Contract
E) Giurisprudenza di merito
211. Sul rapporto tra committente e professionista incaricato.
Trib. Siena, sentenza 4 maggio 2015, n. 401
In tema di prestazione d’opera intellettuale, nel caso in cui il pro- fessionista si avvalga, nell’espletamento dell’incarico, della collabora- zione di sostituti ed ausiliari, ai sensi dell’art. 2232 c.c., gli eventuali contatti tra il cliente e questi ultimi, in assenza di uno specifico man- dato in loro favore, non generano un nuovo rapporto professionale, ma restano assorbiti nel rapporto tra committente e professionista incaricato.
FATTO E PROCESSO
Con separati atti di citazione, l’ing. C.M. ha convenuto in giudizio la Sas Podere Cetinaglia (d’ora innanzi, Podere Cetinaglia), ritenuta sua debitrice per l’importo di euro 15.938,71, a titolo di spettanze per le prestazioni pro- fessionali di coordinamento per la sicurezza del cantiere per la ristrutturazio- ne dell’immobile sito in Casole d’Xxxx, loc. Cetinaglia, in base alla notifica pre- liminare ai sensi dell’art. 11, DL n. 494/96, sottoscritta dal committente ed inviata alla USL 7 in data 04/12/03, nonché la sig.ra P.S., ritenuta sua debi- trice per l’importo di euro 11.468,40, a titolo di spettanze per le prestazioni professionali di progettazione strutturale relativamente al medesimo immobi- le, in base alla pratica sottoscritta dalla committente e presentata all’Ufficio regionale per la tutela del territorio in data 08/01/04.
Ritualmente costituitosi, la sig.ra P.S. ha chiesto il rigetto dell’avversa pre- tesa, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando, in particolare, l’avvenuto conferimento dell’incarico al professionista, operante quale mero ausiliario ex art. 2232 c.c. dell’arch. L.N., unico soggetto diretta- mente incaricato, con contratto datato 28/06/02, con riferimento alla ristrut- turazione del complesso immobiliare condotto in locazione dalla predetta so- cietà. Analoghe difese sono state svolte dalla Podere Cetinaglia - società co- stituita nel giugno del 2003 dalla sig.ra P.S. e dal di lei marito, sig. D.A.G., conduttrice e responsabile della ristrutturazione dell’immobile sito in Casole D’Elsa, loc. Cetinaglia, - la quale, al pari della prima convenuta, ha provvedu- to, altresì, a chiedere l’autorizzazione alla chiamata in causa dell’arch. L.N., individuato quale effettivo titolare passivo della pretesa azionata dall’ing. M..
Costituitosi in giudizio nella causa tra l’attore ed il Podere Cetinaglia, l’arch.
L.N. ha chiesto il rigetto della domanda di parte convenuta, previa riunione del- le due cause avviate dall’ing. X., rilevando come il preventivo redatto nei con- fronti della sig.ra P.S. in data 28/06/02 dovesse ritenersi superato, a fronte di
esigenze progettuali ed esecutive sopravvenute in corso di lavori, e come la stessa committenza, cui nel frattempo era subentrata la neocostituita Podere Cetinaglia, su sua indicazione, avesse in effetti conferito incarico all’ing. M. del- la progettazione, dei calcoli strutturali, nonché del coordinamento della sicurez- za. Lo stesso arch. L.N., costituitosi in proprio quale terzo chiamato nella causa promossa dall’ing. M. avverso la sig.ra P.S., ed intervenendo volontariamente nella stessa causa, quale rappresentante dell’Associazione professionale Archi- tettando Architetti Associati (d’ora innanzi, Architettando), nonché, unitamente alla geom. M.M., in proprio e quali legali rappresentanti dell’associazione pro- fessionale Archidesign-Architettando Associazione Professionale (d’ora innanzi, Archidesign), ha chiesto il rigetto della domanda di parte convenuta, la chiama- ta in causa del sig. D.A.G. e della Podere Cetinaglia, nonché, in via riconven- zionale, la condanna della convenuta e dei terzi chiamati alla corresponsione, in suo favore, delle proprie spettanze, quantificate in euro 55.026,40, quale com- penso per prestazioni professionali, ed in ulteriori euro 2.053,38, a titolo di rimborso di compensi anticipati al perito geologo.
Costituitosi a seguito della chiamata dell’arch. L.N., il sig. D.A.G. ha chie- sto il rigetto delle avverse domande, rilevando l’efficacia del preventivo sotto- scritto in data 28/06/02 - da ritenersi comprensivo anche delle spettanze dei professionisti ausiliari del progettista, nonché delle opere relative alla reda- zione del piano sicurezza e alla perizia geologica - anche nei confronti del Po- dere Cetinaglia e deducendo l’avvenuto pagamento, rispetto al compenso ori- ginariamente stabilito di euro 36.151,00, dell’acconto di euro 16.000,00, somma da ritenersi esaustiva dell’opera compiuta dal professionista prima della revoca dell’incarico, avvenuta in data 21/11/05; ed ha domandato, al- tresì, in via di reconventio reconventionis, la condanna della controparte alla corresponsione, a titolo di risarcimento danni da responsabilità professionale ed extracontrattuale, dell’importo di euro 167.000,00, oltre ai danni da svalu- tazione commerciale dell’immobile, ai danni da mancato guadagno per il pe- riodo necessario agli interventi di ripristino, rilevando plurime difformità ese- cutive e vizi di costruzione ascrivibili a negligenza ed imperizia del progetti- sta-direttore dei lavori.
Disposta la riunione delle due cause, a seguito dell’adesione, all’udienza del 21/05/09, della sig.ra P.S. alla domanda riconvenzionale proposta dal marito nei confronti dell’arch. L.N., quest’ultimo, unitamente alla geom. M. ed alle rispettive associazioni professionali, ha sollevato eccezioni di prescrizio- ne, decadenza e difetto di legittimazione passiva, in favore delle imprese edili esecutrici delle opere, chiedendo, altresì, di essere autorizzato alla chiamata dei terzi impresa edile A.M. e P.P., nonché della compagnia Fondiaria Sai Spa, presso la quale era assicurato, onde essere tenuto indenne dagli effetti di eventuali pronunce sfavorevoli.
Ritualmente costituitosi, il sig. A. ha eccepito la decadenza e la prescrizio- ne dell’azione di garanzia contro di esso spiegata, risalendo la fine dei lavori al dicembre del 2004, nonché la decadenza e la prescrizione delle domande svolte dai convenuti avverso l’arch. L.N. e la geom. M.; ha inoltre rilevato l’inammissibilità della chiamata in causa contro di lui rivolta, stante la propria estraneità al rapporto obbligatorio intercorso tra i convenuti ed i professioni-
sti; ha infine dedotto l’esclusiva riferibilità dei danni e dei vizi lamentati dai convenuti a negligenze commesse dall’arch. L.N. e dal geom. M. nell’espletamento del relativo incarico professionale.
Costituitasi a sua volta, l’impresa P.P. ha eccepito la prescrizione e la de- cadenza ex art. 1667 c.c. dell’azione di garanzia contro la stessa spiegata, ri- levando, altresì, di essere subentrata all’impresa A., a seguito dello sciogli- mento del contratto di appalto intimato ad esito del procedimento di ATP, in cui erano emersi vizi e difformità costruttive ascrivibili a carico della prece- dente appaltatrice e del direttore e progettista, e di essere stata integralmen- te remunerata dalla committenza per l’opera prestata in esecuzione di con- tratto di appalto datato 11/03/05, senza avere mai ricevuto alcuna contesta- zione in ordine alle opere eseguite.
Chiamata in causa dall’arch. L.N. e dalla geom. M., nonché dalle rispettive associazioni professionali, la compagnia Fondiaria Spa, nel costituirsi, ade- rendo alle argomentazioni ed alle difese dei chiamanti, ha rilevato come le ipotesi di contestazioni mosse in danno degli assicurati non parrebbero, in ef- fetti, ricomprese nelle garanzie prestate in polizza.
Chiamata in causa dall’impresa P.P., la compagnia Allianz Spa, nel costi- tuirsi, oltre a fare proprie le deduzioni della propria assicurata, ha chiesto de- terminare la quota di corresponsabilità della chiamante nella determinazione dei danni lamentati dai convenuti, rilevando, altresì, l’inoperatività della co- pertura assicurativa con riferimento alle opere in costruzione e a quelle su cui si eseguono i lavori, ai danni da svalutazione commerciale ed a quelli da le- sioni non derivanti da cedimento o franamento del terreno.
Estromessa dal giudizio Allianz Spa a seguito della rinuncia alla domanda di manleva avanzata dalla P.P., accettata dalla compagnia, rigettata l’istanza di emissione di ordinanza ex art. 186-bis c.p.c. avanzata da parte attrice nei confronti dei convenuti e del terzo chiamato arch. L.N., istruita la causa con le produzioni documentali, l’audizione dei testi e l’espletamento di CTU, le parti, all’udienza del 28/11/14, hanno precisato le proprie conclusioni avanti al giudice nuovo assegnatario del fascicolo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Posizione dell’ing. M.
In assenza di tempestive e specifiche contestazioni ad opera delle parti costituite in ordine all’avvenuta esecuzione, in maniera puntuale e corretta, della prestazione professionale di spettanza dall’ing. X., deve anzitutto essere riconosciuto il diritto dell’attore ad ottenere la remunerazione per l’opera pro- fessionale resa ad oggettivo beneficio dei committenti.
Pacifico, dunque, il credito in punto di an debeatur, costituisce oggetto di contestazione l’effettiva titolarità ex latere debitoris della pretesa azionata, avendo i due convenuti sig.ra P.S. e Podere Cetinaglia Spa eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, e dovendosi, in forza del potere giudiziale di riqualificazione giuridica delle domande e delle eccezioni, interpretare l’atto di chiamata in causa del terzo arch. L.N. non quale esercizio di azione di garanzia o “manleva”, bensì quale “laudatio actoris” (“nell’interpretazione della doman- da, il giudice del merito, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale,
non è condizionato dalla formula adottata dalla parte (tra le tante Xxxx. 8036/04, 259/05, 20912/04, 14682/01, 3370/95, 2922/97), dovendo invece individuare l’effettiva volontà della parte e quindi il contenuto sostanziale della pretesa in una alle finalità in concreto perseguite, tenendo conto non solo della volontà espressamente formulata ma anche di quella che possa implicitamente o indirettamente essere desunta dalle deduzioni o dalle richieste, dal tipo e dai limiti dell’azione proposta, dal comportamento processuale assunto”: Cass. n. 20610/11). Come condivisibilmente osservato dal precedente giudice istruttore nell’ordinanza riservata depositata in data 26/04/11, invero, l’eccezione di di- fetto di legittimazione passiva sollevata da ambo i convenuti, lungi dal dare vita ad una questione pregiudiziale di rito attinente ad una condizione dell’azione, costituisce, a ben vedere, una contestazione dell’effettiva titolarità passiva del- la pretesa creditoria azionata, ed introduce, pertanto, una questione di merito. Peraltro, occorre osservare, sul punto discostandosi dalla posizione del prece- dente assegnatario del fascicolo, come nonostante la mancata formulazione di alcuna richiesta da parte attrice direttamente nei confronti della terza chiamata nelle fasi processuali successive all’estensione del contraddittorio, ben potrà questo giudicante esaminare nel merito la pretesa attorea, ritenendola come ri- ferita alla terza chiamata anziché alla convenuta, senza per questo incorrere nel vizio di ultrapetizione: ciò in quanto, per effetto della domanda spiegata da parte dei convenuti nei confronti del terzo chiamato, ha avuto luogo l’automatica estensione al terzo della domanda attorea, di natura contrattuale (Cass. 12317/11: “Il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto trova applicazione al- lorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell’attore, in ragione del fatto che il terzo s’individui come unico obbligato nei confronti dell’attore ed in vece dello stesso convenuto, il che si verifica quando il convenuto evocato in causa estenda il contraddittorio nei confronti di un terzo assunto come l’effettivo titolare passivo della pretesa dedotta in giudizio dall’attore. Il suddetto principio, invece, non opera allorquando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rap- porto diverso da quello dedotto dall’attore come “causa petendi” come avviene nell’ipotesi di chiamata di un terzo in garanzia, propria o impropria” (cfr. anche Cass. n. 5400/13; Cass. n. 25725/09).
Ora, nel richiedere giudizialmente la remunerazione per l’opera prestata con riferimento alla ristrutturazione dell’immobile de quo, l’ing. M., attore principale di entrambe le cause in questa sede riunite, ha individuato, quali soggetti passivi delle proprie spettanze creditorie, la Podere Cetinaglia Sas e la sig.ra P.S., pretendendo di desumere la prova dell’avvenuto conferimento di incarico d’opera professionale da parte di ciascuno dei due convenuti dalla produzione, rispettivamente, di una dichiarazione di notifica preliminare in- viata alla USL 7 ai sensi dell’art. 11, DL n. 494/96 e sottoscritta dalla Sas, qualificatasi come committente, nonché dalla pratica sottoscritta dalla sig.ra P.S., qualificatasi come committente, e presentata all’Ufficio regionale del Genio civile ai sensi della L. n. 64/74. Sennonché, a ben vedere, detta docu- mentazione, la cui sottoscrizione non è stata disconosciuta dai convenuti, fornisce unicamente la prova del fatto, del resto già pacifico, che costoro fos-
sero i committenti dei lavori ed i beneficiari dell’opera professionale prestata, ma appare di per sé inidonea a fornire la dimostrazione della sussistenza di una pattuizione intercorsa direttamente tra la committenza e l’attore ed avente quale specifico oggetto il conferimento dell’incarico professionale, nonché la determinazione del compenso: donde, l’impossibilità di ritenere as- solto, da parte dell’attore, l’onere della prova del titolo della pretesa credito- ria ex contracto, su di esso pacificamente incombente (Cass. SS.UU. n. 13533/01). Come evincibile dalla lettura dei documenti allegati ai due atti di citazione, infatti, le comunicazioni inviate agli uffici competenti assolvono all’esclusiva funzione, in ottemperanza alle pertinenti discipline pubblicistiche, di rendere edotti gli organi preposti ai controlli in tema di sicurezza e di ri- spetto della normativa in tema di tutela del territorio circa la pendenza di la- vori e l’identità dei committenti, nonché dei soggetti preposti alla progetta- zione, alla direzione dei lavori e alla loro esecuzione, in vista dell’assunzione diretta della responsabilità dei soggetti autoqualificati nei confronti delle au- torità di controllo (si veda, in particolare, l’art. 11, Dl. n. 494/96, nel testo vi- gente ratione temporis all’epoca cui risalgono i lavori, a tenore del quale “il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’inizio dei lavori, trasmette all’Azienda unità sanitaria locale e alla Direzione provinciale del lavoro territo- rialmente competenti la notifica preliminare elaborata conformemente all’allegato III nonché gli eventuali aggiornamenti (...)”, contenente, tra l’altro, “Committente (i) nome (i) e indirizzo (...) Responsabile (i) dei lavori, (nome (i) e indirizzo (...); Coordinatore (i) per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la progettazione dell’opera (nome (i) e indirizzo (...), Coor- dinatore (i) per quanto riguarda la sicurezza e la salute durante la realizza- zione dell’opera (nome (i) e indirizzo (...)”).
Tuttavia, altro è la prova dell’effettivo svolgimento della prestazione profes- sionale di coordinatore della sicurezza e di progettista, ed altro, invece, la di- mostrazione diretta dell’avvenuta stipula di un contratto d’opera professionale comprensivo di tutti gli elementi essenziali del modello legale di cui all’art. 2230 c.c.. Dimostrazione, in effetti, mancata ad opera dell’attore, non essendo emersa la prova della stipulazione da altre risultanze documentali, né tantome- no dalle risultanze delle audizioni testimoniali, dalle quali è evincibile soltanto la conferma dell’effettivo svolgimento di attività nel cantiere da parte dell’ing. M. (cfr. deposizione teste A., il quale dichiara di avere ricevuto direttive dall’ing.
M. e di averlo visto operare nel cantiere), ma non anche la sussistenza di un di- retto contatto tra la committenza ed il predetto professionista (cfr., in partico- lare, la deposizione della teste S., la quale non ha confermato il fatto che L.N. avesse presentato alla committenza l’ing. M.: “...è una persona con cui l’architetto ha collaborato, quindi può essere che gliel’abbia suggerito, però da- vanti a me non ha consigliato l’ingegner M.”). Né, del resto, alcun indice pre- suntivo della sussistenza di un rapporto contrattuale autonomo tra i commit- tenti e M. rispetto a quello tra i medesimi clienti ed il professionista L.N. può essere desunto dalla circostanza, pur provata ex actis, per cui la cessazione della prestazione d’opera professionale da parte dell’attore è effettivamente avvenuta in data (16/10/08) successiva rispetto alla revoca del mandato pro- fessionale all’architetto terzo chiamato, ben potendo avere il nuovo direttore
dei lavori, geom. P., anche per esigenze di economia procedimentale e di risor- se umane, optato per continuare ad avvalersi del medesimo personale impie- gato dal precedente direttore dei lavori (come, del resto, avvenuto con riferi- mento all’appalto dei lavori in corso), la bontà della cui opera, tra l’altro, non è mai stata oggetto di contestazioni ad opera dei clienti.
Peraltro, oltre alla considerazione, già di per sé assorbente, della mancata ottemperanza di parte attrice all’onere della prova del titolo, occorre rilevare la sussistenza, tra le risultanze dell’istruttoria, di una serie di elementi indica- tivi di una vis atractiva della posizione creditoria del professionista ausiliario nell’alveo del rapporto d’opera professionale intercorrente tra la committenza ed il direttore responsabile dei lavori: elementi che, uniti alla circostanza ne- gativa della mancata diretta stipulazione, inducono ad inquadrare la figura dell’ing. M. nell’ambito dell’ausiliario del professionista intellettuale ex art. 2232 cc., come tale diretto creditore, con riferimento alla propria remunera- zione, unicamente nei confronti del professionista e non anche nei confronti del cliente (Cass. n. 1847/06: “In tema di prestazione d’opera intellettuale, nel caso in cui il professionista si avvalga, nell’espletamento dell’incarico, del- la collaborazione di sostituti ed ausiliari, ai sensi dell’art. 2232 cod. civ., gli eventuali contatti tra il cliente e questi ultimi, in assenza di uno specifico mandato in loro favore, non generano un nuovo rapporto professionale, ma restano assorbiti nel rapporto tra committente e professionista incaricato (...)”; Cass. n. 4767/84: “In tema di prestazione d’opera intellettuale, la fa- coltà per il professionista di servirsi, ai sensi dell’art. 2232 cod. civ., della col- laborazione di sostituti ed ausiliari, non comporta mai che costoro diventino parte del rapporto di clientela, restando invece la loro attività giuridicamente assorbita da quella del prestatore d’opera che ha concluso il contratto con il cliente. Il sostituto non è pertanto legittimato ad agire contro il cliente mede- simo per la corresponsione del suo compenso, il cui obbligo resta a carico del professionista che sia avvalso della sua collaborazione, neppure se quest’ul- timo sia giuridicamente incapace di svolgere l’attività professionale demanda- tagli, difettando un valido e diretto rapporto con il cliente e non essendo pre- vista - come è invece in tema di appalto (art. 1676 cod. civ.) - la possibilità di un’azione diretta”). Il riferimento corre, anzitutto, alla rilevata prevedibilità, a priori, già al momento del conferimento dell’incarico professionale al sig. L.N., del possibile profilarsi della necessità di fare riferimento, da parte del profes- sionista, a figure di ausiliari o collaboratori esperti in settori specifici, come del resto evincibile dalla clausola di chiusura “e quanto altro necessario per portare a termine la ristrutturazione sopra citata”, nonché dalla lettura delle specifiche voci relative al Piano di sicurezza ed alla direzione strutturale, “ove necessario”, contenute nel testo del preventivo datato 28/06/02, sottoscritto e non formalmente disconosciuto, nel proprio contenuto, da nessuna delle parti costituite. Irrilevanti essendo, a ben vedere, tanto la circostanza dell’effettiva obbligatorietà ex lege di taluni incombenti (comunque affermata dal perito nominato dall’ufficio), il cui espletamento ha richiesto la nomina di ausiliari esperti, laddove - come pacifico - sia stata la stessa persona prepo- sta alla direzione dei lavori a ritenerne l’opportunità in concreto, con ciò ren- dendone di fatto “necessario” l’espletamento ai fini dello svolgimento dei
lavori; quanto la eventuale sopravvenienza di una necessità ab origine non segnalata alla committenza, non operandosi alcuna distinzione diacronica nell’elencazione di cui al preventivo, per definizione superabile ex post, alla luce dell’effettivo svolgersi dell’opera.
Ciò posto, pertanto, la titolarità, ex latere debitoris, del rapporto creditorio avente ad oggetto la prestazione retribuita d’opera professionale resa dall’ing. M. deve essere rinvenuta in capo al terzo chiamato arch. L.N., unico professionista costituente effettivo referente dei committenti, il quale dovrà essere, quindi, condannato alla rifusione delle spettanze di cui alle notule azionate, la congruità del cui importo, mai oggetto di contestazione ad opera delle parti costituite, risulta altresì confermata, ad abundantiam, ad esito del- la disamina peritale.
2. Xxxx’asserita cessione del contratto di opera professionale.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte convenuta, non può ritenersi configurata alcuna fattispecie di cessione del contratto di pre- stazione d’opera professionale dagli originari committenti, i coniugi D.A.G.- P.S., alla Podere Cetinaglia Sas, soggetto giuridico per definizione autonomo rispetto alle persone fisiche facenti parti della relativa compagine sociale.
Come noto, infatti, la cessione del contratto è costituita da un negozio com- plesso di trasmissione tra cedente, cessionario e contraente ceduto, il cui con- senso - che può essere successivo, concomitante o preventivo, ed in mancanza di particolari requisiti del contratto oggetto della cessione può essere manife- stato anche in modo tacito, per “facta concludentia” (ex multis, Cass. n. 11381/96: Poiché il contratto di appalto non è fra quelli per i quali lo art. 1350 cod. civ. richiede la forma scritta “ad substantiam”, il consenso alla sua cessio- ne, che può essere preventivo, concomitante o successivo alla stipulazione, non deve risultare da forme solenni e può essere oltre che espresso anche taci- to, purché manifesti la volontà di porre in essere una modificazione soggettiva del rapporto) - è elemento costitutivo della fattispecie, al pari del consenso de- gli altri due soggetti; e ciò a differenza della cessione del credito, nella quale il consenso del debitore ceduto è estrinseco alla convenzione. Ferma, comunque, restando, ai fini del perfezionamento della fattispecie negoziale di cui agli artt. 1406, ss. c.c. la necessità che il consenso del contraente (qui il professionista intellettuale) ceduto si sostanzi in un’inequivoca manifestazione di accettazione della modificazione soggettiva del rapporto: accettazione la cui dimostrazione costituisce un onere gravante su chi invoca la cessione.
Tanto premesso, non appare possibile rinvenire, ad esito dell’istruttoria, la presenza di indici inequivoci gravi, precisi e concordanti nel senso di una sif- fatta manifestazione di volontà per facta concludentia, non potendo essere attribuita siffatta valenza sintomatica:
- né al fatto che tutti gli elaborati tecnici depositati successivamente alla costituzione della predetta società (18/06/03) e al conseguente subentro del- la stessa nella ristrutturazione de qua, in forza del contratto di locazione del 01/07/03, siano stati redatti e firmati dall’arch. L.N. in nome e per conto del- la medesima società Podere Cetinaglia Sas: ciò per le medesime ragioni per cui non può desumersi l’intercorrenza di un rapporto di opera professionale
tra i sigg.ri D.A.G. e P.S., pur sottoscrittori della pratica presentata all’autorità regionale e della notifica preliminare inoltrata alla USL, e l’ing. M.;
- né alla sottoscrizione da parte del sig. D.A.G. a nome del Podere Cetina- glia Sas delle missive di contestazione delle carenze professionali nel tempo inviate all’arch. L.N.: ben potendo la denuncia delle difformità esecutive pro- venire dal conduttore dell’immobile oggetto dell’opera di ristrutturazione commissionata, in quanto soggetto contrattualmente titolare della facoltà di godimento dell’immobile, nonché dell’obbligo, assunto nei confronti dei pro- prietari conduttori e con efficacia inter partes, di provvedere alla ristruttura- zione dell’immobile stesso a proprie spese sulla scorta degli elaborati tecnici redatti dall’arch. L.N. (art. 9 contratto di locazione datato 01/07/03);
- né al fatto che tutti i pagamenti relativi alle dette prestazioni, dall’indomani della costituzione della società e della stipula della locazione ci- tata, siano stati effettuati dal sig. D.A.G. in qualità di amministratore della detta società Podere Cetinaglia Sas e ricevuti dal L.N.: come desumibile dalla lettura del contratto di locazione citato, infatti, (artt. 4 e 9), la parte condut- trice ha assunto su di sé l’obbligo di sostenere i costi della ristrutturazione, in luogo di quella di corresponsione del canone periodico di locazione per i primi cinque anni di durata del contratto; sennonché detto contratto, dotato di effi- cacia unicamente inter partes, secondo la regola generale di cui all’art. 1372 c.c., dà luogo, a ben vedere, unicamente ad una modifica soggettiva dal lato passivo all’obbligazione di pagamento dei debiti pecuniari risultanti dalla sti- pula dei contratti resasi necessaria per la realizzazione della ristrutturazione (contratti di appalto e d’opera professionale) - modifica produttiva di un effet- to “cumulativo, con la creazione di una solidarietà dal lato passivo della Sas con gli originari committenti, ma non anche “liberatorio”, in mancanza della necessaria espressa accettazione ex artt. 1268-1273 c.c. ad opera del terzo creditore e in presenza, anzi, di chiari indici della persistente volontà del pro- fessionista di intendere come ancora in essere il rapporto creditorio scaturito dall’originario conferimento di incarico professionale del 2002, pur nella con- sapevolezza della sopravvenuta costituzione della società, come dimostrato:
1) dal suo rivolgersi al Podere Cetinaglia in data 21/10/05 (doc. 21 parte N.) in risposta alla missiva di contestazione dei vizi datata 18/10/05, dalla espressa destinazione della missiva di messa in mora datata 10/07/08 tanto ai coniugi D.A.G. P.S., quanto alla Podere Cetinaglia Sas; 2); nonché dall’invio della richiesta di pagamento datata 07/12/07 alla sig.ra P.S. in qua- lità di parte committente una dei due originari proprietari, non svolgente ruo- lo di legale rappresentante della Sas conduttrice.
Analoghe considerazioni inducono, specularmente, a ritenere, dal lato del professionista intellettuale, come aggiunta e non sostituita la figura dell’asso- ciazione professionale rispetto a quella dell’arch. L.N. e della geom. M. quali titolari dei rispettivi rapporti contrattuali d’opera intellettuale - e ciò, a fortio- ri, in assenza di contestazione, sul punto, ad opera delle parti.
3. Sulla domanda riconvenzionale e sulla reconventio reconventionis.
Xxxxxx, anzitutto, essere dichiarate la tempestività (stante la relativa proposizione nell’atto di costituzione e comunque entro il termine preclusivo dell’udienza di prima comparizione ex art. 183, comma 5 c.p.c.) e
l’ammissibilità sotto il profilo della causa petendi, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 36 c.p.c., tanto della domanda riconvenzionale avanzata dal terzo chiamato e dagli intervenuti, avente ad oggetto la corresponsione delle spet- tanze asseritamente residuanti in proprio favore, quanto della reconventio re- conventionis proposta dalle parti P.S. e D.A.G. nei confronti del professionista predetto, avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dall’esecuzione asseritamente imperita della prestazione d’opera professionale, previa even- tuale compensazione con gli importi risultanti eventualmente come ancora dovuti a controparte a titolo di compenso: ciò in quanto entrambe le pretese traggono fonte dal titolo contrattuale - il contratto d’opera professionale - già appartenente alla causa come mezzo di eccezione.
Ciò posto, occorre, da un lato, rilevare come, pur essendo stati riscontrati nell’operato del professionista, ad esito delle condivisibili risultanze peritali, taluni profili di negligenza - sub specie di carenza di conformità alle pertinenti leges artis nell’esecuzione delle mansioni su di esso direttamente incombenti, nonché di culpa in vigilando con riferimento all’operato dei propri collaborato- ri e delle persone comunque soggette al suo controllo ed alla sua direzione -, le carenze esecutive e progettuali pur riscontrate risultino inidonee ad elidere del tutto, nell’ambito della necessaria valutazione comparativa degli opposti adempimenti, la residua spettanza della remunerazione per l’opera comples- sivamente prestata - comprensiva, dunque, anche di quella resa dall’ing. M. (Cass. n. 11430/06: “Il giudice, ove venga proposta dalla parte l’eccezione “inadimplenti non est adimplendum”, deve procedere ad una valutazione comparativa degli opposti adempimenti avuto riguardo anche allo loro pro- porzionalità rispetto alla funzione economico-sociale del contratto e alla loro rispettiva incidenza sull’equilibrio sinallagmatico, sulle posizioni delle parti e sugli interessi delle stesse, per cui qualora rilevi che l’inadempimento della parte nei cui confronti è opposta l’eccezione non è grave ovvero ha scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altra parte a norma dell’art. 1455 cod. civ., deve ritenersi che il rifiuto di quest’ultima di adempiere la propria obbligazione non sia in buona fede e, quindi, non sia giustificato ai sensi dell’art. 1460, secondo xxxxx, cod. civ. . Tale valutazione rientra nei compiti del giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria”).
Ora, pacifica, e comunque provata, la sussistenza del titolo contrattuale, a
fronte dell’allegazione dell’avvenuto adempimento della prestazione profes- sionale e della quantificazione operata unilateralmente dell’importo ritenuto come dovutole a titolo di compenso di cui alla proposta di notula datata 08/02/07, parte convenuta ha eccepito l’incongruità della somma richiesta, avuto riguardo alla quantità ed alla qualità delle prestazioni professionali rite- nute come effettivamente rese da controparte. Sul punto, peraltro, occorre ancora una volta ribadire come il preventivo sottoscritto dai sigg.ri P.S. e
D.A.G. in data 28/06/02, seppur costituente idonea prova dell’an del conferi- mento dell’incarico, non possa ritenersi vincolante in punto di individuazione delle prestazioni effettivamente rese, né tantomeno in punto di quantum de- beatur, non indicando detta documentazione un corrispettivo distinto per le singole prestazioni elencate e definendo lo stesso importo complessivo indica-
to come “presunto”, e dunque suscettibile di revisione; del resto, come già osservato, l’importo del compenso indicato in preventivo è fisiologicamente destinato ad una revisione in corso d’opera o ad opera finita, alla luce della considerazione dell’attività effettivamente svolta, e ciò, a fortiori, nell’ipotesi di specie, alla luce della già citata clausola di chiusura contenuta nell’elenca- zione delle opere, di per sé indicativa della possibilità di un ampliamento del novero delle prestazioni da remunerare.
A fronte, dunque, della contestazione di parte convenuta in ordine alla congruità del quantum azionato, al fine della valutazione della correttezza della determinazione unilaterale delle condizioni del contratto d’opera da par- te del professionista, occorre fare riferimento, anzitutto, ai criteri di determi- nazione del compenso del prestatore d’opera stabiliti all’art. 2233 c.c., il qua- le richiama, in ordine decrescente di priorità, come parametri orientativi, la pattuizione delle parti, le tariffe o gli usi, nonché la decisione del giudice, con- fortata dal parere dell’associazione professionale. Ragion per cui, all’accogli- mento della domanda di pagamento, nell’ammontare determinato dal richie- dente, potrà farsi luogo soltanto se tale rideterminazione non risulti in con- trasto con precedenti diversi accordi negoziali, aventi forza di legge tra le parti ex art. 1372 c.c.; e se, una volta esclusa - come nel caso di specie - la preesistenza di accordi sul compenso, l’importo risulti congruo in base alle ta- riffe o agli usi, o in mancanza, alla luce del parere della competente associa- zione professionale (cfr., sul punto, ancorché con riferimento a differente fi- gura di professionista, Cass. n. 6454/08, n. 621/97).
Peraltro, occorre precisare come ogniqualvolta da parte del cliente sia mos- sa contestazione, seppur in forma generica, alla congruità degli importi richiesti ed alla corrispondenza tra le voci dei compensi elencati nella parcella e la tarif- fa professionale, insorgerà, in capo al professionista, l’onere probatorio in ordi- ne alla consistenza ed all’effettiva esecuzione delle prestazioni professionali elencate nella parcella, alla misura degli importi richiesti, nonché alla correttez- za dell’applicazione delle tariffe professionali, mentre insorgerà in capo al giudi- cante il potere-dovere di verificare la fondatezza della contestazione mossa dall’opponente (Cass. n. 1015/03). Verifica che verrà eseguita, anche d’ufficio, mediante il controllo della corrispondenza tra le voci ed i compensi elencati in parcella e la tariffa professionale, in applicazione del principio iura novit curia - trattandosi di assicurare l’esatta applicazione, in tutti i suoi elementi tipologici e nelle sue espressioni quantitative, di un atto di normazione secondaria avente valore di legge - e nell’esercizio di un potere discrezionale che, se contenuto entro i limiti minimi e massimi tariffari, non richiede specifica motivazione né può formare oggetto di censura (Cass. n. 7527/02).
Xxxxxx, sulla scorta della lettura degli elaborati progettuali e delle relazioni tecniche relative all’incarico oggetto della produzione allegata agli atti, nonché delle risultanze delle audizioni testimoniali, risulta acquisito al processo il mate- riale necessario per la valutazione dell’effettiva esecuzione e della qualità delle prestazioni professionali di cui i terzi chiamati ed intervenuto hanno chiesto la remunerazione. Tuttavia, trattandosi di accertamenti di natura tecnica, il cui compimento richiede il possesso di nozioni specialistiche estranee a quelle rien- tranti nell’ordinario campo di sapere del giudice, si è resa necessaria la nomina
di un CTU, allo scopo di demandare la valutazione, sulla scorta della documen- tazione in atti, dell’attività professionale in concreto svolta dal professionista su incarico della committenza, sull’entità ed il valore della stessa e sulla congruità delle somme richieste, nonché, in caso di accertata incongruità, sulla rideter- minazione del compenso ritenuto come effettivamente spettante.
È sulla base della combinata lettura della documentazione reperita in atti attestante l’effettiva esecuzione delle opere, delle risultanze delle audizioni testimoniali e degli esiti degli accertamenti peritali, dunque, che il CTU, con valutazione logica, congrua ed immune da censure, ha individuato, nel raf- fronto tra le voci di cui al citato preventivo, quelle, ben più numerose, di cui alla notula datata 08/02/07, e quelle effettivamente rese dal professionista e dai relativi collaboratori (la cui complessiva entità ha indicato nel 56% del to- tale pattuito) il corretto ammontare delle somme dovute dai committenti. In particolare, con riferimento alle prestazioni professionali la cui effettiva ese- cuzione costituisce oggetto di contestazione tra le parti, condivisibile appare il percorso logico seguito dal perito d’ufficio nella parte in cui:
- da un lato, ritiene incluse nel novero delle prestazioni da remunerare an-
che quelle relative alla direzione dei lavori strutturali (risultante come svolta dall’arch. N., come da modulo di deposito del progetto strutturale presso il Genio Civile datato 08/01/04), nonché al coordinamento della sicurezza (nei fatti, svolto dall’attore, ausiliario del L.N.);
- dall’altro, ritiene invece non effettivamente documentata, ex actis, ed esclude, pertanto, dal computo delle spettanze l’esecuzione delle prestazioni accessorie ed aggiuntive relative alle pratiche catastali ed ai computi in vista di finanziamenti: tutte prestazioni riferite dai terzi intervenuti all’operato della geom. M.
Di qui la condivisibile (in quanto logica, congrua ed adeguatamente moti- vata sotto i profili tecnici, anche con riferimento alle opposte osservazioni dei CCTTPP) quantificazione peritale del compenso spettante al professionista arch. N., al cospetto della contestazione sulla congruità dell’importo richiesto ed alla luce del costo complessivo delle opere, nonché delle pertinenti tariffe professionali di cui alla L. n. 143/49 (sulla cui applicabilità all’ipotesi di specie non sussiste contestazione tra le parti), in euro 63.703,42, al netto di IVA e contributi, e del compenso, come sopra già quantificato, spettante all’ing. M.: importo da cui devono, peraltro, essere detratti gli acconti già ricevuti dal professionista (per un ammontare di euro 16.000), sul cui versamento ad opera dei convenuti, del resto documentato in atti, non sussiste contestazio- ne tra le parti. Con ciò non determinandosi, peraltro, alcuna lesione del prin- cipio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., avendo il professionista chiosato la propria domanda riconvenzionale, sin dal proprio atto introduttivo, con la formula “salvo il più o il meno che dovesse ri- sultare di giustizia”, e stante la già rilevata estensione automatica della do- manda attorea nei confronti del terzo chiamato, cui consegue la necessità di integrare il compenso spettante al professionista in ragione delle somme ef- fettivamente corrisposte all’ausiliario - da ricondurre, in ultima analisi, a cari- co della committenza, reale percettrice della prestazione d’opera intellettuale (cfr. xxxxxxx, supra, § 1).
Da tale importo, tuttavia, dovrà essere, a parere di questo giudicante, scorporato quanto indicato dal CTU - il quale ha non condivisibilmente consi- derato come espletate, ancorché a livello minimo, tutte le attività necessarie ai fini della produzione dei documenti utili a soddisfare le vigenti prescrizioni di legge per l’edificazione dell’immobile - quale voce di compenso relativa alla redazione di progetti di impianti idrici ed elettrici, in ragione dell’importo, ri- spettivamente, di euro 2.277,64 e di euro 2.175,76: in primo luogo, infatti, non risulta documentata ex actis l’effettiva esecuzione di detta prestazione, mentre i testi escussi, dal canto loro, hanno concordemente confermato l’esecuzione dei lavori relativi all’impianto termoidraulico in assenza di un progetto termotecnico completo, ma sulla scorta di un brogliaccio scritto a mano e contenente le direttive dell’arch. L.N.; in secondo luogo, inoltre, lo stesso L.N. ha dichiarato espressamente, nella raccomandata datata 31/10/05, che avrebbe provveduto alla redazione del progetto in un momen- to successivo alla fine dei lavori, così implicitamente ammettendo, allo stato, il mancato adempimento dell’incombente.
Per contro, con riferimento alla prestazione di assistenza resa dalla geom.
M. in sede di ATP, risultando dimostrata l’effettiva esecuzione della prestazio- ne dalla lettura del verbale delle operazioni peritali svolte dal CTU geom. F. davanti alla ex Sezione distaccata di Poggibonsi (doc. 12 allegato alla secon- da memoria istruttoria di parte interveniente), occorre, al cospetto della do- manda di parte, pur in assenza di una notula in atti (elemento non necessa- rio, a fronte di una domanda giudiziale), provvedere alla liquidazione del compenso dovuto, tenuto conto dei compensi medi per la voce tariffaria di cui all’art. 11 DPR 118/02, trattandosi di prestazione di consulenza resa in sede giudiziale, e con applicazione dello scaglione determinato dall’importo dei co- sti di ripristino come stimato in relazione: per un ammontare di euro 3.974,96, al netto di IVA e contributi.
Venendo, adesso, alla disamina della domanda (reconventio reconventio-
nis) di risarcimento danni da responsabilità professionale ed extracontrattua- le, avanzata da parte dei convenuti nei confronti dell’arch. N., occorre anzi- tutto rigettare le eccezioni di decadenza e prescrizione, fondate dal terzo chiamato sulla normativa (art. 2226 c.c.) in tema di vizi dell’appalto, ormai pacificamente ritenuta inapplicabile al contratto d’opera professionale, rispet- to al quale opera l’ordinario termine decennale - qui rispettato - proprio delle pretese di fonte contrattuale (“le disposizioni dell’art. 2226 cod. civ., in tema di decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia per vizi dell’opera, sono inapplicabili alla prestazione d’opera intellettuale, ed in particolare alla pre- stazione del professionista che abbia assunto l’obbligazione della progettazio- ne e della direzione dei lavori di un fabbricato, attesa l’eterogeneità della pre- stazione rispetto a quella manuale, cui si riferisce l’art. 2226 cod. civ., norma che non è da considerare tra quelle richiamate dall’art. 2230 dello stesso co- dice; pertanto, si deve escludere che il criterio risolutivo ai fini dell’applica- bilità delle predette disposizioni alle prestazioni in questione possa essere co- stituito dalla distinzione - priva di incidenza sul regime di responsabilità del professionista - fra le cosiddette obbligazioni di mezzi e le cosiddette obbliga- zioni di risultato, e ciò tenuto conto anche della frequente commistione, ri-
spetto alle prestazioni professionali in questione, delle diverse obbligazioni in capo al medesimo o a distinti soggetti in vista dello stesso scopo finale, a fronte della quale una diversità di disciplina normativa risulterebbe ingiustifi- cata”: Cass. n. 28575/13; Cass. SS.UU. n. 15781/05).
Tanto premesso, appare opportuno analizzare partitamente le singole dif- formità oggetto di contestazione da parte degli attori in riconvenzione.
a) In punto di posizionamento della caldaia GPL, il CTU, con argomentazioni ineccepibili, ha accertato che “il generatore di calore alimentato a GPL a servi- zio dell’appartamento n. 2 ha subito due successivi spostamenti, e ciò in quan- to, nelle prime due ubicazioni all’interno dell’appartamento, il generatore era stato posto in aree caratterizzate da una quota del pavimento inferiore a quella dei locali circostanti (...) le norme non consentono un piazzamento di tal gene- re (...)”; ad esito delle audizioni dei testi è stata fornita conferma alla circo- stanza per cui (teste S., teste P.) l’esecuzione dei lavori relativi all’impianto termoidraulico è avvenuta in assenza di un progetto termotecnico completo, ma solo sulla scorta di un brogliaccio scritto a mano e contenente le direttive dell’arch. L.N., cui l’esecutore si è adeguato, provvedendo, poi, a propria cura e spese alla demolizione degli impianti già realizzati ed al rifacimento delle nuove canne fumarie, a seguito della constatazione della loro non conformità, mentre la sostituzione delle caldaie è stata pagata dalla committenza (circostanza con- fermata anche dal teste P., geometra sostituitosi all’arch. L.N. nella direzione dei lavori); parimenti, il CTU ha accertato che “negli unici due disegni presenti in atti e relativi agli impianti termici (all. 1 alla Memoria ex art. 183 VI c. n. 2
c.p.c. di parte D.A.G.), disegni che dalle prove testimoniali risultano riferibili
all’Arch. L.N., la caldaia in questione risulta ubicata in una delle due posizioni che si sono rivelate incompatibili con le normative di settore. (...)” e che “l’installatore appare aver seguito, almeno per l’unico erroneo piazzamento do- cumentato dagli atti di causa, le indicazioni contenute negli unici due disegni, presenti appunto in atti, relativi agli impianti termici (all. 1 alla Memoria ex art. 183 VI c. n. 2 c.p.c. di parte D.A.G.), disegni che dalle prove testimoniali risul- xxxx riferibili all’Arch. L.N.”. Trattandosi di difformità esecutiva non soltanto percepibile dal progettista-direttore ma ancor prima derivante dall’adeguamen- to degli appaltatori a direttive impartite dalla direzione dei lavori, la responsa- bilità per i danni derivanti dalla necessità di compimento delle opere di ripristi- no ben può e deve essere ascritta a carico del progettista-direttore: donde, il riconoscimento del diritto della committenza a vedersi risarcito il danno patri- moniale comprensivo delle spese sostenute per il ripristino, quantificate dal CTU in euro 4.500,00, nonché dal costo di sostituzione delle caldaie (due) (il cui esborso da parte dei committenti è stato confermato dai testi escussi), quantificato in euro 3.000.
b) Con riferimento alle difformità relative alle mazzette delle finestre, il CTU ha correttamente evidenziato come, nonostante l’assenza di criticità nei disegni architettonici disponibili, la difformità esecutiva rispetto alla progettazione in atti, a prescindere dalla sua esecuzione in conformità (come pare confermato dal teste A.) o in difformità dalle direttive impartite dal professionista, ben avrebbe potuto e dovuto essere rilevata, percepita e prontamente segnalata dallo stesso (“premesso che il quesito posto allo scrivente non richiede di indi-
viduare i soggetti responsabili delle varie problematiche lamentate e richia- mando quanto già espresso al riguardo nelle valutazioni relative alla risposta al quesito C, lo scrivente non può non manifestare che la realizzazione sia delle mazzette sia degli sguanci dei vani finestra in maniera difforme dalle previsioni progettuali non avrebbe potuto non essere oggetto di pronta ed unica censura da parte del direttore dei lavori”) - cosa che non è avvenuta, come del resto di- chiarato dalla teste S., collaboratrice del L.N., la quale afferma che la contesta- zione avvenuta in sede di ATP ha riguardato soltanto le opere relative agli sguanci, e come accertato anche dal CTU (relazione finale, pag. 50: “non è da- to sapere il motivo per cui il direttore dei lavori non abbia riscontrato e conte- stato nell’immediato la difformità delle mazzette realizzate rispetto a quelle progettate”): di qui l’individuabilità di un profilo di responsabilità a carico del L.N., il quale dovrà rispondere dei costi sostenuti per il ripristino (avendo il CTU accertato l’attuale piena funzionalità degli infissi). Sennonché, mentre è stato dimostrato dalle espletate prove orali l’esborso sostenuto dalla committenza nei confronti dell’impresa P.P. (per l’importo di euro 7.800,00) in vista del pri- mo rifacimento delle mazzette, non risultano documentati i costi asseritamente sostenuti dagli stessi convenuti, anche mediante perito di parte, a seguito del rilievo delle nuove difformità ad opera del falegname Pa. (per contro, il teste S. afferma di non aver ricevuto alcun pagamento per l’opera ripristinatoria relati- va alle finestre, eseguita su incarico della ditta P.): ragion per cui, risultando la cifra di 30.000,00 indicata dal CTU come importo ipotetico (conseguente ad un ormai non più necessario nuovo rifacimento), al di là dell’importo di euro 7.800,00 sopraccitato, non risulta ottemperato l’onere della prova dell’ulteriore danno patrimoniale da parte della committenza.
c) Dalle testimonianze rese (in particolare, teste P.) e dall’accertamento compiuto dal xxxxxx nominato dall’ufficio, anche le problematiche riferite alle scale, la cui esecuzione al grezzo era già avvenuta all’epoca della revoca dell’incarico al L.N. (relazione CTU finale, pag. 46), xxxxxx ascrivibili al mede- simo professionista a titolo di culpa in vigilando, in quanto da esso percepibili e non impedite, comportando l’incarico di direttore dei lavori l’onere di accertare, nel corso dell’esecuzione dell’opera, la rispondenza della stessa, quand’anche conforme al progetto predisposto dal committente o da altri per lui, alle regole della buona tecnica costruttiva e di sicurezza, e quello di disporre la sospensio- ne dei lavori in caso negativo (Cass. n. 18784/13): di qui, l’imputabilità a cari- co di quest’ultimo dei costi sostenuti per l’avvenuto ripristino, la cui quantifica- zione in euro 4.400,00 ha trovato conferma in sede testimoniale.
d) Con riferimento ai vizi consistenti nella riduzione delle finestre e nella
limitazione delle possibilità di vista e di affaccio interessanti i tre locali del primo piano, valutati in euro 4.000,00, il CTU, con argomentazioni ineccepibi- li, ha rilevato che l’accertata compressione della funzionalità delle finestre è stata imposta dall’esigenza di assicurare il corretto smaltimento delle acque meteoriche e sarebbe stata evitabile, ove il progettista si fosse avveduto ab origine della necessità di conferire al tetto l’opportuna pendenza: donde, l’ascrivibilità del vizio e del danno a carico del L.N.
e) Xxxxxx, infine, alle fessurazioni ed ai cretti rilevati e contestati dalla committenza, il CTU, con argomentazioni esaustive ed ineccepibili, ha accer-
tato una difformità della soluzione esecutiva adottata per le fondazioni dell’edificio rispetto alle indicazioni fornite nella relazione geologica, consi- stente nell’apposizione di una fondazione in cemento armato in luogo della realizzazione di pali trivellati, alla luce delle rilevate caratteristiche del suolo interessato, rilevando come “le problematiche lamentate ... trovino in effetti una riferibilità nelle prestazioni espletate dai professionisti incaricati della progettazione e della direzione dei lavori”. Ora, premesso che nessuna conte- stazione tempestiva risulta essere stata mossa all’indirizzo dell’operato dell’ingegnere strutturista e che, pertanto, nessun accertamento può essere compiuto in questa sede in ordine alla sussistenza di profili di responsabilità a carico dell’ing. M., senza incorrere in un vizio di ultrapetizione, occorre, inve- ce, rilevare la sussistenza di un’ipotesi di responsabilità a carico del L.N., nel- la sua qualità di direttore dei lavori, in termini di carenze nella supervisione, disponendo costui, come rilevato dal CTU, delle competenze tecniche neces- sarie per riscontrare le eventuali criticità e difformità (cfr. CTU, pag. 52, ove si rileva che, stanti la disponibilità della relazione geologica sin da data ante- riore a quella del deposito del progetto strutturale, da questa discordante, nonché la conoscibilità della predetta relazione ad opera del DL, non risulta- no, agli atti, prove di un intervento correttivo del medesimo L.N., pur a fronte dell’evidente discrasia). Di qui, l’ascrizione a carico del medesimo dei costi da sostenere per la realizzazione delle fondazioni in maniera conforme alla rela- zione geotecnica in atti - opera sulla cui necessità, ai fini dell’emenda del vi- zio riscontrato, appare condivisibile il parere del perito nominato dall’ufficio; inconferente essendo, peraltro, il rilievo, neppure condiviso dal CTU, mosso dalle difese di parte M. e L.N. in ordine alla non necessità ex lege della reda- zione della relazione geologica, nel momento in cui il mancato rispetto dei suggerimenti del geologo è risultato eziologicamente connesso alla produzio- ne delle fessurazioni riscontrate. In punto di quantificazione dell’importo do- vuto dal professionista a titolo risarcitorio, corretta appare anzitutto la quan- tificazione peritale della spettanza ai committenti dell’ammontare di euro 15.000,00, indicato dal CTU come necessario per l’emenda delle lesioni visibi- li. Ciò posto, in replica alle obiezioni mosse dalla difesa L.N. in ordine all’antieconomicità dell’intervento di realizzazione dei pali in aggiunta alle fondamenta superficiali esistenti, da un lato, occorre convenire con la consi- derazione dell’ing. Mu. per cui il medesimo intervento, ove correttamente realizzato ab origine, e non su un edificio già realizzato, avrebbe certamente comportato un costo inferiore, e pertanto imputare a carico del responsabile della carenza originaria il maggiore esborso da sostenere, da parte della committenza, in fase di opere di consolidamento rispetto a quello che la stes- sa avrebbe speso, realizzando le medesime opere in fase di costruzione (rela- zione CTU finale, pag. 51); d’altro canto, però, deve rilevarsi come, in ipotesi di fisiologico andamento dei lavori, l’opera sarebbe stata comunque realizza- ta, ancorché con minore esborso. Alla luce di tale duplice considerazione, e computati, altresì, gli esborsi sostenuti dalla committenza per la realizzazione originaria delle fondazioni superficiali in cemento armato, in luogo dell’opera di inserimento dei pali, appare opportuno addebitare a carico del L.N. non l’intero importo indicato dal CTU (euro 76.000,00), bensì i due terzi di esso,
ossia euro 50.000,00, in applicazione del potere giudiziale di valutazione equitativa operante tanto in sede di responsabilità contrattuale quanto in se- de di responsabilità aquiliana (artt. 2056-1226 c.c.).
f) Quanto, infine, ai profili di danno da deprezzamento dell’immobile e da lucro cessante consistente nel mancato profitto ritraibile nel periodo di protrat- ta indisponibilità resa necessaria dal compimento dei lavori di emenda, conve- nendosi, anzitutto, con il CTU in punto di inconfigurabilità di una svalutazione commerciale del bene (con la sola eccezione di quanto osservato al punto d)), appaiono, altresì, condivisibili la quantificazione in otto settimane del periodo di totale inutilizzabilità del bene ed in ulteriori due settimane quello di utilizzabilità dello stesso al 50%, nonché la successiva indicazione in euro 9.100,00 del va- lore commerciale dell’immobile in ipotesi di coincidenza del periodo dedicato ai lavori di ripristino con la tempistica suggerita dal medesimo perito.
4. Sulla domanda di manleva nei confronti di Xxxxxxxxx.
Xxxxxx, inoltre, accoglimento la domanda di manleva avanzata tempesti- vamente e ritualmente da parte della difesa L.N. nei confronti della propria compagnia assicuratrice, stante l’operatività della polizza stipulata dal profes- sionista al cospetto delle ipotesi di responsabilità testé delineate. Deve, infat- ti, escludersi la pertinenza all’ipotesi in esame del richiamo effettuato dalla compagnia chiamata alle ipotesi di inefficacia della copertura di cui al punto
1.3.2 delle condizioni generali di contratto, non potendosi definire le difformi- tà sopra accertate in termini di “danni (id est, secondo le definizioni generali fornite dallo stesso assicuratore, “pregiudizi conseguenti a distruzione o dete- rioramento di cose”) subiti dalle opere”. Per contro, deve ritenersi applicabile alla fattispecie de qua il disposto di cui ai punti DO e MO (pag. 18) di cui alle medesime condizioni generali: ciò in quanto, da un lato, le fessurazioni ed i cretti, definiti dal medesimo CTU come vizi idonei ad incidere sulla staticità dell’edificio, rientrano nella nozione di “rovina o gravi difetti di parte delle opere destinate per propria natura a lunga durata che compromettono in ma- niera certa e attuale la stabilità dell’opera stessa”; dall’altro lato, le restanti difformità esecutive accertate consistono in “gravi difetti riscontrati nelle ope- re progettate o dirette, sopravvenuti dopo la loro ultimazione, che rendano inidonee le opere stesse all’uso o alla necessità cui sono destinate”.
5. Sulle chiamate in causa di A. e P.
Sempre in forza del già menzionato potere giudiziale di riqualificazione della domanda, la chiamata in causa delle imprese A. e P. ad opera della dife- sa L.N., impropriamente denominata “a manleva” o “in garanzia”, deve, in ef- fetti, essere inquadrata nella fattispecie dell’azione di regresso promossa da chi si afferma condebitore solidale rispetto all’obbligazione di risarcimento nei confronti della committenza.
Fatta questa indispensabile premessa, e muovendo dalla posizione della parte A., occorre ancora una volta analizzare partitamente le varie ipotesi di difformità riscontrate come imputabili alla direzione dei lavori, rispetto alle quali è stata avanzata dal L.N. pretesa di rivalsa nei confronti dell’impresa appaltatrice, ritenuta corresponsabile in punto di carenze esecutive.
a) Con riferimento ai vizi consistenti nelle fessure e nei cretti, trattasi, in- vero, sulla scorta delle osservazioni del CTU (bozza, pagg. 42-44) in punto di
potenziale diuturnità ed influenza sulla staticità dell’edificio, di ipotesi classifi- cabile nella fattispecie di rovina di edificio o gravi difetti di cui all’art. 1669 c.c. per fessurazioni. Sul punto, si è affermata in più occasioni in giurisprudenza la configurabilità di un concorso ex art. 2055 c.c. dell’appaltatore e del progetti- sta-direttore dei lavori a titolo, rispettivamente, extracontrattuale e di contrat- tuale da colpa professionale, laddove sia mancata, da parte del costruttore, la prova di avere agito quale nudus minister del DL, privo di autonomia realizza- tiva (Cass. n. 1874/13: “L’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 cod. civ. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e conse- guentemente nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di co- struzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segna- tamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione”; Cass. n. 14650/12: “In tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadem- pimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 cod. civ., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di re- sponsabilità contrattuale. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato princi- pio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva riconosciuto la re- sponsabilità solidale del progettista e direttore dei lavori e dell’appaltatore per i difetti della costruzione dipendenti dal cedimento delle fondazioni dovuto alle caratteristiche geologiche del suolo, rientrando nei compiti di entrambi l’indagine sulla natura e consistenza del terreno edificatorio”; Cass. n. 18784/13: configurando l’art. 1669 c.c. una sorta di responsabilità extracon- trattuale, analoga a quella aquiliana, nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore - costruttore del fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, anche tutti quei soggetti, che prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano comunque contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o direttore dei lavori),alla deter- minazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione (v., tra le altre, Cass. nn. 19868/09, 3406/06, 13158/02, 4900/93): in parti- colare, in tale ultima pronuncia, a seguito del rilievo e dell’accertamento della mancata ottemperanza, in sede di progettazione tecnica e di esecuzione, ai suggerimenti contenuti nella relazione geologica, il S.C., oltre ad aver affer- mato la responsabilità del ricorrente per culpa in vigilando, quale direttore dei lavori, ha altresì fatto carico di tale inosservanza esecutiva l’impresa costrut- trice, “non essendo stata dimostrata la qualità di nudus minister dell’appaltatore, tenuto pertanto in ragione della competenza tecnica richiesta in chi eserciti professionalmente siffatte attività, a segnalare le controindica- zioni esecutive alla committenza, sia al direttore dei lavori, preposto, anch’egli professionalmente, alla vigilanza dell’opera non solo in ordine a conformità al- le scelte progettuali, ma anche alle regole della buona tecnica e della sicurez- za, quali che fossero le anzidette.”). Né, del resto, paiono invocabili, da parte
della ditta A., le eccezioni di decadenza dall’azione e di prescrizione del diritto al risarcimento di cui alla normativa citata: sotto il primo profilo, infatti, come affermato dalla stessa committenza e risultante dalle produzioni di cui ad all. 1 alla prima memoria istruttoria di parte D.A.G.-P.S., la denuncia del vizio risul- ta essere avvenuta tempestivamente nei confronti della A., con Rar datata 23/06/08 (e circa un mese prima, nei confronti del L.N.), risultando conferma- ta la ricezione della stessa dalla produzione della cartolina, attestante il suo recapito presso la sede legale dell’impresa, in Barberino Val d’Xxxx in data 25/06/08; sotto il secondo profilo, inoltre, la proposizione della reconventio reconventionis contenente la domanda di risarcimento del danno da responsa- bilità professionale per il medesimo fatto storico, costituito dalla rovina dell’edificio de quo - avvenuta con il deposito della comparsa datata 21/04/09 da parte del sig. D.A.G. e con il deposito della comparsa a firma Podere Ceti- naglia in data 18/02/09, nonché con la domanda spiegata all’udienza del 21/05/09 da parte della sig.ra P.S. - vale quale atto interruttivo della prescri- zione anche nei confronti del coobligato solidale, in forza del principio estensi- vo di cui all’art. 1310 c.c.. Ciò posto, nel merito, occorre rilevare che, confor- memente a quanto affermato dal S.C., (Cass. n. 8016/12) “l’appaltatore, do- vendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal commit- tente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da respon- sabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di esse- re stato indotto ad eseguirle, quale “nudus minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni imparti- te dal direttore dei lavori”. Ora, nell’ipotesi di specie, a fronte della riconoscibi- lità, da parte dell’impresa esecutrice, dotata di sufficienti competenze tecni- che, della già rilevata anomalia progettuale, ed in assenza della dimostrazione della mancanza di autonomia della stessa ditta esecutrice nella realizzazione delle opere (inattendibili, sul punto, e in parte smentite dal teste C., le deposi- zioni dei testi A., stante il legame parentale con una delle parti in causa), deve essere affermata la sussistenza della corresponsabilità della ditta chiamata nella realizzazione del danno lamentato e la conseguente assoggettabilità - in pari misura, in assenza di difforme allegazione sul punto della percentuale di concorso, in forza della presunzione legale di cui all’ultimo comma art. 2055
c.c. - all’obbligazione risarcitoria avente ad oggetto i costi di realizzazione del- le fondamenta e le spese di emenda dei vizi.
b) Con riferimento alle carenze esecutive relative alle mazzette ed alle sca- le - difetti già contestati all’appaltatrice in occasione di altro giudizio, conclu- sosi con sentenza ancora sub iudice - risulta prodotta agli atti e dotata di va- lenza di prova documentale (Cass. n. 10599/14: “Ai fini dell’ingresso in un ul- teriore giudizio, la relazione di consulenza tecnica d’ufficio è da considerare quale documento, soggetto alle regole delle produzioni documentali”) a con-
ferma della sussistenza di una corresponsabilità dell’appaltatrice la relazione del CTU geom. F. resa avanti all’ex sezione distaccata di Poggibonsi, la quale si aggiunge alla perizia di parte committente a firma geom. G. (proveniente da parte della committente, che nessuna domanda ha spiegato nei confronti della
A. in questa sede) ed alla relazione del CTU ing. Mu. (pagg. 37-39), nonché alle risultanze delle prove per testi (teste P.): donde, l’accoglimento, anche sotto questo profilo, della domanda di regresso della parte L.N., sempre in ra- gione della sussistenza di un concorso in misura paritetica nella responsabilità per i vizi riscontrati.
Deve, per contro, essere rigettata la domanda rivolta dalla parte L.N. con l’atto di chiamata in causa della P., avendo la stessa parte chiamante rileva- to, in sede di comparsa conclusionale, come “l’Impresa P. ha svolto un ruolo marginale e vi rientrerebbe solo per la realizzazione degli sguanci alle apertu- re, che però paiono essere stati ricostruiti a regola d’arte previa demolizione di quelli eseguiti dall’impresa A.”. Del resto, nessuna contestazione risulta es- sere mai stata mossa né dalla committenza, né dalla direzione dei lavori all’indirizzo della predetta impresa - il cui rapporto di appalto con gli odierni convenuti è stato avviato in data 11/05/05, a seguito dello scioglimento del precedente contratto con la A. ed è stato regolarmente onorato, in punto di pagamento delle spettanze ad opera della committenza; e lo stesso CTU ha, in ultima analisi, escluso ogni profilo di addebitabilità di vizi o difformità a ca- rico della predetta impresa.
6. Spese di lite e di CTU.
In considerazione della reciprocità della soccombenza sulle rispettive do- mande riconvenzionali, sussistono i presupposti di cui all’art. 92, comma 2
c.p.c. per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti D.A.G., P.S., Podere Cetinaglia, da un lato, e L.N., M. e rispettivi Studi professionali, nonché Fondiaria, dall’altro; parimenti, e per le medesime ragioni, stante la riqualificazione in domanda di regresso e l’accoglimento in ragione della metà della domanda di rilievo, deve farsi luogo a compensazione delle spese tra le parti L.N. e A.. A carico solidale delle parti predette dovranno, per i medesimi motivi, essere poste in via definitiva le spese di CTU, come già liquidate con separato decreto in corso di causa.
In ossequio al criterio della soccombenza, dovranno, invece, essere poste a carico di parte L.N. e, per effetto dell’accoglimento della domanda di man- leva, di Fondiaria, le spese di lite sostenute dalla parte P., come liquidate in dispositivo secondo i valori medi, con riferimento allo scaglione di valore de- terminato dall’importo (euro 30.000,00) della specifica voce di danno ascritta a carico della terza chiamata, e con applicazione di una maggiorazione del 10% ex art. 4, comma 8 DM n. 55/14, stante la manifesta fondatezza delle argomentazioni della parte vittoriosa.
Parimenti, per le medesime ragioni, dovranno essere poste a carico della parte L.N. e, per effetto dell’accoglimento della domanda di manleva, di Fon- diaria, le spese di lite sostenute dalla parte M., come liquidate in dispositivo ai sensi del DM n. 55/14, secondo i valori medi, con riferimento allo scaglione di valore determinato dall’importo riconosciuto come dovuto in favore dell’attore vittorioso.
P.Q.M.
Il Tribunale di Siena, in composizione monocratica, definitivamente pro- nunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione assorbita e/o disat- tesa:
- condanna l’arch. L.N. alla corresponsione, in favore dell’ing. M., dell’importo di euro 27.407,11, oltre interessi al tasso legale dalla domanda stragiudiziale, imposta e contributi come per legge;
- condanna i sigg.ri D.A.G. e P.S., nonché la Podere Cetinaglia Sas, in per- sona del l.r.p.t., in solido tra loro, alla corresponsione, in favore dell’arch. L.N. e dello Studio Professionale Associazione Professionale Architettando Architetti Associati, dell’importo di euro 70.657,13, oltre interessi al tasso legale, a far data dalla domanda stragiudiziale, imposta e contributi come per legge;
- condanna i sigg.ri D.A.G. e P.S., nonché la Podere Cetinaglia Sas, in per- sona del l.r.p.t., in solido tra loro, alla corresponsione, in favore della geom.
M. e della Archidesign-Architettando Associazione Professionale, dell’importo di 3.974,96 euro, oltre interessi al tasso legale dalla domanda giudiziale, im- posta e contributi come per legge;
- condanna l’arch. L.N. e lo studio Associazione Professionale Architettan- do Architetti Associati alla rifusione, in favore dei sigg.ri D.A.G. e P.S. e della Podere Cetinaglia Sas, in solido tra loro, delle spese di ripristino dei vizi rela- tivi alle scale, alle mazzette ed all’impianto termico, quantificate in euro 19.700,00, oltre interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria a far data dai singoli esborsi; nonché alla corresponsione della somma di euro 74.100, a titolo di esborso futuro e di lucro cessante futuro; nonché alla somma di euro 4.000,00 a titolo di risarcimento danno da svalutazione dell’immobile, oltre ad interessi al tasso legale ed a rivalutazione monetaria, a far data dalla con- testazione del vizio;
- in accoglimento della domanda di manleva, condanna Fondaria Xxx Xxxx- curazioni Spa a tenere indenne l’arch. L.N., nonché l’associazione Professio- nale Architettando Architetti Associati da ogni obbligo pecuniario derivante dalla presente pronuncia;
- condanna l’impresa A. alla rifusione, in ragione di metà, delle somme sborsate dall’arch. L.N. e da Associazione Professionale Architettando Archi- tetti Associati;
- rigetta la domanda di regresso nei confronti dell’impresa P.;
- condanna Fondiaria Spa alla rifusione, in favore di parte M., delle spese di lite, che liquida in euro a titolo di spese, ed in euro 7.254,00, a titolo di com- pensi, oltre IVA e CPA come per legge ed oltre a spese generali forfetarie;
- condanna Fondiaria Spa alla rifusione, in favore di parte P., delle spese di lite, che liquida in euro 7.949,00 a titolo di compensi, oltre IVA e CPA come per legge ed oltre a spese generali forfetarie;
- compensa tra le parti le restanti spese di lite;
- pone definitivamente a carico solidale delle parti A., Fondiaria Spa, D.A.G., P.S., podere Cetinaglia Sas, le spese di CTU, come liquidate con se- parato decreto in corso di causa.
Così deciso in Siena il 4 maggio 2015.
212. Sul momento conclusivo dell’opera del professionista per il calcolo del compenso professionale.
Trib. Massa, sentenza 26 maggio 2015, n. 583
In tema di compenso professionale, nella specie avvocato, il mo- mento conclusivo dell’opera del professionista deve farsi coincidere con l’ultima attività prestata precedentemente alla decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda svolta dall’arch. Ma. Da. è fondata e deve essere accolta. All’esito della consulenza tecnica d’ufficio, i cui risultati sono stati detta-
gliatamente esplicitati dal c.t.u., e che si ritiene immune da vizi logici e me- todologici, e sulla scorta delle produzioni documentali delle parti, è risultato: che la società XX.XX.XX. incaricò l’arch. Da. della progettazione e della dire- zione dei lavori relativi alla “costruzione di un edificio ad uso industriale e di- rezionale con sistemazione esterna al terreno di pertinenza” da realizzarsi in località La Fola del comune di Licciana Nardi; che l’area destinata all’intervento era classificata nel Regolamento Urbanistico del comune di Lic- ciana Nardi come E1, e cioè come zona extraurbana boscata, ed era quindi incompatibile con l’opera richiesta dalla committente; che l’arch. Da. presen- tò al comune la richiesta di rilascio della concessione edilizia, corredata da tutti i pareri e la documentazione necessaria ed esplicitando che il rilascio sa- rebbe potuto avvenire solo dopo l’approvazione della necessaria variante; che il comune diede avvio alla procedura per l’approvazione della variante al pia- no strutturale e al regolamento urbanistico; che le due varianti erano appro- vate dal comune di Licciana Nardi rispettivamente con deliberazioni del 9.5.2005 e del 29.3.2006; che pertanto, a conclusione della procedura, all’area di proprietà della committente COMECA era stata attribuita la desti- nazione produttiva con la creazione del “Comparto Produttivo D4”; che, alla luce della normativa regionale vigente (L.R. n. 1/2005) ogni intervento nella zona avrebbe dovuto essere attuato attraverso un Piano Particolareggiato al fine di assicurare la c.d. “perequazione urbanistica”, e quindi con la necessa- ria partecipazione ed il necessario accordo degli altri proprietari della zona in- teressata; che a seguito della presentazione, in data 21.12.2006, del piano particolareggiato ad iniziativa privata da parte del progettista arch. Da., l’amministrazione comunale aveva indetto la riunione volta alla attuazione del comparto edificatorio D4; che alla riunione del 13.6.2007 non si riusciva a trovare un accordo tra le parti idoneo a dare attuazione al comparto produtti- vo; che a seguito del fallimento dell’operazione la società convenuta richiede- va al comune di Licciana un nuovo cambio di destinazione urbanistica dell’area di sua proprietà, ed in particolare la destinazione ad edilizia residen- ziale, per la costruzione di cinque villette bifamiliari.
Ciò premesso, è emerso che l’arch. Da., a fronte di un compenso che, per l’opera prestata, doveva essere determinato - sulla scorta delle tariffe profes- sionali vigenti - in circa E 48.000, aveva presentato alla società committente una notula di soli E 22.528,00 in virtù di accordi preventivamente raggiunti
tra le parti: infatti, il professionista, nella prospettiva di ricevere in futuro nuovi incarichi dalla società committente e di ottenere un pagamento imme- diato, era addivenuto alla decisione di concedere un forte sconto sul compen- so risultante
dalle tariffe professionali; ciò nonostante, la committente non provvedeva al pagamento, e l’arch. Da. instaurava il presente giudizio.
Non può essere condivisa la ricostruzione dei fatti che la convenuta pone a fondamento del proprio rifiuto di corrispondere il compenso richiesto dall’arch. Da..
La società Comeca, infatti, deduce di non aver provveduto alla corre- sponsione del compenso richiesto dal professionista a seguito dell’inadem- pimento di questi, che non avrebbe ottenuto - contrariamente all’impegno assunto - il rilascio della concessione edilizia da parte del comune. Anzitut- to, di tale impegno che il progettista avrebbe assunto, non vi è prova, ed anzi appare del tutto inverosimile che un progettista possa impegnarsi in tal senso ed addirittura possa condizionare il proprio diritto al compenso ad una condizione esterna quale è il rilascio della concessione da parte dell’autorità amministrativa.
In secondo luogo, la scelta di istituire nell’area in questione una Comparto Produttivo è scelta autonoma e discrezionale dell’autorità comunale, e non può essere imputata al progettista. D’altra parte, poiché la zona nella quale la società committente intendeva edificare il capannone industriale era ricom- presa in area classificata come “zona extraurbana boscata”, per la realizza- zione era comunque necessario ottenere un mutamento della destinazione urbanistica.
Le scelte operate in proposito dall’arch. Da. sono state ritenute congrue e appropriate dal c.t.u. e, all’esito dell’esame degli atti di causa, tale con- clusione viene condivisa da questo giudice: il progettista, infatti, ha inteso procedere alla richiesta di una variante al Piano Strutturale e al Regolamen- to Urbanistico, ha corredato le istanze (e i relativi elaborati progettuali) con il prescritto nulla osta del G.O.N.I.P. (Gruppo Organizzato Nuovi Insedia- menti Produttivi) e con il parere di conformità antincendio del Comando Vi- gili del Fuoco.
Una volta richiesto il mutamento della classificazione da area boschiva a “Comparto Produttivo”, la definizione dell’intervento doveva necessariamente passare attraverso l’attuazione delle norme di comparto, il cui rispetto preve- de la presentazione di un Piano Particolareggiato. L’arch. Da. provvide anche a tale adempimento, per cui l’amministrazione comunale sottopose il piano a tutti i lottizzanti, il cui accordo era necessario per l’approvazione definitiva. Il “coinvolgimento” di altre aziende, che la società convenuta imputa al proget- tista (cfr. pag. 6 della comparsa conclusionale) è in realtà un passaggio ob- bligato, posto che l’art. 60 della L. R. 1/2005 prevede la c.d. “perequazione” quale strumento per il perseguimento degli obiettivi individuati dagli stru- menti della pianificazione territoriale e per la equa distribuzione dei diritti edi- ficatori per tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di tra- sformazione urbanistica.
Ne deriva che non può certo essere imputato al progettista il “coinvolgi- mento” di altri soggetti oltre a quelli originariamente ipotizzati, coinvolgimen- to che la convenuta a più riprese censura nelle proprie deduzioni.
Parimenti, quelli che la convenuta definisce come “una serie di insormon- tabili problemi in ordine alla effettiva realizzabilità del progetto così come predisposto dall’arch. Da.” (cfr. ancora pag. 6 della comparsa conclusionale) sono in realtà derivanti dalla mancata prestazione del necessario accordo da parte dei proprietari di altre aree ricomprese nella zona oggetto della tra- sformazione urbanistica, accordo necessario non già per una scelta del pro- gettista, ma in attuazione del già richiamato principio di “perequazione” di cui alla L. R. 1/2005.
Non può neppure essere condivisa la censura di ultrapetizione avanzata dalla convenuta all’operato del consulente tecnico d’ufficio (cfr. pag. 14 della comparsa conclusionale): infatti, se è vero che l’arch. Da. non ha richiesto prima del giudizio il compenso per la progettazione particolareggiata del comparto D4, è anche vero che con l’atto introduttivo del presente giudizio, l’arch. Da. ha chiesto “il pagamento del compenso dovuto per le prestazioni professionali svolte... quantificato nella somma di E 48.123,23, ovvero in quella, maggiore o minore, che risulterà di giustizia...” (cfr. conclusioni nell’atto di citazione, riportate senza modificazioni nella prima memoria di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c. e in sede di precisazione delle conclusioni - con il solo aggiornamento della somma ad E 49.374,39 risultante dalla c.t.u.).
In conclusione, sulla scorta delle relazione di consulenza tecnica d’ufficio,
deve ritenersi che l’arch. Da. abbia correttamente adempiuto all’incarico pro- fessionale conferitogli da Xx.xx.xx. s.n.c. e che quindi abbia diritto al relativo compenso.
Detto compenso è stato oggetto di dettagliata specificazione che viene qui condivisa - da parte del c.t.u. e pertanto viene determinato nella misura da questi indicata.
Quanto alla domanda riconvenzionale svolta dalla convenuta, si osserva che il suo accoglimento è logicamente incompatibile con l’accoglimento della domanda di parte attrice, atteso che la società convenuta ha chiesto, in via riconvenzionale, di accertare il grave inadempimento delle obbligazioni con- tratte da parte dell’attore.
Ne deriva il rigetto della domanda riconvenzionale.
Il rigetto della domanda riconvenzionale esclude la necessità di trattare la causa di garanzia introdotta dall’attore nei confronti di U.G.F. Assicurazioni s.p.a.
Le spese del giudizio, che vengono liquidate come in dispositivo, in appli- cazione dei criteri stabiliti dal d.m. 10 marzo 2014 n. 55, e con riferimento al- lo scaglione di valore risultante dal decisum, vengono poste a carico della convenuta in osservanza del principio di cui all’art. 91 c.p.c., sia per quanto attiene ai rapporti tra attore e convenuta, sia per quanto attiene alle spese di
U.G.F. Assicurazioni, la cui chiamata in causa è stata determinata dalla do- manda riconvenzionale svolta dalla convenuta.
Si precisa, quanto alla determinazione delle spese, che occorre procedere alla relativa liquidazione sulla base del D.M. n. 55 del 10 marzo 2014, pubbli- cato nella G.U. n. 77 del 2 aprile 2014, in vigore dal 3 aprile 2014.
Ciò si ricava indirettamente dalle indicazioni fornite dalla Suprema Corte a Sezioni Unite a proposito dell’applicazione delle spese di cui al c.m. 140/2012, secondo cui “In tema di spese processuali, agli effetti dell’art. 41 del d.m. 20 luglio 2012, n. 140 f...1 i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe pro- fessionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale inter- venga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, an- corché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando an- cora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensi- va di “compenso” la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera comples- sivamente prestata.” (cfr. Cass. SS.UU. 17405/2012).
Poiché il momento conclusivo dell’opera del professionista deve farsi coin- cidere con l’ultima attività processuale prestata precedentemente alla deci- sione, e poiché nel presente giudizio la pronuncia della sentenza avviene all’esito della discussione orale della causa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la conclusione dell’attività dei procuratori delle parti coincide appunto con la data dell’udienza di discussione, e ricade quindi sotto il vigore del D.M. 55/2014.
P.Q.M.
il Tribunale di Xxxxx, in composizione monocratica, così provvede: condanna XX.XX.XX. s.n.c. a corrispondere all’arch. Ma. Da. la somma di
E 49.374,39 oltre accessori di legge, oltre agli interessi dalla sentenza al sal- do;
rigetta la domanda riconvenzionale;
condanna XX.XX.XX. s.n.c. a rifondere a Da. Ma. ed a U.G.F. Assicurazioni
s.p.a. le spese di lite da questi sostenute che si liquidano in E 8.974,00 per l’attore ed in E 7.254,00 per la chiamata in causa quale compenso complessi- vo, oltre al rimborso forfetario spese generali e oneri di legge;
pone definitivamente a carico di XX.XX.XX. s.n.c. le spese della c.t.u.
La presente sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., vie- ne allegata al verbale di causa della odierna udienza del 26.5.2015, dopo che ne è stata data lettura alle parti.
Così deciso in Massa, 26 maggio 2015. Depositata in Cancelleria il 26/05/2015.