Introduzione. La permuta a catena *
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Introduzione. La permuta a catena *
SOMMARIO
1.1. Il rapporto giuridico plurilaterale senza comunione di scopo. – 1.2. Contratti plurilaterali con comunione di scopo e contratti plurilaterali senza comunione di scopo. – 1.3. La fattispecie concreta. – 1.4. La per- muta a favore di terzo sospensivamente condizionata al trasferimento del terzo in favore dello stipulante. – 1.5. Il contratto di permuta a catena. –
1.6. Atipicità. – 1.7. Struttura. – 1.8. Disciplina giuridica. – 1.9. Aspetti pubblicitari, fiscali, redazionali.
1.1. Il rapporto giuridico plurilaterale senza comunione di scopo
L’analisi di una particolare fattispecie concreta (c.d. permuta a ca- tena), di recente condotta a livello professionale, ha costituito l’occa- sione per un approfondimento teorico, volto, da un lato, all’esame delle possibili soluzioni del caso concreto, dall’altro, all’analisi strut- turale di quelle, che, più compiutamente ed efficacemente, sembrano
Il presente capitolo riproduce, nella sostanza, con l’aggiunta dell’ultimo para- grafo, il mio precedente articolo Prime riflessioni sulla permuta a catena, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2002, II, 283 ss.
realizzare gli interessi delle parti. L’approfondimento è stato, peral- tro, condotto, inquadrando la fattispecie nell’ambito della categoria generale, non già del contratto, ma del rapporto giuridico plurilate- rale senza comunione di scopo, nella convinzione che, a prescindere dalla circostanza che un rapporto giuridico plurilaterale senza co- munione di scopo possa nascere da un solo negozio e cioè da un con- tratto, sia necessario, ai fini di una maggiore, migliore e più completa comprensione del fenomeno, verificare la possibilità che lo stesso na- sca da più negozi bilaterali o unilaterali, tra loro collegati, ciascuno i- doneo a produrre effetti giuridici propri ed autonomi e, cioè, non strumentali o meramente prodromici o preliminari, di guisa che alme- no uno, o più, degli effetti finali, dai quali nasce il rapporto giuridico plurilaterale, sia direttamente imputabile a ciascuno dei negozi unila- terali o bilaterali, nei quali risulta scomponibile la fattispecie.
Questa impostazione consentirà di rivedere diversi istituti, quali
la delegazione, la cessione del contratto, il contratto a favore di terzo, la divisione e la transazione, verificando, per ciascuno di essi, se il diverso approccio permetta e giustifichi ulteriori possibilità applica- tive rispetto a quelle solitamente praticate.
1.2. Contratti plurilaterali con comunione di scopo e contratti pluri- laterali senza comunione di scopo
Prima di passare all’esame della fattispecie concreta, dalla quale ha preso le mosse l’indagine, sembra, peraltro, opportuno accennare brevemente alla distinzione tra contratti plurilaterali con comunione di scopo e contratti plurilaterali senza comunione di scopo, riservan- doci, peraltro, di ritornare sull’argomento all’esito del percorso volto alla rivisitazione di quegli istituti, appena sopra esposti, che, pur esu- lando dal campo dei fenomeni associativi, determinano necessaria- mente o possono determinare, a seconda delle circostanze, il coin- volgimento di più di due soggetti.
Secondo una impostazione, sarebbero contratti plurilaterali tutti quei contratti, conclusi da più di due parti, le prestazioni delle quali non siano l’una in funzione dell’altra, ma tutte in funzione della cre- azione di una organizzazione per il perseguimento di una finalità comune (cfr. XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Trattato Cicu-Messi- neo, III, t. 1, Milano, 1988, 178-179). A questi contratti sarebbe ri- volta la disciplina di cui agli artt. 1420, 1446, 1459 e 1466 c.c., mentre
tutte le altre ipotesi di accordi tra più parti non rivolti alla creazione di una organizzazione per il perseguimento di una finalità comune do- vrebbero, più genericamente, qualificarsi negozi plurilaterali o, più specificamente, trilaterali quando la partecipazione dei soggetti è fissa- ta necessariamente nel numero di tre (cfr. MESSINEO, Contratto pluri- laterale e contratto associativo, in Enc. dir., X, Milano, 1962, 154).
In effetti esistono dei contratti, come la transazione o la divisione, che, a seconda della concreta situazione degli interessi da regolamen- tare, possono venire conclusi da due parti o da più di due parti, sen- za che mai possa essere messa in discussione la natura contrattuale della fattispecie costitutiva, pur non essendo, questa, certamente, di- retta alla creazione di una organizzazione per la realizzazione di una finalità comune. Viene, così, ad emergere la distinzione tra contratti plurilaterali con comunione di scopo e contratti plurilaterali senza co- munione di scopo e, conseguentemente, si pone l’interrogativo di fondo sull’applicabilità della disciplina di cui agli articoli sopra citati soltanto alla prima categoria di contratti plurilaterali o ad entrambe (cfr. BELVEDERE, La categoria contrattuale di cui agli artt. 1420, 1446, 1459, 1466 c.c., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1971, 660 ss.).
Secondo un’altra impostazione, contratto plurilaterale sarebbe
quello dal quale nasce un rapporto giuridico con più di due titolari e ciò ancorché non si tratti di parti intese nel senso tradizionale di cen- tro di interessi contrapposti (cfr. XXXXXX, Diritto civile, 3, Il contrat- to, Milano, 1987, 55-58).
Qualunque sia l’impostazione prescelta, la possibilità che un con- tratto plurilaterale senza comunione di scopo continui a produrre de- gli effetti giuridici tra le parti rimanenti, nell’ipotesi del venir meno del vincolo di una parte, può, in effetti, giustificarsi, considerando quel- l’originario contratto plurilaterale come un contratto ormai bilaterale e, quindi, produttivo di effetti tra le parti se e nella misura in cui lo sa- rebbe stato, qualora fosse stato stipulato, sin dall’origine, da alcune soltanto delle parti di un possibile rapporto giuridico plurilaterale.
1.3. La fattispecie concreta
La fattispecie concreta, dalla quale ha preso le mosse l’indagine, è quella che vede coinvolti tre soggetti: A, B, C, ciascuno titolare di un bene immobile: rispettivamente a, b, c; A è interessato ad avere il bene c; B è interessato ad avere il bene a; C è interessato ad avere il bene b.
Una prima soluzione è quella di stipulare tre compravendite e pre- cisamente: A vende il suo bene a B; B vende il suo bene a C; C vende il suo bene ad A; in realtà, ciascuna delle parti è disposta a privarsi del suo bene non già per avere in cambio una somma di danaro, ma un altro bene.
Altra soluzione potrebbe essere quella di due permute collegate:
prima permuta: A trasferisce il suo bene a B, che trasferisce il suo bene ad A;
seconda permuta: A, divenuto titolare del bene b, lo trasferisce a C, che trasferisce il suo bene ad A.
Questa soluzione è più aderente alla volontà delle parti di realiz- zare uno scambio di beni e non uno scambio di cosa contro prezzo; inoltre, riduce da tre a due i rapporti – ed i relativi costi – nei quali viene ad articolarsi la fattispecie.
Presenta, però, lo svantaggio di far assumere ad un soggetto, e precisamente A, un impegno traslativo e di garanzia in ordine ad un bene, e precisamente il bene b, del quale diventa titolare solo per un istante ideale, temporalmente non apprezzabile e, comunque, soltan- to in via strumentale, mentre nessun impegno diretto, traslativo e di garanzia, assume, nei confronti del destinatario finale del bene b, l’originario titolare di esso.
1.4. La permuta a favore di terzo sospensivamente condizionata al trasferimento del terzo in favore dello stipulante
Più aderente alla effettiva dinamica traslativa sembra essere la so- luzione della permuta a favore di terzo sospensivamente condiziona- ta, non solo all’accettazione, ma anche, e soprattutto, al trasferimen- to del terzo in favore dello stipulante.
E precisamente: A, stipulante, trasferisce il suo bene a B, promit- tente, il quale, a titolo di permuta, assume, nei confronti di A, un impegno traslativo e di garanzia a favore di C.
In questa ipotesi, l’interesse dello stipulante alla prestazione a fa- vore del terzo C non è certo un interesse liberale, né è un interesse solutorio di un rapporto giuridico preesistente; è, invece, un interes- se di scambio: mentre, in generale, il contratto a favore di terzo non è sottoposto alla condizione dell’accettazione del terzo, ed anzi, qua- lora il terzo rifiuti di profittarne, la prestazione rimane a beneficio
dello stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto (cfr. art. 1411, ultimo comma, c.c.), in questa ipotesi la permuta a favore di terzo è sottoposta alla condi- zione sospensiva non solo dell’accettazione del terzo, ma del trasfe- rimento, da parte di questi, del suo bene in favore dello stipulante.
Secondo una parte della dottrina, l’attribuzione del diritto può essere subordinata all’adempimento, da parte del terzo, di obbligazioni precedentemente contratte dallo stesso, ma non all’assunzione di nuove obbligazioni o all’adempimento di oneri (cfr., in tal senso, CARRESI, Il contratto, in Trattato Cicu-Messineo, Milano, XXI, t. 1, 1987, 303).
A ben vedere, questa impostazione sembra volta ad evitare che il terzo, con l’as- sumere una nuova obbligazione, cessi di essere terzo e diventi parte del contratto; ciò che non si verifica nella fattispecie in esame, nella quale, come vedremo, il rapporto giuridico plurilaterale scaturisce dal collegamento negoziale tra il contratto a favore di terzo ed il negozio unilaterale di attribuzione dal terzo allo stipulante. Del resto, è stato già chiarito che la fonte dell’acquisto del diritto del terzo è, in ogni caso, il contratto tra stipulante e promittente, essendo rimessa all’autonomia delle parti soltanto il momento in cui questo debba avvenire, con l’apposizione di una condizione sospensiva o di un termine dilatorio (cfr., in tal senso, MIRABELLI, Dei contratti in generale, in Comm. cod. civ. redatto a cura di magistrati e docenti (artt. 1321-1469), Torino, 3a ed., 1980, 442-443; analogamente, XXXXXXXXX, I negozi a favore di terzo, Milano, 1970, 137; MAJELLO, Contratto a favore del terzo, in Dige- sto, Disc. priv., sez. civ., IV, Torino, 1989, 241).
Secondo altra parte della dottrina con la conclusione del contratto tra stipulante e promittente si producono solo effetti preliminari ed instabili, in virtù dei quali il terzo acquista il potere di consolidare e rendere definitivo l’acquisto, mediante la dichia- razione, avente valore negoziale, nei confronti di stipulante e promittente, di voler- ne profittare (cfr., in tal senso, sia pure con diverse sfumature ed argomentazioni, NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 29; XXXXXXXXX, I contratti a favore dei terzi, Milano, 1936, 197; G.B. XXXXX, Parte del negozio giuridico, in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, 911; XXXXXXXXXX, Contratto a favore di terzi, in Enc. giur. Treccani, IX, Roma, 1991, 4-5). Sulla figura del contratto a favore di terzo con mera efficacia interna, cfr., in dottrina, GIORGIANNI, L’obbligazione, Milano, 1951, 64; XXXXXXX, Contratto a favore di terzi, in Nov. Dig. It., IV, Torino, 1959, 656; MESSINEO, Contratto nei rapporti col terzo, in Enc. dir., X, Milano, 1962, 196.
A questo punto diventa necessario ed interessante far luce sulla natura giuridica del negozio traslativo dal terzo allo stipulante, inda- gandone soprattutto il profilo causale.
Si tratta di un negozio giuridico unilaterale recettizio.
Occorre, peraltro, verificare se la recettizietà sussista nei confron- ti del solo stipulante, che è l’unico destinatario della attribuzione tra- slativa del terzo, ovvero anche nei confronti del promittente.
Xxxxxx preferibile affermare la recettizietà anche nei confronti del promittente, sia in quanto il negozio traslativo del terzo costitui-
sce l’evento al quale è stato sospensivamente condizionato il contrat- to di permuta tra promittente e stipulante e, pertanto, è ravvisabile un interesse giuridicamente rilevante del promittente a conoscere di- rettamente la definitiva efficacia del vincolo assunto, cosicché il ne- gozio del terzo, pur producendo i suoi effetti traslativi solo a favore dello stipulante, può ritenersi diretto anche al promittente; sia, da altro punto di vista, in quanto esiste un preciso interesse del terzo a partecipare al promittente il suo negozio, dal quale deriva l’efficacia della attribuzione in suo favore, allo scopo di rendere il promittente pienamente consapevole della definitività dell’impegno traslativo as- sunto verso il terzo.
È un negozio giuridico unilaterale traslativo, cioè con effetti reali a favore dello stipulante.
Occorre, peraltro, verificare se tali effetti possano essere rifiutati ai sensi dell’art. 1333 c.c., per il quale la proposta diretta a conclude- re un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza del destinatario, il quale può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, impedendo così la formazione del contratto.
È noto che l’articolo, da ultimo citato, è stato interpretato da una parte della dottrina o come espressione di una ipotesi di contratto a formazione unilaterale (cfr. SACCO, Accordo, e formazione bilaterale del contratto, in SACCO-DE NOVA, Obbligazioni e Contratti, in Tratt. Xxxxxxxx, 10, II, Torino, 2a ed., 1995, 23 ss.; ID. La conclusione del- l’accordo, in I contratti in generale, a cura di XXXXXXXXX, I, Torino, 1999, 62 ss.) o come espressione della rilevanza giuridica in sé del negozio unilaterale favorevole per il destinatario, il quale, peraltro, conserva la facoltà di rifiutarne gli effetti (cfr. XXXXXXXXX, Dal con- tratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, 121 ss.; XXXXXXX, Manua- le di diritto privato, Napoli, 10a ed., 2003, 840 ss.).
Ma nella ipotesi considerata sembra doversi escludere tale possi- bilità, in quanto l’attribuzione allo stipulante costituisce l’evento che condiziona l’efficacia dell’attribuzione al terzo, che questi ha accetta- to facendola divenire irrevocabile.
È quindi un negozio giuridico unilaterale traslativo non ricondu- cibile nello schema di cui all’art. 1333 c.c., né, peraltro, nello schema, elaborato dalla dottrina, del pagamento traslativo con causa esterna (cfr. XXXXXXX, Babbo Natale e l’obbligo di dare, in Riv. not., 1991, 1414 ss.), in quanto non è atto di adempimento di un preesistente rappor- to giuridico e, quindi, non può trovare in quest’ultimo la sua giustifi- cazione causale.
La giustificazione causale è, invece, interna al negozio stesso: è precisamente la oggettiva considerazione dello scambio, in quanto l’attribuzione dal terzo allo stipulante è in funzione di rendere defini- tivamente efficace l’attribuzione dal promittente al terzo.
È, quindi, un negozio giuridico unilaterale, con effetti reali, recet- tizio, non rifiutabile, causale, in quanto l’attribuzione avviene nella oggettiva considerazione dello scambio degli effetti traslativi, sia pu- re derivanti da negozi diversi, anche se collegati, atipico, in quanto non riconducibile in alcuno degli schemi traslativi tipizzati.
Si tratta, quindi, di una fattispecie di grande interesse, in quanto permette di arrivare a conclusioni dommatiche, che consentono di me- glio intendere il significato di una certa tesi, autorevolmente sostenuta, per la quale, alla tipicità dei diritti reali, non può non seguire la tipicità dei negozi traslativi, ammettendosi la atipicità negoziale solo in mate- ria di contratti ad effetti obbligatori (cfr. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, I, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2a ed., 1998, 106).
In realtà, la causa del negozio ad effetti reali, che, in questa ipote- si, è stata ravvisata nell’oggettiva considerazione dello scambio degli effetti traslativi, sia pure derivanti da negozi diversi, anche se collega- ti, viene ad identificarsi, nel suo elemento basilare, costante e non ul- teriormente riducibile, nel concetto di giusta causa dell’attribuzione patrimoniale, cioè di cause suffisante (sul concetto di cause suffisante, cfr., in generale, XXXXX, Il contratto, I, Milano, 1954, 96), considera- ta oggettivamente e considerata, altresì, nella rappresentazione – so- cialmente percepibile – dell’autore del negozio.
L’individuazione della causa del negozio traslativo dal terzo allo stipulante nella oggettiva considerazione dello scambio degli effetti traslativi, sia pure derivanti da negozi diversi, anche se collegati, consente ed anzi impone un raffronto con il si- stema del diritto contrattuale anglosassone, imperniato, sotto il profilo causale, sul concetto giuridico della consideration. Infatti, in tale sistema giuridico, la creazione di un rapporto giuridicamente vincolante (legal contract) può avvenire anche con un atto unilaterale o promessa, ma richiede, in ogni caso, o l’adozione di una spe- cifica forma (contracts under seal o by deed) o l’esistenza di una contropartita. Co- sì la consideration è proprio la contropartita richiesta dall’autore del negozio come oggetto di scambio e, nelle ipotesi in cui non si tratti di un negozio formale, ha la funzione di rendere giuridicamente vincolante la promessa. Sul sistema contrattua- le anglosassone, cfr. XXXXXXXXX, Il contratto nel diritto inglese, Padova, 2a ed., 2001.
Del resto, la pratica offre diversi esempi di negozi traslativi atipi- ci, vale a dire non riconducibili a nessun tipo negoziale codificato,
come nell’ipotesi dell’atto traslativo gratuito dal privato al Comune di aree destinate ad opere di urbanizzazione, trasferimento gratuito finalizzato all’ottenimento della concessione edilizia.
Affermare la possibilità di negozi atipici traslativi non significa, peraltro, superare il principio del numero chiuso dei diritti reali, in quanto l’effetto traslativo prodotto dal negozio atipico potrà, pur sem- pre, avere per oggetto soltanto uno dei diritti reali legislativamente previsti.
Ritornando ad esaminare il negozio traslativo dal terzo allo stipu- lante, occorre evidenziare che trattasi di un negozio che si inserisce in una fattispecie complessa, che dà vita ad un rapporto giuridico plu- rilaterale senza comunione di scopo.
È, infatti, un negozio giuridico unilaterale collegato ad una per- muta a favore di terzo; il collegamento entra nella stessa causa dei negozi, non soltanto del negozio unilaterale di attribuzione dal terzo allo stipulante, che trova, come si è visto, la sua giustificazione causa- le proprio nella oggettiva considerazione dello scambio degli effetti giuridici traslativi, ma, il collegamento, entra anche nella causa della permuta a favore di terzo, nonostante venga, in questo caso, formal- mente espresso con il mezzo tecnico della condizione.
Del resto, la condizione è un elemento accidentale del contratto soltanto rispetto allo schema astratto, mentre diventa essenziale ri- spetto alla fattispecie concreta, talvolta fino ad integrare proprio il profilo della concreta causa negoziale (cfr., in tal senso, MIRABELLI, Dei contratti in generale, cit., 232-233, per il quale «la condizione, come clausola condizionale, incide sempre sulla causa del negozio»). L’unicità del rapporto giuridico plurilaterale, derivante da due negozi collegati, fa sì che il difetto dell’attribuzione traslativa, dal promittente al terzo, attribuisca a quest’ultimo tutti i rimedi della ga- ranzia per vizi e per evizione da esercitare nei confronti del promit- tente, ma anche nei confronti dello stipulante, posto che il terzo po- trebbe volere esercitare il diritto alla restituzione della sua prestazio- ne traslativa compiuta in favore dello stipulante: cfr. art. 1553 c.c., che consente al permutante che ha subìto l’evizione la scelta tra la restituzione della cosa data o il valore della cosa evitta, salvo in ogni
caso il risarcimento del danno verso il promittente.
Il difetto dell’attribuzione traslativa dal terzo allo stipulante attri- buisce a quest’ultimo i rimedi di garanzia da esercitare verso il terzo, con il vantaggio ulteriore della retroattività reale propria del mecca- nismo condizionale, posto che, subìta l’evizione, lo stipulante non ha la necessità di agire per far risolvere il trasferimento al terzo, in
quanto l’attribuzione in favore di quest’ultimo era, tecnicamente, sin dall’origine, sospensivamente condizionata all’attribuzione dal terzo allo stipulante.
Il difetto dell’attribuzione traslativa dal terzo allo stipulante, pe- raltro, non necessariamente travolge definitivamente il primo con- tratto di permuta e ciò in quanto la condizione sospensiva cui, que- sto, era sottoposto è, a ben vedere, una condizione unilaterale, vale a dire, posta nell’interesse di un solo contraente, cioè dello stipulante, in quanto il promittente ha già ricevuto il bene cui era interessato, a differenza dello stipulante che, invece, era interessato al bene del terzo.
Sulla condizione unilaterale cfr., per tutti, in dottrina, BIANCA, op. cit., 530, e, in giu- risprudenza, Cass. 15 maggio 1982, n. 3025; Cass. 8 giugno 1983, n. 3936 e, più
di recente, Cass. 17 agosto 1999, n. 8685, in Contratti, 2000, 9, con nota di BE- SOZZI, La rinuncia alla condizione unilaterale, ivi, 13. La unilateralità della condi- zione non deve necessariamente risultare da un’apposita clausola, ma può essere desunta attraverso l’interpretazione del contratto: cfr. Cass. 15 novembre 1986, n. 6742. La rinunzia può essere esercitata sia prima che dopo l’avveramento della condizione: cfr. Cass. 27 novembre 1992, n. 12708; Cass. 6 novembre 0000, x. 00000. La rinunzia, anche se la condizione inerisce ad un contratto formale, può essere informale e può, altresì, essere tacita, dovendosi escludere, nel dubbio, che la parte si sia avvalsa della facoltà di rinunzia: cfr. Cass. 6 luglio 1984, n. 3965; Cass. 8 agosto 1990, n. 8009; contra Xxxx. 30 ottobre 1992, n. 11816, in Giur. it., 1995, I, 1, 353, per la quale la dichiarazione di non volersi avvalere della condizio- ne unilaterale non è qualificabile come rinuncia in senso proprio, ma costituisce esercizio di una opzione o diritto potestativo con efficacia modificativa del contratto ed è, dunque, soggetta alla forma prevista per il negozio cui la condizione stessa accede.
Pertanto è sempre possibile che il primo contratto di permuta pro- duca tutti i suoi effetti tra promittente e stipulante, qualora quest’ul- timo rinunci alla condizione sospensiva mancata posta nel suo esclu- sivo interesse.
1.5. Il contratto di permuta a catena
La soluzione della permuta a favore del terzo condizionata so- spensivamente all’attribuzione dal terzo allo stipulante, oltre a rispet- tare l’effettiva dinamica traslativa della vicenda negoziale, manifesta tutta la sua utilità quando uno dei soggetti della fattispecie, il terzo
appunto, non è presente o non è in grado, al momento, di effettuare la sua attribuzione, mentre gli altri due soggetti intendono già vinco- larsi, almeno tra di loro, al programma negoziale, con la possibilità che, come si è visto, il contratto possa, comunque, produrre i suoi effetti tra le parti, pur in mancanza della condizione sospensiva, qua- lora lo stipulante rinunzi all’effetto condizionante, essendo questo previsto nel suo esclusivo interesse.
Ma, se i soggetti sono tutti presenti e ciascuno di essi è pronto al- l’attribuzione traslativa del suo bene per avere in cambio un altro bene, il rapporto giuridico plurilaterale senza comunione di scopo potrebbe nascere da un solo contratto, anziché da due negozi giuri- dici collegati.
Nel caso sopra prospettato, quindi, A trasferisce il suo bene a B, che trasferisce il suo bene a C, che trasferisce il suo bene ad A; sotto il profilo causale, ciascuna attribuzione traslativa è compiuta nella og- gettiva considerazione delle altre due e quindi in funzione di scam- bio, come nella permuta, anche se con struttura non bilaterale, ma plurilaterale.
1.6. Atipicità
Il contratto di permuta a catena si rivela, quindi, un contratto plurilaterale, consensuale, con effetti reali, a titolo corrispettivo, in- dividuandosi un preciso nesso di corrispettività tra ciascuna attribu- zione traslativa e le altre due; il nesso di corrispettività tra le attribu- zioni traslative è, peraltro, come si vedrà meglio in seguito, a struttu- ra delegatoria e, pertanto, plurilaterale.
È necessario, peraltro, verificare se il contratto di permuta a cate- na rientri pur sempre nel tipo contrattuale codificato di cui agli artt. 1552 ss. c.c., potendo, quindi, derogarsi alla bilateralità non essenzia- le per l’identificazione del tipo, o se la struttura bilaterale della per- muta costituisca una di quelle caratteristiche che possono definirsi inderogabili per coerenza con la fattispecie.
Sul contratto tipico di permuta cfr., in dottrina, GIANNATTASIO, La permuta, in Tratt. Cicu-Messineo, XXIV, t. 1, Milano, 1974; COTTINO, Del riporto. Della permuta, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1981; XXXXXXX, Dei singoli contratti, Mi- lano, 1988, 229 ss.; RICCA, Permuta (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983;
POGGI, Permuta (Diritto civile), in Enc. giur. Xxxxxxxx, XXXXX, Xxxx, 0000; BIANCA, La vendita e la permuta, in Tratt. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; LUMINOSO, I contratti tipici e atipici, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1995.
In effetti, la struttura bilaterale del contratto è presupposta da tutte le norme contenute nel capo III, titolo III del Libro IV del Co- dice Civile dedicato appunto alla permuta: il concetto di reciprocità richiamato dall’art. 1552 c.c. presuppone, appunto, l’esistenza di due parti contrapposte; l’art. 1554 c.c., nel prevedere la disciplina delle spese della permuta, stabilisce che esse sono a carico di entrambi i con- traenti in parti uguali; l’art. 1555 c.c., richiamando le norme stabilite per la vendita in quanto compatibili, rimanda l’interprete all’applica- zione diretta, salva l’incompatibilità, della disciplina dettata per un contratto tipicamente bilaterale qual è, appunto, la compravendita; l’art. 1553 c.c., nel richiamare la disciplina della garanzia per evizio- ne dettata per la compravendita, in effetti, finisce per modificarla, in quanto, mentre nella compravendita il risultato dell’azione di garan- zia è la risoluzione del contratto e il diritto alla restituzione del prez- zo oltre al risarcimento del danno, nella permuta la risoluzione del contratto e la restituzione del quid dato dal permutante evitto è solo eventuale: questi, infatti, se non intende riavere la cosa data, ha dirit- to al valore della cosa evitta, con il mantenimento del rapporto con- trattuale, ancorché trasformato in uno scambio di cosa contro prez- zo, pur ragguagliato al valore di un altro bene; in ogni caso, il desti- xxxxxxx delle azioni esercitabili dal permutante evitto è sempre e sol- tanto l’altro contraente, cioè la controparte.
La bilateralità, quindi, sembra, in effetti, essere una caratteristica qualificante la fattispecie della permuta e un presupposto per l’appli- cazione diretta della sua disciplina giuridica.
Se, peraltro, la permuta è un negozio tipicamente bilaterale, il con- tratto di permuta a catena è un negozio plurilaterale atipico, con ef- fetti reali – e abbiamo già visto come possano esservi, persino, negozi unilaterali atipici con effetti reali – che possiamo chiamare “permuta a catena”, non solo per comodità descrittiva, ma anche perché della permuta tipica mantiene la funzione di scambio della proprietà di cose o di altri diritti – cfr. art. 1552 c.c. –, sia pure nell’ambito di un meccanismo diverso, essendo ciascuna attribuzione traslativa compiu- ta nella oggettiva considerazione non di una sola attribuzione trasla- tiva, ma di altre due; la comune presenza di una funzione di scambio consente, così, l’applicazione, non diretta, ma analogica, della discipli- na richiamata della compravendita ed, altresì, della disciplina pro- pria della permuta di cui agli artt. 1552-1554 c.c. e, segnatamente,
dell’art. 1553 c.c., che, in caso di evizione, attribuisce, come si è vi- sto, al permutante evitto, la scelta tra la restituzione della cosa data e il valore della cosa evitta.
Vi è, peraltro, la particolarità che, mentre nella permuta tipica le due facoltà alternative del permutante evitto si esercitano nei con- fronti dello stesso soggetto, nella permuta a catena, il valore della co- sa evitta o la differenza di valore della cosa difettosa e, comunque, il risarcimento del danno, può essere chiesto soltanto al contraente i- nadempiente, cioè a quello che, direttamente, ha assunto l’impegno traslativo del bene, mentre la restituzione della cosa data, sia in caso di evizione, sia in caso di azione redibitoria per i vizi della cosa rice- vuta, può essere chiesta all’altro dei due contraenti e, precisamente, al destinatario dell’attribuzione traslativa del permutante evitto.
Ne deriva, che gli oneri di chiamata in causa e di denuncia dei vizi di cui, rispettivamente, agli artt. 1485 e 1495 c.c., vanno assolti anche nei confronti del destinatario della attribuzione traslativa del permu- tante evitto o che ha ricevuto un’attribuzione difettosa, se quest’ultimo vuole conservare la facoltà di chiedere la restituzione della cosa data. Quanto alla possibilità che il rapporto permanga e non venga tra- volto dal difetto o dalla assoluta carenza della attribuzione traslativa di uno dei contraenti, occorre distinguere: se il permutante evitto sceglie di avere il valore della cosa evitta, il rapporto giuridico pluri- laterale mantiene tutta la sua efficacia, in quanto pretium succedit in locum rei; se, invece, il permutante evitto sceglie la restituzione della cosa data, potrebbe essere travolto l’intero rapporto, in quanto la re- stituzione della cosa data sarà chiesta ad un contraente diverso da quello che ha assunto l’impegno traslativo della attribuzione manca- ta; a sua volta, questo contraente restituirà la cosa che gli aveva tra- sferito il permutante evitto, ma potrà chiedere al contraente inadem- piente la restituzione della cosa data o il valore della cosa ricevuta; nel primo caso, il rapporto sarà risolto definitivamente, mentre, nel secondo caso, si trasformerà in un rapporto bilaterale di scambio tra cosa e prezzo, sia pure ragguagliato al valore di un altro bene, cioè in
un rapporto di compravendita.
È, peraltro, possibile limitare gli effetti della garanzia per il difet- to o l’assoluta carenza di una o di tutte le attribuzioni traslative; si potrà, cioè, prevedere in capo ad alcuno o a tutti i contraenti una li- mitazione volta ad attribuire soltanto il diritto al valore della cosa ri- cevuta.
Tale limitazione potrà, altresì, ricavarsi implicitamente, dal conte- sto delle pattuizioni contrattuali.
Risulta, così, dimostrata, con riguardo alla permuta a catena, la possibilità che un contratto plurilaterale senza comunione di scopo continui a produrre degli effetti giuridici tra le parti rimanenti, nel- l’ipotesi del venir meno del vincolo di una parte, e ciò considerando quell’originario contratto plurilaterale come un contratto ormai bila- terale e, quindi, produttivo di effetti tra le parti, se e nella misura in cui lo sarebbe stato, qualora fosse stato stipulato, sin dall’origine, da alcune soltanto delle parti di un possibile rapporto giuridico plurila- terale.
1.7. Struttura
Ma vi è un’altra possibilità. Il permutante evitto potrebbe decide- re di non chiedere sia il valore della cosa evitta, né la restituzione della cosa data, preferendo ordinare al destinatario della sua attribu- zione traslativa di revocare l’attribuzione al contraente inadempiente e di rivolgerla allo stesso permutante evitto.
Se, infatti, si procede nella analisi della permuta a catena, ci si ac- corge che, all’interno della sua struttura, è presente anche quella del- la delegazione.
Sulla delegazione cfr., in dottrina, GRECO, Delegazione (dir. civ.), in Nov. Dig. It., V, Torino, 1960; XXXXXXXX, Delegazione, in Enc. dir., XI, Milano, 1962; XXXXXXX, La delegazione, in Tratt. Xxxxxxxx, 9, I, Torino, 2a ed., 1999; XXXXXXXXXXX, Delega- zione, in Enc. giur. Treccani, X, Roma, 1989; MAGAZZÙ, Delegazione, in Digesto, Disc. priv., sez. civ., V, Torino, 1989; BIANCA, Diritto civile, 4, L’obbligazione, Mila- no, 1992; BRECCIA, Le obbligazioni, in Tratt. Iudica-Zatti, Milano, 1991; G. GIACOB- BE, in X. XXXXXXXX-X. XXXXXXXX, Delegazione, espromissione, accollo, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1992.
A, infatti, trasferisce a B, nella oggettiva considerazione che B tra- sferisca a C e che C trasferisca ad A; quindi A, non solo trasferisce a B, ma, contestualmente, delega B a trasferire a C, titolando la delega con riferimento al rapporto di valuta tra A e C.
Così, la carenza della attribuzione da C ad A legittima il delegato B a chiedere la restituzione della sua attribuzione a C, facendo valere il difetto del rapporto di valuta.
A questo punto rimarrebbe senza una adeguata giustificazione causale la prima attribuzione di A in favore di B, avvenuta proprio
nell’oggettiva considerazione delle altre due; A può, peraltro, anzi- ché chiedere la restituzione della cosa data a B, ordinare a quest’ul- timo di rivolgere a suo favore l’attribuzione traslativa originariamen- te destinata a C: tale iussum verrà adempiuto da B con un atto unila- terale traslativo di natura giuridica diversa da quella sopra esaminata, nel caso dell’attribuzione dal terzo allo stipulante, in quanto si tratta di un atto traslativo non autonomo, ma con funzione solutoria di un rapporto giuridico preesistente e, cioè, di un pagamento traslativo.
Anche in questa ipotesi, il rapporto da plurilaterale si trasforma in bilaterale, idoneo a far sorgere in capo a B un obbligo di dare a favore di A.
Nella prima ipotesi di conservazione del contratto, il rapporto plurilaterale tra A, B e C, a seguito dell’inadempimento di C e della restituzione da B ad A, si trasforma in un rapporto di compravendita tra B e C; nella seconda ipotesi, il rapporto plurilaterale tra A, B e C si trasforma in un rapporto di permuta bilaterale con effetti in parte reali ed in parte obbligatori tra A e B, per il quale permane efficace l’attribuzione traslativa di A, mentre B diventa obbligato a rivolgere a favore di A la sua attribuzione originariamente destinata a C.
Anche la seconda ipotesi di conservazione del contratto può esse- re prevista, esplicitamente o implicitamente, dalle parti dell’origina- rio rapporto giuridico plurilaterale, nel senso di stabilire che, in caso di carenza di una attribuzione traslativa, il permutante evitto ha sol- tanto diritto di pretendere che venga rivolta a suo favore l’attribu- zione originariamente destinata al permutante inadempiente.
Occorre, peraltro, precisare che, nel rapporto giuridico plurilate- rale della permuta a catena, la struttura della delegazione è presente non soltanto nel senso della delega di A verso B a favore di C, in quanto, contestualmente e reciprocamente, ciascun soggetto del rap- porto è, ad un tempo, delegante, delegato e delegatario, salvo che non risulti una diversa volontà delle parti. Così, esemplificando, A, su delega di C, trasferisce a B il bene a; B, su delega di A, trasferisce a C il bene b; C, su delega di B, trasferisce ad A il bene c.
Inoltre, la struttura della delegazione è presente nella permuta a catena con la particolarità che il delegante ordina al delegato non di pagare al delegatario delle somme direttamente conteggiabili al dele- gante, né di obbligarsi nei confronti del delegatario, ma di trasferire direttamente a quest’ultimo un bene, diverso dal danaro, proprio del delegato; si tratta, quindi, di una delegazione non meramente obbli- gatoria, ma direttamente traslativa a favore del delegatario, pur non essendo una delegazione di pagamento; è, infine, una delegazione, nel-
la quale l’ordine del delegante è contestuale all’attribuzione esecutiva dal delegato al terzo.
1.8. Disciplina giuridica
L’analisi strutturale della permuta a catena condurrebbe, così, l’in- dagine verso l’istituto della delegazione, che, pure, si presta ad essere inquadrato nell’ambito del rapporto giuridico plurilaterale senza co- munione di scopo.
Sembra, peraltro, opportuno completare l’indagine sulla permuta a catena, sotto il profilo della disciplina applicabile ed in particolare dell’analisi delle norme dettate in tema di compravendita suscettibili di applicazione analogica e sotto il profilo della possibilità di prevede- re il meccanismo della retroattività reale anche nell’ipotesi dell’unico contratto plurilaterale, oltre che in quella della permuta a favore di terzo sospensivamente condizionata al trasferimento dal terzo allo stipulante.
Sotto il primo profilo, la permuta a catena può essere, sia un con- tratto ad effetti reali immediati, sia un contratto ad effetti reali, in tutto o in parte, differiti: ad esempio, A trasferisce in permuta, con patto di riservato dominio, a B l’area edificabile alfa; B trasferisce in permuta a C alcune unità dell’erigendo fabbricato; C trasferisce in permuta, con patto di riservato dominio, ad A un altro bene immo- bile di rilevante valore.
La realtà dei traffici commerciali è, anzi, assai spesso fatta di ope- razioni triangolari come quella sopra esemplificata, spesso stipulate nella forma di più contratti preliminari, collegati o meno a seconda delle ipotesi; ne discende l’opportunità della presente indagine, in quanto l’individuazione certa della disciplina applicabile mette a di- sposizione dei privati uno strumento negoziale ulteriore rispetto a quelli solitamente praticati.
L’analisi delle norme dettate in tema di compravendita, suscetti- bili di applicazione analogica alla permuta a catena, va condotta di- stinguendo due gruppi di norme: il primo gruppo ricomprende quel- le norme nelle quali il prezzo costituisce un presupposto essenziale: cfr. artt. 1474, 1498, 1499, 1518, 1531-1536, 1540 c.c.; in queste ipo- tesi, l’applicazione analogica è assolutamente preclusa; il secondo gruppo è costituito da quelle norme, nelle quali il prezzo non è un presupposto essenziale e può, nella disciplina della permuta a catena,
essere sostituito dalla cosa, ovvero, laddove si prevede una riduzione di prezzo – cfr. artt. 1480, 1484, 1489, 1492 c.c. – da una indennità; in queste ipotesi, l’applicazione analogica è possibile, tenendo, peral- tro, sempre presente la natura di rapporto giuridico plurilaterale del- la permuta a catena.
In particolare, merita un approfondimento l’applicazione analo- gica della disciplina del patto di riscatto (sulla vendita con patto di riscatto cfr., per tutti, in dottrina, XXXXXXX, Dei singoli contratti, cit., 145 ss.) e della normativa sul fallimento.
È infatti possibile che uno dei permutanti si riservi il diritto di riavere, nel termine di due o cinque anni (cfr. art. 1501 c.c.), la pro- prietà della cosa trasferita mediante la dichiarazione di riscatto, con valore di retroattività reale (cfr. art. 1504 c.c.), indirizzata a tutti gli altri permutanti, e la restituzione della cosa ricevuta, delle spese con- trattuali, di quelle per le riparazioni necessarie e delle spese utili nei limiti dell’aumento di valore della cosa.
Anche in questa ipotesi, occorre verificare se l’esercizio del diritto di riscatto da parte di uno dei permutanti risolva per intero il rap- porto giuridico plurilaterale, di modo che ciascuno dei permutanti ritorni nella titolarità del bene originario.
Certamente l’esercizio del diritto di riscatto risolve due trasferi- menti: quello da C riscattante verso A, avente ad oggetto il bene c, e quello da B verso C, con la conseguente restituzione del bene x xxxx- vuto da C; ma la natura giuridica del meccanismo proprio del riscatto:
– condizione risolutiva o esercizio di un potere di revoca del contratto, a seconda delle diverse impostazioni dottrinali –, fa sì che, in mancan- za di una diversa previsione contrattuale, la risoluzione si estenda im- mediatamente anche all’altro trasferimento, quello da A, riscattato, ver- so B, avente ad oggetto il bene a, salvo che lo stesso A non rinunci, in un congruo termine, all’effetto risolutivo in suo favore, ordinando a B di rivolgere a suo vantaggio l’attribuzione restituita da C.
È, però, possibile che le parti prevedano, sin dall’origine, implici- tamente od esplicitamente, questa conseguenza, nel senso di stabilire che l’esercizio del diritto di riscatto trasforma l’originario rapporto plurilaterale in un rapporto di permuta bilaterale con effetti in parte reali ed in parte obbligatori tra A e B, per il quale permane efficace l’attribuzione traslativa di A, mentre B diventa obbligato a rivolgere a favore di A la sua attribuzione originariamente destinata a C.
Quanto, poi, all’applicazione analogica alla permuta a catena del- la normativa sul fallimento del venditore (sull’applicazione di questa normativa al contratto tipico di permuta, cfr. CAPOZZI, Dei singoli
contratti, cit., 239-240), dall’art. 72, comma 4, legge fall. (r.d. 16 marzo 1942, n. 267) deriva che, se la cosa data in permuta da C, per- mutante fallito, è già passata in proprietà di A, il contratto non si scioglie; se, invece, il trasferimento non è avvenuto, A, se B ha già trasferito e consegnato a C il proprio bene, può insinuarsi al passivo per l’equivalente pecuniario del bene b, ricevuto da C; se, invece, B non ha, ancora, trasferito e consegnato la cosa, A può ordinare a B o di eseguire la prestazione, per potersi insinuare al passivo per l’equi- valente pecuniario, o di sospendere l’esecuzione della prestazione, spettando, in questa ipotesi, al curatore la scelta tra l’esecuzione o lo scioglimento, del permutante fallito, dal contratto.
Anche in questo caso, lo scioglimento del permutante fallito dal contratto attribuisce ad A la scelta tra chiedere a B la restituzione del bene da questi ricevuto, o di rivolgere a suo favore la prestazione o- riginariamente destinata a C, salvo che dall’interpretazione del con- tratto non possa desumersi la risoluzione dell’intero rapporto o la sua trasformazione in un rapporto bilaterale tra A e B, con esclusio- ne di ogni facoltà di scelta in capo ad A.
Quanto, infine, alla possibilità di prevedere il meccanismo della retroattività reale anche nell’ipotesi dell’unico contratto plurilaterale, oltre che in quella della permuta a favore di terzo sospensivamente condizionata al trasferimento dal terzo allo stipulante, la risposta po- sitiva discende, oltre che dalle conclusioni raggiunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza in tema di deducibilità in condizione del con- creto adempimento di una delle prestazioni concordate (sull’argo- mento, cfr. XXXXXX, La condizione di inadempimento. Contributo al- la teoria del negozio condizionato, Padova, 1996; nel senso dell’am- missibilità cfr., in dottrina, XXXXXXXXX, Della condizione di adem- pimento della prestazione, in Riv. not., 1983, 482; PATTI, La condi- zione di adempimento, in Vita not., 2000, 1163, e, in giurisprudenza, Xxxx. 8 febbraio 1963, n. 226; Cass. 8 novembre 1967, n. 2701; Cass.
10 ottobre 1975, n. 3229; Cass. 29 settembre 1977, n. 259; Cass. 17
gennaio 1978, n. 192; Cass. 16 febbraio 1983, n. 1181; Cass. 8 agosto
1990, n. 8051; Cass. 12 ottobre 1993, n. 10074; Cass. 3 marzo 1997,
n. 1842; contra, isolatamente, Cass. 24 giugno 1993, n. 7007), anche dalla possibile configurazione del contratto di permuta a catena, in base alla volontà delle parti, come fusione corrispettiva di tre negozi unilaterali, ciascuno dei quali è produttivo dell’effetto traslativo nella oggettiva considerazione delle altre due attribuzioni, che costitui- rebbero, così, la contropartita richiesta da ciascun negozio per la de- finitiva produzione dell’effetto traslativo suo proprio.
1.9. Aspetti pubblicitari, fiscali, redazionali
È diffusa, in dottrina, l’affermazione che richiede, per la trascri- zione della permuta (bilaterale), la necessità di predisporre e presen- tare due distinte note di trascrizione sulla base dello stesso titolo (cfr.
X. XXXXX, in X. XXXXX-XXXXXXX-D’ORAZI FLAVONI, Della Trascrizio- ne, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 3a ed., 1995, 93; GAZ- ZONI, La trascrizione immobiliare, I, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2a ed., 1998, 168), nelle quali note
«le parti figurino in un caso alienante e nell’altro acquirente, cosicché la trascrizio- ne sarà curata, con riguardo al bene alienato, contro e, con riguardo al bene ac- quistato, a favore».
GAZZONI, La trascrizione immobiliare, I, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2a ed., 1998, 168.
A volte si è motivata l’affermazione «in applicazione dell’art. 17, legge 27 febbraio 1985, n. 52, tenuto conto della ratio ispiratrice del- la norma in questione» (cfr. TRIOLA, La trascrizione, in Tratt. Xxxxx- ne, IX, Torino, 2000, 48), ma, a ben vedere, proprio l’articolo ri- chiamato sembrerebbe costituire decisivo argomento a favore della unicità della nota in caso di permuta, disponendo, in generale, che la nota di trascrizione «non può riguardare più di un negozio giuridico o convenzione oggetto dell’atto», e non può certo contestarsi che la permuta tipica costituisca un negozio unitario.
Nell’ambito della stessa nota di trascrizione è, tuttavia, possibile che esistano più “unità negoziali”, in quanto ciascuna unità negoziale non identifica un negozio autonomo, ma costituisce un semplice cri- terio di collegamento di uno o più beni con un soggetto (o gruppo di soggetti), al quale tutti detti beni appartengano per la stessa quota e per lo stesso diritto.
Così, nell’ipotesi della tipica permuta bilaterale, si avrà una sola nota con due unità negoziali, salvo che si tratti di immobili ricadenti nell’ambito territoriale di diverse Conservatorie, nel qual caso do- vranno essere predisposte e presentate tante note quante sono le Conservatorie interessate.
In senso conforme è la costante prassi della maggior parte delle Conservatorie dei Registri Immobiliari.
Nell’ipotesi della cosiddetta permuta a catena, in applicazione del- l’art. 17, legge 27 febbraio 1985, n. 52, occorre distinguere a seconda
che le parti abbiano posto in essere una pluralità di negozi collegati o un negozio unitario: nel primo caso si avranno tante note quanti so- no i negozi traslativi collegati; nel secondo caso si avrà una sola nota di trascrizione con tante unità negoziali quanti sono gli effetti trasla- tivi prodotti dal negozio, salva l’ipotesi sopra vista di beni ricadenti nell’ambito territoriale di più di una Conservatoria.
Con riferimento agli aspetti fiscali dell’istituto, si deve ritenere che, come la permuta bilaterale può rilevare, dal punto di vista delle imposte dirette, nelle ipotesi in cui oggetto della controprestazione sia un bene «suscettibile di essere scambiato in denaro», – e non an- che «utilità suscettibili di valutazione economica (art. 1174 c.c.) ma non ulteriormente cedibili» (cfr. FALSITTA, Plusvalenze e minusvalen- ze patrimoniali (dir. trib.), in Enc. giur. Treccani, XXIII, Roma, 1990, 2, 4) –, dovendosi, nelle prime ipotesi e ricorrendo tutti gli altri pre- supposti, verificare la possibile realizzazione di una plusvalenza, con- trapponendo il valore normale del diverso bene ricevuto (cfr. FAL- SITTA, op. cit., 2) ai costi, a suo tempo, sostenuti per l’acquisto del bene attribuito (aumentati di ogni altra spesa inerente ed eventual- mente rivalutati), nel caso della permuta a catena, ferma restando la necessità che oggetto dell’attribuzione ricevuta sia un bene suscetti- bile di essere scambiato in denaro, il raffronto andrà fatto tra il valo- re normale del bene, che, ad esempio, A ha ricevuto da C, ed i costi, a suo tempo, sostenuti da A per l’acquisto del bene attribuito a B (aumentati di ogni altra spesa inerente ed eventualmente rivalutati).
Con riferimento all’imposizione indiretta, relativamente alla per- muta bilaterale, ai sensi dell’art. 43, lett. b), D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), la base imponibile è costituita “dal valore del bene che dà luogo all’ap- plicazione della maggiore imposta”, salvo il disposto dell’art. 40, com- ma 2, stesso decreto, che, nell’ipotesi in cui una delle due attribuzioni sia soggetta ad IVA, dispone che l’imposta di registro si applica “sulla cessione o prestazione non soggetta all’imposta sul valore aggiunto”.
Con riguardo alla permuta a catena, la stessa disciplina può trova- re applicazione, in quanto, come si è osservato (cfr. XXXXXXXXXXX- XXXXXXX, Il notaio e le imposte indirette, Roma, 4a ed., 2004, 260), la stessa si coordina perfettamente, costituendone coerente sviluppo, con l’art. 21, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, per il quale
1. Se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.
2. Se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per la loro in- trinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa.
E così, qualora le parti pongano in essere un contratto unitario di permuta a catena, ed anche, riteniamo, qualora il contratto debba ricostruirsi, in base alla volontà delle parti medesime, come fusione corrispettiva di tre negozi unilaterali, ciascuno dei quali sia produttivo dell’effetto traslativo nella oggettiva considerazione delle altre due attribuzioni, costituenti la contropartita richiesta da ciascun negozio per la definitiva produzione dell’effetto traslativo suo proprio, poi- ché, nell’unico atto, le disposizioni in esso contenute, in entrambe le ipotesi considerate, derivano necessariamente ed intrinsecamente le une dalle altre, l’imposta di registro si applicherà, calcolandola sepa- ratamente su ciascuna delle disposizioni, (le quali potrebbero avere basi imponibili ed aliquote diverse, anche per effetto di agevolazio- ni), e percependo solo quella più onerosa.
Esemplificando, se A attribuisce a B terreno edificabile del valore di euro 100.000,00 (soggetto ad imposta di registro con aliquota 8%); B attribuisce a C terreno agricolo del valore di euro 70.000,00 (soggetto ad imposta di registro con aliquota 15%) ed un conguaglio (diritto di credito ad una somma) di danaro per euro 30.000,00 (sog- getto ad imposta di registro con aliquota 3%); C attribuisce ad A un appartamento del valore di euro 100.000,00 (soggetto ad imposta di registro con aliquota 7%), dalla comparazione dell’imposta di regi- stro, astrattamente ricavabile da ciascuna delle tre disposizioni, e- merge la maggiore onerosità dell’imposta relativa al complesso delle attribuzioni compiute da B, pari ad euro 11.400,00, a fronte delle al- tre, pari rispettivamente ad euro 8.000,00 quella ricavabile dall’attri- buzione compiuta da A e ad euro 7.000,00 quella ricavabile dall’at- tribuzione compiuta da B. L’imposta di registro dovuta sarà, pertan- to, di euro 11.400,00.
Poiché, peraltro, le imposte ipotecarie e catastali, rispettivamente con aliquota 2% e 1%, sono commisurate, ai sensi degli artt. 2, comma 1, e 10, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, alla base imponibile determinata ai fini dell’imposta di registro, tali imposte si appliche- ranno necessariamente – come affermato nella Conferenza dei Capi degli Ispettorati Compartimentali delle Tasse del giugno 1988 – ad una base imponibile pari ad euro 70.000,00, corrispondente al valore del bene che ha dato luogo ad una maggiore imposta di registro (cfr.
X. XXXXXX, L’imposta di registro e le relative agevolazioni, Milano, 2a ed., 1993, 214-216; X. XXXXXX-X. XXXXXX, Manuale applicativo delle
imposte indirette, Milano, 1996, 352-353, i quali, con riferimento alle imposte ipotecarie e catastali, precisano che «nelle permute immobi- liari la tassazione sarà una soltanto anche quando le trascrizioni e le volture siano plurime»).
Qualora, invece, le parti abbiano posto in essere due permute bi- laterali collegate, ovvero, attraverso due atti anche documentalmente distinti, una permuta bilaterale a favore di terzo collegata al negozio unilaterale di attribuzione dal terzo allo stipulante, in applicazione del comma 1 dell’art. 21, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ciascun ne- gozio sarà soggetto ad imposta come se fosse un atto distinto.
Troverà, infine, applicazione, anche alla permuta a catena, il di- sposto dell’art. 40, comma 2, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in quan- to lo stesso rinvia all’art. 11, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che di- sciplina le “operazioni permutative” in genere, nel cui ambito può, certamente, farsi rientrare anche la permuta a catena, con la conse- guenza che, nell’ipotesi in cui una delle attribuzioni permutative sia soggetta ad IVA, l’imposta di registro si applicherà separatamente, sulla base dei criteri di cui agli artt. 21 e 43, lett. b), D.P.R. 26 xxxx- xxx 1972, n. 633, avuto riguardo soltanto alle cessioni o prestazioni non soggette all’imposta sul valore aggiunto.
Repertorio Generale X. Xxxxxxxx N.
CONVENZIONE PERMUTATIVA REPUBBLICA ITALIANA
L’anno …, il giorno … del mese di … (indicazione in lettere per disteso). In Roma, nel mio studio sito nella via n….
Innanzi a me, Dottor XXXXXX XXXXXX, Notaio in Roma, iscritto presso il Colle- gio Notarile dei Distretti Notarili Riuniti di Roma, Velletri e Civitavecchia, esclusa l’assistenza dei testimoni, per avervi i comparenti, di comune accordo e con il mio consenso, espressamente rinunziato, avendo i requisiti di legge,
SONO PRESENTI I SIGNORI
– Xxxxx (cognome e nome, luogo e data di nascita, domicilio o residenza, condizio- ne, codice fiscale, stato e regime patrimoniale familiare);
– Xxxx (cognome e nome, luogo e data di nascita, domicilio o residenza, condizio- ne, codice fiscale, stato e regime patrimoniale familiare);
– Xxxxxxxxx (cognome e nome, luogo e data di nascita, domicilio o residenza, condizione, codice fiscale, stato e regime patrimoniale familiare).
Detti comparenti, della cui identità personale io Notaio sono certo, mi richiedono di ricevere il presente atto, al quale premettono che
2.
– il signor Xxxxx è proprietario del seguente cespite immobiliare e precisamente:
Appartamento, idoneo ad uso ….., al piano …., a …… salendo le scale, del xxxxxx- cato condominiale, denominato Condominio Ciclamino, sito in Roma, nella via …., civico …, (descrizione, confini, dati catastali), per essere allo stesso pervenuto in virtù di … (indicazione della provenienza);
– il signor Xxxx è proprietario del seguente cespite immobiliare e precisamente:
Appartamento, idoneo ad uso ….., al piano …., a …… salendo le scale, del xxxxxx- cato condominiale, denominato Condominio La Betulla, sito in Roma, nella via …., civico …, (descrizione, confini, dati catastali), per essere allo stesso pervenuto in virtù di … (indicazione della provenienza);
– il signor Xxxxxxxxx è proprietario del seguente cespite immobiliare e precisa- mente:
Appartamento, idoneo ad uso ….., al piano …., a …… salendo le scale, del xxxxxx- cato condominiale, denominato Condominio Il Platano, sito in Roma, nella via …., civico …, (descrizione, confini, dati catastali), per essere allo stesso pervenuto in virtù di … (indicazione della provenienza);
– è intendimento del signor Xxxxx conseguire la piena proprietà dell’appartamento sopra descritto, facente parte del fabbricato condominiale, denominato Condomi- nio Il Platano, attualmente di proprietà del signor Xxxxxxxxx, attraverso lo scambio del proprio appartamento, anch’esso sopra descritto, facente parte del fabbricato condominale, denominato Condominio Ciclamino;
– è intendimento del signor Xxxx conseguire la piena proprietà dell’appartamento sopra descritto, facente parte del fabbricato condominiale, denominato Condomi- nio Ciclamino, attualmente di proprietà del signor Xxxxx, attraverso lo scambio del proprio appartamento, anch’esso sopra descritto, facente parte del fabbricato con- dominale, denominato Condominio La Betulla;
– è intendimento del signor Xxxxxxxxx conseguire la piena proprietà dell’appar- tamento sopra descritto, facente parte del fabbricato condominiale, denominato Condominio La Betulla, attualmente di proprietà del signor Xxxx, attraverso lo scambio del proprio appartamento, anch’esso sopra descritto, facente parte del fabbricato condominale, denominato Condominio Il Platano;
tutto ciò premesso, costituente parte integrante e sostanziale del presente atto, le parti stipulano e convengono quanto segue:
Art. 1) Il signor Xxxxx, su delega del signor Xxxxxxxxx, cede e trasferisce, in fun- zione di scambio, al signor Xxxx, che, per realizzare la medesima funzione, accetta e riceve, il seguente cespite immobiliare e precisamente:
Appartamento, idoneo ad uso ….., al piano …., a …… salendo le scale, del xxxxxx- cato condominiale, denominato Condominio Ciclamino, sito in Roma, nella via …., civico …, (descrizione, confini, dati catastali).
Le parti dichiarano il valore della presente attribuzione in euro …
Art. 2) A fronte dell’attribuzione come sopra effettuata dal signor Xxxxx al signor Xxxx, il signor Xxxxx delega, con il presente atto, il signor Xxxx, che accetta e si ob- bliga, a trasferire al signor Xxxxxxxxx l’appartamento di sua proprietà sopra de- scritto, facente parte del fabbricato condominiale, denominato Condomino La Be-
tulla, in funzione dello scambio con il signor Xxxxx del bene, attualmente di proprie- tà del signor Xxxxxxxxx, anch’esso sopra descritto, facente parte del fabbricato condominiale, denominato Condominio Il Platano.
Art. 3) Il signor Xxxx, su delega del signor Xxxxx, cede e trasferisce, in funzione di scambio, al signor Xxxxxxxxx, che, per realizzare la medesima funzione, accetta e riceve, il seguente cespite immobiliare e precisamente:
Appartamento, idoneo ad uso ….., al piano …., a …… salendo le scale, del xxxxxx- cato condominiale, denominato Condominio La Betulla, sito in Roma, nella via …., civico …, (descrizione, confini, dati catastali).
Le parti dichiarano il valore della presente attribuzione in euro …
Art. 4) A fronte dell’attribuzione come sopra effettuata dal signor Xxxx al signor Xxxxxxxxx, il signor Xxxx xxxxxx, con il presente atto, il signor Xxxxxxxxx, che ac- cetta e si obbliga, a trasferire al signor Xxxxx l’appartamento di sua proprietà sopra descritto, facente parte del fabbricato condominiale, denominato Condomino Il Pla- tano, in funzione dello scambio con il signor Xxxx del bene, attualmente di proprie- tà del signor Xxxxx, anch’esso sopra descritto, facente parte del fabbricato condo- miniale, denominato Condominio Ciclamino.
Art. 5) Il signor Xxxxxxxxx, su delega del signor Xxxx, cede e trasferisce, in fun- zione di scambio, al signor Xxxxx, che, per realizzare la medesima funzione, accet- ta e riceve, il seguente cespite immobiliare e precisamente:
Appartamento, idoneo ad uso ….., al piano …., a …… salendo le scale, del xxxxxx- cato condominiale, denominato Condominio Il Platano, sito in Roma, nella via …., civico …, (descrizione, confini, dati catastali).
Le parti dichiarano il valore della presente attribuzione in euro …
Art. 6) A fronte dell’attribuzione come sopra effettuata dal signor Xxxxxxxxx al si- gnor Xxxxx, il signor Xxxxxxxxx ha delegato, con il presente atto, il signor Xxxxx, che ha accettato ed eseguito, con l’attribuzione di cui al precedente art. 1, il trasferi- mento al signor Xxxx dell’appartamento di sua proprietà sopra descritto, facente parte del fabbricato condominiale, denominato Condomino Ciclamino, in funzione dello scambio con il signor Xxxxxxxxx del bene, attualmente di proprietà del signor Xxxx, anch’esso sopra descritto, facente parte del fabbricato condominiale, deno- minato Condominio La Betulla.
Art. 7) Le parti dichiarano non esservi luogo ad alcun conguaglio, poiché il valore del cespite che ciascuna di esse ha trasferito è pari al valore del cespite che cia- scuna di esse ha ricevuto.
Art. 8) Gli immobili sopra descritti si trasferiscono a corpo per quella che è la loro consistenza, nello stato di fatto e con gli impianti esistenti e funzionanti e conformi alla normativa nazionale, entro gli indicati confini, con tutti i diritti, azioni, ragioni, accessioni, accessori e pertinenze, al netto da arretri di imposte ed oneri condomi- niali, con garanzia dell’inesistenza fino ad oggi di delibere condominiali per opere di straordinaria manutenzione, con le servitù inerenti, attive e passive, legalmente costituite o derivanti dallo stato dei luoghi, con i diritti ed obblighi del condominio edilizio e con le rispettive quote di comproprietà sulle parti comuni condominiali, quali previste dall’articolo 1117 c.c.
Art. 9) Ciascuna parte trasferente garantisce la piena proprietà, disponibilità e re-
golarità urbanistica, l’inesistenza di ipoteche, di trascrizioni passive, la libertà da canoni, rendite passive, diritti di prelazione e, più in generale, diritti reali o persona- li comunque a terzi spettanti, vincoli pregiudizievoli e privilegi, anche di natura fi- scale, per tutti i casi di evizioni e molestie.
Le parti precisano, peraltro, che il contraente, che dovesse subire l’evizione, potrà, o chiedere, al trasferente la cosa evitta, il valore di essa, o richiedere che venga rivolta a suo favore l’attribuzione originariamente destinata al contraente inadem- piente.
oppure:
Le parti precisano, peraltro, che, poiché ciascuna attribuzione viene effettuata nella oggettiva considerazione dello scambio delle altre due, in caso di evizione si risolve- rà con effetto retroattivo l’attribuzione in favore del trasferente la cosa evitta, la quale attribuzione si rivolgerà, invece, ed automaticamente, a beneficio del contraente evit- to, salvo che questi non dichiari, entro congruo termine, nei confronti degli altri con- traenti, di preferire – dal trasferente la cosa evitta – il valore di questa.
Art. 6) Il possesso giuridico ed il materiale godimento di ciascun cespite si trasferi- scono oggi stesso al rispettivo destinatario per tutti i conseguenti effetti utili ed o- nerosi.
Art. 7) Si autorizza la trascrizione con rinunzia all’iscrizione di eventuale ipoteca legale.
Art. 8) Le spese del presente atto e dipendenti sono a carico dei contraenti in parti eguali.
DICHIARAZIONI URBANISTICHE
Del che richiesto io notaio ho ricevuto il presente atto, del quale ho dato lettura ai comparenti, che lo hanno approvato dichiarandolo conforme alla loro volontà.
È scritto in parte con mezzi meccanici da persona di mia fiducia ed in parte di mio pugno su quattro pagine fin qui di un foglio.