella composizione dell’offerta
di valore del prodotto/servizio principale. La connessione tra CSR e strategia d’impresa è diventata più forte e in alcuni casi strutturale, e gli elementi di CSR contribuiscono oggi
a definire il posizionamento competitivo dell’azienda, essendo diventati dimensioni integranti del marchio e del valore
complessivo percepito dal cliente.
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Da attività distaccata, la CSR comincia quindi a influire sugli obiettivi aziendali. Il profitto rimane il primo obiettivo e ragion d’essere dell’impresa, ma gli obiettivi di successo aziendali vengono ridefiniti: l’approccio è integrato, le variabili in gioco crescono, e l’obiettivo dell’impresa diventa più simile
a un indice composito, dove gli indicatori di risultato, oltre al profitto, includono considerazioni attinenti all’impatto sociale e ambientale, ovvero superano la sola dimensione economica.
Ciò si ripercuote a sua volta sui criteri d’investimento finanziario, con la nascita dell’impact finance, una finanza che integra considerazioni etiche, per cui la generazione di profitto economico e di impatto sociale
e ambientale non sono più distinguibili, ma sono tutti ingredienti che miscelati assieme generano il valore aziendale, e costituiscono i criteri di investimento. Nella pratica, queste tendenze si sono concretizzate in una serie numerosa di manifestazioni differenti in funzione di quali aspetti dell’attività aziendale fossero influenzati e rimodellati quali ad es. design del prodotto; processi produttivi e gestione delle materie prime; politiche di
impiego e del personale; impatto nella località e comunità dove si opera, ecc.
A livello teorico, per riflettere il cambiamento in atto e rendere conto di queste evoluzioni, sono emersi nuovi concetti e nuove definizioni: si è iniziato ad utilizzare termini espansivi ed evolutivi come ad esempio CSV (Creating Shared Value) o CSI (Corporate Social innovation).
CREATING SHARED VALUE
Tale concetto è introdotto nel 2011 da Xxxxxx e Xxxxxx, e consiste nel riconoscere un legame di mutua dipendenza tra la competitività di un’azienda e lo stato di salute delle comunità di riferimento della stessa. Le basi per una nuova ondata di crescita globale risiedono nella capacità di riconoscere e capitalizzare sul legame tra progresso economico e progresso sociale e ambientale, portando all’evoluzione e a una
ridefinizione del capitalismo stesso. Per creare valore condiviso, le aziende possono agire a differenti livelli, quale il prodotto, la catena di produzione, o la più vasta catena del valore, includendo la comunità di riferimento.
Prodotto. Si possono concepire prodotti a basso costo, capaci di raggiungere fasce o nicchie di consumatori che sarebbero altrimenti esclusi. Si pensi alla produzione di cellulari o computer a basso costo, per
esempio, i quali hanno aperto nuovi mercati, prima scoperti, soddisfacendo al contempo un bisogno disatteso. Questa categoria tocca anche il filone della cosiddetta frugal innovation.
Produzione e catena del valore. In questo livello si collocano le attenzioni relative alla tutela dell’ambiente, o degli animali.
Esempi sono: riduzione del packaging in eccesso; utilizzo di packaging biodegradabile; controlli relative all’origine delle materie prime; approccio cruelty free, per assicurarsi che il trattamento degli animali coinvolti
nel processo – o a livello di azienda o di fornitori – avvenga garantendo il rispetto di determinate procedure.
Impatto sulla comunità di riferimento. Contribuire allo sviluppo del quadro esterno in cui si opera, sia a livello economico che sociale, intervenendo per esempio sullo sviluppo di competenze e capacità a livello di fornitori, o implementando politiche del personale che sfocino nella dimensione di welfare. In questo tipo di interventi ricadono i cosiddetti inclusive business models, quelli in grado di favorire le comunità a basso reddito in cui operano in modo sostenibile, e tramite l’inclusione delle comunità nella catena del valore, o a livello di domanda – come clienti o consumatori – o a livello di offerta, come produttori, imprenditori, fornitori o impiegati.
Tali evoluzioni dimostrano e riflettono una più generale evoluzione del ruolo dell’impresa all’interno del tessuto sociale, e delle sue relazioni con gli altri attori sociali (Stato,
terzo settore, cittadini), verso modelli dove ruoli e responsabilità si ridistribuiscono, scambiano, sovrappongono, fino a dare vita a vere e proprie nuove forme giuridiche di impresa, come le B-corporations, nate
negli Stati Uniti e ora presenti anche in EU. In questo contesto, di revisione delle relazioni tra attori sociali e dei loro ruoli distintivi
nel tessuto sociale, si può parlare appunto di Corporate Social Innovation – CSI. La stessa trasformazione si intende anche in direzione contraria: attività del terzo settore, tradizionalmente legate a flussi finanziari
di origine statale in logica assistenzialista, cominciano a integrare il concetto di modello di business e sostenibilità economica nella loro missione (es. impresa sociale).
A prescindere da come si voglia etichettare
il processo, siamo di fronte a tendenze trasformative che si stanno manifestando a livello globale, gettando le basi per un
nuovo modo di fare impresa, e di intendere il ruolo del comparto industriale. La
grande trasformazione risiede nel fatto che le aziende perseguano obiettivi di trasformazione o innovazione sociale pur operando nei settori più diversi. Inoltre,
la definizione delle politiche di CSR viene influenzata continuamente dall’enorme spinta tecnologica apportata dalle ICT. Nuove problematiche relative all’impatto delle tecnologie informatiche, infatti, sono comparse nell’era delle fabbriche intelligenti (Industria 4.0); una serie di questioni etiche e di consapevolezza riguardanti l’uso dei dati personali emergono quando le ICT vengono applicate alla governance industriale, come
ad esempio gli ERP, la business intelligence, le memorie digitali, le metodologie di sviluppo, architetture innovative, e modelli di dati e formati di scambio.
Il trend tecnologico, però, è più ampio e le correlazioni tra il sistema “impresa”, il sistema “sociale” e il sistema “ambiente” sono più fitte e complesse. È qui che la CSR, prendendo
in considerazione elementi di etica sociale, di diritti e di impatti diretti ed indiretti sulla qualità della vita dei lavoratori, si avvicina all’applicazione dei metodi propri della Ricerca ed Innovazione Responsabile.
Questa nuova concezione di valore ambientale e sociale integrato al core business di un’azienda trasforma nelle fondamenta la CSR così come
originariamente concepita, molto spesso a
scopo compensatorio.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
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L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
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Quali sono gli strumenti e gli indicatori più adatti a cogliere e misurare questo nuovo valore sociale e ambientale distribuito potenzialmente espresso dalle aziende?
Come vengono trasformati i criteri di performance aziendale? I tradizionali strumenti del bilancio ambientale e sociale, in questa logica, risultano ancora rappresentativi e adeguati? La verità è che così come nel mondo della valutazione scientifica e della ricerca, anche nel mondo dell’innovazione
e dell’imprenditoria la tendenza globale in atto si muove in direzione di un approccio incentrato sulla misurazione dell’impatto, con tutte le diṀcoltà che ciò implica in termini di individuazione dei meccanismi di causalità
e attribuibilità, soprattutto quando si parla di impatto sociale.
Diventa quindi essenziale l’adozione di processi produttivi che siano in grado di limitare l’impatto ambientale dell’impresa sul territorio e la realizzazione di iniziative volte a favorire stili di consumo sostenibili o a promuovere comportamenti socialmente attivi; ad esempio, donando risorse alla comunità per finanziare progetti nel campo
dell’arte, dell’istruzione o, più in generale, del sociale. Limitarsi ad adempiere agli obblighi di legge o alle pratiche standard di mercato in materia di sostenibilità ambientale non equivale ad adottare un comportamento socialmente responsabile: l’impegno sul fronte sociale e ambientale delle imprese deve essere rivolto a produrre benefici collettivi di lungo periodo e non deve ridursi ad interventi formali e di facciata adottati
nel breve periodo prevalentemente per fini opportunistici (ad esempio, le azioni cosiddette di greenwashing).
Studiare la relazione tra Xxxxxxx e Innovazione etica, responsabile e sostenibile e le pratiche socialmente responsabili delle aziende
porta ad interrogarci su quale sia l’approccio aziendale ai principi della RRI.
La RRI è spesso discussa in relazione con la nozione più nota di CSR, di cui abbiamo detto in precedenza. I risultati del Progetto europeo Responsible Industry ci indicano che le Aziende hanno scarsa conoscenza del concetto di RRI e, tuttavia, questo non significa necessariamente che conducano R&I in modo irresponsabile. La maggior parte delle grandi società ha strategie e politiche CSR e le aziende con intense
attività di R&I stanno iniziando a considerare azioni specifiche, spesso in relazione ad aspetti inerenti alla qualità e alle prestazioni ambientali. Possiamo ad es. citare il riconoscimento interno (premi) di processi di progettazione e innovazioni che portano al risparmio energetico durante la produzione o a considerare altri problemi di sostenibilità, quali ad es. l’introduzione dell’Eco-Design.
Pensiamo, quindi, che la RRI sia un’opportunità per aumentare la consapevolezza delle aziende rispetto a specifiche questioni etiche e aspetti di
responsabilità connessi alla ricerca e allo sviluppo. Dovrebbe essere visto come un passo oltre la conformità con gli standard, ovvero le norme tecniche, e la
regolamentazione (“sopra la linea di base della legge”). I due concetti condividono l’accento
sulle responsabilità delle aziende nei confronti dei beni sociali e sul coinvolgimento degli stakeholder, che invita a un confronto tra i due concetti. Nonostante alcune somiglianze, i concetti sono piuttosto diversi. In primo luogo, la RRI è in gran parte un approccio dall’alto verso il basso creato nel mondo
delle politiche, in cui i responsabili mirano a indurre un sistema che accresce la R&I etica, responsabile e sostenibile (attraverso,
ad esempio, finanziamenti di ricerca europei come Horizon2020). Allo stesso tempo, la R&I si basa, in larga misura, su un approccio dal basso verso l’alto in cui le politiche di responsabilità sociale delle imprese fungono da meccanismo di autoregolamentazione
al fine di garantire la conformità non solo alle leggi, ma anche allo spirito della legge, con norme internazionali e con standard etici. In secondo luogo, mentre l’obiettivo principale della RRI è la valutazione etica e l’impatto sociale potenziale ed effettivo, la R&I si concentra piuttosto sull’impatto sulla comunità e sull’ambiente. In terzo luogo, la CSR è generalmente applicabile a tutte le attività aziendali, e quindi anche alla R&I, ma non è specificamente progettata per influenzare la R&I.
Il finanziamento pubblico di Progetti di RRI utilizzato negli ultimi anni in diversi campi scientifici (ad esempio, la RRI nelle
Nanotecnologie), ha stimolato un maggiore coinvolgimento delle parti interessate, una migliore considerazione delle questioni etiche, una migliore anticipazione degli impatti sociali e ambientali della R&I e una migliore considerazione di altre questioni
sociali come la questione di genere o dell’Open Science.
Rimane tuttavia evidente che i principi della RRI non possano essere trasferiti tout court al sistema imprenditoriale, ma abbiano bisogno di opportuni adattamenti. Riteniamo che
un tale approccio possa rivelarsi utile sia per l’Industria sia per la Società attraverso un suo specifico focus sulla R&I, aspetto che manca nelle attuali strategie di CSR, così come la sua accettazione presso gli Organi di Governo e il Mondo Accademico, aiutando l’Industria a creare un migliore allineamento con questi ultimi anche attraverso l’adozione dei principi della RRI.
L’
3.2 Una Industria Responsabile
una prospettiva e un linguaggio diversi, come per esempio affermato da altri autori. Come evidenziato nel Progetto europeo “Responsible Industry”, i sei pilastri RRI non forniscono linee di azione concrete per le imprese e “alcuni pilastri sono a priori meno applicabili all’industria di altri”, come ad es. l’Open Access. La mancanza di linee guida
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
(piani d’azione) per mettere in pratica i principi della RRI, rende diṀcile eseguire qualsiasi valutazione degli impatti previsti (ad esempio costi e benefici) per l’implementazione
della RRI a livello aziendale. Le incertezze su questi aspetti rappresentano un importante ostacolo per le aziende a sostenere approcci RRI. In effetti, molte aziende si aspettano che l’adozione di concetti RRI introdurrà costi
approccio originale della
RRI, come concepito dalla UE, era basato su sei pilastri, vale a dire:
Coinvolgimento, Parità di genere, Educazione scientifica, Accesso aperto, Etica e Governance. Questo quadro è generalmente considerato insieme ad altre importanti dimensioni RRI che sono state proposte in letteratura, come le quattro dimensioni RRI suggerite da Xxxxxxx et al.: Anticipazione, Riftessività, Inclusione e deliberazione, Responsività.
Se volessimo applicare tout court al sistema imprenditoriale i sei pilastri proposti dalla UE, vedremmo subito che questi dovrebbero essere riassemblati per riflettere meglio le realtà del settore industriale, utilizzando
aggiuntivi e oneri burocratici immediatamente quantificabili mentre è più diṀcile valutare contestualmente in maniera concreta gli impatti positivi sullo sviluppo del prodotto.
Tale percezione potrebbe spingere le aziende ad adottare solo strategie limitate e deboli per rispondere alle richieste e alle preoccupazioni dei consumatori in termini di questioni etiche, ambientali o sociali. Una sfida chiave nell’implementare RRI (e CSR) all’interno
delle aziende è rappresentata dalle priorità in conflitto tra le aspirazioni dell’azienda stessa in termini di profitti e crescita sul mercato
da un lato, e gli obiettivi sociali in materia di sostenibilità, preoccupazioni etiche o benessere dall’altro.
Ne consegue che oggi l’affermazione dei principi RRI nell’Industria è ancora in una fase iniziale. Le iniziative per implementarla praticamente sono ancora limitate, per lo più
legate a progetti di cooperazione all’interno dei programmi quadro dell’UE (ad esempio, Industria responsabile, Bussola, Smart-Map, Innovazione vivente) e alcune iniziative a livello di singolo Paese (ad esempio il quadro EPSRC del Regno Unito, l’Organizzazione dei Paesi Bassi per il programma Responsible Innovation di Scientific Research, l’iniziativa ORBIT). Questi approcci includono testimonianze, pratiche migliori, progetti
e anche la selezione e/o lo sviluppo di strumenti per l’implementazione di aspetti specifici di RRI. Sono necessarie ulteriori indagini e sperimentazioni per comprendere meglio le azioni, i driver e le sfide per l’implementazione concreta della RRI, anche rispetto alle pratiche esistenti in materia di responsabilità sociale (nonché di qualità, gestione del rischio e dell’innovazione) che almeno parzialmente si adattano a una o più dimensioni RRI.
Per favorire un migliore allineamento degli obiettivi RRI con la strategia aziendale
e la corretta implementazione dei suoi principi nella pratica operativa, riteniamo fondamentale integrare i compiti per l’operatività RRI all’interno delle funzioni/ dipartimenti esistenti dell’azienda, e inquadrare le azioni RRI all’interno o in prossimità di processi e strumenti che sono già noti o implementati dall’Azienda stessa.
I sistemi e gli strumenti di gestione aziendale, che sono più vicini agli obiettivi RRI e potrebbero fornire un quadro per facilitare
la loro attuazione, sono quelli forniti dalla Responsabilità Sociale delle Imprese (CSR), che è correlata alla “responsabilità delle
imprese per i loro impatti sulla società”. Un limite delle iniziative di CSR esistenti è che esse sono spesso incentrate sulle ultime fasi dello sviluppo del prodotto e del ciclo di vita, come la fabbricazione, l’uso o lo smaltimento, mentre si concentrano in modo limitato sulle attività di R&D e Innovazione.
La spinta ad adottare la RRI potrebbe aiutare a colmare questa lacuna, affrontando le precedenti fasi di ricerca e innovazione
con una ulteriore, forte motivazione. L’introduzione della RRI consentirebbe di identificare in anticipo i bisogni, le
preoccupazioni e le sfide sociali e aumentare la desiderabilità del prodotto e gli impatti sociali riducendo al minimo i cambiamenti nelle ultime fasi, quindi i costi.
La stessa CSR può fornire spunti utili sulle possibili vie per un’implementazione più semplice e pratica della RRI nel contesto industriale.
PROBLEMI PER L’IMPLEMENTAZIONE DELLA RRI NELL’INDUSTRIA
Vogliamo innanzitutto precisare che
l’implementazione della RRI riguarda tutte le funzioni aziendali e non può essere limitata alle persone che lavorano nelle aree di ricerca e innovazione di un’azienda. Riteniamo che, sebbene il Dipartimento R&S in imprese altamente innovative sia considerato uno
dei settori chiave in cui i rischi sociali e le questioni etiche dovrebbero essere affrontati e le parti interessate dovrebbero essere coinvolte, anche le altre funzioni debbono svolgere ruoli strategici nell’attuazione dei principi RRI:
🡢 La Direzione ha un ruolo principale nel sensibilizzare, definire la visione, assicurare la responsabilità
dell’organizzazione, adottare strumenti di rischio e governance e creare cultura etica tra i dipendenti;
🡢 La funzione Risorse Umane (HR) ha il compito di organizzare corsi di formazione etica, promuovendo il
multidisciplinare all’interno dell’azienda e stimolando la volontà del personale di impegnarsi con i principi RRI;
🡢 L’area CSR collabora con la Direzione nell’attuazione del quadro giuridico per RRI e nello sviluppo della strategia per affrontare gli impatti etici e sociali;
supporta le altre funzioni (R & S e risorse umane) nell’attuazione delle decisioni prese dalla direzione;
🡢 L’area Marketing dovrebbe monitorare l’impatto dell’up-RRI sulla qualità finale dei prodotti, sulla penetrazione del mercato e sulla soddisfazione degli utenti; garantire la trasparenza delle informazioni sui prodotti, in particolare sulle condizioni per il loro utilizzo e smaltimento sicuri; favorire il dialogo con gli utenti finali
e i consumatori sull’accettabilità e sostenibilità dei nuovi prodotti.
Quindi, sembra preferibile un approccio top-down a quello bottom-up, e tale approvazione della RRI dovrebbe essere principalmente una decisione strategica dei livelli superiori di gerarchia, e quindi messa in pratica da parte di tutta l’organizzazione. Da questo punto di vista, l’implementazione
RRI dovrebbe essere considerata come una strategia di investimento a medio termine, e non come un costo: “RRI dovrebbe essere instillata come cultura, cioè inclusa nella strategia dell’azienda e promossa dalla direzione esecutiva di società”.
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
Nell’ottica di quanto evidenziato, ci sembra che l’approccio migliore sia quello suggerito nell’ambito del Progetto Europeo PRISMA, per il quale gli elementi portanti sono:
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
🡢 Analisi delle dimensioni e dei pilastri RRI rispetto alle caratteristiche e ai valori aziendali e al contesto aziendale e
tecnologico generale, al fine di definire gli obiettivi da raggiungere attraverso la RRI: in questa fase viene affrontato il “livello di maturità” da raggiungere;
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
🡢 La progettazione di una strategia RRI, che definisce le azioni e gli strumenti per raggiungere gli obiettivi, le motivazioni, il livello di integrazione RRI in tutti i reparti aziendali e la catena del valore: in questa fase vengono definite le diverse
responsabilità per l’implementazione RRI;
CONSIDERAZIONI FINALI
🡢 L’implementazione dell’insieme di azioni e strumenti definiti nella strategia per le diverse aree di business e lungo la catena del valore;
🡢 La valutazione dell’implementazione di RRI, sia per comunicarne i risultati che per fornire un feedback utile a migliorare la strategia.
APPENDICE
🡢 Questo insieme di passaggi (Fig.3.1) deve avere un carattere di ciclicità al fine di migliorare costantemente la strategia
e le corrispondenti azioni, oppure di introdurre nuovi obiettivi e strumenti.
FIGURA 3.1 PROCESSO DI IMPLEMENTAZIONE RRI: UN MODELLO CONCETTUALE CHE COLLEGA LE VARIABILI DI BASE, IL LIVELLO STRATEGICO, IL LIVELLO OPERATIVO E I RISULTATI FINALI
Background variables Strategic level Operational level Outcomes
RRI Outcomes
• KPI’s
RRI Activities
• Stakeolder dialogues
• Scenarios
• Desing for values
• Training
• Embedded ethicist
RRI Strategy
• Integration with CSR and business strategy
• Level of RRI
• RRI dimensions
• RRI for competitive advantage or as level playing field
Environment
• Type of tecnology
• Level of uncertainty
• Market structure
• Regulatory regime
🡦
† 🡢 🡢
Company Characteristics
• Resources
• capabilities
• stakes
🡥
Fonte: Progetto europeo PRISMA
STRUMENTI PER L’ANALISI DELL’IMPATTO
Un punto nodale è ovviamente rappresentato dalla capacità di saper valutare l’impatto economico dell’applicazione delle pratiche responsabili nel contesto industriale. Ciò può essere fatto tenendo presenti alcuni punti di riferimento:
🡢 L’analisi costi-benefici valuta i costi sociali monetari e i benefici degli investimenti
di capitale in un dato periodo di tempo e dovrebbe includere: la valutazione del progetto (ad esempio per l’adozione di RRI), l’incorporazione di “esternalità”
come sociale/ambientale, nonché costi e benefici economici privati per stimare gli effetti sociali dell’investimento e il fattore tempo e considerazione del meccanismo
di attualizzazione;
🡢 È importante stabilire se un investimento in RRI/CSR porterà ad un aumento del benessere sociale o ambientale e per fare ciò si dovrebbe: calcolare costi e benefici sociali, sia tangibili (costi diretti e benefici) che intangibili (costi e benefici indiretti
ed esternalità); attualizzare il valore futuro dei benefici; confrontare costi e benefici per determinare un tasso di rendimento sociale e confrontare anche i tassi di rendimento di diversi approcci/progetti;
🡢 È inoltre importante considerare le ipotesi relative ai benefici e ai costi economici derivanti dalla RRI: i consumatori riconoscono gli sforzi in materia di responsabilità sociale delle imprese con
la volontà di pagare un prezzo più elevato o accordando una preferenza all’impresa che è più responsabile, allo stesso prezzo; i dipendenti lavorano con maggior impegno e partecipazione in un’azienda responsabile; il costo del capitale è inferiore perché i settori finanziari assegnano meno rischi alle imprese responsabili.
Sulla base delle azioni e delle riflessioni sviluppate nell’ambito di una vasta progettualità internazionale, vogliamo fornire un riepilogo dei punti di forza,
debolezza, opportunità e minacce (SWOT) dell’implementazione di RRI nell’industria. L’analisi SWOT (Tabella 3.1) aiuta a confrontare gli sforzi umani ed economici richiesti dall’implementazione del RRI con i vantaggi e le opportunità in termini di profitto ma anche di eṀcienza o immagine pubblica. Poiché l’implementazione della RRI dipende dalle caratteristiche specifiche dell’impresa e deve essere ciclica, la progettazione di un’analisi SWOT specifica dell’Azienda (a partire dai suggerimenti forniti nella Tabella 3.1) potrebbe aiutare a valutare le condizioni per il successo dell’RRI.
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
TAB. 3.1 ANALISI SWOT
PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA
• Limitata consapevolezza della RRI
• Aggravio burocratico, impegno di risorse significative per le PMI
• Bassa percezione di un impatto tangibile sui prodotti dell’azienda
• Limitata integrazione dei principi RRI nelle varie funzioni aziendali
• Creare valore, immagine e reputazione aziendale
• Motivare i dipendenti
• Offrire vantaggi competitivi
• Rafforzare le relazioni con gli stakeholders
• Aumentare la soddisfazione dei consumatori
• Aumentare l’impatto sociale della R&D
• Aumentare la qualità dell’Innovazione a livello industriale
• Assicurare il rispetto della normativa e certificazione
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
CONSIDERAZIONI FINALI
OPPORTUNITÀ MINACCE
• Introduzione di costi aggiuntivi per lo sviluppo del prodotto in rapporto ai competitors
• Possibile slowdown o stop prematuro del processo di Innovazione
• Miglioramento della accettabilità, desiderabilità e qualità dei prodotti
• Miglioramento della sostenibilità, sicurezza e affidabilità dei prodotti
• Miglioramento degli effetti sulla qualità della vita e salute dei consumatori
• Miglioramento dell’efficienza e riduzione dei costi nel medio-lungo termine
• Miglioramento nella penetrazione di mercato e dei profitti
• Miglioramento dell’accesso al supporto finanziario
APPENDICE
DIFFERENZE RELATIVE A SETTORI E TECNOLOGIE
È abbastanza ovvio che l’implementazione
della RRI è strettamente correlata alle realtà e ai vincoli delle aziende e dei settori
specifici considerati, comprese le differenze in termini di tipo di organizzazione, settore, prodotto e tecnologia considerata. Le principali differenze si possono riscontrare confrontando le aziende che si occupano di innovazione e tecnologie dirompenti con quelle relative alle tecnologie convenzionali
o ai settori tradizionali. Le imprese innovative hanno spesso familiarità con i concetti e/o le attività di RRI. Ciò può essere dovuto a fattori eterogenei, come ad esempio:
🡢 La necessità di favorire l’accettazione di nuove tecnologie da parte dei clienti, che spinge le aziende a fornire la
certificazione di qualità e responsabilità sociale dei loro prodotti ed evidenziare valori specifici;
🡢 Una forte volontà di intercettare bisogni e desideri del pubblico per facilitare l’accesso al mercato delle nuove tecnologie;
🡢 Il maggior numero di norme e regolamenti che devono rispettare.
Per dare alcuni esempi possiamo far riferimento all’introduzione della RRI in un settore innovativo come la ICT per l’assistenza sanitaria: molte delle problematiche e delle sfide relative alla RRI sono già familiari alle aziende e vengono affrontate in modo proattivo. Ad esempio, le questioni relative alla privacy e alla protezione dei dati sono
note in azienda, così come la necessità di coinvolgere le parti interessate e gli utenti finali. Altre attività correlate alla RRI, come previsioni e studi sui futures, sono invece meno comuni e, dove esistono, tendono a concentrarsi sulla gestione del rischio.
Le aziende che si occupano di tecnologie trasformative e dirompenti devono affrontare le incertezze e le nuove sfide e problematiche emergenti da queste tecnologie, e quindi sono alla ricerca di nuovi e avanzati metodi per la gestione dei rischi e della qualità, più reattivi alle esigenze e alle prospettive degli utenti: i principi della RRI potrebbero essere utili per affrontare questi aspetti.
Un esempio di settore in rapida evoluzione in cui le emergenti questioni etiche e sociali sono estremamente critiche è dato dalla Nanomedicina. Le implicazioni etiche e sociali di nuove terapie stimolanti (talvolta personalizzate) richiedono il supporto
degli approcci RRI nel trattare con pazienti, operatori sanitari e, più in generale, con l’opinione pubblica. L’accettabilità della terapia può trarre grande beneficio da un processo di “co-creazione” del prodotto con tutti gli attori coinvolti e dalla trasparenza nella comunicazione sul rapporto costo/beneficio reale per il paziente. Inoltre, l’approccio RRI può suggerire come affrontare e risolvere
le lacune nel regolamento esistente e stabilire contatti con gli organismi di regolamentazione per giungere ad una normativa adeguata.
N
3.3 Organizzazione del Nuovo Lavoro
ell’ambito del più vasto obiettivo in termini
di Responsabilità connessa alle più
recenti innovazioni e ricerche sul versante tecnologico, desideriamo sviluppare alcune considerazioni ed idee, auspicabilmente utili, relative all’impatto dell’Innovazione sul lavoro.
Il tema delle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, che la complessità della società, dei mercati, dello scenario economico, politico e finanziario attuale genera, è sicuramente di dimensioni enormi. Non è nostra intenzione affrontare l’analisi di tali trasformazioni dal punto di vista macroeconomico e geopolitico per le quali autori ben più autorevoli hanno già
sviluppato interessantissimi contributi ai quali si rimanda. Ma a tali autori si farà riferimento concentrandoci invece sullo sviluppo di un approccio di tipo bottom-up che un’impresa, indipendentemente dalle soluzioni messe
in campo dai soggetti politici ed istituzionali, possa attuare al proprio interno.
Un primo spartiacque per incanalare il tema, è certamente costituito dall’osservazione che ad impattare sul lavoro è in primo luogo l’Innovazione ben più della
Ricerca. La studiosa ungherese Xxxxxx Xxxxxxx, nel suo saggio “Il presente è l’avvenire”, nell’investigare sulle profonde trasformazioni dei processi che portano alla
realizzazione di nuovi prodotti ed alla loro effettiva produzione su scala globale, ha brillantemente proposto un modello che parte dal presupposto che l’output inventivo della scienza genera ampie possibilità di sviluppo di nuovi prodotti oltre a nuovi ambiti di ricerca applicata, mentre la traduzione
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
in pratica quotidiana delle varie invenzioni passa attraverso l’azione dei cosiddetti modernizzatori, ovvero di tutti quei soggetti, dirigenti e manager di imprese, che grazie alla loro capacità di intuire precocemente
le potenzialità applicative dei risultati della scienza, sono in grado, tra esperienze di successo e fallimenti, di combinare capacità tecniche, risorse umane e finanziarie, competenze interdisciplinari, conoscenze dei mercati ecc., al fine di sviluppare quei prodotti e servizi che entreranno nella vita di milioni di persone. Ed è proprio la grande mobilitazione generata da tale sforzo innovativo ad impattare in modo determinante sul lavoro, generandolo, trasformandolo ed elidendolo nello stesso tempo. La Xxxxxxx individua quattro tappe attraverso le quali gli output della scienza vengono generalmente
tradotti nella pratica quotidiana: invenzione, decisione, produzione e consumo.
Dopo che la Scienza ha aperto nuove strade (invenzione) e che i decision makers hanno determinato i prodotti ed i servizi
da sviluppare (decisione), la produzione può avvenire oggi in luoghi molto distanti da quelli nei quali sono avvenute le fasi precedenti, così come il consumo. La conseguenza è che si è ormai giunti ad una nuova suddivisione geografica globale
nella quale alcuni Paesi si sono specializzati nelle attività scientifiche e di ricerca, altri in quelle di sviluppo di talune innovazioni, altri nella produzione di beni (tipicamente quelli con mano d’opera a basso costo), altri nel mero consumo. Tale modello spiega molto eṀcacemente come tale disarticolazione spazio-temporale possa produrre gli enormi impatti sul mondo del lavoro ai quali stiamo assistendo e, indirettamente, mette in luce la necessità di una governance a livello globale del fenomeno. Ma se è vero, come è vero, che il propulsore fondamentale del ciclo innovativo è costituito dall’impresa, sempre più spesso globalizzata, mentre assistiamo ad una progressiva crisi di autorità delle istituzioni sovranazionali che hanno il compito di affrontare il fenomeno nella sua complessità, allora ciò significa che l’impresa può costituire (senza nulla togliere al ruolo delle istituzioni sovranazionali che avranno il compito - probabilmente in tempi più lunghi - di creare l’ambiente migliore possibile per governare
il fenomeno) il luogo più idoneo dal quale intraprendere un percorso volto a facilitare la transizione verso un modello culturale del lavoro che superi le contrapposizioni ed i luoghi comuni ereditati dal periodo della rivoluzione industriale.
Dal lato pratico appare più che sensato domandarsi se, e come, l’impresa possa agire concretamente per governare l’impatto dell’innovazione sul lavoro, ed è esattamente questo ciò che cercheremo di mettere a fuoco con la presente riflessione.
Il sociologo Xxxxxxxx Xx Xxxx, nella sua
recente pubblicazione “Il lavoro nel XXI secolo”, dopo aver descritto le trasformazioni avvenute nella società, traccia un identikit
del lavoro postindustriale del quale i tratti principali sono costituiti dal fatto che
le macchine, i robot, gli algoritmi ecc., assorbiranno sempre più il lavoro ripetitivo, mentre ai lavoratori resterà il monopolio del lavoro “ideativo”, lasciando loro più tempo per la sfera dello sviluppo personale, famigliare
e culturale, ovvero a quello che Xx Xxxx definisce come “ozio attivo, cioè la facoltà tutta umana di introspezione, ideazione, produzione creativa, riproduzione vitale, gioco inventivo”.
Ma le trasformazioni che De Masi analizza nella sua opera sono enormemente più varie e complesse e non è certamente questa la sede per riassumerle; ci basterà ricordare che esse attengono alla storia della società preindustriale e di quella industriale, per sfociare negli scenari che caratterizzano la società postindustriale nelle sue molteplici evoluzioni per quel che riguarda l’ecologia, la longevità, l’androginia, la tecnologia, l’ubiquità, l’economia, il tempo libero, l’etica, l’estetica, la cultura.
Non v’è ombra di dubbio sul fatto che, per far fronte a tale complessità al fine di garantire un rapporto virtuoso tra lavoro e tempo libero (non è retorica o cerchiobottismo il non chiamarla disoccupazione), occorreranno tanto azioni di tipo sistemico, quanto azioni di tipo operativo, queste ultime individuabili ed applicabili direttamente da parte degli attori
economici e sociali, le imprese - quali soggetti privati propulsori dell’innovazione - in primis.
Lasciando quindi il terreno degli approcci sistemici alle competenze dei soggetti politici ed istituzionali, quali possono essere idee di approcci utilizzabili su base volontaria dalle imprese? Vediamone alcune.
LA DESTINAZIONE DELLE RISORSE LIBERATE
AṀdare sempre più alla tecnologia il lavoro ripetitivo porta con sé una serie di
conseguenze che, per quanto piuttosto ovvie, vale la pena di riassumere se non altro al fine di rappresentare un quadro equilibrato degli impatti (non tutti negativi) in modo oggettivo e senza l’influenza di letture di stampo ideologico di nessun tipo. Un primo effetto
è certamente la riduzione del lavoro umano necessario. Un secondo effetto, conseguente al primo, è che nella disponibilità di risorse per l’azienda entrano in gioco quelle corrispondenti ai minori costi relativi alla mano d’opera necessaria all’esecuzione dei lavori ripetitivi, ora eseguiti dalla tecnologia.
In termini economici ciò significa migliorare il margine operativo lordo (MOL) o EBITDA che dir si voglia e, in termini finanziari, ciò
comporta la maggiore appetibilità dell’azienda per gli investitori (tutto ovviamente in linea teorica ed a parità delle altre condizioni al contorno). Dunque l’operazione, una volta ammortizzato l’investimento in innovazione (va detto oggi peraltro in Italia facilitato anche da sostegni di tipo pubblico), si presenta decisamente vantaggiosa per l’impresa e, se terminasse qui, dovremmo mettere a saldo un guadagno degli azionisti da contrapporre ad un aumento di disoccupazione.
Ma, in funzione delle scelte aziendali,
questo non è l’unico bilancio possibile dal momento che le risorse liberate possono, almeno in parte, essere destinate a nuovi investimenti per lo sviluppo di nuovi prodotti che porteranno a nuovi posti di lavoro,
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
più qualificati e meglio retribuiti. Un primo strumento che potrebbe quindi essere utilizzato dalle imprese al fine di governare l’impatto sul lavoro dell’innovazione, potrebbe essere costituito dalla definizione e comunicazione esterna di un indicatore di performance che esprima la quota di MOL destinata a nuovi investimenti ed ai nuovi posti di lavoro da essi generati. Un secondo livello di tale strumento, laddove l’azienda sia una multinazionale o comunque multi-sito, sarà costituito dall’espressione del luogo o Paese nel quale il nuovo investimento verrà
effettuato. Infatti, come eṀcacemente messo in luce dalla Xxxxxxx, la disarticolazione tra le fasi di innovazione e produzione potrebbe portare a perdita di posti di lavoro in un Paese (anche in un’azienda che paradossalmente potrebbe funzionare già bene sotto il profilo economico) per produrre nuovo lavoro in
un altro luogo, operazione palesemente contraria all’etica diffusa quand’anche legittima sotto il profilo giuridico e quindi generatrice di conflitto.
L’ORGANIZZAZIONE
Il modificarsi del rapporto tra lavoro ripetitivo e lavoro ideativo rende più adatte nuove forme di organizzazione, più flessibili e dinamiche, in grado di sfruttare meglio le potenzialità dell’innovazione tecnologica. Un esempio è costituito dal ricorso al telelavoro
o al lavoro agile (smart working): il lavoro ideativo, o la creazione di software, infatti non necessita di una significativa presenza fisica sul luogo di lavoro, ma tuttavia tali forme di lavoro risultano ancora molto poco praticate da parte delle imprese. Esse appaiono generalmente resistenti al cambiamento
ed ancora troppo legate a modelli organizzativi di tipo gerarchico, sovente troppo burocratizzati, che non facilitano lo svolgimento delle attività a maggiore valore aggiunto, con più elevato tasso di creatività e minore ripetitività. Il lavoro ideativo necessita generalmente di maggiore autonomia e libertà, ma molte imprese ancora oggi non rinunciano ad elevati livelli di controllo e considerano la razionalità e la procedura come principale fondamento del sistema organizzativo. Osserva De Masi: “tutti i calcoli ed i mercati e i cronometri che si usano
per stabilire e controllare l’orario di lavoro dell’operaio e dell’impiegato non valgono per chi svolge attività ideativa: anzi, imbrigliando
i creativi entro un’organizzazione basata su rigidi criteri metrico-decimali di tipo fordista, si scava la fossa alla loro creatività, che è sintesi vitale tra fantasia e concretezza, tra sfera razionale e sfera emotiva, indispensabile al successo delle imprese postindustriali”.
È necessaria, insomma, un’organizzazione più razionale dei tempi e dei luoghi della produzione, che svincoli il lavoro ideativo dalle categorie rigide del modello fordista e, al contempo, ne liberi pienamente il potenziale attraverso l’investimento in tecnologie, formazione e ricerca. Qui emerge la relazione costitutiva fra innovazione e ricerca
responsabili. Inoltre, la riconfigurazione in termini partecipativi e responsabili dei processi produttivi implica la capacità di
mettere in comunicazione ambiti disciplinari tradizionalmente differenti, che vanno dalle scienze tecnologiche alle scienze sociali, fino alle scienze umanistiche, in linea con
la filosofia che ha ispirato, negli ultimi anni, i programmi europei. Anche qui, alcuni steccati ereditati dal passato devono necessariamente essere decostruiti: se la ricerca universitaria ha più diṀcoltà in questo senso, essa rimane per le imprese e per la ricerca industriale di una necessità vitale.
Certamente, in questo quadro, lo Stato non può essere semplice spettatore: esso deve agevolare, nell’ambito di una strategia
complessiva, i processi innovativi, favorendo una loro sistematizzazione in termini normativi.
Inoltre, un altro punto di riferimento rispetto al quale posizionare le imprese, è costituito dal fatto che, nonostante la differenza del livello di scolarità tra vertici delle aziende e lavoratori sia ridotta rispetto al passato, non altrettanto può dirsi per quanto concerne le retribuzioni ed i sistemi incentivanti, per i quali il divario è altresì sempre più elevato. Dunque la capacità di un’impresa di adattare il proprio modello organizzativo alle innovazioni introdotte, può dar vita ad un nuovo gruppo di indicatori della capacità di governare il cambiamento indotto sul lavoro in modo responsabile.
LA RIDUZIONE DELL’ORARIO DI LAVORO
Un paradosso del nostro tempo è certamente costituito dal fatto che in presenza di un
alto tasso di disoccupazione, specialmente giovanile, in molte organizzazioni si ricorre sovente ad elevati quantitativi di lavoro straordinario. Elevati residui di permessi e ferie non godute, nonché il prolungamento dell’età lavorativa, costituiscono altri effetti del medesimo male. Ma se è vero che la tecnologia è in grado di sostituire il lavoro umano nelle attività ripetitive, ciò significa anche che sarà sempre più necessario, oltre che favorire la creazione di nuovo lavoro
di tipo ideativo, anche distribuire in modo più equo ed omogeneo ciò che resta del lavoro di tipo ripetitivo. Dunque un ulteriore indicatore può essere rappresentato dalla capacità di distribuzione equa del lavoro.
LA FORMAZIONE CONTINUA
Come già più volte sottolineato, il tipo di lavoro richiesto si sposta sempre più da ripetitivo a ideativo e quest’ultimo, nei tanti e variegati nuovi ambiti applicativi, richiede l’acquisizione di un sempre più vasto spettro di conoscenze e di nuove abilità. Sovente
si rischia di scivolare in un atteggiamento vagamente qualunquista secondo il quale all’imprenditoria privata spetta il compito di fare gli investimenti in innovazione, mentre al sistema formativo sostenuto da risorse pubbliche viene aṀdato il compito di preparare le vecchie e le nuove generazioni alle nuove sfide del lavoro. Spesso le due fasi, ovvero il momento dell’investimento innovativo e quello della necessaria riqualificazione, non avvengono in modo suṀcientemente coordinato nei modi e nei
tempi. Perciò nulla vieta che un’impresa, tutto
sommato nel suo stesso interesse, possa investire parte delle risorse liberate, nella formazione del proprio personale, perlomeno di quello per il quale una riconversione, almeno parziale, sia ragionevolmente fattibile. Altro indicatore della capacità di governance dell’impatto sul lavoro, conseguente all’innovazione tecnologica introdotta al proprio interno, è quindi costituito dalla capacità dell’impresa di pianificare e realizzare percorsi finalizzati all’innalzamento del livello di preparazione tecnica e culturale dei propri lavoratori.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO |
LA RICERCA RESPONSABILE |
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
IL NUOVO RUOLO DEI MANAGER
Spesso immessi all’interno di imprese burocratizzate, aderenti alla struttura gerarchica secondo il modello piramidale delle organizzazioni, essi rappresentano comunque uno dei principali centri decisionali ancora in grado di agire con intraprendenza e rapidità, sviluppare progetti, allocare risorse ed approvare piani di sviluppo.
Forse più di ogni altra categoria, i manager di oggi avrebbero la possibilità, a patto di un cambiamento del paradigma culturale di riferimento, di divenire promotori di
profonde innovazioni all’interno delle proprie organizzazioni, rendendole ambienti idonei alla sperimentazione di nuovi approcci finalizzati a far sì che le notevoli opportunità offerte oggi dalla tecnica possano essere dirette ad un reale miglioramento della qualità della vita di tutti. Ma perché ciò possa almeno in parte realizzarsi, c’è il bisogno di una classe dirigente selezionata sulla base dei meriti effettivi piuttosto che della fedeltà
e sull’omologazione delle idee, svincolata da ogni forma di clientelismo, coraggiosa ed autonoma, oltre che competente, nell’assumere le decisioni sulle importanti scelte che influenzeranno il futuro di milioni di lavoratori.
Non è diṀcile trovare indicatori in grado di delineare le imprese all’interno delle quali operino siffatti manager. Per esempio la trasparenza delle modalità attraverso le quali i manager stessi vengono selezionati, la capacità di operare per processi organizzati anche attraverso nuove e più flessibili modalità, il merito riconosciuto anche e soprattutto sulla base del raggiungimento
di risultati di senso allargato piuttosto che attraverso mere e miopi misurazioni di stampo fordista.
L’EQUILIBRIO TRA COMPETIZIONE E COOPERAZIONE
Si è detto, parlando del ruolo dei manager,
dell’orientamento, quasi imperante da decenni, della classe dirigente verso obiettivi di massimizzazione della capacità competitiva e del profitto, a scapito dei cosiddetti ‘competitors’ e molto frequentemente
anche dell’ambiente, delle parti interessate e della collettività in generale. Ma la
competizione, predicata come un mantra per decenni da quasi tutti i maggiori esponenti dell’economia globale, comporta, come ultima conseguenza, il soccombere del più debole ed è portatrice di una visione miope
e non sostenibile del mondo. Quando i vincitori della competizione, generalmente pochi, saranno divenuti sempre più ricchi e gli
sconfitti, generalmente moltitudini, saranno sempre più poveri, chi potrà permettersi di acquistare i prodotti realizzati dai vincitori? Ne discende che la società estremamente competitiva è tendenzialmente una
società suicida. Lo statunitense Xxxxx Xxxx, sostenitore della cosiddetta ‘progressive education’, afferma che “cercare di fare bene qualcosa e cercare di battere gli altri sono due cose diverse”. Un’impresa innovatrice può certamente divenire più competitiva grazie all’innovazione, ma non è detto che non possa nello stesso tempo anche divenire un’azienda più cooperativa, assicurando tra l’altro (come Daxxxx xffermava in merito alla necessità di cooperazione tra i membri di una comunità ai fini della propria sopravvivenza) sé stessa ed il proprio futuro. Anche su questo fronte, per un’impresa il cui vertice abbia acquisito consapevolezza di ciò, si apre la possibilità di una governance del fenomeno agendo innanzi tutto sulla propria vision
e mission aziendale, includendo i vincoli della capacità competitiva senza trascurare la necessità di cooperare, comunicando e declinando tali strumenti in politiche, obiettivi ed azioni coerenti che, a cascata, andranno
ad agire sulla complessità delle trasformazioni in atto e, tra di esse, anche sullo sviluppo di una governance delle evoluzioni future del mondo del lavoro.
Nella già citata opera, De Xxxx xfferma che sulla carta esistono tutte le condizioni perché dalle aziende escano ogni sera prodotti perfetti e lavoratori felici, ma gli esseri
umani sono in grado di stravolgere in danno
anche le migliori invenzioni e condizioni. Così la riduzione del lavoro è tradotta in disoccupazione, il tempo libero è tradotto in consumismo, noia, scioperataggine, violenza; la longevità è tradotta nell’inerzia forzata
del pensionamento. De Maxx xi chiede se sia possibile evitare queste degenerazioni, affrontando in modo ampio la complessità di quella che definisce la metamorfosi del
lavoro. Non v’è dubbio che, tra le tante cose da fare per governare questi fenomeni, un impegno concreto da parte delle imprese nel modificare i propri comportamenti possa costituire, in attesa delle riforme strutturali secondo un modello top-down
e dei cambiamenti dei paradigmi culturali necessari, un approccio che anche nel breve periodo può potenzialmente produrre un primo livello di governance di tipo bottom-up delle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro.
Ma se questo è vero, come rendere tale prospettiva non un’eventualità sporadica, ma una sorta di orientamento seguito da un numero consistente di organizzazioni imprenditoriali? L’occasione è propizia per formulare una proposta che raccolga,
sviluppandola ulteriormente, l’eredità lasciata da un precedente lavoro1 e dalla Prassi di Riferimento UNI/PdR 27:2017 “Guidelines for management and processes development for responsible innovation” (2017). Tali strumenti nel loro insieme hanno non solo delineato
un quadro di riferimento concettuale della RRI, ma anche cercato di fornire alle imprese un possibile metodo d’azione. Quest’ultimo, definito a suo tempo in modo assolutamente
generale e concentrato sui requisiti di un sistema di governance dell’innovazione responsabile in azienda, potrebbe oggi essere arricchito di una sorta di linea guida, contenente alcune esemplificazioni messe a fuoco sul tema della governance dell’impatto sul lavoro derivante dall’introduzione
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di innovazione nei processi produttivi, sviluppando ed ampliando opportunamente le idee sopra esposte.
NUOVI RISCHI E IMPATTI LEGATI ALL’INNOVAZIONE
L’evoluzione delle conoscenze e
l’introduzione di innovazioni tecnologiche nei processi di lavoro generano la nascita dei c.d. “rischi emergenti” per la salute
e la sicurezza, ovvero quei rischi definiti nuovi e/o in aumento: alcuni esempi sono i rischi legati allo stress lavoro-correlato, alle nanotecnologie e alla robotizzazione dei processi. In particolare, l’Osservatorio Europeo dei Rischi dell’Agenzia di Bilbao EU-OSHA definisce “Nuovo” un rischio che non esisteva prima ed è quindi causato da
nuovi processi, nuove tecnologie, nuovi tipi di materiali utilizzati e nuove conformazioni dei luoghi di lavoro, o da trasformazioni sociali e/o organizzative; oppure è un problema
di lunga data da poco considerato rischio a causa di un cambiamento della percezione sociale o pubblica; oppure, infine, le nuove conoscenze scientifiche consentono di identificare come rischio un problema noto e di lunga durata. Il rischio è considerato
“in aumento” se cresce il numero di cause che conducono al rischio; oppure aumenta
l’esposizione al rischio (livello di esposizione e/o numero di persone esposte); oppure infine l’effetto del rischio sulla salute dei lavoratori sta peggiorando (gravità degli effetti per la salute e/o del numero di persone interessate).
Pertanto risulta fondamentale prevenire i possibili effetti legati all’introduzione di nuove tecnologie e nuove modalità lavorative nonché ai cambiamenti sociali sulla salute e la sicurezza in ambiente di lavoro.
Secondo la teoria della diffusione dell’innovazione di Xxxxxx, ciascuna innovazione segue un cammino preciso di diffusione (dove, per diffusione, si intende “quel processo attraverso il quale l’innovazione è comunicata attraverso dei canali e in un certo periodo di tempo ai membri di un sistema sociale”). In tale processo di diffusione esiste una prima categoria di acquirenti (early adopter)
caratterizzata da uno stato socio-economico più elevato, per esempio da un maggiore grado di istruzione, che ne incrementa la sensibilità verso il contenuto innovativo e quindi la rende più propensa ad adottare per prima le innovazioni. Tale gruppo, a sua volta, svolge un ruolo fondamentale nell’influenzare la successiva adozione dei nuovi prodotti da parte prima di una maggioranza anticipatrice (early majority), poi da una maggioranza ritardataria (later majority) e infine dagli utilizzatori ritardatari (laggards), caratterizzati da un basso stato socioeconomico e da una minor apertura all’innovazione.
Seguendo tale assunto, si può comprendere l’importanza primaria di trasferire i temi
della innovazione responsabile già ai suoi primi utilizzatori al fine di anticiparne gli impatti sociali, economici, ambientali e di salute e quindi contribuire ad incrementare la consapevolezza della maggioranza
dei successivi acquirenti. Tale approccio virtuoso si potrebbe tradurre inoltre in un miglioramento generale dei livelli di
sostenibilità dell’innovazione, instaurando quindi un potenziale circolo virtuoso di sviluppo dei prodotti e dei processi.
Un esempio di approccio anticipatore, già proposto in ambito di salute e sicurezza occupazionale, è fornito dal c.d. concetto di prevention-through-design (PtD, conosciuto anche come safety-by-design, SbD), secondo cui le tematiche degli impatti sono affrontate già nella fase di progettazione del processo e del prodotto, al fine di prevenire e minimizzarne i rischi associati. Tali aspetti assumono particolare rilevanza nell’ambito dell’introduzione e sviluppo di tecnologie innovative e possono interessare tutti i settori industriali e delle KETs, per cui il PtD rappresenta uno strumento utile per ridurre le problematiche di salute e sicurezza, anche in un’ottica di valutazione costi- eṀcacia dell’innovazione introdotta e di regolamentazione.
L
3.4 L’importanza della Normazione e Certificazione
’Ente Italiano di Normazione (UNI) in Italia, insieme al Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI) per gli aspetti
elettrotecnici, in qualità di enti di
normazione italiani riconosciuti dal Decreto legislativo 223/2017 e dal Regolamento UE 1025/2012 sulla normazione tecnica consensuale, sono chiamati dal mercato
a promuovere lo sviluppo di norme tecniche, ovvero standard, che sostengano la Ricerca e l’Innovazione Tecnologica e supportino il legislatore. Il ruolo che gli Enti di normazione
sono chiamati a ricoprire in molteplici settori è quello di fornire supporto e di accompagnare una trasformazione della Società che pone non solo la “macchina” o “la tecnologia” al centro dell’attenzione, ma garantisce la centralità delle “persone”, la tutela dei lavoratori, la sicurezza e la qualità dei prodotti, dei servizi e processi, l’innovazione e la competitività delle organizzazioni, la digitalizzazione delle imprese ed il rilancio di crescita ed occupazione.
L’importanza delle norme tecniche è insita nella loro stessa natura, trattandosi di documenti elaborati consensualmente dai rappresentanti di tutte le parti interessate (imprese, professionisti, associazioni,
enti pubblici, centri di ricerca e istituti scolastici, rappresentati del mondo del lavoro, produttivo e istituzionale) mediante un processo di autoregolamentazione.
Nella Dichiarazione dei Ministri del G7 ICT e Industria, riunitosi a Torino, è stato
chiaramente espresso il concetto secondo il
quale le norme tecniche volontarie, sviluppate in modo “aperto, trasparente e basato sul consenso e con un approccio guidato dal mercato”, sono fondamentali per il progresso verso un mondo digitalmente connesso e mezzo per promuovere obiettivi economici
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e sociali, l’interoperabilità e la competitività. Esse costituiscono una piattaforma aperta di scambio per promuovere soluzioni innovative. La normazione è inoltre considerata come “asset” strategico per
rispondere in modo eṀciente ed eṀcace alle nuove sfide dell’era digitale.
Gli Enti di normazione, quindi, rivestono oggi il ruolo di ‘facilitatori’, di collettori di bisogni di un mercato in rapida evoluzione, in cui l’innovazione diventa elemento di cambiamento, trasformazione dirompente, evoluzione migliorativa e di creazione di valore. Sia a livello nazionale che livello europeo ed internazionale (in cui l’UNI rappresenta l’Italia nei tavoli tecnici di normazione CEN ed ISO), gli enti di normazione rappresentano piattaforme
di dialogo, di scambio di know-how, e competenze e di confronto tra esperti appartenenti a diversi settori e discipline. Questo scambio di saperi, di condivisione trasferimento della conoscenza, promuove di per sé un processo volto all’innovazione.
IL RUOLO DELLE NORME
La normazione stessa “innova” e si “rinnova” continuamente. Partendo da una prevalente produzione di specifiche tecniche relative ai prodotti, tipica degli anni ’60 e ’80, si è arrivati nel tempo a norme rivolte alla definizione
di processi, di sistemi, ed alla cosiddetta ‘servitisation’, fino allo sviluppo di norme che promuovono nuovi approcci, modelli e valori indirizzati alla Governance (per
esempio: economia circolare, responsabilità sociale, RRI). Sempre più spesso oggi si pone l’accento sull’utilizzo delle conoscenze per aiutare le organizzazioni a sfruttare il
loro potenziale di business, attraverso una riflessione sui valori e sui principi con cui operano. Le norme diventano dunque documenti tecnici che forniscono non più solo requisiti (per prodotti, processi, servizi, professioni), ma che trasmettono anche valori, e rappresentano oggi leve strategiche di posizionamento, accesso e penetrazione del mercato.
Ogni norma tecnica pubblicata è frutto di un complesso processo consensuale,
trasparente e democratico, che coinvolge tutti gli stakeholder interessati. Spesso confuse con leggi e regolamenti, la cui applicazione è obbligatoria, le norme tecniche, pur volontarie, rivestono un ruolo fondamentale di supporto alla legislazione (in quanto soft law) ed alle policies, in particolar modo nei settori nuovi non ancora regolamentati. Oltre alle norme sviluppate dai tavoli tecnici di normazione nazionale, un altro prodotto specifico della normazione nazionale italiana, particolarmente adatto
a promuovere l’Innovazione, sono le prassi di riferimento (UNI/PdR), istituite nel 2012, che sono documenti tecnici para-normativi (così definiti dal Regolamento Europeo 1025/2012 come prodotti della normazione) e che supportano il trasferimento della
Conoscenza e dell’Innovazione. Le UNI/ PdR, elaborate rapidamente grazie ad un processo di condivisione dei contenuti ristretta ad un numero limitato di esperti, sono strumenti pensati per contribuire alla preparazione di contesti di sviluppo per
le future attività di normazione tecnica nazionale e internazionale. Quali documenti di applicazione volontaria e di applicazione sperimentale, le Prassi sono nei fatti propedeutiche a future attività di normazione e aiutano a ‘sondare il terreno’ in nuovi settori, promuovendone la diffusione di conoscenza e buone pratiche sul mercato anche grazie alla loro messa a disposizione gratuita sul sito UNI.
NORME TECNICHE ED INNOVAZIONE
Il Regolamento UE 1025 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 sulla normazione europea ribadisce che:
La normazione europea contribuisce anche a promuovere la competitività delle imprese agevolando in particolare la libera circolazione dei beni e dei servizi, l’interoperabilità delle reti, i mezzi di comunicazione, lo sviluppo tecnologico e l’Innovazione;
Le norme possono contribuire, unitamente alla politica dell’Unione, ad affrontare le principali sfide di carattere sociale quali il cambiamento climatico, l’uso sostenibile delle risorse, l’Innovazione, l’invecchiamento della popolazione, l’integrazione delle persone
con disabilità, la protezione dei consumatori, la sicurezza dei lavoratori e le condizioni di lavoro.
Anche nella formulazione del nuovo programma europeo di finanziamento alla ricerca, Horizon Europe (2021-2027), si parla della normazione come attività di “valorizzazione” dei risultati della ricerca.
Uno dei benefici della normazione volontaria è quello di codificare le buone pratiche, diffondere rapidamente la conoscenza
e trasferire i risultati della ricerca al mercato, promuovendo in questo modo il trasferimento tecnologico. Inoltre, il
processo di normazione, in quanto tale, è un processo di condivisione della conoscenza e di produzione della conoscenza, perché
la normazione è una piattaforma di scambio di informazioni per i diversi attori che provengono da contesti differenti ed hanno capacità e conoscenze anche molto diverse tra loro, spesso complementari. Il mondo della ricerca, l’industria, la pubblica amministrazione, gli utenti e i consumatori di prodotti finali possono trovare sui tavoli della normazione tecnica un terreno su
cui confrontarsi e mettere a fattor comune le migliori soluzioni. Le norme tecniche
- i così detti standard – riflettono lo stato dell’arte aggiornato di una tecnologia, di un prodotto o di un servizio, e questo è particolarmente rilevante nel campo delle
tecnologie emergenti ed innovative (si pensi all’Intelligenza Artificiale o Blockchain).
In questo scenario, le norme sono uno strumento di grande valore per promuovere la commercializzazione di nuovi prodotti e l’autoregolamentazione del mercato, perché contribuiscono a stabilire le regole del gioco per quei mercati che sviluppano prodotti
e servizi innovativi, soprattutto quando si affronta il tema dell’interoperabilità o per rassicurare i consumatori sulla sicurezza e l’aṀdabilità, in particolare riguardo alle tecnologie percepite come rischiose.
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Le norme stesse possono fungere da riferimento per la Ricerca e l’Innovazione. Ciò vale in particolare per la terminologia e le norme di classificazione nel settore della ricerca di base. Le norme sulla metrologia, sulla misurazione e sui metodi di prova sono più importanti per la ricerca applicata. Le norme sui requisiti di qualità, salute e sicurezza sono cruciali per la penetrazione del mercato.
Infine, le norme tecniche che trattano il tema della compatibilità possono promuovere la diffusione di tecnologie e prodotti, soprattutto nelle industrie di rete, o consentire il riutilizzo di componenti, cruciale per l’economia circolare.
In tale ottica le imprese possono utilizzare la normazione come strumento strategico eṀcace. Ad esempio, le norme possono
essere utilizzate in una fase iniziale di sviluppo per preparare il mercato per un nuovo prodotto definendo un vocabolario comune, o stabilendo le caratteristiche essenziali di un prodotto o servizio.
Le norme promuovono la trasparenza e la fiducia nel processo di innovazione. Elaborate da esperti di tutto il mondo,
attraverso un processo basato sul consenso sono garanzia di tutela dei consumatori. Gli standard per le misurazioni e i test aiutano le aziende innovative a dimostrare ai clienti
che i loro prodotti innovativi possiedono le caratteristiche che dichiarano di avere, sono sicuri, di buona qualità e rispettano l’ambiente.
L’utilizzo di norme - sia che si tratti di progettare un prodotto specifico, gestire e ottimizzare la produzione o fornire un servizio - può aiutare l’azienda a ridurre i costi e migliorare l’eṀcienza dei processi
(ad esempio, gli standard possono aiutare a mantenere prodotti di buona qualità, ridurre gli sprechi, ottimizzare l’uso dello stoccaggio, aumentare l’eṀcienza operativa, facilitare la movimentazione delle merci). Tutto questo contribuisce a ridurre il rischio economico
e finanziario delle attività di ricerca e innovazione. Le norme possono anche snellire lo sviluppo di nuove tecnologie e prodotti correlati, attraverso processi e sistemi di cui è noto il funzionamento. In questo modo, gli standard possono ridurre i tempi di commercializzazione delle nuove tecnologie o impedire il vendor lock-in.
Pertanto, le norme rappresentano uno strumento eṀcace per diffondere approcci, metodologie alle Imprese e
alle Organizzazioni che vogliono operare in modo più eṀciente, sostenibile e responsabile.
GESTIONE DELL’INCERTEZZA
La natura del fenomeno innovativo comporta una valutazione dei rischi e delle incertezze che devono essere considerati, bilanciati e gestiti attraverso una sperimentazione che lasci spazio sia alle nuove opportunità, ma
che consideri anche i rischi correlati. Nei principi delineati dalla UNI ISO 31000:2018, si afferma che lo scopo della gestione del rischio è la protezione del valore creato.
Al riguardo appare più appropriato introdurre il Principio di Precauzione che, contrariamente all’opinione diffusa, non prescrive l’astensione dal praticare le forme di Innovazione i cui rischi non siano pienamente comprensibili
dal punto di vista scientifico. Nella sua ricerca costante di un punto di equilibrio tra le minacce (reali o presunte) e i benefici attesi, con la ricerca di comportamenti responsabili, tempestivi e adeguati, esso
tende costitutivamente a rendere accettabili alcune minacce a fronte di una maggiore quantità e qualità di vantaggi per la collettività.
Tale principio è uno strumento dinamico che segue l’evoluzione del settore e periodicamente verifica che le condizioni di accettabilità siano continuamente assicurate.
Esso mira quindi a rendere transitoriamente possibile lo sviluppo industriale di innovazioni i cui impatti non siano ancora pienamente definiti dal punto di vista scientifico.
Il tema della gestione dei rischi legato all’utilizzo delle nuove tecnologie è stato affrontato anche nel contesto del progetto europeo FP7 iNTeg-Risk. Il lavoro condotto ha portato alla elaborazione di un documento pre-normativo (il CEN Workshop Agreement 16649:2013 Managing emerging technology related risks), il quale cerca di fornire un quadro di riferimento per la gestione del rischio emergente, che combina i concetti della gestione del rischio in generale con
il quadro di Governance proposto dal
Consiglio per la governance dei rischi (IRGC) che enfatizza la comunicazione con le
parti interessate durante l’intero processo di gestione del rischio.
GESTIONE E SVILUPPO DI PROCESSI PER L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
La prassi di riferimento UNI/PdR 27 del 2017
“Linee guida per la gestione e lo sviluppo di processi per l’Innovazione Responsabile” parte dal presupposto che, sebbene non sia possibile definire attraverso un quadro normativo il fenomeno dell’innovazione
in quanto fenomeno non normabile, cioè standardizzabile, per sua natura intrinseca, è tuttavia possibile codificare i meccanismi attraverso i quali il nuovo entra nel mondo, definendo il processo attraverso cui è possibile governare l’innovazione.
Il documento suggerisce una serie di criteri e fornisce strumenti utili per orientare il processo di Innovazione verso un approccio di responsabilità sociale, in modo tale che
l’intervento di ricerca e sviluppo sia finalizzato al progresso e al miglioramento della qualità della vita, secondo le aspettative delle diverse parti interessate e che sia complessivamente sostenibile sul piano ambientale, sociale ed economico. La prassi di riferimento propone un modello fondato su tre aspetti principali:
🡢 La condivisione dei fini;
🡢 L’impiego delle risorse;
🡢 La gestione dei rischi, sia quelli effettivi che quelli potenziali.
In primo luogo, la condivisione dei fini dell’innovazione implica la necessità di
definire un sistema in cui le decisioni strategiche di interesse collettivo in tema di innovazione non siano prerogativa di pochi soggetti, ma tengano conto delle aspettative, sia esplicite che latenti, delle diverse parti interessate e della quantità di risorse disponibili, nell’ottica di definire una
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sorta di lista delle priorità sulle quali si intende investire.
L’impiego delle risorse riguarda la scelta della loro destinazione e solleva la questione dell’eṀcienza dell’utilizzo delle risorse stesse. EṀcienza che non si riferisce alla
trasformazione delle risorse in un risultato, ma la trasparenza e la congruenza delle risorse impiegate, rispetto alle attività che sono
state effettivamente svolte, quindi evitando comportamenti opportunistici che si basano solo sulla congruità da un punto di vista contabile/economico, ma che non tengono conto della congruità tra punto di vista scientifico e punto di vista tecnico.
Ed infine, ultimo, ma non per questo meno importante dei tre aspetti principali del Modello definito nella prassi di riferimento, è la gestione dei rischi effettivi e potenziali che si esplicita sostanzialmente nell’introduzione ed applicazione del ‘Principio di precauzione’
APPENDICE
, cioè di quel criterio di condotta ispirato, attraverso la relazione con gli stakeholders, alla ricerca del punto di compatibilità tra lo sviluppo tecnico-scientifico necessario al progresso dell’umanità ed il controllo dei rischi potenziali associati a tale sviluppo.
Nel modello elaborato vengono anche definiti i requisiti di un Approccio per l’Innovazione
Responsabile, vale a dire si definiscono quali sono gli impegni che un’Organizzazione (pubblica o privata) deve assumersi per essere considerata responsabile:
🡢 Definire gli ambiti significativi della propria attività attraverso un confronto sistematico e condiviso con gli stakeholders di riferimento;
🡢 Adottare le misure necessarie per un’appropriata gestione del rischio;
🡢 Applicare il principio di precauzione includendo gli ambiti identificati come significativi, in modo esplicito od implicito, dagli stakeholders di riferimento
🡢 Individuare gli indicatori più opportuni per poter misurare – ma anche successivamente riesaminare e gestire al meglio - la propria performance;
🡢 Individuare gli obiettivi per ciascun indicatore, tenendo a riferimento le aspettative degli stakeholders, i
benchmarks esterni, i vincoli strutturali interni di tipo organizzativo, ecc…;
🡢 Riesaminare le prestazioni su ciascun indicatore;
🡢 Relazionarsi con fornitori, partners, filiere, reti di imprese ed organizzazioni dedicate alla ricerca e promuovere i principi della prassi stessa
🡢 Infine, diffondere la conoscenza, ovvero l’organizzazione deve definire ed attuare azioni di comunicazione, informazione e formazione degli stakeholders, aumentando il livello di consapevolezza.
È opportuno ricordare che, in tema di Responsabilità Sociale, è stata pubblicata la Prassi di Riferimento UNI 51:2018
“Responsabilità sociale nelle Micro e Piccole Imprese e nelle imprese artigiane, ovvero imprese a valore artigiano- Linee guida per l’applicazione del modello di responsabilità sociale secondo UNI ISO 26000”, finalizzata a sostenere la Responsabilità Sociale nelle imprese a valore artigiano, anche attraverso strumenti di autovalutazione rispetto
alle tre dimensioni dell’ambiente,
della Governance e del sociale. Questo documento è il risultato di un percorso condotto da Confartigianato Lombardia insieme ad UNI e promosso da Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia. La finalità di questa prassi è di portare le PMI e le imprese artigiane ad una visione di responsabilità sociale più sistematica ed
esplicita, pianificata e gestita con strumenti manageriali. La definizione di questa prassi di riferimento rappresenta l’esito di un percorso nato nella convinzione che la responsabilità sociale sia una fondamentale leva strategica per la crescita competitiva
delle imprese a valore artigiano. Intraprendere la strada verso una visione di Responsabilità Sociale d’Impresa più sistematica e gestita con strumenti manageriali si traduce, per un’impresa, in una possibilità concreta di comunicare in modo trasparente con i propri stakeholders, guadagnando credibilità, e di valutare e far valutare la propria capacità di concorrere alla crescita non solo del proprio business, ma dell’intero tessuto economico- sociale in cui si opera, in una logica “win-win”.
Infine va ricordato che La norma UNI ISO 20400: 2017 “Acquisti sostenibili- Guida” fornisce una guida per tutte le organizzazioni di qualunque attività o dimensione, per integrare la sostenibilità negli acquisti, come descritto nella ISO 26000. Questa norma internazionale ha l’obiettivo di: garantire la sicurezza nella
catena di approvvigionamento; prevenire i rischi finanziari, ambientali e di reputazione; favorire la fiducia degli investitori e dei clienti; promuovere il benessere dei dipendenti; contribuire all’apertura di nuovi mercati di prodotti e servizi. La norma è rivolta agli stakeholders interessati o coinvolti in decisioni o processi di acquisto.
LE NORME DI RIFERIMENTO
Partendo dalla considerazione che sebbene a livello di normazione volontaria nazionale, europea e internazionale non esistano strumenti specifici riguardanti direttamente la RRI, riteniamo utile fornire
dei riferimenti relativi alla normativa esistente, e che vengono oggi considerati dalle varie organizzazioni nella gestione dei propri processi e delle proprie risorse.
I riferimenti a livello internazionale per la gestione del rischio e la responsabilità sociale sono rappresentati dai seguenti documenti ISO, che sono ad applicazione volontaria, coerenti con un approccio “soft law”:
🡢 UNI ISO 31000:2018 ‘Gestione del rischio
– Linee Guida’
🡢 UNI ISO 26000:2010 ‘Guida alla responsabilità sociale’
Queste norme contengono linee guida, ossia introducono raccomandazioni e non specifiche tecniche, per cui consentono un’implementazione più morbida e non danno spazio a evidenze di certificazione.
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In tema di Responsabilità Sociale, nel 2018, la collaborazione tra UNI e Fondazione SODALITAS ha portato alla pubblicazione
della UNI/PdR 18 ‘Responsabilità sociale delle organizzazioni- Indirizzi applicativi alla UNI ISO 26000’. Questo documento fornisce una serie di elementi di supporto per affrontare i sette temi centrali della responsabilità sociale: Coinvolgimento e Sviluppo della comunità; Diritti umani; Rapporti e condizioni di lavoro; Ambiente; Corrette pratiche gestionali; Aspetti relativi ai consumatori e la Governance.
Tutto ciò in relazione a tre aspetti che sono sentiti fondamentali e/o critici nel processo di integrazione della Responsabilità Sociale nelle organizzazioni: la materialità, responsabilità e il coinvolgimento degli stakeholders.
Per quanto riguarda invece le norme sui sistemi di gestione, le seguenti norme e i relativi documenti collegati, sono norme cardine che hanno larga diffusione a livello internazionale:
🡢 UNI EN ISO 9001:2015 Sistemi di gestione per la qualità– Requisiti
APPENDICE
🡢 UNI EN ISO 9004-2018 Gestione per la qualità- Qualità di un’organizzazione- Linee guida per conseguire il successo durevole
🡢 UNI EN ISO 14001:2015 Sistemi di gestione ambientale – Requisiti e guida
per l’uso
🡢 UNI ISO 45001:2018 Sistemi di gestione della sicurezza sul lavoro- Requisiti e guida per l’uso
Se da un lato il compito delle norme non è quello di definire, indicare ad una
organizzazione quali siano le idee innovative da sviluppare, le norme sui sistemi di gestione dell’Innovazione forniscono un quadro di riferimento, dei meccanismi per strutturare
il processo di Innovazione in modo eṀcace, ed una cassetta degli attrezzi per la gestione dell’innovazione. L’approccio ‘top down’ seguito dal CEN, in particolare dal CEN/TC 389 ‘Innovation management’, è stato quello di definire a priori un modello per il processo di gestione dell’innovazione e poi tutte le componenti della norma. Le norme sono state recepite in Italia come:
UNI CEN/TS 16555:2015 Gestione
dell’innovazione
🡢 Parte 1 Sistema di gestione dell’innovazione
🡢 Parte 2 Gestione dell’intelligence strategica
🡢 Parte 3 Orientamento all’innovazione
🡢 Parte 4 Gestione della proprietà intellettuale
🡢 Parte 5 Gestione della collaborazione
🡢 Parte 6 Gestione della creatività
🡢 Parte 7 Valutazione della gestione dell’innovazione
Tali documenti costituiscono la base dei lavori condotti in ambito internazionale dal
comitato tecnico ISO/TC 279 ‘Innovation management’. Infatti, sono in fase di elaborazione e probabilmente di prossima pubblicazione, le norme ISO:
🡢 ISO 56000 Gestione dell’innovazione - Fondamenti e vocabolario
🡢 ISO 56002 Gestione dell’innovazione - Linee guida
🡢 ISO 56003 Gestione dell’innovazione Strumenti e metodi per il partenariato per l’innovazione- Linee guida
Ciò che preme sottolineare, è che in queste norme internazionali viene introdotto
il concetto di Innovazione legato alla creazione/realizzazione di valore sia finanziario che non finanziario, assimilato a benefici tangibili e intangibili. Il valore
di una Innovazione può quindi essere percepito in modo diverso (positivamente o negativamente) da diverse categorie di utenti, o da diversi attori (produttori, distributori, consumatori) della stessa catena del valore.
Vi sono inoltre riferimenti ad altri principi di gestione dell’innovazione ugualmente
rilevanti quali la direzione strategica di attività e strategie di innovazione condivise ed allineate con gli obiettivi generali operativi; una cultura organizzativa che favorisca
lo sviluppo di valori quali l’apertura al cambiamento, l’abilità di uscire dalla ‘comfort zone’ bilanciando lo sfruttamento delle nuove opportunità con la corretta assunzione del rischio; la capacità di rispondere tempestivamente ed adeguatamente
ai cambiamenti ed infine alla gestione dell’innovazione con un approccio sistemico,
considerando elementi interconnessi ed interagenti con una verifica continua dei risultati e del miglioramento continuo del sistema stesso. Nella futura ISO 56002, infine, è particolarmente chiara l’evoluzione del ruolo della leadership nella nuova generazione di norme di sistemi di gestione, dal momento che l’alta direzione è chiamata a definire, prima di tutto, la vision per l’innovazione che guiderà poi la definizione delle politiche, degli obiettivi e delle strategie.
ECONOMIA CIRCOLARE
Il nostro attuale modello economico è dominato da un approccio lineare al
consumo e alla produzione, dove la materia viene coltivata o estratta, e poi trasformata in beni che vengono utilizzati e poi smaltiti.
D’altro canto, l’Economia Circolare - dove le risorse vengono recuperate al massimo della loro qualità e mantenute in circolazione il più a lungo possibile – si sta affermando come uno dei percorsi necessari a minimizzare gli impatti ambientali del nostro sviluppo.
La transizione verso tale tipo di Economia è una straordinaria opportunità per renderla più sostenibile, creare occupazione sul territorio, generare vantaggi competitivi, contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile SDGs ONU. Un approccio circolare cerca di disaccoppiare la crescita economica dal consumo di
risorse. Questo potrebbe aiutare a superare le pressioni sulle risorse derivanti dalla crescita stimata della classe media globale. Il passaggio a questo modello potrebbe creare nuove opportunità economiche e occupazionali e fornire benefici ambientali
attraverso un migliore utilizzo delle risorse. Ad esempio, già nel 2014 si prevedeva un aumento tra i 630.000 e gli 800.000 posti di lavoro in Europa e una riduzione delle emissioni di anidride carbonica tra i 300 e i
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400 milioni di tonnellate di anidride carbonica fino al 2030, grazie all’implementazione di
un modello circolare nel solo ambito del recupero e riciclo di materiali (Advancing Resource Efficiency in Europe 2014). Inoltre il Rapporto “Economic growth potential of more circular economies” nel 2015 calcolava che circa 3,4 milioni di persone fossero già impiegate in attività collegate all’economia circolare in Europa e che l’espansione dell’economia circolare avrebbe portato un
aumento tra 1,2 e 3 milioni di posti di lavoro in Europa entro il 2030.
La Commissione Europea ha adottato nel gennaio 2018 un nuovo, ambizioso
pacchetto di misure sull’Economia Circolare per aiutare le imprese e i consumatori europei. Queste proposte contribuiranno
a “chiudere il cerchio” del ciclo di vita dei prodotti, incrementando il riciclaggio
e il riutilizzo e arrecando vantaggi sia all’ambiente che all’economia. Queste proposte completano il quadro il Piano di Azione per l’economia circolare adottato dalla CE del dicembre 2015 che prevedeva importanti modifiche alla legislazione in materia di rifiuti, fertilizzanti, risorse idriche, per sostenere il passaggio da un’economia lineare ad un’economia circolare, in risposta al cambiamento climatico.
Nel documento di inquadramento e di posizionamento strategico “Verso un modello
di economia circolare per l’Italia”, pubblicato nel 2017 dal Ministero dell’Ambiente e
dello Sviluppo economico, si definisce il posizionamento strategico del nostro Paese sul tema, in continuità con gli impegni adottati nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, in sede G7 e nell’Unione Europea. Il documento programmatico costituisce un tassello importante per l’attuazione della più ampia Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile approvata dal Governo Italiano: l’approccio suggerito è quello di un cambiamento di rotta, basato su un cambiamento strutturale di cui l’Innovazione è il cardine.
Alla luce di questo contesto, XXX ha accolto favorevolmente la proposta di avviare alcuni tavoli di lavoro che hanno portato nel 2018 a: pubblicazione della UNI/PdR 50 “Oli e grassi vegetali ed animali esausti - Linee guida per il processo di raccolta, recupero e trattamento degli oli e dei grassi vegetali ed animali esausti per la produzione di biocarburanti, energia elettrica in cogenerazione ed oleochimica” in collaborazione con CONOE;
pubblicazione della prassi UNI/PdR 46, elaborata su proposta di COREPLA, nella quale vengono definiti i requisiti dei profili professionali degli addetti ai controlli in termini di analisi merceologiche sulla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica; costituzione, a livello internazionale, del Comitato Tecnico ISO/TC 323 “Economia Circolare”, di segreteria francese, che si propone di elaborare norme nell’ambito
dell’economia circolare per sviluppare requisiti, quadri di riferimento, linee guida e strumenti di supporto relativi all’attuazione di progetti di settore.
Il QUADRO DI RIFERIMENTO | LA RICERCA RESPONSABILE | L’INNOVAZIONE RESPONSABILE | LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA | CONSIDERAZIONI FINALI | APPENDICE |
Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia > 71
REPORT
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
72 < Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia
L
e aspettative sociali, i vincoli ambientali e selettivi del mercato globale da un
lato, e quelli cognitivi della generazione di nuova conoscenza dall’altro, rappresentano gli elementi essenziali per una
piena realizzazione del concetto europeo della “Value Chain”. Da diversi anni, e in tale ottica, si sta ormai manifestando una tendenza evolutiva verso la convergenza e l’integrazione fra ricerca pubblica, impresa, attori sociali e autorità governative.
L’Impresa si trova a subire una sfida tecnologica sempre più diṀcile per il numero dei potenziali concorrenti nel mercato mondiale, per la maggiore complessità e rischiosità delle innovazioni da introdurre e per il costo crescente della R&S. L’Università, e in genere la Ricerca Pubblica, si trova a competere sempre più con diversi attori che concorrono al finanziamento pubblico, d’altra parte sempre più esiguo.
La Società nel suo complesso rischia di rimanere un attore passivo dell’evoluzione innovativa, senza poter eṀcacemente intervenire per influenzare la direzione, il ritmo e la diffusione dell’Innovazione.
Il governo centrale e territoriale, pressato da numerose domande sociali ed economiche, si trova obbligato a selezionare, finalizzare
e monitorare strettamente le risorse (assai scarse relativamente alle richieste) che ha a disposizione per sostenere la Ricerca.
A fronte di questo scenario che caratterizza il
nostro Paese, la risposta che appare più logica è creare un sistema di forti interrelazioni tra tutti gli attori dell’Innovazione, in cui ciascuno, pur mantenendo le sue finalità istituzionali, sia in grado di apportare il suo contributo ad un beneficio collettivo condiviso.
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
G
4.1 Rapporto tra Ricerca Pubblica e Sistema delle Imprese
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
uardando alla Value Chain europea, essa parte dal legame esistente tra Ricerca ed Innovazione
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
e, quindi, la prima domanda da porsi a nostro avviso è: quali sono le condizioni necessarie per una collaborazione efficace tra mondo della ricerca pubblica e sistema imprenditoriale?
CONSIDERAZIONI FINALI
APPENDICE
Per rispondere a questa domanda è opportuno riferirsi ad un modello della catena dell’Innovazione che possa essere valido per l’intero complesso dell’industria manifatturiera, che rappresenta la dorsale della nostra competitività. Sebbene la Ricerca sia di per sé una e abbia un obiettivo unico (l’acquisizione di Conoscenza), essa si compone di momenti diversi nella catena dell’Innovazione aṀnché quest’ultima possa giungere ad un valore complessivo che sia economico, ambientale e sociale. Riteniamo che tali momenti possano essere identificati nel seguente modo:
La RICERCA DI BASE che consiste nella formulazione di teorie adeguatamente formalizzate e nella loro sperimentazione.
Ricerca teorica e sperimentale sono due facce della stessa medaglia: la prima senza la seconda è incontrollabile, la seconda senza la prima è un’attività disordinata. La ricerca
di base non ha bisogno di una massa critica di ricercatori. Spesso le idee più innovative provengono da piccoli gruppi di ricercatori caratterizzati da una concentrazione di competenze e idee in pochi soggetti che lavorano insieme, si intendono e condividono lo stesso obiettivo.
La ricerca di base è l’area del “think different” e non rientra nei suoi scopi la protezione della proprietà intellettuale, ma al contrario la sua massima diffusione. Anche la verifica dell’applicabilità della scoperta e dei possibili campi di applicazione è al di fuori degli interessi di chi opera in questa area.
La RICERCA APPLICATA è l’attività che, partendo dai risultati della ricerca di base, ne verifica l’applicabilità e ne identifica i campi di applicazione; in altre parole trasforma una conoscenza in una possibile tecnologia con prospettive di applicazione identificate. La ricerca applicata ha bisogno di un’alta concentrazione di ricercatori orientati
verso lo stesso obiettivo; l’attività deve essere pianificata e controllata. Accanto alle competenze tecniche, le attività di ricerca applicata devono quindi poter contare
su consistenti competenze di Project Management.
La ricerca applicata è l’area del “think more” e le problematiche di protezione della proprietà intellettuale sono rilevanti.
La RICERCA INDUSTRIALE ha il ruolo di trasformare una ricerca applicata riuscita
ed innovativa in innovazione, cioè un nuovo prodotto, un nuovo processo o un nuovo servizio. Ciò implica una serie di ulteriori sforzi di ricerca volti a focalizzare e caratterizzare
il mercato, ottimizzare i costi di produzione, definire le modalità di impiego, ecc.
Si tratta di ulteriori investimenti a basso rischio tecnico (teoria e applicazioni sono già state convalidate) ma elevato costo economico, sostenibile da imprese, anche di piccole dimensioni, che sanno affrontare con successo il rischio imprenditoriale.
È dunque fondamentale, per avere una catena di innovazione funzionale, che i tre momenti della ricerca siano presenti e vitali. Il profilo dell’Impresa che può interagire eṀcacemente con l’Università e gli Enti Pubblici di Ricerca (luoghi vocati alla ricerca di base) è caratterizzato in primo luogo dalla presenza di una struttura dedicata
di ricerca applicata. Sono poi importanti le caratteristiche dimensionali, la cultura e le capacità di management, oltre che
naturalmente la volontà di collaborare con la Comunità Scientifica.
Osservando ad esempio il panorama delle Imprese del settore chimico operanti in Italia possiamo valutare quante sono le Imprese con un profilo rispondente a queste caratteristiche. Secondo stime di FEDERCHIMICA (Fig. 4.1), le Imprese del settore industriale chimico operanti in Italia
nel 2017 sono 2841; il valore della produzione del 2017 è stato di circa 55 miliardi di euro
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
Totale Imprese imprese autonome e | Addetti (migliaia) | Dimensione media effettiva | |
Totale | 2.841 2.421 | 107 | 44 |
di cui: | |||
- gruppi a capitale estero | 265 195 | 31 | 162 |
- gruppi a capitale italiano | 688 338 | 48 | 141 |
- altre imprese a capitale italiano | 1.888 1.888 | 28 | 15 |
Fonte FEDERCHIMICA |
FIG. 4.1 LE IMPRESE DEL SETTORE CHIMICO
gruppi di imprese
Le Imprese con un profilo rispondente alle caratteristiche prima menzionate sono meno di 50. Circa 2800 Imprese hanno un profilo caratterizzato da dimensione piccola o micro, e dalla mancanza di strutture dedicate di ricerca, oltre che da limiti culturali. Accanto
a queste caratteristiche “genetiche” che non consentono loro di svolgere attività di ricerca applicata, queste Imprese hanno
però provate capacità di ricerca industriale e, combinando in modo creativo le tecnologie e il know-how di cui dispongono, danno
vita a una innovazione “architetturale” che le mette in grado di rispondere con straordinaria rapidità alle esigenze dei clienti. Queste sono le Imprese che costituiscono il cuore del sistema imprenditoriale del settore chimico in Italia, con i suoi punti di forza e di debolezza. Le conclusioni di questa analisi che, pur limitata al settore chimico ha una valenza estendibile all’intera industria manifatturiera, sono quindi le seguenti:
L’interazione con il mondo della Ricerca Pubblica non è semplice per la stragrande maggioranza delle Imprese italiane;
Non esistono ancora le condizioni per un
rapporto sistemico tra Comunità Scientifica e sistema imprenditoriale.
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LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
La catena dell’Innovazione risulta quindi polarizzata agli estremi (ricerca di base e ricerca industriale), perde la sua funzionalità e non riesce a garantire l’alimentazione
di tecnologie innovative al sistema imprenditoriale.
Le Imprese si trovano quindi in un circolo vizioso: per sviluppare capacità di innovazione strutturale dovrebbero crescere, ma non possono crescere se non innovano. Inoltre la diṀcoltà a proteggere la proprietà intellettuale le rende vulnerabili all’attacco dei nuovi competitors appartenenti ai Paesi emergenti con conseguente perdita di competitività che rischia di avviarle ad un inevitabile declino.
Per evitarlo dovrebbero poter disporre di nuove tecnologie che le mettano in grado di anticipare i bisogni del mercato e di ottenere vantaggi competitivi durevoli.
Queste Imprese sono ben disponibili ad affrontare i rischi imprenditoriali connessi all’Innovazione ma non hanno le risorse per affrontare i rischi tecnici di una ricerca applicata.
Gli “opinion-leaders” (politici, imprenditori, intellettuali, managers, rappresentanti del mondo della finanza) sono oggi concordi nell’affermare che per uscire dalla parabola del declino occorre promuovere la collaborazione tra sistema imprenditoriale e Comunità Scientifica. E lo stesso sistema
accademico sta facendo sforzi per guardare con interesse maggiore che nel passato al mondo delle Imprese.
Dall’analisi sopra descritta, è evidente che il Sistema della Ricerca Pubblica, per poter dare una risposta positiva a questa istanza, dovrebbe poter offrire al sistema delle Imprese nuove tecnologie, cioè risultati di
attività di ricerca applicata svolta nell’ambito della Ricerca Pubblica stessa, ricordando che i caratteri distintivi della ricerca applicata sono: Team di ricerca organizzati, il che significa gerarchie, selezione degli obiettivi, priorità; Project management, il che significa attività pianificate e controllate;
Protezione della proprietà intellettuale, il che significa mantenimento del segreto industriale e brevettazione.
Tutto questo rappresenta una criticità importante che non deriva da diṀcoltà di natura tecnica, ma è piuttosto relazionata al fatto che il sistema di valori e di regole nella ricerca pubblica è fondamentalmente basato su criteri bibliometrici e premia il
numero di pubblicazioni, comportando come conseguenza il prevalere della sindrome
del “publish or perish” che conduce ad una frenetica attività di pubblicazione e a
considerazione la collaborazione con le Imprese un valore non riconosciuto.
In relazione a questo scenario del Paese, pensiamo che la soluzione migliore sia quella dell’adozione di un modello “Quadrupla Elica”, il quale ha l’obiettivo di promuovere un ambiente innovativo (che potrebbe configurarsi come una comunità di pratica), non controllato da nessuno degli attori
in maniera individuale, ma incoraggiato da tutti loro. In altre parole, il necessario meccanismo relazionale imposto dal
modello implica che ognuno dei tre sistemi coinvolti assuma progressivamente funzioni e connotati storicamente associati agli altri due, ridimensionando il proprio ruolo all’interno della società e dando vita a processi co- evolutivi del fare ricerca.
Tali tipologie di Istituzioni devono tendere a lavorare in maniera congiunta,
generando diverse sovrapposizioni di reti di comunicazione ed aspettative e riformulando ininterrottamente gli accordi istituzionali tra loro. Queste interrelazioni, poi, si succedono contemporaneamente anche all’interno
di ogni singolo attore, riconsiderando continuamente strutture, caratteristiche e obiettivi.
Il modello, considerato nell’attuale dibattito come un meccanismo utile per innescare e sostenere dinamiche di sviluppo
basate sull’innovazione e sul progresso tecnologico, può essere declinato in termini di Trasferimento Tecnologico, inteso in questa sede come uno strumento di politica relazionale la cui adozione mira a favorire
la generazione di un’impresa innovativa (prodotto, servizio, processo) con la co- presenza attiva di talenti scientifici e di ricerca, competenze manageriali e sostegno finanziario statale (governo centrale e locale).
Un contributo positivo in tale ottica potrebbe venire da nuovi modelli didattici che facilitino il Trasferimento Tecnologico. L’apertura degli studenti verso il mondo imprenditoriale diventa un’esigenza, non soltanto per l’importanza di creare realtà imprenditoriali a sempre più forte carica innovativa, capaci quindi di sostenere i cambiamenti in atto sia dal punto di vista tecnologico che sociale, ma anche per l’importanza di diffondere una “sensibilità” verso un’imprenditoria sempre più attenta agli aspetti sociali. Non si parla in tal senso soltanto di fornire conoscenze legate alla responsabilità sociale dell’impresa, ma anche e soprattutto di diffondere competenze che aiutino gli studenti a comprendere meglio la complessità del mondo, laddove una netta separazione tra aspetti sociali ed economici non è più possibile. La realizzazione di laboratori didattici integrativi in cui sviluppare tali pratiche è un esempio di strumento che consente di arrivare a questo risultato. Le
imprese possono, in tal senso, lanciare sfide di diverso genere che coinvolgono gli studenti i quali, in gruppi multidisciplinari e applicando metodologie di tipo collaborativo, hanno
la possibilità di mettere in pratica i concetti teorici appresi nel loro percorso didattico e sviluppare idee e soluzioni rispondenti a tali specifiche sfide.
Il tema della valorizzazione della ricerca
pubblica resta in effetti centrale nel Paese, anche perché – se è vero che le nostre strutture e laboratori di eccellenza si concentrano principalmente in una trentina di Enti e Università – è altrettanto vero che ancora molto meno sono quelli/e capaci
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di valorizzare appieno il proprio portafoglio brevettuale di tecnologie e di know how. Probabilmente un modello di Trasferimento Tecnologico Verticale (TTV) non ha dato i risultati sperati e, ad ogni modo, negli ultimi anni i fenomeni di Open Innovation hanno in qualche modo indebolito l’eṀcacia del modello del TTV. Questo è avvenuto con lo sviluppo di piattaforme tecnologiche che
accrescono gli asset immateriali delle imprese che li sfruttano più abilmente: oggi infatti
essi non si limitano più al valore dei titoli di proprietà intellettuale e a quello del capitale umano e organizzativo, ma anche al valore delle soluzioni produttive e commerciali generate dalla condivisione dei problemi con le comunità dei ricercatori, dei consumatori e degli utenti.
L’enfasi posta nel problema relazionale può essere utile sia per l’orientamento delle politiche scientifiche e tecnologiche sia per affrontare lo studio dei processi
di innovazione. La costruzione sociale della conoscenza e la sua trasformazione in competenze professionali trova nel Trasferimento Tecnologico il motore dell’innovazione, il cui ingranaggio può funzionare completamente in presenza della perfetta sintonia dei suoi elementi: la generazione di un’impresa innovativa
può avvenire se contemporaneamente si concretizzano fattibilità tecnico-scientifica e fattibilità economico-finanziaria.
Al precedente modello lineare, basato sullo schema “ricerca–sviluppo–introduzione dell’innovazione”, oggi se ne associa un secondo che agisce nella direzione opposta, partendo dai problemi dell’Impresa e della Società e cercando soluzioni nella Scienza. L’operare congiunto dei due processi comporta che conoscenze e tecnologie
si manifestino al di fuori degli uṀci di trasferimento tecnologico e, al tempo stesso, consente che i problemi dall’esterno vengano riportati all’interno dell’Istituzione. Si
garantisce in tal modo un processo interattivo in cui i punti di origine, ricerca e impresa, si xxxxxxxxxx reciprocamente.
Riteniamo che questa “capitalizzazione della conoscenza” costituisca il cuore della nuova missione dell’Università, fatto che la lega in modo più stretto agli utilizzatori della Conoscenza e la porta a costituirsi come un attore economico a pieno titolo.
Per creare un tale sistema di interazioni e renderlo eṀcace, sarà necessario non
solo intervenire attraverso adatti e specifici strumenti finanziari, ma attivare opportuni meccanismi di valorizzazione del Capitale Umano.
IL CAPITALE UMANO
Una figura centrale è costituita dai Dottori di Ricerca, il cui assorbimento nel sistema industriale è auspicabile per sviluppare il livello di conoscenza tecnico - scientifico del sistema imprenditoriale, in particolare
delle PMI, offrire opportunità di lavoro e sviluppo professionale nella ricerca a
persone qualificate che non possono trovare opportunità nel sistema Pubblico di Ricerca, evitare lo spreco di risorse generato dalla fuoruscita di persone formate con onere di denaro pubblico verso altri impieghi che non siano l’attività di ricerca delle Imprese italiane. Le caratteristiche che deve avere un Dottore di Ricerca per facilitare il suo ingresso nel sistema imprenditoriale possono essere così sintetizzate: buone conoscenze tecniche
e scientifiche di base, capacità di gestire un progetto di ricerca, capacità di definire al meglio gli obiettivi del progetto, attitudine al lavoro di gruppo, autonomia decisionale e operativa, capacità di valutazione dei risultati e della loro attendibilità e sensibilità economica per costi/benefici per verificare costantemente la validità del progetto ed
eventualmente ritararne gli obiettivi. In questo modo, peraltro diffuso nelle Università estere più importanti, è infatti possibile sviluppare quelle doti di gestione autonoma della ricerca che aiuta l’inserimento nell’industria.
I dottorati “industriali” dovrebbero assumere una valenza sempre più strategica, focalizzandosi sul dialogo tra settori disciplinari apparentemente lontani tra
loro, consentendo di svolgere attività di ricerca di pari passo con quelle relative allo sviluppo di soluzioni innovative. Ciò porta a un indubbio vantaggio sia per lo studente, che vedrà aumentare la qualità del percorso di formazione, che per le imprese, le quali avranno a disposizione uno strumento eṀcace per svolgere attività di innovazione
coerente con le richieste del mercato e della società.
Se noi andiamo a vedere come è composta oggi la Comunità Accademica, ci accorgiamo (Fig.4.2) che una parte significativa di essa
non ricopre posizioni di ruolo, non essendo ancora entrata a far parte dell’organico della struttura:
FIG.4.2 DISTRIBUZIONE DEL PERSONALE IN AMBITO ACCADEMICO
Dottorandi 34,3%
Assegnisti 13,6%
RTD 1,5%
13,3% Ordinari
14,9% Associati
22,4% Ricercatori
Fonte: MIUR - ufficio statistica
Dalla VII Indagine dell’ADI emerge che le prospettive di inserimento in ruolo
nell’Accademia dei Post Doc sono molto limitate. La popolazione dei ricercatori che escono dall’Università dopo uno o più assegni (2-6 anni) e dei Ricercatori che escono dopo l’incarico a tempo determinato (3-5anni) dovrebbe essere d’interesse dell’Impresa,
ma la disponibilità di tali figure in età troppo avanzata ne rende diṀcile l’assunzione.
Una riflessione da fare in tema di Responsabilità è se il rapporto di selezione (numero di candidati/numero di strutturati) pari a 9/1 non sia eccessivo e se i tempi di valutazione (6-8 anni dal dottorato) non siano eccessivi. La creazione di un opportuno sistema di Mobilità dei Ricercatori tra sistema pubblico e privato potrebbe ridurre la dimensione del fenomeno negativo.
4.2 Rapporto tra Società, Scienza e Tecnologia
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
LA RICERCA RESPONSABILE
Sulla base di quanto precedentemente illustrato, l’accettazione pubblica delle tecnologie è una componente chiave delle politiche di Innovazione, e dovrebbe essere considerata una delle linee guida nei processi decisionali relativi all’attuale rivoluzione produttiva del Mondo 4.0.
Infatti, le forti preoccupazioni dell’opinione pubblica possono influenzare la direzione, il ritmo e la diffusione dell’Innovazione e
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE
persino bloccarne il progresso. In particolare, le tecnologie emergenti sono state a
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA
volte decisamente contrastate a causa di preoccupazioni sociali ed etiche e, allo stesso tempo, la resistenza pubblica alle tecnologie può dar luogo a promuovere la fiducia e guidare l’Innovazione lungo percorsi accettabili.
CONSIDERAZIONI FINALI
APPENDICE
Storicamente, l’opposizione pubblica si è radicata in una serie di settori tra cui l’energia nucleare, gli organismi geneticamente modificati (OGM) e altre aree della biotecnologia. In Europa, ad esempio, l’opinione pubblica negativa sugli OGM ha portato a livelli di finanziamento inferiori, alti tassi di rifiuto normativo e livelli di innovazione inferiori rispetto ad altri Paesi, determinando un blocco degli investimenti pubblici. Mentre molti Paesi hanno investito nella costruzione di reattori nucleari negli anni ‘60 e ‘70, rilevanti opinioni sulla sicurezza degli impianti e le proteste politiche di tutto il mondo hanno bloccato la loro ampia diffusione.
Questo ovviamente non vuol dire che il pubblico sia a priori “anti-tecnologia”.
L’atteggiamento generale dei cittadini europei nei confronti della tecnologia viene regolarmente valutato dall’Eurobarometro, una serie di sondaggi condotti per conto della Commissione Europea dal 1973.
Mentre l’opinione pubblica generale sulle tecnologie emergenti è diṀcile da valutare, vi sono prove che la Società è generalmente ottimista riguardo alle tecnologie in fase di sviluppo, anche se questo è mitigato dalle preoccupazioni. In una recente indagine
di vasta portata in Europa, almeno la metà degli intervistati si aspetta che, tra 15 anni, la scienza e lo sviluppo tecnologico avranno un impatto positivo su assistenza sanitaria
e medica (65%), istruzione e competenze (60%), trasporti e infrastrutture di trasporto (59%), approvvigionamento energetico
(58%), protezione dell’ambiente (57%), lotta ai cambiamenti climatici (54%) e qualità degli alloggi (50%). Una valutazione dell’accettazione pubblica, tuttavia,
deve andare oltre la misurazione degli atteggiamenti e mirare a una migliore comprensione delle fonti e dei drivers di accettazione.
Da quanto avvenuto con le precedenti esperienze relative all’accettazione, appare evidente che i Paesi e gli innovatori dovrebbero incorporare, nella massima
misura possibile, obiettivi e preoccupazioni sociali sin dall’inizio del processo di sviluppo.
Mentre rimane una sfida realizzare tale obiettivo, è indubbio che in questi
ultimi anni siano emerse best practices che possono fungere da guida. Queste includono il finanziamento di scienze
sociali e umanistiche in co-flussi integrati con scienze naturali e fisiche, utilizzando forme partecipative di previsione e valutazione tecnologica al fine di tracciare futuri auspicabili e coinvolgere le parti interessate nei processi comunicativi con chiari collegamenti nella politica. Tutto ciò contribuisce a creare fiducia e aṀdabilità nei sistemi di Innovazione, che sono fattori critici per una accettazione pubblica.
Alcune preoccupazioni dell’opinione pubblica hanno a che fare con il rischio, rispetto soprattutto a questioni come la salute e la sicurezza degli esseri umani e dell’ambiente: ciò nella convinzione che l’attuale grado
di attenzione sia inadeguato ad anticipare potenziali danni. Altre preoccupazioni riguardano le questioni relative al controllo dei processi vitali o del potere decisionale sulla tecnologia stessa, come ad es. il controllo della proprietà intellettuale o il dominio sul mercato.
Una delle principali fonti d’incertezza sul percorso di queste tecnologie sta nel fatto che, nel Mondo 4.0, esse stanno convergendo in modi inaspettati e quindi generano altri nuovi sviluppi. Un esempio è dato dalla convergenza delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (ICT) e delle biotecnologie per produrre approcci di biologia sintetica, formando, nel contempo, una piattaforma per molti altri tipi di entità e strumenti biologici.
L’accettazione o il rifiuto pubblico della tecnologia è un fenomeno complesso che non può essere interpretato in maniera
facile. Soltanto facendo riferimento a quanto discusso nell’ambito della letteratura delle Scienze Sociali e alle pratiche esistenti (che aiutano a suggerire approcci su come la tecnologia può essere meglio inserita nella società in modo accettabile) possiamo trovare una via di uscita.
Per un certo periodo, si è ritenuto che la resistenza pubblica alla tecnologia fosse il risultato di una mancanza di informazioni o di educazione. Tale ipotesi si è fondata sul fatto dell’esistente divergenza tra le
valutazioni del rischio dei laici e quelle degli esperti. Tali divergenze, nei fatti, nascono dall’esistenza di un pregiudizio verso certe caratteristiche tecnologiche: le tecnologie che sono percepite come irreversibili, fuori dal controllo umano e/o capaci di fallimenti catastrofici tendono a sollevare la percezione pubblica del rischio rispetto alle valutazioni specialistiche; allo stesso modo, se le tecnologie sono nuove e meno conosciute, al di fuori della percezione umana (ad esempio nanoparticelle invisibili all’occhio umano) e ritardate nella loro manifestazione di danno, tendono anche ad essere di maggiore interesse pubblico.
Studi sulla percezione del rischio di questo tipo hanno portato alcuni Governi ad attuare campagne educative come strumento primario per affrontare l’accettazione pubblica della tecnologia. Quanto avvenuto però sta a dimostrare che non esiste una correlazione univoca e positiva tra istruzione e accettazione tecnologica.
Molti lavori relativi alle Scienze Sociali dimostrano che, laddove sono in gioco valori
e identità personali profondamente radicati, le informazioni basate sulla Scienza vengono respinti anche dai più alfabetizzati. È stato mostrato in un noto studio, per esempio, che le persone religiose con i più alti livelli di
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CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
alfabetizzazione scientifica tendono a rifiutare alcuni precetti fondamentali dell’evoluzione. Mentre l’educazione e l’informazione sono importanti per plasmare e ottimizzare
il rapporto cittadino/tecnologia, gli atteggiamenti pubblici dipendono fortemente da contesti sociali e politici e da culture di fiducia tra cittadini, agenzie di regolamentazione e imprese. Approfondire tale aspetto diventa quindi prioritario per realizzare una accettazione responsabile dell’Innovazione Tecnologica.
In questo contesto le Università, in quanto nodi (hub) di conoscenza, devono diventare un punto di incontro, non solo per aziende e Istituzioni, ma per l’intera società. I gap da superare per poter rendere il rapporto tra
Sistema della Ricerca a Società sistematico ed eṀcace sono però numerosi.
Innanzitutto, vi è un problema a livello di linguaggio. Per secoli le Università, così come il resto delle Istituzioni, sono state dei sistemi chiusi e hanno creato dei linguaggi specialistici per demarcare nettamente le diverse sfere di potere di cui erano portatrici. Oggi le spinte e gli stimoli che vengono dalla società e determinano di fatto una trasformazione che è al contempo sia digitale che sociale impongono un netto cambiamento di approccio. L’individuazione di un linguaggio comune (lessico, metodi, strumenti, modelli), però, non riguarda
solo il rapporto tra Università e società, ma anche il dialogo sempre più necessario
tra professionisti ed esperti provenienti da settori e saperi diversi, in ragione della
complessità delle sfide che ci troviamo ad affrontare oggi. Poiché soluzioni unilaterali risultano sempre più ineṀcaci, c’è bisogno di una maggiore collaborazione tra tutti
gli stakeholder di un dato sistema e di una maggiore contaminazione di punti di vista che consentano di cogliere i molteplici aspetti del problema stesso, arrivando tuttavia ad una visione comune e comunemente comprensibile.
Un altro modo per creare engagement a livello sociale da parte dell’Università è l’apertura dei suoi spazi a pubblici esterni
attraverso iniziative che richiamino le persone all’interno degli spazi dove si fa ricerca.
Ospitare fisicamente le realtà emergenti a livello sociale attraverso varie tipologie di eventi è un modo per unire le diverse voci presenti all’interno dell’Università e di una data realtà sociale attorno a un obiettivo comune, creando comunione di intenti e commitment, dal momento che sia i problemi che le soluzioni assumono delle facce con cui è possibile empatizzare da entrambe le parti.
Allo stesso modo occorre anche rafforzare e rendere capillare la presenza dell’Università all’interno dei luoghi in cui le persone trascorrono la maggior parte del loro tempo
in contesti di vita quotidiani. Infatti, la presenza delle Istituzioni all’interno dello spazio pubblico viene sentita poco o per niente dai cittadini. Occorre, invece, investire in nuove modalità di interazione e coinvolgimento
proprio a partire da questi spazi in comune, che possono rappresentare il luogo ideale in cui educare le persone a comportamenti sostenibili e creare legami che avvicinino sempre più le comunità ai temi di cui si interessano la scienza e la ricerca.
C
4.3 Metodologie di Comunicazione
ome evidenziato in precedenza, il processo di informazione è uno dei principali strumenti
per migliorare il rapporto Xxxxxxx/ Xxxxxxxxx e, a questo punto, appare legittimo chiedersi quale sia il rapporto tra gli italiani
con la Scienza e la Tecnologia. Indubbiamente la fruizione di contenuti scientifici e tecnologici attraverso i canali disponibili di informazione (social network, musei e mostre scientifiche, stampa, riviste specializzate, televisione) rappresenta un indicatore di base del rapporto tra Scienza e Cittadino.
Secondo una indagine di OBSERVA6, almeno una volta al mese il 75% degli italiani si informa di questioni scientifiche e tecnologiche e la classifica dei media più utilizzati vede al primo posto la televisione, seguita nell’ordine da quotidiani, siti web e blog, riviste e radio. Altro dato interessante che emerge è la variazione del modello di fruizione in relazione all’età
e al titolo di studio degli intervistati. Il risultato è analogo a quanto si è potuto
constatare negli anni precedenti: sono i più giovani e i più istruiti a fruire maggiormente delle informazioni di scienza e tecnologie proposte. L’area di ricerca più seguita rimane quella della Salute (31%), seguita dalle Scienze Umane e Sociali (22%), Informatica e Scienze (10%), Ingegneria e Scienze della Vita (7%).
Aldilà del valore statistico di quanto sopra, sembra emergere un modello in cui la comprensione pubblica della Scienza avvenga sostanzialmente attraverso la comunicazione a senso unico dei risultati scientifici: una sorta di modello “di deficit”, per il quale si presuppone che un pubblico ignorante debba essere educato alla Scienza. All’interno del nuovo paradigma della RRI,
la visione sta diventando più ambiziosa: abbracciare un’idea di Xxxxxxx e Innovazione impegnata pubblicamente e in cui l’impegno pubblico è integrato in processi di R&I aperti e inclusivi che consentono l’input da parte dei partecipanti interessati. In questo processo, le opinioni degli esperti saranno ancora cruciali nel processo decisionale, ma il contributo
dei cittadini (normalmente dalla comunità interessata) diventerà sempre più rilevante. Allo stesso tempo, l’impegno pubblico sarà ancora associato ad attività di informazione e sensibilizzazione pubblica a senso unico che, comunque, contribuiscono a rendere la
scienza più aperta e trasparente. Un processo di tipo comunicativo/partecipativo come quello descritto presenta indubbi vantaggi:
🡢 Consente di valutare l’opinione pubblica su un particolare progetto / problema scientifico o una nuova tecnologia;
🡢 Permette di valutare una nuova applicazione tecnologica;
Il QUADRO
DI RIFERIMENTO
🡢 Aiuta i ricercatori a raccogliere dati per un determinato progetto;
LA RICERCA RESPONSABILE
🡢 Aiuta ad avere un campione rappresentativo di persone che emette sentenze o decisioni che potrebbero influenzare il processo decisionale;
L’INNOVAZIONE RESPONSABILE |
LA NECESSITÀ DI FARE SISTEMA |
CONSIDERAZIONI FINALI |
APPENDICE |
🡢 Convince pubblico ed esperti a realizzare un processo di co-creazione della Conoscenza o co-produzione dell’Innovazione.
Ovviamente i vantaggi sono conseguibili se si interviene in diversi punti del processo di R&I: Definizione del Programma, Esecuzione dello stesso, Implementazione. In base a quanto detto, riteniamo che sia importante sviluppare cinque categorie principali di impegno pubblico, tre delle quali riguardano la comunicazione unidirezionale e sono riportate nella Tabella 4.1 seguente:
TAB. 4.1 METODOLOGIE DI COMUNICAZIONE
Tipologia Descrizione Scambio di Informazioni Esempi di Metodologie
utilizzabili*
Comunicazione Pubblica
Comunicazione one- way per informare e
educare i cittadini. Nessun meccanismo di feedback atteso.
Dagli sponsors al pubblico Audizioni Pubbliche
Meetings Pubblici Testimonianza delle attività in corso
Consultazione Pubblica
Deliberazione Pubblica
Partecipazione Pubblica
Comunicazione one-way per informare i decision makers sulle pubbliche opinioni su determinati argomenti. Nessun dialogo. I decision makers possono o meno agire in base alle informazioni.
Comunicazione bidirezionale per facilitare deliberazione del pubblico su questioni politiche. I risultati possono avere
un impatto sul processo decisionale. Il Dialogo è facilitato.
Comunicazione bidirezionale per assegnare ai cittadini un potere decisionale
parziale o totale. Il Dialogo è facilitato.
Opinioni richieste dagli
sponsors
Tra sponsors e rappresentanti pubblici
Tra sponsors e rappresentanti pubblici
Pannelli consultivi per i cittadini
Pianificazione di attività concrete
Focus Group
Conferenze di consenso Giurie cittadine Sondaggi deliberativi
Co-governance Meccanismi diretti di democrazia come bilancio partecipativo, assemblea dei cittadini, ecc
Ricerca partecipativa basata sulla Comunità Scienza dei cittadini Panels consultivi per i cittadini
Open Innovation
Attività Pubblica
Comunicazione one-way
per informare i decisori e creare consapevolezza al fine di influenzare i processi decisionali.
Dai cittadini agli sponsors Dimostrazioni, proteste,
attività di sensibilizzazione Incontri pubblici
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Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia > 85
REPORT
RICERCA ED INNOVAZIONE RESPONSABILE IN ITALIA
5. CONSIDERAZIONI FINALI
86 < Ricerca ed Innovazione Responsabile in Italia
D
ecenni di lavoro nella Sociologia della Tecnologia hanno dimostrato come
il percorso dello sviluppo tecnologico non possa essere predeterminato, ma in definitiva dipenda dall’agire umano a livello individuale o politico, così come dalla contingenza storica. È vero che l’attuale trasformazione del sistema produttivo comporterà un gran numero di possibili ricerche e scelte tecnologiche rilevanti effettuate in modi non coordinati
da persone che vanno dal personale
che finanzia gli Enti ai Manager delle Istituzioni che sostengono l’innovazione, agli imprenditori e ai lavoratori.
Ma è anche vero che un ruolo determinante sulla direzione del cambiamento tecnologico sarà giocato da strategie nazionali fondate su uno stretto rapporto tra tutti gli attori coinvolti e sui conseguenti investimenti.
Uno dei fenomeni oggi più urgenti, rispetto ai limiti di quei modelli politici, giuridici ed economici che erano tarati sul modello di organizzazione di tipo fordista, è l’insicurezza sociale che aumenta di giorno in giorno.
Essa era stata governata dagli stati nazionali attraverso modelli di protezione tarati su soggettività collettive omogenee, le quali sono state protagoniste della mediazione sindacale novecentesca. Oggi, l’eterogeneità produttiva, l’indeterminatezza dell’orario
di lavoro, la dilatazione dei tempi di
disoccupazione, la progressiva automazione del lavoro materiale e l’importanza sempre xxxxxxxx xxxxxxx - almeno nelle economie occidentali - delle funzioni ideative, determinano un’insuṀcienza di quei modelli, nonché del diritto del lavoro novecentesco. Tali mutamenti derivano da processi che eccedono i confini dello stato-nazione, e che potranno essere regolati solo da istituzioni sovranazionali, in ogni caso al di là di modelli di pianificazione di stampo keynesiano.
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Nel frattempo, però, sono le imprese che possono dare una direzione ai nuovi
processi produttivi, evitando, tra l’altro, che la normazione avvenga su coordinate astratte rispetto ai fenomeni reali.
In questo quadro, la RRI può costituire una risposta eṀcace sia sul piano economico che sociale. Da un lato, infatti, essa può permettere di far aderire in maniera sistematica bisogni, desideri e tendenze sociali agli obiettivi aziendali, attraverso sistemi di governance partecipativi che includano stakeholders e società nella gestione d’impresa. Dall’altro, essa può incidere sui fattori legati alla coesione sociale, oggi in crisi a causa dei processi già richiamati. La RRI, infatti, può permettere di
assumere le esigenze poste da tali mutamenti, contribuendo a creare un nuovo legame
fra società, imprese e settore pubblico, nell’ambito di una riconfigurazione della protezione sociale in cui gli attori coinvolti siano parte attiva. La responsabilità, in questo senso, può essere considerata come un’occasione per un cambio di paradigma, oltre i modelli “deresponsabilizzanti” di
protezione novecenteschi, oggi sempre meno in grado di rispondere alla molteplicità dei bisogni sociali.
In tale quadro generale, il tema della Ricerca e Innovazione responsabile (RRI) è considerato ormai un cardine delle strategie di sviluppo
e, come evidenziato nei capitoli precedenti, esso poggia sostanzialmente su xxxx xxxxxxxx: Public engagement; Gender equality; Science education; Open access; Ethics; Social justice/Inclusion; Sustainability e Governance. La RRI, si è visto, ha quindi cinque dimensioni distintive che la caratterizzano e la guidano:
🡢 Dimensione anticipatoria, relativa agli impatti generati e alle implicazioni sociali, politiche ed ambientali della R&I;
🡢 Dimensione riflessiva, rappresentata
dalla capacità degli attori della filiera della ricerca di interrogarsi sulle proprie pratiche e visioni consolidate e sui propri limiti alla conoscenza;
🡢 Dimensione deliberativa, intesa come
la possibilità degli attori sociali di essere parte dei processi deliberativi;
🡢 Dimensione responsiva, espressa
dalla possibilità d’integrazione e istituzionalizzazione delle dimensioni succitate al fine di definire politiche sulla RRI.
Se vogliamo realizzare appieno tali dimensioni, dobbiamo necessariamente mettere in moto azioni e strumenti specifici.
5.1 Strategie e meccanismi
U
na serie di strategie e meccanismi possono contribuire a creare le condizioni per
giungere alla realizzazione di una Innovazione Responsabile. In particolare:
LUNGIMIRANZA
Le prossime tecnologie rilevanti per la rivoluzione del prodotto, dalla biotecnologia industriale alla stampa 3D, sembrano destinate a trasformare i mercati e, potenzialmente, le Società in senso più ampio: ma sono chiaramente possibili
futuri diversi. Se uno scopo della politica è quello di aumentare l’accettazione pubblica delle tecnologie di questa rivoluzione industriale, un primo passo è sicuramente l’impegno in attività di previsione per identificare le tendenze in campi innovativi e coordinare, per quanto possibile, verso una serie di risultati socialmente ottimali.
Mentre gli esercizi di previsione non possono predire il futuro, possono aiutare a identificare e valutare sistematicamente e in modo trasparente le condizioni sociali, tecnologiche, economiche, ambientali e politiche che modellano alcuni aspetti del
futuro. Una buona politica per l’Innovazione può aiutare a indirizzare le traiettorie tecnologiche verso obiettivi concordati, come le grandi transizioni energetiche o certe visioni sul rapporto tra farmaci e la salute umana.
Uno dei vantaggi dell’attivazione delle
attività previsionali è legato ai processi che vengono attivati, tra cui il rafforzamento delle reti di portatori di interesse e l’impegno pubblico con le tecnologie. Esempi di processi di previsione potrebbero includere lo sviluppo di roadmap tecnologiche,
l’uso di dati bibliometrici e brevettuali per considerare i futuri della tecnologia e le opinioni degli esperti. Per quanto riguarda la nanotecnologia, ad esempio, il Consiglio per la ricerca economica e sociale (ESRC) del Regno Unito ha commissionato scenari per tecnologie convergenti al fine di formare una strategia di ricerca del Consiglio. Mappare il potenziale futuro degli sviluppi tecnologici sarà importante per comprendere meglio le implicazioni sociali e identificare le possibilità di ottenere un consenso pubblico durante
il processo di Innovazione. Alcuni lavori per istituzionalizzare questo pensiero politico a più lungo termine sono già stati avviati. Ad esempio, il ministero federale tedesco per gli affari economici e l’energia e il ministero federale dell’Istruzione e della Ricerca hanno creato un organismo di coordinamento
per riunire le parti interessate per valutare una strategia a lungo termine per il futuro dell’industria nazionale.
VALUTAZIONE DELLE METODOLOGIE PARTECIPATIVE
Un altro meccanismo per comprendere
e migliorare l’accettazione pubblica della tecnologia è impegnarsi in processi di valutazione sociale della tecnologia. La politica dell’Innovazione in molti paesi dell’OCSE è ora guidata da forme di
valutazione sociale della tecnologia, condotta da un mix di attori, compresi i comitati
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etici nazionali e altri organismi governativi incaricati di prendere in considerazione i più ampi effetti sociali, la salute e la valutazione del rischio per la sicurezza. Alcune di queste valutazioni sono più ampiamente partecipative e includono procedure che coinvolgono stakeholder e input pubblici.
Questo ampio insieme di processi di valutazione comporta un’analisi formale del rischio, ma può anche considerare le implicazioni sociali a lungo termine
dell’adozione tecnologica che potrebbero non essere facilmente ricondotte a rischi immediati di salute e sicurezza. Le domande cui dare risposta riguardano sostanzialmente la distribuzione dei possibili benefici e costi; le conseguenze della proprietà intellettuale sul campo; l’esistenza o meno di particolari percorsi di maggior beneficio sociale e l’identificazione di fonti di incertezza nel valutare la tecnologia.
In generale, c’è stato un passaggio da più forme di valutazione basate sugli esperti a modelli più partecipativi. Ad es., nata da polemiche su tecnologie come l’energia nucleare, negli Stati Uniti la valutazione
della tecnologia si è concentrata piuttosto sulla fornitura di conoscenze oggettive e probabilistiche sulle traiettorie future delle tecnologie emergenti. Nel corso del tempo, si è giunti alla conclusione che è necessario riconoscere che le ipotesi di framing (ad esempio definizioni dei problemi, ambito
e metodologie) modellano le conclusioni della valutazione tecnologica. In particolare,
un’enfasi eccessiva sulle conseguenze tecnologiche può mettere in ombra importanti questioni associate agli impatti sociali, etici e politici delle tecnologie: per questi motivi, i Paesi hanno iniziato a passare a forme più inclusive, aperte e deliberative di valutazione della tecnologia.
Alcuni meccanismi di valutazione della tecnologia comportano procedure pubbliche formali che si inseriscono direttamente nella politica dell’Innovazione e nelle decisioni
di Governance, in particolare attraverso l’uso di organismi consultivi di esperti. Un approccio alla valutazione della tecnologia è l’uso di accademie scientifiche o autorità regolatorie per valutare gli aspetti più tecnici delle tecnologie emergenti. Un altro è l’istituzione di organi consultivi pubblici:
esempi di questi approcci includono il Danish Board of Technology Foundation, il Nuffield Council on Bioethics nel Regno Unito e i comitati di bioetica presidenziale negli Stati Uniti. Tali gruppi potrebbero essere incaricati di redigere relazioni su particolari tecnologie che raccolgono prove attraverso la ricerca e la testimonianza pubblica.
Sondaggi pubblici e interviste con le parti interessate su tecnologie emergenti potrebbero anche essere impiegati per valutare le tecnologie e anche l’opinione corrente. Le udienze che cercano di
raccogliere i vari input pubblici potrebbero anche essere utilizzate per informare le agenzie di regolamentazione.
IMPEGNO PUBBLICO E DELIBERAZIONE PUBBLICA
Oltre ai processi di valutazione formale delle
tecnologie, l’impegno con le parti interessate e i cittadini in modo più ampio sui temi della scienza, della tecnologia e dell’innovazione è oggi sempre più riconosciuto come una
caratteristica importante di una solida politica scientifica e di innovazione.
Una questione di importanza cruciale è come includere entro i processi di innovazione
quei pezzi di società riluttanti al mutamento, che rischiano di restare esclusi non solo da un punto di vista professionale, ma anche identitario ed esistenziale. Ciò investe non solo il tema delle trasformazioni tecnologiche ma, più ampiamente, tutti gli ambiti implicati nella RRI. Tale scarto non può che essere colmato da un lato attraverso strategie di comunicazione e divulgazione eṀcaci, dall’altro attraverso la trasparenza dei canali
di inclusione della società. Ciò che sta caratterizzando, infatti, negli ultimi anni, lo sviluppo di alcuni settori economici come l’“economia di piattaforma”, è una opacità dei canali di relazione e degli algoritmi informatici, i quali veicolano asimmetrie di informazione a discapito degli utenti e di coloro che partecipano agli scambi. Ciò sta scatenando frustrazione e diṀdenza nei confronti delle forme di partecipazione che tali modelli mettono in atto.
Fondamentale, nell’ambito dello sviluppo della RRI, è la stimolazione di una partecipazione consapevole da parte della società ai processi innovativi messi in atto, che possa farsi spinta ad ulteriori
trasformazioni. Se tale tendenza è oggi già in parte rinvenibile nell’ambito dell’“open innovation”, la RRI può permettere di dare forma sistematica alla relazione fra società e imprese, includendo la prima entro sistemi di governance partecipativi che favoriscano l’immediata corrispondenza, sin dalle fasi iniziali dei processi di sviluppo, dei bisogni sociali e degli obiettivi aziendali. A partire da questa dinamicità, frutto di trasparenza e apertura, può realizzarsi quel salto di qualità
fondamentale per un’economia responsabile, che non sia una sfera astratta dalla società, ma che segua il ritmo delle sue ambizioni, dei suoi movimenti e dei suoi desideri.
In uno studio sull’accettazione delle tecnologie delle energie rinnovabili, sono stati individuati tre interventi che possono migliorare l’accettazione sociale delle tecnologie emergenti: maggiori informazioni fornite al pubblico (ad esempio pubblicità, giornali, siti Web ed escursioni ai siti), maggiore cooperazione e partecipazione (nei processi decisionali e nelle disposizioni finanziarie), consultazione pubblica e impegno (ad esempio incontri pubblici e dialoghi).
Gli impegni pubblici potrebbero essere definiti come “processi partecipativi attraverso i
quali membri di pubblici diversi esprimono opinioni, preoccupazioni e raccomandazioni su un problema tecnico-scientifico”. In
tal senso il pubblico non è più inquadrato come destinatario passivo di conoscenze specialistiche, ma come attore importante che modella le tecnologie e le loro traiettorie. L’impegno pubblico può aiutare a orientare
la scienza e l’innovazione verso obiettivi socialmente desiderabili, costruire una cittadinanza scientificamente più istruita, solidale e coinvolta e ad ampliare la gamma di prospettive considerate nello sviluppo e nella conduzione della ricerca.
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Come detto in precedenza, l’impegno pubblico nella politica dell’Innovazione comprende un’ampia gamma di strumenti. Accanto ad alcuni strumenti in cui l’informazione è unidirezionale (verso il pubblico), un posto oggi rilevante è occupato dal concetto di Open Science, in cui esempi di diverse forme rilevanti di comunicazione includono, ad esempio, la possibilità di rendere accessibili al pubblico piani strategici di ricerca, sia in formato cartaceo che online, definiti come un approccio alla ricerca basato su un maggiore accesso ai dati di ricerca pubblici, abilitati da strumenti e piattaforme ICT e una più ampia collaborazione scientifica, compresa la partecipazione di non scienziati, e infine l’uso di strumenti di copyright alternativi per diffondere i risultati
della ricerca. La tendenza verso una maggiore adozione di meccanismi di impegno pubblico nella politica dell’Innovazione suggerisce
che essi siano percepiti dai Paesi come vantaggiosi.
Ma, indubbiamente, vanno superate alcune criticità. In primo luogo, la costruzione
di pubblici rappresentativi attraverso tali esercizi può rivelarsi diṀcile: alcuni processi d’impegno pubblico sono visti come legittimi solo per il pubblico direttamente coinvolto
in essi. Un’altra sfida riguarda il rendere la politica di Innovazione sensibile ai risultati
degli sforzi di impegno pubblico: c’è il rischio che un impegno pubblico debole non
faciliti la vera deliberazione, e invece serva a legittimare le politiche esistenti. L’esperienza nel campo dell’Innovazione nella Salute mostra come pazienti, partecipanti alla ricerca e laici pubblici, se consultati nel corso della R&S, possono promuovere l’innovazione e orientarla verso bisogni reali. Ad esempio, nell’area delle malattie rare, le organizzazioni di difesa delle malattie hanno organizzato
le proprie biobanche, reclutato ricercatori per lavorare sulle loro malattie, hanno co- inventato strumenti per gli interventi e hanno contribuito come consulenti chiave nel plasmare i regimi dell’etica della ricerca per le sperimentazioni cliniche.
INTEGRAZIONE A PRIORI DELLE QUESTIONI ETICHE, LEGALI E SOCIALI
Le potenziali preoccupazioni sociali e la
questione dell’accettazione pubblica non dovrebbero essere lasciate fino al termine del processo di sviluppo tecnologico. È sempre più importante integrare la considerazione di tali questioni attraverso le attività di decisione di finanziamento della Ricerca, la pratica della Scienza, lo sviluppo tecnologico e la commercializzazione. Come si può fare?
La prima generazione di approcci per integrare le più ampie preoccupazioni sociali nello sviluppo e nella valutazione della tecnologia ha comportato l’attenzione a questioni etiche, legali e sociali (ELSI).
Dall’avvio del Progetto Genoma Umano (HGP) nei primi anni ‘90, i finanziatori della Ricerca hanno riconosciuto che le
informazioni ottenute dalla mappatura e dal sequenziamento del genoma umano avrebbero avuto implicazioni profonde per gli individui, le famiglie e la società, e quindi hanno assegnato oltre il 3% del budget a implicazioni etiche, legali e sociali della ricerca. Nell’ambito delle Nanotecnologie, il 2.4% dell’Iniziativa Nazionale di Nanotecnologia negli Stati Uniti è stato dedicato alla ricerca ELSI, e nei Paesi Bassi il 25% del programma nazionale di ricerca sulle nanotecnologie è stato dedicato alla valutazione del rischio e alla valutazione tecnologica.
Da questo approccio pionieristico, sono stati fatti sforzi per integrare le scienze sociali e umanistiche nel finanziamento di flussi, e questo aspetto sta ricevendo molta attenzione nell’ambito dei Paesi
dell’OCSE. In questo quadro generale, è nato e si è sviluppato il concetto della Ricerca e Innovazione Responsabile, sostenuta dalla UE negli ultimi 2 Programmi Quadro, ed esso rappresenta sostanzialmente un approccio che anticipa e valuta le potenziali implicazioni
e aspettative della Società per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione, con l’obiettivo di promuovere la progettazione di una ricerca
e innovazione inclusiva e sostenibile. Ciò implica che gli attori sociali (ad esempio ricercatori, cittadini, responsabili politici, imprese e organizzazioni del terzo settore) lavorino insieme durante l’intero processo di Xxxxxxx e Innovazione al fine di allineare al meglio sia il processo che i suoi risultati con i valori, i bisogni e le aspettative della Società. Tale approccio nasce dal bisogno di collegare
la pratica della ricerca e dell’innovazione nel presente al futuro che promette e aiuta a realizzare, anche se la predizione è
impossibile, l’anticipazione di possibili futuri plurali. I Governi dovrebbero garantire che le politiche, i quadri normativi e le iniziative di finanziamento incorporino i principi del RRI al fine di mantenere la promessa di soluzioni intelligenti, inclusive e sostenibili alle sfide sociali discusse nell’ambito della cosiddetta Dichiarazione di Roma sulla RRI.
IL RUOLO DEI DECISORI POLITICI
Dall’evoluzione del pensiero internazionale e dalle iniziative promosse dai Paesi
maggiormente innovativi, emerge in maniera chiara che la realizzazione di una Innovazione Responsabile non può che essere frutto di
un processo complesso e non breve, le cui probabilità di successo sono strettamente legate alla capacità dei Responsabili Politici di affrontare alcuni punti chiave:
i) Comprensione pubblica della scienza
Mentre l’educazione e l’informazione sono importanti per plasmare e inquadrare il discorso pubblico sulla tecnologia,
gli atteggiamenti pubblici dipendono fortemente da contesti sociali e politici e dalla cultura di fiducia tra cittadini, agenzie di regolamentazione e imprese.
ii) Fiducia
Esiste uno stretto legame tra la resistenza pubblica alle nuove tecnologie e l’interruzione della fiducia nelle autorità di regolamentazione pubbliche. Le logiche, le
scelte di valore e le incertezze sottostanti gli approcci analitici come l’analisi rischio- beneficio dovrebbero essere trasparenti. La
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campagna pubblicitaria sui benefici a breve e lungo termine può in ultima analisi minare la fiducia nel governo, nel settore privato e nelle istituzioni scientifiche.
iii) Consulenza scientifica
La fiducia inizia dall’aṀdabilità degli organismi di consulenza regolamentare e degli esperti e dovrebbe essere caratterizzata da apertura, integrità, trasparenza e responsabilità. Non esiste un approccio unico per tutti per ottenere un sistema aṀdabile di consulenza
tecnica e supervisione normativa. In definitiva, le Società devono attingere al meglio
delle proprie tradizioni istituzionali per il ragionamento pubblico su questioni tecniche.
Per affrontare con successo il superamento di tali punti chiave, è necessario, a nostra opinione, attuare una serie di meccanismi e best practices quali:
🡢 a) Anticipazione. Un primo passo affidabile è quello di impegnarsi in attività preventive per identificare le tendenze
in settori innovativi, immaginare possibili futuri e coordinare gli attori sociali, per quanto possibile, verso una serie di risultati socialmente ottimali.
Tali esercizi di previsione non possono predire il futuro, ma aiutano a identificare e valutare sistematicamente e in modo trasparente una serie di condizioni che modellano il futuro;
🡢 b) Valutazione delle metodologie partecipative. Diverse forme di
valutazione tecnologica partecipativa sono ora condotte da un mix di attori, compresi i comitati etici nazionali e altri organismi governativi incaricati di prendere in considerazione gli effetti sociali più ampi e la valutazione del rischio per la salute e la sicurezza;
🡢 c) Impegno pubblico. L’impegno pubblico può aiutare a orientare la scienza e l’innovazione verso obiettivi socialmente desiderabili, a creare una cittadinanza
più scientificamente istruita, solidale e ad ampliare la gamma di prospettive considerate nello sviluppo e nella conduzione della ricerca;
🡢 d) Integrazione di questioni etiche, legali e sociali nella R&D. È importante integrare la considerazione di tali questioni attraverso le attività delle decisioni di finanziamento della ricerca e la pratica della scienza, dello sviluppo tecnologico
e della commercializzazione. Approcci come “governance anticipatoria” e “RRI” forniscono possibili quadri per farlo, ma i meccanismi richiedono ulteriori sviluppi e sperimentazione.
A
5.2 Sviluppo di incentivi per la RRI
ccanto alle impostazioni di politica strategica, è del tutto ovvio che il successo
dell’implementazione di un approccio Responsabile nel Sistema Ricerca e Innovazione dipenderà da un insieme di incentivi ideati
per supportare lo sviluppo di tale
modello.
Da un punto di vista generale, una forte accelerazione verso il modello potrà senz’altro venire dal ruolo della Finanza sostenibile e dall’Impact investment. Di recente, la Commissione Europea ha presentato un pacchetto di riforme che comprendono un sistema di classificazione che fissa i criteri con cui definire se un’attività economica sia o meno “sostenibile”, i requisiti di disclosure in capo ai beneficiari degli incentivi per obbligarli a mostrare come vengono integrati gli obiettivi ESG (Environmental, Social, Governance) nell’analisi del rischio e come gli investimenti
siano allineati con gli stessi, nuovi low–carbon benchmarks e una migliore consulenza
ai clienti sui profili della sostenibilità. Nei prossimi mesi sarà importante capire l’effetto di queste proposte sui comportamenti di clienti ed investitori e, soprattutto, le modalità con cui verranno interpretate e implementate in Italia.
Mentre in precedenza abbiamo sottolineato come in definiva sia il sistema della ricerca pubblica che il sistema imprenditoriale nazionale abbiano mediamente buone basi della RRI, altrettanto non può dirsi per il nostro sistema bancario e assicurativo, nonostante
i passi importanti fatti in questi anni ad es. da Intesa Sanpaolo, o Consob che, ormai qualche fa, ha emanato un regolamento sul “equity crowdfunding”. Il fatto che altre banche si stiano orientando in questa direzione è significativo, e l’Unioncamere stessa potrebbe (solo se utile) riprendere il
discorso della Green economy della finanza
sostenibile, avviato con DINTEC e con alcuni investitori privati a fine 2013, magari in collaborazione con l’AIFI. Un apporto importante a tali questioni potrebbe venire
sicuramente dalle Fondazioni bancarie e dalle Regioni.
In ogni caso va ricordato che nella legge di Bilancio del 2019 vi sono alcune norme che vanno lette in chiave positiva: la nascita dell’Istituto di ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile
a Taranto, per lo svolgimento di attività di ricerca innovativa nell’ambito dell’energia solare e dell’economia circolare; il rifinanziamento con 100 milioni di euro
il Fondo per la crescita sostenibile per interventi destinati alla riconversione e alla riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale; l’incentivazione dell’intermodalità sostenibile (anche lo sviluppo delle vie d’acqua interne), con tutte le positive ricadute in termini ambientali.
Se andiamo a considerare nello specifico il sistema imprenditoriale, pensiamo che la tipologia di incentivi necessari debba
essere diversa in relazione a due specifiche fattispecie: (1) la dimensione del sistema imprenditoriale e (2) la tipologia di settore produttivo e di ecosistema. L’adeguata identificazione di questi fattori può aiutare a produrre un migliore allineamento degli incentivi con i principi fondamentali di Responsabilità.
DIMENSIONE DELLE IMPRESE
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Delle sostanziali differenze tra Grandi Imprese e PMI abbiamo parlato in precedenza, e qui vogliamo porre l’attenzione sul sistema PMI che, nei fatti, rappresenta il 99% del nostro sistema nazionale.
Esistono più definizioni per le PMI, che utilizzano varie misure quantitative e qualitative. Anche se di solito vengono utilizzati criteri quantitativi, i criteri qualitativi fanno luce sulle differenze tra PMI e Grandi Imprese, in quanto le misure qualitative si concentrano sulle caratteristiche funzionali delle PMI. Gestione separata e proprietà, equità negoziata privatamente, strutture
di gestione non formalizzate e una quota relativamente piccola dei mercati sono esempi dei criteri qualitativi che vengono spesso utilizzati.
Le definizioni di PMI implicano che la visione del Manager è strettamente correlata al successo dell’azienda, che guida l’attenzione del gestore verso le attività principali dell’impresa. Inoltre, esse sono generalmente limitate nelle risorse finanziarie e umane.
La mancanza di risorse riduce la loro capacità di intraprendere attività di ricerca e sviluppo, limita le opportunità di ottimizzare le operazioni e diminuisce il sostegno alle attività di vendita e marketing. Anche la commercializzazione delle innovazioni è minacciata a causa di risorse limitate, e i vincoli delle risorse guidano i loro obiettivi
a essere relativamente a breve termine e orientati al profitto.
È difficile per le PMI competere con le multinazionali con la stessa strategia, perché
le grandi imprese hanno maggiori risorse, una migliore economia di scala e una cultura organizzativa più stabile. Le multinazionali hanno anche un migliore riconoscimento, credibilità e stabilità, nonché maggiore potere e influenza sui loro partner. Per queste ragioni, le PMI devono creare un marchio attraente per battere i loro concorrenti
più grandi. Dovrebbero inoltre sfruttare
il vantaggio della loro semplice struttura organizzativa, che consente una maggiore flessibilità e una migliore eṀcienza.
La Tabella 5.1 mostra i principali problemi per le PMI e gli eventuali vantaggi derivanti dall’adozione dei principi della RRI. Tuttavia, molti di questi incentivi sono ugualmente applicabili alle multinazionali.
TABELLA 5.1 INCENTIVI PER LE PMI AD ADOTTARE PRINCIPI RESPONSABILI DI RICERCA E INNOVAZIONE (RRI)
Problematiche nelle PMI Tipologia Incentivi
Perdita di Risorse Finanziarie Stabilire la Responsabilità come criterio di accesso a fondi pubblici o al finanziamento da Fondazioni
Perdita di Risorse Umane Assunzione di personale in possesso di elevate motivazioni ed elevate competenze
Creazione del Brand Riconoscimenti di una attività Responsabile Attenzione positiva dei Media
TIPOLOGIA DI SETTORE PRODUTTIVO E DI ECOSISTEMA
Il secondo fattore che abbiamo identificato
come influente sulla tipologia di incentivi alla RRI è il tipo di industria e ecosistema.
Il tipo di settore e le caratteristiche dell’ecosistema in cui opera un’azienda influiscono sull’attrattiva di numerosi incentivi. Un ecosistema aziendale è una rete ampia, complessa e globale di organizzazioni che collaborano e competono per produrre offerte ai clienti finali. Studi settoriali hanno dimostrato che le industrie hanno differenze nella base di conoscenze, attori coinvolti, legami e relazioni tra attori e istituzioni rilevanti e, come ampiamente dimostrato,
il settore in cui opera un’azienda può
essere un importante fattore di influenza per i driver percepiti e gli ostacoli alla responsabilità aziendale. È inoltre assodato che per le aziende che operano in settori che hanno impatti sociali diffusi, la Responsabilità aziendale e la Competitività sono naturalmente allineate nel guidare l’Innovazione.
La Responsabilità viene sempre dai valori individuali. Pertanto, la base di conoscenza nell’ecosistema determina la capacità delle persone di comprendere l’impatto della Responsabilità. I vantaggi della Responsabilità non sono chiari a tutti, il che può facilmente portare a sottovalutare i suoi principi. Se i clienti, i dipendenti, i dirigenti o i proprietari dell’azienda non comprendono o apprezzano
i valori responsabili, è diṀcile acquisire i vantaggi della RRI. Tuttavia, la formazione, l’istruzione e l’informazione possono risolvere il problema e consentire all’azienda o all’ecosistema di sfruttare un maggior vantaggio competitivo. Industrie diverse hanno naturalmente basi diverse: da un lato, in ecosistemi o settori a bassa conoscenza, la responsabilità ha un potenziale per svolgere un ruolo significativo nel branding e nello sviluppo dei processi; dall’altro, nelle industrie ad alta conoscenza, la responsabilità può essere un requisito del successo o della sopravvivenza.
Avere una visione eco-sistemica migliora la capacità di utilizzare la creazione di valore con le parti interessate. Comprendere i collegamenti e le relazioni tra gli attori consente l’identificazione di opportunità
di co-creazione di valore: saper cogliere tale opportunità richiede però la gestione della relazione con le parti interessate. In primis, le relazioni tra colleghi sono uno dei fattori determinanti del coinvolgimento dei dipendenti. Inoltre, poiché le relazioni tra colleghi in un’azienda hanno un impatto sull’impegno dei dipendenti, un ragionevole presupposto è che i rapporti
organizzativi e le relazioni inter-organizzative con i collaboratori abbiano un impatto sull’impegno organizzativo in un ecosistema. Un migliore funzionamento dell’ecosistema attraverso relazioni fruttuose tra attori diversi è un incentivo attraente per le organizzazioni a prendere in considerazione e adottare i principi RRI.
Aldilà di questi due fattori considerati, va
comunque fatto presente che la questione degli incentivi è decisamente complessa e, sicuramente, la migliore tipologia di incentivi è legata alla specifica posizione di una particolare azienda.
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Vi sono altre tipologie di incentivi che fanno riferimento a considerazioni diverse da quelle fatte precedentemente. Ad es. il
consumo critico richiede approcci intelligenti innovativi per aiutare i consumatori a conoscere i prodotti e i servizi forniti dalle aziende. Uno degli strumenti che possono essere segnalati ai consumatori se un prodotto è conforme ai principi RRI rimane
la certificazione. La certificazione migliora anche il riconoscimento di un’azienda
tra i consumatori e potenziali partners commerciali. Ciononostante, per fungere da incentivo eṀcace, pensiamo che la certificazione dovrebbe essere concepita come uno strumento flessibile su misura per le esigenze di ciascuna azienda, creato in collaborazione con ricercatori del settore e
della RRI, e costruito come una comunità con un marchio forte e attraente per le aziende e riconoscibile per i consumatori.
Le aziende possono anche essere incoraggiate a introdurre la RRI nella propria organizzazione mostrando loro l’importanza del benessere dei dipendenti e dell’impegno dei dipendenti. I dipendenti, che avvertono che il loro lavoro è significativo, migliorano le prestazioni delle aziende in termini di
produttività, redditività, riduzione del fatturato e fedeltà dei clienti.
In definitiva, possiamo concludere che