Disegno di legge recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita
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Segreteria Generale Aggiunta
Dipartimento Politiche Attive del Lavoro
Politiche del Mezzogiorno e dello Sviluppo Territoriale
Disegno di legge recante disposizioni
in materia di riforma del mercato del lavoro
in una prospettiva di crescita
Descrizione e commento a cura di
Xxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxxxx Xxxxxx – Dipartimento mercato del lavoro
ART.1 DISPOSIZIONI GENERALI , TIPOLOGIE CONTRATTUALI,
DISCIPLINA IN TEMA DI FLESSIBILITÀ IN USCITA
E TUTELE DEL LAVORATORE
Finalità del provvedimento e sistema di monitoraggio e valutazione
Descrizione
Nella sezione “disposizioni generali” vengono illustrate le finalità del provvedimento legislativo teso a realizzare un mercato del lavoro “inclusivo e dinamico”.
Il testo del Governo definisce il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato come forma comune di rapporto di lavoro (c.d. “contratto dominante”).
Vengono poi ribadite le altre finalità fondame ntali del provvedimento che sono:
Valorizzare l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
Ridistribuire in modo più equo le tutele dell’impiego (contrasto alla flessibilità “malata” e revisione delle norme sui licenziamenti);
Rendere più efficiente, coerente ed equo l’assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro;
Contrastare l’elusione contributiva e fiscale che si verifica nell’utilizzo degli istituti contrattuali;
Promuovere maggiore inclusione nella vita economica delle donne e dei lavoratori ultracinquantenni;
Promuovere modalità partecipative di relazioni industriali in conformità con gli indirizzi assunti in sede europea.
Vengono istituiti un sistema di monitoraggio e valutazione delle misure (a cura di Istat e Sistan - Sistema Statistico Nazionale) con il concorso delle parti sociali ed una banca dati informatizzata anonima, a cura dell’Inps e Istat, a fini di ricerca scientifica.
Commento
Riteniamo positive e condivisibili le finalità generali del provvedimento, frutto in larga parte di trattativa con le parti sociali, e vigileremo affinchè il coinvolgimento delle parti stesse nel sistema di monitoraggio e valutazione sia sostanziale e non formale.
Valutiamo positivamente lo stanziamento di risorse pubbliche per la realizzazione degli obiettivi della riforma, comprese le risorse da destinare, nella transizione, agli ammortizzatori in deroga.
Rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni
Descrizione
Il testo prevede che l’eventuale applicabilità della legge in esame al settore pubblico sarà valutata a seguito di un confronto tra Dipartimento della Funzione Pubblica e organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, nell’ambito del quale saranno definiti misure, modalità, tempi di attuazione , nonché lo strumento legislativo, comprese le modifiche da apportare al d.lgs. 165/2001, utilizzando il contenuto del presente provvedimento come criterio di riferimento per la normativa da estendere.
Commento
E’ positivo che l’applicabilità al settore pubblico sia stata rinviata al confronto sindacale, che ha già prodotto, nei giorni scorsi, un protocollo d’intesa tra il Ministro per la Pubblica Amministrazione, il sistema delle autonomie e le organizzazioni sindacali.
Tale protocollo, che sarà la base per un disegno di legge delega da sottoporre alle Camere, insieme a temi più generali relativi al lavoro pubblico, contiene l’impegno delle parti, con riguardo ai profili di convergenza con il mercato del lavoro privato, a individuare e disciplinare le tipologie di lavoro flessibile utilizzabili nel settore pubblico per esigenze temporanee o eccezionali, contrastarne l’uso improprio e strumentale, riordinare la disciplina dei licenziamenti per motivi disciplinari ferme restando le competenze attribuite alla contrattazione collettiva nazionale.
Tipologie contrattuali
Contratti a tempo determinato
Descrizione
Dopo aver modificato il comma iniziale del d.lgs. 368/01, inserendovi l’affermazione che ”il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”, ne vengono modificate alcune significative parti.
Viene innanzitutto eliminata la necessità di causali ( il c.d. “causalone”, vale a dire l’indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo per le quali si ricorre a questo tipo di contratto) esclusivamente per quel che riguarda il primo contratto a termine e la prima missione nell’ambito di un contratto in somministrazione a tempo determinato, di durata non superiore a 12 mesi. Il contratto a tempo determinato stipulato al di fuori delle causali non può essere oggetto di proroga. In alternativa, la contemporanea eliminazione della causale e della prorogabilità può essere stabilita in via contrattuale, a livello nazionale o decentrato, per contratti conclusi nei casi di start up, lancio prodotto innovativo; rilevante cambiamento tecnologico; fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; proroga di commessa consistente, con il vincolo che i contratti stipulati in deroga alla causale non superino il 6% dell’organico. Analoga norma vale per i contratti di somministrazione a tempo determinato.
Viene poi aumentato l’intervallo minimo tra un contratto e l’altro che varia a seconda se il contratto abbia durata inferiore o superiore a sei mesi, passando i termini da 10 a 60 giorni e da 20 a 90 giorni. Tali intervalli sono riducibili contrattualmente nei casi di cui sopra (per contratti conclusi nei casi di start up, lancio prodotto innovativo; rilevante cambiamento tecnologico; fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; proroga di commessa consistente). In assenza di contrattazione collettiva, decorsi dodici mesi, il Ministero del lavoro individuerà con decreto le specifiche condizioni in cui potranno operare tali riduzioni.
Vengono anche modificati i termini di possibile prolungamento di un contratto a tempo determinato in caso di necessità produttive e passano da venti a trenta giorni in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, e da trenta a cinquanta negli altri casi. In questi casi il datore di lavoro ha l’onere di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente, entro la scadenza del termine inizialmente fissato, che il rapporto continuerà, indicando la durata della prosecuzione.
La durata massima del contratto a tempo determinato (proroghe e rinnovi compresi) è di 36 mesi, al cui computo contribuiscono anche i periodi svolti, nella stessa azienda, attraverso il contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato con mansioni equivalenti.
E’ inserita in questa parte del provvedimento la cancellazione della possibilità di prevedere un trattamento economico inferiore a parità di mansioni svolte per alcune categorie di lavoratori svantaggiati assunti in regime di somministrazione, nell’ambito di specifici programmi di formazione e inserimento erogati in concorso con Regioni, Province, Comuni, ai sensi dell’art. 13 del Dlgs 276/2003 (vengono abrogate una parte dell’art.13 ed una parte dell’art.23 del d.lgs. 276/03).
Viene inoltre rivisto, dal 1° gennaio 2013, per i “licenziamenti che presuppongono la risoluzioni di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto”, il termine massimo per l’ impugnazione stragiudiziale, che passa da 60 a 120 giorni . Questa modifica incide sui termini residui per l’impugnazione giudiziale che deve essere effettuata entro 270 giorni complessivi, comprensivi dei giorni utilizzati per la impugnazione stragiudiziale.
Viene specificato che la disposizione contenuta all’art. 32 comma 5 della Legge 183/2010 (e cioè il risarcimento da 2,5 a 12 mensilità, oltre alla conversione del contratto a tempo indeterminato) ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore.
Infine, ma in un’altra parte del provvedimento, è prevista l’applicazione di un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione, tranne che per i lavoratori assunti a temine in sostituzione di lavoratori assenti o per lo svolgimento di attività stagionali, per gli apprendisti, per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Nei limiti delle ultime sei mensilità tale contributo viene restituito (vedi oltre).
Commento
Riteniamo positiva la finalità della nuova regolazione del contratto a termine volta ad evitare abusi e proroghe ripetute. Significativo, per contrastare gli abusi, è anche il nuovo regime contributivo, del quale va però valutato l’impatto sulla occupabilità dei lavoratori.
Descrizione
Con una modifica rispetto all’articolato preparatorio il ddl abolisce gli articoli 54, 55, 56, 57, 58 e 59 del dlgs 276/2003 sancendo quindi la cancellazione del contratto di inserimento.
E’ prevista, al comma 2, una clausola di salvaguardia per tutte le assunzioni che verranno effettuate con questo strumento fino al 31 dicembre 2012.
Commento
Riteniamo negativa, in una fase di crisi occupazionale diffusa in particolare tra le fasce deboli del mercato del lavoro, la cancellazione del contratto di inserimento, che in parte si tenta di recuperare con l’introduzione di incentivi per l’inserimento lavorativo di donne e lavoratori over 50 (art.4, co. 8 e segg., vedi oltre).
Apprendistato
Descrizione
Viene inserita una durata minima del contratto di apprendistato di sei mesi, fatti salvi i contratti stipulati per attività stagionali.
Si chiarisce che nel caso in cui le parti manifestino la volontà di recedere dal contratto, nel periodo di preavviso continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato.
Xxxxx restando i più favorevoli limiti per le imprese artigiane (per le quali continuano a valere immutati i rapporti sanciti dall’art. 4 della Legge 443/85), a partire dalla assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2013 il numero complessivo di apprendisti che un datore di lavoro può assumere (direttamente o tramite le agenzie di somministrazione di lavoro) non può superare il rapporto di 3 a 2 rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso lo stesso datore di lavoro, mentre il rapporto rimane di 1 a 1 per i datori di lavoro che occupano meno di 10 addetti. Per il datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze fino a tre lavoratori specializzati, il numero massimo di apprendisti assumibili è tre.
Viene esclusa la possibilità di assumere apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato, ferma restando la possibilità di assumerli in somministrazione a tempo indeterminato.
L’assunzione di nuovi apprendisti viene subordinata alla stabilizzazione, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro, con l’esclusione di quelli cessati durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, e` consentita l’assunzione di un solo apprendista. Gli apprendisti assunti violando la precedente regola sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data della costituzione del rapporto. Tali vincoli non si applicano nei confronti dei datori di lavoro che occupano meno di dieci unità. Per un periodo di trentasei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, la percentuale di stabilizzazione è fissata nella misura del 30 per cento.
Commento
L’apprendistato, come da noi chiesto, viene individuato come canale privilegiato di accesso dei giovani al mondo del lavoro. Infatti, da una parte viene confermato, con alcuni miglioramenti, il Testo Unico frutto dell’accordo tra stato, regioni e parti sociali, dall’altra l’apprendistato rimane l’unico contratto finanziariamente incentivato, e quindi particolarmente conveniente, sul piano dei costi, rispetto alle altre tipologie contrattuali, peraltro scoraggiate anche da alcune modifiche normative (vedi di seguito).
Al fine di aprire ulteriori possibilità di utilizzo dell’apprendistato, e a seguito della cancellazione della possibilità di assumere apprendisti in somministrazione a tempo determinato, sarebbe necessario allargare le possibilità di assunzione di apprendisti in somministrazione a tempo indeterminato.
Si rileva, come criticità, la cancellazione del vincolo alla stabilizzazione per le aziende con meno di dieci dipendenti.
Lavoro a tempo parziale
Descrizione
Vengono introdotte due modifiche al decreto legislativo 61/2000:
viene rafforzato il diritto del lavoratore a vedere inseriti nei CCNL le “condizioni e modalità che consentano di richiedere l’eliminazione o la modifica delle clausole flessibili ed elastiche previste dal contratto di lavoro”.
viene riconosciuta ai lavoratori studenti e ai lavoratori affetti da patologie oncologiche la possibilità di revocare il consenso alle clausole flessibili ed elastiche.
Commento
Le misure sono positive, ma come Cisl restiamo convinti che, oltre a norme per contrastare gli abusi, servano norme per incentivare l’utilizzo del part time in chiave di conciliazione vita-lavoro. In tal senso avevamo proposto durante la trattativa di introdurre incentivi ai part-time lunghi, ma i costi di tali incentivi non sono stati ritenuti sostenibili.
Lavoro intermittente o a chiamata
Descrizione
Attraverso la modifica degli articoli 34 e 35 del Dlgs 276/2003 viene modificata la normativa relativa al lavoro intermittente (prestazione lavorativa discontinua definita in base ad esigenze individuate dai contratti collettivi nazionali di lavoro, anche per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese e dell’anno):
viene abrogata la norma che stabiliva che, in caso di prestazione da svolgersi in periodi predeterminati, l’indennità di disponibilità venisse corrisposta solo in caso di chiamata effettiva, quindi da ora in poi l’indennità di disponibilità verrà comunque corrisposta
viene ampliato il limite di età per l’utilizzo al di fuori delle previsioni contrattuali, comprendendo soggetti sotto i 25 anni e sopra i 55 (non più 45).
viene introdotto l’obbligo, per il datore di lavoro, di comunicarne la durata alla Direzione Territoriale del Lavoro mediante sms, fax o posta elettronica prima dell’inizio della prestazione, con sanzione da 400 a 2400 euro in caso di omissione
i contratti già sottoscritti, ma non compatibili con le nuove disposizioni previste, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Commento
Riteniamo positiva la nuova regolazione del lavoro intermittente o a chiamata, strumento diffusosi negli ultimi anni e che si prestava ad abusi a causa del mancato obbligo di comunicazione della durata alla Direzione Provinciale del Lavoro.
Lavoro a progetto
Descrizione
Vengono ridotti i margini di utilizzo del lavoro a progetto attraverso modifiche ad alcuni articoli del d.lgs. 276/2003, valevoli per i contratti stipulati successivamente alla data di entrata di vigore della legge.
Ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata o continuativa devono essere riconducibili a uno più progetti (e non più anche programmi di lavoro o fasi di esso ) determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere riconducibile ad un risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi normati dalla contrattazione collettiva nazionale.
Inoltre si stabilisce che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione.
Attraverso una integrazione all’art. 69 del d.lgs. 276/2003 viene specificato che, salvo prova contraria a carico del committente, i rapporti di collaborazione sono considerati subordinati, fin dalla costituzione del rapporto, se l’attività del collaboratore è analoga a quella svolta da lavoratori dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità individuate dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
Con una modifica dell’art. 67 del dlgs 276/2003 vengono ridefinite le modalità di recesso: le parti infatti possono continuare a recedere prima della scadenza del termine per giusta causa, ma in assenza di giusta causa il committente può recedere prima della scadenza solo qualora emergano profili oggettivi di inidoneità del collaboratore rispetto alla realizzazione del progetto.
Infine, si stabilisce che il compenso non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per profili professionali e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore a mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore ai minimi contrattuali di categoria per figure analoghe.
In altra parte del provvedimento sono definiti l’indennità di fine lavoro, rafforzata rispetto alla attuale, ed il graduale aumento della aliquota contributiva fino al raggiungimento del 33%, al pari del lavoro subordinato.
Commento
Riteniamo positivi gli interventi previsti, anche per il ruolo importante della contrattazione che dovrà definire i compiti meramente esecutivi o ripetitivi da escludere.
E’ particolarmente importante che per la determinazione dei compensi minimi venga presa come riferimento la contrattazione collettiva.
Tali misure, insieme, al progressivo adeguamento dei contributi previdenziali al livello di quelli dei contratti subordinati, contribuiranno a reprimere l’utilizzo elusivo di questa forma contrattuale.
Partite Iva
Descrizione
Attraverso l’introduzione di un art. 69-bis nel corpo del d.lgs 276/2003 viene introdotta una significativa limitazione dell’utilizzo improprio delle c.d. “partite iva”.
Si stabilisce che le prestazioni lavorative a partita iva siano considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, salvo prova contraria fornita dal committente, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
che la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore ad almeno otto mesi nell’arco dell’anno solare;
che il corrispettivo percepito, anche se fatturato con più soggetti collegati fra loro, costituisca più del 80% dei corrispettivi maturati dal collaborare nell’anno solare;
che il collaboratore disponga di una postazione di lavoro fissa presso una delle sedi del committente,
tranne che nei seguenti casi:
a) prestazione connotata da competenze elevate acquisite attraverso percorsi formativi o rilevanti esperienze pratiche;
b) prestazione svolta da titolare di reddito da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge n. 233/90 (18.000 euro);
c) attività professionali che richiedono iscrizione ad ordini professionali, albi, ruoli stabilite con decreto.
Le nuove norme si applicano ai rapporti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore. Per i rapporti in corso a tale data, le nuove disposizioni si applicano decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore.
Commento
Pur con il differimento di 12 mesi per l’entrata in vigore per i rapporti in corso, si tratta di criteri molto importanti per la dissuasione dall’utilizzo elusivo del lavoro autonomo.
Associazione in partecipazione con apporto di lavoro
Descrizione
Attraverso una integrazione all’articolo 2549 del codice civile viene stabilito che, qualora il conferimento dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associanti non può essere superiore a tre, con l’eccezione della presenza di rapporti coniugali, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo.
In caso di violazione di questo divieto il rapporto con tutti gli associati il cui apporto
consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Sono fatti salvi i contratti in essere che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati certificati ai sensi degli articoli 75 e seguenti del d.lgs. 276/03.
Il rapporto viene considerato di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche se:
- gli associati in partecipazione non abbiano effettivamente partecipato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero non sia stato consegnato il rendiconto, salvo prova contraria
- la prestazione non sia connotata da competenze elevate acquisite attraverso percorsi formativi o rilevanti esperienze pratiche.
Tali disposizioni sostituiscono il co.2 dell’art.86 del d.lgs.276/03, che disponeva una norma di contrasto alle associazioni in partecipazione in abuso più blanda.
Commento
Rispetto alle versioni preliminari del provvedimento il contrasto all’utilizzo distorto e abusivo delle associazioni in partecipazione appare indebolito. Si tratta comunque di provvedimenti che rappresentano un primo passo da rafforzare per evitare l’utilizzo elusivo di questo strumento.
Lavoro accessorio
Descrizione
Viene esteso a tutti i settori, tranne le particolari disposizioni per il lavoro agricolo, superando l’elenco delle attività contenuto nell’art.70 del d.lgs. 276/03, ma con un limite di 5000 euro annui riferito alla totalità dei committenti, e non più ad un solo committente, ed un limite di 2000 euro per ciascun committente che sia imprenditore commerciale o professionista.
Vengono stabiliti limiti specifici per l’utilizzo nel settore agricolo:
attività stagionali effettuate da pensionati e studenti con meno di 25 anni
attività a favore di soggetti con fatturato inferiore a 7000 euro
divieto per gli iscritti negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli
Il ricorso al lavoro accessorio da parte del committente pubblico è consentito nel rispetto dei vincoli stabiliti dal patto di stabilità interno.
I voucher diventano orari, numerati progressivamente e datati, con valore nominale stabilito con decreto dopo confronto con le parti sociali.
I compensi percepiti dal lavoratore immigrato attraverso il lavoro accessorio sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.
La percentuale relativa al versamento dei contributi previdenziali verrà rideterminata con decreto dal Ministro del Lavoro in coerenza con gli incrementi delle aliquote contributive della gestione separata dell’Inps.
I buoni già richiesti al momento dell’entrata della legge vengono utilizzati secondo la normativa precedente entro il 31 maggio 2013.
Commento
Si tratta di specificazioni nel complesso positive al fine di delimitare il lavoro accessorio, soprattutto relativamente all’individuazione dei limiti ai compensi riferibili a tale forma di lavoro: infatti il limite di 5000 euro è ora riferito a tutti i committenti, e non più al singolo, come in precedenza, e nell’ambito di questo limite opera il tetto di 2000 euro per ogni singolo committente imprenditore commerciale o professionista. Inoltre il riferimento orario dei voucher e l’obbligo di numerazione e data contribuirà a controllare eventuali abusi.
La forte mobilitazione sindacale, in particolare delle categorie del settore agro-alimentare, ha consentito di superare la formulazione del precedente testo, che consentiva un utilizzo molto più ampio dei voucher nell’ambito del lavoro agricolo rispetto alla regolazione oggi vigente, che avrebbe creato forti problematicità in un settore in cui il 90% della manodopera è occupata a tempo determinato e la gran parte del lavoro è stagionale.
Tirocini formativi
Descrizione
Vista la concorrenza di competenze tra Governo (Ministero del Lavoro e Ministero dell’Istruzione) e Regioni, si prevede un accordo in Conferenza Stato-Regioni da stipularsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame, per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento, sulla base dei seguenti criteri:
revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo;
previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;
riconoscimento di una congrua indennità anche in forma forfetaria.
In ogni caso, la mancata corresponsione dell’indennità comporta una sanzione variabile da un minimo di 1.000 a un massimo di 6.000 euro.
Commento
Si tratta di criteri certamente significativi per prevenire e sanzionare l’abuso di questo strumento.
Non essendo previsto esplicitamente che i tirocini formativi debbano svolgersi esclusivamente all’interno di un percorso di istruzione o entro un ragionevole limite di tempo dal conseguimento del titolo di studio, la Cisl chiederà che questo venga recuperato nell’accordo Stato-Regioni.
Disciplina in tema di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore
Modifiche alla legge 15 luglio 1966, n. 604
Descrizione
Vengono modificati alcuni articoli della Legge 604/66 in materia di licenziamenti individuali, in particolare introducendo una procedura obbligatoria di conciliazione preventiva per i licenziamenti per motivi economici.
La prima innovazione è legata al fatto che la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato (in precedenza ciò era obbligatorio solo su richiesta del lavoratore).
Si riducono da 270 a 180 giorni i termini per il deposito di ricorso presso la cancelleria del Tribunale a seguito dell’impugnazione stragiudiziale del provvedimento.
Come già accennato, il tentativo facoltativo di conciliazione viene sostituito, per i licenziamenti individuali intimati per motivi economici, con un tentativo di conciliazione obbligatorio per le parti.
Nella comunicazione preventiva da inviare alla direzione territoriale del lavoro, il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento e indicarne i motivi.
La Direzione territoriale del lavoro trasmette la convocazione al datore di lavoro e al lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta: l’incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’articolo 410 del codice di procedura civile.
La comunicazione contenente l’invito si considera valida quando è recapitata al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dal lavoratore al datore di lavoro, ed e` consegnata al lavoratore che ne sottoscrive copia per ricevuta.
Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori, da un avvocato o un consulente del lavoro.
La procedura si conclude entro venti giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro, fatta salva l’ipotesi in cui le parti, di comune avviso, non ritengano di proseguire la discussione finalizzata al raggiungimento di un accordo.
In caso di legittimo e documentato impedimento del lavoratore a presenziare all’incontro di conciliazione, la procedura può essere sospesa per un massimo di quindici giorni».
Se fallisce il tentativo di conciliazione o decorrono i termini il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.
Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l’affidamento del lavoratore ad un’agenzia del lavoro. Il comportamento complessivo delle parti durante la fase di conciliazione è valutato dal giudice nel caso si adisca in giudizio.
Il testo, nella sua ultima stesura, specifica inoltre che il licenziamento produce effetto dal giorno della sua comunicazione salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva e fatti salvi gli effetti sospensivi delle tutele in caso di maternità e paternità e in caso di impedimento derivante da infortunio sul lavoro.
Commento
Riteniamo positiva in particolare la disposizione che prevede preventivamente un percorso di conciliazione obbligatoria tra le parti (con il concorso del sindacato) al fine di risolvere positivamente le controversie, fatta salva la possibilità per il lavoratore di adire in giudizio.
Tutele del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo
Descrizione
Viene modificato l’art. 18 della Legge 300/1970 il cui titolo diviene: “Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo”.
Licenziamenti discriminatori od orali
Per quel che riguarda i licenziamenti discriminatori od orali la disciplina, al di là di alcune variazioni meramente formali, coincide sostanzialmente con quella precedente.
In questi casi il giudice dichiara nullo il licenziamento (in quanto discriminatorio) o inefficace (poiché intimato in forma orale) a prescindere dal numero dei dipendenti dell’impresa.
Inoltre il datore di lavoro deve versare un’indennità di risarcimento non inferiore a cinque mensilità e al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
In alternativa al reintegro il lavoratore può chiedere il pagamento di ulteriori 15 mensilità con la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro.
Licenziamenti disciplinari
Per quel che riguarda i licenziamenti disciplinari o soggettivi nelle aziende al di sopra dei 15 dipendenti, è necessario distinguere due diverse fattispecie.
Quando il giudice accerta che non ricorrono giustificato motivo o giusta causa, per insussistenza dei fatti contestati al lavoratore, o che il fatto rientra in casistiche per le quali il Ccnl di riferimento non prevede la sanzione del licenziamento, annulla il licenziamento e dispone il reintegro del lavoratore. In questo caso il datore di lavoro viene inoltre condannato al pagamento di un risarcimento non superiore a 12 mensilità della retribuzione globale di fatto e al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Anche in questo caso, in alternativa al reintegro, è possibile per il lavoratore richiedere il versamento di un’indennità sostitutiva di 15 mensilità.
Nella versione approvata dal Senato è stato eliminato su questo punto il riferimento alla legge che affiancava quello dei Ccnl di riferimento. Tale riferimento era stato erroneamente introdotto in previsione di un possibile allargamento dell’applicazione della norma ai dipendenti pubblici; la sua eliminazione, quindi, non modificare il contenuto sostanziale del provvedimento.
Negli altri casi in cui il giudice accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo o della giusta causa, viene disposta un’indennità di risarcimento individuate tra le 12 e le 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto che il giudice commina tenendo conto dell’anzianità del lavoratore, del numero degli occupati dell’impresa, delle dimensioni dell’attività economia e del comportamento delle parti durante la controversia.
In caso di licenziamenti motivati dall’idoneità fisica o psichica del lavoratore o comminati durante il comporto di malattia e riconosciuti illegittimi dal giudice vi è la condanna al reintegro del lavoratore nel posto di lavoro, al pagamento di un’indennità tra 6 e 12 mensilità e dei contributi previdenziali ed assistenziali.
In caso di licenziamento viziato nella forma o sotto il profilo della procedura viene attribuita al dipendente un’indennità risarcitoria compresa tra le 6 e le 12 mensilità di retribuzione globale di fatto, a meno che il giudice accerti un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso valgono le tutele del paragrafo precedente.
Licenziamenti per motivi economici
Particolare attenzione deve essere riservata alla nuova normativa sui licenziamenti intimati per motivi economici.
In ogni caso è previsto il tentativo di conciliazione obbligatorio tra le parti normato nell’art. 13 del provvedimento.
In caso di fallimento del tentativo di conciliazione e adite le parti in giudizio il giudice può disporre il reintegro del lavoratore e il risarcimento massimo pari a 12 mensilità nel caso riscontri la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Nel caso in cui il giudice riscontri che il licenziamento ingiustificato sia motivato da ragioni discriminatorie o disciplinari e non economiche applica le tutele previste dalle rispettive tipologie, in prevalenza il reintegro del lavoratore.
Negli altri casi nei quali viene accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo economico, ma non viene riscontrata la manifesta insussistenza dei motivi addotti dall’azienda il giudice dispone un’indennità tra le 12 e le 24 mensilità senza la possibilità del reintegro. Ai fini della determinazione dell’indennità il giudice tiene conto delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione, della sua anzianità, del numero dei dipendenti occupati dall’impresa e dalla sua attività economica, oltre, come già detto, del comportamento tenuto dalle parte durante la procedure di conciliazione.
Infine, come già previsto dall’attuale ordinamento, il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro 15 giorni dall’impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore determinando la ripresa senza interruzioni del rapporto di lavoro con diritto, da parte del lavoratore, del recupero della retribuzione non percepita.
Infine viene integrato l’articolo 30 comma 1 della Legge 183/2010 (c.d. “Collegato Lavoro”) specificando che l’inosservanza delle limitazioni poste al giudice nel sindacare le valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro costituisce motivo di impugnazione per il datore di lavoro stesso per violazione delle norme di diritto.
Commento
La trattativa ha consentito un forte avanzamento rispetto alla iniziale volontà del Governo e delle associazioni imprenditoriali di intervenire pesantemente sull’art.18.
La soluzione individuata tiene conto della ferma richiesta del Sindacato Confederale di salvaguardare la funzione originaria dell’art. 18 di tutelare il lavoratore dalle discriminazioni, abusi e arbitrii da parte delle aziende. Riteniamo particolarmente positiva la soluzione adottata per rafforzare, con il possibile reintegro, la tutela nel caso dei licenziamenti per motivi economici manifestamente insussistenti o fraudolenti mentre non appare abbia conseguenze sostanziali la lieve riduzione da 27 a 24 mensilità, rispetto al testo originario, dell’indennità risarcitoria massima prevista.
Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi
Modifiche alla legge 23 luglio 1991, n. 223
Descrizione
Vengono apportate le seguenti modifiche alla legge 223/1991 in materia di licenziamenti collettivi. Fatto salvo che raggiunto l'accordo sindacale l'impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, l’elenco dei lavoratori collocati in mobilità nonché l’indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta deve essere inviato alla Direzione Provinciale del Lavoro competente, alla Commissione regionale per l'impiego e alle associazioni di categoria, non più contestualmente ma entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi ai lavoratori.
Eventuali vizi di comunicazione possono poi essere sanati nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo.
Ulteriori modifiche alle legge 223/91 sono conseguenti alle nuove stesure stabilite dal ddl per quel che riguarda l’art. 18 della legge 300/70 e la legge 604/1966. In particolare, qualora il licenziamento sia intimato senza l’osservanza della forma scritta,o in caso di violazione dei criteri di scelta si applica la reintegra nel posto di lavoro
Commento
Le modifiche apportate sono in parte formali, in parte conseguenti alle necessità di armonizzazione con i cambiamenti apportati in materia di ammortizzatori sociali e con le modifiche dell’art. 18.
Rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti
Descrizione
Le disposizioni di “tutela urgente” del rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti si applicano alle ipotesi regolate dall’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e successive modificazioni, anche quando devono essere risolte questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro.
Il rito urgente per il processo del lavoro viene delineato con significative novità volte a velocizzare il corso del giudizio.
L’udienza di comparizione deve essere fissata non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il giudice assegna un termine per la notifica del ricorso e del decreto non inferiore a venticinque giorni prima dell’udienza, ed un termine, non inferiore a cinque giorni prima della stessa udienza, per la costituzione della parte resistente.
Il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, ai sensi dell’art. 421 del codice di procedura civile (relativo ai poteri istruttori del giudice), e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda.
Inoltre l’efficacia esecutiva del provvedimento non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui il giudice definisce il giudizio instaurato ai sensi del presente ddl.
Nel caso sia presentata opposizione si apre una seconda parte del procedimento, che si svolge davanti ad un giudice unico e non davanti ad un collegio.
Entro trenta giorno l’atto di opposizione deve essere depositato presso il tribunale che ha emesso il provvedimento mentre il giudice fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre i successivi sessanta giorni, assegnando alla parte che si oppone termine per costituirsi fino a dieci giorni prima dell’udienza e depositare note difensive.
Sono trenta invece i giorni minimi di preavviso per quel che riguarda la notifica all’altra parte in causa.
Una volta decisa con sentenza la controversia, il giudice deve depositare entro dieci giorni le relative motivazioni.
La sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Viene poi regolato il reclamo d’avanti alla Corte d’appello e il ricorso per Cassazione.
Rispetto agli attuali sei mesi previsti nel rito “ordinario” il termine per la Corte d’appello è di trenta giorni mentre quello per la Corte di Cassazione di sessanta.
Non sono poi ammessi nuovi mezzi di prova o documenti salvo che il collegio, anche d'ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione o che la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile.
Nel caso di verdetto di appello il deposito delle motivazioni della sentenza deve avvenire entro dieci giorni mentre l’udienza di discussione deve essere fissata al massimo entro sei mesi dal momento della proposizione del ricorso.
Viene inoltre stabilito che alle udienze del processo del lavoro (di qualsiasi grado) sono riservati particolari giorni nel calendario generale delle udienze.
Il nuovo rito speciale per le controversie in tema di licenziamenti si applica alle controversie instaurate successivamente all’entrata in vigore del ddl.
Commento
La previsione di un rito urgente per le cause riguardanti i licenziamenti (comprese quelle inerenti la qualificazione del contratto) è certamente positiva. La scelta di concentrare sui licenziamenti la priorità del processo del lavoro non deve però rischiare di allungare i tempi di decisione delle altre controversie in materia di lavoro. E’ quindi necessario e urgente velocizzare i tempi della giustizia del lavoro anche con un rafforzamento significativo degli organici giudiziari anche in considerazione del fatto, negativo, che le cause di lavoro hanno perso la caratteristica specifica di gratuità delle spese.
Art.2 AMMORTIZZATORI SOCIALI
Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASPI)
Descrizione
Dal 1 gennaio 2013 le attuali indennità di disoccupazione e di mobilità saranno gradualmente unificate, entro il 2017, nella nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASPI), con gli stessi requisiti di accesso dell’attuale indennità di disoccupazione (almeno due anni di anzianità assicurativa e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione), ed estensione a tutti i lavoratori dipendenti, compresi apprendisti, soci lavoratori di cooperativa con rapporto di lavoro subordinato, con esclusione dei soli dipendenti a tempo indeterminato delle Amministrazioni pubbliche e degli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, per i quali resta in piedi il sistema vigente, riformato con legge 247/07.
L’ASpI non spetta ai lavoratori cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale, fatti salvi i casi in cui quest'ultima sia intervenuta nell'ambito della procedura di conciliazione nei casi di licenziamenti economici introdotta dal provvedimento in esame.
Il superamento dell’indennità di mobilità sarà graduale, come da tabella:
|
2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
Centro nord fino a 39 anni |
12 |
12 |
12 |
12 |
ASpI 12 |
Centro nord da 40 a 49 anni |
24 |
24 |
18 |
12 |
ASpI 12 |
Centro nord da 50 a 54 anni |
36 |
30 |
24 |
18 |
ASpI 12 |
Centro nord 55 e oltre |
36 |
30 |
24 |
18 |
ASpI 18 |
Sud fino a 39 anni |
24 |
18 |
12 |
12 |
ASpI 12 |
Sud da 40 a 49 anni |
36 |
30 |
24 |
18 |
ASpI 12 |
Sud da 50 a 54 |
48 |
42 |
36 |
24 |
ASpI 12 |
Sud da 55 anni |
48 |
42 |
36 |
24 |
ASpI 18 |
Per i nuovi eventi di disoccupazione a partire dal 1 gennaio 2013, la durata dell’ASpI aumenterà gradualmente, a partire dalle durate attualmente previste per l’indennità ordinaria di disoccupazione, fino ad arrivare, nel 2016, alla durata prevista a regime, che sarà di dodici mesi fino ai 54 anni e di diciotto mesi da 55 anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni, detratti i periodi di indennita` eventualmente fruiti.
L’aumento graduale avverrà secondo la seguente progressione:
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2013 |
2014 |
2015 |
2016 |
Fino a 50 anni |
8 |
8 |
10 |
A regime 12 |
50-54 anni |
12 |
12 |
12 |
A regime 12
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55 e oltre |
12 |
14 |
16 |
A regime 18
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L’importo sarà pari al 75% nei casi di retribuzione mensile pari o inferiore, nel 2013, a 1.180 € (importo rivalutato annualmente). Per le retribuzioni superiori va aggiunto il 25% del differenziale tra tale importo e retribuzione mensile complessiva, con importo massimo indipendente dalla retribuzione mensile, pari al maggiore dei due attualmente previsti, che, per il 2012, equivale a 1.119 €. Opererà dunque solo il massimale “alto” dei due oggi previsti. Non si applica il prelievo contributivo di cui all’articolo 26 della legge 28 febbraio 1986, n. 41, pari al 5,84%, attualmente non applicato all’indennità di disoccupazione ma applicato all’indennità di mobilità.
L’ASpI è decurtata del 15 per cento dopo i primi sei mesi di fruizione e di un ulteriore 15 per cento dopo il dodicesimo mese di fruizione.
La domanda va presentata all’Inps entro 60 giorni dalla data di spettanza e la fruizione dell’indennità è condizionata alla permanenza nello stato di disoccupazione.
Per i periodi di fruizione dell’ASpI sono riconosciuti i contributi figurativi in misura settimanale pari alla media delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi due anni
In caso di nuova occupazione con contratto di lavoro subordinato, l’indennità è sospesa d’ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie a carico dei datori di lavoro, senza che sia necessaria la comunicazione del lavoratore, fino ad un massimo di sei mesi. I periodi di contribuzione legati al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai fini di un nuovo trattamento di ASpI. In caso di nuovo lavoro in forma autonoma, con reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione (pari a 4.800 €), il beneficiario deve informare l’Inps entro trenta giorni dall’inizio dell’attività, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre da tale attività. Se tale reddito è inferiore al limite utile ai per la conservazione dello stato di disoccupazione, l’Inps continua a pagare l’indennità ma con importo ridotto.
In via sperimentale per il triennio 2013-2015, il lavoratore puo` richiedere la liquidazione anticipata delle mensilita` di ASpI non ancora percepite, al fine di intraprendere un’attivita` di lavoro autonomo, ovvero un’attivita` in forma di auto impresa o di micro impresa, o per associarsi in cooperativa. A tale norma, finanziata con 20 milioni di euro per ciascuno dei tre anni, verrà data attuazione con decreto interministeriale da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge in esame.
Il lavoratore decade dalla fruizione dell’ASpI e della mini ASpI (vedi oltre) nei seguenti casi:
a) perdita dello stato di disoccupazione;
b) inizio di un’attivita` in forma autonoma senza che il lavoratore effettui la comunicazione
all’Inps
c) raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
d) acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità.
E’ inoltre stabilito che in caso di sentenza di condanna per i reati di associazione con finalità di terrorismo, attentato per finalità terroristiche o di eversione, sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione, associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso e strage, il giudice disponga la sanzione accessoria della revoca dell’indennità di disoccupazione, dell’assegno sociale, della pensione sociale e della pensione per gli invalidi civili. Con la medesima sentenza il giudice dispone la revoca dei trattamenti previdenziali qualora questi derivino “da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite” connesse ai suddetti reati. Le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca sono assegnate al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.
Commento
La nuova ASpI è più favorevole rispetto all’indennità di disoccupazione ordinaria.
Per quanto riguarda la graduale confluenza nell’ASpI dell’indennità di mobilità, ciò determinerà nel tempo una minore copertura, in particolare per i lavoratori over 50 e nel Mezzogiorno, fatto che potrà essere compensato dalla possibilità, previo accordo tra le parti, di costruire un fondo di solidarietà per prestazioni aggiuntive, in particolare a favore dei lavoratori anziani, finanziato attraverso l’aliquota contributiva dello 0,30% oggi prevista per il finanziamento dell’indennità di mobilità (vedi oltre).
Mini ASPI
Descrizione
L’ASPI sostituirà anche l’attuale indennità di disoccupazione a requisiti ridotti. Infatti ai lavoratori che possano far valere almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi, senza altri vincoli di anzianità contributiva, spetterà la mini ASpI, con importo calcolato con le stesse modalità dell’ASpI ma durata ridotta, pari alla metà delle settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi, detratti i periodi di indennità eventualmente fruiti. La mini ASpI verrà corrisposta mensilmente in seguito alla domanda, e non l’anno successivo, come avviene per l’attuale indennità a requisiti ridotti.
La mini ASpI viene sospesa d’ufficio sulla base delle comunicazioni obbligatorie a carico dei datori di lavoro in caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, fino ad un massimo di cinque giorni; al termine del periodo di sospensione l’indennità riprende a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
Le prestazioni dell’attuale indennità di disoccupazione a requisiti ridotti, di cui alla legge 20 maggio 1988, n. 160, si considerano assorbite, per i periodi lavorativi dell’anno 2012, nelle prestazioni della mini-ASpI liquidate a decorrere dal 1° gennaio 2013.
Commento
Il testo definitivo ha chiarito, come da noi chiesto, il refuso relativo ai requisiti soggettivi di accesso. In definitiva, proprio in virtù dell’assenza di vincoli anzianità assicurativa, la mini ASpI coprirà una platea più ampia rispetto alla attuale indennità di disoccupazione a requisiti ridotti, con un importo più alto, salvo che per le retribuzioni particolarmente elevate (di fatto comunque meno diffuse nella platea di riferimento dell’ASpI).
La contribuzione figurativa viene però accreditata per un periodo più breve rispetto alla attuale indennità a requisiti ridotti, essendo legata alla durata della prestazione, che è pari alla metà delle settimane di contribuzione negli ultimi 12 mesi. Si tratta di una questione che non è stato possibile risolvere per mancanza di copertura finanziaria.
Indennità una tantum per i xx.xx.xxx.
Descrizione
Viene modificata, a partire dal 2013, l’indennità di fine lavoro per i xx.xx.xxx iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l'Inps, per la quale migliorano sia i requisiti di accesso che l’importo.
In via transitoria per gli anni 2013, 2014 e 2015, l’indennità spetterà in presenza dei seguenti requisiti:
abbiano operato, nel corso dell’anno precedente, in regime di monocommittenza;
abbiano conseguito l'anno precedente un reddito lordo complessivo non superiore a 20.000 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo;
con riguardo all'anno di riferimento sia accreditata, presso la predetta Gestione separata almeno una mensilità
abbiano avuto un periodo di disoccupazione ininterrotta di almeno due mesi nell’anno precedente;
xxxxxxxxx accreditate nell'anno precedente almeno tre mensilità presso la predetta Gestione separata
L’importo dell’indennità è pari al 7 per cento del minimale annuo di reddito di cui all’articolo 1, co. 3, della legge 3 agosto 1990, n. 233, moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione. Essendo per il 2012 il minimale citato pari € 14.930,00, va calcolato il 7% di 14.930,00, che è pari a € 1045, da moltiplicare per il numero di mensilità previste. In sostanza l’indennità varierà tra € 3135 e € 6270.L’indennità sarà liquidata in un'unica soluzione se di importo pari o inferiore a 1.000 euro, ovvero in importi mensili di importo pari o inferiore a 1.000 euro se superiore.
Restano fermi i requisiti di accesso e la misura del trattamento vigenti al 31 dicembre 2012 per coloro che hanno maturato il diritto entro tale data.
Per finanziare il potenziamento dell’indennità le risorse finanziarie sono integrate nella misura di 60 milioni di euro annui per il triennio 2013-2015, nel corso del quale si verificherà l’opportunità di eventuali correzioni della misura, quali la sua sostituzione con la mini ASpI.
Commento
E’ importante avere non solo conservato, ma anche migliorato l’indennità, che invece inizialmente il governo, in concomitanza con le positive misure restrittive sull’utilizzo delle xx.xx.xxx., voleva abrogare. Valutiamo anche positivamente l’iter che dovrebbe portare, in prospettiva, a sostituire l’indennità una tantum con la mini ASpI.
Revisione aliquote contributive
Descrizione
Al finanziamento della nuova ASpI si provvederà con l’aliquota contributiva, pari all’1,31%, attualmente destinata al finanziamento dell’indennità ordinaria di disoccupazione.
Ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeterminato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione, tranne che per i lavoratori assunti a temine in sostituzione di lavoratori assenti, per gli apprendisti, per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, per lo svolgimento di attività stagionali, comprese, per i periodi contributivi maturati dal 1º gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, quelle definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011. Nei limiti delle ultime sei mensilità tale contributo viene restituito, successivamente al decorso del periodo di prova, al datore di lavoro in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato, nonché qualora il datore di lavoro assuma il lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato entro il termine di sei mesi dalla cessazione del precedente contratto a termine.
In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, dal 1° gennaio 2013, è dovuto un contributo “ di licenziamento”, a carico del datore di lavoro, pari al cinquanta per cento del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Lo stesso contributo è dovuto per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore.
Tale contributo non è invece dovuto, fino al 31 dicembre 2016, nei casi in cui sia dovuto il pagamento del contributo per la collocazione in mobilità.
Per il periodo 2013-2015 il contributo non è dovuto per licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali previste dai CCNL, nonché per interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere.
Dal 1° gennaio 2017, nei casi di licenziamento collettivo in cui la dichiarazione di eccedenza del personale non abbia formato oggetto di accordo sindacale, il contributo di licenziamento di cui sopra è moltiplicato per 3 volte. Tale disposizione sostituisce quella, abrogata, che prevedeva in ogni caso di collocazione in mobilità il pagamento di una somma pari a 6 volte l’indennità di mobilità, da aumentarsi in caso di mancato accordo.
L’aliquota contributiva a carico delle Agenzie di somministrazione di lavoro destinata al fondo per la formazione è ridotta dal 4 per cento al 2,6 per cento.
L’aliquota contributiva relativa ai collaboratori iscritti alla gestione separata Inps, e non assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria, viene gradualmente aumentata di un punto l’anno fino a raggiungere il 33% nel 2018, parificandola così alla aliquota per i lavoratori dipendenti. Lo stesso avviene per i coloro che siano già iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria, per i quali la aliquota salirà gradualmente fino a raggiungere il 24% nel 2018.
Commento
Il riordino delle aliquote contributive, in particolare il contributo addizionale dell’1,4% ed il contributo di licenziamento, punta a far costare di più sia la flessibilità sia l’interruzione dei rapporti a tempo indeterminato, per favorire questi ultimi. Allo stesso obiettivo mira il graduale aumento dell’aliquota contributiva per le xx.xx.xxx., che viene portata, con la necessaria gradualità, allo stesso costo dei contratti di lavoro subordinato.
La riduzione dell’aliquota per la formazione a carico delle agenzie di somministrazione di lavoro potrà essere controproducente per le attività della bilateralità in quel settore.
Positivo il mantenimento dei costi a carico dell’impresa nelle procedure dei licenziamenti collettivi.
Ammortizzatori in deroga
Descrizione
Al fine di garantire la graduale transizione verso il nuovo regime, per gli anni 2013-2016 resta in piedi il sistema degli ammortizzatori in deroga, con risorse decrescenti. La regolamentazione resta quella vigente, in base alla quale il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può disporre, sulla base di specifici accordi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali. Resta inalterata quindi, per tale periodo transitorio, sia la regolamentazione delle proroghe, con le decurtazioni previste, sia quella relativa ai criteri soggettivi di accesso.
A tale scopo il Fondo sociale per occupazione e formazione è incrementata di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di 700 milioni di euro per l’anno 2015 e di 400 milioni di euro per l’anno 2016.
Commento
E’ molto importante avere conservato, per il 2013 e, seppur in modo decrescente, fino al 2016, la strumentazione relativa agli ammortizzatori sociali in deroga, sia per fronteggiare l’emergenza dovuta alla crisi produttiva purtroppo ancora in corso, sia per gestire più facilmente la transizione al nuovo sistema.
ART. 3 TUTELE IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO
Cassa integrazione ordinaria e straordinaria
Descrizione
Rimangono gli strumenti della cassa integrazione ordinaria e straordinaria nei settori dove già sono previste. La volontà di eliminare i casi in cui la CIGS copre esigenze non connesse alla conservazione del posto di lavoro ha portato il Governo a ritenere necessaria l’eliminazione dell’art.3 della legge n.223/91 relativo alla regolamentazione della cigs in caso di procedure concorsuali.
Vengono portate a regime le norme di estensione annuale della cigs, con previsione della relativa aliquota contributiva a carico dei datori di lavoro, nei seguenti settori:
a) imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti;
b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti;
c) imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;
d) imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti;
e) imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di dipendenti.
Viene portata a regime, con estensione della relativa aliquota contributiva a carico dei datori di lavoro, anche l’indennità di mancato avviamento al lavoro per i lavoratori del settore portuale.
Dal 1 gennaio 2013 viene estesa la cassa integrazione straordinaria alle imprese del trasporto aereo e del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di dipendenti.
Commento
E’ un risultato importante aver conservato la strumentazione relativa a cig e cigo. Da valutare meglio l’abrogazione dell’art.3 della legge n.223, distinguendo da caso a caso, infatti nel corso della trattativa si era giunti a definire l’eliminazione della sola causale cigs relativa a cessazione di attività nell’ambito delle procedure concorsuali, e non cancellare la cigs in tutti i casi di procedure concorsuali.
Fondi di solidarietà bilaterali
Descrizione
Per i settori privi di cassa integrazione, in relazione alla imprese sopra i 15 dipendenti, la riforma impone l’obbligo di costituzione di Fondi di solidarietà bilaterali per finanziare trattamenti di integrazione salariale per i casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa dovuti a causali previste dalla normativa Cigo e Cigs, tranne che per il personale dirigente se non espressamente previsto. I fondi saranno istituiti presso l’Inps sulla base di accordi collettivi da stipulare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma, con decreto da emanarsi entro i successivi 3 mesi, ed avranno validità erga omnes.
Gli stessi accordi possono prevedere che nei fondi di solidarietà confluiscano anche i fondi interprofessionali con il relativo gettito del contributo dello 0,30%.
I Fondi assicurano almeno una prestazione di importo pari all’integrazione salariale, di durata non superiore ad un ottavo delle ore complessivamente lavorabili in un biennio mobile, in relazione alle stesse causali previste dalla normativa sulla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, nonché il versamento alla gestione di iscrizione del lavoratore della contribuzione correlata. Alla gestione dei fondi provvede un comitato amministratore composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori nonché da due dirigenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono incompatibili con quelle connesse a cariche sindacali. La partecipazione al comitato non da` diritto ad alcun compenso né a rimborsi spese.
I fondi possono avere le seguenti finalità aggiuntive:
a) assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto all’ASpI;
b) prevedere assegni straordinari per processi di agevolazione all'esodo, per lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
c) contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o comunitari.
E’ possibile, in questi casi, il versamento alla gestione di iscrizione del lavoratore della contribuzione correlata.
Per tali finalità aggiuntive i fondi di solidarietà possono essere istituiti, con le stesse modalità, anche in relazione a settori e aziende già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali.
Per le imprese già soggette all’aliquota per il finanziamento dell’ indennità di mobilità, gli accordi collettivi possono prevedere che il fondo di solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1° gennaio 2017, con un’aliquota contributiva nella misura dello 0,30% .
Per favorire la costituzione dei Fondi di solidarietà anche nelle aziende con meno di 15 addetti, per le quali non vige l’obbligo, è previsto un modello alternativo. Infatti, per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, nei quali siano operanti consolidati sistemi di bilateralita`, le parti possono, nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, adeguare le fonti istitutive dei fondi bilaterali per assicurare ai lavoratori un sostegno al reddito nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, definendo:
a) un’aliquota complessiva di contribuzione di finanziamento non inferiore allo 0,20 %
b) le tipologie di prestazioni
c) l’adeguamento dell’aliquota in funzione dell’andamento della gestione ovvero
la rideterminazione delle prestazioni in relazione alle erogazioni
d) la possibilita` di far confluire al fondo di solidarieta` quota parte del contributo previsto per l’eventuale fondo interprofessionale
e) criteri e requisiti per la gestione dei fondi.
Con decreto interministeriale, sentite le parti sociali istitutive dei rispettivi fondi bilaterali, sono determinati: requisiti di professionalità e onorabilità dei soggetti preposti alla gestione dei fondi; criteri e requisiti per la contabilità degli stessi; modalità per rafforzare la funzione di controllo sulla loro corretta gestione.
Sempre al fine di favorire la costituzione dei Fondi di solidarietà anche nelle aziende con meno di 15 addetti, viene mantenuto, in via sperimentale per il triennio 2013-2015, il sistema già previsto dall’art.19 della legge n.2/2009 che prevedeva la possibilità di riconoscere una indennità di disoccupazione anche in caso di sospensione.
Dunque per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali (con esclusione dei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di
contratti di lavoro a tempo parziale verticale) che siano in possesso dei requisiti previsti, verrà riconosciuta l’ASpI subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno al 20 per cento dell’indennita` stessa a carico dei fondi bilaterali di cui sopra ovvero a carico dei fondi di solidarieta`. La durata massima del trattamento non puo` superare novanta giornate in un biennio mobile.
La norma è finanziata con risorse non superiori a 20 milioni di euro per ciascun anno.
Per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, per i quali non siano stipulati, entro il 31 marzo 2013, accordi collettivi volti all’attivazione di un fondo di solidarietà, è istituito, con decreto, un fondo di solidarietà residuale.
Anche il fondo residuale, finanziato con i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori, garantisce la prestazione per una durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, nonché il versamento alla gestione di iscrizione del lavoratore della contribuzione correlata.
Alla gestione del fondo residuale provvede un comitato amministratore composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, nonché da due dirigenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze. Le funzioni di membro del comitato sono incompatibili con quelle connesse a cariche sindacali. La partecipazione al comitato non da` diritto ad alcun compenso né a rimborsi spese.
I decreti di costituzione dei Fondi di solidarietà e di quello residuale determinano le aliquote di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura di due terzi ed un terzo. Inoltre è previsto che il datore di lavoro, che ricorra alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, versi un contributo aggiuntivo stabilito con i decreti attuativi ma non inferiore all’1,5% della retribuzione. Nei casi in cui sia prevista una prestazione di agevolazione all’esodo, è dovuto dal datore di lavoro un contributo straordinario di importo corrispondente all’assegno erogato al lavoratore e alla contribuzione correlata. I fondi hanno l’obbligo di bilancio in pareggio.
La disciplina dei fondi di solidarietà istituiti contrattualmente ai sensi della normativa vigente in alcuni settori (credito, trasporto aereo, trasporto ferroviario) è adeguata alle nuove norme con decreto interministeriale, sulla base di accordi e contratti collettivi, da stipularsi tra le organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 30 giugno 2013. In conseguenza di ciò, a partire dal 1 gennaio 2016 l’addizionale comunale sui biglietti aerei non confluirà più nel Fondo Speciale Trasporto Aereo, bensì alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell’INPS.
Commento
Per estendere tutele analoghe alla cassa integrazione nei settori che ne sono privi si privilegia dunque l’approccio della bilateralità perché in grado di cogliere le specificità dei diversi settori. Rispetto al testo originario il testo definitivo prevede, su forte pressione della Cisl, un incentivo alla creazione dei Fondi, tramite la bilateralità, anche per le classi dimensionali sotto i 15 addetti, e la conservazione del meccanismo di sostegno al reddito con il contributo degli enti bilaterali già previsto dall’art.19 della legge n.2/2009, attualmente utilizzato nell’artigianato.
E’ inoltre importante che attraverso contratti collettivi o accordi interconfederali la aliquota dello 0,30% per il finanziamento dell’ attuale indennità di mobilità possa essere riconvertita a favore dei fondi di solidarietà, in particolare per prestazioni di agevolazione all’esodo per i lavoratori anziani.
Siamo contrari alla possibilità che nei fondi di solidarietà confluiscano i fondi interprofessionali con il relativo gettito del contributo dello 0,30%. Se per i fondi interprofessionali si dovesse prevedere anche la funzione di sostegno al reddito è necessario definire una adeguata contribuzione aggiuntiva a quella dello 0,30%.
Fondo di solidarietà per i mutui prima casa
Descrizione
In questa parte del provvedimento sono contenute le norme, aggiuntive rispetto al testo originario, che ampliano l’ambito di intervento del Fondo di solidarietà per i mutui sulla prima casa, introdotto dalla legge n. 244/07 (finanziaria 2008), attraverso una più specifica definizione delle condizioni di intervento del Fondo, che tenga conto dell’attuale situazione di crisi del mercato del lavoro.
In particolare, si prevede l'obbligo per le banche di sospendere l’ammortamento dei mutui nei casi in cui il mutuatario debba far fronte ai seguenti eventi:
a) perdita o cessazione di lavoro subordinato o xx.xx.xx.;
b) morte o insorgenza di gravi infortuni.
Commento
Riteniamo positiva la norma, che include tra i beneficiari del Fondo chi perde il lavoro, anche in forma di xx.xx.xx.
ART. 4 ULTERIORI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MERCATO DEL LAVORO
Fondo per i lavoratori anziani
Descrizione
Vengono introdotte regole a regime per gli esodi dei lavoratori che raggiungano i requisiti per il pensionamento nei successivi 4 anni secondo la normativa vigente, con costi a carico dei datori di lavoro.
Sulla base di accordi in aziende che impieghino mediamente più di quindici dipendenti, il datore di lavoro presenta apposita domanda all’INPS, accompagnata da fidejussione bancaria . Dopo che l’accordo è divenuto efficace a seguito della validazione da parte dell’INPS, il datore di lavoro e` obbligato a versare mensilmente all’INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. Il pagamento della prestazione, pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti, avviene da parte dell’INPS con le modalita` previste per il pagamento delle pensioni. L’Istituto provvede contestualmente all’accredito della relativa contribuzione figurativa.
Commento
Dopo la recente riforma pensionistica era necessario prevedere una regolamentazione a regime che facilitasse gli esodi, in caso di eccedenza di personale, per i lavoratori più anziani. Valutiamo positivamente questa norma, che entrerà subito in vigore, ma che, naturalmente, essendo molto condizionata dalla volontà delle parti datoriali, che dovrebbero sostenere costi non indifferenti, rischia di essere teorica. La via da privilegiare è quella descritta in precedenza, prevedendo con accordi collettivi la riconversione della aliquota dello 0,30% per il finanziamento dell’ attuale indennità di mobilità a favore dei fondi di solidarietà, in particolare per prestazioni di agevolazione all’esodo per i lavoratori anziani.
Incentivi alle assunzioni
Descrizione
In sostituzione di alcuni incentivi alla ricollocazione lavorativa che, a partire dal 1 gennaio 2013, verranno abrogati (contratto di inserimento e incentivi alla ricollocazione dei lavoratori in lista di mobilità), vengono introdotti incentivi a favore della ricollocazione lavorativa di:
lavoratori di età non inferiore a cinquanta anni, disoccupati da oltre dodici mesi,
donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali comunitari e nelle aree di cui all’articolo 2, punto 18), lettera e) del regolamento del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, annualmente individuate con decreto interministeriale
donne di qualsiasi età prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi, ovunque residenti.
A decorrere dal 1° gennaio 2013, per le assunzioni di tali soggetti con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato, anche in somministrazione, spetta, per la durata di dodici mesi, la riduzione del 50 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro. Se il contratto è trasformato a tempo indeterminato, la riduzione si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data di assunzione. Qualora l’assunzione sia effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi spetta per un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione.
Per garantire un’omogenea applicazione degli incentivi all’assunzione, compresi quelli che saranno abrogati dal 2013, ma che per l’anno in corso continuano a valere, vengono definiti alcuni principi:
a) gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, o se il lavoratore viene utilizzato mediante contratto di somministrazione;
b) gli incentivi non spettano se l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore, nonchè nel caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l’utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza;
c) gli incentivi non spettano se il datore di lavoro abbia in atto sospensioni dal lavoro, salvi i casi di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure di assunzione presso una diversa unità produttiva;
d) gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo.
Commento
E’ problematico che le forme di incentivazione previste siano inferiori a quelle che sostituiscono. Per rendere questo sostenibile sarebbe necessario un notevole impegno, che auspichiamo in ogni caso, affinchè le misure previste per rafforzare le politiche attive siano realizzate in tempi brevi.
Contrasto del fenomeno delle dimissioni in bianco
Descrizione
Attraverso una modifica dell’art.55 del dlgs 151/2001 viene stabilito che:
La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni della lavoratrice durante il periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino devono essere convalidate dalla Direzione Provinciale del Lavoro.
Negli altri casi l’efficacia delle dimissioni di lavoratori sono sospensivamente condizionate alla convalida effettuata presso la Direzione territoriale del lavoro o il Centro per l’impiego territorialmente competenti, ovvero presso le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
In alternativa alla procedura precedente la validità delle dimissioni è condizionata alla sottoscrizione di apposita dichiarazione dei lavoratori in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro (con successivo decreto sarà possibile ampliare le modalità di questa procedura).
I lavoratore o la lavoratrice ricevono un invito a presentarsi entro sette giorni presso la Direzione Provinciale del Lavoro (o altre sedi individuate) per convalidare le dimissioni.
In caso di mancata convalida il contratto di lavoro, se interrotto per effetto del recesso, torna ad avere corso normale dal giorno successivo alla comunicazione della revoca. Per il periodo intercorso tra il recesso e la revoca, qualora la prestazione lavorativa non sia stata svolta, il lavoratore non matura alcun diritto retributivo.
Salvo che il fatto non costituisca reato il datore di lavoro che abusi delle “dimissioni in bianco” è punito con la sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 euro.
Commento
Riteniamo positiva l’adozione di una norma snella ed efficace contro le dimissioni in bianco frutto anche di un’importante mobilitazione del sindacato e della società civile.
Sostegno alla genitorialità
Descrizione
Al fine di sostenere la genitorialità, la condivisione dei carichi familiari e la conciliazione vita-lavoro è previsto in via sperimentale per gli anni 2013-2015 che il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, abbia l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può astenersi per un ulteriore periodo di due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima. Per il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre e` riconosciuta un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100 per cento della retribuzione e per il restante giorno in aggiunta all’obbligo di astensione della madre e` riconosciuta un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione.
Il padre ha l’obbligo di fornire comunicazione preventiva in forma scritta con almeno quindici giorni di anticipo.
E’ poi prevista la possibilità, sulla base delle risorse economiche disponibili, di concedere alla madre lavoratrice, al termine del congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale la corresponsione di voucher per l’acquisto di servizi baby sitting o per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, da richiedere al datore di lavoro.
I criteri di accesso e le modalità di utilizzo dei voucher vengono definiti con decreto dal Ministero del Lavoro e dal Ministero dell’Economia.
Commento
Valutiamo positivamente sia l’introduzione del congedo obbligatorio di paternità che la previsione dell’introduzione dei voucher per il babysitting ed il pagamento delle rette dei servizi per l’infanzia.
Efficace attuazione del diritto al lavoro dei disabili
Descrizione
Viene modificato l’art. 4 della legge 68/99 nella parte relativa alla determinazione del numero dei soggetti disabili da assumere con la comprensione dei lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato anche a tempo determinato. Sono invece esclusi dal computo: i soci di cooperative, i dirigenti, i lavoratori assunti con contratto di inserimento, i lavoratori somministrati, altre categorie di lavoratori svantaggiati.
Viene ampliata la definizione del “personale di cantiere” per il quale il datore di lavoro non è tenuto all’osservanza della quota di obbligo, comprendendo in tale definizione anche i lavoratori direttamente operanti nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere.
Viene stabilito che i soggetti preposti alla verifica del rispetto degli obblighi della legge 68/99 forniscano un rapporto, anche per via telematica e con cadenza almeno mensile, alla Direzione Provinciale del Lavoro competente.
Il Ministero del Lavoro si riserva inoltre di emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge un decreto al fine di ridefinire i criteri per gli esoneri dagli obblighi di assunzione e norme volte al potenziamento delle attività di controllo.
Commento
Valutiamo positivamente le norme in oggetto e vigileremo sui contenuti dell’emanando decreto.
Interventi volto al contrasto del lavoro irregolare degli immigrati
Descrizione
Viene modificato l’art. 22 comma 11 del dlgs 286/98 che si applica quando il lavoratore straniero che perde il posto di lavoro. Confermando che la perdita del posto di lavoro non comporta automatica perdita del permesso di soggiorno, il lavoratore immigrato viene inserito nelle liste di collocamento non più per un periodo non inferiore a sei mesi, ma “non inferiore a un anno e per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito”.
Commento
Riteniamo il provvedimento molto importante per il mantenimento nella regolarità dei lavoratori immigrati disoccupati in una fase di crisi economica. Tale misura è stata più volte rivendicata dalla Cisl.
Modifiche in tema di responsabilità solidale negli appalti
Descrizione
Viene prevista una deroga per la contrattazione nazionale rispetto alla legge in merito al regime di responsabilità generale negli appalti.
Il nuovo comma 2 dell’art. 29 del dlgs 276/2003 è così riscritto (aggiunta in corsivo):
“Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti in caso di appalto di opere o servizi, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti.
E’ poi previsto che il committente imprenditore o datore di lavoro sia sempre convenuto in giudizio fatta salva comunque la possibilità di chiedere la preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore. Viene inoltre anche ricompresa nella responsabilità in solido la figura del subappaltatore.
Commento
La norma, da noi richiesta, valorizza il ruolo della contrattazione nell’individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti.
Decontribuzione salario di produttività
Descrizione
Con modifiche ai co. 67 e 68 dell’articolo 1 della legge n. 247/2007, dall’anno 2012 viene resa strutturale la norma sulla decontribuzione del salario di produttività, concessa con i criteri e modalità di cui ai citati commi, a valere sulle risorse, pari a 650 milioni di euro, già presenti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relative al Fondo per il finanziamento
di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello».
Per dare attuazione alla decontribuzione per l’anno 2011 viene sbloccata l’autorizzazione di spesa
delle risorse iscritte sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro.
Commento
Valutiamo favorevolmente lo sblocco, sia pur con ritardo, delle risorse per la decontribuzione del salario di produttività per il 2011, e riteniamo molto importante la messa a regime della norma.
Politiche attive e servizi per l’impiego
Descrizione
Prestazioni da parte dei servizi per l’impiego e stato di disoccupazione
Viene modificato il d.lgs. n. 181/2000 di riordino dei servizi per l’impiego, specificando i livelli essenziali delle prestazioni da assicurare ai beneficiari di ammortizzatori sociali che dovranno consistere in un colloquio di orientamento, in azioni di orientamento collettive, con formazione sulle modalità più efficaci di ricerca di occupazione adeguate al contesto produttivo territoriale; in una formazione di almeno due settimane, adeguata alle competenze professionali del disoccupato ed alla domanda di lavoro dell’area territoriale di residenza; in una proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo. Nei confronti dei beneficiari di integrazione salariale o di altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro per un periodo superiore ai sei mesi, le Regioni devono prevedere almeno l’offerta di formazione professionale della durata complessiva non inferiore a 2 settimane adeguata alle competenze professionali del disoccupato.
Con accordo in Conferenza Unificata Stato-Regioni verrà definito un sistema di premialità, per la ripartizione tra le regioni delle risorse del fondo sociale europeo, legato alla prestazione di politiche attive e servizi per l’impiego.
Entro il 30 giugno 2013 l’Inps mette a disposizione dei centri per l’impiego e delle agenzie private autorizzate o accreditate, una banca dati telematica contenente i dati individuali dei beneficiari di ammortizzatori sociali nonché i dati relativi al tipo di ammortizzatore sociale di cui beneficiano. Ai fini della verifica della erogazione dei servizi in misura non inferiore ai livelli essenziali, è fatto obbligo ai centri per l’impiego e alle agenzie private autorizzate o accreditate, di inserire nella banca dati i dati concernenti le azioni di politica attiva svolte nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali
Vengono rese più stringenti le norme sulla conservazione dello stato di disoccupazione in caso di nuova attività lavorativa.
Inoltre viene rivista la normativa sulla dichiarazione di disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa: nei casi di presentazione di una domanda di Assicurazione Sociale per l’Impiego, la dichiarazione che attesta lo stato di disoccupazione, l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa, può essere resa dall’interessato all’Inps anziché ai servizi per l’impiego, ai quali sarà trasmessa dallo stesso Inps. Nel contempo viene abrogato il co.10 dell’art.19 della legge 2/2009 che aveva introdotto la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro per richiedere ogni tipologia di sostegno al reddito, compresa la cassa integrazione
Viene poi riscritta senza modifiche sostanziali la normativa sulle decadenze in caso di rifiuto di essere avviati a corsi di formazione o ad attività lavorativa: il lavoratore beneficiario di una prestazione di sostegno del reddito in costanza di rapporto di lavoro decade dal trattamento qualora rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione o non lo frequenti regolarmente senza un giustificato motivo; il lavoratore destinatario di una indennità la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, decade dai trattamenti medesimi, quando: a) rifiuti di partecipare senza giustificato motivo ad una iniziativa di politica attiva proposta dai servizi competenti o non vi partecipi regolarmente; b) non accetti una offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto all’indennità cui ha diritto. La decadenza opera quando le attività lavorative o di formazione si svolgono in un luogo che non dista più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore, o comunque che è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici.
I servizi competenti hanno l’obbligo di comunicare tempestivamente all’Inps i rifiuti di cui sopra, che provvede ad emettere il provvedimento di decadenza.
Delega al Governo in materia di politiche attive e servizi per l’impiego
Ad un riordino più complessivo in tema di politiche attive e servizi per l’impiego si procederà con legge delega da adottarsi entro sei mesi, mediante intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni, utilizzando quella già prevista dalla legge n.247/2007, integrata da principi e criteri direttivi aggiuntivi. Accanto, quindi, ai criteri già previsti dalla legge 247 (potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio, valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e agenzie private e definizione dei livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l'impiego; programmazione di misure per l'invecchiamento attivo, promozione del patto di servizio, semplificazione delle procedure amministrative), si aggiungono i seguenti:
attivazione del soggetto che cerca lavoro,
qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro;
formazione nel continuo dei lavoratori;
riqualificazione di coloro che sono espulsi, per un loro efficace e tempestivo ricollocamento;
collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità.
Commento
Si tratta di positive disposizioni che puntano al rinnovamento del ruolo dei servizi per l’impiego e alla riorganizzazione delle strutture che li offrono, pubbliche e private, che rischiano però di restare sulla carta senza scelte maggiormente incisive, soprattutto per quanto riguarda azioni concrete di ricollocazione lavorativa. Xxxxx, come esempio, quanto accaduto in questi anni relativamente alle politiche attive destinate ai percettori di ammortizzatori in deroga: in quasi tutte le regioni sono state effettuate azioni di politica attiva, ma sono state scarsamente incisive quanto ai risultati. Vanno mobilitati tutti i soggetti che possono erogare politiche attive sul territorio, dai centri per l’impiego alle strutture di formazione alle agenzie per il lavoro, anche utilizzando per queste ultime in maniera più incisiva e sistematica la norma che prevede incentivi per ogni lavoratore ricollocato.
In particolare, per quanto riguarda la attuazione della legge delega, riteniamo positivo il percorso individuato, che porterà alla stipula di un accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, per identificare linee di indirizzo condivise, migliorando il coordinamento tra competenze statali e regionali, le sinergie tra servizi pubblici e agenzie private del lavoro, il collegamento tra i servizi all’impiego ed i servizi Inps di erogazione dei trattamenti, individuando una sede unica nel territorio, per la gestione in forma integrata delle politiche attive. Ma servirà anche il coinvolgimento delle parti sociali.
Apprendimento permanente
Descrizione
Si definisce “apprendimento permanente” qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale, informale, nelle varie fasi della vita al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale”.
Le politiche per l’apprendimento permanente vengono definite in sede di Conferenza unificata Stato Regioni, sentite le parti sociali.
Il provvedimento del Governo definisce le reti territoriali dei servizi per l’apprendimento permanente che operano attraverso il raccordo dei percorsi d istruzione, formazione e lavoro.
E’ previsto il sostegno ai percorsi di apprendimento in relazione con i sistemi produttivi dei territori; il riconoscimento e certificazione dei crediti formativi; la fruizione di servizi di orientamento lungo tutto il corso della vita.
Entro sei mesi il Governo è delegato a promulgare un o più decreti legislativi per:
il riconoscimento e la validazione dei saperi acquisiti;
l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali (con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze)
il riconoscimento delle esperienze di lavoro come parte essenziale del percorso educativo, formativo e professionale della persona;
la definizione di criteri per la validazione dell’apprendimento non formale ed informale;
la definizione di riscontri e prove in relazione ai livelli e ai sistemi di referenziazione dell’Unione Europea.
E’ inoltre prevista l’implementazione di un sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze fondato su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale nel rispetto dei principi di accessibilità, riservatezza, trasparenza, oggettività e tracciabilità.
La certificazione conduce al rilascio di un certificato, un diploma o un titolo che documenta formalmente l’accertamento e la convalida effettuati da un ente pubblico o da un soggetto accreditato o autorizzato.
Tutti gli standard delle qualificazione e competenze certificabili sono raccolti in repertori codificati a livello nazionale o regionale, pubblicamente riconosciuti e accessibili in un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione delle qualificazioni professionali, periodicamente aggiornato.
Commento
Valutiamo positivamente le misure per l’apprendimento permanente contenute nel disegno di legge. Si tratta di provvedimenti fortemente richiesti dal sindacato per la cui concreta applicazione sarà decisiva l’azione coordinata e collaborativa tra Ministero del Lavoro, Ministero dell’Istruzione, Ministero dello Sviluppo Economico, Regioni e parti sociali.
Proprio per questo registriamo con rammarico che il testo abbia in due punti derubricato il confronto con le parti sociali ad una semplice consultazione informativa.
La Cisl continuerà in ogni caso a seguire con la massima attenzione e collaborazione il percorso attuativo delle disposizioni sull’apprendimento permanente previste nel disegno di legge nella convinzione che si tratti di provvedimenti importanti per rendere maggiormente trasparenti, partecipativi, inclusivi non solo il mercato del lavoro, ma l’intera società.
Partecipazione dei lavoratori
Descrizione
Riprendendo un tema più volte affrontato anche con iniziative parlamentari e mai definitivamente deliberato, il disegno di legge in esame contiene una delega al Governo per definire, entro nove mesi, uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire forme di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa, attivate attraverso un contratto collettivo aziendale nel rispetto dei seguenti principi:
a) individuazione degli obblighi di informazione, consultazione o negoziazione a carico dell’impresa nei confronti delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori o di appositi organi individuati dal contratto medesimo nel rispetto dei livelli minimi fissati dal Decreto Legislativo n. 25/2007 di recepimento della Direttiva Europea 2002/14.
b) procedure di verifica sull’applicazione e sugli esiti di piani o decisioni anche attraverso l’istituzione di organismi congiunti, paritetici o misti.
c) istituzione di organismi congiunti, paritetici o comunque misti con competenze di controllo e partecipazione nella gestione di materie quali la sicurezza dei luoghi di lavoro e la salute dei lavoratori, l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, le pari opportunità, le forme di remunerazione collegate al risultato, i servizi sociali, il welfare aziendale e le materie attinenti la responsabilità sociale dell’impresa.
d) controllo sull’andamento o su determinate scelte di gestione aziendale mediante partecipazione di rappresentanti eletti dai lavoratori o designati dalle organizzazioni sindacali in organi di sorveglianza.
e) previsione della partecipazione dei lavoratori dipendenti agli utili o al capitale dell’impresa e all’attuazione e al risultato di piani industriali con istituzione di forme di accesso dei rappresentanti sindacali alle informazioni sull’andamento dei piani.
f) previsione che nelle SpA o nelle società che abbiano assunto la forma giuridica di Società Europea, che occupino più di 300 lavoratori, e nelle quali il modello di gestione sia di natura duale con contestuale presenza di un Consiglio di Gestione e di un Consiglio di Sorveglianza, ai sensi del Codice Civile, possa essere prevista la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di Sorveglianza, quali membri a pieno titolo
g) previsione dell’ accesso privilegiato dei lavoratori dipendenti al possesso di azioni, quote del capitale dell’impresa, o diritti di opzione sulle stesse, direttamente o mediante la costituzione di fondazioni, di appositi enti in forma di società di investimento a capitale variabile, oppure di associazioni di lavoratori, i quali abbiano tra i propri scopi un utilizzo non speculativo delle partecipazioni e l’esercizio della rappresentanza collettiva nel governo dell’impresa.
Si prevede pertanto l’azionariato dei dipendenti sia in forma individuale sia in forma collettiva, con una chiara preferenza per quest’ultima.
Commento
E’ assolutamente positivo e coerente con i principi ispiratori del provvedimento che tale tema sia stato inserito nella riforma del mercato del lavoro. Sul tema si può consultare, per maggiori approfondimenti, anche la circolare del Dipartimento Democrazia Economica.