Avv. Prof. Mariacarla Giorgetti
L’ARBITRATO PRESSO LA CONSOB NELL’ORDINAMENTO ADR ITALIANO
Avv. Prof. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Sommario: 1. Premessa. – 2. L’arbitrato presso la Consob. – 3. L’Arbitrato semplificato. – 4. La nuova conciliazione in materia civile e commerciale. – 5. I rapporti tra nuova conciliazione in materia civile e commerciale, conciliazione e arbitrato presso la Consob. – 6. La conciliazione presso la Consob. – 7. Arbitrati a confronto: L’Arbitro Bancario Finanziario.
1. Premessa
La tematica dell’applicazione degli strumenti di ADR al sistema bancario è sempre stata assai dibattuta.
Fin dall’emanazione del d.lgs. 385/93, infatti, fu istituito un sistema extragiudiziale di soluzione delle controversie tra banca e cliente che inizia con un semplice reclamo del cliente presso gli uffici della banca e termina con il coinvolgimento dell’Ombudsman - Giurì bancario, un giudice alternativo, le cui decisioni sono vincolanti per l’intermediario e il cliente, cui possono rivolgersi i clienti per risolvere gratuitamente le controversie con le banche e gli intermediari finanziari.
Il sistema composto articolato in reclamo e Ombudsman, che si articola fondamentalmente in due fasi, è sempre stato aperto ai consumatori e, a partire dal 2006, è stato esteso anche a imprese, commercianti, professionisti, artigiani e società.
Nel febbraio 2007, poi, è nato il c.d. Conciliatore Bancario Finanziario, su iniziativa dei primi dieci gruppi bancari con il coordinamento dell’Associazione Bancaria Italiana.
Il Conciliatore Bancario è un’associazione che mette a disposizione della clientela bancaria una serie di servizi finalizzati alla più rapida soluzione delle controversie sorte con gli intermediari, accomunati dall’estraneità all’autorità giudiziaria ordinaria.
Esso raggruppa il previgente sistema costituito dal reclamo e dal ricorso al Giurì bancario e, in più, aggiunge gli ulteriori servizi di conciliazione e arbitrato.
Venendo all’anno in corso, il panorama ADR in materia bancaria e finanziaria si è ampliato ulteriormente con l’istituzione, da parte della Banca d’Italia, dell’Arbitro Bancario Finanziario.
Esso è un organismo di risoluzione delle controversie tra clienti, banche e altri intermediari finanziari di tipo stragiudiziale con l’obiettivo di offrire un’alternativa più semplice, rapido ed economica rispetto alla giurisdizione ordinaria.
Non bisogna, tuttavia, cadere nel facile equivoco di considerare questo nuovo istituto un nuovo tipo di arbitrato, perché, nonostante il nome deponga in tal senso, la struttura dell’ABF, il procedimento e la decisione non sono assimilabili a quelli dell’arbitrato vero e proprio, che, in materia bancaria e finanziaria, è un diverso servizio offerto dal Conciliatore Bancario.
Questa intensa proliferazione di organismi ADR in ambito bancario e finanziario trova principalmente la sua ragione nella volontà legislativa, in quelle fondamenta del sistema normativo bancario italiano che sono il d.lgs. 385/1993 (TUB) e successive modifiche, nel cui art. 128- bis si legge che le banche e gli altri intermediari creditizi devono aderire ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela.
Le banche e gli intermediari sono quindi tenuti ad aderire agli organismi ADR creati e gestiti appositamente a favore della clientela, esponendosi, in caso contrario, ai controlli degli organismi di vigilanza.
Naturalmente, l’istituzione di tutti questi strumenti stragiudiziali, di cui alcuni gratuiti come il reclamo, l’Ombudsman e l'ABF, non dipende esclusivamente dall’obbligo di adesione imposto dalla legge in quanto anche gli intermediari possono avere interesse a risolvere le questioni con la clientela in tempi rapidi e “senza formalità”, attraverso il contatto diretto con il cliente che si sente insoddisfatto o danneggiato.
In ogni caso, quale che sia la vera ragione, la conformazione del sistema bancario stragiudiziale dimostra come l’ADR abbia un’infinità possibilità di espansione in qualunque settore economico, senza con ciò, nulla togliere al libero accesso alla giurisdizione ordinaria.
2. L’arbitrato presso la Consob
L’arbitrato disciplinato dal Regolamento Consob si distingue dall’arbitrato c.d. "ad hoc" (cioè avviato ed organizzato esclusivamente per iniziativa delle parti) per essere "amministrato" da un organismo – La Camera – caratterizzato da indipendenza ed autonomia funzionale.
Le fondamentali funzioni della Camera nell’ambito dell’arbitrato "amministrato"
– che rappresenta una struttura diffusa da tempo in sede nazionale e internazionale e ora disciplinata nei principi dall’art. 832 c.p.c. – sono non soltanto quella di assistenza e segreteria al procedimento, ma anche e principalmente, quella di organizzazione dei giudizi arbitrali e, conseguentemente, di verifica della regolarità dello svolgimento delle procedure medesime ad opera della Camera.
L’arbitrato in questione è disciplinato dal D. lgs. n. 179/2007 e dal Regolamento Consob n. 16763 del 29 dicembre 2008; esso richiede che le parti – investitori o intermediari – richiamino espressamente nella convenzione di arbitrato le norme del D. lgs. 179/2007 e del Regolamento Consob o comunque facciano rinvio all’arbitrato amministrato dalla Camera ovvero facciano concorde richiesta scritta di tale arbitrato, ex art. 810, comma 1 c.p.c., anche nelle ipotesi della inesistenza di una convenzione arbitrale (art. 17 Regolamento).
L’arbitrato "amministrato" ha natura rituale, è disciplinato dalle disposizioni di cui al Regolamento Consob e dagli artt. 806 e seguenti c.p.c..
Gli arbitri decidono secondo le norme di diritto e le funzioni attribuite al Presidente del Tribunale dagli artt. 810, 811, 815 c.p.c. (nomina degli arbitri, loro sostituzione e loro ricusazione) sono svolte dalla Camera (artt. 18 e 23 Regolamento).
Possono essere iscritti nell'elenco degli arbitri i soggetti appartenenti alle categorie di cui all'articolo 2, comma 3, che ne facciano domanda e che rientrino in una delle seguenti categorie professionali:
a) avvocati iscritti agli albi ordinari e speciali abilitati al patrocinio avanti alle magistrature superiori; dottori commercialisti iscritti nella Sezione A) dell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili da almeno dodici anni;
b) notai con almeno sei anni di anzianità di servizio; magistrati ordinari, in servizio da almeno dodici anni o in quiescenza; magistrati amministrativi e contabili con almeno sei anni di anzianità di servizio o in quiescenza;
c) professori universitari di ruolo in materie giuridiche ed economiche in servizio o in quiescenza; dirigenti dello Stato o di Autorità indipendenti con almeno venti anni di anzianità di servizio laureati in discipline giuridico/economiche, in servizio o in quiescenza.
Oltre a far parte di una di queste categorie professionali, l’aspirante arbitro Xxxxxx deve possedere i seguenti requisiti:
a) non aver riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione;
b) non aver riportato condanne a pena detentiva, applicate su richiesta delle parti, pari o superiore a sei mesi;
c) non essere incorsi nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici;
d) non essere stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza;
e) non aver riportato sanzioni disciplinari diverse dall'avvertimento.
La Camera a seguito della ricezione della domanda di iscrizione nell'elenco, corredata dei documenti attestanti il possesso dei requisiti richiesti, ne verifica la regolarità e delibera l'iscrizione.
Ogni sei mesi la Camera dispone l'aggiornamento dell'elenco, procedendo alle nuove iscrizioni e alla cancellazione di coloro che hanno perso i requisiti di cui al comma 1, ovvero di coloro che ne hanno fatto domanda. La cancellazione può altresì essere disposta nei casi di grave inadempimento degli obblighi stabiliti dal codice deontologico o, comunque, connessi alla funzione svolta. La cancellazione, se non segue alla domanda dell'arbitro, è pronunciata dalla Camera sentito l'interessato.
Gli arbitri comunicano senza indugio alla Camera la perdita dei requisiti richiesti per l'iscrizione.
L'arbitrato ha sede presso la Camera, salvo che le parti dispongano diversamente. Il procedimento arbitrale disciplinato dal Regolamento Consob offre particolari forme di garanzia in ordine: alla indipendenza e imparzialità degli arbitri e alla loro esperienza nella materia finanziaria oggetto della controversia; alla regolarità
della procedura arbitrale, ivi compresa la fase di redazione del lodo; alla predeterminazione dei costi – spese ed onorari – vincolanti le parti e alla successiva fissazione dell’ammontare rispetto ad ogni controversia.
Il procedimento arbitrale ha inizio ad istanza di parte.
Le parti depositano presso la Camera, entro dieci giorni dalla notifica, la dichiarazione di nomina degli arbitri, unitamente alla convenzione di arbitrato e ai documenti attestanti il pagamento della tariffa.
La Camera verifica il deposito della dichiarazione di accettazione degli arbitri nominati, nonché la regolarità formale degli atti e dei documenti depositati dalle parti, invitando le parti, quando occorre, a completare o a mettere in regola gli atti e i documenti che riconosce difettosi entro un congruo termine e procedendo, ove ne ricorrano le condizioni, alla nomina degli arbitri.
Quando reputa manifestamente insussistenti le condizioni per l'esperimento del procedimento arbitrale disciplinato dal presente regolamento, la Camera rifiuta di amministrarne lo svolgimento, informandone senza indugio le parti e gli arbitri, se nominati.
Gli arbitri, nel corso della prima riunione, valutano la questione sollevata dalla Camera, decidendo su di essa anche ai sensi dell'articolo 817 del codice di procedura civile. La decisione degli arbitri, unitamente alle convenzione di arbitrato come eventualmente modificata dalle parti, è trasmessa alla Camera affinché questa valuti se sussistono le condizioni per amministrare lo svolgimento dell'arbitrato.
Nel corso della prima riunione gli arbitri chiedono alle parti una somma di danaro in acconto dei diritti loro spettanti nonché delle spese di difesa che le parti sosterranno per ottenere la decisione, stabilendone, altresì, i criteri di ripartizione fra le parti. La somma di danaro da versare in acconto è determinata dalla Camera dietro proposta degli arbitri. Il mancato versamento dell'acconto, nella misura in capo a ciascuna delle parti gravante, entro quindici giorni dalla comunicazione della richiesta ovvero entro il diverso termine eventualmente stabilito dagli arbitri, importa la improcedibilità del giudizio.
Gli arbitri pronunciano il lodo nel termine di centoventi giorni dall'accettazione della nomina.
Il termine può essere prorogato prima della sua scadenza per un periodo non superiore a centoventi giorni:
a) da tutte le parti mediante dichiarazioni scritte indirizzate agli arbitri;
b) dalla Camera su istanza motivata di una delle parti o degli arbitri, sentite le altre parti.
Il termine è prorogato di centoventi giorni nei casi seguenti e per non più di una volta nell'ambito di ciascuno di essi:
a) se devono essere assunti mezzi di prova;
b) se è disposta consulenza tecnica d'ufficio;
c) se è pronunciato lodo non definitivo o lodo parziale;
d) se è modificata la composizione del collegio arbitrale o è sostituito l'arbitro unico.
In ogni caso, dopo la ripresa del procedimento sospeso, il termine residuo per la pronuncia del lodo, se inferiore, è esteso a quarantacinque giorni.
3. L’Arbitrato semplificato
Il Regolamento Consob prevede una forma di "arbitrato semplificato" (art. 28 e successivi) che è finalizzato al ristoro del solo danno patrimoniale sofferto dall’investitore, mediante determinazione dell’indennizzo, che sia causato dall’inadempimento da parte dell’intermediario degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti con riguardo ai rapporti contrattuali con gli investitori.
Tale procedimento semplificato, da prevedere in modo esplicito nella convenzione di arbitrato, può essere attivato esclusivamente dall’investitore.
La domanda non può essere esperita quando sulla medesima controversia non sia stato presentato reclamo all'intermediario cui sia stata fornita espressa risposta ovvero non sia decorso il termine di novanta giorni o il termine più breve eventualmente stabilito dall'intermediario per la trattazione del reclamo senza che l'investitore abbia ottenuto risposta.
Il procedimento semplificato prevede che la comparizione personale delle parti davanti all'arbitro avvenga non oltre quindici giorni dalla accettazione dell’incarico da parte degli arbitri.
Nel corso della udienza l'arbitro verifica la regolarità del contraddittorio, interroga liberamente le parti, richiede ad esse, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Al termine della trattazione, salvo che ricorrano particolari condizioni che consiglino la fissazione di una nuova udienza da celebrarsi entro i venti giorni successivi, l'arbitro invita le parti a precisare le conclusioni.
Nei venti giorni successivi alla data di precisazione delle conclusioni, l'arbitro pronuncia il lodo sulla base dei documenti prodotti e tenendo conto degli elementi emersi nel corso dell'udienza.
L'arbitro accoglie la domanda quando, tenuto conto delle deduzioni formulate dall'intermediario e dei soli documenti introdotti in giudizio, ne ritiene sussistenti i fatti costitutivi, condannando l'intermediario al pagamento in favore dell'investitore di una somma di danaro a titolo di indennizzo, idonea a ristorare il solo danno patrimoniale da questi ritratto, quale conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento dell'intermediario, nei limiti della quantità per cui ritiene raggiunta la prova.
Il lodo è depositato dall'arbitro presso la Camera che lo sottopone alla Consob per il visto di regolarità formale.
4. La nuova conciliazione in materia civile e commerciale.
Il d.lgs. 28/10 ha portata generale e il suo obiettivo sistematico volto a introdurre una disciplina generale della conciliazione, in ossequio al dettato della legge delega. L’art. 2 del d.lgs. estende l’accesso alla mediazione a chiunque, privati e operatori commerciali, per la definizione di controversie civili e commerciali vertenti, naturalmente, su diritti disponibili.
Fin da una prima lettura, il d.lgs. in esame mostra un aspetto assai curioso, che si spiega, ad una lettura più approfondita, in un’ottica comunitaria.
Nel provvedimento si introduce per la prima volta la differenza tra mediazione e conciliazione definendo la prima come l’attività diretta alla composizione della lite e la seconda come il risultato dell’attività di mediazione.
Analizzando più a fondo tale distinzione, alla luce della normativa comunitaria, si scopre, tuttavia, che la mediazione non rappresenta un nuovo procedimento stragiudiziale diverso dalla conciliazione come è stata fin ora intesa, ma identifica lo stesso procedimento di conciliazione, utilizzando, per così dire, il lessico europeo.
La direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, nell’ambito della disciplina della mediazione in materia civile e commerciale, con l’obiettivo di promuovere da parte degli Stati membri l’adozione di metodi alternativi di risoluzione delle controversie, definisce la mediazione come il procedimento strutturato dove due o più parti di una controversia tentano esse stesse, su base volontaria, di raggiungere un accordo sulla risoluzione della medesima con l’assistenza di un mediatore.
A ben vedere, questo procedimento corrisponde perfettamente alla nostra conciliazione, sicché bisogna concludere che il legislatore nazionale delegato abbia voluto deliberare sulla conciliazione tenendo conto della recente normativa europea, definendo mediazione ciò che prima era conciliazione, non senza però emanciparsi del tutto dal lessico nostrano, tanto che con il termine conciliazione si è voluto comunque indicare il raggiungimento dell’accordo a seguito dell’attività del mediatore.
Un’altra importante novità riguarda l’attuazione del dovere dell’avvocato di informare il cliente della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione così come prescritto dall’art. 60 della legge delega.
La delega, che è stata attuata in modo assai rigido, stabilisce che l’informativa deve essere fornita chiaramente e per iscritto, a pena di nullità del contratto concluso con l’assistito. L’avvocato, in particolare, dovrà sottoporre al cliente un documento informativo scritto che dovrà essere firmato dal cliente per presa visione e allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio.
Si introduce, si può dire, anche per l’avvocato, una sorta di obbligo del consenso informato, come quello già gravante sui medici.
L’allegazione del consenso informato in giudizio si collega alla natura processuale della conciliazione, o mediazione, che costituisce, ai sensi dell’art. 5 d.lgs., una condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Il giudice, anche d’ufficio, accerta il mancato esperimento della mediazione o accerta che la mediazione è in corso, fissa una successiva udienza dopo la scadenza del termine ultimo per la conclusione del procedimento di mediazione che, ai sensi dell’art. 6 d.lgs., non può avere durata superiore a quattro mesi.
Non solo l’avvocato, ma anche il giudice è tenuto a favorire la mediazione in quanto, al comma 2 dell’art. 5, d.lgs. si stabilisce che il giudice può in qualunque momento invitare le parti con ordinanza a procedere alla mediazione ed è tenuto, ai sensi dell’art. 4, a surrogarsi all’avvocato nel dovere di informare la parte della possibilità di avvalersi della conciliazione laddove il difensore non abbia provveduto all’informativa.
Ciò però non vale per ogni controversia, bensì solamente per le materie di cui all’art. 5, co 1, e con l’espressa esclusione delle azioni in materia di codice del consumo e di assicurazione.
Secondo l’art. 5, d.lgs. la mediazione vale come condizione di procedibilità del giudizio ordinario nelle seguenti materie:
- condominio
- diritti reali
- divisione
- successioni ereditarie
- patti di famiglia
- locazione
- comodato
- affitto di aziende
- risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità
- contratti assicurativi, bancari e finanziari.
La mediazione deve altresì essere esperita qualora sia prevista nel contratto o nello statuto delle società.
La mediazione è, invece, esclusa come condizione di procedibilità:
a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui
all'articolo 667 del codice di procedura civile;
c) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
d) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;
e) nei procedimenti in camera di consiglio;
f) nell'azione civile esercitata nel processo penale.
5. I rapporti tra nuova conciliazione in materia civile e commerciale, conciliazione e arbitrato presso la Consob.
Nell’elenco di materie contenuto nell’art. 5 d.lgs. figurano, tra gli altri, i contratti bancari e finanziari nonché il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis TUB.
L’art. 5, d.lgs., si riferisce, perciò, anche all’Arbitro Bancario e Finanziario, che è stato attuato proprio a partire dall’art. 128-bis TUB.
Ne consegue che l’avvocato, in sede di colloquio preliminare con il cliente, sarà tenuto ad informarlo dell’esistenza dell’ABF e dell’eventuale possibilità di avvalersi di tale strumento per la risoluzione della controversia.
Si noti la paradossale situazione in cui si troveranno gli avvocati che saranno costretti ad informare il proprio cliente dell’esistenza di un istituto per l’accesso al quale non si richiede la loro competenza.
Per effetto del richiamo all’art. 5, d.lgs., l’ABF diviene, altresì, al pari di ogni altro procedimento di mediazione, condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria.
Lo stesso vale anche per la conciliazione presso la Consob di cui al d.lgs. 179/2007, anch’essa espressamente richiamata dall’art. 5..
Viene così a configurasi, in materia bancaria e finanziaria, un sistema particolare che vede l’accesso alla giustizia ordinaria assai posticipato, in cui il cliente insoddisfatto deve, prima di adire il giudice, cercare una soluzione bonaria della controversia con l’intermediario attraverso il reclamo, in una prima fase, e l’ABF o la mediazione, in una seconda fase.
Il decreto in esame, ha anche eliminato la cd. conciliazione societaria abrogando gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n . 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del decreto.
6. La conciliazione presso la Consob.
La materia dei servizi d'investimento e di risparmio è disciplinata dalla legge 262 del 2005, la quale all'art. 27 prevede una delega al Governo in materia di procedure di conciliazione.
In virtù della delega è stato emanato il d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179, il quale istituisce la procedura di conciliazione nelle "controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela".
La conciliazione è devoluta alla Camera di conciliazione e arbitrato istituita presso la Consob ed è disciplinata dalla Consob stessa con regolamento.
La conciliazione presso la Consob può essere utilizzata per l’amministrazione dei procedimenti per la risoluzione delle controversie tra intermediari e investitori diversi dai clienti professionali, relative alla prestazione di servizi e attività di investimento.
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b) del d.lgs. 179/2007, per intermediari si intendono “i soggetti abilitati alla prestazione di servizi e attività di investimento di cui all’articolo 1, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 24 febbraio 1998,
n. 58 e successive modificazioni”.
A fronte del rinvio al TUF per intermediari s’intendono le SIM, le imprese di investimento comunitarie con succursale in Italia, le imprese di investimento extracomunitarie, le Sgr, le società di gestione armonizzate, le Sicav nonché gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall' articolo 107 del testo unico bancario e le banche italiane, le banche comunitarie con succursale in Italia e le banche extracomunitarie, autorizzate all'esercizio dei servizi o delle attività di investimento.
Non vi è, quindi, espressa menzione del servizio di gestione collettiva del risparmio ma il regolamento Consob della Camera di conciliazione e arbitrato ha preferito estendere il ricorso alla conciliazione anche alle controversie sulla gestione collettiva del risparmio poiché le Sgr, che esercitano tale attività, rientrano tra i soggetti di cui all’art. 1, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
In particolare, possono essere risolte dal sistema di conciliazione e di arbitrato della Consob le controversie che hanno ad oggetto:
- i servizi, le attività di investimento e il collocamento di prodotti finanziari con finalità di investimento, come definiti dal d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 - Testo unico della finanza (TUF): si tratta, ad esempio, delle controversie relative alla compravendita di azioni e obbligazioni oppure a operazioni in strumenti finanziari derivati.
Possono invece essere decise dall'ABF le controversie relative, ad esempio, ai depositi bancari o postali e ai buoni fruttiferi.
- i "prodotti composti" - ossia quelli che hanno una componente con natura di investimento o assicurativa e una componente disciplinata dal Titolo VI del TUB - se tali prodotti hanno finalità esclusiva o prevalente di investimento. Se invece tale specifica finalità manca, possono essere decise dal sistema di conciliazione e arbitrato della Consob soltanto le controversie relative alla componente del prodotto che ha la finalità di investimento.
Possono invece essere risolte dall'ABF le controversie che riguardano la componente del prodotto che rientra tra i servizi disciplinati dal Titolo VI del TUB (rapporti di credito fondiario, credito alle opere pubbliche, credito agrario e peschereccio, finanziamenti alle imprese con privilegio speciale su beni mobili destinati all’impresa, finanziamenti agevolati e credito su pegno).
- i singoli contratti che compongono un "prodotto composto" con finalità esclusiva o prevalente di investimento, salvo che si tratti di credito al consumo poiché, in tal caso, trova sempre applicazione il Titolo VI del TUB e, pertanto, la relativa controversia può essere risolta dall'ABF.
Come segnalato da Banca d’Italia, in sede di consultazione per l’emanazione delle disposizioni attuative sull’ABF, ha segnalato che la definizione della linea di confine tra le materie di competenza dell’ABF e quelle soggette alla cognizione della Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob investe il tema più generale dell’interpretazione dell’art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 58/98 (TUF), con particolare riguardo alla nozione di “prodotto finanziario” e di “componenti di prodotti finanziari” (c.d. prodotti “misti”).
Al fine di precisare in modo chiaro quali controversie possono essere sottoposte all’ABF e quali alla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob è, inoltre, prevista la stipula di un protocollo di intesa, nell’ambito della quale potranno anche essere regolati gli aspetti operativi della collaborazione tra i due sistemi stragiudiziali in modo da assicurare che i clienti, in caso di inesatta individuazione del sistema di risoluzione stragiudiziale applicabile alla propria controversia, vengano indirizzati al sistema competente.
Allo stato, quindi, non esiste ancora un criterio direttivo ufficiale al fine di definire precisamente la competenza dell’ABF e della Camera di conciliazione Consob con riferimento ai prodotti finanziari offerti dagli intermediari, banche comprese.
Occorrerà attendere l’emanazione del protocollo d’intesa tra Banca d’Italia e Consob e le eventuali precisazioni che l’ABF intenderà pubblicare tramite il proprio sito internet.
Nell’attesa, l’unico criterio certo di separazione delle competenze tra ABF e Xxxxxx appare il richiamo al capo VI del TUB, il quale contiene una serie di materie che sono in ogni caso sottratte alla competenza della Consob per essere assegnate a quella dell’ABF (v. art. 23 TUF).
Altro criterio che potrebbe aiutare, in via subordinata, nella scelta dell’organismo competente è quello dell’oggetto della contesa. L’art. 2 d.lgs. 179/2007 precisa infatti che la Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob amministra i procedimenti di conciliazione e di arbitrato promossi per la risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori.
Secondo questa disposizione parrebbe quindi che si possa esperire la conciliazione presso la Consob solo per far valere i diritti di informazione, correttezza e trasparenza del cliente nei confronti dell’intermediario.
D’altra parte, tuttavia, la materia della trasparenza e dell’informazione contrattuale è anche pacificamente oggetto di competenza dell’ABF, quindi, questo criterio, da solo, non pare essere dirimente.
Sul punto occorrerà attendere la nuova disciplina sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, in attesa di emanazione.
Il criterio per ora più solido, sembra allora essere quello della natura del prodotto finanziario oggetto di contesa, in quanto, non è possibile il ricorso all’ABF per quei prodotti finanziari a prevalente funzione di investimento.
Fortunatamente le difficoltà nella scelta dell’uno o dell’altro organismo non comportano delle preclusioni per il cliente perché, da un lato, il ricorso all’ABF non presuppone l’esperimento di un tentativo di conciliazione e, dall’altro, l’eventuale incompetenza della Camera di conciliazione Consob non pregiudica il ricorso all’ABF.
Il funzionamento della Camera di conciliazione è regolato dalla Consob, di concerto con la Banca d'Italia, a garanzia dell’imparzialità, indipendenza, professionalità e onorabilità dei componenti dell'elenco dei conciliatori.
È garantita la riservatezza del procedimento e, secondo i principi generali, l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle parti nell'eventuale procedimento sanzionatorio nei confronti dell'intermediario avanti l'Autorità di vigilanza competente per l'irrogazione delle sanzioni amministrative previste per le violazioni degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori.
L’attivazione della procedura si concretizza attraverso il deposito presso la Camera di conciliazione e di arbitrato di una domanda, il cui contenuto è stato definito all’art. 8, comma 1, del regolamento, la quale deve essere stata previamente comunicata all’intermediario con mezzo idoneo a dimostrarne l’avvenuta ricezione, dopo di che deve essere depositata nel termine di trenta giorni, unitamente con il pagamento delle spese di avvio del procedimento.
La domanda di conciliazione non può essere proposta in mancanza della proposizione di un reclamo all’intermediario, ovvero laddove non sia decorso il termine di novanta giorni dalla presentazione del reclamo stesso, senza che l’intermediario abbia comunicato all’investitore le proprie determinazioni. In ciò il procedimento di conciliazione è equiparato a quello presso l’ABF, il quale parimenti richiede il previo esaurimento della fase di reclamo presso l’intermediario.
È garantita la celerità del procedimento che deve essere concluso nel termine massimo di sessanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza di conciliazione.
L’intermediario, che ha già ricevuto l’istanza di conciliazione da parte dell’investitore, ai sensi dell’art. 8, comma 2 del regolamento, a seguito di formale invito da parte della Camera di conciliazione e di arbitrato, deve aderire al tentativo di conciliazione entro cinque giorni dal deposito dell’istanza, ovvero delle richieste integrazioni e correzioni, mediante il deposito di un atto di replica da redigersi in base alle modalità indicate dal quarto comma dello stesso art. 8 del regolamento.
In caso di mancata adesione dell’intermediario al tentativo di conciliazione, la Camera ne dà formale attestazione all’investitore; per contro, in caso di adesione da parte dell’intermediario, la Camera di conciliazione e di arbitrato provvede alla nomina del conciliatore ed a comunicare il relativo nominativo alle parti.
Ai sensi dell’art. 4, comma 5, del d. lgs. n. 179 del 2007, che richiama espressamente il secondo comma dell’art. 40 del d. lgs. n. 5 del 2003, nell’ipotesi in cui il tentativo di conciliazione abbia esito negativo, alla luce di un mancato accordo delle parti, e solamente nel caso in cui queste ne facciano espressa richiesta, il procedimento si conclude con una proposta effettuata dal conciliatore rispetto alla quale ciascuna di esse indica la propria definitiva posizione, ovvero le condizioni alle quali sarebbe disposta a conciliare.
Ai sensi dell’art. 40, comma 8 e dell’art. 14 del regolamento Consob, la conciliazione, in caso di esito positivo, si conclude con un verbale sottoscritto dalle parti e dal conciliatore. Tale verbale è suscettibile di ottenere efficacia di titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e
per l’iscrizione di ipoteca giudiziale, mediante omologazione con decreto da parte del presidente del tribunale del circondario ove ha avuto luogo il tentativo di conciliazione, sulla base del procedimento previsto dall’art. 8 del d.m. n. 222 del 2004.
La decisione dell’Arbitro, invece, non può essere omologato e, pur essendo vincolante per le parti, il suo inadempimento è solamente soggetto a pubblicità. In sede consultiva è stata segnalata l’opportunità di dotare l’arbitro di poteri sanzionatori in caso d’inadempimento ma Banca d’Italia ha risposto che la normativa istitutiva della mediazione bancaria, art. 128-bis TUB e Delibera CICR
n. 275 del 29 luglio 2008 non prevede l’applicazione di sanzioni amministrative a fronte dell’inadempimento da parte degli intermediari alle decisioni dell’organo giudicante.
7. Arbitrati a confronto: L’Arbitro Bancario Finanziario.
Questo nuovo istituto di soluzione stragiudiziale delle controversie è stato attivato dalla Banca d’Italia, la quale ha emanato e pubblicato sulla G.U., Serie Generale, 24 giugno 2009, n. 144, un provvedimento intitolato “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”. Il provvedimento è il risultato della procedura di consultazione di Banca d’Italia con le associazioni e gli organismi rappresentativi degli intermediari e dei consumatori, gli intermediari, nonché i privati, iniziata nel marzo di quest’anno.
La creazione dell’ABF trova, tuttavia, la sua fonte primaria nel già citato art. 128-bis TUB, che impone agli intermediari bancari e finanziari di aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i clienti. La predetta disposizione rimette, altresì, al CICR, su proposta di Banca d’Italia, la definizione dei criteri di svolgimento delle procedure, che devono essere rapide, economiche ed effettive, la composizione dell’organo decidente, in modo da assicurarne l’imparzialità e la rappresentatività dei soggetti interessati, senza precludere al cliente il ricorso, in qualunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento.
È stata quindi emanata la delibera CICR n. 275 del 29 luglio 2008 che ha dettato la disciplina dei nuovi sistemi stragiudiziali in riferimento all’ambito di applicazione, alla struttura e alle regole fondamentali della procedura.
Da qui proviene, infine, il potere di Banca d’Italia di emanare disposizioni attuative che nel dettaglio disciplinino composizione e funzionamento del nuovo organismo.
Si noti, infine, che la creazione di questo ulteriore e specifico servizio di ADR si colloca perfettamente in linea con le disposizioni degli organi europei, da ultimo la Direttiva 2008/52/CE di Parlamento e Consiglio che disciplina la mediazioni in materia civile e commerciale al fine di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime.
Destinatari del provvedimento di Banca d'Italia sono gli intermediari e la loro clientela. Nello specifico il provvedimento, che riprende testualmente la delibera CICR n. 275/2008, definisce "intermediari" le banche, gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 TUB che operano nei confronti del pubblico, gli istituti di moneta elettronica, Poste Italiane S.p.A. in relazione all'attività di bancoposta, le banche e gli intermediari esteri che svolgono in Italia nei confronti del pubblico operazioni e servizi disciplinati dal titolo VI del TUB.
Tutti questi soggetti hanno l'obbligo di aderire all'ABF ai sensi dell'art. 128-bis TUB e comunicare tale adesione entro tre mesi dalla pubblicazione sulla G.U. del provvedimento di Banca d'Italia e tale adesione costituisce una condizione di esercizio dell'attività bancaria e finanziaria degli intermediari.
L'osservanza di tale obbligo è controllato da Banca d'Italia nello svolgimento dei propri poteri di controllo.
La comunicazione dell'adesione può provenire dalle associazioni degli intermediari, sotto forma di attestazione dell'adesione generalizzata di tutti gli intermediari aderenti oppure direttamente da ogni intermediario non aderente ad alcuna associazione.
Questi ultimi sono inoltre tenuti a indicare un'associazione di riferimento sia per l'individuazione del competente organo decidente sia per il versamento dei contributi dovuti.
Gli intermediari di nuova costituzione e quelli che intendono svolgere in Italia operazioni e servizi bancari e finanziari devono, invece, comunicare la propria adesione all'ABF prima di iniziare l'attività.
Gli intermediari comunitari che operano in Italia, ma hanno sede in un altro Stato membro dell'Unione Europea possono non aderire all'ABF, a condizione che aderiscano o siano sottoposti a un sistema di composizione stragiudiziale delle controversie estero partecipante alla rete Xxx.Xxx promossa dalla Commissione Europea1. In ogni caso gli intermediari in questione comunicano a Banca d'Italia il sistema stragiudiziale al quale aderiscono o sono sottoposti nello Stato d'origine.
In questo modo anche ai clienti degli intermediari esteri con sede nell'UE è garantito l'accesso agli strumenti stragiudiziali, al pari dei clienti degli intermediati italiani, grazie all'intermediazione della segreteria tecnica dell'ABF, svolta da Banca d'Italia.
I "clienti", invece, sono i soggetti - consumatori, professionisti e operatori commerciali - che hanno in essere o hanno avuto (dopo il 1° gennaio 2007) con l'intermediario un rapporto contrattuale avente ad oggetto la prestazione di servizi bancari e finanziari.
Questa definizione trova applicazione specifica nelle operazioni di factoring, nelle quali per cliente s'intende non solo il cedente, ma anche il debitore ceduto con cui il cessionario abbia convenuto una dilazione di pagamento; è evidente, infatti, che il debitore ceduto, che al momento della cessione può considerarsi estraneo alla cessione, diviene soggetto di un rapporto contrattuale con l'intermediario quando negozia con questo la dilazione di pagamento.
Non rientrano nella definizione di cliente i soggetti che svolgono in modo professionale attività nel settore bancario, finanziario, assicurativo, previdenziale e dei servizi di pagamento.
1 La rete Xxx.Xxx è stata promossa dalla Commissione Europea a partire dal 2001, in attuazione della propria raccomandazione del 30 marzo 1998 riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di consumo. Essa è volta a favorire lo sviluppo e la cooperazione dei sistemi ADR nell'ambito dello spazio economico europeo ed è composta da organismi di risoluzione stragiudiziale delle controversie operanti nei settori bancario, finanziario e assicurativo operanti negli Stati membri.
In questo modo si vuole evitare che l'ABF operi esclusivamente tra gli intermediari, ciò che non sarebbe conforme allo spirito dell'istituto che è stato creato con evidente favore per la clientela non professionale.
Non sono neppure clienti i soggetti che entrano in contatto con l'intermediario senza un rapporto contrattuale tanto ciò vero che non possono essere devolute all'ABF le controversie di risarcimento danni che non siano dirette conseguenze del rapporto contrattuale.
Secondo il provvedimento di Banca d'Italia del 24 giugno 2009, possono essere sottoposte all'Arbitro Bancario Finanziario le controversie tra intermediari e clienti relative a operazioni e servizi bancari e finanziari, quali conti correnti, mutui e finanziamenti, comprese le controversie in materia di bonifici transfrontalieri, aventi ad oggetto:
-) l'accertamento di situazioni giuridiche (diritti, obblighi e facoltà) di qualsiasi valore economico del rapporto contrattuale a cui si riferiscono.
A una prima lettura sembrerebbe che la disposizione faccia riferimento al valore del rapporto contrattuale originario (ad es. un mutuo fondiario) e non al valore della specifica controversia (ad es. il mancato pagamento di alcune rate). In questi casi, infatti, l’ABF non si pronuncia sulla spettanza o meno al ricorrente di somme di denaro o altri beni economicamente quantificabili, ma valuta il comportamento dell’intermediario per stabilire, ad esempio, se esso abbia adempiuto agli obblighi di trasparenza nei confronti del cliente.
-) adempimento di diritti di credito aventi ad oggetto la corresponsione di una somma di denaro inferiore a 100.000 euro.
La disposizione è tuttavia contraddittoria perché si potrebbe astrattamente configurare la situazione in cui il cliente ottenga dall'ABF l'accertamento del proprio diritto di credito, indipendentemente dal suo valore, ma che poi il cliente non possa rivolgersi all'ABF per eseguirlo, perché di valore superiore a 100.000 euro.
Per non incorrere in questa situazione, quindi, sarebbe consigliabile estendere il limite massimo di valore anche all'accertamento del singolo diritto di credito in modo da rendere coerente l'azione di accertamento con quella di condanna le quali, nella maggior parte dei casi, corrono insieme, oppure, all'opposto, eliminare definitivamente il limite di valore.
Banca d’Italia, durante il procedimento di consultazione sulle disposizioni attuative dell’ABF, ha avuto modo di precisare che il limite di valore è riferito all’importo richiesto dal singolo ricorrente e non si estende alle possibili ulteriori conseguenze economiche che l’intermediario potrebbe subire a seguito di iniziative intraprese nei confronti di altri clienti.
Alcuni esempi di controversie sottoponibili all’ABF sono le seguenti:
- questioni di c.d. execution only relative alla mera esecuzione di ordini impartiti dal cliente alla banca
- questioni nascenti da contratti bancari: conti correnti, mutui, carte di credito, bonifici transfrontalieri, depositi, leasing, factoring. Come sarà precisato più avanti le questioni attinenti a contratti di leasing e factoring sottoponibili all’ABF sono limitate all’aspetto finanziario del contratto (es. condizioni contrattuali, tassi d’interesse, costi), mentre restano escluse le questioni attinenti all’aspetto commerciale del contratto ossia quelle attinenti al bene oggetto di locazione finanziaria ovvero di cessione.
- questioni attinenti alla cancellazione di ipoteca
- questioni sulla consegna del materiale informativo e sulla trasparenza del rapporto.
Non tutti i servizi o le attività d'investimento sono soggette alla cognizione dell'ABF. In particolare sono esclusi:
- i servizi, le attività di investimento e il collocamento di prodotti finanziari con finalità di investimento, come definiti dal d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 - Testo unico della finanza (TUF): si tratta, ad esempio, delle controversie relative alla compravendita di azioni e obbligazioni oppure a operazioni in strumenti finanziari derivati.
Possono invece essere decise dall'ABF le controversie relative, ad esempio, ai depositi bancari o postali e ai buoni fruttiferi.
- i "prodotti composti" - ossia quelli che hanno una componente con natura di investimento o assicurativa e una componente disciplinata dal Titolo VI del TUB - se tali prodotti hanno finalità esclusiva o prevalente di investimento. Se invece tale specifica finalità manca, possono essere decise dal sistema di conciliazione e arbitrato della Consob soltanto le controversie relative alla componente del prodotto che ha la finalità di investimento.
Possono invece essere risolte dall'ABF le controversie che riguardano la componente del prodotto che rientra tra i servizi disciplinati dal Titolo VI del TUB, ossia servizi destinati non all’investimento ma al finanziamento: rapporti di credito fondiario, credito alle opere pubbliche, credito agrario e peschereccio, finanziamenti alle imprese con privilegio speciale su beni mobili destinati all’impresa, finanziamenti agevolati e credito su pegno.
- i singoli contratti che compongono un "prodotto composto" con finalità esclusiva o prevalente di investimento, salvo che si tratti di credito al consumo poiché, in tal caso, trova sempre applicazione il Titolo VI del TUB e, pertanto, la relativa controversia può essere risolta dall'ABF.
Le controversie attinenti a questi servizi finanziari sono sottratti alla competenza dell'ABF ma possono essere devoluti alla Camera di Conciliazione istituita presso la Consob con d.lgs. 8 ottobre 2007, n. 179 qualora abbiano ad oggetto la presunta violazione da parte degli intermediari degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza nei confronti degli investitori.
Eventuali conflitti di competenza tra i due organi saranno regolati in base al protocollo d'intesa da stipularsi ai sensi del regolamento d'attuazione del d.lgs. n. 179/2007, adottato con delibera Consob n. 16763 del 2009.
- le richieste di risarcimento dei danni che non siano conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento o della violazione dell'intermediario.
- le questioni relative a beni materiali o a servizi diversi da quelli bancari e finanziari oggetto del contratto tra il cliente e l'intermediario ovvero di contratti ad esso collegati (ad es. le controversie commerciali riguardanti eventuali vizi del bene concesso in locazione finanziaria o fornito mediante operazioni di credito al consumo e le forniture connesse a crediti commerciali ceduti nell'ambito di operazioni di factoring o quelle riguardanti il contratto assicurativo avente ad oggetto l'immobile cauzionale di un'operazione di finanziamento).
Con riferimento al contratto di factoring rientrano, invece, nella competenza dell'ABF le controversie inerenti eventuali dilazioni di pagamento concesse dall'intermediario cessionario al debitore ceduto.
- le controversie relative ad operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2007, i diritti prescritti.
- le controversie già sottoposte all'autorità giudiziaria, rimesse a decisione arbitrale ovvero per le quali sia pendente un tentativo di conciliazione.
La scelta dell'uno piuttosto che dell'altro organismo non è solo questione di competenza ma ha pesanti effetti sulla decisione che ne deriva. La decisione dell'ABF è vincolante per l'intermediario e il cliente ma non è in alcun modo assimilabile alla decisione del giudice e la sua violazione è soggetta a pubblicità. Invece il procedimento presso la Consob assume la natura di conciliazione o arbitrato sicché le decisioni possono assumere piena efficacia esecutiva anche ai fini ipotecari.
L'Arbitro Bancario Finanziario è diffuso sul territorio nazionale attraverso tre collegi: Milano, Roma e Napoli la cui competenza è determinata in base al domicilio dichiarato nel ricorso.
Ogni collegio si compone di cinque membri nominati tutti da Banca d'Italia: il presidente e due membri scelti da Banca d'Italia, un membro designato dalle associazioni degli intermediari e un membro designato dalle associazioni rappresentative dei clienti.
Detta composizione garantisce l'equilibro delle forze e degli interessi in causa in modo tale da garantire l'effettiva rappresentanza a tutti i soggetti portatori dei diversi interessi coinvolti.
É inoltre assicurato il regolare ricambio del collegio in quanto il presidente rimane in carica cinque anni mentre gli altri membri tre anni e il mandato è rinnovabile per una sola volta.
Per quanto concerne i singoli membri dell'organo decidente, il provvedimento di Banca d'Italia stabilisce che essi siano in possesso dei requisiti di esperienza, professionalità, integrità e indipendenza.
La competenza in materia bancaria è finanziaria dei singoli membri è garantita dal fatto che essi debbano essere scelti tra docenti universitari in discipline giuridiche o economiche, professionisti iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di iscrizione di almeno dodici anni, magistrati in quiescenza ovvero altri soggetti in possesso di una significativa e comprovata competenza in materia bancaria finanziaria o di tutela dei consumatori.
La competenza dovrà essere comprovata da documentate esperienze nel settore finanziario, da esperienze maturate in generale nel campo dell'arbitrato e della conciliazione nonché nell'attività di docenza e dalle pubblicazioni in discipline giuridiche ed economiche.
É garantito, inoltre, un impegno attivo e costante da parte dei membri del collegio decidente, pertanto, la loro scelta deve tener conto del numero e della gravosità degli altri incarichi già ricoperti, della loro età anagrafica e della prossimità del luogo di residenza o domicilio (professionale) con la sede del collegio.
Non possono essere nominati componenti dell'organo decidente: coloro i quali siano stati condannati per un reato bancario, finanziario, attinente ai mercati e ai valori mobiliari nonché per riciclaggio e usura; coloro che abbiano riportato condanne definitive per altri delitti non colposi o a pena detentiva, anche per contravvenzione; coloro che abbiano riportato condanne a pena detentiva, applicata su richiesta delle parti, non inferiore a sei mesi; coloro che siano incorsi nell'interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; coloro che siano stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza.
L'imparzialità dei singoli componenti è garantita dal divieto di nomina di soggetti che, nel biennio precedente, abbiano ricoperto cariche sociali o svolto attività di lavoro subordinato o autonomo di collaborazione presso gli intermediari o le loro associazioni o presso le associazioni dei consumatori o delle altre categorie di clienti ovvero soggetti che ricoprono cariche politiche.
Nel caso in cui uno o più membri siano in conflitto d'interessi rispetto alle parti (relazioni di parentela, abituale convivialità, inimicizia) o rispetto all'oggetto della controversia, devono darne notizia senza ritardo alla segreteria tecnica, ai fini della convocazione dei relativi supplenti e se la situazione di conflitto emerge nel corso della riunione essa viene rinviata.
I membri del collegio devono, infine, rispettare un codice deontologico predisposto da Banca d'Italia.
Prima di analizzare il procedimento avanti all'Arbitro Bancario Finanziario, occorre premettere che il ricorso all'ABF è orientato al contenimento dei rischi legali e di reputazione degli intermediari all'efficiente funzionamento dei sistemi stragiudiziali.
Ne consegue che la buona riuscita del procedimento dipende in larga misura dal corretto esperimento della fase preliminare di reclamo presso la banca, tanto ciò vero che questa fase assurge a condizione preliminare e necessaria per adire l'ABF.
Dalla lettera della disposizione sembrerebbe che la fase di reclamo rappresenti una condizione di proponibilità del ricorso all'ABF, condizione richiesta anche qualora, prima dell'ABF si esperiscano altri tentativi di soluzione stragiudiziale della controversia eventualmente pattuiti tra intermediario e cliente.
A tal fine si stabilisce che l'intermediario si pronunci sul reclamo entro trenta giorni dalla ricezione del medesimo e indichi, in caso di accoglimento, i tempi previsti per l'adempimento.
L'andamento della fase di reclamo assume anche un valore prognostico del risultato del ricorso all'ABF in quanto questo giudizio è esclusivamente documentale e si basa esclusivamente sui documenti depositati dalle parti, non avendo il collegio veri poteri istruttori.
Il cliente rimasto insoddisfatto o il cui reclamo non abbia avuto esito nel termine di trenta giorni dalla sua ricezione da parte dell'intermediario può presentare ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario entro e non oltre 12 mesi dalla presentazione del reclamo.
Il ricorso, sottoscritto dal cliente, può essere presentato dal cliente personalmente, senza l'assistenza del legale, o avvalendosi di un'associazione di categoria per mezzo di apposita procura.
Oggetto del ricorso deve essere la stessa contestazione del reclamo. Nell'ipotesi che il reclamo non abbia avuto risposta il ricorso si pone quale semplice riproposizione della questione ad un organo diverso dall'intermediario reclamato, più imparziale e con il dovere di decidere.
Nell'ipotesi, invece, in cui il reclamo sia stato disatteso dall'intermediario, il ricorso all'ABF si configura come una sorta di appello puro e semplice in cui non è possibile estendere i confini della controversia come delineata dal cliente nel reclamo.
Ci si potrebbe chiedere se nel ricorso possano essere proposte nuove eccezioni o argomentazioni, maturate magari alla luce della risposta dell'intermediario al reclamo.
Le disposizioni di Banca d'Italia sul punto sono estremamente scarne e si limitano a disporre che il ricorso abbia ad oggetto la stessa contestazione del reclamo. La questione si sposta quindi sul significato del termine "contestazione". Esso potrebbe, infatti, riferirsi sia alla questione controversa (ad es. la mancata cancellazione dell'ipoteca a fronte dell'estinzione del mutuo), sia alle argomentazioni svolte dal cliente per l'accoglimento del reclamo.
Se si accoglie il primo significato la disposizione appare quasi inutile in quanto è ovvio che, essendo il ricorso subordinato al reclamo, la controversia da decidere è sempre la stessa, mentre, in accoglimento della seconda tesi il ricorso si configurerebbe quale una semplice revisione della documentazione inviata dalle parti all'ABF, senza possibilità per il cliente di svolgere ulteriori argomentazioni.
Entrambe le soluzioni sembrano davvero troppo rigide, pertanto, andrebbe preferita una posizione intermedia che in osservazione al dettato dispositivo non comprima eccessivamente il contraddittorio tra le parti. Si potrebbe dunque ammettere che con il ricorso il cliente svolga ulteriori difese rispetto al reclamo, sempre attinenti alla controversia già oggetto di reclamo, purché sia concesso all'intermediario di replicare.
Per l'instaurazione del contraddittorio il cliente deve spedire all'intermediario, tramite raccomandata a.r. o posta elettronica certificata, una copia del ricorso e, entro trenta giorni dalla ricezione, l'intermediario, o per esso l'associazione di categoria, deve inviare alla segreteria tecnica dell'organismo competente le proprie controdeduzioni unitamente alla documentazione utile e al fascicolo del reclamo.
La segreteria provvederà poi a trasmettere copia delle controdeduzioni dell'intermediario e la documentazione allegata al cliente che ne abbia fatto richiesta in sede di ricorso.
Non sono ben chiare, tuttavia, le conseguenze della mancata elezione di domicilio da parte del ricorrente presso la segreteria tecnica in quanto sembrerebbe che se il cliente non chieda di ricevere la documentazione depositata dall'intermediario da parte della segreteria non avrebbe conoscenza della stessa documentazione perché l'intermediario non è tenuto ad inviargliela.
L'interpretazione preferibile sarebbe comunque un'altra e vede la domiciliazione automatica del ricorrente presso la segreteria, anche senza una sua espressa richiesta in tal senso, di modo che la segreteria sarebbe tenuta a colmare il deficit di contraddittorio lasciato dalla normativa.
Il vuoto normativo sul contraddittorio è, a ben vedere, assai più grave in quanto sembrerebbe preclusa al cliente la possibilità di replicare alle controdeduzioni dell'intermediario, ciò che, come autorevolmente osservato2, finirebbe per ridurre l'appetibilità dell'istituto.
La condotta dell'intermediario che ostacoli con comportamenti omissivi o dilatori il raggiungimento della decisione è valutato dall'organo decidente, anche ai fini della pubblicità dell'inadempimento della decisione.
Una volta instaurato ritualmente il contraddittorio tra le parti, il collegio ha sessanta giorni per pronunciarsi sul ricorso, con possibilità di sospensione del termine per una o più volte e per una massimo di sessanta giorni, al fine esclusivo di integrare l'istruttoria
2 Vedi le osservazioni di Xxxxx all'interno della procedura di consultazione per l'emanazione delle disposizioni di Banca d'Italia.
con gli elementi che il collegio ritiene necessari nell'ambito dei suoi sia pur limitati poteri istruttori.
Il procedimento s'interrompe se le parti esperiscono un tentativo di conciliazione ma se il tentativo fallisce il ricorso può essere riproposto entro sei mesi anche se siano trascorsi dodici mesi dalla preposizione del reclamo presso l'intermediario, a condizione però che sia stato presentato reclamo. Se, invece, il cliente non ha mai presentato reclamo, il cliente, prima di ricorrere all'ABF, deve proporlo come previsto dalle regole procedurali contenute nelle disposizioni di Banca d'Italia.
Se, invece, la controversia è sottoposta dall'intermediario all'autorità giudiziaria o a giudizio arbitrale la segreteria richiede al ricorrente se questi abbia ancora interesse alla prosecuzione del procedimento dinanzi all'ABF. Se il ricorrente dichiara di rinunciare al procedimento o non manifesta il proprio interesse alla continuazione entro trenta giorni dalla richiesta, il collegio dichiara l'estinzione del procedimento. In caso contrario il procedimento prosegue nonostante l'instaurazione del giudizio o dell'arbitrato.
Come anticipato, il collegio deve decidere entro sessanta giorni dal ricevimento delle controdeduzioni dell'intermediario o dalla data in cui questo è decaduto dal proporle.
La decisione è assunta sulla base della documentazione raccolta nell'ambito dell'istruttoria, applicando le previsioni di legge e regolamentari in materia, nonché eventuali codici di condotta ai quali l'intermediario aderisca.
In caso di accoglimento del ricorso totale o parziale del ricorso, in assenza di fissazione di un termine diverso, l'intermediario è tenuto ad adempiere entro trenta giorni dalla comunicazione della decisione che avviene ad opera della segreteria entro trenta giorni dalla pronuncia.
Tutte le decisioni sono raccolte in un archivio unico elettronico sul sito internet dell'ABF, consultabile da parte dei competenti uffici reclami degli intermediari e fungono da precedenti non vincolanti per la valutazione dei reclami.
Il contenuto della decisione, sia di accoglimento che di rigetto, non preclude in alcun modo l'accesso ad altre forme di giustizia alternativa, come l'arbitrato, né alla giustizia ordinaria.
La decisione, che può essere di accertamento o di condanna, non è in alcun modo assimilabile, come la decisione arbitrale, alla decisione giudiziaria e non è nemmeno
soggetta a omologazione del tribunale, come l'accordo raggiunto in sede di conciliazione.
Oltretutto l'organo decidente non può concedere misure cautelari in quanto le disposizioni di Banca d'Italia e, ancor prima, le fonti normative primarie non ammettono questo potere.
Tutto ciò non deve tuttavia condurre a sottovalutare l'efficacia della decisione dell'Arbitro Bancario Finanziario, la quale rimane pur sempre vincolante per l'intermediario e il cliente e, in caso d'inadempimento, è soggetta a sanzione.
In caso di accoglimento del ricorso, infatti, l'intermediario è tenuto a comunicare entro il termine concessogli per l'adempimento le azioni poste in essere per dare attuazione alla decisione. Qualora consti che l'intermediario non abbia adempiuto alla decisione, la segreteria rende pubblica l'inadempienza previa consultazione con il collegio nei casi dubbi.
La pubblicazione, che può riguardare anche la condotta dell'intermediario nel procedimento, avviene sul sito internet dell'ABF e sul sito ufficiale di Banca d'Italia e, a spese dell'intermediario, in due quotidiani ad ampia diffusione nazionale.
Il ricorso all'ABF è gratuito per i clienti, salvo il versamento di un importo pari a venti euro come contributo alle spese della procedura di cui si fa carico il sistema bancario.
D'altro canto, per equilibrare il sistema, il collegio giudicante, qualora accolga il ricorso, prevede che l'intermediario rimborsi al ricorrente il contributo versato e versi all'ABF un importo pari a euro duecento come contributo alle spese della procedura.
La fissazione di un contributo spese in capo all'intermediario può anche indurre l'intermediario a tenere una condotta più virtuosa.