Contract
2.2.3. Le garanzie della vendita
2.2.3.1. Inquadramento concettuale e sistematico
La garanzia per vizi e quella per evizione sono testualmente annoverate dall’art. 1476, n. 3 c.c. tra le “obbligazioni principali” del venditore (impropriamente, peraltro, come ora si vedrà) e costituiscono un effetto naturale del contratto, operante anche se non previsto dalle parti1.
Nel linguaggio giuridico si fa spesso riferimento a uno strumento unitario (garanzia per vizi ed evizione), valorizzando i tratti comuni, ferme restando alcune differenze, sia concettuali che di disciplina, tra il regime giuridico dei difetti materiali del bene (vizi) e quello delle situazioni giuridiche ostative alla soddisfazione del compratore (evizione).
Deve subito chiarirsi che la garanzia di cui si discute riguarda difetti del bene preesistenti rispetto alla conclusione del contratto2 e, nelle vendite di genere, all’individuazione della cosa; difatti, in virtù del principio del consenso traslativo, il compratore acquista la proprietà del bene al momento del perfezionarsi dell’accordo e i difetti sopravvenuti del bene possono semmai configurare inadempimento dell’obbligo di “consegnare il bene nello stato in cui si trovava al momento della conclusione del contratto” (art. 1477, comma 1, c.c.), se dipendenti da negligente custodia (art. 1777 c.c.) e dunque non si applica la speciale disciplina sui vizi nella vendita, bensì quella generale relativa all’inadempimento delle obbligazioni; precisazione, questa, di notevole rilievo, giacché, come si vedrà, i due regimi mostrano rilevanti differenze, sia con riguardo alla tipologia di rimedi esperibili (nella garanzia per vizi, ad esempio, è esclusa l’azione di esatto adempimento) sia per i presupposti (in particolare, sul criterio soggettivo d’imputazione e sui termini di decadenza e prescrizione).
Del resto l’esistenza stessa di questa garanzia “speciale”, in seno alla disciplina del contratto di compravendita, si ricollega alla peculiarità del fatto generatore della relativa responsabilità del venditore, costituto dall’inattuazione, o imperfetta attuazione, dell’attribuzione traslativa programmata per effetto di anomalie del bene preesistenti alla conclusione del contratto.
Difatti è proprio il presupposto della preesistenza del difetto (o, quanto meno, della causa che lo genera), rispetto al momento di espressione del consenso contrattuale traslativo, a impedire concettualmente la riconduzione della relativa responsabilità del venditore alla classica nozione di inadempimento dell’obbligazione: l’alienante è tenuto a consegnare all’acquirente la cosa sulla quale si è formato l’accordo, in qualunque stato si trovi, per cui non vi è spazio per configurare a suo carico un obbligo di prestazione in senso classico, che avrebbe singolarmente a oggetto “l’immunità del bene da vizi”3; in altre parole, a seguito del consenso traslativo “i giochi sono oramai fatti”, la res venduta si trova in un determinato stato e non ha senso concepire “un impegno del venditore a farla essere in un modo diverso da quella in cui è”4; a fronte di un bene già viziato al momento del consenso contrattuale, infatti, tale ipotetica obbligazione “nascerebbe già inadempiuta”, mentre il concetto di inadempimento dell’obbligazione presuppone una frustrazione dell’interesse creditorio
1 Questa parte sulla garanzia per vizi ed evizione è stata scritta da X. Xxxxxxxx e dall’avv. Xxxxxx Xxxx.
2 Più esattamente, si ritiene prevalentemente possa trattarsi anche di vizi insorti dopo la conclusione del contratto, purché derivanti da cause preesistenti alla stessa.
3 Cfr. X. Xxxxxxx, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, in Riv. Dir. Comm., 1953, pagg. 3 e segg.
4 X. Xxxxxx, Lezioni di diritto civile, Torino, 2014, pag. 169
cagionata da una condotta successiva alla nascita della stessa5. Pertanto, non essendo applicabile la disciplina generale sull’inadempimento delle obbligazioni a difetti del bene preesistenti al contratto di vendita, il legislatore ha dedicato a questi ultimi la speciale disciplina sulla garanzia per vizi ed evizione, ancorché impropriamente ascrivendola, nell’art. 1476 c.c., alle “obbligazioni” cui è tenuto il venditore6.
Tali conclusioni, sulle quali oggi si attesta la maggior parte degli interpreti, lasciano, però, impregiudicata la delicata questione relativa alla natura della garanzia per vizi e per evizione, in ordine alla quale si sono registrate molteplici teorizzazioni.
Alcune, muovendo dall’idea di fondo che il fenomeno della garanzia sottenda una falsa rappresentazione della realtà in danno dell’acquirente, l’hanno ricollegata all’errore sulla consistenza del bene7 ovvero alla figura della presupposizione (vedi il quinto Capitolo), intesa non già come condizione implicita, bensì quale errore sui motivi (eccezionalmente) rilevante perché collegato a un presupposto (l’immunità del bene da vizi) comune alle parti ed incidente sulla determinazione delle prestazioni. Ambedue le tesi sono state, però, oggetto di insuperabili obiezioni: il compratore non incorre in alcuna falsa rappresentazione, essendo piuttosto il venditore a non fargli conseguire il bene promesso.
Secondo un’altra tesi8, la garanzia per vizi ed evizione integrerebbe un’ipotesi di responsabilità precontrattuale per mancata comunicazione del difetto giuridico o materiale del bene (art. 1337 c.c.) in caso di mala fede del venditore ovvero per nullità del contratto dovuta all’inesistenza del bene (art. 1338 c.c.) in caso di buona fede del venditore; anche questa tesi, però, non sembra cogliere l’ubi consistam della garanzia in esame, la cui disciplina non evidenzia un mero intento del legislatore di garantire al compratore adeguata informazione sullo status materiale e giuridico del bene, dato che, per un verso, la preventiva comunicazione della causa dell’evizione non esclude l’operare della relativa garanzia e, per altro verso, l’esclusione della garanzia per vizi in caso di preventiva informazione sulla presenza di difetti materiali si collega piuttosto al principio di autoresponsabilità (vedi infra).
Altra parte della dottrina9 ha individuato nella garanzia una peculiare forma di assicurazione contrattuale, consistente nell’assunzione da parte del venditore del rischio che il risultato traslativo non risulti conforme alla previsione sinallagmatica. La principale obiezione mossa a tale tesi attiene all’eterogeneità dei rimedi contro i vizi e l’evizione rispetto allo schema di tipo indennitario proprio dell’assicurazione contrattuale, presupponendo questo che l’evento dannoso o pericoloso assicurato, fonte dell’obbligazione indennitaria, sia estraneo a qualsiasi impegno del garante di impedirne la verificazione, mentre la disciplina della garanzia per vizi ed evizione presuppone proprio uno specifico impegno dell’alienante a impedire l’evento “assicurato” (immunità dai vizi ed evizione) e riconosce al compratore il diritto al risarcimento del danno (art. 1492 c.c.) nei soli casi in cui le anomalie materiali o giuridiche del bene siano imputabili al venditore.
5 Cfr. X. Xxxxxxxx, La compravendita: xxxxx xx xxxxxxx xxxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 230 e ss.; X. Xxxxxx, La Compravendita, nel Trattato di dir. civ. e comm. Diretto da X. Xxxx e X. Xxxxxxxx, Milano, 1971, pagg. 683 e segg. 6 La dottrina prevalente concorda nel negare natura precettiva all’art. 1476 c.c., assegnando ad essa valore di mera qualifica formale.
7 X. Xxxxxxxxx, Dei singoli contratti, in Commentario del codice civile, tomo III, Utet, Torino, 1991, pagg. 69 e segg.; X. Xxxxxx, I vizi della cosa venduta nella dottrina dell’errore. Il problema dell'inesatto adempimento, Napoli 1996, pagg. 83 e segg.
8 X. Xxxxxxxxx, La reticenza nella formazione del contratto, Padova, 1972, pagg. 173 e segg.
9 A. Di Majo, L’esecuzione del contratto, Milano 1967, pagg. 207 e segg.; X. Xxxxx, La compravendita e la permuta, in Trattato di dir. civ. diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1963, pagg. 88 e segg.
La dottrina prevalente10, seguita dalla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione11, pur escludendo la configurabilità in capo al venditore di veri e propri obblighi di prestazione aventi a oggetto l’immunità del bene venduto da vizi (vedi supra), riconduce la garanzia a una peculiare ipotesi di responsabilità fondata sulla violazione del regolamento contrattuale, di natura speciale rispetto alla generale responsabilità da inadempimento delle obbligazioni, per le ragioni in precedenza esposte.
Tale impostazione evidenzia come la dichiarazione di vendita non possa che includere l’impegno del venditore ad alienare un bene conforme al contenuto (implicito o esplicito) delle determinazioni negoziali12, giacché la presenza di vizi giuridici o materiali, impedendo il prodursi di un effetto reale in linea con il programmato regolamento negoziale, determina una violazione dell’impegno traslativo e una concreta frustrazione degli interessi dell’acquirente. E tale violazione -pur non integrando, come detto, un inadempimento in senso proprio- è, comunque, idonea a generare una violazione del contratto e una conseguente responsabilità contrattuale, sul presupposto di fondo che quello di “inadempimento del contratto” è concetto più ampio e differente da quello di “inadempimento delle obbligazioni” nascenti dallo stesso, essendo riferibile a qualunque forma di violazione del regolamento condiviso fra le parti la cui esecuzione risulti essenziale al corretto prodursi degli effetti previsti.
Pertanto, una volta chiarito che la mancanza di un’obbligazione non è in sé di ostacolo alla configurazione di una responsabilità da inattuazione del programma contrattuale, può affermarsi che il venditore incorre in essa tanto in caso di inadempimento delle obbligazioni di custodia e consegna del bene (vizi del bene successivi alla stipula), quanto laddove il bene consegnato fosse originariamente difforme rispetto a quanto, poi, previsto in contratto13. Il che rivela come il sistema delle garanzie svolga una funzione sostanziale analoga a quella dei rimedi sull’inadempimento dei contratti a prestazioni corrispettive (in specie della risoluzione), notoriamente volti a rimediare all’alterazione del sinallagma contrattuale generato dall’inadempimento; infatti, analogamente all’inadempimento, la presenza di anomalie materiali o giuridiche della cosa venduta genera uno squilibrio del sinallagma contrattuale, impedendo il realizzarsi di un effetto traslativo conforme al regolamento contrattuale divisato dalle parti.
In definitiva, lo strumento della garanzia è stato coniato per attribuire rilevanza giuridica a forme di inesatta attuazione del programma negoziale non fronteggiabili con gli strumenti di reazione ordinari, causa il prodursi dell’effetto traslativo senza la mediazione di un’obbligazione.
Resta il fatto che la responsabilità per violazione della garanzia per vizi ed evizione, sebbene sia contraddistinta dalla medesima ratio sottesa alla disciplina generale sull’inadempimento del sinallagma contrattuale, si atteggia come una responsabilità di tipo speciale, non riconducibile agli artt. 1218 e 1453 c.c., il che spiega alcune deviazioni rispetto alla disciplina ordinaria e, in particolare, l’esclusione dell’azione di esatto adempimento e la natura obiettiva della stessa responsabilità.
10 X. Xxxxxxxx, La compravendita etc., op. ult. cit., pagg. 229 e segg.; X. Xxxxxx, La Compravendita etc., op. ult. cit, pagg. 683 e segg.
11 A partire dalla nota pronuncia delle Sezioni Unite 3 maggio 2019, n. 11748, su cui si tornerà diffusamente infra.
12 Cfr. X. Xxxxxxxx, La compravendita etc., op. ult. cit., pag. 232
13 Non si tratta, peraltro, dell’unica forma di responsabilità svincolata dalla prestazione del debitore conosciuta nel nostro ordinamento: nel contratto di locazione, ad esempio, il locatore è tenuto a garantire il pacifico godimento della cosa locata pur non essendo tale condizione oggetto di un prestazione del locatore, il quale, infatti, ove il pacifico godimento venga meno, ne risponde per il solo fatto che risulta insoddisfatta la pretesa derivante dal contratto, così Xxxxxxxxxxx A., La Garanzia per vizi nella vendita. Disciplina del codice civile e del codice del consumo, ed. Xxxxxxx, 2009, pag. 110.
Approfondendo, ora, quest’ultimo aspetto, l’irrilevanza della colpa ai fini dell’operatività della garanzia per vizi ed evizione discende direttamente dall’evidenziata assenza di una prestazione in relazione alla quale valutare la diligenza del venditore e la possibilità dell’adempimento. Ne deriva l’inapplicabilità dell’art. 1218 c.c. e, quindi, l’attivabilità dei rimedi edilizi anche ove il risultato traslativo conforme al contratto sia ancora possibile e nessuna colpa sia ascrivibile al venditore. Tale conclusione trova conferma nell’ordito della legge che riconosce i rimedi edilizi senza nulla precisare in merito alla colpa (art. 1492 c.c.), anche se, poi, ricollega espressamente la tutela risarcitoria alla colpa del venditore (art. 1494 c.c.), per cui il profilo dell’imputabilità non può dirsi del tutto estraneo al sistema delle garanzie14.
Venendo, infine, all’esclusione dell’azione di esatto adempimento sotto forma di riparazione o sostituzione del bene, anche tale profilo di specialità è conseguenza dell’assenza di una vera e propria obbligazione di consegnare un bene conforme. L’azione di esatto adempimento, infatti, si sostanzia nel diritto del creditore che abbia ricevuto una prestazione inesatta a ottenere dal debitore l’eliminazione dell’inesattezza o la sostituzione della prestazione con un’altra conforme. Invece nella vendita a immediati effetti reali, avvenendo il trasferimento della proprietà senza l’intermediazione di un’obbligazione di facere circa il modo di essere della cosa, il venditore risulta adempiente anche se consegna un bene affetto da anomalie, purché sia quello individuato in contratto, sicché non vi è spazio per un’azione diretta a rimediare all’inesattezza dell’adempimento. In tale contesto la richiesta di eliminare il vizio o sostituire il bene si sostanzierebbero, dunque, in pretese estranee al petitum dell’azione di esatto adempimento, non potendo il venditore essere costretto a eseguire una prestazione che esula dall’impegno contrattuale assunto, qual è la pretesa all’eliminazione dei vizi o alla sostituzione del bene, salvo che sia il venditore stesso ad assumere direttamente tale obbligazione (vedi infra).
Tuttavia, proprio in quanto la ragione dell’esclusione dell’azione di esatto adempimento è la diversità strutturale tra l’impegno di carattere meramente traslativo assunto dal venditore e il facere necessario alla riparazione o sostituzione del bene, permangono degli spazi per ammettere il rimedio nei casi in cui sia possibile postulare, accanto all’obbligo di consegna, un simile obbligo di facere15; così come una conclusione affermativa, quanto meno con riguardo alla richiesta di sostituire il bene, è sostenibile con riguardo alla vendita di un bene fungibile, la cui sostituzione si sostanzia nell’esecuzione di una prestazione di dare strutturalmente identica all’obbligazione nascente dal contratto di vendita16; ugualmente è stata prospettata l’ammissibilità dell’azione di riparazione e sostituzione del bene con riguardo alle “vendite di impresa” (negozi di scambio rientranti nel più ampio genus dei contratti di impresa), postulandosi l’applicabilità in via analogica della disciplina europea in materia di beni di consumo, che, in caso di
14 Difatti il venditore, giusto il disposto dell’art. 1494 c.c., è tenuto verso il compratore di un bene viziato, evitto o altrui al risarcimento del danno, comprensivo dell’interesse positivo, se non prova di aver concluso la vendita ignorando senza colpa l’altruità ovvero l’irregolarità giuridica o materiale del bene venduto: versandosi, qui sì, in materia contrattuale, infatti, opera la presunzione generale di colpa di cui all’art. 1218 c.c.
15 Cfr. X. Xxxxxxxx, La compravendita etc., op. ult. cit., pagg. 307 e segg.; può pensarsi alla vendite concluse dallo stesso fabbricante della res, ove l’attività oggetto della prestazione del venditore-costruttore contempla sia un dare che un facere.
16 In siffatti ipotesi, dunque, la pretesa alla sostituzione del bene può ricondursi nell’alveo dell’azione di esatto adempimento dell’obbligazione di consegna, non implicando per il venditore lo svolgimento di un’attività differente e ulteriore rispetto all’impegno contrattuale.
vendita di un bene non conforme, riconosce al consumatore-acquirente, nei confronti del venditore, il diritto alla riparazione del bene o alla sostituzione di esso (art. 130 cod. cons.)17.
Anche se tali aperture dottrinali verso l’ammissibilità del rimedio dell’esatto adempimento non hanno sempre incontrato il favore della giurisprudenza18, che -fatta eccezione per il caso della consegna di un bene diverso da quello pattuito (vedi infra)- è prevalentemente orientata a escludere l’ammissibilità dell’azione di esatto adempimento.
La disciplina della vendita rimane, quindi, connotata da numerosi e significativi profili di rigidità, specie se confrontata con la disciplina generale dell’inadempimento contrattuale. Basti qui rilevare che, alla generale impossibilità di esperire l’azione di adempimento in alternativa a quella di risoluzione, si affiancano l’esclusione della garanzia per i vizi apparenti o facilmente riconoscibili (art. 1490 c.c.) e la previsione di brevi termini di decadenza e prescrizione entro i quali fruire delle tutele (vedi infra), regole che aggravano ulteriormente la posizione del compratore, addossandogli l’onere di verificare tempestivamente lo stato della cosa. Il rigore di tale disciplina risponde probabilmente all’esigenza di assicurare una rapida stabilizzazione degli acquisti, la certezza dei traffici e la velocità degli scambi commerciali, valori da bilanciare con l’interesse dell’acquirente a ricevere un bene conforme alle legittime aspettative contrattuali.
2.2.3.2. La disciplina della garanzia per vizi occulti e per mancanza di qualità essenziali o promesse
OMISSIS
2.2.3.3. Il regime temporale dei rimedi edilizi: operatività delle ordinarie cause di interruzione e sospensione della prescrizione.
L’esercizio delle azioni edilizie è temporalmente circoscritto attraverso la previsione di un duplice termine, di decadenza e di prescrizione, finalizzato, come anticipato, a garantire una celere stabilizzazione degli acquisti.
In particolare l’art. 1495 c.c. statuisce che:
- il compratore decade dalla garanzia se non denuncia il vizio al venditore entro otto giorni dalla sua scoperta, salvo diverso termine pattiziamente fissato.
- tutte le azioni rientranti nella garanzia si prescrivono se non esercitate entro un anno dalla consegna del bene e, a quel punto, resterà al compratore la sola possibilità di invocare il vizio
17 Soluzione, questa, che ha il merito di rimediare all’asimmetria normativa venutasi a creare nel sistema delle vendite commerciali, ove si consideri che, in relazione ai contratti di beni acquistati per uso professionale concluso tra parti le cui sedi d'affari si trovano in stati differenti, l’art. 46 della Convezione di Vienna riconosce espressamente al compratore il diritto di esigere la sostituzione o la riparazione del bene che presenti un difetto di conformità: cfr.
X. Xxxxxxxx, La compravendita etc., op. ult. cit., pag. 310.
18 In tal senso è pacificamente orientata la giurisprudenza della Corte di Cassazione, cfr. in ultimo Cassazione, Sezioni Unite, 13 novembre 2012, n. 19702, ove si legge che l’azione di esatto adempimento “non è apprestata dalla disciplina della garanzia per vizi, che attribuisce al compratore la scelta soltanto tra la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto. Il diritto di ottenere, in alternativa, la riparazione del bene, infatti, è riconosciuto soltanto in particolari ipotesi: limitatamente ai beni mobili, quando “il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon funzionamento della cosa venduta”, oppure “gli usi ... stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento è dovuta anche in mancanza di patto espresso” (art. 1512 c.c., che fissa in sei mesi dalla scoperta il termine di prescrizione); sempre limitatamente ai mobili, “per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene”, se il venditore è un “professionista” e il compratore un “consumatore” (artt. 128 ss. del codice del consumo, adottato con il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, che fissano in ventisei mesi dalla consegna il termine di prescrizione)”.
in via di eccezione nell’eventuale giudizio esperito dal venditore per la sua condanna al pagamento del prezzo.
Il breve termine di decadenza indicato non opera laddove il venditore abbia occultato il vizio ovvero lo abbia riconosciuto.
La medesima regola non è, invece, dettata rispetto al termine di prescrizione - prevedendo il legislatore, senza esclusioni di sorta, che lo stesso decorra dal momento delle consegna- e ciò ha posto il problema di vagliare l’applicabilità ai rimedi edilizi delle ordinarie cause di interruzione e sospensione della prescrizione.
Quanto all’ipotesi dell’occultamento del vizio, viene in rilievo il disposto dell’art. 2941, n. 8, c.c. che prevede la sospensione del corso della prescrizione nel caso in cui il debitore abbia posto in essere un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare il debito.
Al riguardo la giurisprudenza prevalente ritiene che “la prescrizione dell'azione di garanzia accordata al compratore decorre, in ogni caso, dalla consegna allo stesso del bene, non rilevando in senso contrario che l’acquirente non abbia la possibilità di scoprire il vizio, nonostante l'avvenuta consegna, o che questo gli sia stato dolosamente occultato dal venditore, con espedienti o raggiri, salva tuttavia la possibilità, in tale ultimo caso, di invocare la sospensione della prescrizione, agli effetti dell'art. 2941, n. 8, c.c., ove si accerti la sussistenza di una dichiarazione del venditore, non solo obiettivamente contraria al vero quanto, altresì, caratterizzata dalla consapevolezza dell'esistenza della circostanza taciuta e dalla conseguente volontà decipiente”19.
La questione è, dunque, risolta riconducendo all’art. 2941, n. 8, c.c. l’occultamento doloso dei vizi, il quale rileva come causa non solo di esclusione dell’obbligo di denuncia, ma anche di sospensione della prescrizione.
Si esclude, invece, che possa incidere sulla prescrizione il riconoscimento del vizio da parte del venditore -inteso come ammissione della sua esistenza al momento della consegna- salvo che a tale dichiarazione si accompagni l’ulteriore ammissione dell’esistenza del diritto dell’acquirente alla garanzia; in quest’ultimo caso, infatti, trova applicazione l’art. 2944 c.c. che assegna al riconoscimento del diritto della controparte effetto interruttivo della prescrizione, con la conseguente decorrenza di un nuovo termine di prescrizione annuale.
Sull’operatività delle cause ordinarie di interruzione e sospensione della prescrizione ai rimedi edilizi sono state chiamate a pronunciarsi le Sezioni Unite, con particolare riferimento al dubbio se possa riconoscersi efficacia interruttiva, oltre che alla proposizione di una delle domande giudiziali legate alla garanzia per vizi, anche ad atti stragiudiziali come la costituzione in mora del venditore (art. 2943, comma 4, c.c.).
Sul punto, infatti, era insorto un contrasto giurisprudenziale.
Un primo orientamento20 riteneva che la prescrizione dei rimedi edilizi potesse essere utilmente interrotta soltanto dalla proposizione di una domanda giudiziale per vizi e non anche mediante atti di costituzione in mora.
A tal fine si valorizzava soprattutto la natura di “responsabilità speciale da contratto” (vedi supra) della garanzia in esame: dall’assenza di un vero e proprio obbligo di prestazione in capo al venditore si inferiva la natura sostanziale di diritto potestativo della garanzia edilizia e, conseguentemente, l’inefficacia interruttiva della semplice costituzione in mora; secondo l’impostazione prevalente, infatti, la costituzione
19 Così Cassazione civile, Sez. II, 28 luglio 2017, n. 18891.
20 Tale orientamento, espresso per la prima volta da Xxxx, Sez. II, 3 dicembre 2003, è stato seguito da numero pronunce, tra le quali Xxxx. Civ. Sez. II, 27 settembre 2007, n. 20332; Cass. Civ. Sez. II, 4 settembre 2017, n. 20705.
in mora è in grado di interrompere la prescrizione nei soli diritti di obbligazione e non anche nei diritti potestativi, i quali, vedendo il controinteressato in una situazione di soggezione, anziché di obbligo, implicano un atto interruttivo della prescrizione di carattere giudiziale21; su tali presupposti l’orientamento in esame riteneva che la prescrizione della garanzia per vizi potesse essere interrotta dalla sola presentazione della domanda giudiziale di risoluzione o di riduzione del prezzo e non anche dalla costituzione in mora del venditore.
Un secondo indirizzo22, invece, valorizzando soprattutto la distinzione concettuale tra la garanzia per vizi come posizione soggettiva sostanziale e le relative azioni edilizie, nell’ambito del normale rapporto tra diritto soggettivo e mezzi di tutela dello stesso, riteneva che la prescrizione potesse essere interrotta anche con modalità differenti dall’esercizio delle azioni, quindi anche con la costituzione in mora del venditore23.
Vi era, poi, un terzo indirizzo24, intermedio, che tentava di ricondurre a unità i due orientamenti prima richiamati, distinguendo il caso in cui il compratore dichiari nella costituzione in mora di avvalersi direttamente dell’azione di risoluzione del contratto da quello in cui manifesti la volontà di esercitare la garanzia riservandosi di effettuare successivamente la scelta tra i rimedi consentiti dall’art. 1492 c.c.; soltanto in quest’ultima ipotesi, infatti, avrebbe potuto realizzarsi l’effetto interruttivo della prescrizione, giacché nel primo caso il venditore fa valere il diritto potestativo alla risoluzione del contratto, suscettibile di interruzione soltanto mediante l’esperimento della relativa azione giudiziale.
Le Sezioni Unite25 hanno risolto il contrasto accogliendo l’indirizzo che riconosce efficacia interruttiva (anche) agli atti di costituzione in mora.
21 Quest’impostazione si basa sul dato di fondo che, non implicando i diritti potestativi alcuna collaborazione da parte del soggetto passivo del rapporto (vedi il secondo Capitolo, sulla nozione generale di diritto potestativo), allora, non ha senso riconoscere capacità interruttiva della prescrizione a un atto, quale la costituzione in mora, che consiste in una diffida, rivolta al debitore, a tenere una certa condotta, data l’inutilità della stessa ai fini della soddisfazione del titolare del diritto.
Si osserva, peraltro, per completezza, come il meccanismo interruttivo della prescrizione basato sulla domanda giudiziale non sia logicamente concepibile in relazione a quella particolare species di diritti potestativi che si possono definire “pienamente autoesecutivi”, ove il titolare ha il potere di modificare unilateralmente la sfera giuridica della controparte mediante una semplice manifestazione di volontà, senza dover ricorrere al giudice (si pensi, ad esempio, al diritto di recesso); in tali ipotesi, infatti, non è concepibile alcuna domanda giudiziale, proprio perché il titolare esercita il diritto “in piena autonomia”, per cui l’unica via immaginabile di interruzione della prescrizione è di natura stragiudiziale (sostanzialmente una “minaccia preventiva” di esercitare il diritto di recesso), salvo ritenere che, in relazione a queste specifiche situazioni, non esista alcun modo di interrompere la prescrizione, potendo il titolare del diritto “soltanto esercitarlo”, esprimendo la relativa volontà modificativa (ad esempio, la volontà di recedere, che determina ipso iure cessazione del vincolo contrattuale).
Discorso diverso vale per i diritti potestativi il cui esercizio presuppone, invece, l’intervento del giudice, come nel caso, ora in esame, della garanzia per vizi e dei relativi rimedi edilizi (quale altro significativo esempio può richiamarsi quello della tutela costitutiva avverso l’inadempimento del contratto preliminare), ove, allora, si pone la problematica cui si è fatto dianzi riferimento nel testo.
22 Tale orientamento è stato inaugurato dalla pronuncia n. 2322 della Seconda Sezione della Corte di Cassazione del 6 giugno 1977 e poi, ripreso, da numerose altre pronunce di legittimità, tra le quali Cassazione civile, Sez. II, 10 settembre 1999, n. 9630; 8 luglio 2010, n. 18035; 10 novembre 2015, n. 22903; 4 settembre 2017, n. 20705.
23 In quest’ottica si sosteneva, altresì, che il compratore, per ottenere gli effetti interruttivi della prescrizione, neppure fosse tenuto a indicare in seno alla costituzione in mora il tipo di tutela che avrebbe eventualmente azionato in via giudiziale, né a inserire un’espressa riserva di tale facoltà.
24 Così, Cassazione civile, Sez. II, 27 aprile 2016, n. 8418.
25 Con sentenza 11 luglio 2019, n. 18762.
Difatti, pur condividendo la qualificazione della garanzia edilizia come una forma di responsabilità speciale per inattuazione o inesatta attuazione del programmato esito traslativo, la Suprema Corte ha escluso che questo osti all’applicabilità delle ordinarie cause di interruzione e sospensione della prescrizione. Ciò in quanto l’impossibilità di ravvisare in capo al venditore un obbligo di prestazione non esclude che il compratore vanti una pretesa sostanziale all’esatta esecuzione del contratto, protetta dall’ordinamento attraverso i rimedi edilizi, i quali non si sostituiscono al diritto di garanzia ma semplicemente ne perseguono la finalità in chiave di tutela, per cui il compratore, attivando tali rimedi, non esercita “un singolo specifico potere”, bensì fa valere il proprio "diritto alla garanzia" derivante dal contratto”, sicché “deve ammettersi che lo possa fare attraverso una manifestazione di volontà extraprocessuale”26.
A sostegno di tale soluzione interpretativa la Suprema Corte invoca diversi argomenti, di ordine storico, sistematico e socio-economico.
Sotto il profilo storico valorizza la diversa formulazione della norma nel vigore del codice del 1865, laddove l’art. 1505 c.c., stabilendo che l’azione redibitoria dovesse essere proposta entro un anno della consegna, lasciava propendere per la necessità ai fini interruttivi della presentazione dell’esperimento dell’azione. Se è vero che anche l’art. 1495 c.c. riferisce la prescrizione all’azione (e non al diritto), le Sezioni unite escludono che a questa terminologia possa riconoscersi valore dirimente, giacché pure in altre disposizioni normative il legislatore tratta (in senso atecnico) di prescrizione dell’azione, riferendosi in realtà al diritto sostanziale sotteso, come all’art. 2947, comma 3 c.c., che rivolge la prescrizione indistintamente sia all’azione sia al diritto al risarcimento del danno, ovvero all’art. 132, comma 4, del codice del consumo (d.lgs. n. 206/2005), in cui si parla, per un verso, di azione e, per altro verso, di “far valere i diritti ” correlati ai vizi della cosa venduta.
Un indice sistematico a conferma dell’impostazione, è tratto dall’art. 1492, comma 2, c.c., a mente del quale la scelta del mezzo di tutela (riduzione del prezzo o risoluzione del contratto) “è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale”: ritiene la Cassazione che tale disposizione, nel momento in cui ricollega alla domanda giudiziale il solo effetto di rendere irrevocabile la scelta del rimedio, implicitamente consenta al compratore di avvalersi del diritto di garanzia in via stragiudiziale.
Sul piano socio-economico, infine, le Sezioni unite evidenziano come la soluzione adottata assicuri una deflazione del contenzioso, consentendo di interrompere la prescrizione anche con semplice costituzione in mora, senza, cioè, costringere il compratore ad agire immediatamente in giudizio e, in tal modo, lasciando residuare la possibilità di un intervento del venditore -previo accordo in tal senso- volto all’eliminazione dei vizi.
2.2.3.4. Il riparto dell’onere della prova
OMISSIS
2.2.3.5 I patti di esclusione e modificazione della garanzia
OMISSIS
26 Concettualmente il diritto di garanzia rappresenta la pretesa sostanziale all’esatta esecuzione del contratto, mentre i rimedi edilizi ne costituiscono il risvolto processuale; si postula, quindi, una distinzione, in seno al diritto di garanzia, tra il contenuto dello stesso che indentifica l’interesse tutelato (cioè la pretesa sostanziale all’esatta attuazione del risultato traslativo) e il contenuto dello stesso che attiene alla tutela (cioè i poteri strumentali volti a ripristinare la situazione lesa, nella fattispecie i rimedi edilizi).