Avvocato
Il contratto d'appalto nel condominio degli edifici
IL CONTRATTO D'APPALTO RAPPRESENTA CERTAMENTE IL PRINCIPALE MOMENTO NEGOZIALE TRA QUELLI CHE INTERESSANO IL CONDOMINIO DEGLI EDIFICI E, COME TALE, DIVIENE FONTE DI INCERTEZZE INTERPRETATIVE, DI CONTESTAZIONI E DI CONTENZIOSI; DI QUI L'ESTREMA DELICATEZZA DELL'ARGOMENTO ANZITUTTO PER IL SOGGETTO DEPUTATO A SOTTOSCRIVERLO E A GESTIRLO, OSSIA L'AMMINISTRATORE DEL CONDOMINIO.
Xxxxx Xxxxxxxx
Avvocato
I compiti dell’amministratore
Costui, oltre tutto, è chiamato addirittura alla sua redazione o, più in generale, alla predisposizione dei termini che lo connotano senza che, ordinariamente, l'assemblea gli abbia fornito se non gli elementi base, ossia: l'importo del compenso previsto a favore dell'appaltatore, il nominativo di quest'ultimo e la descrizione delle opere e dei servizi demandategli, e non sempre con la necessaria puntualità.
Si verifica così che l'amministratore deve costruire da solo un contratto, nemmeno sempre in forma scritta, che deve essere idoneo a soddisfare le deliberazioni assunte dall'assemblea ma anche a tutelare le ragioni dei partecipanti al condominio.
Operazione, questa, non proprio agevole e semplice, attese le mille insidie che sottostanno alla sottoscrizione di un contratto complesso e articolato quale quello d'appalto.
A monte di ciò va ricordato che, non avendo il condominio degli edifici personalità giuridica, ed agendo l'amministratore quale mandatario con rappresentanza dei condomini, gli effetti delle obbligazioni contrattuali assunte con l'appalto ricadono automaticamente in capo ai condomini, sia pure nei limiti imposti dalle Sez. Unite della Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxx. x. 0000/0000 (x. anche Xxxx., sent 9 aprile 2014, TI. 8339).
Non sembra ultroneo, poi, richiamare gli ambiti della responsabilità che incombe
sull'amministratore, soggetto tenuto a conoscere lo stato del fabbricato affidatogli in gestione, soprattutto in argomento "rovina degli edifici", ragione per la quale egli deve attivarsi tempestivamente allo scopo di eliminare eventuali situazioni di pericolo, anche in assenza di previa delibera da parte dell'assemblea, a tutela del diritti inerenti alle parti comuni (Cass. pen., sent. 23 novembre 2015, n. 46385; Cass., sent. n. 3959/2009 e sent. n. 6757/1983), e ciò anche a prescindere dalle disponibilità di cassa.
Massimamente nel caso in cui il condominio venga colpito da ordinanza dell'autorità amministrativa che impone l'esecuzione di opere urgenti.
La diligenza che viene richiesta ora all'amministratore di condominio è quella che gli deriva dall'essere professionista, ossia tenuto alla particolare diligenza di cui all'art. 1176 cod. civ. e non più a quella, generica, del buon padre di famiglia, ex art. 1710 cod. civ.
La diligenza qualificata di cui all'art. 1176 cod. civ. presuppone la sussistenza di adeguate cognizioni tecniche, la presenza di strumenti idonei per la compiuta esecuzione dell'incarico e la profusione dell'impegno che la specifica attività esercitata richiede.
In tale contesto rientra, senza meno, l'obbligo di curare la manutenzione dell'immobile (x. Xxxx., sent. n. 25251/2008 in ragione della quale l'amministratore si trova addirittura nella posizione di custode).
Anche il mero ritardo nel dare esecuzione alle deliberazioni assembleari, come nel caso della
firma di un contratto d'appalto, può essere di per sé fonte di responsabilità per danni a carico dell'amministratore (Cass., sent. 8 gennaio 2014,
n. 148).
Ma va anche considerato che l'affidamento delle opere in appalto non esonera l'amministratore da qualsivoglia obbligo, ben potendo egli assumere, in determinate circostanze, la posizione di committente ed essere, come tale, tenuto quanto meno all'osservanza di ciò che è stabilito dall'art.
26 del D.Lgs. 81/2008 (Cass. pen., sent. n. 42347/2013).
In ogni caso, l'amministratore è tenuto anche a valutare i requisiti posseduti dall'appaltatore, pena la sussistenza della cosiddetta "culpa in eligendo". È stata riconosciuta una responsabilità del committente anche quando sia configurabile in capo al medesimo una culpa in eligendo per avere affidato il lavoro a un'impresa priva delle necessarie capacità tecniche (Xxxx., sent. 3o settembre 2014, n. 20557).
L'amministratore risponderà anche del pagamento all'appaltatore di somme dovute per opere di straordinaria manutenzione non espressamente autorizzate dall'assemblea, essendo che, per gli incarichi che esorbitano dalle sue attribuzioni, egli è responsabile in proprio verso i terzi (Trib. Milano, sent. 9 giugno 2009, n. 7554).
Dunque, è abbastanza evidente che il rapporto che intercorre tra l'amministratore condominiale e il contratto d'appalto da lui stipulato, per conto del condominio, sia in presenza sia in assenza di una delibera assembleare, è quanto mai articolato e presta il fianco a Infinite possibilità di controversie.
Non sempre è sufficiente la sussistenza di una delibera dell'assemblea per garantire che l'operato dell'amministratore sia pienamente valido e, viceversa, può essere che anche in assenza della deliberazione assembleare, il suo agire sia conforme alla legge ed alle sue obbligazioni di mandatario.
Opportunamente, si ribadisce, l'assemblea dovrebbe fornire all'amministratore le indicazioni più complete per la sottoscrizione del contratto
d'appalto e l'amministratore dovrebbe farsi parte diligente per ottenere istruzioni chiare e dettagliate.
Il contratto d'appalto e il contratto d'opera
Il contratto d'appalto è definito all'art. 1655 cod. civ.: «L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessarie e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro» e regolato dagli articoli seguenti.
Esso si distingue dal contratto d'opera (art. 2222 cod. civ.), in ragione della struttura, più complessa e articolata, di cui deve essere dotato l'appaltatore che ordinariamente è un vero e proprio imprenditore che dispone di una organizzazione di non modeste dimensioni e che ricomprende non solo i mezzi materiali utili per l'esecuzione delle opere, ma anche le capacità tecniche per assolvere compiutamente l'incarico ricevuto.
Va precisato come debbono intendersi contratti di vendita e non di appalto quelli concernenti la fornitura ed eventualmente anche la posa in opera, qualora l'assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e dei materiali di che trattasi, salvo che le clausole contrattuali obblighino l'assuntore a realizzare un quid navi rispetto alla normale serie produttiva, perché in questo caso dovrebbe ritenersi prevalente l'obbligazione di fare, in quanto si configurano elementi peculiari del contratto d'appalto e, precisamente, l'intuitus personae e l'assunzione del rischio economico da parte dell'appaltatore. Qualora, invece, l'assuntore del lavori non sia né il fabbricate né il rivenditore del bene da installare o da mettere in opere, l'attività di installazione di un bene svolta dal prestatore, risultando autonoma rispetto a quella di produzione e di vendita, identifica o rinvia ad un contratto di appalto, dato che la materia viene in considerazione quale strumento per la realizzazione di un'opera o per la prestazione di un servizio (Cass., sent. 17 gennaio 2014, n. 872). Il contratto d'appalto e il contratto d'opera si differenziano tra di loro per il fatto che nel primo
l'esecuzione dell'opera commissionata avviene mediante una organizzazione di media o grande impresa cui l'obbligato è preposto, mentre nel secondo con il prevalente lavoro di quest'ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa (Xxxx., sent. 21 maggio 2010, n. 12519).
Ulteriore caratteristica dell'appaltatore è data dalla sua autonomia nell'esecuzione delle opere, sia pure tenuto conto del progetto fornitogli e del capitolato dei lavori allegato al contratto, atti che non possono essere disattesi, e della sorveglianza che viene esercitata dal direttore lavori nominato dal committente.
L'appaltatore si assume altresì il rischio riconnesso all'accettazione dell'incarico, ossia la possibilità che l'opera si riveli non remunerativa per lui in ragione del compenso
convenuto.
Ma l'appaltatore si assume, durante il periodo necessario all'esecuzione dei lavori commessigli, anche la responsabilità di cui all'art. 2051 cod. civ. che discende dall'avere egli i beni in custodia, e risponde pertanto dell'eventuale danno cagionato a terzi.
Nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e, quindi, la conseguente responsabilità ex art. 2051 cod. civ. (Cass., sent. n. 15734/2011). E su questo punto è bene aprire una parentesi, nel senso di prevedere e menzionare già all'interno del contratto d'appalto le coperture assicurative di cui l'impresa affidataria dei lavori e/o dei servizi è munita, magari allegandone copia.
L'appaltatore, come già detto, è, per sua definizione, un soggetto organizzato e preparato, in possesso dei requisiti necessari per poter portare a compimento l'opera e prestare compiutamente il servizio, in grado di valutare anzitutto la fattibilità della prestazione affidatagli, la sua conformità alla legge e alle tecniche
applicabili, anche valutando ogni aspetto che possa rilevare, a cominciare
dallo stato dei luoghi in cui interviene. Nell'adempiere al suo incarico 1'appaltatore dovrà seguire le regole ordinarie dell'arte applicabili nel concreto ed ottemperare ai criteri di qualità tipici dell'opera e convenuti in contratto.
Il corrispettivo del contratto d'appalto spettante all'appaltatore può essere convenuto a corpo o a misura (art. 1657 cod. civ.).
Nel primo caso, quello del forfait, il prezzo è predeterminato per l'intera opera commissionata e non può essere variato essendo il frutto di una previa concertazione tra le parti contraenti le quali, nella sua determinazione, hanno tenuto conto di ogni aspetto saliente.
Nella seconda ipotesi vengono applicati prezzi unitari sulle varie poste oggetto di contratto, e il corrispettivo finale emerge dal semplice calcolo della quantità dei lavori effettivamente svolti.
In ogni caso, occorre prestare attenzione alle eventuali sopravvenienze, ossia quelle variazioni o aggiunte che, in corso d'opera, avessero a realizzarsi e che debbono essere espressamente approvate dal committente in forma scritta.
Ove il contratto fosse stato stipulato secondo il citato criterio della determinazione del compenso a forfait, l'appaltatore non avrà diritto a percepire un surplus (art. 1659 cod. civ.), mentre, nell'ipotesi di variazioni resesi necessarie, si applica il disposto di cui all'art. 166o cod. civ. o quello di cui all'art. 1664 cod. civ.
Occorre dunque che, nel determinare il corrispettivo del contratto d'appalto, vengano, sin da subito, elencati e precisati i lavori e i servizi commessi all'appaltatore, auspicabilmente allegando ad esso un capitolato delle opere indicante non solo la loro quantità ma anche la qualità delle finiture e del materiale da utilizzarsi. Il condominio non è tenuto al pagamento del corrispettivo per le opere eseguite dalla ditta appaltatrice e non previste nel contratto stipulato dalle parti. I predetti lavori, in particolare, non possono trovare titolo giustificativo nell'accordo verbale intervenuto successivamente tra le parti,
laddove le parti stesse, con il contratto originario, abbiano stabilito di subordinare la realizzazione di ogni ulteriore intervento alla preventiva autorizzazione scritta dell'amministratore condominiale.
Non rileva altresì l'autorizzazione del direttore lavori, essendo questi un mero rappresentante tecnico privo del potere di impegnare il condominio (Xxxx., sent. 11 aprile 2013, n. 8903). Senza tacere di quanto già sopra accennato e cioè del fatto che solo nell'ambito della spesa deliberata dall'assemblea l'amministratore avrà il potere di effettuare i relativi pagamenti.
Non sembra sbagliato ipotizzare che, prevedendosi la possibilità di modeste aggiunte alle opere commissionate, l'assemblea deliberi l'importo del compenso dell'appaltatore assieme alla possibilità di una sua variazione percentuale, autorizzando l'amministratore ab origine a effettuare i pagamenti sino a tale concorrenza.
Contratto di prestazione di servizi
Nel contratto di prestazione di servizi sembra opportuno prevedere le modalità in cui essi andranno resi dall'appaltatore, con l'indicazione degli orari e di ogni altra circostanza rilevante.
Descrivere lo stato dei luoghi, attraverso un tecnico di fiducia del condominio, prima dell'avvio delle opere, soprattutto allorché ad esse vengano interessate anche parti private, può rivelarsi quanto mai utile allo scopo di precostituire la prova di eventuali danni che venissero arrecati dall'appaltatore nell'esecuzione del contratto.
Quando sia stato redatto un progetto per le opere, anche tale documento dovrà essere allegato al contratto d'appalto affinché costituisca la base per la definizione delle obbligazioni che competono all'appaltatore.
Il progettista è responsabile dell'elaborato da lui redatto e, quindi, anche dei vizi dell'opera appaltata, ove emergano carenze del progetto, con responsabilità di natura extracontrattuale e, quindi ex art. 1669 cod. civ. con il termine di prescrizione di 10 anni dal compimento dell'opera
(Cass., sent. 18 giugno 2014, n. 13882; Cass., sent. n. 28575/2013).
Il progettista è tenuto, nella redazione del progetto, ad acquisire tutti i dati utili, anche quelli geofisici relativi alle fondazioni, strutturali e così via (Cass., sent. 12 luglio 1986, n. 4531; sent. n agosto 2000, n. 10719 e sent. 29 marzo 1979, n. 1818), e risponde quindi del danno cagionato a terzi, eventualmente anche in concorso con altri (Corte d'Appello di Torino 15 novembre 2005).
Egli è dunque potenzialmente responsabile, assieme al costruttore, dei danni che abbia concorso ad arrecare attraverso una errata progettazione dell'opera (Cass., sent. 27 agosto 1994, n. 7550).
Esecuzione dei lavori
Superato il momento genetico del contratto di appalto, si deve ora esaminare quanto interessa circa la sua esecuzione.
Non sarà mai eccessiva la raccomandazione di nominare un direttore lavori per conto del condominio, affinché questi si faccia carico di seguire lo svolgimento delle opere.
Si intende che si deve trattare di un incarico "vero" e non solo sulla carta, nel senso che l'attività demandata al direttore lavori deve esplicitarsi in una effettiva opera di sorveglianza, allo scopo di assicurare il risultato che il committente si prefigge nell'affidamento dell'appalto, vigilando affinché
venga ottemperato a quanto in progetto nonché sulle modalità di esecuzione dei lavori e sull'adozione di tutti gli accorgimenti necessari a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi (Cass., sent. 3.5 ottobre 2013, n. 23350
e sent. 28 novembre 2001, n. 15124).
Egli risponderà dunque, in solido con l'appaltatore, per i vizi dell'opera, ove abbia omesso di effettuare, con la dovuta diligenza, gli opportuni controlli (Cass., sent. 20 marzo 2012, n. 4398).
Rientra nelle obbligazioni del direttore lavori l'accertamento che la realizzazione dell'opera sia
conforme al progetto, al capitolato ed alle regole di buona tecnica costruttiva
(Cass., sent. in. 218/2012).
Xxxxx restando che il direttore lavori assume la rappresentanza del committente limitatamente alle materie strettamente tecniche e, pertanto, le sue dichiarazioni sono vincolanti per il committente solo in tale ambito (Cass., sent. 28 maggio 2001, 11. 7242).
Il direttore lavori dovrà segnalare tempestivamente all'appaltatore tutte le situazioni anomale e gli inconvenienti che si verificano in corso d'opera; di qui la necessità di visite periodiche e di contatti con gli organi tecnici dell'impresa (Cass., sent. 24 aprile 2008, n. 10728).
Senza che si debba ritenere che il direttore lavori debba essere costantemente presente in cantiere, potendo egli valutare, caso per caso, in ragione della presenza di elementi di genericità o di criticità, l'impiego della necessaria diligenza (Cass., sent. 24 luglio 2007, n. 16361).
L'appaltatore potrà tuttavia anche discostarsi dalle istruzioni ricevute dal direttore lavori allorché, in base alla sua esperienza e conoscenza delle regole tecniche e di comune diligenza che deve possedere, ritenga di doversene discostare (Cass., sent. 13 gennaio 2009, n. 462).
Il direttore lavori, nominato dall'assemblea di condominio, in sostituzione del precedente Direttore Xxxxxx, assume l'obbligo di informare il committente delle variazioni al progetto iniziale apportate dal suo predecessore (Trib. Milano, sent. 28 febbraio 2013, n. 2847).
L'amministratore farà dunque bene a pretendere che l'assemblea nomini un direttore lavori, ovviamente avente i necessari requisiti, il cui nominativo sarà inserito nel testo del contratto d'appalto, anche determinando il suo compenso; e altrettanto bene farà a non intromettersi direttamente nella esecuzione delle opere, magari fornendo anche direttive, poiché in tal caso coinvolgerebbe il committente, ossia il condominio da lui rappresentato, nella responsabilità per danni verso terzi (Cass., sent. 5
giugno 2014, n. 12675 e sent. 5 giugno 2,007, n.13123).
Tale evenienza si verifica quando venga, in qualche modo, ridotta l'autonomia dell'appaltatore ed anzi, allorché questi venga, in ragione delle direttive impartite dal committente, ridotto al rango di mero esecutore, può di conseguenza ravvisarsi la responsabilità esclusiva del committente per i danni arrecati a terzi (Xxxx., sent. 12 luglio 2006, n. 15782 e sent. 20 gennaio
2003, n. 719).
Ovviamente, il condominio-committente, laddove si vedesse imputato di responsabilità verso terzi, non mancherà di rovesciare contro l'amministratore "reo.' di essersi intromesso nella gestione dell'opera, quanto fosse tenuto a corrispondere a terzi.
Difformità e vizi dell’opera
Quanto alle patologie, ossia al caso in cui lavori commissionati all'appaltatore presentassero vizi o difformità e si rendesse pertanto necessario contestarli all'appaltatore (ma anche al direttore lavori o al progettista) è bene ribadire quanto già accennato sopra circa le differenze sostanziali che corrono tra il disposizioni di cui agli artt. 1667 e 1669 cod. civ.
Art. 1667 cod. civ. - Difformità e vizi dell'opera L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore.
Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se !'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati.
L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera.
Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni
dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.
Art. 1665 cod. civ. - Rovina e difetti di cose immobili
Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta.
Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia.
Come ognun può bene vedere, l'art. 1667 cod. civ. rappresenta una classica ipotesi di responsabilità contrattuale, essendo che l'interlocutore dell'appaltatore è costituito dal committente, mentre, nel caso dell'art. 1169 cod. civ., si è in presenza di una forma di responsabilità extracontrattuale, essendo che l'azione verso l'appaltatore è data anche agli aventi causa del committente, il che sta a significare come anche i condomini che avessero acquistato la loro unità in epoca successiva alla costruzione del fabbricato, e dai primi acquirenti di essa, hanno egualmente titolo per rivalersi nei confronti dell'originario costruttore.
L'art. 1669 cod. civ. è diretto alla tutela dell'esigenza di carattere generale della conservazione e funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati per loro natura a lunga durata. Conseguentemente, l'azione di responsabilità prevista da detta norma ha natura extracontrattuale e, trascendendo il rapporto negoziale in base al quale l'immobile è pervenuto nella sfera di un soggetto diverso dal costruttore, può essere esercitata nei confronti di quest'ultimo, quando abbia veste di venditore, anche da parte degli acquirenti, i quali in tema di gravi difetti dell'opera possono fruire del termine decennale di prescrizione ed annuale di decadenza (Cass., sent.
8 maggio 2013, n. 10893; sent. 31 marzo 2006, n.
7634; sent. 13 Gennaio 2005, n. 567 e sent. 29
marzo 2002, n.4622).
Invero è sorta questione circa la portata sostanziale delle due norme, ed in particolare avuto riguardo alla figura dell'appaltatore che, pur non avendo costruito ex novo il fabbricato, lo avesse riattato ponendo in essere opere "destinate per loro natura a lunga durata".
È il caso del contratto d'appalto stipulato dal condominio per il rifacimento del tetto, delle fondazioni, delle facciate, deterioratesi nel tempo. La giurisprudenza ha finalmente riconosciuto che la garanzia del costruttore/appaltatore, ai sensi dell'art. 1669 cod. civ., opera anche nell'ipotesi di interventi di riparazione e modifica successiva alla edificazione del fabbricato, appunto allorché si tratti di opere destinate per loro natura a lunga durata (Cass., sent. 4 novembre 2015, n. 22553). Entrambe le norme in commento fanno riferimento alla consegna dell'opera al committente che costituisce un atto puramente materiale che si realizza mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente; mentre l'accettazione esige che il committente esprima, anche solo di fatto, il gradimento dell'opera (Cass., sent. 10 novembre 2015, n. 22879).
Tale momento è sicuramente di grande rilevanza, atteso che da esso decorrono i termini utili vuoi per la denuncia dei vizi vuoi per l'eventuale instaurazione dell'azione giudiziaria.
Tuttavia può darsi che i vizi dell'opera siano di natura occulta, tali cioè da non essere immediatamente percepibili nella loro gravità e consistenza.
In argomento va detto che l'amministratore è senza meno legittimato a proporre la denuncia dei vizi (Xxxx., sent. 20 novembre 2007, n. 24143 e
sent. 8 novembre 2010, n. 22656).
Non essendo sempre semplice determinare il momento da cui decorrono i termini per la denuncia dei vizi o per la promozione dell'azione giudiziaria, il Supremo Collegio ha avuto modo di precisare più volte come il momento iniziale va
fatto decorrere dalla data di asseveramento della perizia stragiudiziale che accerta in danni (Xxxx., sent. 20644/2013).
Il Supremo Collegio ha fatto decorrere il momento utile per la denuncia dei vizi da quello in cui si abbia effettiva conoscenza della natura del difetto (Xxxx., sent. 9 dicembre 2013, n. 27433), la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo dall'atto dell'acquisizione di idonei accerta menti tecnici (Xxxx., sent. 17 dicembre 2013, n. 28202; sent. 31 gennaio 2008,
n. 2313 e sent. 31 gennaio 2011, n. 2169).
Quanto i gravi vizi riscontrati a un immobile di nuova costruzione sono subito manifesti il termine di decadenza per la denuncia al costruttore inizia subito e decorrere, poiché degli stessi si ha piena conoscenza (Xxxx., sent. 30 maggio 2014, n. 12297).
È il committente ad avere l'onere di provare di aver notificato la denuncia nei termini di legge, termine che decorre dal giorno in cui il committente abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale, non essendo sufficienti, viceversa, manifestazioni di scorsa rilevanza e semplici sospetti (Cass., sent. n. 1463/2008 e seni. io aprile 2001, n. 5319).
Va dunque prestata attenzione nel caso in cui nel testo di verbali d'assemblea condominiale emerga come i condomini fossero a conoscenza dei vizi dell'opera in anni antecedenti rispetto al momento in cui ne è stata fatta denuncia, pena la maturazione della prescrizione dell'azione dì garanzia (Xxxx., sent. 22 novembre 2013, n. 2633).
Importante è anche il tema relativo ai vizi ed alle difformità dell'opera riconosciuti da parte dell'appaltatore, riconoscimento che deve ritenersi sussistente anche se l'appaltatore, ammessa l'esistenza del vizio, contesti o neghi di doverne rispondere (Casa., sent. 9 novembre 2000, n. 14598).
L'accettazione dell'opera, anche tacita, se il committente riceve l'opera senza riserve, pur non liberando l'appaltatore per le difformità e i vizi occulti dell'opera stessa, lo libera per quelli riconosciuti o riconoscibili in sede di verifica (Cass., sent. 31 ottobre 2014, n. 23293).
Laddove si sia verificato il riconoscimento, il costruttore - appaltatore assume, in luogo dell'obbligazione di garanzia rientrante nel contenuto dell'originario contratto, l'obbligo di eliminare i vizi stessi, e tale nuova obbligazione è autonoma, non soggetta ai termini di prescrizione di decadenza previsti dalla disciplina del contratto d'appalto (Cass., sent. 5 settembre 1994, n. 7651). L'appaltatore è esente da responsabilità soltanto ove dimostri che gli errori progettuali e di realizzazione eventualmente commessi in corso d'opera non potevano essere riconosciuti, ovvero che, nonostante la loro tempestiva prospettazione e denuncia al committente dell'opera, quest'ultimo abbia egualmente esposto il progetto finale, ribadendone le istruzioni, posto che in tale eccezionale caso l'appaltatore agisce come nudus minister del medesimo committente, ed il rapporto d'appalto viene degradato a mero rapporto di lavoro subordinato (Xxxx., sent. 13 febbraio 2009, n. 3659; sent. 13 marzo 2009, n. 6202; sent. 2
dicembre 2008, n. 28605; sent. 29 marzo 2007, n.
7755; sent. 21 maggio 2006, 11. 12995 e sent. 12
aprile 2005, 11. 7515).
È stata esclusa la responsabilità del condominio per i danni provocati da un appaltatore in relazione al sovrappeso della struttura di copertura montata nel corso della ristrutturazione del fabbricato, poiché il potere di controllo e di sorveglianza del committente è limitato alla verifica della rispondenza dei lavori eseguiti con quelli richiesti (Xxxx., sent. n. 19742/2014).
Nel caso in cui si sia verificato un danno verso terzi da parte dell'appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal rappresentante del committente stesso, è ravvisabile la responsabilità del condominio e dell'amministratore stesso (Xxxx., sent. 30 settembre 2014, n. 20557).
Ai fini della responsabilità del costruttore - appaltatore di cui all'art. 1669 i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista nell'articolo suddetto possono consistere in tutte le alterazioni che, pur riguardando direttamente una sola parte dell'opera, incidano sulla funzionalità globale, menomando apprezzabilmente il godimento dell'opera medesima (Xxxx., sent. 4 novembre 2005, n. 21351), come, per esempio, il cattivo isolamento acustico (Cass., sent. 23 aprile 2007, n. 2715), ma è anche il caso delle infiltrazioni d'acqua in quanto incidenti sulla funzionalità dell'opera, menomandone il godimento (Cass., sent. io aprile 2001, n. 5319 e sent. 10 dicembre 1999, n. 13850).
Nell'ambito dei gravi difetti costruttivi di un'opera rientrano non solo i fenomeni che influiscono sulla staticità dell'edificio, ma anche quelle alterazioni che, pur riguardando direttamente una parte dell'opera, incidono sulla struttura e funzionalità globale, menomando in modo apprezzabile il godimento dell'opera medesima, senza che rilevi in contrario l'esiguità della spesa occorrente per il relativo ripristino (Cass., sent. 13 novembre 2014, n. 24188).
Il difetto di costruzione, pur non riguardando partì essenziali della stessa, bensì quegli elementi accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinata, rileva ai fini dell'art. 1669 cod. civ. ove incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo (Cass., sent. 18 giugno 2014, n. 13882).
I gravi difetti possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell'edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell'ipotesi di infiltrazione d'acqua e umidità nelle murature del vano scala (Cass., sent. n. 84/2013 e sent. n. 14650/2013), così anche nel caso del crollo o del disfacimento del rivestimento esterno dell'edificio ovvero del distacco dell'intonaco (Cass., sent. 9 settembre 2013, n. 20644 e sent. 3
dicembre 2013 n. 27433).
L'appaltatore risponde anche, assumendo un'obbligazione di risultato e non di mezzi, per i vizi e difetti che derivino da condizioni preesistenti, imputabili allo stesso committente od a terzi se, conoscendoli o potendoli conoscere con l'ordinaria perizia, egli non li abbia segnalati all'altra parte o che non abbia adottato gli accorgimenti opportuni al fine di far conseguire un risultato utile (Xxxx., sent. 18 maggio 2011, n. 10927); così anche risponde nell'ipotesi di errori nel progetto fornito dal committente, avendo egli l'onere dei necessari controlli e della correzione di tali errori (Cass., sent. 27 maggio 2011, n. 11815). Il costruttore appaltatore risponde anche se i difetti riscontrati nell'opera possono essere imputanti ad un subappaltatore (Trib. Padova, sent. 12 novembre 2014, n. 3428).
L’amministratore risponde anche penalmente se non ordina l’esecuzione di opere e lavori
Già si è fatto cenno alla possibilità che l'amministratore di condominio si trovi a rispondere anche penalmente nel caso in cui, anche avendone l'obbligo, non abbia ordinato l'esecuzione di opere e lavori.
II riferimento corre in particolare all'art. 677 cod. pen. il quale afferma: «Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo è punito ...».
Molti sono i casi trattati dai giudici penali in argomento.
Un amministratore è stato condannato per lesioni colpose gravi causate alla cliente di una farmacia posta nello stabile condominiale che ha subito lesioni a causa dell'omesso livellamento della pavimentazione (Cass. pen., sent. n. 34147/2012). L'amministratore può essere ritenuto personalmente responsabile di omessa osservanza o esecuzione di ingiunzione municipale, soltanto se le opere ingiunte sono di ordinaria manutenzione, mentre per quelle di straordinaria manutenzione i condomini sono tenuti a
deliberare in assemblea e, in tal caso, l'obbligo dell'amministratore si esaurisce con il tempestivo avviso di convocazione dell'assemblea (Cass. pen., sent. 10 luglio 1950, n. 1765).
Nello stesso senso è stato affermato che la mancata formazione della volontà assembleare e l'omesso stanziamento dei fondi necessari a porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo, esonera da responsabilità penale l'amministratore (Xxxx., sent. 21 maggio 2009, n. 21401).
In senso contrario è stato affermato che l'amministratore ha la titolarità dei poteri attinenti alla conservazione e alla gestione delle cose e dei servizi comuni, fra i quali rientra anche quello di attivarsi per l'eliminazione di situazioni che possono potenzialmente causare la violazione del principio del neminem laedere (Cass. pen., sent. 6 maggio 1983).
È stata ritenuta la penale responsabilità dell'amministratore di condominio, onerato dell'obbligo di garanzia in relazione alla conservazione delle parti comuni, in una fattispecie di incendio riconducibile a un difetto di installazione di una canna fumaria di proprietà di un terzo estraneo al condominio che attraversava parti comuni dell'edificio (Cass. pen., sent. 13 ottobre 2009, n. 39959).
È stata ritenuta la penale responsabilità di un amministratore condominiale il quale non osservava l'ordinanza sindacale con cui gli era fatto obbligo di eseguire lavori urgenti sullo stabile in imminente pericolo di crollo sulla pubblica via poiché egli, nonostante l'inerzia dei singoli condomini, avrebbe dovuto attivarsi per l'esecuzione in via d'urgenza dei lavori straordinari (Cass. pen., sent. 25 febbraio 2003, n. 9027).
La più recente sentenza è la n. 46385 del 2.4 novembre 2015, della Cassazione penale, la quale ha affermato che l'amministratore è garante per il condominio e risponde di lesioni colpose ove non si sia attivato per prevenire un pericolo, anche se non ha il via libera dell'assemblea e non dispone dei fondi necessari, avendo egli l'obbligo di rimuovere le situazioni che mettono a rischio
l'incolumità di terzi (nel caso si trattava del rivestimento dell'edificio).
È facile dunque ipotizzare che, almeno secondo una cospicua parte della giurisprudenza di legittimità, l'amministratore si debba determinare alla sottoscrizione del contratto d'appalto a prescindere dalla volontà dei condomini.
Xxxxx in eligendo, culpa in vigilando, e così via; come si è visto, l'amministratore è soggetto coinvolto a pieno titolo nella vicenda "contratto d'appalto".
Ma anche l'assemblea non può dormire sonni tranquilli, massimamente nei casi delle cosiddette "innovazioni necessarie", quali, per esempio, quelle necessarie a garantire la sicurezza e la salubrità dei beni e dei servizi comuni, a partire dagli impianti; e replico, gas, scarichi della combustione, ventilazione, idrico, sanitario, telefonico, citofonico, condizionamento, antenne, fognario, ascensore, centrale termica, linee vita, parafulmini, cancelli e porte automatici, antincendio, e quant'altro.
Infinite sono le norme che attengono a profili di sicurezza, tra le quali figura anche il "protocollo di controllo del rischio Legionellosi".
Tutto ciò presuppone una serie di contratti con cui vengono affidate a terzi le incombenze, le verifiche e le manutenzioni necessarie.
In questo senso, come detto, nemmeno l'assemblea del condominio dispone di totale discrezionalità, quando appunto si tratti di deliberare su "lavori necessari", quali quelli attinenti alla sicurezza, tanto che ciascun condomino potrà, all'occorrenza, ricorrere all'autorità giudiziaria, ex art. 1005 cod. civ. ultimo comma, per ottenere coattivamente l'esecuzione delle opere indispensabili.
Considerazioni conclusive
Seguire il contratto d'appalto vuol dire anche verificare e vigilare affinché il manutentore di turno compia puntualmente le mansioni affidategli e che delle operazioni effettuate rimanga traccia nei registri e nei libretti previsti dalle vigenti normative.
Conclusivamente: il contratto d'appalto impone una grande attenzione ancor prima della sua genesi, dovendosi accertare con la miglior puntualità quali opere o servizi debbano essere affidati, per passare poi attraverso una regolare delibera assembleare adottata con le maggioranze e i requisiti di
xxxxx, e con affidamento del contratto a un soggetto idoneo.
L'amministratore dovrà curare l'inserimento nel contratto di tutte quelle clausole che sono opportune per la tutela degli interessi dei condomini: tempistica, modalità di esecuzione, garanzie prestate dall'appaltatore, determinazione del compenso, nomina del direttore lavori e dei responsabili ex X.Xxx. 81/2008.
Tutto ciò è bene sia deciso in sede di assemblea, così sollevando l'amministratore da possibili imputazioni di negligenza e quindi da responsabilità.
Fatto questo, va seguito lo svolgimento delle opere e dei servizi al fine di verificarne l'aderenza al contratto, per effettuare i pagamenti al maturarsi delle scadenze, per contestare eventuali inadempimenti, per riferire all'assemblea di eventuali emergenze.
Senza dire degli inadempimenti di natura fiscale che possono conseguire al contratto e della gestione di eventuali agevolazioni fiscali previsti per legge.
Si conferma dunque la complessità intrinseca del contratto d'appalto e il non semplice ruolo che in esso compete all'amministratore, tanto che appare pienamente giustificata la previsione di un apposito compenso a mente dell'art. 1129 cod. civ. IVX comma.