VERSO IL CONTRATTO DI FIUME DEL TREBBIA
VERSO IL CONTRATTO DI FIUME DEL TREBBIA
Premessa
I Contratti di fiume sono strumenti di programmazione negoziata, profondamente interrelati ai processi di pianificazione strategica rivolti alla gestione dei bacini fluviali. Il processo che caratterizza i Contratti di Fiume si basa sulla co-pianificazione, ovvero su di un percorso che vede un concreto coinvolgimento e una sostanziale condivisione da parte di tutti gli attori.
Un Contratto di Fiume è quindi un accordo volontario che affida il suo successo all’interesse locale a promuovere e implementare la vitalità dei sistemi partenariali e delle reti di alleanze al fine del superamento delle criticità presenti.
La presente relazione riepiloga l’assetto attuale del distretto irriguo del Trebbia e sintetizza i bisogni del Consorzio di Bonifica di Piacenza che consistono in:
- multifunzionalità dell’acqua in territorio montano come strumento di possibili sinergie e indotti economici che favoriscono la permanenza delle comunità sul territorio, fondamentale ai fini della prevenzione e protezione dal dissesto idrogeologico;
- ottemperare agli indirizzi dettati dalla Comunità Europea ai fini dell’utilizzo delle acque superficiali anche per la produzione agraria;
- nel rispetto del DMV, introdurre e sperimentare nuove modalità di monitoraggio in funzione dei tratti omogenei del corso d’acqua e della stagionalità delle portate, tipiche dei corsi d’acqua appenninici e con forte permeabilità dell’alveo, al fine di supportare l’agricoltura e il suo indotto locale;
- ottemperare al deficit irriguo per garantire il fabbisogno di acqua per l’agricoltura;
- analisi di fattibilità e sostenibilità di potenziamento degli invasi esistenti, di valorizzazione e implementazione della convenzione dell’invaso del Brugneto.
Distretto irriguo del Trebbia
Il territorio considerato è l’intero Bacino del Trebbia che si estende sui Comuni di: Xxxxxxxxx Xxx Tidone, Calendasco, Xxxxxxx, Gossolengo, Gragnano Trebbiense, Piacenza, Podenzano, Rivergaro, Rottofreno, Sarmato (Fig. 1).
Fonte: elaborazione CNR IBIMET
Fig.1 - Comuni del bacino del Trebbia
Il bacino del Trebbia si estende su 22.757 ettari, di cui circa 51% irrigui, e si articola in due sub-bacini di superficie quasi uguale:
• Destra: 11.013 Ha (Gossolengo, Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxxxxx);
• Sinistra: 11.744 Ha (Agazzano, Borgonovo V.T., Calendasco, Xxxxxxx, Gragnano Trebbiense, Rottofreno, Sarmato).
Ogni sub-bacino è servito da almeno un punto di presa da Trebbia. Mentre in sinistra il punto è unico ed è definito COMUNE DI SINISTRA, in destra si trovano due punti denominati COMUNE DI DESTRA 1 e VILLANO.
La rete di irrigazione partendo dai tre punti di presa da Trebbia si sviluppa come un albero impostato su tre rami principali (Fig. 2).
La lunghezza complessiva della rete è pari a 599,62 Km, di cui l’11,09% tubati.
Fino al 2009 è stata in uso la Traversa Mirafiori che è un’opera idraulica costruita nella seconda metà dell’Ottocento su iniziativa degli agricoltori per incrementare la quantità delle acque derivate da Trebbia, da sempre scarse nei mesi estivi, e dall’esiguità della risorsa idrica in relazione ai fabbisogni espressi dal territorio.
L’opera venne ideata per derivare le acque di subalveo ad incremento delle portate superficiali già raccolte nelle prese a S. Agata (Rivergaro), a Ca’ Buschi e a La Caminata (Gossolengo e Xxxxxxx), che alimentano la Condotta piacentina delle acque di destra e sinistra Trebbia.
La cronologia ha permesso di suddividere la storia della Traversa in quattro periodi: il periodo di ideazione e costruzione nella seconda metà dell’Ottocento, le esigenze di modernizzazione fra gli anni 1920-1940, la fase di specializzazione irrigua della Condotta piacentina dagli anni ’50 agli anni ’80, fino alle recenti politiche ambientali degli anni 2000 che introdussero elementi regolatori di tipo ecologico sulle portate derivabili.
Fig.2 - Punti di presa da Trebbia
Gli usi non produttivi coprono il 20,05% del territorio. Tra gli usi produttivi prevalgono in termini di superficie:
• cereali invernali (24,7%),
• mais (19,6%),
• pomodoro (15,2%),
• erba medica (7,6%),
• prato polifita (4,3%),
• fagiolino (1,8%),
• erbacee estive (1,8%).
La principale fonte di prelievo nell’areale irriguo della Val Trebbia è costituita dalle acque sotterranee; gli emungimenti irrigui autonomi dalle falde sono stimati in 21 Mmc/anno, a fronte di una stima dei volumi complessivamente consegnati dalla rete irrigua consortile, alimentata con risorsa idrica superficiale pari a 15 Mmc/anno. La rete consortile a servizio del distretto irriguo è imperniata sulla grande derivazione da Trebbia la cui concessione irrigua è di 6 mc/sec mentre il prelievo medio nel periodo irriguo è di 2,7 mc/s.
Per quanto concerne i fabbisogni idrici colturali questi sono differenziati per anno, sub-bacino in destra e sinistra Trebbia, presenza o assenza di falda e questi dati sono forniti dal CER.
La quantificazione dei fabbisogni si basa su un’accurata descrizione degli usi e dei fabbisogni unitari, schematizzata nella Fig. 3.
Fonte: elaborazione CNR-IBIMET
Nel modello vengono considerate fonti multiple, attualmente rappresentate dalle acque di superficie fornite dal Consorzio e dalle acque profonde di falda, prelevate autonomamente dalle aziende.
La disponibilità della risorsa idrica per le imprese è sempre limitata per quanto concerne la fornitura del Consorzio dai valori di prelievo reali (Fig. 4).
Fonte: elaborazione CNR IBIMET
Fig. 4 - Prelievi e fabbisogni irrigui nel Bacino del Trebbia (scenario 2011)
Il quadro che emerge con chiarezza da questa prima comparazione conferma e aggrava la considerazione delle restituzioni in falda che avviene tramite la rete e sono state stimate pari a oltre il 50% come in un precedente studio dell’ARPA che analizzava una situazione infrastrutturale sostanzialmente analoga a quella adesso esistente.
Per quanto concerne la distribuzione dei volumi prelevati si evidenzia che:
• il 44 % è utilizzato a fini irrigui;
• il 56 % dell’acqua prelevata ha valenza ambientale di cui:
o il 51,4% va in falda;
o il 2,8% evapora;
o il 1,8% si disperde nei canali finali.
L’analisi disaggregata per mesi mostra significative variazioni dei precedenti indici.
• La copertura della domanda irrigua, è massima in agosto 70% e luglio 63%;
• La ricarica della falda è molto alta in aprile (70%), maggio (63%) e settembre (70%).
Va tenuto presente che parte dei volumi definiti “rilasci in falda” all’inizio della stagione irrigua sono imputabili alla necessità di pulire la canalizzazione usata a uso promiscuo e dalle percolazioni che si hanno in canali di terra non utilizzati per un lungo periodo non piovoso e pertanto secchi e con crepe quando vengono riattivati. Questo aspetto viene catturato dal modello nell’utilizzo dei valori di prelievo dati dal Consorzio.
Considerazioni finali
In sintesi si sottolinea quanto segue:
• I fabbisogni irrigui sono di gran lunga superiori ai volumi resi disponibili alle aziende dal Consorzio.
• Il prelievo da altre fonti è una realtà rilevante, ma la reale disponibilità nello spazio e nel tempo di queste fonti e dei volumi prelevabili è posta in capo ai soggetti privati concessionari delle singole derivazioni.
• Oltre la metà dei volumi prelevati (il dato conferma le analisi dello studio ARPA) è stimato essere non utilizzato a fini irrigui. Le conoscenze acquisite evidenziano che:
o parte è imputabile alle operazioni condotte all’inizio della stagione per la pulizia e la messa in attività della rete prevalentemente di canali in terra utilizzati in inverno come canali di scolo;
o parte è stoccata a livello aziendale, questi volumi diminuiscono i prelievi, inclusi quelli da falda, nei mesi successivi;
o la maggior parte dei volumi derivati non recapitati al campo, stimata nel 95%, ricarica la falda acquifere a seguito di infiltrazioni dalla rete irrigua. Un ulteriore effetto di ricarica avviene a livello di campo, a seguito di percolazione dai suoli irrigati.
• Per il successo del contratto di fiume è opportuno il coinvolgimento attivo da subito della Regione Liguria, delle associazioni di categoria agricole, industriali, artigianali, commerciali, delle istituzioni, delle università ed enti di ricerca, delle associazioni dei cittadini ad interesse diffuso.
• La cabina di regia del Trebbia già istituita nel 2012 può essere uno strumento valido se assume un ruolo di coordinamento di tutti gli attori estendendo la sua partecipazione anche ai partner scientifici.