Contratti di lavoro
DIPARTIMENTO STUDI E RICERCHE
Osservatorio Giuridico
Jobs Act
Contratti di lavoro
e Tutele dei lavoratori
DOSSIER
A c u r a d e l G r u p p o Te c n i c o
W O R K I N G P A P E R
11 /0 9 / 2 0 1 7
INDICE
Le Tipologie Contrattuali dopo il Jobs Act 6
Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti 6
Contratto a tempo determinato 8
Contratto di somministrazione 10
Collaborazioni organizzate dal committente 12
Tutele dei lavoratori dopo il Jobs Act 12
Jobs Act: un bilancio. Il dibattito sulla stampa e su web 15
Jobs Act e provvedimenti attuativi 18
1) D. Lgs. 81/2015 la riforma del contratto a tempo determinato, dell’apprendistato, sul riordino delle tipologie contrattuali e la nuova disciplina delle mansioni 20
4) D. Lgs. 80/2015 in materia di tutela della maternità e di conciliazione tra lavoro e famiglia 22
5) D. Lgs. 148/2015: il riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro 23
Premessa
Sotto il nome di Jobs Act sono raccolte le iniziative legislative in materia di lavoro, promosse dal Governo Xxxxx, nel corso del 2014 e del 2015. Si tratta dei seguenti provvedimenti:
1) Decreto Legge n. 34/2014 convertito con modifiche nella Legge n. 78/2014, recante Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese;
2) Legge n. 183/2014, recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro;
3) in attuazione della delega sono stati predisposti e varati, otto decreti legislativi, entrati in vigore con differenti decorrenze in ragione di quando sono stati emananti dal Governo e pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. In particolare, i primi quattro decreti sono stati approvati agli inizi del 2015 ed hanno introdotto i contratti a tutele crescenti, la riforma degli ammortizzatori sociali, il riordino dei contratti e misure per la conciliazione della vita-lavoro. Gli ultimi quattro provvedimenti - il decreto che riforma la cassa integrazione, il decreto sulle politiche attive, la semplificazione degli adempimenti connessi al rapporto di lavoro e le attività ispettive - sono entrati in vigore il 24 settembre 2015.
Il Governo ha poi approvato un ulteriore provvedimento (D. Lgs. 185/2016, v. oltre Appendice normativa), entrato in vigore l’8 ottobre 2016, contenente alcuni correttivi ai decreti sopra indicati.
Il Contenuto della Riforma
L’obiettivo primario del Jobs Act è quello di aumentare le opportunità di lavoro e creare un quadro normativo adeguato alle esigenze produttive, semplificando le tipologie contrattuali esistenti e favorendo il ricorso al contratto a tempo indeterminato.
Infatti il cuore della Riforma è l'introduzione appunto del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti secondo il quale tutti i nuovi assunti a tempo indeterminato potranno essere licenziati, anche in modo illegittimo, di regola con un indennizzo che parte da 2 mensilità per anno di servizio con un tetto di 24 mensilità. È prevista inoltre, l'introduzione di un indennizzo minimo di 4 mensilità, da far scattare subito dopo il periodo di prova, con l'obiettivo di scoraggiare licenziamenti facili. È confermata la conciliazione veloce: qui il datore di lavoro può offrire una mensilità per anno di anzianità fino a un massimo di 18 mensilità, con un minimo di due. Per quanto riguarda i licenziamenti disciplinari la reintegra resterà per i soli casi di insussistenza materiale del fatto contestato direttamente accertato in giudizio. Oltre alla reintegra il lavoratore avrà diritto anche ad un risarcimento stabilito dal giudice sino a 12 mensilità più i contributi.
La riforma ha inoltre previsto una rivisitazione del capitolo dedicato alle tutele contro la disoccupazione involontaria. Dal 1° maggio 2015 sono infatti entrati in vigore 3 nuovi ammortizzatori sociali (Naspi, Dis-Coll e Asdi) che sostituiscono le precedenti tutele come l'Aspi e la Mini-Aspi.
Il decreto relativo al riordino dei contratti (D. Lgs. 81/2015, v. oltre Appendice normativa) reca in particolare una stretta alle collaborazioni coordinate continuative (anche a progetto) con la riconduzione di tali rapporti al lavoro subordinato attualmente operanti in settori non regolati da contratti collettivi (a partire dal 1° gennaio 2016). Sul fronte apprendistato, si unificano il 1° e 3° livello (per la qualifica, il diploma professionale e di scuola superiore), sulla base del modello duale tedesco. Vengono cancellate l'associazione in partecipazione e job sharing, mentre per lo staff leasing vengono cancellate le causali. Modifiche minori riguardano il lavoro accessorio e il part-time. Nel decreto c'è spazio anche per il demansionamento. Il datore di lavoro potrà modificare unilateralmente le mansioni nei casi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, quando cioè sussistono ragioni tecnico-produttive oggettive.
La Legge Delega in sintesi
Le schede che seguono sono tratte dal sito ClicLavoro1 del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che ha sintetizzato per temi i contenuti delle deleghe, evidenziando le modifiche intervenute.
Ammortizzatori sociali: Razionalizzazione ed ampliamento delle tutele: questi gli obiettivi della prima delega. Il nuovo approccio che sarà adottato per la concessione degli ammortizzatori sociali a quei lavoratori coinvolti dalla sospensione dell’attività lavorativa, prevede la possibilità di fruizione delle integrazioni salariali solo nei casi di prosecuzione dell’attività aziendale. Per le situazioni aziendali critiche, che non implichino cessazione di attività, è attesa una revisione del campo di intervento della CIG e dei Fondi di solidarietà, nonché dei contratti di solidarietà. Il sistema per la concessione delle integrazioni salariali sarà inoltre ottimizzato, prevedendo procedure standardizzate e più celeri. Altro versante degli ammortizzatori sociali oggetto dell’intervento normativo è quello inerente ai soggetti che hanno cessato il proprio rapporto di lavoro. Il Decreto Legislativo 4 marzo 2015
n. 22 ha introdotto nuovi strumenti di sostegno al reddito per questa categoria. Ulteriori novità su questo strumento di sostegno al reddito, riguardano la durata, che sarà correlata allo storico contributivo del richiedente ed estesa ai soggetti con redditi bassi.
Politiche attive: Successiva ma strettamente correlata alla prima delega, è la riforma dell’attuale sistema delle politiche attive. Sul lato degli incentivi alle assunzioni, l’approccio è innovativo, introducendo il profiling del lavoratore, che include le caratteristiche del soggetto e le probabilità di ricollocazione sul mercato del lavoro, come elemento essenziale per la determinazione del beneficio. Tale modello è stato già adottato per il bonus occupazionale riservato alle assunzioni dei Neet registrati a Xxxxxxxx Xxxxxxx. Il provvedimento pone attenzione anche
1 xxx.xxxxxxxxxx.xxx.xx/Xxxx-xxx/Xxxxxx/xxxxxxx.xxxx.
all’importanza dell’autoimpiego e dell’autoimprenditoria per la creazione di nuova occupazione e stabilisce la necessità di razionalizzazione della normativa attuale. Tra le novità di maggior rilievo poi la creazione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione, partecipata da Stato, Regioni e Province Autonome e vigilata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. In sinergia con l’INPS, l’Agenzia si occuperà degli aspetti legati all’inserimento e al reinserimento lavorativo, con lo scopo di integrare le politiche attive con quelle di sostegno al reddito. L’obiettivo è accompagnare il percettore di forme di sostegno al reddito attivo nella sua ricollocazione lavorativa, anche tramite percorsi personalizzati di istruzione e formazione professionale. Sarà valorizzata la collaborazione tra operatori pubblici e privati, per favorire il matching tra domanda ed offerta di lavoro e potranno, in tal senso, essere siglati accordi di ricollocamento per i percettori di sostegno al reddito con gli operatori privati accreditati. È prevista inoltre la definizione di criteri nuovi per l’accreditamento e l’autorizzazione di quest’ultimi ad operare nel mercato del lavoro. Per quanto riguarda il sistema della bilateralità, che offre anche servizi di welfare integrativo, è previsto un riordino della normativa di riferimento che dovrà basarsi sui principi di sussidiarietà, flessibilità e prossimità. La delega prevede, inoltre, un intervento di revisione del collocamento mirato dei soggetti disabili, volto a favorirne l’inclusione lavorativa e sociale, tramite la valorizzazione delle competenze possedute dal lavoratore.
Semplificazione: La terza delega ha l’obiettivo di agevolare aziende e cittadini tramite una semplificazione delle procedure e degli adempimenti a loro carico. In particolare, saranno ridotti sensibilmente gli atti amministrativi relativi alla costituzione e alla gestione del rapporto di lavoro. Parallelamente saranno unificate le comunicazioni alle pubbliche amministrazioni in modo da non dover replicarle per il medesimo evento. Le nuove procedure riguarderanno anche le dimissioni e le risoluzioni consensuali e saranno finalizzate al contemperamento dell’esigenze di semplificazione con quelle di garanzia per il lavoratore. Il libretto formativo, a seguito del processo di integrazione delle informazioni già previsto dalla Legge 92/2012 (la c.d. Riforma Fornero) e dal Decreto Legge 76/2013, convertito in Legge 99/2013, si riferirà anche al sistema di apprendimento permanente.
Contratti: La quarta delega si prefigge l’obiettivo di aumentare le opportunità di lavoro e creare un quadro normativo adeguato alle esigenze produttive, semplificando le tipologie contrattuali esistenti e favorendo il ricorso al contratto a tempo indeterminato. La nuova tipologia contrattuale del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è inoltre stata oggetto di specifici incentivi tramite la Legge di stabilità del 2015 (Legge 190/2014). Rispetto ai contratti esistenti, la Legge prevede che le collaborazioni di tipo coordinato e continuativo siano inserite nella sperimentazione del compenso orario minimo insieme ai lavoratori subordinati attualmente operanti in settori non regolati da contratti collettivi. Mentre il lavoro occasionale vedrà estendersi il suo ambito di utilizzo. L’alternanza scuola lavoro continua ad essere un tassello fondamentale per il rilancio dell’occupazione, in particolare giovanile, e in quest’ottica sarà rafforzata. La disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e gli strumenti di lavoro, attualmente regolata dallo Statuto dei Lavoratori, sarà oggetto di aggiornamento in base all’attuale contesto tecnologico. Infine, la delega, presenta l’Agenzia Unica per le ispezioni del lavoro, dove confluiranno i servizi ispettivi del MLPS (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’INPS e dell’INAIL.
Conciliazione vita-lavoro: L’ultima delega vuole fornire nuovi strumenti di tutela per le cure parentali, nonché di conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Al sostegno della maternità sono destinate le misure per universalizzare l’indennità a prescindere dal versamento contributivo. Inoltre, sarà introdotta un tax credit per le lavoratrici madri (anche autonome) con figli minori a carico disabili o che si trovino in una situazione reddituale critica. Anche per i congedi obbligatori e parentali sono previste nuove forme di flessibilità. A livello aziendale, saranno incentivati i contratti di secondo livello che agevolino la flessibilità dell’orario lavorativo, anche tramite la forma del telelavoro. Inoltre, le ferie solidali potranno essere una realtà anche in Italia, permettendo ai dipendenti di cedere i propri giorni di riposo aggiuntivo ai colleghi genitori impegnati in cure parentali. La conciliazione vita-lavoro passa attraverso il raccordo dei servizi offerti non solo dal pubblico, ma anche da aziende ed enti bilaterali; per un loro utilizzo ottimale è richiesto un coordinamento tra i vari enti. Sul tema della parità di genere, le donne inserite in percorsi di protezione contro la violenza di genere potranno beneficiare di nuovi congedi ad hoc.
Le Tipologie Contrattuali dopo il Jobs Act2
In questo paragrafo viene analizzato il riordino della disciplina dei contratti e valutato l’impatto delle riforme e delle misure poste in essere in materia di rapporti di lavoro, per facilitare la creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato e per ridurre l’area dell’instabilità e dell’incertezza lavorativa, specialmente per le generazioni più giovani.
Infatti il D. Lgs. 81/2015, riscrive la disciplina di molti contratti di lavoro, per esempio la collaborazione a progetto, la somministrazione, il lavoro a chiamata, il lavoro accessorio, l’apprendistato e il part-time, sottolineando quali contratti non possono essere più stipulati: job sharing, di associazione in partecipazione e di collaborazione coordinata e continuativa a progetto.
Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti
A partire dal 7 marzo 2015, il datore di lavoro, quindi l'impresa o la società che vuole contrattualizzare un lavoratore, può ricorrere al contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, in vigore con il Decreto legislativo n. 23 del 4 marzo 2015 e riservato e applicato esclusivamente ai lavoratori assunti, trasformati o qualificati, dal 7 marzo 2015, che prevede l'introduzione idi un nuovo regime di tutela per i licenziamenti illegittimi togliendo ogni discrezionalità al giudice e prevedendo un’indennità risarcitoria crescente in ragione dell’anzianità di servizio in azienda. Il contratto a tempo indeterminato è quindi il contratto con cui il lavoratore si impegna, a fronte del pagamento di una retribuzione, a prestare la propria attività lavorativa a favore del datore di lavoro, a tempo indeterminato, cioè senza vincolo di durata.
Tale contratto si applica esclusivamente:
2 Fonti: “I contratti di lavoro dopo il Jobs act” xxx.xxxxxx.xxx.xx/xxxxxxxxx-x-xxxxx/xxxxx-x-xxxxxxxxxxx/; “Come funzionano i contratti di lavoro con il Jobs Act” xxx.xxxxxx.xx/0000/00/00/xxxxxxxxx-xx-xxxxxx-xxxx-xxx/.
- ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015;
- ai lavoratori che dal 7 marzo 2015 hanno avuto trasformato il contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato;
- agli apprendistati che sono stati qualificati dal 7 marzo 2015.
Ai rapporti di lavoro già in essere alla data di entrata in vigore del presente contratto continuerà ad essere applicata la disciplina precedente prevista dalla Riforma Fornero.
Pertanto, nella stessa azienda, potranno essere presenti lavoratori soggetti al nuovo regime perché assunti, trasformati o qualificati dal 7 marzo 2015 in poi e lavoratori soggetti al vecchio regime in quanto assunti prima di tale data.
Il nuovo regime troverà applicazione anche nei confronti dei lavoratori che, benché assunti a tempo indeterminato prima dell'entrata in vigore del nuovo contratto, prestino la propria attività presso un datore di lavoro, che dopo il 7 marzo 2015, attraverso successive assunzioni a tempo indeterminato, superi i 15 dipendenti.
In questo caso, il contratto a tutele crescenti sarà obbligatoriamente applicabile a tutti i lavoratori presenti in azienda, indipendentemente dalla data di assunzione.
La nuova disciplina si applica anche ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.
Viene introdotto un nuovo regime di tutela per i casi di licenziamento illegittimo che, oltre a rendere meno complesso il percorso di uscita del lavoratore dall'azienda, toglie la discrezionalità al giudice riconoscendo un indennizzo economico di importo prevedibile (due mensilità) e crescente in funzione dell'anzianità di servizio (due mensilità per ogni anno di lavoro, ma con un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro).
L'espressione "tutele crescenti", quindi, fa riferimento alle modalità di calcolo di detta indennità, il cui ammontare è parametrato all'anzianità di servizio maturata dal dipendente al momento del licenziamento.
In base alla nuova disciplina, la reintegrazione resta solo per:
- i licenziamenti discriminatori;
- i licenziamenti nulli per espressa previsione di legge;
- i licenziamenti orali;
- i licenziamenti in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore;
- i licenziamenti disciplinari in relazione ai quali sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.
Il licenziamento per giustificato motivo o giusta causa è disciplinato come segue.
In presenza del fatto materiale ed indipendentemente dalla sua gravità, il licenziamento non comporterà la reintegra, ma il riconoscimento di un'indennità, non soggetta a contribuzione previdenziale, pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 mensilità e non superiore a 24.
Si evidenzia che la procedura obbligatoria presso la Direzione territoriale del Lavoro introdotta dalla Legge Fornero per il licenziamento per GMO (giustificato motivo
oggettivo) nelle aziende con più di 15 dipendenti, continuerà ad applicarsi solo per gli assunti prima del 7 marzo 2015.
Per i soli licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore o per difetto di giustificazione consistente nell'inidoneità fisica o psichica, determina l'annullamento del licenziamento e la condanna per il datore di lavoro alla reintegra con le stesse modalità previste per il licenziamento discriminatorio (cioè pagamento delle mensilità dalla data del licenziamento alla data della reintegra effettiva, comprensiva dei contributi, ecc.) con il limite massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR.
Anche in questo caso il lavoratore ha facoltà di richiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, non soggetta a contribuzione previdenziale.
Per i datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui sopra, è previsto esclusivamente il pagamento di un'indennità risarcitoria pari ad 1 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di anzianità aziendale, con un minimo di 2 mensilità ed un massimo di 6.
Nell'ipotesi di licenziamento intimato senza l'indicazione dei motivi, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità, non assoggettata a contributi previdenziali, pari ad 1 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, in misura non inferiore a 2 e non superiore a 12, salvo che su domanda del lavoratore il giudice non accerti la sussistenza dei presupposti per le tutele previste per il licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale o per il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.
Il datore di lavoro, entro 15 giorni dalla comunicazione dall'impugnazione del licenziamento, può revocarlo e in tal caso il rapporto di lavoro si considera ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, senza ulteriori conseguenze.
In tutti i casi di licenziamento, che ricadono nel campo di applicazione della nuova disciplina, è prevista la possibilità di evitare il ricorso al giudice optando per la conciliazione stragiudiziale in sede protetta.
Il datore di lavoro offre al lavoratore, entro 60 giorni dalla ricezione della lettera di licenziamento, un importo, che non costituisce reddito imponibile ai fini irpef e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, con corresponsione immediata, mediante assegno circolare, pari ad 1 mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità.
Contratto a tempo determinato
Con riferimento al contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, il decreto attuativo del Jobs Act si limita a chiarire e semplificare alcuni aspetti della disciplina, già più volte riformata negli ultimi anni. La sua durata non può essere superiore ai trentasei mesi. Qualora sia superato il limite dei 36 mesi per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento. Il quarto anno è
possibile solo se stipulato presso la Direzione Territoriale del Lavoro (art. 19 D. Lgs. 81/2015). Il contratto a tempo determinato può essere prorogato con il consenso del lavoratore , solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 36 mesi e comunque per un massimo di 5 volte nell’arco di 36 mesi a prescindere dal numero dei contratti. Nel caso in cui le proroghe superino il limite consentito il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della sesta proroga.
L'intervento più rilevante riguarda la previsione della sola sanzione pecuniaria in caso di superamento del numero massimo di lavoratori che possono essere assunti a tempo determinato, pari al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato. In questo caso, quindi, a differenza delle altre ipotesi sanzionate, non è prevista la trasformazione del contratto a tempo indeterminato. Per quanto riguarda il trattamento economico è uguale a quello del dipendente a tempo indeterminato” comparabile”. Da un punto di vista formale, la normativa di legge prevede che l’apposizione del termine è privo di effetti se non risulta da atto scritto da consegnarsi in copia al lavoratore entro 5 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa. Fanno eccezione i rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni. Occorre poi precisare che mentre prima per il ricorso al contratto a tempo determinato era richiesta la sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (cosidetto causalone) oggi a seguito del Jobs act e all’esito di un percorso graduale iniziato con la Riforma Fornero, la stipula di tale tipologia contrattuale è stata “svincolata” dalla sussistenza delle predette causali.
Lavoro part-time
Con riferimento al lavoro a tempo parziale, le principali modifiche introdotte a seguito del Jobs Act riguardano il lavoro supplementare, che, in assenza di diversa regolamentazione dei contratti collettivi, potrà essere richiesto fino al 25% dell'orario settimanale e comporterà una retribuzione maggiorata del 15%.
Si prevede poi che le clausole flessibili e elastiche potranno essere inserite in contratto anche in assenza di previsione nei contratti collettivi, purché la stipula avvenga dinanzi ad una commissione di certificazione e nel contratto si indichino le condizioni e le modalità per le variazioni, che in ogni caso necessitano del preavviso di due giorni lavorativi.
Inoltre il Decreto prevede, poi, che il lavoratore con figlio convivente di età non superiore a 13 anni possa chiedere, in luogo del congedo parentale, la trasformazione del lavoro da full-time in part-time, con riduzione dell'orario non superiore al 50%. La trasformazione può oggi essere chiesta non più solo in caso di patologia oncologica ma anche di gravi patologie croniche degenerative ingravescenti, riguardanti il coniuge, i figli e i genitori del lavoratore e in ipotesi di assistenza a favore di una persona convivente con totale, permanente e grave inabilità lavorativa.
Si è infine limitato il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo pieno, che permane solo nel caso in cui il part-time sia frutto di una precedente trasformazione da full-time. La legge di stabilità per il 2016 (L. 208/2015) riconosce la possibilità di optare per una trasformazione a part-time del rapporto di lavoro (fino al raggiungimento del requisito anagrafico vigente ovvero per tre anni) a chi ha 63 di età, fermo restando il versamento dei contributi all’Inps da parte dell’azienda sull’intero importo della retribuzione affinché il trattamento pensionistico non
subisca decurtazioni. Negli anni di part-time, con riduzione massima di orario al 50%, il lavoratore percepisce uno stipendio più alto rispetto a quello corrispondente all’orario di lavoro ridotto, perché riceve in busta paga una somma pari alla differenza contributiva che l’impresa avrebbe dovuto versare all’Inps. In pratica, si tratta di un tempo parziale con orario al 50%, ma retribuito al 75%, che garantisce, inoltre, la maturazione della pensione come fosse stipendio pieno. L’operazione però è a “numero chiuso” ovvero nei limiti degli stanziamenti previsti.
Contratto di somministrazione
In materia di somministrazione di manodopera, il decreto attuativo del Jobs Act modifica i limiti quantitativi, oggi pari al 20 per cento del personale assunto a tempo indeterminato dall’utilizzatore, ma senza dover giustificare il ricorso alla somministrazione. Inoltre semplifica i contenuti formali e permette all'utilizzatore di provvedere agli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro.
Interessante poi è la possibilità di utilizzare lo staff leasing cioè l’utilizzo di intere squadre di lavoratori somministrati in tutti i settori, pur con il limite del 20% del totale dei dipendenti.
Infine, rilevante è anche l'introduzione dell'obbligo solidale in capo a utilizzatore e somministratore a corrispondere i trattamenti retributivi e a versare i contributi previdenziali.
Apprendistato
Con riferimento all'apprendistato si è, innanzitutto, cercato di favorire l'alternanza scuola-lavoro, introducendo una nuova forma di apprendistato per i giovani studenti e prevedendo ore obbligatorie di formazione per i giovani.
Una novità di un certo rilievo riguarda, poi, la possibilità di assumere senza limiti di età i lavoratori beneficiari di mobilità o di indennità da disoccupazione.
Interessante, inoltre, è la previsione per cui le ore di formazione effettuate presso l'istituzione formativa non vanno obbligatoriamente retribuite, mentre quelle svolte in azienda vanno retribuite al 10%.
Vi sono, infine, alcune novità che riguardano il libretto formativo, che deve essere tenuto a seconda dei casi da datore di lavoro o dall'istituzione formativa, e la certificazione delle competenze, che spetta all'istituzione formativa di provenienza dell'apprendista. Quindi il D. Lgs 81/2015 modifica la disciplina dell’apprendistato di primo e di terzo tipo, le due forme più contigue al sistema di istruzione e di formazione professionale, allo scopo dichiarato di realizzare un’organica integrazione tra formazione e lavoro. Uno degli strumenti funzionali alla realizzazione dell’integrazione è rappresentato dal sistema dei crediti certificati. Il sistema integrato, a sua volta, è connesso ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali contenuti nel repertorio nazionale delle professioni istituito presso il Ministero del lavoro. Occorre mettere in relazione le novità in tema di apprendistato con quanto previsto nella L. 107/2015 (la c.d. Buona Scuola) per quanto riguarda l’incremento dell’alternanza scuola-lavoro (negli istituti tecnici e professionali sono attuati piani di almeno 400 ore e nei licei di almeno 200 ore come durata complessiva). L’apprendistato di primo tipo assume una diversa denominazione: apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione
tecnica superiore (art. 43). In sostanza l’apprendistato di primo tipo viene definito in ragione dei titoli di studio o professionali conseguibili “in modo da coniugare la formazione effettuata in azienda con l’istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative che operano nell’ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione”. Dal momento che l’aspetto dell’istruzione secondaria è stata inserita nel primo tipo, l’apprendistato di terzo tipo si riferisce a tutti i percorsi di alta formazione: conseguimento di titoli di studio universitari e di alta formazione compresi i dottorati di ricerca; conseguimento di diplomi relativi ai percorsi degli ITIS; attività di ricerca; praticantato per l’accesso a professioni ordinistiche.
Lavoro Occasionale
Con lavoro accessorio si è inteso regolamentare quelle prestazioni lavorative non riconducibili alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma caratterizzate da un limite prettamente economico e dal pagamento attraverso i voucher. Si tratta perlopiù di quelle attività lavorative che potrebbero collocarsi al di fuori della legalità, nell'ottica di una maggiore tutela del lavoratore. Per contratto di lavoro accessorio si intende l’insieme di prestazioni lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a € 7.000 netti (€9.333 lordi) nel corso di un anno civile (dal 1° gennaio al 31 dicembre). Qualora il committente sia un imprenditore o un professionista le prestazioni di lavoro accessorio rese a loro favore non possono eccedere il limite di € 2.000 nell’anno civile per ciascun lavoratore. Il pagamento avveniva tramite i voucher, oggi aboliti con la Legge n.49 del 2017. I voucher acquistati prima dell'entrata in vigore dello stesso decreto (17 marzo 2017) potranno essere utilizzati entro il 31 dicembre 2017.
Con il decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50, convertito in legge 21/06/2017 n. 96 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), è stata reintrodotta la regolamentazione delle prestazioni di lavoro occasionale (articolo 54-bis), prima regolata gli articoli 48, 49 e 50 del Decreto Legislativo 81/2015, e successivamente abrogata, decreto-legge 17 marzo 2017 n. 25, a seguito dell'esito del referendum abrogativo proposto dalla Cgil.
Le prestazioni di lavoro occasionale sono definite come strumenti che possono essere utilizzati dai soggetti che vogliono intraprendere attività lavorative in modo sporadico e saltuario.
La disposizione normativa consente la possibilità per i datori di lavoro di acquisire prestazioni di lavoro occasionali, nei limiti previsti dalla norma, secondo due distinte modalità di utilizzo: il Libretto Famiglia (di seguito, anche “LF”) e il Contratto di prestazione occasionale (di seguito, anche “Cpo” o “Presto”). Dette tipologie di contratto di lavoro, ognuna delle quali si riferisce a diverse categorie di datori di lavoro, presenta profili di specificità in relazione all’oggetto della prestazione, alla misura minima dei compensi e dei connessi diritti di contribuzione sociale obbligatoria, nonché alle modalità di assolvimento degli adempimenti informativi verso l’Istituto (si veda in proposito il Dossier “I Nuovi Voucher”, realizzato il 23.08.2017 dall’Osservatorio Giuridico delle ACLI).
Collaborazioni organizzate dal committente
A partire dal primo gennaio 2016 saranno aboliti i contratti di xx.xx.xxx. nel settore privato e ad essi si applicherà la disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Ciò ad eccezione delle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi prevedono discipline specifiche del trattamento economico e normativo; delle collaborazioni dei professionisti iscritti ad albi, dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società, dei partecipanti a collegi e commissioni e delle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I..
In ogni caso, già a partire dall'entrata in vigore dei decreti attuativi i contratti di xx.xx.xxx non saranno più utilizzabili per le nuove assunzioni.
Per le pubbliche amministrazioni le vecchie collaborazioni a progetto potranno essere stipulate fino alla fine del 2016.
Tutele dei lavoratori dopo il Jobs Act3
Nel paragrafo che segue andiamo ad analizzare cosa cambia per la tutela del lavoro dallo Statuto dei Lavoratori alla Legge Fornero fino al Jobs Act, sottolineandone i concetti essenziali e più significativi.
L’articolo 18 è una parte di quello che comunemente viene chiamato Statuto dei Lavoratori, e cioè della legge del 20 maggio 1970, n. 300, che contiene l’insieme delle norme «sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro». Si tratta insomma delle regole più importanti a tutela di illeciti e ingiustizie quando si parla di lavoro in Italia e che sono organizzate, nella legge, in diversi “titoli” dedicati a vari temi. L’articolo 18 rientra nel “Titolo II – Della libertà sindacale” e si occupa dei licenziamenti che avvengono senza giusta causa per certe categorie di lavoratori e lavoratrici: indica cioè quali sono i diritti e i limiti per chi viene licenziato in modo illegittimo e che decide di fare richiesta al giudice per ottenere indietro il suo impiego o essere risarcito del danno subito.
L’articolo 18 ha subito una sostanziale modifica nel 2012 con la riforma
dell’allora ministro del Lavoro Xxxx Xxxxxxx, sia nella procedura che seguiva immediatamente il licenziamento (riducendo i tempi per rivolgersi al giudice e introducendo una procedura di conciliazione), sia nella giustificazione del licenziamento stesso (discriminatorio, disciplinare, economico): in sostanza, riduceva e rendeva complicata l’applicabilità della tutela del reintegro nella maggior parte dei casi di licenziamento che arrivavano in tribunale. La legge Fornero prevedeva che queste nuove regole venissero applicate anche ai dipendenti pubblici con una norma successiva che però non è mai stata fatta.
3 Fonti: xxxx://xxx.xxxxxx.xx/0000/00/00/xxxxxxx-xxxxxxxx-00-xxxxxxx-xxxxxx/; xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/00000_xxxxxxxxxxxxx-xxxxxxxxx-00-xxxxx-x-xxxx-xx-xxxx-xxx; xxxx://xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxx-x-xxxxxxxxxx/xxxxxxxx-xx-xxxxxx/xxxxxxxxxx/0000/00/00/xxxx-xxx- licenziamento-disciplinare-reintegrazione-residuale
Poi è arrivato il Jobs Act, che ha superato definitivamente l’articolo 18 e il diritto al reintegro sostituendolo, in caso di licenziamento senza giusta causa, con un indennizzo. La riforma si applica però solo ai nuovi contratti di lavoro e cioè a chi è stato assunto dopo il 7 marzo del 2015 e sebbene non sia stato esplicitamente chiarito nella legge la ministra della Pubblica amministrazione, ha sempre ribadito che non riguarda gli statali.
Il Jobs Act ha quasi totalmente annullato il diritto al reintegro del lavoratore anche se per licenziamento illegittimo. Diversamente da quanto previsto dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori al lavoratore licenziato non spetta il reintegro sul posto di lavoro nel caso di licenziamento per motivi economici, anche nel caso di pronuncia a favore del lavoratore da parte di un giudice.
La Cgil proponeva, con l’apposito quesito del referendum sul Jobs Act, di abrogare le disposizioni contenute nella legge sul lavoro a firma Xxxxx e ripristinare quanto previsto dall’articolo 18, ovvero il diritto al reintegro sul posto di lavoro nel caso di licenziamento illegittimo.
Cosa è cambiato quindi con il Jobs Act? Ai datori di lavoro è stato permesso licenziare con meno oneri e meno vincoli. Le aziende possono licenziare i propri dipendenti anche per motivi economici e una recente sentenza della Cassazione ha addirittura stabilito che il lavoratore può essere licenziato anche per motivi di profitto e redditività aziendale. Con l’abrogazione dell’articolo 18 e le nuove norme in materia di licenziamento illegittimo è chiaro che i lavoratori si trovano molto spesso ad essere cacciati dal posto di lavoro con motivazioni tutt’altro che convincenti.
Quindi il Jobs Act prevede che in caso di licenziamento i lavoratori non potranno più chiedere il reintegro sul posto di lavoro, eccetto che nei casi di motivi discriminatori. Per i licenziamenti discriminatori il Jobs Act e il nuovo contratto a
tutele crescenti hanno previsto che il lavoratore venga non soltanto riassunto ma anche pagato con un’indennità proporzionale al periodo di licenziamento e d’assunzione. In tutti gli altri casi non è previsto il reintegro, ovvero con il Jobs Act vengono previsti i seguenti tipi di licenziamento che non danno diritto al reintegro sul posto di lavoro ma soltanto ad un’indennità:
- licenziamenti economici: il lavoratore ha diritto all’indennizzo ma non alla possibilità di reintegro in azienda;
- licenziamenti disciplinari ingiustificati: il lavoratore ha diritto all’indennizzo crescente in base all’anzianità di servizio.
Altre tutele per i lavoratori, previste dal Jobs Act, sono le nuove forme di assistenza economica alla disoccupazione, che modificano l’indennità prevista dalla Fornero, andando però nella stessa direzione, cioè quella di individualizzare, a parità di spesa o con una spesa di poco superiore, il trattamento economico di indennità di disoccupazione.
Le differenze sono chiare e semplici: la NASPI estende la platea potenziale a tutto il lavoro dipendente, senza ulteriori distinzioni che persistevano nella vecchia AspI, vengono esclusi solo i lavoratori a tempo indeterminato della PA e gli operai agricoli (come nella precedente legge, con la significativa estensione agli extracomunitari con permesso di soggiorno e lavoro stagionale); i requisiti vengono ammorbiditi rispetto all'entità minima di contributi richiesti, che diventa di 13 settimane, come precedentemente per la mini-ASpI. Si deve inoltre aver lavorato almeno 18 giorni nell'anno precedente alla disoccupazione, e il rapporto deve essersi concluso senza contenzioso (dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale).
La durata dell'erogazione del contributo potrà essere al massimo pari alla metà delle settimane contributive dei 4 anni precedenti (quindi 2 anni), e a regime, dal 2017, non potrà superare le 78 settimane (un po' più di 19 mesi); l'importo, parametrato sempre al 75% dell'ultimo salario lordo, non potrà essere superiore a 1300 euro e scalerà, a regime, del 3% al mese, a partire dal quarto mese.
Insieme alla NASPI, il governo ha predisposto due ulteriori indennità: si tratta dell'ASDI, sussidio di disoccupazione erogato al termine della NASPI soltanto a lavoratori ancora disoccupati, con famiglia e figli minori a carico o con altre condizioni svantaggiose, pari al 75% della NASPI ed erogato per sei mesi. Tale assegno, è stato successivamente trasformato, in una misura stabile per gli anni 2016, 2017, 2018 e 2019, insieme all'assegno disoccupazione universale passato a
24 mesi anche per il 2017 in poi; infine il Dis-Coll, sussidio per i lavori precari, xx.xx.xx., xx.xx.xxx. e gestione separata, attivato solo sperimentalmente per il 2015 e valido fino al 31 dicembre 2016.
Jobs Act: un bilancio. Il dibattito sulla stampa e su web
Pd in estasi per i dati Istat sul lavoro: “Chi ha il coraggio di contestare ancora il Jobs Act?”. Ma a crescere sono solo i precari
Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxxxxxxx.xx - 31 luglio 2017)
Nel mese di giugno il tasso di disoccupazione è sceso "a sorpresa" all'11,1% rispetto al mese precedente. È bastato questo al Pd per dare il via ai grandi festeggiamenti. Il tweet più ottimista arriva dal sottosegretario alla Presidenza del Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxx Xxxxxx: "La disoccupazione scende ancora. Qualcuno può ancora negare il successo del Jobs Act? Avanti".
È l'Istat a mettere in chiaro, nel suo bollettino, che il tasso di disoccupazione è sceso di 0,2 punti percentuali rispetto a maggio, quando invece era stato registrato un incremento delle persone in cerca di lavoro. Non è finita: scrive l'Istituto di Statistica che, così, il tasso "torna su un livello prossimo a quello di aprile". In altre parole, sul fronte occupazionale in due mesi è calma piatta…
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Jobs Act, Tribunale: “Contratto a tutele crescenti dà controvalore irrisorio a diritto al lavoro. Si esprima la Consulta”
Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il Fatto Quotidiano - 29 luglio 2017
Il contratto a tutele crescenti? La possibilità che sia incostituzionale esiste eccome. Ad affermarlo non sono i soliti critici del Jobs Act e di Xxxxxx Xxxxx, ma il Tribunale del Lavoro di Roma. Che in un’ordinanza del 26 luglio, relativa a una causa promossa dalla Cgil, ha deciso di “ritenere rilevante e non manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme” contenute nel Jobs Act e in particolare nel decreto legislativo 23 del 2015.
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Rapporto Inps: crescono i licenziamenti, +33mila nel 2016, ma non per Jobs Act
Affari Italiani - 4 luglio 2017
Lo scorso anno, i licenziamenti di dipendenti a tempo indeterminato sono stati oltre 685mila, in gran parte (439mila) avvenuti nelle piccole imprese. Rispetto al 2015, l'aumento è rilevante (+33mila) e ha coinvolto tanto le imprese fino a 15 dipendenti (+16mila) quanto quelle più grandi (+17mila)…
E' quanto rileva il Rapporto annuale dell'Inps. I numeri disponibili, sottolinea l'istituto di previdenza, smentiscono l'attribuzione della crescita dei licenziamenti nel 2016 agli effetti del Jobs Act. Un possibile effetto è riconducibile al mutamento della regolazione per accedere alla cassa integrazione straordinaria…
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Altro che posto fisso, la bolla di sapone del Jobs Act
Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Famiglia Cristiana - 24 giugno 2017
Il contratto a tempo determinato - che significa precariato - è tornato a essere la forma più utilizzata dalle imprese, dopo il boom di posti fissi del 2015. Il motivo è molto semplice: sono finiti gli sgravi contributivi varati per quell'anno nella Manovra, che incentivavano il datore di lavoro ad accedere al cosiddetto contratto a tutele crescenti. Oggi quegli sgravi non ci sono più e quasi sempre l’imprenditore ha tutto l’interesse a mantenere un rapporto precario. Finiti gli incentivi si è tornati alla normalità, anzi al precariato...
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Il Jobs Act? Esami di riparazione
Xxxxx Xx Xxxx, Corriere della Sera. L’Economia – 19 giugno 2017
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Maternità, malattia e riposi. La rivoluzione delle partite Xxx
Xxxxxx Xxxxx, La Stampa - 9 maggio 2017
Dopo tre anni di ping pong tra Camera e Senato, due governi e un’infinità di modifiche e limature domani il Senato darà il via libera definitivo al Jobs Act degli autonomi, una legge che riconosce maternità, malattia, e altre forme di tutela a due milioni e mezzo di lavoratori spesso non iscritti ad alcun albo e senza rappresentanza sindacale. Un popolo a metà tra l’indipendenza economica e quella professionale, sempre in bilico...
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Jobs Act, per un bilancio oltre “la guerra dei numeri”
Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxx, ADAPT University Press - Working paper n. 3, marzo 2017
Da circa due anni si assiste a una crescente polarizzazione polemica tra i sostenitori dell’efficacia dell’ultima Riforma del Lavoro e i suoi detrattori che ha fatto ristagnare il dibattito attorno a reciproche accuse di comportamenti menzogneri e falsificatori.
In questo contesto l’analisi tecnica dei dati, la sua divulgazione da parte degli organi di informazione e la comunicazione politica non hanno favorito l’equilibrata comprensione dei fenomeni del mercato del lavoro da parte dei cittadini.
Proprio a partire dai dati è invece possibile sviluppare un dibattito utile e plurale da esercitare secondo il metodo di una retorica informata dai criteri di onestà, correttezza e completezza, aperta al confronto…
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Xxxxx Xxxxx 15 anni dopo. Il suo “erede” Xxxxxxxxxx: “Xxx idee applicate a metà. Jobs act? Riforma nata morta”
Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Il Fatto Quotidiano - 19 marzo 2017
È l’errore atavico della legislazione italiana nel campo del lavoro. In altri Paesi si ricorre a simulazioni d’impatto preventive, da noi si cambia in gran fretta senza pensare ai contrappesi da inserire. E così si aumenta la flessibilità senza pensare a compensazioni sul piano delle tutele. Non funziona: e anche il Jobs Act sta lì a dimostrarlo…
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Gli effetti (veri) del Jobs Act
Xxxxxxxx Xxxxxxx, Corriere della Sera – 13 febbraio 2017
Il Jobs act merita una discussione seria. Xxxxxxxxx non è facile: i suoi effetti si dispiegano lentamente nel tempo. Per catturarli bisogna avere dati precisi e utilizzare metodi controfattuali: che cosa sarebbe successo se non fossero cambiate le regole? Prima ancora di procedere su questa strada, è bene però riflettere sul provvedimento in sé: i suoi obiettivi generali erano in linea con le sfide sul tappeto?
xxxx://xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/00_xxxxxxxx_00/xxx-xxxxxxx-xxxx-xxxx-xxx-x00x00xx-x00x-00x0-x000- a53bdb4964d9.shtml
Appendice Normativa
Jobs Act e provvedimenti attuativi
Xxxxx Xxxxxx (Legge 183/2014)4 in vigore dal 16.12.2014, recante Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro
xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
Decreto Legge 34/2014, convertito con modifiche nella Legge n. 78/2014, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/0/00/00X00000/xx
Decreto sulle tutele crescenti (Dlgs 23/2015) in vigore dal 7.3.2015 recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/0/0/00X00000/xx
Decreto sugli Ammortizzatori Sociali (Dlgs 22/2015) in vigore dal 7.3.2015 recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/0/0/00X00000/xx
Decreto sul Riordino dei Contratti (Dlgs 81/2015) in vigore dal 25.6.2015, analizza la disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
Decreto sulla Conciliazione Vita-Lavoro (Dlgs 80/2015) in vigore dal 25.6.2015 recante misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
Decreto sulla riforma della cassa integrazione (Dlgs 148/2015) in vigore dal 24.9.2015) recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
Decreto sul riordino delle attività ispettive (Dlgs 149/2015) in vigore dal 24.9.2015 recante disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione
4 Legge delega, secondo l’ordinamento costituzionale italiano, è una legge formale approvata dal Parlamento che delega il Governo a esercitare la funzione legislativa su di un determinato oggetto. Quindi si tratta di un provvedimento normativo che fornisce al Governo la possibilità di intervenire tramite l’emanazione di decreti legislativi su determinati temi, tracciandone le finalità e le linee guida di azione.
dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
Decreto sulla riforma delle politiche attive (Dlgs 150/2015) in vigore dal 24.9.2015 recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
Decreto sulla semplificazione del rapporto di lavoro (Dlgs 151/2015) in vigore dal 24.9.2015 recante disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
Decreto sui correttivi al Jobs Act (Dlgs 185/2016) in vigore dal 8.10.2016, recante disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 15 giugno 2015, n. 81 e 14 settembre 2015, nn. 148, 149, 150 e 151, a norma dell'articolo 1, comma
13, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/0/00X00000/xx
Altri provvedimenti citati
LEGGE 28 giugno 2012, n. 92 (Riforma Fornero)
Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita.
(GU Serie Generale n.153 del 03-07-2012 - Suppl. Ordinario n. 136) xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/000X0000/xx
DECRETO-LEGGE 28 giugno 2013, n. 76
Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti
(GU Serie Generale n.150 del 28-06-2013) - Entrato in vigore il 28/06/2013 Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 9 agosto 2013, n. 99 (in G.U. 22/08/2013, n. 196)
xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxx/xx/0000/00/00/00X00000/xx
I Decreti Attuativi 5
Di seguito si entra nel dettaglio di quanto contenuto nei singoli decreti legislativi varati in attuazione della Legge delega. In alcuni casi, dipendenti dalla materia normata, si propone una sintesi breve, rinviando a quanto già trattato nei capitoli precedenti.
1)D. Lgs. 81/2015 la riforma del contratto a tempo determinato, dell’apprendistato, sul riordino delle tipologie contrattuali e la nuova disciplina delle mansioni
Il Decreto legislativo n. 81/2015, raccoglie un testo organico delle tipologie contrattuali e la revisione della disciplina delle mansioni, come andiamo ad esporre in sintesi.
L’art.1 contiene una sorta di premessa: stabilisce come il contratto di lavoro a tempo indeterminato sia la forma comune di rapporto di lavoro.
L’art. 2 stabilisce che i contratti di collaborazione anche a progetto resteranno vigenti soltanto in limitati casi.
L’art. 3 modifica l’art. 2103 del codice civile, ampliando le possibilità di demansionamento.
Gli articoli seguenti contengono la nuova disciplina dei seguenti contratti atipici:
- lavoro a tempo parziale (art. 4-12)
- lavoro intermittente (art. 13-18)
- lavoro a tempo determinato (art. 19-29)
- somministrazione (art. 30- 40)
- apprendistato (art. 41- 47)
- lavoro accessorio (art. 48 – 50) . Inoltre, l’art. 52 stabilisce il superamento del contratto a progetto; l’art. 53 il superamento dell’associazione in partecipazione con apporto di lavoro. Infine, l’art. 54 detta le norme sulla stabilizzazione delle collaborazioni coordinate e continuative anche a progetto ed altresì dei titolari di partita IVA.
2)D. Lgs. 22/2015: gli ammortizzatori sociali a conclusione del rapporto di lavoro e il contratto di ricollocazione
Il decreto perfeziona la disciplina dell’Aspi istituita dalla Legge Fornero allungandone la durata e ampliandone il campo di applicazione e introduce:
Naspi (Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego)
Decorrenza: dal 1° maggio 2015; presso la GPT ai lavoratori dipendenti dell’Inps. La Naspi sostituisce l’Aspi e la mini-Aspi (art. 2 L. 92/2012). I destinatari sono come l’Aspi, tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti e gli artisti. Sono esclusi i dipendenti a tempo indeterminato della PA, gli operai agricoli a tempo indeterminato e a tempo determinato. I requisiti richiesti sono: disoccupazione
5 Fonti: “Profili costituzionali del contratto di lavoro a tutele crescenti” di Xxxxxxx X’Xxxxxx; “Il c.d. Jobs act e i decreti attuativi in sintesi operativa” di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx; xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxxx/xxxxxxx/00000xx.xxx; xxx.xxxxxxxxxxxx.xx; xxx.xxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx-xx- contratti-di-lavoro.
involontaria; dimissioni per giusta causa; risoluzione consensuale nell’ambito del tentativo obbligatorio di conciliazione (L. 92/2012 presso DTL). Mentre i requisiti d’accesso sono: lo status di disoccupato; almeno 3 settimane di versamenti contributivi nei 4 anni precedenti la disoccupazione; almeno 30 giorni di lavoro effettivo (a prescindere dal minimale contributivo) nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
Dis-Coll (indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa) art. 15 D. lgs. 22/2015
Decorrenza: 1° gennaio 2015. I destinatari sono i collaboratori coordinati e continuativi (anche a progetto); iscritti in via esclusiva alla Gestione separata Inps; sono esclusi gli amministratori e i sindaci. I requisiti: non essere pensionati; non essere titolari di partita IVA; essere disoccupati involontari ed avere lo stato di disoccupazione (D. Lgs. 181/2000). I requisiti contributivi: 3 mesi di contribuzione tra il 1° gennaio e l’inizio della disoccupazione; nell’anno solare di disoccupazione: 1 mese di contribuzione oppure un rapporto xx.xx.xx. di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo ad un reddito pari alla metà dell’importo che dà diritto all’accredito di un mese di contribuzione.
Asdi (assegno di disoccupazione) art. 16 D. lgs. 22/2015
Si tratta di una misura di carattere assistenziale. I destinatari sono i percettori di Naspi che abbiano esaurito il diritto di avvalersene. I requisiti sono conservazione dello stato di disoccupazione; condizione economica di bisogno (rinvio al Decreto Ministeriale del 29 ottobre 2015).
Contratto di ricollocazione art. 17 D. Lgs. 22/2015
Si tratta di una misura di reinserimento nel mercato del lavoro. Tutti i lavoratori in stato di disoccupazione sono beneficiari del diritto di ricevere dai servizi per il lavoro pubblici o privati accreditati un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di un lavoro attraverso la stipula di un contratto di ricollocazione. Il soggetto accreditato percepirà l’ammontare del voucher solo a risultato conseguito.
3)D. Lgs. 23/2015, istituzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato in relazione all’anzianità di servizio
Il Decreto non introduce una ulteriore tipologia contrattuale di lavoro, ma ha esclusivamente dettato un nuovo regime sanzionatorio per le ipotesi di licenziamento illegittimo senza modificare le regole sostanziali del recesso (le condizioni giuridiche alle quali il datore di lavoro può licenziare un proprio dipendente). Il nuovo contratto a tutele crescenti si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto (7 marzo 2015), per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi (per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti).
Per i licenziamenti discriminatori e nulli intimati in forma orale resta la reintegrazione nel posto di lavoro così come previsto per tutti i lavoratori.
Per i licenziamenti disciplinari la reintegrazione resta solo per quella in cui sia accertata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti ingiustificati”, viene introdotta una tutela
risarcitoria certa, commisurata all'anzianità di servizio e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice.
La regola applicabile ai nuovi licenziamenti è quella del risarcimento in misura pari a due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi. Per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova conciliazione facoltativa incentivata. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto mensilità. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa.
Per i licenziamenti collettivi il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, Legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità). In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.
Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di una mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.
La nuova disciplina si applica anche ai sindacati ed ai partiti politici.
4)D. Lgs. 80/2015 in materia di tutela della maternità e di conciliazione tra lavoro e famiglia
Il decreto legislativo 80/2015 (attuativo del Jobs Act), in vigore dal 25 giugno, modifica il testo unico della maternità e paternità. Obiettivo del decreto è facilitare la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, ampliando il campo di applicazione delle norme esistenti ai soggetti sinora esclusi (lavoratori autonomi e parasubordinati), attuando così un'universalizzazione delle tutele previste per la genitorialità, in linea con le più recenti pronunce della Corte Costituzionale. Le principali novità introdotte riguardano il congedo parentale. Il congedo parentale (la cosiddetta astensione facoltativa) potrà essere richiesto fino al compimento del dodicesimo anno di vita del bambino (nuovo articolo 32, comma 1), lì dove la precedente norma prevedeva la soglia dell'ottavo anno.
Non solo. La scelta tra fruizione giornaliera o oraria del congedo parentale è ora consentita al lavoratore, anche in mancanza di una specifica disciplina dettata dalla contrattazione collettiva di qualsiasi livello (nuovo articolo 32, comma 1 ter). Inoltre sono ridotti i tempi di comunicazione per la scelta della modalità di fruizione del congedo parentale: il datore di lavoro dovrà essere informato con un preavviso di almeno cinque giorni (non più quindici), ridotti a due qualora si richieda la fruizione ad ore (nuovo articolo 32, comma 3).
Il limite entro il quale il congedo parentale dà diritto a una indennità pari al 30% della retribuzione è elevato ai primi 6 anni di vita del bambino (anziché ai primi 3 anni). Dai 6 ai 12 anni il congedo non è retribuito, ad eccezione dei lavoratori con redditi particolarmente bassi (pari a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria – per l'anno 2015 euro 16.327,68), per i quali l'indennità del 30% è prevista fino all'ottavo anno del bambino (nuovo articolo 34, commi 1 e 3). Sarà infine possibile sospendere il
congedo di maternità in caso di ricovero del bambino, a condizione che la lavoratrice presenti un certificato medico che attesti l'idoneità alla ripresa dell'attività (articolo 16 bis). Le novità riguardano tutti i dipendenti compresi quelli della scuola, senza nessuna distinzione se a tempo determinato o indeterminato.
Le nuove riforme, in origine previste in via sperimentale per il solo anno 2015 e per le sole giornate di astensione riconosciute nell'anno 2015, sono state rese definitive ai sensi dell'art 43 comma 2 del nuovo decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 148, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”. Il decreto è entrato in vigore il 24 settembre e all’art. 43, comma 2, recita: "I benefici di cui agli articoli da 2 a 24 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, sono riconosciuti anche per gli anni successivi al 2015, in relazione ai quali continuano a trovare applicazione le disposizioni di cui all’articolo 27 del predetto decreto legislativo. All’onere derivante dal primo periodo del presente comma valutato in 123 milioni di euro per l’anno 2016, 125 milioni di euro per l’anno 2017, 128 milioni di euro per l’anno 2018, 130 milioni di euro per l’anno 2019, 133 milioni di euro per l’anno 2020, 136 milioni di euro per l’anno 2021, 138 milioni di euro per l’anno 2022, 141 milioni di euro per l’anno 2023, 144 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge n. 190 del 2014 come rifinanziato dal presente articolo". Questo significa che vengono messe a regime e rese strutturali (cioè finanziate per sempre) tutte le modifiche per le quali, inizialmente, c’era la copertura solo fino al 31 dicembre 2015.
5)D. Lgs. 148/2015: il riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro
Le disposizioni contenute nel decreto sono improntate a tre obiettivi:
inclusione: il decreto rende strutturale (cioè finanzia continuativamente) la Naspi a 24 mesi, le misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro, l’assegno di disoccupazione e il fondo per le politiche attive del lavoro;
semplificazione: il decreto introduce un unico testo normativo di 47 articoli per la cassa integrazione e per i fondi di solidarietà;
razionalizzazione: viene prevista una revisione della durata massima complessiva delle integrazioni salariali.
In particolare il Decreto si occupa della revisione dell'istituto della cassa integrazione, che viene sia limitata nei casi di applicazione e nella durata, sia estesa a una più ampia platea di lavoratori. In particolare, la durata massima dei trattamenti è fissata in 24 mesi nel quinquennio, elevabile a 30 mesi per il settore edile e a 36 mesi nel caso si utilizzi un anno di contratti di solidarietà. La CIGS non può essere concessa, a partire dal 2016, in caso di totale cessazione dell'attività dell'azienda o di un ramo di essa. La cosiddetta ''cassa integrazione in deroga'' è abolita a partire dal 2016. Viene creato un fondo di solidarietà presso l'Inps, finanziato dalle aziende con una aliquota dello 0,45% sul monte salari, per garantire l'indennità ai dipendenti delle imprese, finora escluse dalla cassa integrazione, che abbiano almeno 5 dipendenti. Altri fondi bilaterali tuteleranno il settore dell'artigianato e il lavoro in somministrazione. Inoltre, vengono inclusi tra i beneficiari i lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante. I contributi
a carico dei datori di lavoro vengono ridotti nelle aliquote base e innalzati per quelli che hanno usufruito effettivamente della cassa integrazione. I contratti di solidarietà sono a tutti gli effetti equiparati alla cassa integrazione, anche per l'importo dell'assegno spettante al lavoratore (che così sale dal 60% all'80% del salario perso). I lavoratori con riduzione dell'orario superiore al 50% per cassa integrazione o contratti di solidarietà sono soggetti all'obbligo di stipulare il Patto di servizio con un Centro per l'impiego e di partecipare alle iniziative di riqualificazione (vedi D. Lgs. n. 150/2015). La durata massima della NASPI è fissata definitivamente in 24 mesi (abrogando la riduzione a 18 mesi inizialmente prevista dal prossimo anno). Il decreto infine rende strutturali (cioè finanzia per sempre) alcune misure di politica sociale approvate in precedenza per il solo 2015, come quelle per la conciliazione (D. Lgs. n. 80/2015) e l’assegno di disoccupazione al termine della NASpI (D. Lgs. n. 22/2015).
6)D. Lgs. 149/2015: disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e di legislazione sociale
Il decreto legislativo prevede, al fine di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, l’istituzione dell’Ispettorato nazionale del lavoro. L’Ispettorato ha personalità di diritto pubblico, ha autonomia di bilancio e “autonomi poteri per la determinazione delle norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento. Gli organi dell’Ispettorato sono:
1) il direttore generale che ne ha la rappresentanza legale;
2) il consiglio di amministrazione;
3) il collegio dei revisori.
La principale funzione dell’Ispettorato nazionale, risiede nel coordinamento, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria.
7)D. Lgs. 150/2015: riordino della normativa riguardante i servizi per il lavoro e di politiche attive
Il Decreto ha come obiettivo prioritario la creazione di infrastrutture per l’attuazione delle iniziative contenute nel Jobs Act, con particolare riferimento alla promozione dell’occupazione ed all’inserimento lavorativo. In tale direzione, viene istituita la Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, coordinata dalla nuova Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (in acronimo Anpal), e formata dalle strutture regionali per le politiche attive del lavoro, dall’Inps, dall’Inail, dalle Agenzie per il lavoro e dagli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, dagli enti di formazione, da Italia Lavoro, dall’Isfol nonché dal sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dalle università e dagli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado.
Viene inoltre istituito l’Albo nazionale dei soggetti accreditati a svolgere funzioni in materia di politiche attive del lavoro, di un Sistema informativo delle politiche del lavoro e del fascicolo elettronico del lavoratore.
Si prevede poi un Assegno di ricollocazione, a favore dei soggetti disoccupati, percettori della nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (Naspi), la cui disoccupazione ecceda i quattro mesi.
Si riordina infine la normativa in materia di incentivi all’occupazione con la previsione della istituzione, presso l’Anpal, di un Repertorio nazionale degli incentivi all’occupazione.
8)D. Lgs. 151/2015: razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico dei cittadini e delle imprese ed altre disposizioni in materia di lavoro e di pari opportunità
Si tratta di numerosi interventi che riguardano in particolare:
- inserimento mirato delle persone con disabilità: viene demandata a successivi decreti ministeriali la definizione di linee guida in materia di collocamento mirato; il collocamento obbligatorio avviene sempre mediante richiesta nominativa tra gli iscritti alle liste o previa stipula delle convenzioni con gli uffici competenti, cui i datori di lavoro possono delegare la preselezione; viene totalmente modificato il sistema di incentivi per le assunzioni dei disabili, che dal 2016 saranno erogati dall’INPS per tutte le assunzioni a tempo indeterminato, mediante conguaglio contributivo, e dureranno 36 mesi (elevati a 60 mesi per i disabili psichici);
- totale informatizzazione delle comunicazioni in materia di rapporto di lavoro;
- revisione delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale;
- disciplina dei controlli a distanza sul lavoratore: viene riscritto l'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, mantenendo l'obbligo di accordo sindacale o autorizzazione ministeriale per l'installazione di impianti audiovisivi fissi, e invece permettendo il controllo attraverso gli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore (come tablet e cellulari) e quelli di registrazione degli accessi, previa semplice informazione al lavoratore, nel rispetto delle disposizioni in materia di privacy;
- possibilità di cessione di riposi e xxxxx a colleghi per assistere i figli minori che necessitano di assistenza e cure costanti da parte dei genitori;
- modifica della procedura di convalida delle dimissioni e risoluzioni consensuali, che avverrà esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro, datati e certificati per impedire la pratica delle 'dimissioni in bianco'.