il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368)
IL NUOVO CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
(il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368)
seconda edizione aggiornata
EDIZIONI ISTA
Istituto Internazionale di Studi
e Documentazione Turistico Alberghiera 00000 Xxxx – xxx Xxxxxxx, 0
Autori: Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx. Hanno collaborato Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxx. Progetto grafico di Xxxxx Xxxxxx. Immagine di copertina PhotoDisc Inc. Tipografia Copygraphic, Roma. Finito di stampare nel mese di marzo 2002.
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Premessa
Le risorse umane costituiscono il principale capitale dell’impresa alberghiera. L’uomo sarà sempre al centro del processo di erogazione del servizio turistico, attività svolta dalle persone per le persone.
Nel contempo, per cogliere tutte le opportunità connesse allo sviluppo dell’economia, per reagire tempestivamente ai mutamenti congiunturali, il Turismo ha bisogno, più di altri settori, di una reale flessibilità nell’impiego del lavoro.
Xxxxxxxxxxxxx da sempre propone un ripensamento in termini innovativi del rapporto tra impresa e lavoratore, abbandonando schemi e logiche ormai datati.
La nuova disciplina del contratto a tempo determinato rappresenta un significativo passo in avanti nel cammino di semplificazione del contesto in cui operano le aziende del settore.
Abbiamo quindi ritenuto opportuno ricapitolare i tratti essenziali dell’istituto e fornire alcune prime note di commento, al fine di favorirne la proficua utilizzazione.
Allo stesso tempo, continueremo ad operare per sollecitare l’adozione di ulteriori miglioramenti della normativa, con l’obiettivo di rispondere con efficacia sempre maggiore alle esigenze delle imprese.
Xxxxxxx Xxxxx Presidente Federalberghi
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INDICE
la stagione delle flessibilità 14
gli obiettivi della direttiva 20
il decreto n. 368 e l’abolizione delle causali. 21
ragioni di carattere tecnico, organizzativo e produttivo 24
ragioni di carattere sostitutivo 27
mancanza delle ragioni: conseguenze 31
contratti occasionali di breve durata 36
misure di prevenzione degli abusi 40
prosecuzione del rapporto oltre il termine 45
successione dei contratti a termine 46
principio di non discriminazione 49
esclusione del lavoro temporaneo 54
esclusione dei rapporti a contenuto formativo 55
esclusione degli operai agricoli 55
esclusione dei lavoratori extra 56
esclusione dei lavoratori ortofrutticoli 59
conferma di discipline specifiche 60
sostituzione di dipendenti assenti 62
limiti quantitativi ed esenzioni 63
esenzione per l’avvio di nuove attività 64
esenzione dei contratti stagionali 65
esenzione per intensificazioni 66
esenzione per esecuzione di servizi definiti 66
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esenzione dei contratti di breve durata 68
diritto di precedenza nella riassunzione 70
salvaguardia dei contratti individuali 79
3. Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 83
disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo 95
scadenza del termine e sanzioni 97
principio di non discriminazione 98
esclusioni e discipline specifiche 100
abrogazioni e disciplina transitoria 104
sanzioni 105
4. La direttiva comunitaria 28 giugno 1999, n. 70 106
da Maastricht ad Amsterdam 106
il testo della direttiva 107
articolo 1 112
articolo 2 112
articolo 3 113
articolo 4 113
l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato 114
preambolo 114
considerazioni generali 116
obiettivo 119
campo d’applicazione 119
definizioni 119
principio di non discriminazione 120
misure di prevenzione degli abusi 121
informazione e possibilità di impiego 121
informazione e consultazione 122
disposizioni di attuazione 122
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5. Dalla concertazione al dialogo sociale 124
la concertazione e il patto di Natale 124
il negoziato sul contratto a termine 128
il libro bianco e il dialogo sociale 146
6. Lo schema di decreto e il parere del Parlamento 150
relazione illustrativa 150
testo dello schema di decreto 160
apposizione del termine 161
disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo 161
divieti 162
disciplina della proroga 163
scadenza del termine e sanzioni 163
principio di non discriminazione 164
formazione 164
criteri di computo 165
informazioni 165
esclusioni e discipline specifiche 165
abrogazioni e disciplina transitoria 168
atti del Senato della Repubblica 170
XI Commissione permanente, “Lavoro, Previdenza sociale” 170
seduta di mercoledì 25 luglio 2001 170
seduta di lunedì 30 luglio 2001 174
seduta di martedì 31 luglio 2001 176
seduta di mercoledì 1 agosto 2001 186
parere approvato dalla XI Commissione 191
atti della Camera dei Deputati 197
XI Commissione permanente, “Lavoro pubblico e privato” 197
seduta di mercoledì 25 luglio 2001 197
seduta di giovedì 26 luglio 2001 202
seduta di mercoledì 1 agosto 2001 205
seduta di giovedì 2 agosto 2001 212
proposta di parere del relatore 217
parere approvato dalla XI Commissione 219
XIV Commissione permanente, “Politiche dell’Unione europea” 222
seduta di giovedì 26 luglio 2001 222
parere approvato dalla XIV Commissione 227
7. Appendice normativa 228
legge 18 aprile 1962, n. 230 228
decreto presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 233
legge 20 maggio 1970, n. 300 237
decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876 238
decreto legge 29 gennaio 1983, n. 17 239
7
legge 28 febbraio 1987, n. 56 240
legge 23 luglio 1991, n. 223 241
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 248
legge 8 marzo 2000, n. 53 253
legge 23 dicembre 2000, n. 388 254
Le guide degli alberghi 257
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0. Guida alla lettura
Questo volume illustra e commenta la genesi ed il contenuto della nuova disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato (decreto legislativo n. 368 del 2001), così come definita sulla base di un accordo tra le parti sociali, in attuazione di una direttiva comunitaria.
Il capitolo 1 ricostruisce l’evoluzione storica delle principali disposizioni in tema di contratto a termine, dall’unità d’Italia ai giorni nostri.
Il capitolo 2 propone una lettura ragionata del decreto legislativo n. 368, segnalando le diverse interpretazioni sin qui prospettate in relazione ai punti più controversi.
Il capitolo 3 contiene il testo del decreto legislativo n. 368 e della relazione illustrativa predisposta dal Governo.
Il capitolo 4 contiene il testo dell’accordo europeo e della direttiva comunitaria n. 70 del 1999 sui contratti a termine.
Il capitolo 5 ricostruisce, attraverso la citazione delle cronache giornalistiche, il processo che ha visto per oltre un anno le principali parti sociali impegnate nella ricerca di una accordo per il recepimento delle direttiva.
Il capitolo 6 contiene il testo originario del provvedimento e i resoconti dei lavori parlamentari che ne hanno determinato una parziale modifica.
Il capitolo 7 opera una raccolta sistematica della legislazione concernente il contratto a termine.
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1. L’evoluzione storica
La prima norma italiana di diritto del lavoro entrò in vigore nel 1865. Era l’articolo 1628 del codice civile, ai sensi del quale a nessuno veniva consentito di “obbligare la propria opera all’altrui servizio che a tempo e per una determinata impresa”.
In altri termini, quel che sino ai giorni nostri ha costituito l’eccezione (cioè il contratto a tempo determinato), un tempo costituiva la regola.
Per converso, la regola che dal 1962 ha assunto carattere (quasi) inderogabile (cioè il contratto a tempo indeterminato) costituiva a quei tempi oggetto di divieto assoluto.
Non si trattava di un capriccio del legislatore, ma del logico frutto dell’epoca. La disposizione, ispirata dal codice napoleonico, segnava infatti il tramonto definitivo della economia feudale, affermando il divieto di contratti che asservissero il lavoratore per tutta la propria vita.
Il trascorrere degli anni e, soprattutto, l’evoluzione del sistema economico hanno determinato una radicale trasformazione di tale scenario.
Con l’affermarsi della società industriale prese il sopravvento un nuovo modello culturale e normativo in cui la stabilità del rapporto di lavoro (e, quindi, il contratto a tempo indeterminato) veniva vista non più come forma di asservimento ma come strumento di tutela del lavoratore e, pertanto, privilegiata dall’ordinamento.
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Il complesso dei vincoli che oggi caratterizza il rapporto di lavoro dipendente è per l’appunto frutto di una progressiva stratificazione di norme animate da tale filosofia.
il ciclo della rigidità
L’articolo 2097 del codice civile del 0000, xxx xx xx xxxxxx sino al 1962, stabiliva che “il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato, se il termine non risulta dalla specialità del rapporto o da atto scritto. In quest’ultimo caso l’applicazione del termine è priva di effetto se è fatta per eludere le disposizioni che riguardano il contratto a tempo indeterminato”.
In altre parole, pur in presenza di alcune limitazioni, era demandata alla facoltà delle parti la possibilità di decidere se apporre un termine alla durata del rapporto di lavoro.
La svolta fu impressa nel 1962, da una legge appositamente dedicata alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato1, la quale si apriva affermando che “il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato” (salvo le eccezioni esplicitamente indicate).
Non venivano peraltro introdotti nuovi limiti alla facoltà di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Continuavano, cioè, ad applicarsi gli articoli 2118 e 2119 del (nuovo) codice civile, risalenti al 1942, in base al quale
1 legge 18 aprile 1962 n. 230, recante “Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato”, in Gazzetta Ufficiale 17 maggio 1962, n. 125.
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l’unico limite al licenziamento (o alle dimissioni) consisteva nella necessità di rispettare il preavviso.
Qualche anno prima la legge aveva vietato il cosiddetto “appalto di manodopera”, stabilendo conseguenze di carattere penale per i trasgressori2. Lo scopo perseguito dal legislatore era di evitare che l’imprenditore acquisisse fittiziamente la qualità di appaltante al fine di eludere gli obblighi e le conseguenti responsabilità derivanti dalla costituzione del rapporto di lavoro subordinato in genere. Negli anni successivi tale disposizione si legherà con altri elementi di un sistema più ampio che tende nel complesso a scoraggiare l’uso del contratto a tempo determinato.
Nel 1966 viene introdotto il principio secondo cui “il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa o per giustificato motivo”3.
L’ulteriore affermazione del principio si ebbe nel 1970, con il famoso “Statuto dei lavoratori” che sanziona il licenziamento illegittimo con l’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro4.
2 legge 23 ottobre 1960, n. 1369, recante “Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell'impiego di mano d'opera negli appalti di opere e di servizi”, in Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1960, n. 289.
3 legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, in Gazzetta Ufficiale 6 agosto 1966, n. 195.
4 legge 20 maggio 1970, n. 300, recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, in Gazzetta ufficiale 27 maggio 1970, n. 131.
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Il ciclo si è chiuso nel 1990, con la estensione della tutela contro i licenziamenti anche alle piccole imprese e l’abolizione della cosiddetta facoltà di recesso “ad nutum” (cioè, con un semplice gesto)5.
Da notare come siano stati necessari più di cento anni per pervenire alla completa inversione della regola stabilita nel 1865.
la stagione delle flessibilità
La stagione del ritorno alla flessibilità si apre nel 1977, con un decreto legge che prevede – proprio per il settore turismo
– la possibilità di stipulare contratti a termine qualora si verifichi, in determinati e limitati periodi dell’anno, una necessità di intensificazione dell’attività lavorativa, cui non sia possibile sopperire con il normale organico7.
5 legge 11 maggio 1990, n. 108, recante “Disciplina dei licenziamenti individuali”, in Gazzetta Ufficiale 11 maggio 1990, n. 108.
6 per un approfondimento dei contenuti di questo paragrafo si rinvia al volume “La flessibilità del mercato del lavoro”, di Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxx, ISTA, Roma, 1999.
7 decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876, recante “Disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo”, in Gazzetta Ufficiale 7 dicembre 1977, n. 333, convertito, con
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Si tratta di una novità limitata a casi specifici e condizionata8, ma di sicuro interesse. Nel 1978 la norma viene prorogata9 e, nel 1979, viene definitivamente inserita nell’ordinamento10. Bisognerà poi attendere il 1983 per registrare l’estensione di tale possibilità a tutti i settori produttivi11.
Un ulteriore segnale è dato, nel 1984, dall’introduzione della disciplina del lavoro a tempo parziale12. Viene per tal via intaccato uno dei due pilastri su cui si fonda la prassi generale, che considera il rapporto di lavoro unicamente in senso classico, cioè a tempo pieno ed indeterminato.
Il secondo pilastro viene aggredito nel 1987, con l’attribuzione ai contratti collettivi di tutti i settori della
modificazioni, nella legge 3 febbraio 1978, n. 18, in Gazzetta Ufficiale 4
febbraio 1978, n. 35.
8 era infatti necessario richiedere di volta in volta l’autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro
9 legge 24 novembre 1978, n. 737, recante “Proroga dell'efficacia delle norme sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo”, in Gazzetta Ufficiale 25 novembre 1978, n. 330.
10 legge 26 novembre 1979, n. 598, recante “Ulteriore proroga dell'efficacia delle norme sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo”, in Gazzetta ufficiale 29 novembre 1979, n. 326.
11 articolo 8 bis, legge 25 marzo 1983, n. 79, concernente la “conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, recante misure per il contenimento del costo del lavoro e per favorire l'occupazione”, in Gazzetta Ufficiale 30 marzo 1983, n. 87.
12 legge dicembre 1984, n. 863, concernente la “conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, recante misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali”, in Gazzetta Ufficiale 22 dicembre 1984, n. 351.
facoltà di definire nuove ipotesi in cui è consentita la stipula di contratti a tempo determinato13.
La medesima disposizione14 legittimava formalmente lo svolgimento dei rapporti di lavoro extra, sino ad allora “governati” dalle parti sociali15 ma privi di un esplicito riferimento legislativo16.
I contratti collettivi nazionali di lavoro17 e la contrattazione integrativa, partendo da tale base giuridica, sono intervenuti ripetutamente sulla materia della flessibilità, individuando soluzioni innovative di larga applicazione.
Ed è proprio sulla base di quanto stabilito dal CCNL Turismo18 che nel 1995 è stata sancita la possibilità di
13 articolo 23, comma 1, legge 28 febbraio 1987, n. 56, recante “Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro”, in supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 3 marzo 1987, n. 51.
14 articolo 23, comma 3, legge n. 56 del 1987.
15 protocollo 10 giugno 1983, sottoscritto Faiat, Fipe, Asap, Faita, Filcams, Fiscascat, Uiltucs.
16 l’intesa tra le parti sociali fu poi seguita dalla circolare del Ministero del Lavoro 17 giugno 1983, n. 79 che, “pur richiamando la necessità di applicare le procedure allora vigenti, invitava gli uffici ad una elastica interpretazione della normativa, escludendo la sussistenza del dolo o della colpa nel caso di assunzioni determinate da un obiettivo stato di necessità e non già dal deliberato intento di evadere l’obbligo di legge”. 17 si vedano, in particolare, il CCNL Turismo 6 ottobre 1994 ed il CCNL Turismo 22 gennaio 1999.
18 si veda la dichiarazione congiunta posta in calce all’articolo 58 del CCNL Turismo 6 ottobre 1994.
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assumere a tempo determinato tutto il personale dipendente dalle aziende stagionali del settore19.
E’ poi intervenuto il cosiddetto “pacchetto Treu” 20, che ha attenuato le sanzioni previste nel lontano 1962 per i casi di violazione della disciplina sui contratti a tempo determinato.
La medesima legge ha introdotto nel nostro ordinamento il lavoro temporaneo21, derogando parzialmente al divieto di appalto di manodopera stabilito dal legislatore del 1960.
Con la finanziaria per l’anno 1999 è stata infine disposta l’elevazione a tre giorni della durata massima dei rapporti di lavoro extra22.
Il decreto legislativo n. 368 del 2001 costituisce quindi una tappa di un processo avviato da lunga data, nel corso del quale sono state progressivamente ampliate le fattispecie in cui è consentita l’apposizione di un termine al rapporto di lavoro subordinato23.
19 decreto del presidente della Repubblica n. 11 luglio 1995, n. 378, in
Gazzetta Ufficiale 15 settembre 1995, n. 216.
20 legge 24 giugno 1997 n. 196, recante “Norme in materia di promozione dell'occupazione”, in Gazzetta Ufficiale 4 luglio 1997, n. 154, supplemento ordinario.
21 cosiddetto lavoro interinale o lavoro in affitto.
22 articolo 54, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in supplemento ordinario n. 210/L alla Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 1998, n. 302.
23 decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES”, in Gazzetta Ufficiale 9 ottobre 2001, n. 235.
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2. La riforma del sistema
Il decreto legislativo n. 368, in vigore dal 24 ottobre 2001, stabilisce i principi generali ed i requisiti minimi per la stipulazione di contratti a termine, semplificando a razionalizzando il quadro normativo e ponendo la legislazione italiana al livello di quella esistente negli altri paesi europei.
Esso, infatti, intende contribuire al miglioramento della qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non discriminazione e definendo un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dalla utilizzazione di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato24.
Il decreto abroga e sostituisce pressoché integralmente la precedente disciplina in materia di contratti di lavoro a tempo determinato.
Le innovazioni non riguardano unicamente la legge in senso stretto. Anche le norme dei contratti collettivi di lavoro che, a partire dal 1987, avevano regolato la materia, risultano in massima parte superate o, comunque, da ridefinire alla luce della nuova disciplina.
Più che davanti ad una nuova legge ci troviamo quindi davanti ad un nuovo sistema, ancora non del tutto
24 Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ottobre 2001, capitolo II.3.5.
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compiuto25, con la necessità di confrontarci con tutte le difficoltà connesse alla sua comprensione ed alla sua attivazione.
Né può essere dimenticato che il decreto legislativo n. 368, così come il confronto negoziale che lo ha partorito, trovano il proprio riferimento principale in una direttiva comunitaria che, a sua volta, recepisce integralmente un accordo sindacale stipulato dalle confederazioni europee.
Alle usuali difficoltà che accompagnano la interpretazione di una norma di nuova emanazione, si aggiunge una sfida del tutto nuova, connessa alla necessità di leggere secondo i criteri interpretativi tradizionali un articolato che, pur indossando l’abito della legge, resta “figlio” di una trattativa sindacale e di questa reca con evidenza tutti i tratti somatici.
In alcuni casi, laddove sono state apportate modifiche al testo concordato tra le parti sociali, appare più facilmente individuabile la volontà del legislatore. Tale volontà trova, a volte, esplicita argomentazione negli atti parlamentari.
Ulteriori utili segnali interpretativi si possono trarre dalla relazione governativa che accompagna il provvedimento nonché dalle differenze riscontrabili tra il testo iniziale della relazione e quello emendato in seguito al dibattito parlamentare.
La circostanza che anche la dottrina si sia accostato al tema con estrema cautela e non senza registrare al proprio interno
25 si dirà, più avanti, della graduale entrata a regime di una parte della disciplina e del ruolo che la stessa attribuisce alla contrattazione collettiva.
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sostanziali divergenze di opinioni costituisce un’ulteriore prova della complessità della materia.
In questo senso, appare opportuno precisare che, nella fase di prima applicazione del provvedimento, l’obiettivo che questo volume si propone non può evidentemente essere quello di esaurire e risolvere il complesso degli interrogativi concernenti i vincoli e le opportunità recati dalla nuova disciplina.
Nelle pagine che seguono, sarà proposta una sintesi ragionata delle nuove disposizioni, segnalando per ciascun argomento le diverse interpretazioni che iniziano ad affacciarsi sulla materia ed operando gli opportuni rinvii alle fonti che possono agevolarne la lettura e la comprensione.
Saranno altresì riproposti gli orientamenti giurisprudenziali ed amministrativi che, pur formulati in vigenza della legge n. 230 del 1962, appaiono mantenere carattere di attualità, in ragione delle similitudini (o, in alcuni casi, dell’assoluta identità testuale) che emergono dal confronto tra la vecchia e la nuova normativa.
gli obiettivi della direttiva
La direttiva comunitaria affronta il tema del contratto a termine partendo dal presupposto che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori.
Viene, peraltro, precisato che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori
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di lavoro sia a quelle dei lavoratori e che rappresentano una caratteristica dell’impiego in alcuni settori, occupazioni e attività atta a soddisfare sia i datori di lavoro sia i lavoratori.
Date tali premesse, viene stabilito un duplice obiettivo26:
- migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;
- creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.
Inoltre, si afferma che l’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi.
La direttiva fornisce un esempio di condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico27.
il decreto n. 368 e l’abolizione delle causali
La novità principale dettata dal decreto n. 368 del 2001 è costituita dal fatto che non viene riproposta l’elencazione
26 clausola 1 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70 del 1999.
27 clausola 2 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70 del 1999.
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tassativa di casi in cui era consentita la stipula del contratto a tempo determinato.
Si tratta di un sostanziale ed apprezzabile ampliamento della facoltà di stipulare contratti a termine, con contestuale inversione della dinamica di valutazione, non più riferita alle singole attività ma alle esigenze organizzative aziendali.
Secondo una interpretazione ancora più estensiva, la legislazione non dovrebbe essere interpretata come un’estensione dei casi in cui il contratto a tempo indeterminato è ammissibile ma come un mutamento sostanziale di prospettiva, concretizzatosi addirittura nella trasformazione dell’eccezione in regola.
Dall’abrogazione dell’articolo 1 della legge n. 230 del 1962, che definiva l’eccezionalità del contratto a tempo determinato rispetto alla tipicità di quello a tempo indeterminato, si evincerebbe quindi l’equiparazione di status giuridico tra contratto a tempo indeterminato e contratto a tempo determinato.
Occorre peraltro segnalare come entrambe le considerazioni sopra esposte (sulla parità di status giuridico e sulla trasformazione della eccezione in regola), inizialmente contenute anche nella relazione governativa che accompagnava lo schema di decreto, siano state successivamente espunte dal testo, a causa dei rilievi formulati in Parlamento in relazione al plateale contrasto con quanto affermato dalla direttiva comunitaria in tema di “forma comune” del rapporto di lavoro.
Da ultimo, è doveroso evidenziare come non siano mancati commenti negativi indirizzati alla tecnica legislativa che ha guidato la formulazione dell’articolo 1.
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In particolare, è stato affermato che la norma aperta, pur apprezzabile per la maggiore capacità di “adeguamento della fattispecie legale nei confronti della varietà dei casi che si presentano nella realtà, è certamente più indefinita rispetto ad una definizione dettagliata”. Con la conseguenza di aumentare l’incertezza del datore di lavoro e di “affidare al giudice, in modo molto più penetrante che in passato, il compito di verificare se il rapporto a termine sia o meno legittimo”28.
Secondo tale teoria, il legislatore “ha posto una sorta di regola del giustificato motivo di apposizione del termine, che lascia al giudice una amplissima discrezionalità nella valutazione circa la sussistenza o no della motivazione idonea in ciascun caso concreto, in sostanziale analogia con la disciplina del licenziamento individuale. E’ così come questa tecnica ha prodotto sul piano pratico il risultato di una marcata rigidità della disciplina del licenziamento, è prevedibile che essa produrrà un risultato analogo anche nel campo dei contratti a termine”29.
Altrettanto interessanti (e più convincenti) appaiono le repliche a tale teoria, secondo cui “la nuova clausola generale svolge la stessa funzione liberalizzante, con la stessa cautela essenzialmente quantitativa, che era propria delle ipotesi di fonte collettiva ora eliminate. Il controllo del giudice sul rispetto della clausola generale deve quindi limitarsi a
28 Relazione introduttiva del Seminario sulla nuova legge in materia di lavoro a termine, di Xxxxxxx Xxxxxxxx, CESRI - LUISS, Roma, 22 ottobre 2001.
29 La nuova normativa del contratto a termine, di Xxxxxx Xxxxxx, in Atti del Seminario “Il contratto europeo a tempo determinato”, Paradigma, Milano, 29 ottobre 2001.
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verificare l’effettiva sussistenza di una ragione oggettiva non arbitraria o illecita di utilizzazione del lavoro a termine, senza sindacare le scelte organizzative del datore di lavoro e senza pretendere l’inevitabilità del termine tipica delle sole occasioni temporanee di lavoro”30.
ragioni di carattere tecnico, organizzativo e produttivo
Il comma 1 dell’articolo 1 consente l’apposizione di un termine alla durata del rapporto a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
L’uso dei termini “tecnico, organizzativo e produttivo” sembra diretto a comprendere tutte le esigenze che trovino origine nel buon funzionamento dell’impresa31.
Devono sussistere dunque “motivazioni economiche in senso lato, connesse all’andamento della produzione, al tipo di organizzazione del lavoro e della attività produttiva, alle caratteristiche tecniche del processo e dei prodotti, con una esemplificazione che somiglia ad una categoria riassuntiva e rinvia ad una serie di casi”32.
E’ stato addirittura affermato che “il legislatore, tenuto conto della genericità delle previsioni contenute al primo comma
30 La giustificazione del termine, di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, in Atti del Seminario “Il contratto europeo a tempo determinato”, Paradigma, Milano, 29 ottobre 2001.
31 Confcommercio, nota 9 agosto 2001, n. 3296
32 Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2001, cit.
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dell’articolo 1 del decreto, avrebbe potuto prevedere più semplicemente che l’imprenditore possa fare ricorso al termine in tutti i casi nei quali ne abbia necessità”. Si deve pertanto ritenere che “il legislatore abbia inteso stabilire un nuovo tipo di rapporto tra il datore di lavoro ed il lavoratore consentendo al primo di individuare una causa qualsiasi di stipulazione del contratto a termine, tutte essendo parimenti degne di giustificarlo: ha posto però il solo limite della reale sussistenza di quella causa la quale potrà e dovrà essere verificata dal lavoratore prima ed, eventualmente, dal giudice in un momento successivo”33.
Secondo parte della dottrina, le ragioni economiche che giustificano l’apposizione del termine devono essere ricondotte alla categoria della temporaneità34. In senso contrario, è stato affermato che “un primo passo verso la corretta interpretazione … consiste nel rigettare le letture riduttive della lettera della legge, e segnatamente l’orientamento volto a riconoscere la legittimità dell’apposizione del termine soltanto in presenza di una occasione meramente temporanea di lavoro”35.
In termini esemplificativi, è stato prospettato il caso in cui il termine sia “determinato dall’acquisizione di specifiche commesse, dalla necessità di organizzare o riordinare un archivio, di effettuare un inventario, di procedere ad operazioni di manutenzione ordinaria o straordinaria, di
33 La giustificazione del termine, di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in Atti del Seminario “Il contratto europeo a tempo determinato”, Paradigma, Milano, 29 ottobre 2001.
34 Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2001, cit.
35 Apposizione del termine, di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, in Il nuovo lavoro a termine, a cura di Xxxxx Xxxxx, Xxxxxxx, Milano, 2002.
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accelerare i ritmi di produzione, in vista della scadenza di un termine di consegna di una determinata commessa, etc.”36.
E’ stato inoltre affermato che si può “in ogni caso ritenere che la formulazione dell’articolo 1 comprenda tutte le ipotesi già oggi ammissibili”37. In questo senso, la dottrina ha affermato che la clausola generale “deve essere interpretata in modo da consentire almeno la stessa ampiezza di utilizzazione del lavoro a termine” (prevista in precedenza) “dovendosi escludere un irrigidimento del sistema, certamente non voluto dal legislatore”38.
Inoltre, in alcuni casi, i confini delle ipotesi attuali vengono implicitamente ampliati mediante la formulazione adottata dall’articolo 10 del decreto n. 368 del 2001, che pur si riferisce all’esenzione dai limiti quantitativi e non all’introduzione di nuove causali.
E’ stato tuttavia rilevato che solo per alcune delle fattispecie39 previste dai commi 7 e 8 dell’articolo 10 si può affermare pacificamente la piena legittimità40, mentre altre costituiranno legittime cause di apposizione del termine solo nella misura in cui rispecchino i requisiti previsti dall’articolo 1.
36 Confindustria, nota 10 ottobre 2001.
37 Confcommercio, 2001, cit.
38 I requisiti sostanziali di ammissibilità del termine, di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, in La nuova disciplina del lavoro a termine, a cura di Xxxxx Xxxxxxxx, Ipsoa, Milano, 2002.
39 tra queste, le esigenze sostitutive, i lavori stagionali, l’intensificazione di attività, l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo, etc.
40 Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2001, cit.
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ragioni di carattere sostitutivo
I confini del campo di applicazione della norma risultano di più agevole individuazione nel caso delle ragioni di carattere sostitutivo.
In termini formali, tale categoria sembra rappresentare un genere a parte, la cui peculiarità è sottolineata dalla formulazione della norma, che distingue mediante la congiunzione “o” le ragioni di carattere sostitutivo dalle ragioni di carattere tecnico, produttivo ed organizzativo.
In sostanza, la congiunzione finisce qui con l’assumere valore esplicativo o inclusivo e non disgiuntivo. Le ragioni di carattere sostitutivo sono infatti evidentemente connesse ad esigenze di carattere organizzativo e/o produttivo. In tal senso, la precisazione operata dal legislatore chiarisce uno dei possibili significati della categoria principale.
Per definire la portata innovativa della norma, appare utile operare un confronto con la normativa previgente, che consentiva l’apposizione del termine quando l’assunzione avesse luogo per sostituire lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro41.
Una evidente novità dettata dal decreto legislativo n. 368 è data dal fatto che da oggi in poi la sostituzione potrà avvenire anche in relazione ad assenze che non comportino, per il lavoratore sostituito, il diritto alla conservazione del posto di lavoro.
41 articolo 1, lettera b) della legge n. 230 del 1962
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Occorre inoltre domandarsi se, in tale ipotesi, l’assunzione a termine debba essere necessariamente connessa ad un’assenza in senso stretto, o se la ragione di carattere sostitutivo si possa realizzare anche in altri casi, quale ad esempio una diversa collocazione del sostituito che pur continua a prestare la propria opera in seno all’azienda42.
Su un caso analogo si era espresso il Ministero del Lavoro in vigenza della legge n. 230 del 1962, precisando che il temporaneo distacco o comando di un lavoratore determini la temporanea vacanza del posto di lavoro, con conseguente possibilità di stipulare un contratto a termine in sostituzione43.
Nel medesimo senso si era orientata la giurisprudenza di legittimità, secondo cui la vacanza di un posto all'interno dell'organizzazione aziendale può verificarsi non solo nel caso in cui il lavoratore da sostituire debba sospendere totalmente la propria attività lavorativa, ma anche nel caso in cui questi, trovandosi nella temporanea impossibilità di svolgere compatibili con le sue condizioni, funga da causa determinante dell'assunzione del sostituto, chiamato a sopperire ad effettive esigenze aziendali sorte a seguito della suddetta vacanza44.
E’ opportuno aggiungere che la sostituzione non deve necessariamente riguardare un solo lavoratore. Già in vigenza della legge n. 230 la giurisprudenza sancì la legittima
42 un esempio classico è costituito dalla sostituzione del lavoratore in trasferta o missione.
43 Ministero del Lavoro, lettera circolare 25 giugno 2001; nota 21 giugno 2001 prot. n. 5/26702/49/cot-a.
44 Cassazione 20 febbraio 1995, n. 1827, in Foro italiano, 1995, I, 1152.
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stipulazione di uno o più contratti a termine per sostituire, in tempi successivi, una pluralità di lavoratori45.
Si ritiene inoltre opportuno, al fine di prevenire l’alimentarsi del contenzioso, continuare ad indicare nel contratto di lavoro a termine il nome (o i nomi) del lavoratore sostituito, sulla falsariga di quanto a suo tempo richiesto dal Ministero del Lavoro46.
Si ricorda che il datore di lavoro conserva il potere di adibire il sostituto alle mansioni che meglio si adattano alla sua capacità ed esperienza, ricorrendo in tutto o in parte ad altri lavoratori per lo svolgimento delle mansioni proprie del lavoratore sostituito47.
Il datore di lavoro può infatti legittimamente adibire il sostituto a mansioni diverse - comprese le mansioni inferiori
- da quelle del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, senza che ciò abbia conseguenze in ordine all’apposizione del termine al contratto di lavoro48.
Ricordiamo che la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile una “sfasatura temporale” tra la durata dell’assenza e quella
45 Cassazione 30 agosto 1986, n. 5324, in Giustizia civile, 1987, I, 100.
46 Ministero del Lavoro, nota 19 aprile 1963, n. 23462.
47 Cassazione 17 febbraio 1993, n. 1952, in Orientamenti della giurisprudenza del lavoro, 1993, 1336; Cassazione 20 febbraio 1995, n. 1827, cit.
48 Cassazione 17 febbraio 1993, n. 1952, in Orientamenti della giurisprudenza del lavoro, 1993, 336; Cassazione 7 novembre 1990, n. 10702, in Repertorio del Foro Italiano, 1990; Cassazione 23 febbraio 1987, n. 1919, in Orientamenti di giurisprudenza del lavoro, 1987, 393; Cassazione 8 aprile 1986, n. 2457, in Repertorio del Foro Italiano, 1986.
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della sostituzione, nel senso che la durata del rapporto del lavoratore assunto a tempo determinato non deve necessariamente coincidere con quella dell’assenza del lavoratore sostituito.
In particolare, non è richiesta la coincidenza tra l’inizio dell'assenza del lavoratore sostituito e l’inizio del rapporto di lavoro del sostituto, atteso che il datore di lavoro non è obbligato a rimpiazzare immediatamente i lavoratori assenti; la mancanza di tale coincidenza costituisce pertanto un dato irrilevante ove non emerga un dimostrato intento fraudolento da parte del datore di lavoro. L’assunzione a termine deve quindi ritenersi legittima anche nel caso la sostituzione avvenga in un periodo successivo all’inizio dell’assenza49.
Inoltre, secondo il Ministero del lavoro, un modesto sfasamento tra l’inizio dell’assenza del sostituito e l’inizio del lavoro del sostituto non esclude di per sé la legittimità dell’assunzione a termine, qualora non sia dubbio che la necessità dell’assunzione è sorta proprio in relazione all’assenza del lavoratore sostituito. Nel caso di specie, il Ministero si era espresso in ordine alla possibilità di assumere un lavoratore a tempo determinato, prima dell’inizio dell’assenza del lavoratore da sostituire, per provvedere all’istruzione del sostituto ed al conseguente passaggio di consegne50.
49 Cassazione 20 febbraio 1995, n. 1827, cit.; Cassazione 17 febbraio 1993, n. 1952, in Diritto e pratica del lavoro, 1993, 1013.
50 Ministero del Lavoro, lettera circolare 16 novembre 1991, n. 5305.
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termine per relationem
Il comma 2 dell’articolo 1 presenta una novità relativa alla esplicita indicazione della possibilità di individuare il termine “indirettamente”.
Per tal via viene confermata la possibilità di stabilire un termine “per relationem”, con riferimento, cioè, ad un evento futuro il cui verificarsi sia relativamente certo, ancorché se ne ignori il momento.
Tale possibilità era stata peraltro esplicitamente ammessa in via amministrativa già nella fase di prima applicazione della legge n. 230 del 1962, affermando che “il termine finale […] non deve necessariamente identificarsi con l’indicazione di una data futura e certa, proprio perché nella maggior parte dei casi non appare possibile prefissare una data certa di scadenza del contratto”51.
mancanza delle ragioni: conseguenze
La legge n. 230 del 1962 stabiliva espressamente, per il caso di mancata giustificazione del termine, l’automatica conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato.
Anche il decreto legislativo n. 368 del 2001 prevede tale sanzione, ma ne riferisce l’operatività solamente a due casi:
51 Ministero del Lavoro, nota 19 aprile 1963, n. 23462.
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- l’illegittima prosecuzione del rapporto oltre il termine;
- la successione dei contratti nel tempo in assenza del prescritto intervallo.
La dottrina si pertanto è interrogata in ordine alla sorte del contratto a termine stipulato in assenza di una delle ragioni richieste dall’articolo 1 del decreto n. 368 del 2001.
Nel silenzio della legge, sembrerebbe dover trovare applicazione il principio generale di cui all’articolo 1418 del codice civile, che sancisce la nullità del contratto contrario a norma imperativa.
In proposito, occorre considerare che, ai sensi dell’articolo 1419, secondo comma, del codice civile, “la nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative”.
Pertanto, la nullità investirebbe solo il patto relativo al termine e il contratto di lavoro rimarrebbe valido, tramutandosi in contratto a tempo indeterminato.
Nel caso di specie appare peraltro applicabile il primo comma dell’articolo 1419 del codice civile, ai sensi del quale “la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità”.
Pertanto se è comprovata la volontà ipotetica di non concludere il contratto senza il termine nullo, ne consegue la
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nullità dell’intero contratto. “Trattandosi di volontà negativa, questa volontà ipotetica può essere anche di un solo contraente, e quindi anche del solo datore di lavoro”52.
In tal senso, è da valutare la opportunità di esprimere tale volontà all’interno del contratto individuale, affermando a chiare lettere il valore che le parti attribuiscono all’apposizione del termine.
forma del contratto
Il comma 2 dell’articolo 1 stabilisce che l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.
Come si ricorderà, l’obbligo di forma scritta era già previsto dall’articolo 1 della legge n. 230 del 1962.
In proposito, si continua a richiedere la sussistenza di un vero e proprio contratto, cioè di un atto condiviso (e, nel caso di specie, sottoscritto) da entrambe le parti.
Ad esempio, il requisito della forma scritta non è soddisfatto nel caso in cui la previsione del termine sia contenuta solo nella proposta scritta formulata dal datore di lavoro, la quale non sia accettata dal lavoratore con atto munito anch’esso di forma scritta53.
52 Xxxxxxx Xxxxxxxxx, 2001, cit.
53 Cassazione, 16 ottobre 1986, n. 6076.
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E’ inoltre opportuno ricordare che la giurisprudenza ha più volte affermato che la redazione e la sottoscrizione dell’atto devono essere anteriori o almeno contestuali all’inizio dell’attività lavorativa54.
contenuti del contratto
Una sostanziale novità è costituita dalla necessità di indicare per iscritto le ragioni per le quali viene stipulato il contratto.
In proposito, è stato anzitutto “escluso che il termine finale possa essere desunto da un atto diverso da quello contenente le motivazioni dell’assunzione a tempo determinato”55.
Secondo il Governo, “l’obbligo di indicare la motivazione oggettiva che giustifica l’apposizione del termine […] letto nel quadro delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 1, costituisce una garanzia in qualche modo equivalente a quella costituita dalle causali elencate dalla legge n. 230 del 1962”56.
Appare chiaro, inoltre, che “il legislatore, con la disposizione in esame, ha inteso unificare le conseguenze dell’assenza tout
54 Cassazione, 12 novembre 1993, n. 11173; Cassazione, 28 gennaio 1987, n. 832.
55 Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2001, cit.
56 Senato della Repubblica, XI Commissione permanente (Lavoro, Previdenza sociale), intervento dell’on.le Xxxxxxxx Xxxxxxx, Sottosegretario Ministero Lavoro e Politiche Sociali, 1 agosto 2001.
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court dell’apposizione scritta del termine rispetto a quella della mancata specificazione delle ragioni giustificative”57.
L’adempimento di tale obbligo, volto ad offrire al lavoratore le opportune garanzie, non può evidentemente risolversi in una mera espressione tautologica, quale la ripetizione del dettato di legge.
Il datore di lavoro, dopo aver indicato nel contratto individuale la ragione che ha determinato l’assunzione, dovrà porre attenzione a che, nel concreto svolgimento del rapporto, permanga la necessaria coerenza tra l’effettiva ragione e l’attività svolta dal lavoratore, avendo cura che tale collegamento permanga sino alla scadenza del contratto58.
Il comma 3 dell’articolo 1, nel confermare l’obbligo di consegnare al lavoratore copia dell’atto scritto, stabilisce che tale adempimento debba avvenire entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
Secondo la dottrina, in assenza della consegna dell’atto scritto al lavoratore, “il datore di lavoro è soggetto alla più grave delle sanzioni, e cioè la conversione (del contratto a termine) in contratto a tempo indeterminato”59.
57 I requisiti formali, di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxxxxx (a cura di), 2002, cit.
58 Confindustria, 2001, cit.
59 Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, 2002, cit.
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contratti occasionali di breve durata
Il comma 4 dell’articolo 1 conferma che l’atto scritto non è necessario quando la durata del rapporto di lavoro puramente occasionale non sia superiore a dodici giorni lavorativi.
Anche in questo caso, è d’obbligo più di una precisazione.
Un’ulteriore riflessione va rivolta alla circostanza che l’atto scritto, non va considerato un mero aggravio di carattere amministrativo, ma come uno strumento atto a conferire certezza al rapporto, che costituisce una forma di garanzia per entrambe le parti e, quindi, anche in favore del datore di lavoro60.
In termini operativi è inoltre utile ricordare che, nella gran parte dei casi, il datore di lavoro è comunque tenuto a fornire al lavoratore un insieme di informazioni concernenti le condizioni applicabili al rapporto di lavoro61.
60 tali considerazioni, qui formulate in relazione ai rapporti occasionali di durata non superiore a dodici giorni, sono ovviamente estensibili ai rapporti di lavoro esclusi dal campo di applicazione del decreto ai sensi dell’articolo 10 del decreto n. 368 del 2001.
61 decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, recante “Attuazione della direttiva 91/533/CEE concernente l'obbligo del datore di lavoro di
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Si ricorda, ancora, che il datore di lavoro è tenuto a consegnare al lavoratore, all’atto dell’assunzione, una dichiarazione sottoscritta contenente i dati della registrazione effettuata nel libro matricola e, nel caso in cui non si applichi il contratto collettivo, la durata delle ferie, la periodicità della retribuzione, i termini del preavviso di licenziamento, nonché la durata normale giornaliera o settimanale di lavoro62.
divieti
L’articolo 3 del decreto n. 368 del 2001 elenca i casi di espresso divieto di apposizione del termine, mutuando in buona parte la disciplina stabilita per il lavoro temporaneo63.
Prima di passare all’elencazione dei divieti, si ritiene opportuno premettere come la tecnica legislativa adottata possa sottintendere e confermare il nuovo assetto assunto dal sistema, in virtù del quale si è reso necessario indicare espressamente non più le cosiddette causali specifiche che
informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro”, in Gazzetta Ufficiale 12 giugno 1997, n. 135.
62 articolo 9 bis, comma 3, decreto legge 1 ottobre 1996, n. 510, recante “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale” in Gazzetta Ufficiale 2 ottobre 1996, n. 231, convertito, con modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n. 608, in Gazzetta Ufficiale 30 novembre 1996, n. 281, supplemento ordinario.
63 articolo 1, comma 4, legge n. 196 del 1997.
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consentono l’apposizione del termine, ma i casi nei quali è vietata la stipulazione di tali contratti.
In senso opposto, è stato osservato che “la valutazione di conformità all’ordinamento di ipotesi di assunzione a termine si articola ora … in una doppia verifica, positiva – la sussistenza delle ragioni produttive, sostitutive, organizzative e tecniche – e negativa – l’assenza di ipotesi di divieto”64.
Non sarà consentito assumere a tempo determinato per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero65.
Sarà altresì vietato l’uso dei contratti a termine nelle unità produttive che nei sei mesi precedenti siano state interessate da licenziamenti collettivi che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato66. Tale divieto potrà essere superato dalla contrattazione collettiva67.
In ogni caso, il divieto non opera se il contratto a termine è concluso per l’assunzione di lavoratori in mobilità68, per la sostituzione di lavoratori assenti e per la stipula di contratti di durata iniziale non superiore a tre mesi.
64 Divieti, di Xxxxxxxx Xxxxxxx, in Xxxxx Xxxxx (a cura di), 2002, cit.
65 articolo 3, comma 1, lettera a), decreto legislativo n. 368 del 2001.
66 articolo 3, comma 1, lettera b), decreto legislativo n. 368 del 2001.
67 la norma opera riferimento agli “accordi sindacali”.
68 ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge legge 23 luglio 1991, n. 223, recante “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”, in Gazzetta Ufficiale 27 luglio 1991, n. 175, supplemento ordinario.
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A quest’ultimo proposito, merita evidenziare come la circostanza che sia stato espressamente operato riferimento alla durata “iniziale” induce a ritenere che il contratto, inizialmente stipulato per una durata non superiore a tre mesi, possa essere successivamente prorogato nel rispetto della disciplina generale della proroga.
Con riferimento ai casi di sostituzione di lavoratori assenti ed ai contratti di durata inferiore a tre mesi, appare opportuno ricordare che, per i lavoratori in mobilità, ai fini del collocamento, si applica il diritto di precedenza nell’assunzione di cui al sesto comma dell’articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n. 264, e successive modificazioni ed integrazioni69.
Più in generale, la circostanza che il divieto di assunzione a termine sia collegata ai licenziamenti collettivi effettuati ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, induce a ritenere che il divieto stesso si applichi solo ai datori di lavoro assoggettati a tale legge, con esclusione quindi dei datori di lavoro non imprenditori o degli imprenditori con meno di sedici dipendenti70.
È inoltre vietata l’assunzione a termine nelle unità produttive che abbiano fatto ricorso per una parte del personale alla cassa integrazione, sempre nel limite delle identità di mansioni ed anche perché i lavoratori sospesi avrebbero
69 articolo 8, comma 1, legge n. 223 del 1991.
70 I divieti di contratto a termine, di Xxxxxxx Xxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxxxxx (a cura di), 2002, cit.
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comunque la precedenza nel reinserimento, sia pure temporaneo, nell’unità interessata71.
Da ultimo, si evidenzia il divieto di assunzione a termine nelle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi del decreto legislativo n. 626 del 199472.
misure di prevenzione degli abusi
La direttiva comunitaria73, al fine di prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, ha obbligato gli stati membri a definire una o più misure relative a:
- ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei contratti a termine;
- durata massima totale dei contratti a tempo determinato successivi;
- numero dei rinnovi dei suddetti contratti.
Il decreto legislativo n. 368 ha conferito attuazione pratica a tali principi disciplinando la prosecuzione dei contratti oltre il termine e la loro proroga, e limitando la possibilità di successione dei contratti nel tempo.
71 articolo 3, comma 1, lettera c), decreto legislativo n. 368 del 2001.
72 articolo 3, comma 1, lettera d), decreto legislativo n. 368 del 2001.
73 clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70 del 1999.
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Tale soluzione si muove in coerenza con le citate prescrizioni comunitarie, che operano espresso riferimento ad eventuali norme “equivalenti” per la prevenzione degli abusi.
In tale senso si è espressa anche la Corte Costituzionale che, nel dichiarare inammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione della legge 18 aprile 1962, n.230, aveva affermato che l’ordinamento italiano risultava “anticipatamente conformato” agli obblighi derivanti dalla direttiva n. 70 del 1999.
Infatti, proprio la legge n. 230 del 1962 assoggettata a referendum, come risultante dalle successive modifiche e integrazioni, aveva “da molto tempo adottato una serie di misure puntualmente dirette ad evitare l’utilizzo della fattispecie contrattuale del lavoro a tempo determinato per finalità elusive degli obblighi nascenti da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in particolare circondando di garanzie l’ipotesi della proroga o del rinnovo del contratto e precisando i casi in cui il contratto prorogato o rinnovato si debba considerare a tempo indeterminato (articolo 2 della stessa legge)”74.
74 Corte Costituzionale, 3 - 7 febbraio 0000, x. 00.
00
xxxxxxxx
Xx comma 1 dell’articolo 4 stabilisce che il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, una sola volta e a condizione che la proroga sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato.
La formulazione, mutuata dal comma 1 dell’articolo 2 della legge n. 230 del 1962, se ne distingue per una marcata attenuazione delle condizioni che rendono possibile la proroga: non è più richiesta l’esistenza di esigenze contingenze ed imprevedibili; è venuto a cadere il riferimento alla eccezionalità della proroga; la durata massima della proroga non è più limitata alla durata del contratto iniziale.
Le ragioni che consentono la proroga non sembra debbano coincidere necessariamente con quelle che hanno inizialmente motivato la stipula del contratto. La legge si limita infatti a richiedere che il contratto prorogato abbia ad oggetto lo svolgimento della “stessa attività”.
Tale formulazione è stata da alcuni interpretata nel senso di riferirsi alle stesse esigenze dell’impresa che hanno determinato l’assunzione originaria75.
E’ stato inoltre affermato che tali ragioni devono essere “sopravvenute rispetto” al momento della sottoscrizione
75 Disciplina della proroga, di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxx (a cura di), 2002, cit.
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iniziale del contratto a termine, in quanto “è la proroga che deve essere giustificata ed essa non può dirsi tale se le ragioni che richiedono una durata maggiore del contratto erano già presenti all’inizio”76.
La proroga deve essere consensuale e la manifestazione di volontà deve avvenire in un momento anteriore alla scadenza del termine inizialmente stabilito o, al più tardi, contestualmente alla scadenza stessa77.
Anche se la giurisprudenza in passato ha affermato che, in assenza di una specifica previsione legislativa, la forma in cui deve essere prestato il consenso è libera78, il ricorso alla forma scritta può costituire una forma di tutela per l’impresa, al fine di conferire certezza ai due elementi sopra indicati e cioè la sussistenza del consenso del lavoratore e la individuazione del momento in cui tale consenso è stato prestato.
La giurisprudenza ha inoltre precisato che il mero consenso del lavoratore, pur validamente dato, anche con l’intervento delle organizzazioni sindacali, non è sufficiente a legittimare la proroga qualora manchino le condizioni sostanziali79.
L’articolo 4, sempre al comma 1, stabilisce che la proroga è ammessa solo qualora la durata iniziale del rapporto sia inferiore a tre anni. Inoltre, la durata complessiva del
76 Disciplina della proroga del contratto a tempo determinato, di Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxxxxx (a cura di), 2002, cit.
77 Xxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, 2002, cit.
78 Cassazione, 23 novembre 1988, n. 6305; Cassazione, 28 maggio 1990,
n. 4939; Cassazione, 3 luglio 1990, n. 6796.
79 Cassazione, 22 febbraio 1988, n. 1826.
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rapporto prorogato (contratto iniziale più proroga) non potrà essere superiore ai tre anni.
E’ quindi possibile stipulare anche contratti a termine di durata iniziale superiore a tre anni, fermo restando che - per tali rapporti di lavoro - non sarà ammessa la possibilità di proroga.
Il comma 2 dell’articolo 4 stabilisce che l’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l’eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro.
Anche in questo caso, si registra una differenza rispetto alla normativa previgente80, ai sensi della quale l’onere della prova era riferito sia all’eventuale temporanea proroga del termine sia alle condizioni che giustificano l’apposizione iniziale del termine.
Sul tema, sono peraltro da registrare le dichiarazioni rese in Parlamento dal Governo, secondo cui “l’onere di provare le ragioni oggettive che giustificano l’apposizione del termine, anche per il primo contratto di lavoro, deve certamente intendersi a carico del datore di lavoro”81.
Il medesimo concetto è stato ribadito nel “Libro bianco”, laddove si afferma che “in caso di contenzioso incomberà
80 articolo 3, legge n. 230 del 1962.
81 Senato della Repubblica, XI Commissione permanente (Lavoro, Previdenza sociale), intervento dell’on.le Xxxxxxxx Xxxxxxx, Sottosegretario Ministero Lavoro e Politiche Sociali, 1 agosto 2001.
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pur sempre sul datore di lavoro l’onere della prova della giustificatezza dell’assunzione a termine”82.
Si ritiene, in ogni caso, che “debba essere la parte interessata a far valere il termine a doverne provare la giustificazione. Il soggetto onerato sarà quindi il datore di lavoro che intenda resistere in giudizio all’azione del lavoratore per la dichiarazione di nullità del termine, secondo la regola generale dell’articolo 2697 del codice civile […] la soppressione della regola precedente non comporta quindi una modificazione in senso liberale come invece era probabilmente nelle intenzioni del legislatore”83.
In proposito, occorre peraltro domandarsi se il legislatore, pur nella consapevolezza della regola generale, non abbia emendato la norma al fine di sottolineare il minor rilievo che, in virtù del nuovo assetto del sistema, assume la necessità di provare la sussistenza di una causa che giustifica l’apposizione del termine.
prosecuzione del rapporto oltre il termine
I commi 1 e 2 dell’articolo 5 regolano la prosecuzione del rapporto oltre il termine, confermando la disciplina già prevista dall’articolo 2, comma 2, della legge n. 230 del 1962, come modificato dall’articolo 12, comma 1, della legge n. 196 del 1997.
82 Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, cit., capitolo II.3.5.
83 Xxxxxxx Xxxxxxxxx, 2001, cit.
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Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza dei termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo, al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore.
Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
In proposito, ci si domanda se, ai fini del computo dei sei mesi, si debba operare riferimento alla durata iniziale del contratto o alla durata complessiva. Nel silenzio della legge, che pure in alcuni casi ha espressamente specificato il riferimento alla durata iniziale, sembra più corretto il riferimento alla durata complessiva84.
successione dei contratti a termine
Già nel 1997, la prima riforma dei contratti a termine aveva abrogato la previsione secondo cui “il contratto di lavoro si reputa egualmente a tempo indeterminato quando si tratti di
84 nel medesimo senso indicato per i commi 1 e 2 dell’articolo 5 si ritiene debba essere affrontato anche il caso della successione dei contratti nel tempo e dell’intervallo minimo tra due contratti, disciplinato dal terzo comma dell’articolo 5.
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assunzioni successive a termine intese ad eludere le disposizioni della presente legge”85.
Il comma 3 dell’articolo 5 conferma il sistema dettato dalla legge n. 196 del 1997, stabilendo che, qualora il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
Tale formulazione colma una lacuna presente nel testo dell’articolo n. 2 della legge n. 230 del 1962, che operava riferimento ai contratti di durata “inferiore o superiore” a sei mesi, tralasciando il caso dei contratti di durata esattamente pari a sei mesi. Per il resto, la norma non presenta alcuna novità.
Appare opportuno ricordare che, in vigenza della precedente normativa, la giurisprudenza aveva affermato che il momento al quale va riferito il termine tra un contratto ed un altro coincide con la data di stipulazione del nuovo contratto e non con la eventuale data, successiva, di inizio della prestazione86.
Il comma 4 dell’articolo 5, nel ribadire che quando si tratti di due assunzioni successive a termine, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto, precisa che per assunzioni successive si
85 articolo 2, comma 2, legge n. 230 del 1962.
86 Cassazione, 22 giugno 1984, n. 695.
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intendono quelle effettuate “senza alcuna soluzione di continuità”.
Viene per tal via emendato uno degli aspetti del “pacchetto Treu” che avevano costituito oggetto di maggiori critiche87, richiedendo l’intervento di un chiarimento amministrativo che oggi viene integralmente recepito dalla legge88.
Anche in questo caso, può essere utile ricordare il contenuto di una indicazione formulata dalla Cassazione in relazione alla legge n. 230 del 1962. La sentenza ha riguardato il caso di una lavoratrice assunta con sette distinti contratti di lavoro a tempo determinato, ogni volta per la sostituzione di lavoratrici assenti per maternità, senza che venisse rispettato l'intervallo minimo tra un contratto ed un altro. In proposito, è stato chiarito che la trasformazione del contratto a tempo indeterminato non opera in caso di pluralità di contratti stipulati con il medesimo lavoratore per la sostituzione di uno o più lavoratori legittimamente assenti, con indicazione di nome del lavoratore da sostituire e ragioni della sostituzione ai sensi dell’articolo 1, lettera b) della legge
n. 230 del 1962. Secondo la Cassazione, infatti, i diversi contratti “assumono autonoma e separata entità verticale, in senso giuridico, tale da escludere interferenze tra i contratti stessi nella loro parallela applicazione in ogni fase della loro
87 si veda, ad esempio, “La miniriforma del contratto a termine”, di Xxxxxxx Xxxxxxxxx, in Lavoro e Previdenza Oggi, 1997, 2040: “A parer nostro la formulazione dell’ultima parte dell’articolo 12 della legge n. 196 del 1997 rappresenta uno dei più emblematici esempi di cattiva tecnica legislativa degli ultimi anni”.
88 Ministero del Lavoro, circolare 28 novembre 1997, n. 153.
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esecuzione e riflessi sulle limitazioni e sulle nullità, di cui all'articolo 2 della legge n. 230 del 1962”89.
principio di non discriminazione
Uno degli obiettivi principali della direttiva comunitaria in materia di contratti a termine consisteva nel migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione90.
L’obiettivo di carattere politico è stato poi tradotto in pratica affermando che i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive91.
In proposito, l’articolo 6 del decreto n. 368 reitera, senza sostanziali modificazioni, il contenuto dell’articolo 5 della legge n. 230 del 1962.
Pertanto, al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, in
89 Cassazione, 4 febbraio 1999, n. 990.
90 clausola 1 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70 del 1999.
91 clausola 4, paragrafo 1 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70
del 1999.
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proporzione al periodo lavorativo prestato e sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine.
Per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto, la nuova dizione prende il luogo del “premio di fine lavoro” già previsto dal secondo comma dell’articolo 5 della legge n. 230 del 1962. La nuova formulazione, non sembra quindi aggiungere nulla di rilevante a quanto già affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza92.
Per lavoratore comparabile si intende quello “inquadrato nello stesso livello” in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva. Si nota, in proposito, una distinzione rispetto al testo della direttiva, che opera riferimento ad un lavoratore “addetto a lavoro/occupazione identico o simile”93.
E’ stato peraltro evidenziato come sembri “ragionevole ritenere che, ove siano previsti trattamenti specifici soltanto per alcune delle qualifiche ricomprese sul livello, il confronto vada effettuato con lavoratori di pari qualifica”94.
92 Cassazione, 11 gennaio 1988, n-. 72
93 clausola 3, paragrafo 2 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70
del 1999.
94 La disciplina dello svolgimento del rapporto a termine, di Xxxxxxxxx Xxxxxx, in Atti del Seminario “Il contratto europeo a tempo determinato”, Paradigma, Milano, 29 ottobre 2001.
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formazione
Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dovrà ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro95.
In buona sostanza, la norma reitera quanto già previsto dalla normativa di carattere generale, ai sensi della quale il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni96.
E’ demandata invece alla contrattazione collettiva nazionale97 la possibilità di prevedere strumenti diretti ad agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale98.
In proposito, la direttiva comunitaria affermava, in termini ancor più generici e meno impegnativi, che “nella misura del possibile, i datori di lavoro dovrebbero agevolare l’accesso
95 articolo 7, comma 1, decreto legislativo n. 368 del 2001.
96 articolo 22, comma 1, decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
97 la norma opera riferimento ai “contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”.
98 articolo 7, comma 2, decreto legislativo n. 368 del 2001.
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dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione …”99.
criteri di computo
L’articolo 8 stabilisce che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 35 dello Statuto dei lavoratori100, i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore a nove mesi.
Oltre questa durata, i contratti a termine saranno quindi computabili ai fini raggiungimento della soglia dei quindici dipendenti indispensabile per la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, le assemblee, i referendum, il trasferimento dei dirigenti di rappresentanze sindacali, i permessi per i dirigenti sindacali, il diritto di affissione, i locali delle rappresentanze sindacali aziendali.
La novità, mutuata dalla nuova disciplina del collocamento dei disabili101, viene individuata a questo specifico fine, ma “è plausibile ritenerla parametro equilibrato, cui riferirsi anche in altri casi nei quali occorre stabilire il normale organico aziendale”102.
99 clausola 6, paragrafo 2 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70
del 1999.
100 legge 20 maggio 1970, n. 300.
101 articolo 4, comma 1, legge 12 marzo 1999, n. 68, recante “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, in Gazzetta Ufficiale 23 marzo 199, n. 68, supplemento ordinario.
102 Xxxxxxxxx Xxxxxx, 2001, cit.
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Non è specificato se debba applicarsi anche in questo caso il criterio previsto per il collocamento dei disabili, ai sensi del quale il limite temporale di nove mesi deve intendersi riferito al complesso delle giornate lavorative effettivamente prestate nell’anno solare103.
Merita infine ricordare come l’orientamento maggioritario abbia sin qui operato riferimento al concetto di normale occupazione e cioè al livello dimensionale dell’impresa necessario per soddisfare le normali esigenze produttive104.
L’articolo 9 prevede disposizioni volte a dare attuazione a due specifiche prescrizioni della direttiva comunitaria mediante rinvio alla contrattazione collettiva105.
Una prima questione riguarda l’informazione dei lavoratori a tempo determinato circa i posti di lavoro disponibili nell’impresa, in modo da garantire loro le stesse possibilità di ottenere posti duraturi che hanno gli altri lavoratori106.
103 articolo 3, comma 6, decreto presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 333, “Regolamento di esecuzione per l’attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68 recante norme per il diritto al lavoro dei disabili”, in Gazzetta Ufficiale 18 novembre 2000, n. 270.
104 Cassazione, 18 aprile 1990, n. 5038; Cassazione, 29 luglio 1998, n.
7448.
105 la norma opera riferimento ai “contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”.
106 clausola 6, paragrafo 1 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70
del 1999.
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In proposito, è stato affidato ai contratti il compito di definire le “modalità” per rendere le informazioni ai lavoratori107.
E’ interessante notare come il legislatore abbia lasciato “cadere” uno spunto offerto dalla direttiva, ai sensi della quale tali informazioni avrebbero potuto essere fornite sotto forma di annuncio pubblico in un luogo adeguato dell’impresa o dello stabilimento”.
Una seconda questione riguarda le informazioni da rendere alle rappresentanze dei lavoratori in merito all’adozione del lavoro a tempo determinato nelle aziende108. In questo caso, i contratti collettivi devono definire “modalità e contenuti” delle informazioni109.
esclusione del lavoro temporaneo
In conformità a quanto stabilito dalla direttiva comunitaria, sono esclusi dal campo di applicazione del decreto110 i contratti di lavoro temporaneo (cosiddetto lavoro interinale)111.
107 articolo 9, comma 1, decreto legislativo n. 368 del 2001.
108 clausola 7, paragrafo 3 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70
del 1999.
109 articolo 9, comma 2, decreto legislativo n. 368 del 2001.
110 articolo 10, comma 1, lettera a), decreto legislativo n. 368 del 2001. 111 si veda, in proposito, il preambolo dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70 del 1999, laddove si afferma che “Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato, ad eccezione di quelli messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro
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esclusione dei rapporti a contenuto formativo
Similmente esclusi sono i contratti a contenuto formativo (contratti di formazione e lavoro, apprendistato), anche se non costituiscono rapporto di lavoro in senso stretto (tirocini, stage)112.
In questo caso, il legislatore si è avvalso di una facoltà attribuitagli dalla direttiva, che consentiva di escludere dal campo di applicazione i rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato nonché contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici 113.
esclusione degli operai agricoli
Il comma 2 dell’articolo 10 prevede l’esclusione dei rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato.
La norma recupera l’esclusione dei salariati fissi dell’agricoltura, già esplicitamente prevista dall’articolo 6 della legge n. 230 del 1962, e ne ripropone esplicitamente
interinale. È intenzione delle parti considerare la necessità di un analogo accordo relativo al lavoro interinale.”
112 articolo 10, comma 1, lettere b) e c), decreto legislativo n. 368 del 2001.
113 clausola 2, paragrafo 2 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 70
del 1999.
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l’interpretazione estensiva già affermata dalla giurisprudenza di legittimità114.
esclusione dei lavoratori extra
Il comma 3 dell’articolo 10 prevede espressamente che siano esclusi dal campo di applicazione del decreto i cosiddetti lavoratori extra del settore turismo115.
Con tale esclusione, viene chiarito esplicitamente che ai rapporti di lavoro extra non si applicano, tra l’altro, le disposizioni concernenti la successione dei rapporti nel tempo.
Resta confermato il principio di carattere generale, secondo cui “le situazioni che giustificano l’assunzione117 […]
114 Cassazione, sezioni unite, 13 gennaio 1997, n. 265.
115 per un approfondimento tecnico in merito alla disciplina del lavoro extra si veda “Un lavoro al giorno”, di Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, Turismo d’Italia, dicembre 1996.
116 la norma opera riferimento ai “contratti collettivi stipulati con i sindacati locali o nazionali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale”.
117 ai sensi dell’articolo 74 del CCNL Turismo 22 gennaio 1999, è consentita l’assunzione diretta di lavoratori extra nei seguenti casi:
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debbono essere dimostrate, secondo i principi generali in tema di onere della prova (articolo 2697 del codice civile) dal datore di lavoro”118.
Viene infine ribadito formalmente che dell’avvenuta assunzione deve essere data comunicazione al Centro per l’impiego entro cinque giorni e non più entro “il giorno non festivo successivo”.
Per tal via, viene recuperato e consolidato un orientamento espresso dal Ministero del lavoro prima in termini generali, riferendosi a tutte le assunzioni dirette119 e, successivamente, con specifico riferimento ai lavoratori extra120.
Nello stesso senso si era pronunciata la giurisprudenza di legittimità considerando in via incidentale la possibilità di applicazione a tali rapporti di lavoro del “più favorevole ius superveniens di cui alla legge n. 608 del 1996”121.
banquetting; esigenze per le quali non sia possibile sopperire con il normale organico, quali meeting, convegni, fiere, congressi, manifestazioni, presenze straordinarie e non prevedibili di gruppi nonché eventi similari.
118 Cassazione, 21 ottobre 1992, n. 11485.
119 Ministero del Lavoro, circolare 10 luglio 1995, n. 84.
120 Ministero del Lavoro, Direzione generale per l’Impiego, Divisione II, nota 11 aprile 1996, prot. n. 1724/0301008.
121 Cassazione, 5 ottobre 1998, n. 9892.
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esclusione dei dirigenti
Anche i dirigenti sono esclusi dal campo di applicazione del provvedimento, salvo per quanto concerne le previsioni di cui all’articolo 6 (principio di non discriminazione) e all’articolo 8 (criteri di computo).
Tale ultima specificazione detta una disciplina “ulteriore ed innovativa rispetto a quella precedente, con la conseguenza che il dirigente - il cui contratto a termine sia di durata superiore a nove mesi – sarà computato tra i dipendenti ai fini di cui all’articolo 35 della legge n. 300 del 1970”122.
Vengono inoltre reiterate le disposizioni già previste dall’articolo 4 della legge n. 230 del 1962, in base alle quali è consentita la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato, purché di durata non superiore a cinque anni, con i dirigenti, i quali possono comunque recedere da essi trascorso un triennio e osservata la disposizione dell’articolo 2118 del codice civile.
Un elemento di novità è costituito dalla soppressione di due aggettivi contenuti nella legge n. 230 del 1962 che limitavano la operatività di tali disposizioni ai dirigenti “amministrativi e tecnici”.
Da ricordare la possibilità, affermata dalla giurisprudenza in vigenza della legge n. 230 del 1962, di prorogare il contratto
122 Esclusioni dal campo di applicazione della disciplina generale, di Xxxxxxxx Xxxxxxx, in Atti del Seminario “Il contratto europeo a tempo determinato”, Paradigma, Milano, 29 ottobre 2001.
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a termine con i dirigenti senza che debbano ricorrere particolari presupposti123.
esclusione dei lavoratori ortofrutticoli
Una novità è costituita dal comma 5 dell’articolo 10, che prevede l’esclusione dei rapporti instaurati con le aziende che esercitano il commercio di esportazione, importazione ed all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli.
In questo caso, il legislatore ha evidentemente perseguito l’obiettivo di una sorta di equiparazione tra il commercio ortofrutticolo e l’agricoltura, in considerazione degli evidenti collegamenti operativi esistenti tra la fase di produzione e di raccolta dei prodotti ortofrutticoli e la fase, immediatamente successiva, di distribuzione.
Tale interpretazione è confortata da un precedente analogo, concernente la materia previdenziale. Si tratta dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 173 del 1998124, ai sensi del quale sono assicurati quali lavoratori agricoli gli operai a tempo determinato ed indeterminato assunti da imprese che effettuano la raccolta di prodotti agricoli, per svolgere attività di raccolta nonché di cernita, pulitura ed imballaggio di prodotti ortofrutticoli. Conseguentemente, per tali imprese
123 Cassazione, 11 luglio 1979, n. 4017; Cassazione, 28 novembre 0000,
x. 00000; contra, Cassazione 17 agosto 1977, n. 3773.
124 decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, recante “Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole”, in Gazzetta Ufficiale 5 giugno 1998, n. 129.
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non è più richiesto, ai fini dell’inquadramento nel settore previdenziale agricolo, il rapporto di connessione, complementarietà ed accessorietà delle suddette attività con le lavorazioni propriamente agricole125.
conferma di discipline specifiche
Il comma 6 dell’articolo 10 afferma espressamente la permanenza in vita di particolari tipologie di contratti a termine sorretti da specifiche agevolazioni contributive, di seguito indicate.
lavoratori in mobilità
Restano in vigore le discipline specifiche relative ai contratti a termine di durata non superiore a dodici mesi stipulati con i lavoratori in mobilità126.
E’ utile ricordare come a suo tempo sia stato precisato che la norma, al fine di incentivare il reimpiego di questa categoria di lavoratori, “configura una ulteriore fattispecie di apposizione lecita di un termine, aggiuntiva rispetto a quelle previste dalla legge 230 del 1962”127.
125 Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, circolare 9 ottobre 1998, n. 212.
126 articolo 8, legge n. 223 del 1991.
127 Ministero del Lavoro, circolare 23 aprile 1992, n. 55.
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In questi casi, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti. Inoltre, nel caso in cui, nel corso del suo svolgimento, il contratto venga trasformato a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori dodici mesi.
Nei fatti, si può quindi godere dei benefici contributivi al massimo, per n. 51 settimane di contratto a termine cui si aggiungono n. 52 settimane a decorrere dalla trasformazione del rapporto128.
lavoratori anziani
Allo stesso modo, è confermata la disciplina dell’assunzione a termine prevista per i lavoratori anziani che, avendo maturato i requisiti di età e di contribuzione per il diritto alla pensione di anzianità, rinuncino all’accredito contributivo relativo all’assicurazione generale obbligatoria IVS129.
A tal fine i lavoratori devono impegnarsi a posticipare l'accesso al pensionamento, e stipulare con il datore di lavoro un contratto di lavoro a tempo determinato di almeno due anni (ovvero fino al compimento dell'età pensionabile di
128 Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, messaggio 8 gennaio 1998, n. 3558.
129 articolo 75, legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)”, in Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2000, n. 302, supplemento ordinario n. 219/L.
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vecchiaia qualora intervenga prima della scadenza del biennio)130.
sostituzione di dipendenti assenti
Infine, il comma 6 dell’articolo 10 afferma che restano in vigore le disposizioni concernenti la sostituzione di dipendenti assenti per congedi di maternità, paternità e parentali131.
Tali disposizioni stabiliscono che l’assunzione di lavoratori a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di inizio dell’astensione, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione collettiva132.
Inoltre, alle aziende con meno di venti dipendenti ed alle aziende in cui operano lavoratrici autonome, è concesso uno sgravio contributivo per l’assunzione di lavoratori con contratto a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione133.
130 Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, circolare 30 maggio 2001, n. 118.
131 articolo 10, legge 8 marzo 2000, n. 53, come modificato dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 recante il “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”, in Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2001, n. 96, Supplemento Ordinario.
132 articolo 4, comma 2, decreto legislativo n. 151 del 2001, cit.
133 articolo 4, commi 3, 4 e 5, decreto legislativo n. 151 del 2001, cit.
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limiti quantitativi ed esenzioni
L’ampliamento dei casi in cui è consentito ricorrere ai contratti a termine trova un temperamento nel rinvio alla contrattazione nazionale134 per la individuazione dei limiti quantitativi di utilizzazione dell’istituto del contratto a tempo determinato135.
Occorre peraltro sottolineare come tale rinvio abbia carattere di eventualità, essendo rimessa alla autonomia contrattuale ogni decisione in ordine alla opportunità di introdurre limiti quantitativi.
Nella stessa sede, potrà inoltre essere valutato se assegnare a tali limiti una misura uniforme o differenziarne la misura in relazione a diverse fattispecie.
In ogni caso, i limiti quantitativi sono riferibili unicamente ai contratti stipulati ai sensi dell’articolo 1, comma 1, e - pertanto - sono direttamente esclusi da limiti quantitativi i contratti a termine conclusi in base a diverse discipline quali, ad esempio, quelle indicate al comma 6 dell’articolo 10136.
Una interessante novità rispetto all’attuale formulazione dell’articolo 23 della legge n. 56 del 1987 è costituita dal fatto che tali limiti non debbono necessariamente essere espressi
134 la norma opera riferimento ai “contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”.
135 Confcommercio, 2001, cit.
136 Confindustria, 2001, cit.
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in misura percentuale rispetto al numero degli assunti a tempo indeterminato137.
Si tratta di un’innovazione che recepisce le soluzioni adottate negli anni scorsi dalla contrattazione collettiva del settore turismo138, con specifico riferimento ai casi in cui il rapporto percentuale rispetto ad un organico stabile risultava di fatto inapplicabile o di scarso significato139.
Sono stati inoltre previsti dei vincoli espliciti alla facoltà di intervento da parte della contrattazione. Ciò anche al fine di evitare che i contratti limitassero il ricorso ai contratti a termine nei casi in cui, già in precedenza, non era previsto alcun limite quantitativo.
Saranno infatti in ogni caso esenti da limiti quantitativi i contratti conclusi per ragioni di carattere sostitutivo nonché alcune ulteriori tipologie di contratti, tra cui quelle di seguito elencate.
esenzione per l’avvio di nuove attività
Non sono soggetti a limiti quantitativi i contratti a tempo determinato conclusi nella fase di avvio di nuove attività140.
137 La nuova disciplina dei contratti a termine, di Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, Turismo d’Italia, novembre 2001.
138 si veda, da ultimo, l’articolo 77 del CCNL Turismo 22 gennaio 1999.
139 ad esempio, aziende a conduzione familiare o aziende stagionali.
140 articolo 10, comma 7, lettera a), decreto legislativo n. 368 del 2001.
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L’espressione consente di riferirsi non solo alla nascita di nuove aziende o unità produttive ma anche di avvio di iniziative innovative, anche di carattere organizzativo, all’interno di realtà già esistenti141.
Tale esclusione potrà essere attivata solo dopo che la contrattazione collettiva142 avrà stabilito la durata massima di tali contratti, eventualmente anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e/o comparti merceologici.
esenzione dei contratti stagionali
Sono esclusi da limiti quantitativi anche i contratti conclusi per ragioni di stagionalità. Il legislatore ha ritenuto opportuno precisare che le ragioni di stagionalità “comprendono” (e, quindi, non esauriscono) le attività già previste nell’elenco allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 1525 del 1963 e successive modificazioni143.
Si deve pertanto ritenere che il termine stagionalità designi oggi una fattispecie più ampia rispetto all’elencazione tassativa operata in attuazione della legge n. 230 del 1962.
141 Confcommercio, cit.
142 la norma opera riferimento ai “contratti collettivi nazionali di lavoro”, senza ulteriori specificazioni.
143 articolo 10, comma 7, lettera b), decreto legislativo n. 368 del 2001.
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Resta peraltro inequivocabilmente confermato che le attività stagionali già individuate dalla precedente disciplina144 continueranno ad essere esenti da limitazioni quantitative145.
esenzione per intensificazioni
Egualmente esclusi da limiti quantitativi sono i contratti conclusi per l’intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodo dell’anno146.
Anche in questo caso, è utile il raffronto con la disciplina precedente, che prevedeva l’assunzione a termine, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro, “quando si verifichi, in determinati periodi dell'anno, una necessità di intensificazione dell’attività lavorativa, cui non sia possibile sopperire con il normale organico”147.
esenzione per esecuzione di servizi definiti
Sono esclusi da limitazioni quantitative anche le assunzioni effettuate per l’esecuzione di un’opera e di un servizio
144 e quindi, anche le aziende stagionali del settore turismo che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o centoventi giorni non continuativi
145 Federalberghi, circolare 18 settembre 2001, n. 266.
146 articolo 10, comma 7, lettera c), decreto legislativo n. 368 del 2001.
147 decreto legge n. 876 del 1977.
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definiti o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale.
In questo caso, viene riproposto senza alcuna modificazione il testo dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge n. 230 del 1962 e si ha quindi riguardo unicamente a fattispecie che erano già completamente escluse da limiti quantitativi.
ulteriori esenzioni
Sono parimenti esenti da limitazioni quantitative i contratti a tempo determinato stipulati:
- a conclusione di un periodo di tirocinio o di stage;
- allo scopo di facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro;
- con lavoratori di età superiore ai 55 anni.
E’ dubbio148 se il legislatore abbia inteso, per tal via, introdurre un nuovo insieme di causali, di carattere “soggettivo”, fondate per l’appunto sulle caratteristiche dei soggetti da assumere, al pari di quanto a suo tempo stabilito per i lavoratori in mobilità149. Se così fosse, l’assunzione dei soggetti sopra indicati, oltre ad essere esente da limiti quantitativi, potrebbe essere effettuata senza necessità di un
148 in senso negativo, Xxxxxxx Xxxxxxxx, cit. secondo cui l’assunzione a termine dei soggetti in questione non sarà di per sé legittima, ma richiederà la sussistenza delle ragioni previste dal decreto.
149 articolo 8, comma 2, legge n. 223 del 1991.
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collegamento con le “ragioni” di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto n. 368.
In proposito, è stato osservato che “è chiara l’intenzione del legislatore di favorire queste due fasce di età nell’ingresso del mercato del lavoro. Occorre tuttavia sottolineare che il favore legislativo verso tali lavoratori si esaurisce nella suddetta esenzione: l’impresa infatti non può stipulare contratti a tempo determinato semplicemente sulla base di requisiti soggettivi, quali l’età del lavoratore, ma solo se esistono ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”150.
esenzione dei contratti di breve durata
Sono inoltre esenti da limitazioni i contratti a tempo determinato non rientranti nelle tipologie elencate in precedenza, di durata non superiore ai 7 mesi151.
A tal fine, la contrattazione collettiva152 può stabilire una maggiore durata con riferimento a situazioni di difficoltà occupazionale per specifiche aree geografiche. E’ stato in proposito osservato come l’attribuzione di tale facoltà alla contrattazione costituisca una “disposizione pleonastica, dal momento che il limite in questione è posto in funzione
150 Esclusioni e discipline specifiche, di Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxx (a cura di), 2002, cit.
151 comprensiva della eventuale proroga.
152 la norma opera riferimento alla “contrattazione collettiva” senza ulteriori specificazioni.
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dell’esenzione di un contingentamento eventuale che è la contrattazione stessa ad introdurre e i cui effetti essa può pertanto insindacabilmente ridurre”153.
L’esenzione in argomento non si applica a singoli contratti stipulati per le durate suddette per lo svolgimento di prestazioni di lavoro che siano identiche a quelle che hanno formato oggetto di altro contratto a termine avente le medesime caratteristiche e scaduto da meno di sei mesi.
In questo caso, il legislatore ha inteso limitare la portata dell’esclusione, stabilendo che il contratto di breve durata, qualora non rientri in altre specifiche categorie154, sia esente da limiti quantitativi solo se non usato in forma ricorrente.
Da notare che l’onere di rispettare un intervallo155 per beneficiare dell’esenzione, diversamente da quanto previsto dalla regola generale concernente la successione dei contratti a termine, è relativo all’oggetto del contratto156 e non al soggetto stipulante.
Si ritiene, infatti, che la norma debba essere letta nel senso di escludere l’esenzione anche in presenza di un contratto stipulato con un lavoratore diverso da quello con cui si è stipulato il contratto precedente di identico contenuto.
153 Xxxxxx Xxxxxx, 2001, cit.
154 che sono comunque esenti da limiti quantitativi, indipendentemente dalla durata.
155 almeno sei mesi tra un contratto ed il successivo.
156 cioè “lo svolgimento di prestazioni di lavoro che siano identiche a quelle che hanno formato oggetto di altro contratto a termine avente le medesime caratteristiche”.
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Per converso, una successione di contratti di breve durata, anche se stipulati con il medesimo lavoratore e senza rispettare l’intervallo di sei mesi157, sarebbe esclusa da limiti quantitativi se i singoli contratti prevedessero lo svolgimento di prestazioni lavorative tra loro differenti.
Appare comunque opportuno ribadire che non è qui in discussione la legittimità del contratto, da valutare in relazione alle ragioni a fronte delle quali è stato stipulato, ma
- più semplicemente - l’esenzione dello stesso dai limiti quantitativi.
diritto di precedenza nella riassunzione
Il comma 9 dell’articolo 10 regola il nuovo regime del diritto di precedenza nelle riassunzioni, demandando alla contrattazione collettiva158 la “individuazione di un diritto di precedenza nella assunzione presso la stessa azienda e con la medesima qualifica, esclusivamente in favore dei lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato per le ipotesi già previste dall’articolo 23, comma 2, della legge n. 56 del 1987”.
Un elemento di confusione è generato dall’esistenza di contrastanti interpretazioni in relazione alla vigenza del citato articolo 23, che - seppur espressamente abrogato dall’articolo
157 ovviamente, restano fermi gli intervalli minimi di dieci e venti giorni previsti dalle disposizioni che limitano la successione dei contratti nel tempo.
158 la norma opera riferimento ai “contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi”.
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11 del decreto n. 368 - secondo alcuni sarebbe ancora produttivo di effetti.
E’ stato osservato che l’articolo 10 cambia radicalmente la tradizionale impostazione: “il legislatore non attribuisce più un diritto di precedenza ex lege ai lavoratori, ma ne affida l’individuazione ai contratti collettivi”159.
In senso analogo, si è rilevato che l’esplicito affidamento all’autonomia collettiva “dell’individuazione di un diritto di precedenza pare infatti non permettere di affermare l’esistenza di un siffatto diritto in assenza di una previsione ad hoc da parte dell’autonomia collettiva”160.
Nel medesimo senso, è stato segnalato che “anche nella nuova disciplina permane il diritto di precedenza, ma che esso è previsto in forma meramente potenziale”161.
Di segno opposto sono le dichiarazioni rese in Parlamento dal Governo, secondo cui “il combinato disposto delle nuove disposizioni induce a ritenere che il comma 2 dell’articolo 23 della legge n. 56 del 1987 non sia da considerare abrogato”162.
159 Il diritto di precedenza, di Xxxxxxx Xxxx, in Xxxxx Xxxxxxxx (a cura di), 2002, cit.
160 Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxx in Xxxxx Xxxxx (a cura di), 2002, cit.
161 Abrogazioni e disciplina transitoria, di Xxxxxx Xxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxx (a cura di), 2002, cit.
162 Senato della Repubblica, XI Commissione permanente (Lavoro, Previdenza sociale), intervento dell’on.le Xxxxxxxx Xxxxxxx, Sottosegretario Ministero Lavoro e Politiche Sociali, 31 luglio 2001.
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Anzitutto, occorre ricordare chi fossero i titolari del diritto di precedenza. Secondo la legge, si trattava dei “lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato nelle ipotesi previste dall’articolo 8 bis del decreto legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79” … i quali avevano “diritto di precedenza nell’assunzione presso la stessa azienda, con la medesima qualifica, a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro”163.
Per la individuazione dei titolari del diritto, è necessario quindi esaminare il citato decreto legge n. 17 del 1983, ai sensi del quale “i lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa a carattere stagionale con contratto a tempo determinato, stipulato ai sensi dell’articolo 1, secondo comma, lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni ed integrazioni, hanno diritto di precedenza nell'assunzione con la medesima qualifica presso la stessa azienda, a condizione che manifestino la volontà di esercitare tale diritto entro tre mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. La condizione di cui al comma precedente si applica anche a lavoratori assunti a norma del decreto legge 3 dicembre 1977, n. 876, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 1978, n. 18, e della
163 articolo 23, comma 2, legge 28 febbraio 1987, n. 56, come modificato
dall’articolo 9 bis, comma 1, decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 236, in Gazzetta Ufficiale 19 luglio 1993, n. 167.
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Pertanto, il diritto di precedenza coinvolge(va) esclusivamente le seguenti categorie di lavoratori:
- lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ai sensi dell’articolo 1, secondo xxxxx, lettera a), della legge n. 230 del 1962164;
- lavoratori assunti con contratto a tempo determinato per far fronte ai cosiddetti “picchi stagionali” di attività, ai sensi della legge 3 febbraio 1978, n. 18165, e della legge 26 novembre 1979, n. 598166.
164 cui è stata data attuazione, per il settore turismo, con il decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1995, n. 378, che attribuisce alle aziende turistiche, che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi, la facoltà di stipulare contratti a termine in considerazione della speciale natura (stagionale) dell'attività lavorativa.
165 l’articolo 1 del decreto legge n. 876 del 1977, n. 876 recita: “Nei settori del commercio e del turismo, è consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, quando si verifichi, in determinati e limitati periodi dell’anno, una necessità di intensificazione dell’attività lavorativa, cui non sia possibile sopperire con il normale organico; le condizioni ed i singoli periodi di cui innanzi devono essere accertati, preventivamente alle assunzioni, con provvedimento del capo dell’ispettorato provinciale del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali provinciali di categoria maggiormente rappresentative”.
166 l’articolo 1 della legge n. 598 del 1979 recita: “le norme di cui al decreto-legge 3 dicembre 1977, n. 876, convertito, con modificazioni, nella legge 3 febbraio 1978, n. 18, concernenti la disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato nei settori del commercio e del turismo e prorogate con la legge 24 novembre 1978, n. 737, sono ulteriormente
Per quanto riguarda gli aspetti operativi, il Ministero del Lavoro ha precisato che “è ammessa la facoltà di richiesta nominativa anche in caso di assunzioni di lavoratori che abbiano manifestato la volontà di esercitare il diritto di precedenza167.
Inoltre, al fine di superare alcune difficoltà operative, il Ministero ha affermato che sembra opportuno che la manifestazione di volontà del lavoratore … sia diretta sia alla medesima azienda ove il lavoratore ha già prestato attività lavorativa sia alla sezione circoscrizionale per l’impiego competente per territorio.
In proposito, è opportuno ricordare come, “nel vigore della disciplina vincolistica del sistema di collocamento, in virtù della quale ogni assunzione doveva essere espressamente autorizzata dagli uffici amministrativi sulla base di esplicite richieste (numeriche o nominative) dell’impresa”, la prevalente giurisprudenza168 aveva stabilito che l’organo del collocamento fosse l’unico soggetto legittimato a ricevere le comunicazioni del lavoratore”169.
Il Ministero ha quindi affermato che l’onere di rispettare la precedenza … è riferito a richieste di assunzioni concernenti le medesime qualifiche per le quali i lavoratori sono stati precedentemente assunti”.
prorogate fino alla entrata in vigore di una nuova disciplina legislativa in materia di collocamento”.
167 Ministero del Lavoro, circolare 29 marzo 1994, n. 41.
168 Cassazione, 14 maggio 1993, n. 5521
169 Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxx (a cura di), 2002, cit.
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Infine, il Ministero del Lavoro, in risposta ad un quesito formulato da Federalberghi, ha confermato che, considerato lo spirito della norma, l’espressione “stessa azienda deve essere intesa nel senso di singola unità produttiva (punto vendita, filiale, etc.)”170.
Inoltre, la giurisprudenza aveva affermato che, sino a che il lavoratore non manifesta la volontà di essere riassunto, il datore di lavoro può legittimamente assumere altri dipendenti con la medesima qualifica171.
Tornando al decreto n. 368, certamente apprezzabile è il contenuto del comma 10 dell’articolo 10, ai sensi del quale il diritto di precedenza si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Tale precisazione elimina ogni dubbio giuridico, in passato esistente, in relazione alla possibilità di vantare la precedenza per un periodo di fatto illimitato.
Inoltre, risulta di particolare interesse la considerazione secondo cui “il diritto il prelazione non può comunque esercitarsi nel periodo in cui l’eventuale assunzione determinerebbe la conversione ex lege del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato”172.
Il decreto stabilisce, infine che i lavoratori riassunti in base al suddetto diritto di precedenza non concorrono a determinare la base di computo per il calcolo della
170 Ministero del Lavoro, nota 9 dicembre 1996, n. 5994.
171 Cassazione, 7 novembre 1997, n. 10968.
172 Xxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxx (a cura di), 2002, cit.
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percentuale di riserva173 di cui all’articolo 25, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223174.
abrogazioni
Il comma 1 dell’articolo 11 abroga espressamente le principali disposizioni legislative in materia di contratto a termine: la legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modifiche ed integrazioni; l’articolo 8 bis della legge 25 marzo 1983, n. 79; l’articolo 23 della legge 28 febbraio 1987,
n. 56.
Lo stesso articolo 11 afferma, inoltre, che sono abrogate tutte le disposizioni di legge che siano comunque incompatibili e non siano espressamente richiamate negli articoli del nuovo decreto.
Si è già detto nel paragrafo precedente della portata anfibologica di alcune affermazioni concernenti la (in)completa abrogazione di talune disposizioni.
173 ai sensi dell’articolo 84 del CCNL Turismo 22 gennaio 1999 non sono in ogni caso computabili, ai fini della determinazione della riserva: le assunzioni dei lavoratori cui sia assegnata una qualifica compresa nei livelli A, B, 1, 2, 3; le assunzioni dei lavoratori cui sia assegnata una qualifica compresa nei livelli 4, 5, 6, 6s e 7 a condizione che abbiano già prestato servizio presso imprese del settore o che siano in possesso di titolo di studio professionale rilasciato da istituti o scuole professionali attinente alle mansioni da svolgere; le assunzioni effettuate in occasione dei cambi di gestione, limitatamente ai lavoratori già occupati alle dipendenze della gestione precedente.
174 la materia costituirà oggetto di probabile revisione in relazione al processo di modifica del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181.
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I dubbi non vengono sciolti dalla edizione definitiva della relazione che accompagna il decreto, la quale afferma che la nuova disciplina “è destinata” ad abrogare integralmente la normativa previgente.
E’ macroscopica la differenza con il testo originariamente presentato in Parlamento, laddove di affermava che “le disposizioni contenute nell’articolo 11 prevedono l’abrogazione espressa di talune norme e l’abrogazione implicita di tutte quelle comunque incompatibili con le previsioni degli articoli precedenti”.
disciplina transitoria
Le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulate ai sensi dell’articolo 23 della legge n. 56 del 1987, manterranno, in via transitoria e salvo diverse intese, la loro efficacia fino alla data di scadenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro stessi175.
Si premette, anzitutto, che il ricorso all’espressione “data di scadenza” induce a ritenere che il legislatore abbia inteso riferirsi ad una specifica data, non rilevando ai fini della cessazione della disciplina transitoria le formule di rito che usualmente disciplinano la produzione degli effetti del contratto oltre la scadenza, sino alla decorrenza del successivo accordo di rinnovo176.
175 articolo 11, comma 2, decreto legislativo n. 368 del 2001.
176 per il CCNL Turismo 22 gennaio 1999, la data di scadenza è il 31 dicembre 2001.
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Entrando nel merito, occorre comprendere quale rapporto esista, nel periodo transitorio, tra le due fonti - legale e contrattuale.
Una prima interpretazione, che appare preferibile, ritiene che le due normative siano concorrenti ma non fungibili. Si afferma, conseguentemente, che le clausole dei contratti collettivi continuano a trovare integrale applicazione anche rispetto ad ipotesi che, secondo la nuova disciplina, non sarebbero soggette a limitazioni quantitative”177.
Secondo questa impostazione, ove le ragioni a fronte delle quali si stipula il contratto siano coincidenti con una delle ipotesi già previste dalla contrattazione collettiva, l’assunzione a termine sarà soggetta alla limitazione quantitativa, anche nell’ipotesi di contratto di breve durata. L’immediata operatività della legge si ha dunque per le ipotesi non coincidenti con quelle previste dai contratti collettivi nonché, ovviamente, per i divieti di assunzione a termine178.
Una seconda interpretazione, meno convincente, ritiene che le due normative siano e concorrenti e pienamente fungibili. Esse avranno quindi vita autonoma, nel senso che il datore di lavoro potrà stipulare un contratto a termine sia in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 368 del 2001, sia in relazione a quanto stabilito dai contratti collettivi179.
177 Confindustria, 2001, cit.
178 Il regime transitorio: le fonti legali e collettive applicabili, di Xxxxxx Xxxxxxx, in Atti del Seminario “Il contratto europeo a tempo determinato”, Paradigma, Milano, 29 ottobre 2001.
179 Xxxxxxx Xxxxxxxx, 2001, cit.
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salvaguardia dei contratti individuali
Il decreto prevede esplicitamente che i contratti individuali definiti in attuazione della normativa previgente, continuano a dispiegare i loro effetti fino alla scadenza180.
Non è peraltro chiaro se ai contratti stipulati prima del 24 ottobre 2001 si applichino le disposizioni del decreto legislativo n. 368.
Secondo una prima opinione “resta ferma nei confronti dei contratti individuali (definiti in attuazione della normativa previgente) l’applicazione delle nuove disposizioni (proroga, computabilità di cui all’articolo 8, etc.)181.
Ad esempio, l’applicazione della nuova normativa consentirà un più agevole ricorso alla proroga ma, nel contempo, porrà un limite prima non previsto alla durata complessiva del contratto prorogato.
Si contrappone a tale interpretazione una seconda, basata sul principio del “tempus regit actum” secondo cui i contratti vengono regolati dalla disciplina vigente al momento della loro instaurazione182.
Al fine di ridurre l’alea derivante dall’incertezza interpretativa, si ritiene opportuno suggerire di preferire alla proroga dei rapporti stipulati prima del 24 ottobre 2001 la
180 articolo 11, comma 3, decreto legislativo n. 368 del 2001.
181 Confindustria, 2001, cit.
182 Xxxxxx Xxxxxxx, 2001, cit.
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loro estinzione, con successiva riattivazione dopo che sia trascorso il periodo di tempo minimo previsto dalla legge.
sanzioni
In tema di sanzioni è stato reiterato il contenuto dell’articolo 7 della legge n. 230 del 1962183, ai sensi del quale, nei casi di inosservanza del principio di non discriminazione, il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa da lire
50.000 (pari a 25,82 euro) a lire 300.000 (pari a 154,94 euro).
Se l’inosservanza si riferisce a più di cinque lavoratori, si applica la sanzione amministrativa da lire 300.000 (pari a 154,94 euro) a lire 2.000.000 (pari a 1.032,91 euro).
Si evidenzia che le conversioni in euro sopra riportate tra parentesi sono state disposte direttamente dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 368. Per converso, la conversione mediante applicazione del criterio del troncamento184
183 come modificato dall’articolo 14 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, in Gazzetta Ufficiale 20 gennaio 1995, supplemento ordinario.
184 ai sensi dell’articolo 51, comma 2, del decreto legislativo n. 213 del 1998, a decorrere dal 1° gennaio 2002 ogni sanzione penale o amministrativa espressa in lire nelle vigenti disposizioni normative è tradotta in euro secondo il tasso di conversione irrevocabilmente fissato ai sensi del Trattato. Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, se l'operazione di conversione prevista dal comma 2 produce un risultato espresso anche con decimali, la cifra è arrotondata eliminando i decimali. La materia ha costituito oggetto della circolare del Ministero del Lavoro 4 ottobre 2001, n. 83.
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determinerebbe un diverso importo delle sanzioni, rispettivamente pari a € 25, € 154, € 154 e € 1.032
E’ ammesso il pagamento ridotto della sanzione in misura pari ad un terzo del massimo, ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 689 del 1991.
La sanzione185 è riferita unicamente alle inosservanze degli obblighi relativi al principio di non discriminazione. Pertanto, le violazioni alle restanti disposizioni del decreto legislativo sono sprovviste di sanzione amministrativa186.
Sul punto, è stato peraltro osservato come “l’articolo 12 costituisca pressoché l’unico caso nel panorama legislativo attuale in cui la violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi suddetti comporta accanto ai rimedi del diritto civile, l’applicazione di una sanzione amministrativa”187.
Il testo del decreto originariamente approvato in Consiglio dei Ministri prevedeva la possibilità che il Governo, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento, sulla base dell’esperienza del primo periodo di applicazione, potesse emanare uno o più decreti legislativi recanti
185 trasformata da sanzione penale in sanzione amministrativa dal decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.
186 Il nuovo sistema sanzionatorio in materia di Lavoro, di Xxxxxxxx Xxxxxx, Buffetti Editore, Roma, terza edizione, 1995.
187 Sanzioni amministrative, di Xxxx Xxxxxxxxx, in Xxxxx Xxxxxxxx (a cura di), 2002, cit.
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disposizioni integrative e correttive del presente provvedimento188.
Tale formulazione, seppur espunta dal testo definitivo del provvedimento, continua a mantenere il suo valore, giusto quanto previsto dalla cosiddetta “legge comunitaria”189.
Nel medesimo senso si è espresso il Parlamento, che ha invitato il Governo a monitorare l’impatto del provvedimento sul mercato del lavoro, anche avvalendosi della periodica consultazione delle parti sociali in relazione alle eventuali modifiche consentite nei successivi dodici mesi190.
Il Sottosegretario al Lavoro, on.le Xxxxxxxx Xxxxxxx, nel commentare l’entrata in vigore del decreto, ha confermato che il Governo intende avvalersi di tale facoltà e, pertanto, verso la fine del periodo di tempo utile, sarà “approvato un decreto correttivo per un migliore coordinamento con il contesto normativo, senza rimettere in discussione i principi del decreto legislativo n. 368 e senza riaprire il negoziato”191.
188 articolo 11, comma 4 dello schema di decreto.
189 ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 29 dicembre 2000, n. 42, “entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principii e dei criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1”.
190 Camera dei Deputati, XI Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato), parere sullo schema di decreto legislativo, 2 agosto 2001.
191 Da oggi contratti modello UE, di Xxxxx Xxxxx De Cesari, il Sole 24 ore, 24 ottobre 2001.
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3. Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368
relazione illustrativa
L’articolo 1 della legge 29 dicembre 2000, n. 422 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee – Legge comunitaria 2000), delega il Governo a emanare entro il termine di un anno dalla entrata in vigore di tale legge i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione nel nostro ordinamento a talune direttive comunitarie indicate negli allegati A e B della stessa legge. Con il presente schema di decreto il Governo intende procedere alla trasposizione della direttiva del Consiglio del 28 giugno 1999, n. 99/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE, CEEP sul lavoro a tempo determinato.
Il presente provvedimento di recepimento nel nostro ordinamento della direttiva del Consiglio del 28 giugno 1999,
n. 99/70/CE relativa all’accordo quadro CES, UNICE, CEEP sul lavoro a tempo determinato non rappresenta semplicemente un atto formale connesso all’adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell’Italia all’Unione Europea. Accolta integralmente la filosofia che permea la direttiva, con il presente provvedimento il Governo intende avviare un disegno riformatore nella prospettiva della modernizzazione della organizzazione del lavoro contribuendo, nel contempo, a incrementare le opportunità di occupazione regolare e di buona qualità.
La filosofia ispiratrice della direttiva sul lavoro a termine, come indicato espressamente nel quinto Considerando, trova la sua genesi nelle conclusioni del Consiglio europeo di
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Essen del 1995, dove si sottolineava la necessità di provvedimenti per «incrementare l’intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un’organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività». Questa prospettiva, come noto, è stata successivamente consolidata nell’ambito della c.d. «Strategia Europea per l’occupazione» adottata durante il vertice straordinario del Lussemburgo nel 1997 (c.d. processo di Lussemburgo): la direttiva sul lavoro a termine si richiama, in proposito, alla risoluzione del Consiglio Europeo del 9 febbraio 1999 relativa agli orientamenti in materia di occupazione per il 1999, dove si invitavano «le parti sociali a tutti i livelli appropriati a negoziare accordi per modernizzare l’organizzazione del lavoro, comprese forme flessibili di lavoro, al fine di rendere le imprese produttive e competitive e di realizzare il necessario equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza» (cfr. il sesto Considerando della direttiva).
Rispetto alla regolamentazione del lavoro a termine il
«metodo» del dialogo sociale a tutti i livelli appropriati — metodo ribadito ancora recentemente nella Decisione del Consiglio del 19 gennaio 2001 relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2001 — si è rivelato particolarmente fruttuoso, innanzitutto, a livello europeo. La direttiva n. 99/70/CE, infatti, ha integralmente recepito, nel rispetto delle procedure e delle competenze previste dal Trattato CE, i contenuti dell’accordo quadro del 19 marzo 1999 sul lavoro a tempo determinato sottoscritto tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea (UNICE), Centro europeo dell’impresa a partecipazione pubblica (CEEP) e Confederazione europea dei sindacati (CES).
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Il metodo del dialogo sociale nel recepimento della direttiva comunitaria sul lavoro a termine ha dato luogo a risultati significativi anche a livello nazionale: un ampio numero di associazioni imprenditoriali e di organizzazioni sindacali dei lavoratori ha raggiunto una intesa che il Governo ritiene corrisponda compiutamente alle finalità dell’esercizio del potere di recepimento affidato alle parti sociali.
Si ricorda, in proposito, che ai sensi dell’articolo 137, paragrafo 4, del Trattato CE (versione consolidata), ciascuno Stato membro può affidare alle parti sociali, a loro richiesta congiunta, il compito di mettere in atto le direttive in materia di condizioni di lavoro. In tal caso, compito dello Stato membro è quello di assicurarsi che «le parti sociali abbiano stabilito mediante accordo le necessarie disposizioni, fermo restando che lo Stato membro interessato deve prendere le misure necessarie che gli permettano di garantire in qualsiasi momento i risultati imposti da detta direttiva». Tale
«metodo» di trasposizione delle direttive comunitarie si salda, peraltro, con la già ricordata «Strategia Europea per l’occupazione», laddove si invitano gli Stati membri, «se del caso assieme alle parti sociali, o sulla scorta di accordi negoziati dalle parti sociali», a esaminare «il quadro normativo esistente e a vagliare proposte relative a nuovi provvedimenti e incentivi per assicurarsi che essi contribuiscano a ridurre gli ostacoli all’occupazione, ad agevolare l’introduzione di un’organizzazione del lavoro moderna e a aiutare il mercato del lavoro ad adeguarsi ai mutamenti strutturali in campo economico» (cfr. la guideline
n. 14 degli Orientamenti per l’occupazione per il 2001). In considerazione della «crescente diversificazione delle forme di lavoro», gli Stati membri e le parti sociali sono altresì chiamati a esaminare «la possibilità di contemplare nella normativa nazionale tipologie contrattuali più flessibili e faranno in modo che coloro che lavorano con nuovi
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contratti di tipo flessibile godano di una sicurezza adeguata e di una posizione occupazionale più elevati, compatibili con le esigenze delle aziende e le aspirazioni dei lavoratori» (ibidem).
Tutto ciò considerato, il Governo valuta positivamente l’esito del negoziato attivato tra le parti sociali il 24 luglio 2000, nell’ambito del «Comitato consultivo permanente sulla legislazione del lavoro in relazione alle finalità del Patto per lo sviluppo e l’occupazione del 22 dicembre 1998», ai fini della trasposizione della direttiva 99/70/CE sul lavoro a tempo determinato. Tale esito si è sostanziato in un testo di trasposizione della direttiva sul lavoro a termine sottoscritto il 4 maggio 2001 da organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Di conseguenza:
1) preso atto che, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva n. 99/70/CE «gli Stati membri mettono in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il 10 luglio 2001»;
2) riconosciuto che, come espressamente previsto dal Patto per lo sviluppo e l’occupazione del 1998, le intese tra le parti sociali «costituiscono lo strumento prioritario affinché Governo e Parlamento adempiano agli obblighi comunitari, soprattutto con riferimento a direttive che siano state emanate a seguito del dialogo sociale»;
3) verificato che le parti sociali hanno stabilito le necessarie disposizioni per la completa e corretta attuazione della direttiva in linea con la prospettiva della modernizzazione
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dell’organizzazione del lavoro e della valorizzazione delle occasioni di lavoro regolare e di qualità;
4) considerato altresì che le parti sociali concordano che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori, riconoscendo tuttavia che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori.
5) ricordato che, ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 29 dicembre 2000, n. 42, «entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principii e dei criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2 e 3, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1»;
nel rispetto dell’articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta …., il Governo approva il presente schema di decreto di recepimento della direttiva sul lavoro a termine che recepisce integralmente il testo proposto dalle parti sociali.
Nel merito del provvedimento, la nuova disciplina sul lavoro a tempo determinato stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per la stipulazione di contratti a termine, semplificando e razionalizzando il quadro normativo e ponendo la legislazione italiana al livello di quella esistente negli altri Paesi europei. Recependo le indicazioni contenute sia nella direttiva sia nel testo di recepimento sottoscritto dalle parti sociali, la nuova disciplina intende contribuire, allo stesso tempo, a migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l’applicazione del principio di non discriminazione e definendo un quadro per la prevenzione
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degli abusi derivanti dalla utilizzazione di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato.
Rispetto alla disciplina previgente, l’impostazione accolta dal decreto è sicuramente innovativa, più semplice e, al tempo stesso, meno esposta all’aggiramento attraverso comportamenti fraudolenti. Anziché affermare che le assunzioni a termine sono vietate, tranne in alcuni casi tassativi indicati dalla legge e/o dai contratti collettivi (spesso soggetti a capziose interpretazioni), si opta infatti per una formula del tutto lineare ed accolta in altri ordinamenti europei: il datore di lavoro può assumere dei dipendenti con contratti a scadenza prefissata, dovendo fornire contestualmente e in forma scritta le «ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo» (articolo 1).
In conformità allo spirito ed alla lettera della direttiva comunitaria in ogni singolo contratto a termine devono dunque essere indicate le ragioni che, direttamente o indirettamente, consentono l’apposizione di un termine al rapporto di lavoro, nonché i casi nei quali non è invece ammesso il ricorso al contratto a termine (articoli 1 e 3). Si tratta di un sistema più semplice ma anche più controllabile, capace di realizzare un allargamento dell’occupazione di buona qualità, cioè anzitutto regolare, provvedendo ad assicurare al lavoratore tutele non meno efficaci del regime precedente, visto che in caso di contenzioso incomberà pur sempre sul datore di lavoro l’onere della prova della giustificatezza dell’assunzione a termine.
Data la peculiarità del settore, una disciplina particolare è prevista per il trasporto aereo e per i servizi aeroportuali (art. 2). Discipline specifiche vengono inoltre definite per particolari rapporti di lavoro (lavoro a termine in agricoltura, lavoro dirigenziale, turismo e pubblici esercizi, commercio di
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esportazione, importazione e all’ingrossi di prodotti ortofrutticoli) (articolo 10). Sono infine chiariti i rapporti di durata temporanea (lavoro interinale, contratto di formazione e lavoro, apprendistato, tirocini formativi) a cui la nuova disciplina non si applica (articolo 10).
Rispetto al profilo della prevenzione degli abusi, punto del tutto centrale della direttiva comunitaria oggetto di trasposizione, è stabilita una durata massima totale per le sole ipotesi di proroga di contratti con termine iniziale inferiore ai tre anni (articolo 4). E’ peraltro confermata la possibilità di successivi rinnovi, che tuttavia viene limitata dal rigoroso rispetto di intervalli temporali tra i diversi contratti a termine. Si chiarisce inoltre il significato tecnico di due successive assunzioni a termine (articolo 5); disposizione, peraltro, che già è prevista dalla vigente normativa in materia, oltre che da una circolare del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Rispetto al profilo della parità di trattamento, che costituisce un altro dei punti fondamentali della direttiva comunitaria, vengono indicati i trattamenti (ferie, gratifica natalizia o 13ª mensilità, tfr, ecc.) riferiti ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, spettanti sulla base del principio del pro rata temporis (articolo 6).
In relazione alla applicabilità delle disposizioni dello Statuto dei lavoratori connesse al raggiungimento da parte della impresa di una determinata soglia dimensionale (art. 35 St. lav.), è stabilita la computabilità dei contratti di durata superiore ai nove mesi (art. 8).
Nella prospettiva di promuovere la qualità del lavoro dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato e quindi assicurare ad essi una tutela nella logica della
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occupabilità e delle adattabilità, vengono riconosciuti importanti diritti di formazione, sia al fine di prevenire infortuni sul lavoro sia al fine di evitare forme di precarizzazione e di limitazione delle possibilità di carriera (art. 7). E’ rimessa alla contrattazione collettiva nazionale sia la individuazione degli strumenti per favorire la formazione da assicurare ai lavoratori a termine, sia la determinazione dei flussi di informazione per assicurare che ai lavoratori temporanei vengano a conoscenza delle opportunità di impiego (articoli 7 e 9). Si tratta di un rinvio alle parti sociali che valorizza il loro ruolo in una logica di modernizzazione del mercato del lavoro, così come raccomandato dalla più volte richiamata Strategia europea per l’occupazione dell’Unione Europea.
Alla contrattazione collettiva di settore viene affidata:
a) la individuazione di limitazioni quantitative nell’utilizzazione del contratto a tempo determinato, escludendo tuttavia i casi in cui sia comprovato il fine occupazionale del datore di lavoro, allorché la finalità sociale perseguita è ritenuta prevalente rispetto ad una logica di semplice contingentamento di questa tipologia contrattuale (art. 10);
b) la individuazione di un «diritto di precedenza» a favore dei lavoratori che abbiano prestato attività lavorativa con contratto a tempo determinato nelle ipotesi già disciplinate dall’articolo 23, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (art. 10).
Nella prospettiva della semplificazione e razionalizzazione del quadro normativo, ed al fine di evitare inutili sovrapposizioni, la nuova disciplina è destinata ad abrogare integralmente la normativa previgente e, segnatamente, la legge 18 aprile 1962, n. 230 e successive modifiche ed integrazioni; l’articolo 8 bis della legge 25 marzo 1983, n. 79;
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l’articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, nonché di tutte le disposizioni di legge che siano comunque incompatibili e non siano espressamente richiamate nell’articolato che si allega (art. 11).
In ordine ai pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari sullo schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 28 giugno 2001, si osserva quanto segue.
osservazioni comuni delle Commissioni lavoro della Camera dei Deputati e del Senato.
All’articolo 6 sia la Commissione della Camera che del Senato ritengono opportuno mantenere in vigore le sanzioni amministrative previste dalla normativa vigente al fine di assicurare l’effettività della disposizione in esame, che recepisce uno dei principi fondamentali della direttiva 1999/70/CE.
L’osservazione è accolta. Si è, pertanto, provveduto ad inserire nel testo, all’articolo 12, una norma sanzionatoria, da applicare in caso di violazione del “principio di non discriminazione”, il cui contenuto è già, peraltro, previsto dalla legge n. 230 del 1962.
All’articolo 10, comma 4 le Commissioni chiedono di sopprimere gli aggettivi “tecnici ed amministrativi” riferiti ai dirigenti, in quanto non più rispondenti all’evoluzione della normativa e dell’organizzazione aziendale. L’osservazione è accolta.
All’articolo 11 la Commissione lavoro del Senato suggerisce di sopprimere il comma 4 che prevedeva la possibilità di intervento con disposizioni modificative ed integrative del
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presente decreto, potere che non può che essere previsto nella legge di delega. L’osservazione è accolta.
La Commissione lavoro del Senato raccomanda, inoltre, di procedere ad un miglior coordinamento della nuova disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato con quella in materia di accesso sul mercato del lavoro. A tal fine, si è provveduto ad inserire un nuovo periodo al comma 9 dell’articolo 10 volto a richiamare una norma vigente in materia di procedure per l’avviamento al lavoro.
Inoltre, per corrispondere alla richiesta manifestata dalle Commissioni parlamentari, rispondente alla finalità di coordinamento ed armonizzazione tra la disciplina vigente e quella recata dal presente provvedimento, è stato previsto l’inserimento all’articolo 11 di una apposita disposizione che faccia salva la non applicabilità al personale artistico e tecnico delle Fondazioni musicali di alcune disposizioni relative alla disciplina della proroga e della successione di contratti a tempo determinato.
Nel corso del dibattito parlamentare è emersa, altresì, una chiara indicazione in favore di possibili incentivi alla stabilizzazione dei posti di lavoro solo nell’ambito della annunciata, futura razionalizzazione di tutti gli incentivi connessi alle tipologie di lavoro, tenendo conto che allo stato si porrebbero problemi di copertura nonché di coerenza con le esigenze di una più generale rivisitazione della materia di tutti gli incentivi.
Si è, infine, provveduto a riformulare la relazione illustrativa come richiesto da entrambe le Commissioni parlamentari, alle quali verrà trasmessa.
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testo del decreto
Attuazione della direttiva 1999/70/CE192 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 193 e 87 194 della Costituzione;
Vista la direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalla CES, dall’UNICE e dal CEEP;
192 in Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee 10 luglio 1999, n. L 175
193 l’articolo 76 della Costituzione stabilisce, tra l'altro, che l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
194 l’articolo 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare decreti aventi valore di legge e regolamenti.
195 la legge 29 dicembre 2000, n. 422, reca: "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 2000". L'articolo 1, commi 1 e 3 è il seguente:
"1. Il Governo è delegato ad emanare, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B.
2. (Omissis).
Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 giugno 2001;
Acquisiti i pareri delle permanenti commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione del 9 agosto 2001;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro della giustizia;
emana
il seguente decreto legislativo:
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato B sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, il parere delle Commissioni competenti per materia, nonché, nei casi di cui all'art. 2, comma 1, lettera g), della commissione parlamentare per le questioni regionali; decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza di detto parere. Qualora il termine previsto per il parere delle commissioni scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 e 4 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni".
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articolo 1 apposizione del termine
1. È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
2. L’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.
3. Copia dell’atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.
4. La scrittura non è tuttavia necessaria quando la durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni.
articolo 2
disciplina aggiuntiva per il trasporto aereo ed i servizi aeroportuali
1. È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato quando l’assunzione sia effettuata da aziende di trasporto aereo o da aziende esercenti i servizi aeroportuali ed abbia luogo per lo svolgimento dei servizi operativi di terra e di volo, di assistenza a bordo ai passeggeri e merci, per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al quindici per cento dell’organico aziendale che, al 1 gennaio dell’anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi sopra indicati. Negli aeroporti minori detta percentuale può essere aumentata da parte delle aziende esercenti i servizi aeroportuali, previa autorizzazione della direzione provinciale del lavoro, su
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istanza documentata delle aziende stesse. In ogni caso, le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente articolo.
articolo 3 divieti
1. L’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato non è ammessa:
a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi196;
c) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine;
196 la legge 23 luglio 1991, n. 223, reca “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro”. Il testo degli articoli 4, 8 e 24 è pubblicato nel capitolo 7.
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d) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni197.
articolo 4 disciplina della proroga
1. Il termine del contratto a tempo determinato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato. Con esclusivo riferimento a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superiore ai tre anni.
2. L’onere della prova relativa all’obiettiva esistenza delle ragioni che giustificano l’eventuale proroga del termine stesso è a carico del datore di lavoro.
articolo 5
scadenza del termine e sanzioni successione dei contratti
1. Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato ai
197 il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, reca “Attuazione delle direttive n. 89/391/CEE, n. 89/654/CEE, n. 89/655/ CEE, n. 89/656/CEE, n. 90/269/CEE, n. 90/270/CEE, n. 90/394/ CEE, n. 90/679/CEE, n. 93/88/CEE, n. 97/42/CE e n. 1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”. Il testo dell’articolo 4 è pubblicato nel capitolo 7.
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2. Se il rapporto di lavoro continua oltre il ventesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi, ovvero oltre il trentesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.
3. Qualora il lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell’articolo 1, entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo indeterminato.
4. Quando si tratta di due assunzioni successive a termine, intendendosi per tali quelle effettuate senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto.
articolo 6
principio di non discriminazione
1. Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine.
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1. Il lavoratore assunto con contratto a tempo determinato dovrà ricevere una formazione sufficiente ed adeguata alle caratteristiche delle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire rischi specifici connessi alla esecuzione del lavoro.
2. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi possono prevedere modalità e strumenti diretti ad agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato ad opportunità di formazione adeguata, per aumentarne la qualificazione, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale.
articolo 8 criteri di computo
1. Ai fini di cui all’articolo 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori con contratto a tempo determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore a nove mesi198.
articolo 9 informazioni
1. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi definiscono le modalità per le informazioni da rendere ai lavoratori a
198 la legge 20 maggio 1970, n. 300, reca: “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Il testo dell’articolo 35 è pubblicato nel capitolo 7.
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