Martedì, 18 gennaio 2011 - ORE 17.30
CORSO PROCEDURE CONCORSUALI ED ESECUZIONI IMMOBILIARI
PRESSO LA SEDE DELL’ORDINE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI
CONTABILI DI XXXXXXX
XXXXXXX - XXXXX X. XXXXXXXXX 00
Martedì, 18 gennaio 2011 - ORE 17.30
L’ACCERTAMENTO DEL PASSIVO NEL FALLIMENTO:
Il privilegio per crediti di lavoro subordinato di cui all’art. 2751-bis n.1 c.c.
Il trattamento degli interessi: definizione e collocazione
Moderatore:
- Xxxxxx Xxxxxxx
Relatori:
- Giuseppina Di Capua
- Xxxxxxx Xxxxx
1. La definizione degli interessi in generale Codice civile
Prima di trattare il tema degli interessi con riferimento alla legge fallimentare, è necessario inquadrare l’argomento da un punto di vista più generale e quindi partire dalle normative civilistiche.
Il codice tratta gli interessi in vari articoli, tra cui i più importanti
1282: interessi nelle obbligazioni pecuniarie (gli interessi maturano di diritto sui crediti liquidi ed esigibili)
1283: anatocismo (divieto di calcolo di interessi sugli interessi)
1284: saggio interesse legale (obbligo di pattuizione per iscritto della misura convenzionale) 1219: costituzione in mora
1224: danni nelle obbligazioni pecuniarie
I caratteri fondamentali dell’obbligazione per interessi:
- obbligazione accessoria, in quanto si collega necessariamente alla obbligazione principale del capitale secondo la quale non puo’ esistere;
- obbligazione autonoma, in quanto, nonostante l’accessorietà, non segue necessariamente l’obbligazione principale e deve essere oggetto di specifica domanda.
Gli interessi possono essere, relativamente ad un primo gruppo:
- corrispettivi, quali frutti civili della somma dovuta, che sono dovuti in base agli accordi contrattuali (convenzionali), sui debiti liquidi ed esigibili, fino a quando il debitore non è in mora. I debiti divengono liquidi ed esigibili nel momento in cui sono determinati nell’importo (o determinabili) e scaduti (secondo il termine di pagamento) o non più sotto condizione.
- compensativi, sono dovuti per i crediti non ancora esigibili e prescindono anche dalla costituzione in mora. Sono previsti dalla legge in particolari circostanze per il mancato godimento dei frutti della cosa. Sono sempre calcolati al tasso legale.
Gli interessi del primo gruppo decorrono indipendentemente dalla colpa del debitore nel mancato o ritardato pagamento (principio della naturale fecondità del denaro).
Poi in un secondo gruppo ci sono gli interessi moratori, che hanno funzione risarcitoria ed in questo caso è necessario l’accertamento del colpevole ritardo con la costituzione in mora da parte del creditore, che deve espressamente chiederli al debitore.
La costituzione in mora
Il c.c all’art.1219 stabilisce che il debitore è costituito in mora quando:
- vi è l’intimazione per iscritto di adempiere (mora ex persona)
- quando è scaduto il termine e la prestazione doveva essere eseguita presso il domicilio del creditore, o quando il debito deriva da fatto illecito, o infine quando il debitore abbia dichiarato di non voler adempiere (mora ex re)
L’effetto fondamentale della costituzione in mora è rappresentato dall’obbligo di risarcire il danno, oltre ovviamente agli interessi.
In pratica quando si verifica un ritardo nell’adempimento della prestazione, fino a quando non c’è costituzione in mora si ritardo va considerato tollerabile e quindi non c’è ancora responsabilità del debitore; con la costituzione in mora, il creditore manifesta di non tollerare l’ulteriore ritardo e quindi si crea la responsabilità del debitore.
Secondo la Cassazione il criterio per la determinazione del danno va personalizzato a seconda della natura del creditore. Per gli imprenditori si determina in base o al danno emergente o al lucro cessante.
Il danno emergente va commisurato al tasso passivo che il creditore deve corrispondere ad un istituto finanziatore per avere le somme in sostituzione del pagamento ritardato. Il lucro cessante si ha quando il creditore ha perso l’opportunità di conseguire o un interesse attivo o il lucro derivante da un affare commerciale che non ha potuto realizzare.
Obbligazioni di valuta
Quelle fin dall’inizio aventi origine pecuniaria (somma di denaro), ad esempio tutti crediti derivanti da operazioni commerciali, di lavoro e di finanziamento.
L’inadempimento comporta sempre il calcolo di interessi e se il tasso di inflazione è superiore al tasso d’interesse, si applica il tasso pari alla svalutazione.
Obbligazioni di valore
Quelle in cui l’oggetto è un bene diverso dal denaro e quest’ultimo è solo la misura del controvalore del bene. Ad esempio il credito per risarcimento del danno.
L’inadempimento comporta il calcolo di interessi e rivalutazioni.
Rappresentano una categoria particolare i crediti di lavoro, che sono assimilati ai crediti di
valore, e pertanto vi si applicano gli interessi e le rivalutazioni.
La misura degli interessi
Interessi nella misura convenzionale ( ad es. gli interessi corrispettivi prima della mora) Interessi nella misura legale (tasso fissato dal codice civile all’art.1284)
La spettanza degli interessi
Il principio fondamentale è che gli interessi, siano essi corrispettivi o compensativi, decorrono ex lege sui debiti liquidi ed esigibili.
Ma, salvo il caso degli interessi su somma dovuta a seguito di risarcimento del danno, i quali costituiscono una componente del danno stesso, possono essere attribuiti solo su espressa domanda dell’avente diritto. (principio dell’autonomia dell’obbligazione per interessi). Cass.3364/87
Leggi speciali
La normativa in materia di subfornitura di cui alla L. 192/98
L’art.1 della citata legge stabilisce che “con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna ad effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materia prima fornita dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche o tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente” Quanto alla natura giuridica la subfornitura puo’ essere inquadrata come appalto, somministrazione o come contratto d’opera ed è importante tale qualificazione perché ci sono risvolti e conseguenze diverse in tema di responsabilità nei confronti del committente.
Le conseguenze che qui ci interessano riguardano i tempi di pagamento. All’art.2 , comma 2, si stabilisce che il termine di pagamento non puo’ eccedere i 60 giorni, salvo accordi a livello nazionale o locale collettivi in cui puo’ arrivare a 90 giorni.
Se il contratto non prevede termini di pagamento i casi sono due:
- si applica il termine massimo di 60 gg fissato dalla legge;
- si applica il termine previsto civilisticamente per il tipo di contratto, e cioè: in caso di appalto: al momento dell’accettazione dell’opera da parte del committente; in caso di vendita: al momento della consegna.
Ma l’ipotesi più comune è che sia stabilito un termine più lungo di quello di legge, cioè eccedente i 60 giorni. Si esclude la nullità del contratto, e la tesi prevalente è quella che riporta il termine a 60 gg. Il termine di pagamento inizia a decorrere dalla consegna del bene o dalla comunicazione dell’avvenuta esecuzione della prestazione.
La cosa che ci interessa a questo punto è la conseguenza del ritardo nel pagamento rispetto al termine stabilito:
a) se il ritardo è contenuto nei 30 giorni, sono dovuti senza bisogno di costituzione in mora, interessi moratori pari al TUS (oggi Tasso BCE) maggiorato di 5 punti (poi
portato a 7 (sette) punti dal successivo D.Lgs. 231/02), con diritto al risarcimento del maggior danno se il subfornitore fornisce la prova;
b) se il ritardo supera i 30 giorni, il committente deve oltre a quanto detto, una ulteriore penale pari al 5% dell’importo per il quale non è stato rispettato il termine.
Fra l’altro è possibile da parte del prestatore ottenere decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in caso di mancato pagamento alla scadenza di legge.
La normativa in materia di Ritardi nei pagamenti dei crediti commerciali di cui al DL 231/02
Ben più rilevante è la normativa in materia di ritardi nelle transazioni commerciali dettata a seguito di una direttiva europea del 2000. Si tratta del Decreto legislativo 231 del 2002 che si applica per tutte le transazioni commerciali, differenza della L. 192 del 98, tanto è vero che l’art.1 stabilisce espressamente quelle situazioni per le quali non si applica.-
Si applica a tutte le transazioni commerciali ad eccezione di:
- debiti oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore;
- richieste di interessi inferiori a 5 euro;
- pagamenti effettuati a titolo di risarcimento del danno ivi compresi i pagamenti effettuati a tale titolo da un assicuratore.
Che cosa stabilisce il Decreto 231 all’art.4:
- che gli interessi decorrono automaticamente (senza costituzione in mora) fino dal giorno di scadenza del pagamento contrattualmente stabilito;
- che nel caso in cui non sia stabilito un termine contrattualmente, gli interessi decorrono automaticamente (senza costituzione in mora), alla scadenza del seguente termine legale:
a) 30 giorni dalla data di ricevimento della fattura da parte del debitore;
b) 30 giorni dalla data di ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
c) 30 giorni dalla data di accettazione o della verifica della conformità della merce (o servizi) alle previsioni contrattuali.
IL saggio degli interessi è stabilito all’art.5 e si determina applicando al TUS (oggi Tasso BCE) la maggiorazione di 7 punti percentuali.
Importante per i prodotti alimentari deteriorabili il corrispettivo deve essere pagato entro il termine di 60 giorni dalla consegna o del ritiro. Gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine ed in questo caso il saggio degli interessi è maggiorato di ulteriori 2 punti percentuali (quindi 9 punti oltre il TUS (oggi Tasso BCE)).
Deroghe al termine legale possono essere stabilite solo con accordi collettivi sottoscritti presso il Ministero attività produttive dalle organizzazioni maggiormente rappresentative.
Il riferimento che qui più ci interessa è quello delle procedure concorsuali.
L’interpretazione di dottrina e di giurisprudenza (trib.Milano 833/2008) Presidente Quatraro) è abbastanza pacifica e puo’ essere data nel modo seguente:
- per tutti i crediti, sicuramente non sono dovuti gli speciali interessi moratori dal momento dell’apertura della procedura concorsuale, stante il divieto dei pagamenti previsto per legge.
- per i pagamenti invece per i quali il pagamento è scaduto prima della sentenza di fallimento (o della domanda di concordato) saranno dovuti gli speciali interessi moratori da momento di scadenza fino all’inizio della procedura, mentre se la scadenza è successiva all’apertura della procedura non saranno mai dovuti tali interessi moratori.
Alcuni autori sono di diverso avviso secondo cui gli speciali interessi non decorrerebbero neppure nel periodo pre-fallimentare. (Trib.Pescara 10.2.09)
Un problema è dato dalla discriminazione di altre categorie non tutelate dalla legge speciale, che si troverebbero discriminate nell’ambito del trattamento in sede concorsuale
Infatti la normativa non sembra applicabile ai prestatori di lavoro, dipendente o autonomo, e agli istituti di credito, ma solo alle imprese le quali, in presenza dei requisiti di creditori privilegiati, si troverebbero un notevole miglioramento della propria situazione in rapporto agli altri creditori, ancorchè allo stesso modo privilegiati.
Un altro problema è se spetta la prelazione su tali speciali interessi o meno.
Qui basandosi sul tenore letterale della norma, gli interessi moratori secondo la dottrina (Xxxxx-Xxxxxxxx) dovrebbero spettare proprio perché la legge non distingue. La giurisprudenza invece (Cass.n.11033/97) interpreta diversamente sul presupposto che l’art.2855 parla di capitale che produce interessi e quindi fa riferimento si soli interessi corrispettivi. (Stesso orientamento che vedremo per gli i.ipotecari)
Sicuramente non spettano per la fase successiva all’apertura della procedura in cui spettano interessi in chirografo nella sola misura legale.
La normativa cosiddetta “Antiusura” L.108/96 (cenni)
L’art.4 della L. 108/96 che ha modificato l’art.1815 , secondo comma, in materia di mutuo, dispone che “se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi” ciò significa che qualora venga accertato in sede giudiziale (come per esempio nell’ambito della procedura di verifica per l’ammissione al passivo del fallimento), che sono stati pattuiti interessi a tassi usurari è dovuta solo ed esclusivamente la restituzione del capitale
e non degli interessi, rendendosi così di fatto gratuito il mutuo. Ovviamente ciò vale anche per ogni altro finanziamento di qualsiasi natura.
Il metodo per stabilire la misura del tasso usurario è l’applicazione della maggiorazione del 50% al tasso medio applicato nel periodo di riferimento ai mutui pubblicato sul sito della Banca d’Italia.
Il tasso deve essere usurario in base alle originarie condizioni contrattuali.
Il TAEG (tasso annuo effettivo globale) deve essere calcolato tenendo conto anche di tutte le altre spese e commissioni.
L’anatocismo (cenni)
In base all’art.1283 del c.c. “In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi”.
La norma vale solo per i debiti di valuta, e non per quelli di valore. Il problema nasce dall’interpretazione del termine “usi contrari”.
La giurisprudenza ha detto che deve trattarsi di usi normativi, e non di usi negoziali quali quelli che le banche hanno considerato alla base del comportamento adottato relativo alla capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi. Di conseguenza essendo illegittimi gli usi negoziali avremmo la nullità della clausola che disciplina il calcolo degli interessi.
Dall’anno 2000 con la delibera CICR è stato stabilito che la capitalizzazione degli interessi sui saldi di c/c bancario sono legittimi a condizione che il contratto preveda la stessa periodicità di calcolo (attivi o passivi che siano).
E’ importante la recente sentenza di dicembre 2010 Sezioni Unite n.24418 nella quale sono stabiliti due principi rilevantissimi:
1. Il termine di prescrizione decennale per il rimborso delle somme indebitamente percepite dalla banca quali interessi sul conto corrente decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, dato che il contratto di conto corrente da luogo ad un unico rapporto giuridico.
2. Nel caso in cui venga accertata la nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi, per contrasto con l’art.1283 del c.c., non spetterebbe a favore dell’istituto bancario nemmeno la capitalizzazione annuale.
2. Gli interessi nel fallimento
Sono disciplinati dagli art. 54 e 55 e 57 della L.F. Ai fini espositivi è consigliabile leggere prima l’art.55.
Art. 55. Effetti del fallimento sui debiti pecuniari.
[1] La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura di fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto è disposto dal terzo comma dell’articolo precedente.
[2] I debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento.
[3] I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli articoli 96, 113 e 113-bis. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale.
Il primo comma detta il principio fondamentale della sospensione del corso degli interessi ai fini del concorso.
Il principio è che gli interessi continuano a maturare sui crediti vantati nei confronti dell’impresa fallita, ma non trovano spazio nell’ambito della procedura concorsuale. Il creditore potrà richiedere il pagamento degli interessi alla chiusura del fallimento, salvo il caso che il fallimento si chiuda con un concordato fallimentare.
Ovviamente fatti salvi anche gli effetti dell’esdebitazione.
Art. 54. Diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell’attivo
[1] I creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio, fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente concorrono, per quanto loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo.
[2] Essi hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono prima della distribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia. In tal caso, se ottengono un’utile collocazione definitiva su questo prezzo per la totalità del loro credito, computati in primo luogo gli interessi, l’importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori viene detratto dalla somma loro assegnata per essere attribuito ai creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per una parte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi hanno diritto di trattenere solo la percentuale definitiva assegnata a i creditori chirografari.
[3] L’estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli articoli 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all’atto di pignoramento. Per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso
degli interessi cessa alla data del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche solo parzialmente.
Il principio stabilito dal primo comma è semplice: a differenza di quanto avviene per i crediti chirografari, gli interessi sui crediti assistiti da prelazione non si sospendono ma continuano a decorrere.
Nel concreto sono diverse le modalità con cui la prelazione si estende agli interessi (ed alle spese), e varia in base al tipo della prelazione e questo è indicato al comma 3 dell’art.54 che rinvia agli artt. 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo del codice civile.
Per i crediti pignoratizi (assistiti da pegno) in base all’art.2788 c.c. la prelazione ha luogo anche per gli interessi dell’anno in corso alla data del fallimento (nella misura convenzionale). La prelazione ha luogo inoltre, nei limiti della misura legale, anche per gli interessi maturati successivamente all’anno della sentenza, fino alla data della vendita del bene.
Per i crediti muniti di privilegio speciale la prelazione si estende agli interessi (oltre che alle spese) anche convenzionali, dovuti per l’anno in corso al fallimento e per quelli dell’anno precedente. Anche in questo caso per gli anni successivi fino alla data della vendita ma solo nella misura legale (modifica della riforma).
Per i crediti muniti di privilegio generale la prelazione si estende agli interessi ma fino alla data del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche solo parzialmente (modifica della riforma).
Per i crediti ipotecari la prelazione si estende agli interessi che si collocano nello stesso grado del capitale, ma alla condizione essenziale che ne sia indicata la misura (il tasso) nella nota di iscrizione dell’ipoteca, altrimenti non spettano neppure nella misura legale.
La regola così penalizzante è posta a salvaguardia dei diritti dei terzi, che devono essere messi in condizione di conoscere esattamente la capienza
La prelazione spetta, anche in questo caso, limitatamente alle due annate anteriori e a quella in corso alla data della sentenza di fallimento, ed anche se pattuito diversamente.
Ove il fallimento segua ad una esecuzione individuale, il computo degli anni privilegiati va fatto in riferimento alla data del pignoramento e non a quella del fallimento. (Trib Fi 13.10.99).-
Gli interessi decorrono anche dopo la sentenza di fallimento e sono collocati nello stesso grado del capitale, ma la misura dell’interesse è quella del tasso legale.
Secondo la Cassazione la differenza tra il tasso convenzionale e quello legale, non spetta mai per l’anno successivo a quello della sentenza di fallimento, neppure in chirografo.
Crediti da lavoro dipendente
Per i crediti da lavoro dipendente valgono delle regole particolari in quanto a favore della categoria, ai sensi dell’art.429 comma 3 del c.p.c., spetta anche la rivalutazione monetaria, oltre agli interessi. “IL giudice quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro per crediti di lavoro, deve determinare, oltre gli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal lavoratore per la diminuzione del valore del suo credito, condannando al pagamento della somma relativa con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto.”
Pertanto si pongono tutta una serie di problemi strettamente connessi:
- la rivalutazione come e fino a quale momento si calcola?
Ci sono state varie tesi nel tempo ma dopo gli interventi della Corte Cost del 1986 e del 1989 la regola da accogliere come prevalente è quella che prevede il calcolo della rivalutazione fino al giorno in cui viene emanato il decreto che rende esecutivo lo stato passivo, che rappresenta nel fallimento ciò che nel cpc art 429 è rappresentato dalla sentenza di condanna. Di fatto il credito del lavoratore è venuto ad assumere nell’ambito della normativa fallimentare, la natura di “credito di valore”, e solo in quest’ottica non è lesivo della par condicio.
- Se siano cumulabili interessi e rivalutazioni e come si calcolano.
Anche in questo caso ci sono state varie vicissitudini, anche a seguito di interventi legislativi e di sentenze della Corte Costituzionale. Infine la Corte Cost nel 2000 ha sancito definitivamente il diritto dei dipendenti ad avere il cumulo di interessi e rivalutazione monetaria. Anche sul punto più tecnico delle modalità di calcolo del cumulo ci sono stati nel tempo vari orientamenti, a) calcolo degli interessi sul capitale già rivalutato; b) calcolo degli interessi non sul capitale rivalutato da ultimo ma di volta in volta, cioè anno per anno;
c) calcolo degli interessi sull’importo originario del credito, rivalutando poi autonomamente il capitale.
Alla fine la Cassazione a sez.unite con la n.38 del 2001 è intervenuta sostanzialmente accogliendo la tesi sub b) e quindi stabilendo che gli interessi devono essere calcolati sul capitale originario per il primo anno e, per gli anni successivi, sul capitale rivalutato anno per anno.
- Se gli interessi si calcolino al lordo o al netto delle ritenute fiscali;
Alla tesi attualmente prevalente si è arrivati dopo varie sentenze, anche della Cassazione, a cui è seguita quella delle sez.unite n.875 del 1984 che approda alla conclusione che interessi e rivalutazioni si calcolino sull’importo al lordo delle ritenute fiscali ed al netto di quelle previdenziali.
- Se spettino gli interessi successivi alla dichiarazione di fallimento ed in caso affermativo se seguano o meno la sorte del capitale;
Sul primo punto vi erano poche incertezze, e principalmente il tenore letterale della norma all’art.55 esclude dalla sospensione gli interessi sui crediti assistiti da privilegio, e nel nostro caso ancorchè di privilegio generale si tratti, non c’è motivo di limitare la portata dello stesso al solo privilegio speciale. Entrambi i privilegi hanno causa nel credito e non vi è distinzione in sede di graduazione. Pertanto devono essere trattati giuridicamente in modo unitario.
La sentenza della Coste Costituzionale n.204 del 1989 ha stabilito l’illegittimità dell’art.54 comma 3 e 55 comma 1 nella parte in cui non estendono la prelazione agli interessi relativi ai crediti di lavoro dipendente, nel fallimento del datore di lavoro. Pertanto per i rapporti in corso da quella data in poi siamo certi che la collocazione è in privilegio.
- Fino a quale data decorrono gli interessi sui crediti assistiti da privilegio mobiliare
La prima tesi, dalla lettera dell’art.2749 c.c., faceva riferimento come termine finale alla data della vendita, dell’ultimo bene su cui era fondato il privilegio.
Poi a seguito di sentenze successive di Cassazione, anche a sez unite, si è sviluppata una tesi molto più complicata da mettere in pratica, che stabilisce che gli interessi successivi al fallimento cessino alla data di ogni atto di liquidazione per quella frazione di credito equivalente al ricavo dell’atto stesso, e prosegue sulla parte eccedente, per cessare in concomitanza di successivi atti liquidatori e limitatamente ad ulteriori frazioni di tale residuo credito; cessa del tutto quando l’ennesimo ricavo copre l’ultima frazione di credito eccedente rispetto ai ricavi dei precedenti atti di liquidazione (criterio proporzionale).
Per fortuna la riforma del 2006 ha modificato il comma 3 dell’art.54 che ha stabilito in via definitiva che per (tutti) i crediti assistiti da privilegio generale il decorso degli interessi cessa alla data del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche se parzialmente,
Secondo le istruzioni del Tribunale di Milano (Quatraro), opportunamente aggiornate a seguito delle modifiche normative e dei principi sopraesposti, il provvedimento con il quale il GD dovrebbe ammettere il credito relativo al lavoratore dipendente dovrebbe essere:
“Si ammette al passivo:
1. con il privilegio ex art.2751-bis, n.1 c.c. il credito di lavoro di [nome- cognome] per la somma di € ……………, di cui € …………. per TFR, € Per
retribuzioni non corrisposte (di cui € per le ultime tre mensilità), oltre
rivalutazione monetaria sino alla data di esecutività dello stato passivo e interessi legali (calcolate sulle frazioni di capitale periodicamente incrementate in base agli indici di svalutazione, al lordo delle ritenute fiscali ed al netto di quelle contributive) sino alla data del progetto di riparto nel quale il credito è
soddisfatto anche se parzialmente, nonché gli interessi prefallimentari, se maturati ex art.2749 c.c. nell’anno in corso alla data della dichiarazione di fallimento e nell’anno precedente;
2. al chirografo gli interessi prefallimentari antecedenti “
Altri crediti aventi privilegio generale sui mobili (le altre categorie del 2751-bis quali professionisti, agenti, artigiani, cooperative, tributi diretti, iva, contributi, ecc)
Prima della riforma della legge fallimentare, poichè l’art.54 al comma 3 richiamava soltanto il 2788 (creditori pignoratizi) e il 2855 (creditori ipotecari) era pacifico che gli interessi non fossero assistiti dalla stessa prelazione che assisteva il credito in linea capitale, nonostante fosse chiaro che gli interessi continuavano a decorrere, ma questi avevano collocazione chirografaria.
Con il D. Lgs. n.5 del 2006 (la riforma) poiché all’art.54, comma 3 è stato aggiunto il richiamo all’art.2749, è ora chiaro che per tutti i crediti aventi privilegio generale sui mobili del debitore fallito non solo non vale la sospensione del decorso degli interessi ma gli stessi per il periodo successivo all’apertura del fallimento trovano collocazione privilegiata, seppure nella misura legale.
Crediti assistiti da prelazione ipotecaria
Come per gli altri crediti privilegiati anche per questi crediti non si sospende il decorso degli interessi in base all’art.55. La prelazione si estende agli interessi nelle modalità fissate dall’art.2855 c.c. nel quale al secondo comma si stabilisce che “Qualunque sia la specie dell’ipoteca, l’iscrizione di un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi dovuti, purchè ne sia enunciata la misura nell’iscrizione. La collocazione degli interessi è limitata alle due annate anteriori ed a quella in corso al giorno del pignoramento, ancorchè sia stata pattuita l’estensione ad un maggior numero di annualità; le iscrizioni particolare prese per altri arretrati, hanno effetto dalla loro data”.
La regola è dettata per gli interessi maturati prima della sentenza di fallimento (che è equiparata al pignoramento).
L’unica condizione espressamente stabilita è che la misura degli interessi (tasso) sia convenzionale che legale, sia indicata nell’iscrizione ipotecaria. L’opinione unanime di dottrina e giurisprudenza è nel senso che la mancata indicazione fa venir meno ogni tipo di interesse e non soltanto la differenza tra legale e convenzionale. Questo poiché l’indicazione della nota di iscrizione della misura degli interessi consente ai terzi di conoscere con esattezza l’aumento della somma che il creditore iscritto puo’ assicurarsi con la prelazione ipotecaria sull’immobile gravato dalla predetta garanzia.
Da notare che la prelazione degli interessi anteriori non è illimitata nel tempo ma si estende solo alle due annate anteriori e a quella in corso alla sentenza di fallimento, anche in presenza di patto contrario.
Ci sono dubbi se per annualità si debba intendere il periodo solare (1.1-31.12) oppure l’annualità che decorre tra la data di inizio del debito e la data di scadenza. Sembra prevalere la seconda tesi.
Per quanto riguarda il tipo di interessi da collocare in privilegio la giurisprudenza della cassazione stabilisce che la collocazione in privilegio ipotecario spetti solo agli interessi corrispettivi, mentre gli interessi compensativi e moratori trovano collocazione chirografaria.
Un altro dubbio che si era posto riguardava la sorte della differenza tra tasso convenzionale e tasso legale successivi all’annata in corso alla data della sentenza di fallimento. La Cassazione ha interpretato nel senso della perdita integrale di tale differenza e non della sua collocazione in sede chirografaria.
Pertanto in sede di ammissione al passivo il provvedimento sarà di questo tipo
“Si ammette al passivo:
3. con il privilegio ipotecario sul bene immobile . il credito di [nome- creditore] per la somma di € ……………, di cui € …………. per capitale, €
……………. per interessi maturati nell’annata della sentenza di fallimento e nelle due annate precedenti, oltre interessi legali dalla sentenza di fallimento sino alla data della vendita del bene;
4. al chirografo gli interessi compensativi e moratori prefallimentari maturati prima delle due annualità precedenti il fallimento; gli interessi non iscritti o eccedenti il limite per il quale l’ipoteca è stata iscritta, maturati fino alla data della sentenza di fallimento; la differenza tra gli interessi moratori maturati nelle tre annualità e quelli corrispettivi iscritti ammessi in via ipotecaria“
Art. 57 Crediti infruttiferi
[1] I crediti infruttiferi non ancora scaduti alla data della sentenza di fallimento sono ammessi al passivo per l’intera somma. Tuttavia ad ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti, in ragione del 5 per cento all’anno, per il tempo che resta a decorrere dalla data del mandato di pagamento sino al giorno della scadenza del credito.
Si tratta non solo dei crediti che non producono interessi ma anche quelli con interesse implicito. La norma si pone l’obiettivo di evitare la disparità di trattamento con i crediti non
scaduto alla data del fallimento che, come prevede il secondo comma dell’art.55, si considerano scaduti a tale data.
Il meccanismo previsto è quello della decurtazione in sede di riparto dell’attivo dell’interesse composto del 5% annuo. Questo si verifica se il credito non fosse ancora giunto a scadenza alla data del riparto, quindi si tratta di caso alquanto infrequente.
L’equità voluta dal legislatore è vanificata dalle continue variazioni dei tassi legali.
Da notare che la decurtazione non opera per i crediti muniti di diritto di prelazione, ovviamente nella misura in cui vi sia capienza nei beni oggetto della garanzia. Altrimenti la parte di credito che si trasforma in chirografo subirà la decurtazione.
Interessi sui crediti nei confronti della massa
I crediti di massa non producono interessi moratori per il tempo intercorso tra la sentenza che riconosce il diritto al credito ed il suo pagamento in quanto i pagamento devono svolgersi secondo i piani di riparto resi esecutivi dal giudice. (Cass.3728/93)
Interessi nelle procedure di concordato preventivo : (particolarità)
Per i creditori chirografari vale la regola dell’art.55, cioè la sospensione del decorso degli interessi. E questo anche se dalla liquidazione dei beni tali creditori incassano l’intero capitale e gli interessi maturati fino alla domanda. (n.b. non è richiamato il 54 ma a mio parere è da ritenere richiamato il 54 u.c. dal 55 l.f.)
Per i creditori privilegiati gli interessi continuano a decorrere e godono di prelazione anche per il periodo successivo all’apertura del concordato, compresi quelli maturati sui crediti assistiti da privilegio generale. Il tutto secondo le regole già viste per il fallimento.
I crediti dei lavoratori dipendenti devono inoltre essere rivalutati a decorrere dal giorno della maturazione del diritto (in base alla nota sentenza della Corte Cost. n.300 del 31.12.86). Su tale credito rivalutato devono essere calcolati gli interessi nella misura legale dalla data di scadenza del credito fino al giorno del pagamento (Cass.3.2.89 n.691).-
Ci sono alcuni dubbi che rimangono però in conseguenza delle particolarità della procedura di concordato rispetto al fallimento.
Uno dei dubbi riguarda la sorte degli interessi sui crediti assistiti da privilegio generale mobiliare, quando la proposta non preveda condizioni particolari, l’interpretazione dell’art.54, 3 comma, in quanto non essendoci nel concordato un vero e proprio riparto ufficiale, non si saprebbe a cosa fare riferimento. Io ritengo si debba fare riferimento comunque al momento in cui il liquidatore effettua il primo pagamento anche parziale a favore di quella categoria di crediti.
Altro dubbio, generato sempre dalla mancanza di una vera a propria verifica dei crediti, e quindi una domanda di ammissione al passivo, è se gli interessi debbano essere riconosciuti a tutti gli aventi diritto, oppure soltanto a coloro che ne facciano espressa richiesta.
Anche questo problema puo’ sorgere solo quando la proposta nulla dica in tal senso.
Qui se la proposta non esclude il computo degli interessi, una tesi vorrebbe applicabile l’art.55. Altra tesi vorrebbe considerare il principio altrettanto acclarato della autonomia della domanda per interessi.
Infine qual è la sorte nel concordato preventivo degli interessi ex D.Lgs 231.- Si ripropongono le stesse tesi esposte per la procedura fallimentare.
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxx