UNIVERSITÁ DEL PIEMONTE ORIENTALE
UNIVERSITÁ DEL PIEMONTE ORIENTALE
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA E SCIENZE POLITICHE, ECONOMICHE E SOCIALI
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN GIURISPRUDENZA
PROTEZIONE INTERNAZIONALE DELLO STRANIERO PER ORIENTAMENTO SESSUALE E IDENTITA’ DI GENERE
Relatore:
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx
Candidato: Xxxxxx Xxxxxxxx
ANNO ACCADEMICO 2022/2023
Sommario
I. Accesso universale al regime di protezione per i rifugiati 10
1.2 Protezione a livello europeo 16
1.3 Lo sviluppo legislativo dell'Unione Europea 19
1.4 Direttiva Qualifiche 2011/95 22
II. Definizione gruppo sociale 34
2.1 Evoluzione del concetto a livello internazionale 38
2.2 Riconoscimento di appartenenza in forza dell’approccio delle caratteristiche
2.3 Riconoscimento di appartenenza in forza dell’approccio basato sulla
2.4 Riconoscimento di appartenenza elaborato dall’UNHCR 45
2.5 Fondato timore di persecuzione per opinione politica 47
2.6 Fondato timore di persecuzione per motivi di religione 50
III. Margine di discrezionalità nella determinazione dello status di rifugiato 54
3.1 Esame della 'discrezionalità' nei contesti nazionali 55
3.2 Esame della 'discrezionalità' nei contesti internazionali, posizioni contrastanti tra CGUE e CEDU 59
IV. Fondato timore di persecuzione 66
4.1 Valutazione degli elementi del timore fondato 70
4.2 Controversie nella Valutazione degli elementi del timore fondato 75
4.3 Paesi di origine sicura 83
4.4 La criminalizzazione costituisce di per sé persecuzione? 88
4.5 La prassi italiana nella valutazione delle richieste di asilo SOGI 89
V. Comprensione e applicazione della valutazione della credibilità nelle domande asilo per SOGI 94
5.1 Circostanze individuali e contestuali del richiedente asilo 106
5.2 Fattori determinanti che influenzano il decisore 117
5.3 Parametri di valutazione della credibilità 121
5.4 Interpretazione comportamenti del richiedente 131
Conclusioni 137
Bibliografia 137
Ringraziamenti
“E se la chiamo Città senza nominarla è perché non ho mai chiamato mia madre per nome. Non si fa. Allo stato attuale delle cose vivo un' orfanitudine di distanza (…) dalla Città, che di me ha fatto ciò che sono e che sarò. Non appartengo neppure a coloro che vivono di rimpianti, beninteso, o che edulcorano col ricordo le storture. Però a coloro che vigilano da lontano, sí.”1
“Chi ci abitava, adesso? Mi sarebbe piaciuto suonare il campanello e dire: fatemi affacciare per un momento solo alla finestra della prima stanza a destra, per favore.
Quando tornavo, dapprincipio, e tornavo ancora a quella casa, trovavo i cambiamenti apportati e ci facevo i conti. (…) Eppure loro, gli affetti insomma, c'erano e quella continuava a essere casa. Non le dissi queste cose ai miei amici. Le pensai e basta.”2
Perhaps now is the time to say these things to my friends.
I've played all my cards, but the credit for where I am now belongs to you. You've taught me to have eyes wide open to my heart, enabling me to understand what truly matters.
I can say that I understood nothing for a long time after Malta, and I felt a bit dead, but only for the time necessary to comprehend beneath the surface, intuitively, what I had to do. And for this, I owe it to you, Xxxxxxx, and Xxx.
Grazie a te, Xxxx, che ci sei sempre.
But I must also express my gratitude to Xxxxxx, Xxxx, Xxxx, Xxxx, Xxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxx, Xxxxx, Xxxx, Xxx and Xxxxxx for everything you've taught me.
Xxxxxxxx esprimere i miei ringraziamenti anche al Professor Xxxxxxx per la sua pazienza infinita e la sua abilità nel riconoscere la grandezza dei suoi studenti, anche quando si confrontano con i propri limiti.
E grazie a Xxxx, Xxxxxx, Mamma e Papà e a tutta la famiglia che è stata punto di riferimento sempre presente.
Here's to many new things…
1 Ventre P., Le stanze del tempo, Xxxx Xxxxx, 2021.
2 Ibid.
Introduzione
Nel corso della storia, le minoranze sessuali hanno subito discriminazioni e violenze.
Xxxxxx Xxxxxxxx coniò il termine omofobia nel 1972 per descrivere la paura irrazionale e aggressiva degli eterosessuali nei confronti degli omosessuali. Nonostante mostrino somiglianze con le fobie tradizionali, le omofobie presentano tratti distintivi in quanto la persona affetta non percepisce la necessità di liberarsene.3 A differenza delle fobie comuni, infatti, le omofobie coesistono con comportamenti attivi di avversione e talvolta di violenza.4
Lo psicologo Xxxxxxx Xxxxx suggerisce quindi l’uso del termine eterosessismo per descrivere un sistema ideologico che discrimina le identità non eterosessuali.5 I pregiudizi non si limitano alle singole percezioni, ma sono intrinsecamente legati alle ideologie culturali e alle dinamiche relazionali che si instaurano fin dall'infanzia. La spiegazione più comune dell'ostilità verso l'omosessualità si basa sull'idea che essa sia contraria alla natura, intesa come deviazione dalla consuetudine.6
La disputa sull'innaturalità delle omosessualità è antica e dipende dall'interpretazione mutevole del concetto di natura nel tempo e nei luoghi. Colui che utilizza una presunta legge naturale per discriminare gli individui omosessuali fa un errore nel collegare in modo ingenuo il concetto di naturale a ciò che è positivo, e il concetto di innaturale a ciò che è negativo.7 L'affermazione che la mancanza di finalità riproduttive nelle relazioni omosessuali costituisca una ragione per negare loro pari diritti rispetto alle relazioni eterosessuali è considerata priva di senso.8
Secondo il sociologo Xxxxxx Xxxxxxxx, gli evoluzionisti spiegano la persistenza delle omosessualità non per la loro funzione come equilibratore demografico, ma per la tendenza umana a formare legami affettivi non esclusivamente orientati alla riproduzione.9 La diversità
3 Xxxxxxxx G., Society and the Healthy Homosexual, St. Martin’s press, 1972.
4 Ibid.
5 Xxxxx G.M., The Context of Anti-Gay Violence: Notes on Cultural and Psychological Heterosexism, in Journal of Interpersonal Violence 5(3), 1990, p. 316-333.
6 De Montaigne M., Saggi a cura di X. Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 1992.
7 Xxxxxxxx M.C., Xxxxxxxx e umanità. L’orientamento sessuale di fronte alla legge, 2011.
8 Ibid.
9 Gubbini C., La sinistra impari cosa sono le famiglie, intervista a Xxxxxx Xxxxxxxx, il Manifesto, 2007.
dei sistemi motivazionali che influenzano lo sviluppo individuale e le relazioni interpersonali, tra cui quelli legati all'amore, mette in luce l'assenza di una necessaria interdipendenza tra riproduzione e affetto.
Dagli anni '60, con l'avvento del movimento per i diritti gay, alcune società hanno garantito ambienti più sicuri per le persone LGBTQ+. Il diritto internazionale, iniziando dalla Convenzione del 1951 delle Nazioni Unite e ampliato nel 1967, ha stabilito standard per proteggere chi fugge dalla persecuzione. L'interpretazione dei cinque motivi di persecuzione nella definizione ha svolto un ruolo chiave nello sviluppo di questa area del diritto. Questi progressi hanno gettato le basi per le richieste di asilo SOGI (sexual orientation and gender identiy), che negli anni '80 hanno iniziato a ottenere un successo limitato. I giudici classificavano i richiedenti principalmente come vittime di persecuzioni legate all'appartenenza a un gruppo sociale, ab origine identificato come omosessuali, termine derivato da un linguaggio medico patologizzante.
In ogni richiesta basata sull'orientamento sessuale e identità di genere, gli attori coinvolti definiscono e ridefiniscono sessualità e identità, con la mancanza di indicatori oggettivi che spinge i decisori a basarsi sulla testimonianza del richiedente. Questa valutazione di credibilità pone il decisore a rischio di confrontare le esperienze del rifugiato con una costruzione distorta basata su stereotipi e assunzioni infondate.
L'Unione Europea s'impegna a promuovere valori fondamentali di uguaglianza e non discriminazione, focalizzandosi in particolare nella lotta contro la discriminazione delle persone LGBTQ+. Il Trattato di Lisbona e la Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE, specialmente attraverso l'articolo 21, pongono un esplicito divieto di discriminazione in questo ambito in tutti gli Stati membri. Nonostante i progressi compiuti, le diverse opinioni pubbliche all'interno degli Stati membri considerati conservatori continuano ad alimentare pregiudizi contro gli individui LGBTQ+. Tale discriminazione persiste persino quando l'UE registra un aumento significativo dei richiedenti asilo SOGI, desiderosi di trovare rifugio in un ambiente più sicuro. I pregiudizi, radicati in credenze infondate sono intrecciati con le politiche di asilo e migrazione.
Nel corso degli anni, la persecuzione legata all'orientamento sessuale è diventata un punto centrale nelle corti internazionali, europee e nazionali, tra cui la Corte di Cassazione in Italia. I richiedenti asilo SOGI fuggono da paesi in cui l'omosessualità è criminalizzata, e molte nazioni ancora oggi presentano rischi quali arresto, imprigionamento o persino la morte per chi vive un orientamento sessuale o un'identità di genere non convenzionale. Pur essendo idonei allo status di rifugiato nell'UE, i richiedenti asilo SOGI affrontano notevoli sfide nella prova
della persecuzione subita. Nonostante le chiare protezioni dei diritti umani sancite nell'UE, le persone LGBTQ+ si trovano frequentemente ai margini della società.
Il principale obiettivo del presente lavoro, strutturato in cinque capitoli, è analizzare le sfide legali più significative e gli sviluppi giurisprudenziali relativi all'asilo basato sulla persecuzione legata all'orientamento sessuale e identità di genere.
Il primo capitolo offre una panoramica completa dell'accesso universale al sistema di protezione per i rifugiati. Esplora aspetti chiave come il concetto di economie morale, la protezione a livello europeo, lo sviluppo legislativo all'interno dell'Unione Europea e le direttive specifiche che plasmano le qualifiche e le procedure per i rifugiati, tra cui la Direttiva Qualifiche 2011/95, la Direttiva 2013/32/EU e la Direttiva 2013/33/EU. Il capitolo approfondisce anche la procedura italiana, offrendo una base per le discussioni successive sulle sfide e le dinamiche all'interno del quadro di protezione per i rifugiati.
Il secondo capitolo fornisce invece una concisa esplorazione della definizione di gruppo sociale, tracciando l'evoluzione di questo concetto a livello internazionale. Esamina il riconoscimento dell'appartenenza attraverso l'approccio delle caratteristiche protette e l'approccio basato sulla percezione. Il capitolo si addentra poi nella prospettiva elaborata dall’UNHCR in merito all’appartenenza a un gruppo sociale, cercando di armonizzare entrambi gli approcci sopra menzionati in un'unica norma. Moltissime delle domande di asilo presentate dai richiedenti SOGI sono legate all'appartenenza a un determinato gruppo sociale. Tuttavia, queste richieste possono sovrapporsi alle categorie stabilite dalla Convenzione, includendo domande basate su altri fondamenti come l'opinione politica, l'etnia o la fede religiosa. Individui impegnati nel movimento LGBTQ+ e difensori dei diritti umani potrebbero avanzare richieste basate sulle loro opinioni politiche o convinzioni religiose, soprattutto se la loro attività è percepita come contrastante con le visioni politiche o religiose dominanti. Verrà quindi esaminata la situazione in Zimbabwe, dove si intersecano l'orientamento sessuale e la sfera politica, seguita dall'analisi della situazione in Egitto, dove si verificano intersezioni tra istituzioni religiose e statali.
Il terzo capitolo si addentra nella questione della discrezionalità nella maggior parte degli Stati dell'Unione Europea, esaminando le prospettive contrastanti sul suddetto requisito di tra la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) e la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU).
Il quarto capitolo esplora le sfumature del concetto del fondato timore di persecuzione, fornendo un esame completo del processo di valutazione per i suoi elementi costitutivi. Il capitolo analizza criticamente le controversie che spesso sorgono durante la valutazione di tale
timore, gettando luce sulle complessità coinvolte. Inoltre, viene esaminata la nozione di paesi di origine sicura, investigando sulle implicazioni di designare alcune nazioni come intrinsecamente sicure per i richiedenti asilo SOGI. Il capitolo affronta anche una questione fondamentale: se la mera criminalizzazione dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere costituisca di per sé persecuzione. Inoltre, offre uno sguardo sulle pratiche specifiche adottate in Italia per valutare le richieste di asilo SOGI, fornendo riflessioni sulle considerazioni pratiche e le sfide in questo contesto.
L’ultimo capitolo propone un'esplorazione della comprensione e dell'applicazione della valutazione della credibilità nelle domande di asilo con specifico focus sull'orientamento sessuale e l'identità di genere. Il capitolo si addentra nell'esame sfumato delle circostanze individuali e contestuali del richiedente asilo. Analizzando criticamente i fattori decisivi che influenzano il processo decisionale. Inoltre, il capitolo delinea i parametri che guidano la valutazione della credibilità, offrendo approfondimenti sulle complesse considerazioni coinvolte con l’intento di interpretare i comportamenti manifestati dal richiedente asilo durante il processo di domanda. Ciò include un'analisi attenta di eventuali ritardi nell'avanzamento della richiesta di asilo e un esame dei comportamenti considerati indicativi di affidabilità nello Stato membro. Inoltre, affronta azioni che potrebbero suggerire una propensione da parte del richiedente asilo a frode e disonestà. Attraverso questa esplorazione dettagliata, il capitolo fornisce una comprensione degli aspetti sfaccettati della valutazione della credibilità nel contesto delle richieste di asilo SOGI.
Come afferma Xx Xxxxx Xxxxxx, "In this time and age, it is not easy to theorize about human rights. Human rights are supposed to be a strong answer to the problems of the world, so strong as to be universally valid. Now, it seems more and more obvious that our time is not one of strong answers. It is rather a time of strong questions and weak answers."10 La scomparsa della complessità è forse uno degli effetti più gravi della polarizzazione sperimentata negli ultimi anni. Naturalmente, la complessità non dovrebbe essere usata come alibi per evitare di prendere posizione. Un diritto negato è un pezzo in meno di significato per l'intera comunità; non notarlo rivela non solo disinteresse, ma anche l'incapacità di rendersi conto che ci stiamo facendo del male.
10 Xxxxxx, X., Human Rights Education and Intercultural Education, in Globalisation, Human Rights Education and Reforms, 2017, p.239-249.
I. Accesso universale al regime di protezione per i rifugiati
“Although the meaning of the principle that "all men are created equal" is not always clear, it surely must mean that every free citizen has the same interest in "liberty" that the members of the majority share. From the standpoint of the individual, the homosexual and the heterosexual have the same interest in deciding how he will live his own life, and, more narrowly, how he will conduct himself in his personal and voluntary associations with his companions. State intrusion into the private conduct of either is equally burdensome.”11
Il presente capitolo si propone di esaminare il concetto di accesso universale al regime di protezione per i rifugiati, analizzando vari aspetti chiave che delineano questa importante dimensione del diritto internazionale ed europeo. In particolare, verranno analizzate le dinamiche dell’economie morale coinvolte nel processo di protezione dei rifugiati e la sua rilevanza nel contesto globale. Successivamente, verrà analizzato lo sviluppo legislativo dell'Unione Europea nel contesto dei rifugiati. Attenzione sarà dedicata alla Direttiva Qualifiche 2011/95, esaminando il suo impatto e le implicazioni nel quadro normativo.
Allo stesso modo, verrà presa in analisi la Direttiva 2013/32/EU, concentrandosi sulla sua rilevanza nella definizione delle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato. Inoltre, verrà approfondita la Direttiva 2013/33/EU, che regola le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo. Infine, sarà oggetto di esame la procedura a livello nazionale, comprendendo come le direttive europee sono state recepite e applicate nel contesto italiano. Attraverso questa analisi, si intende fornire una panoramica sull'accesso universale al regime di protezione per i rifugiati, evidenziando le sfide, i progressi e le implicazioni pratiche di questo importante ambito giuridico.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a Parigi il 10 dicembre 1948, afferma nel suo articolo 14, paragrafo 1, “Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.”12 Nonostante la Dichiarazione non sia un trattato internazionale, a renderla vincolante è il valore che le viene attribuito. Viene infatti riconosciuta come diritto consuetudinario, il che rende le disposizioni in essa contenute allo stesso modo vincolanti.
11 U.S. Supreme Court of justice, Xxxxxx x. Xxxxxxxx, opinione dissenziente del Giudice X.X. Xxxxxxx.
12 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1955, numero 848.
In seguito, gli Stati hanno negoziato e ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici,13 nonché il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali14 per garantire maggiore tutela ai diritti della Dichiarazione. Tuttavia, nessuno di questi accordi ha espressamente previsto il riconoscimento dell’asilo. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati ratificarono la Convenzione del 1951 relativa allo statuto dei rifugiati, che è entrata in vigore nel 1954. Questo accordo, noto come "La Convenzione sui rifugiati del 1951,"15 prevede non solo una definizione di rifugiato bensì elenca anche i diritti di tali individui e impone agli Stati l'obbligo giuridico di proteggerli, compreso il principio di non respingimento.16
Il protocollo del 196717 invece ne estende la sua validità temporale e geografica, diventando così la base delle leggi sull'asilo. Questo trattato costituisce il principale strumento internazionale per la tutela dei rifugiati, definendo in modo chiaro il concetto di rifugiato insieme ai relativi criteri e stabilendo gli impegni degli Stati riguardo alla protezione delle persone richiedenti asilo. Questa convenzione stabilisce che i rifugiati sono individui che hanno abbandonato le loro nazioni di provenienza a causa di: “il timore fondato di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità̀, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le loro opinioni politiche"18 e che "non possono o, a causa di tale timore, non vogliono avvalersi della protezione di detto paese; o che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori dal paese di residenza abituale a causa di tali avvenimenti, non possono o, a causa di tale timore, non vogliono farvi ritorno"19 (Art. 1 A (2))
A livello internazionale, si è quindi evidenziato che non esiste un diritto automatico di ottenere asilo. La Convenzione sui Rifugiati del 1951 e il suo Protocollo del 1967 non conferiscono infatti un diritto immediato di ingresso e permanenza nei territori e non impongono allo Stato di accettare o permettere questa condizione. Tuttavia, esiste il diritto di richiedere asilo e di beneficiarne una volta che è stato riconosciuto.20
La Convenzione del 1951 garantiva già protezione alle persone LGBTQ+ a partire dalle fine degli anni novanta ma è nel novembre 2008 che l'UNHCR compì un passo significativo rilasciando le linee guida sulle richieste di asilo relative all'orientamento sessuale e all'identità
13 Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, 1977, numero 881.
14 Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, 1977, numero 881.
15 Convenzione di Ginevra del 1951, 1954, numero 722.
16 Ibid.
17 Ibid.
18 Ibid.
19 Ibid.
20 Xxxxxxxx, X., Access Denied? – Human Rights Approaches to Compensate for the Absence of a Right to Be Granted Asylum, in University of Vienna Law Review, 4(1), 2020, p.85.
di genere. Questo segnò la prima analisi dell'Agenzia dell'ONU sulle richieste di asilo SOGI, riconoscendo le sfide specifiche affrontate dai richiedenti SOGI.
Nell'ottobre 2012, le linee guida pubblicate nel 2008 vennero sostituite dalle Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees.21 Queste hanno l'obiettivo di fornire istruzioni legali interpretative e consigli per tutte le autorità coinvolte nel processo di domanda di asilo per persone LGBTQ+, in linea con l'Articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e il suo Protocollo del 1967 relativo allo status dei rifugiati. In particolare, l'UNHCR sottolineò che queste linee guida avrebbero dovuto essere utilizzate insieme agli altri strumenti internazionali rilevanti per garantire una maggiore comprensione e di conseguenza tutela.
L’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani prevede espressamente che “all human beings are born free and equal in dignity and rights”, e l’articolo 2 che “everyone is entitled to all the rights and freedoms22 set forth in this Declaration”. Ne consegue che ogni persona ha il diritto di accedere alla protezione dei diritti umani garantita dal diritto internazionale, basato sui principi di uguaglianza e non discriminazione.23 Ciò spiega l'impegno dell'UNHCR nell'affrontare specificamente la protezione dei diritti umani delle persone LGBTQ+.
Le linee guida elaborate dall’UNHCR vanno oltre la persecuzione fisica, riconoscendo il più ampio spettro di minacce che i richiedenti asilo SOGI possono affrontare, comprese la violenza sessuale e psicologica. Il documento riconosce che “threats of serious abuse and violence are common in LGBTQ+ claims. Physical, psychological and sexual violence, including rape, would generally meet the threshold level required to establish persecution. Rape in particular has been recognized as a form of torture, leaving deep psychological scars on the victim.”24 Lo stupro è stato riconosciuto come “intimidation, degradation, humiliation, discrimination, punishment, control or destruction of the person. Like torture, rape is a
21 Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2012.
22 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1955 numero 848.
23 Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2012.
24 Corte Europea dei diritti dell’uomo, Xxxxx v. Turkey, 1997, § 83.
violation of personal dignity.”25 I tribunali penali internazionali, nella loro giurisprudenza, hanno quindi ampliato la portata dei crimini di violenza sessuale.26
Oltre ad affrontare questioni inerenti alle forme di persecuzione, le linee guida chiariscono diversi aspetti chiave dell'asilo basato sull'orientamento sessuale. Ciò include la definizione di termini utili, l'esplorazione del concetto di fondato timore di essere perseguitati, la criminalizzazione di certe identità, considerare le sfide nel nascondere l'orientamento sessuale e/o l'identità di genere e la questione dell'appartenenza a un particolare gruppo sociale. Le linee guida costituiscono un punto di riferimento fondamentale per le autorità competenti coinvolte nell'applicare la Convenzione del 1951 ai richiedenti asilo SOGI.
Date le recenti aumentate richieste da parte di tali individui, le linee guida riflettono l'impegno dell'UNHCR nel fornire una protezione completa e fare fronte alle sfide uniche che la comunità LGBTQ+ affronta nel contesto dell'asilo. Nonostante ciò, alcuni studiosi tra i quali figura Xxxxxx XxXxxxxxxx suggerivano che un processo maggiormente consultativo nella stesura delle linee guida sarebbe stato più consono al fine di risolvere numerosi problemi e fornire una visione d’insieme delle difficoltà legate all'orientamento sessuale, all'identità di genere e al diritto dei rifugiati.27
Queste linee guida rappresentano comunque uno strumento interpretativo cruciale per tali richieste. L'UNHCR riconosce la necessità continua di sviluppare e perfezionare indicazioni sulle richieste d’asilo SOGI permettendo così di potenziare le politiche interne per la diversità e l'equità e di garantire una migliore comprensione, protezione e assistenza per richiedenti asilo e rifugiati LGBTQ+.28
1.1 Economie morale
I flussi migratori rappresentano un argomento estremamente importante all’interno della politica di diversi paesi. È interessante vedere come le decisioni adottate dagli stati siano ritrovabili in quello che viene definito come il principio dell’economie morale.29
25 Tribunale penale internazionale per il Rwanda, Prosecutor v. Xxxx-Xxxx Xxxxxxx (Trial Judgment), 1998, § 687.
26 Come nel caso del Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia , Prosecutor v. Xxxx Xxxxxxxxx (Trial Judgment) e nel caso Prosecutor v. Xxxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxx and Xxxxx Xxxxxxx (Appeal Judgment).
27 X. XXXXXXXXXX, UNHCR Guidance Note on Refugee Claims Relating to Sexual Orientation and Gender Identity: A Critical Commentary, in International Journal of Refugee Law, 22(2), 2010, p.207-208.
28 UNHCR, "Summary Conclusions: Asylum-Seekers and Refugees Seeking Protection on Account of their Sexual Orientation and Gender Identity", 2010, p.7.
29 Xxxxxx, X., & Xxxxxxxxxx, C., Comment on juge l’asile. L’institution comme agent moral, in Revue française de sociologie, 4, 2012, p.660-61.
Xxxxxx e Xxxxxxxxxx sostengono che “l’asile est devenu une telle ressource rare, dont l’attribution s’opè re dans des structures toujours plus complexes et met en jeu des logiques contradic- toires, cette complexité et cette contradiction tenant pré cisé ment aux tensions existant au sein de l’é conomie morale de l’asile entre un principe de justice et un sentiment de
mé fiance. Cette tension conduit à ce que, bien plus que dans la thé orie classique de la justice locale, la dimension é motionnelle s’ajoute à l’approche rationnelle pour orienter les choix.” 30 Questa concezione diventa più chiara se la si comprende come un’applicazione di ciò
che Xxxxxxx definì come biopotere dello Stato che delinea la società come un “social body which needs to be protected in a quasi-medical sense.”31 Le politiche migratorie hanno l'obiettivo rigoroso di controllare l'ingresso e la permanenza di individui stranieri in uno Stato in base alle esigenze della nazione. Questa regolamentazione è soggetta a cambiamenti nel corso del tempo e nello spazio e ha impatto su diverse categorie di richiedenti asilo, inclusi quelli che basano la loro richiesta sull'orientamento sessuale e l'identità di genere. Nello studio condotto da Xxxxxx e Xxxxxxxxxx, il concetto di economie morale rappresenta l'insieme dei valori e della sensibilità percepiti nell'approccio ad un tema sociale come l'immigrazione.32
L'economie morale del sistema di asilo è influenzata dai cambiamenti socio-politici. Eventi globali come la crisi economica degli anni '70 e il collasso dell'Unione Sovietica negli anni '80 hanno portato a una graduale stretta delle politiche sull'immigrazione e a un cambiamento nei valori. L’aumento delle richieste di asilo ha generato sospetti verso i migranti che cercavano lo status di rifugiato per motivi economici. Ciò ha spostato la economie morale verso l'idea di falsi rifugiati. Con questa definizione si indicano quelle persone che presentano richieste di asilo in modo disonesto o fraudolento, spesso per motivi diversi da quelli legittimi previsti dalla legge. Da questa concezione ne consegue la necessità di identificarli.
Due fattori sempre a livello internazionale hanno ulteriormente rafforzato il concetto di richieste di asilo fraudolente. Il primo consiste nella retorica della diffusione dei diritti umani in tutto il mondo, quello che si può definire come gift from the west to the rest.33 Questo concetto comporta il presunto miglioramento dei diritti umani to the rest e di conseguenza una mancanza di fondamento nella migrazione forzata. In secondo luogo, si è sviluppata la convinzione che il sistema giuridico di asilo attualmente applicato rappresenti accuratamente le esperienze dei
30 Ibid.
31 Xxxxxx A.A., Biopower and Migration: A Biopolitical Perspective on anti-migration policies, IISTE, 7(20), 2017, p.39.
32 Xxxxxxxx, X., Access Denied? – Human Rights Approaches to Compensate for the Absence of a Right to Be Granted Asylum, in University of Vienna Law Review, 4(1), 2020, p.85.
33 Xxxxxxxx X., Suffering the Paradox of Rights? Critical Subaltern Historiography and the Genealogy of Empathy, Oxford University Press, 2014, p.174.
rifugiati.34 Ne deriva che l’economie morale è ora contrassegnata da una duplice ricerca, quella di attribuire colpe e quella di scoprire verità tra coloro che cercano protezione. Possiamo quindi dire che l'insieme delle pratiche amministrative e giurisdizionali aggrava (in)volontariamente la vulnerabilità dei migranti andando a creare quella che può essere definita come violenza simbolica che permea le suddette pratiche.
Questi processi presuppongono che una persona debba essere di norma un individuo indipendente e autosufficiente, chi si discosta da questa norma è considerato debole e bisognoso di tutela. Per accedere a questa protezione, è necessario quindi dimostrare la propria autentica vulnerabilità. La gestione giurisdizionale del sistema di asilo si fonda quindi sulla raccolta di prove tangibili, radicate in questo principio antropologico. Se il richiedente non presenta la sua narrazione biografica in modo specifico, non otterrà fiducia. L'uso della credibilità come strumento per respingere le richieste è evidente. L'idea comune di trauma emerge nel processo decisionale come prova valida di verità, mentre l'importanza dell'asilo, intesa come la concessione di protezione a coloro che temono persecuzioni viene messa in secondo piano.
La verifica della sofferenza e della fragilità di singoli individui è quindi diventata un elemento di fondamentale importanza, spesso addirittura l'unico tramite il quale i migranti possono ottenere accesso a sostegno sociale, ottenere uno status giuridico e avere opportunità di lavoro. È degno di nota che, nonostante la Convenzione di Ginevra costituisca il documento giuridico principale per il concetto moderno di rifugiato, il processo di raccolta di prove avvenga senza che vi sia alcun riferimento alla necessità di valutare la validità della richiesta del richiedente. Non viene specificato infatti quali documenti siano richiesti per corroborare le proprie paure di persecuzione. La stessa direttiva 2011/95/UE35 prevede che se i richiedenti asilo hanno presentato la domanda in modo diligente e adeguato e la credibilità complessiva delle loro richieste è accertata, dovrebbe essere concesso loro il beneficio del dubbio anche in assenza di prove documentali o di altro tipo.
Al di là della richiesta di prove tangibili, solitamente il processo di valutazione prevede che coloro che cercano lo status di rifugiato possano essere identificati attraverso una narrazione dettagliata e persuasiva della loro storia. In particolare, questo è prescritto per quei richiedenti asilo la cui motivazione sulla quale si fonda la richiesta è difficile da valutare, come nel caso dei rifugiati SOGI. Poiché la presentazione di prove è considerata cruciale nelle richieste di asilo, quando i richiedenti fondano la loro richiesta sull'orientamento sessuale, devono
34 Xxxxx-Xxxxx X., Death Zones, Comfort Zones : Queering the Refugee Question, in International Journal on Minority and Group Rights 22, 2015, p.108.
35 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
dimostrare sia la loro sessualità che i rischi associati a questa caratteristica. Questo compito è reso ancora più difficile quando la richiesta di asilo non si basa su eventi di persecuzione effettivamente accaduti ma unicamente sulla paura di tali persecuzioni.
1.2 Protezione a livello europeo
Il panorama legale dell'asilo nell'UE ha fatto una transizione dalle prerogative nazionali a un sistema unificato sin dal Trattato di Amsterdam. Mentre la Convenzione del 1951 sui Rifugiati definiva lo status di rifugiato, mancava di meccanismi di monitoraggio internazionale. L'UE ha risposto estendendo la protezione oltre la Convenzione attraverso misure di protezione sussidiaria. Questa forma di protezione è stata ufficialmente introdotta per la prima volta nell’UE attraverso la Direttiva 2004/83/CE.
La protezione sussidiaria può essere definita come una protezione internazionale per i richiedenti asilo che non si qualificano come rifugiati e non soddisfano i requisiti indicati dall'articolo 1A (2) della Convenzione del 1951 sui Rifugiati. L'articolo 2(e) della Direttiva del 2004, stabilisce che una persona idonea per la protezione sussidiaria è "a third country national or a stateless person who does not qualify as a refugee but in respect of whom substantial grounds have been shown for believing that the person concerned, if returned to his or her country of origin, or in the case of a stateless person, to his or her country of former habitual residence, would face a real risk of suffering serious harm as defined in Article 15, [...] and is unable, or, owing to such risk, unwilling to avail himself or herself of the protection of that country."36
Lo status di rifugiato viene tipicamente concesso a coloro che hanno un fondato timore di persecuzione basato su fattori come razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinione politica. L'idoneità per la protezione sussidiaria dipende invece dalla presenza di ragioni sostanziali che indicano che se la persona ritornasse al suo paese d'origine (nel caso di cittadini di paesi terzi) o al suo paese di residenza abituale precedente (nel caso di persone apolidi), affronterebbe un rischio tangibile di grave danno.
In sostanza l'individuo deve essere sia incapace che, a causa del rischio riconosciuto, non disposto a cercare protezione nel proprio paese d'origine. Questo sottolinea la gravità del rischio, suggerendo che l'individuo sia fisicamente incapace di cercare protezione o che, a causa del pericolo imminente, sia riluttante a farlo. L’articolo, quindi, delinea le circostanze in cui una persona, al di fuori dello status di rifugiato ma affrontando un autentico rischio di grave
36 Direttiva 2004/83/EC, 2014, numero 18.
danno al ritorno, può qualificarsi per la protezione sussidiaria secondo le disposizioni della Direttiva del 2004. L’articolo 15 della direttiva Qualifiche 2011, chiarisce che la protezione sussidiaria dovrebbe essere concessa a persone che rischiano di essere sottoposte "(a) the death penalty or execution; or (b) torture or inhuman or degrading treatment or punishment of an applicant in the country of origin; or (c) serious and individual threat to a civilian life or person by reason of indiscriminate violence in situations of international or internal armed conflict.”37 In conformità con quanto sopracitato, la protezione sussidiaria è quindi destinata a individui che affrontano rischi specifici nel loro paese d'origine. Innanzitutto, comprende coloro che sono a rischio di pena di morte o esecuzione. In secondo luogo, anche gli individui esposti alla prospettiva di tortura, trattamenti inumani o degradanti o punizioni e infine la direttiva include individui che affrontano una minaccia seria e individuale alla loro vita civile o persona
a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato internazionale o interno.
In sintesi, l'articolo stabilisce tre situazioni distinte in cui gli individui potrebbero essere esposti a rischi gravi nel loro paese d'origine. Se una qualsiasi di queste condizioni è soddisfatta, gli individui sono considerati idonei per la protezione sussidiaria, garantendo loro così una salvaguardia da queste forme specifiche di danno.
Il Trattato di Amsterdam è stato un passo fondamentale nella creazione di un sistema comune di asilo nell'UE. Aveva l'obiettivo di creare un'area di libertà, sicurezza e giustizia basata sugli standard internazionali della Convenzione del 1951 sui Rifugiati. Il vertice di Tampere del 1999 aveva sottolineato la necessità di politiche comuni sull'asilo e sull'immigrazione.38
L'articolo 3(2) del Trattato sull'Unione Europea ha chiarito l'obiettivo dell'Unione di offrire ai cittadini un'area senza frontiere interne, con libero movimento, spingendo l'UE a sviluppare una politica comune su asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea. Tale politica mira a garantire uno status giuridico ai cittadini di paesi terzi in cerca di protezione internazionale, assicurando allo stesso tempo il rispetto del principio del non respingimento.
Gli articoli 67(2), 78 e 80 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) costituiscono la base giuridica del sistema comune di asilo. Questi articoli sottolineano i principi di solidarietà, trattamento equo e responsabilità condivise tra gli Stati membri.
L'articolo 67(2) del TFUE delinea le responsabilità dell'Unione Europea in relazione ai controlli interni alle frontiere e allo sviluppo di una politica comune su asilo, immigrazione e
37 Ibid.
38 Council of the European Union, Tampere European Council, 15 and 16 October 1999: Presidency Conclusions, 1999, punto 2.
controllo delle frontiere esterne. Secondo l'articolo, l'UE è incaricata di garantire l'assenza di controlli interni alle frontiere per gli individui all'interno dello Spazio Schengen, promuovendo la libera circolazione delle persone.
Questo sottolinea la necessità per gli Stati membri dell'UE di collaborare nella formulazione e nell'attuazione di strategie condivise per affrontare le sfide legate ad asilo e immigrazione. È cruciale che la politica comune si basi sulla solidarietà tra gli Stati membri. Questo principio enfatizza l'importanza del sostegno reciproco e della responsabilità condivisa tra gli Stati quando si affrontano questioni legate a questi temi.
Inoltre, la politica comune deve essere equa nei confronti dei cittadini di paesi terzi. Ciò evidenzia l'impegno a trattare gli individui provenienti da paesi non appartenenti all'UE in modo giusto ed equo all'interno del quadro della politica condivisa. Infine, l'articolo specifica che le persone apolidi devono essere trattate come cittadini di paesi terzi. Questa disposizione assicura che gli individui privi di una nazionalità riconosciuta, noti come apolidi, ricevano lo stesso trattamento riservato agli individui provenienti da paesi non appartenenti all'UE all'interno del contesto della politica comune.
In sostanza, l'articolo 67(2) stabilisce un quadro completo per il ruolo dell'UE nel mantenere aperte le frontiere interne, creare un approccio unificato alle politiche di asilo e immigrazione, promuovere la solidarietà tra gli Stati membri e garantire l'equità nel trattamento degli individui provenienti da paesi non appartenenti all'UE e degli apolidi.
L'articolo 78(1) del TFEU sottolinea inoltre l'allineamento della legislazione sull'asilo dell'UE con la Convenzione del 1951 sui Rifugiati e il suo Protocollo del 1967. La mancata conformità a questi strumenti consolidati costituirebbe una violazione del TFEU. È importante precisare che l'articolo attuale non intende stabilire una politica di asilo dell'UE al di là dei parametri definiti nella Convenzione del 1951 sui Rifugiati. L'articolo 78(2) autorizza l'UE a implementare misure per l'applicazione del sistema comune di asilo attraverso la procedura legislativa ordinaria. Il termine misure comprende direttive, regolamenti, decisioni e operazioni finanziarie, tutte basate su strumenti giuridici dell'UE. Infine, l'articolo 78(3) conferisce alle istituzioni dell'UE il potere di approvare strumenti provvisori per assistere gli Stati membri nell'affrontare emergenze migratorie all'interno dell'UE. Ciò fornisce un meccanismo per risposte tempestive a situazioni emergenti.
L’ultimo articolo del TFUE che verrà preso in analisi è l’articolo 80, quest’ultimo stabilisce il principio fondamentale della solidarietà tra gli Stati membri riguardo ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione. Prescrive che le politiche dell'Unione e la loro attuazione in queste aree devono attenersi ai principi di solidarietà ed equa condivisione di
responsabilità, inclusi gli impatti finanziari. L'articolo non impone obblighi alle istituzioni dell'UE bensì si concentra sul garantire la solidarietà degli Stati membri, la loro capacità di condividere responsabilità in materia di asilo e immigrazione, e sollecita l'intervento del diritto dell'UE quando necessario per sostenere questo principio cruciale. Gli Stati membri condividono quindi collettivamente la responsabilità di ospitare i rifugiati in modo dignitoso. A tal fine, gli Stati sono obbligati a fornire un trattamento equo in conformità con le procedure comuni dell'UE, con l'obiettivo di evitare disparità nella valutazione delle richieste di asilo all’interno dell’Unione stessa.
Nonostante gli sforzi in corso, la crisi dei rifugiati del 2015 ha evidenziato carenze, sollevando la necessità di riformare il sistema di Dublino per garantire una distribuzione equa dei richiedenti asilo. Molti richiedenti asilo transitano via Turchia o Grecia, ciò ha fatto si che vi fosse una concentrazione di domande su pochi Stati, spingendo alcuni a limitare l'accesso ai confini e impedendo una protezione sufficiente.39 Soprattutto per individui vulnerabili come richiedenti asilo SOGI e donne. Ad esempio, nel 2015, l'Ungheria ha costruito una barriera ai confini con la Serbia e la Croazia con l'obiettivo di ridurre il flusso di richiedenti asilo che cercavano protezione nel paese.
La posizione dell'UE sui diritti LGBTQ+ nel contesto dell'asilo è influenzata significativamente dall'UNHCR. Il Parlamento europeo ha costantemente sostenuto l'inclusione dell'orientamento sessuale nelle definizioni di rifugiato.40 La nascita del CEAS è stata cruciale per l’adozione delle pratiche da adottare da parte degli Stati. Tuttavia, questi ultimi mantengono l'autorità primaria nella regolamentazione dei diritti umani.41 L'UE incoraggia attivamente gli Stati membri a combattere discorsi e violenze omofobici.
1.3 Lo sviluppo legislativo dell'Unione Europea
In alcuni paesi dell'Unione Europea, nonostante evidenze chiare della criminalizzazione degli atti omosessuali nei paesi d'origine dei richiedenti asilo, potrebbe non essere loro riconosciuto lo status di rifugiato. Il richiedente deve dimostrare un fondato timore di persecuzione derivante dalla criminalizzazione, con una severità che possa essere considerata
40 European Parliament, Resolution on the right of asylum, in Official Journal of the European Communities, 30, 1987, p.167-171.
41 Xxxxx N.J., Queer Readings of Europe: Gender Identity, Sexual Orientation and the (Im)potency of Rights Politics at the European Court of Justice, in SAGE Journals, 9(2), 2000, p.250.
persecutoria anche oltre gli standard internazionali. 42 È essenziale distinguere la persecuzione dalla semplice procedura penale, e in alcuni paesi dell'Unione Europea, è richiesta la prova effettiva di procedimenti penali per il riconoscimento della protezione internazionale.
Alcuni paesi richiedono anche la dimostrazione dell'applicazione della criminalizzazione in situazioni specifiche.43 Il riconoscimento dello status di rifugiato per richiedenti asilo LGBTQ+ può dipendere dalla presenza di una criminalizzazione applicata, ma le autorità di asilo dell'Unione Europea devono esaminare attentamente le informazioni sul paese d'origine relative all'applicazione di tali leggi. In contesti in cui l'omosessualità è stigmatizzata, la mancanza di informazioni non dovrebbe essere interpretata come un segno di sicurezza. Ad esempio, Paesi governati dalla legge della Sharia possono presentare sfide nella raccolta di informazioni accurate. La persecuzione può provenire da attori non statali, soprattutto in paesi in cui le autorità sono omofobe o transfobiche.
La Direttiva Qualifiche all’articolo 6 sottolinea che “Actors of persecution or serious harm include:(a) the State; (b) parties or organisations controlling the State or a substantial part of the territory of the State; (c) non-State actors, if it can be demonstrated that the actors mentioned in points (a) and (b), including international organisations, are unable or unwilling to provide protection against persecution or serious harm[...]”44 È quindi importante considerare tutte le informazioni rilevanti, comprese leggi, decisioni e regolamenti, nella valutazione delle domande di protezione internazionale.
L’articolo 4(3) della medesima direttiva prevede che “The assessment of an application for international protection is to be carried out on an individual basis and includes taking into account: (a) all relevant facts as they relate to the country of origin at the time of taking a decision on the application, including laws and regulations of the country of origin and the manner in which they are applied[...]”45
La Direttiva sulle Procedure invece sottolinea all’articolo 10(3) che “Member States shall ensure that decisions by the deter mining authority on applications for international protection are taken after an appropriate examination. To that end, Member States shall ensure that [...] precise and up-to-date information is obtained from various sources, such as EASO and UNHCR and relevant international human rights organisations, as to the general situation
42 European Legal Network on Asylum (ELENA) Research Paper on Sexual Orientation as a ground for recognition of refugee status, European Council on Refugees and Exiles, 1997.
43 Xxxxxx X., Spxxxxxxxxx X., Fleeing Homophobia, Asylum Claims Related to Sexual Orientation and Gender Identity in Europe, Vrije Universiteit Amsterdam (VU University Amsterdam), 2011, p.7.
44 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
45 Ibid.
prevailing in the countries of origin of applicants and, where necessary, in countries through which they have transited, and that such information is made available to the personnel responsible for examining applications and taking decisions.”46 Secondo questa direttiva, le decisioni riguardanti l'asilo dovrebbero essere prese solo a seguito di un esame tempestivo e approfondito delle informazioni pertinenti.
Il termine esame opportuno implica che questo scrutinio debba essere non solo completo, ma anche condotto al momento appropriato. Inoltre, la direttiva impone che gli Stati che appartengono all'Unione Europea, debbano tenere in considerazione dati provenienti da varie fonti. In particolare, sono tenuti a considerare le informazioni fornite da enti quali l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e l'Ufficio di Supporto per l'Asilo Europeo (EASO).
Queste organizzazioni sono riconosciute per la loro competenza e autorità in materia di rifugiati e asilo, e il loro contributo è considerato cruciale nel processo decisionale. In sostanza, la direttiva sottolinea l'importanza di una revisione accurata e tempestiva delle informazioni pertinenti alle domande di asilo evidenziando l'inclusione di dati provenienti da fonti autorevoli come quelle sopracitate per garantire decisioni informate riguardo al riconoscimento dell'asilo. È fondamentale valutare gli effetti delle leggi che proibiscono le relazioni omosessuali e riconoscere lo status di rifugiato se il richiedente dimostra un fondato timore di persecuzione basato su informazioni credibili.
Negli ultimi anni, si sono registrati significativi progressi nel trattamento dei richiedenti asilo che si identificano come persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali in Europa. Il Fleeing Homophobia research,47 che ha analizzato le pratiche di richiesta in 25 paesi europei, ha però evidenziato le significative differenze nel trattamento delle domande. Questo si è verificato nonostante si trattasse di paesi membri dell’Unione Europea dove le procedure nonostante possano variare, devono comunque rispettare degli standard comuni che garantiscano un approccio uniforme e coerente. Queste normative hanno infatti un impatto significativo sulle leggi nazionali riguardanti l'asilo in ciascun paese dell'Unione.
L'obiettivo era stabilire chiaramente quale stato fosse responsabile delle domande di asilo, definire norme comuni per una procedura di asilo equa ed efficiente, stabilire condizioni minime per l'accoglienza dei richiedenti asilo e armonizzare le normative sul riconoscimento dello status di rifugiato. Dopo la prima fase conclusasi nel 2005, questi standard comuni in
46 Direttiva 2013/32/UE, 2015 numero 142.
47 Xxxxxx X., Spxxxxxxxxx X., Fleeing Homophobia, Asylum Claims Related to Sexual Orientation and Gender Identity in Europe, Vrije Universiteit Amsterdam (VU University Amsterdam), 2011.
materia di asilo, sono stati poi oggetto di successiva modifica in seguito all’adozione di tre direttive che sono nello specifico: la Direttiva sulle Qualifiche48, la Direttiva sulle Procedure di Asilo49 e la Direttiva Accoglienza.50
Verranno di seguito analizzate nel dettaglio le direttive sopracitate e successivamente quella che è la procedura che viene adottata oggi in Italia.
1.4 Direttiva Qualifiche 2011/95
Prima di addentrarsi nell'analisi della nuova Direttiva sulle Qualifiche, è essenziale riflettere sulla ormai obsoleta Direttiva 2004/83/CE, sostituita nel 2011 dalla più recente Direttiva sulle Qualifiche. Il Sistema Comune Europeo d'Asilo (CEAS) mirava ad armonizzare gradualmente le legislazioni in materia di asilo degli Stati membri.
Nella fase iniziale, l'attenzione era focalizzata sull'armonizzazione delle norme minime comuni per la gestione delle domande di protezione internazionale. Ciò ha comportato l'adozione di direttive chiave, tra cui la Direttiva del 2001 sulla protezione temporanea,51 la Direttiva del 2003 sulle condizioni di accoglienza,52 la Direttiva del 2005 sulle procedure d'asilo53 e la Direttiva del 2004 sulle Qualifiche.
La Direttiva del 2004, come anticipato, definiva due forme di protezione internazionale: lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria. Stabiliva criteri per identificare coloro che cercavano protezione internazionale, garantendo garanzie minime tra gli Stati membri. L'obiettivo era stabilire un procedimento uniforme d'asilo e uno status giuridico di rifugiato comune efficace in tutta l'UE. Fino all'entrata in vigore della Direttiva sulle Qualifiche 2011/95/UE, la Direttiva del 2004 rappresentava il principale parametro giuridico per concedere lo status di rifugiato, anche basandosi su fattori come l'orientamento sessuale.
La Direttiva del 2004 segnò uno dei primi tentativi dell'UE di creare un sistema comune europeo d'asilo basato sulla Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati. Includeva principi fondamentali del diritto dei rifugiati, mantenendo le caratteristiche internazionali della Convenzione. Pur non avendo l'intenzione di modificare il diritto internazionale esistente sui rifugiati, mirava a fornire norme vincolanti per un'interpretazione coerente della Convenzione
48 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
49 Direttiva 2013/32/UE, 2015, numero 142.
50 Direttiva 2013/33/UE, 2015, numero 142.
51 Direttiva 2001/55/CE, 2003, numero 85.
52 Direttiva 2003/9/CE, 2005, numero 140.
53 Direttiva 2005/85/CE, 2015, numero 142.
in tutta l'UE. Ad esempio, l’articolo 2d), della Direttiva definisce il termine rifugiato basandosi sull'articolo 1A, paragrafo 2, della Convenzione del 1951.
Nonostante il suo impatto positivo, la Direttiva del 2004 presentava una serie di limitazioni, portando alla decisione della Commissione europea di proporre una riformulazione nell'ottobre del 2009.54 Una relazione del 2010 della Commissione evidenziò disparità nei livelli di protezione tra gli Stati membri, spingendo alla necessità di una rivalutazione. È comunque importante notare che la Direttiva del 2004 svolse comunque un ruolo cruciale nell'includere i richiedenti asilo LGBTQ+ nella definizione di rifugiato.
L'articolo 10, paragrafo 1, lettera d) della Direttiva del 2004 fu innovativo, riconosceva infatti la persecuzione legata all'orientamento sessuale come base per lo status di rifugiato all'interno di un gruppo sociale particolare. Inoltre, l'articolo 9 riconosceva che misure discriminatorie degli Stati potevano costituire persecuzione, specialmente nei confronti degli individui LGBTQ+.
È importante notare che gli articoli 9 e 10 della nuova Direttiva sulle Qualifiche 2011/95/UE hanno mantenuto le disposizioni della Direttiva del 2004, confermando il riconoscimento della persecuzione basata sull'orientamento sessuale in tutti gli Stati membri. Ciò sottolinea l'impegno continuo nell'affrontare le sfide uniche affrontate dai richiedenti asilo SOGI attraverso valutazioni basate su circostanze individuali e informazioni sul paese d'origine. La Direttiva 2011/95/UE55stabilisce criteri coerenti per l'identificazione di cittadini extracomunitari o apolidi che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale all'interno dell'Unione Europea, sia come rifugiati che come beneficiari di protezione sussidiaria. Garantisce inoltre a queste persone l'accesso a un livello base di benefici e diritti in tutti gli Stati membri, con l'obiettivo di ridurre la migrazione tra i diversi Paesi a causa delle differenze legislative.
Viene quindi sostituita e modernizzata la direttiva 2004/83/CE con la finalità di allinearsi alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea e della Corte europea dei diritti dell'uomo. Si stabiliscono i criteri standardizzati per la qualifica di rifugiato o di persona ammissibile alla protezione sussidiaria, oltre a definire l'ambito di applicazione della protezione internazionale. Tuttavia, gli Stati membri dell'UE hanno la flessibilità di implementare norme più favorevoli per le persone bisognose di protezione.
54 Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on minimum standards on procedures in Member States for granting and withdrawing international protection (Recast), European Union: European Commission, 2009.
55 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
L’articolo 1 della Direttiva precisa infatti che “The purpose of this Directive is to lay down standards for the qualification of third-country nationals or stateless persons as beneficiaries of international protection, for a uniform status for refugees or for persons eligible for subsidiary protection, and for the content of the protection-granted.”56
La nuova definizione di rifugiato e di persona ammissibile alla protezione sussidiaria include l'estensione del concetto di familiare al padre, alla madre o ad un altro adulto responsabile che si prende cura di un beneficiario di protezione internazionale non sposato e di età inferiore ai 18 anni.
Gli Stati membri dell'UE attraverso la direttiva non solo vengono incoraggiati a utilizzare informazioni precise e aggiornate provenienti da fonti affidabili come l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo ma vi è anche, tra i Pesi membri, un obbligo di collaborazione attiva durante il processo di valutazione della domanda. Questo processo dovrebbe prendere in considerazione diversi elementi, tra cui informazioni fattuali, dichiarazioni e circostanze specifiche (come i casi di persecuzione). La valutazione deve essere condotta su base individuale, imparziale e priva di pregiudizi.
La direttiva offre chiarimenti su ciò che si qualifica come "atto di persecuzione" secondo la definizione di status di rifugiato della Convenzione di Ginevra, delineando le varie manifestazioni che questa persecuzione può assumere. Importante sottolineare che anche l'assenza di protezione dalla persecuzione è una base per soddisfare i criteri per lo status di rifugiato.
La maggior parte degli articoli della Direttiva 2011/95/UE che riguardano aree non coperte dalla Direttiva 2004/83/CE, sono in vigore dal 22 dicembre 2013. I nuovi regolamenti delineati nella Direttiva 2011/95/UE dovevano essere integrati nei quadri giuridici degli Stati membri dell'UE entro il 21 dicembre 2013.
L'Irlanda e il Regno Unito hanno scelto di non adottare la direttiva, come consentito dal Protocollo 21 allegato al Trattato di Lisbona, e quindi continuano a essere disciplinati dalla Direttiva 2004/83/CE. La Danimarca è esente sia da questa direttiva che da quella precedente, come stabilito dal Protocollo 22 relativo alla sua posizione, allegato al Trattato di Lisbona.57
56 Direttiva 2004/83/EC, 2014, numero 18.
57 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
Per quanto riguarda la trasposizione della direttiva nella legge italiana 58, secondo l'articolo 15 qualsiasi ritorno nel Paese di origine è rilevante per la cessazione della protezione sussidiaria, se non è giustificato da gravi e comprovati motivi. Tale rilevanza non è però riconosciuta dalla direttiva di rifusione sulle qualifiche.
1.5 Direttiva 2013/32/EU
La Direttiva successiva è la 2013/32/EU.59 L'obiettivo è quello di sostituire la Direttiva 2005/85/CE che stabiliva le linee guida di base per le procedure di conferimento e annullamento dello status di rifugiato all'interno dell'Unione Europea. La Direttiva sulle Procedure di Asilo stabilisce standard legali per questioni procedurali legate all'asilo, inclusi l'accesso alle procedure, le garanzie per i richiedenti, il diritto di rimanere nello Stato membro in cui è stata presentata la richiesta, colloqui personali e appelli giudiziari. Riconosce anche la necessità di garanzie procedurali speciali per determinati richiedenti, in base a fattori come età, genere, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, malattia, disturbi mentali o esperienze di violenza. I decisori e le autorità devono essere adeguatamente formati per gestire i richiedenti asilo SOGI in conformità con questa direttiva.
Sebbene la Direttiva non affronti direttamente i richiedenti asilo SOGI, le disposizioni, come quelle che impediscono la violenza nelle strutture di accoglienza e garantiscono assistenza sanitaria, impiego e istruzione, possono applicarsi. Nonostante i miglioramenti nella legislazione dell'UE per i richiedenti asilo LGBTQ+, non esiste una direttiva o regolamento specifico per la loro valutazione, e una piena armonizzazione rimane difficile senza linee guida comuni dell'UE.60
La direttiva stabilisce protocolli standardizzati per il conferimento e la revoca della protezione internazionale, comprendendo non solo lo status di rifugiato, ma anche la salvaguardia di persone che, pur non soddisfacendo i criteri di rifugiato, rischierebbero di subire gravi danni se rimpatriate nel loro Paese d'origine. Le finalità comprendono l'accelerazione e lo snellimento delle procedure di protezione internazionale, la garanzia di un trattamento equo per i richiedenti e anche in questo caso il mantenimento di parametri uniformi a livello europeo per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale.
58 Ibid.
59 Direttiva 2013/32/UE, 2015, numero 142.
60 Liboni L., Richiedenti asilo Lgbti nella Ue: esiste una linea comune?, in Open Migration (xxxxx://xxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxx-xxxxx-xxxxx-xxxxx-xx-xxxxxx-xxx-xxxxx-%00xxxxxx/), 2018.
La direttiva riguarda tutte le domande di protezione internazionale presentate negli Stati membri dell'UE, ad eccezione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito.61 Ciò comprende le richieste presentate alle frontiere, nelle acque territoriali o nelle zone di transito. Vengono stabilite procedure più trasparenti ed efficienti per la richiesta di protezione internazionale, con particolare attenzione all'accelerazione del processo decisionale richiedendo misure specifiche, soprattutto alle frontiere, per facilitare le domande.
In genere, il processo iniziale, esclusi i ricorsi, dovrebbe essere completato entro sei mesi. I responsabili delle decisioni devono ricevere una formazione specializzata e i richiedenti hanno diritto a specifici diritti procedurali. Le garanzie fondamentali comprendono una valutazione equa, imparziale e priva di pregiudizi delle domande, la fornitura di informazioni in una lingua comprensibile per i richiedenti, l'accesso agli interpreti, il diritto di richiedere una consulenza legale a proprie spese e il diritto a un ricorso legale gratuito con assistenza. Non è consentito trattenere le persone solo in base alla loro domanda di asilo. Nei casi in cui la detenzione è necessaria, deve essere conforme agli standard dell'Unione. Il processo di esame prevede un colloquio personale, che consenta ai richiedenti di presentare motivazioni esaurienti per la loro domanda.
Gli intervistatori devono essere qualificati per considerare sia le circostanze individuali che il contesto più ampio. I Paesi dell'Unione devono garantire la riservatezza delle informazioni sulle singole domande.
La direttiva prevede inoltre tutele specifiche per gli individui vulnerabili, che comprendono coloro che hanno esigenze procedurali specifiche derivanti da fattori quali l'età, la disabilità, la malattia, l'orientamento sessuale, il trauma o qualsiasi altra circostanza pertinente. Queste persone hanno diritto a ricevere un'assistenza adeguata e un tempo sufficiente per affrontare il processo di presentazione della domanda.
Inoltre, la direttiva affronta la questione della prevenzione delle domande ripetitive. I Paesi dell'UE dispongono ora di meccanismi per affrontare le domande presentate dalla stessa persona in più occasioni. Le persone che non hanno bisogno di protezione non possono più evitare di essere rimpatriate nel loro Paese d'origine presentando continuamente nuove domande.
In Italia, è stato previsto un meccanismo per bypassare automaticamente l'esame delle domande di asilo successive nei casi non contemplati dalla direttiva procedure. A seguito di una
61 A partire dal 1° febbraio 2020, il Regno Unito è uscito formalmente dall'Unione Europea assumendo lo status di Paese terzo.
decisione di inammissibilità su una prima domanda successiva, diventa necessario lasciare il territorio nazionale.
La direttiva è entrata in vigore il 19 luglio 2013, fatta eccezione per gli articoli 47 e 48. Questi articoli, che riguardano rispettivamente il diritto delle autorità pubbliche di impugnare le decisioni amministrative e giudiziarie previste dalle leggi nazionali e la riservatezza delle informazioni ottenute dalle autorità di attuazione, sono in vigore dal 21 luglio 2015. Gli Stati membri dell'UE sono stati incaricati di incorporare la direttiva nella loro legislazione nazionale entro il 20 luglio 2015.
1.6 Direttiva 2013/33/EU
L’ultima direttiva è la 2013/33/EU62, quest’ultima stabilisce le norme all'interno dell'Unione europea relative alle condizioni di accoglienza delle persone che chiedono protezione internazionale. Questo gruppo comprende sia i richiedenti asilo che i richiedenti di protezione sussidiaria, tutti in attesa dell'esame della loro domanda. Lo scopo di questo strumento è quello di dissuadere le persone dal trasferirsi in Paesi diversi a causa delle disparità delle condizioni di vita. Inoltre, si cerca di garantire ai richiedenti asilo nell'UE uno standard di vita dignitoso e il rispetto dei loro diritti umani fondamentali.
La direttiva riguarda sia le persone che chiedono protezione internazionale sia le loro famiglie ed è finalizzata a stabilire standard di accoglienza uniformi in tutta l'Unione. Tali standard comprendono la fornitura di alloggio, sostentamento, vestiario, aiuti finanziari, la garanzia di un tenore di vita dignitoso e l'offerta di assistenza medica e psicologica essenziale. Gli Stati membri dell'UE sono obbligati a garantire che i richiedenti possano trovare un lavoro entro un periodo di nove mesi e devono anche fornire opzioni educative per i bambini sotto i 18 anni, oltre alle condizioni fondamentali di accoglienza.
Per quanto riguarda i soggetti vulnerabili, la direttiva richiede la conduzione di una valutazione individualizzata per identificare i bisogni degli individui vulnerabili. Vengono stabilite linee guida specifiche per i bambini, i minori non accompagnati e le persone che hanno subito torture o violenze. È fondamentale garantire ai richiedenti asilo vulnerabili l'accesso all'assistenza psicologica.
Relativamente alla detenzione dei richiedenti asilo, l'attenzione è volta a garantire che le persone non siano detenute solo per aver chiesto protezione internazionale, come già
62 Direttiva 2013/33/UE, 2015, numero 142.
specificato nella precedente direttiva. La detenzione deve essere considerata come un'opzione finale. Per evitare il trattenimento arbitrario, è stato predisposto un elenco esaustivo di motivi per il trattenimento.
Inoltre, la direttiva stabilisce limiti sulla durata della detenzione, impone restrizioni sulla detenzione di persone vulnerabili, in particolare bambini, stabilisce tutele legali e introduce criteri di accoglienza specifici per le strutture di detenzione. Questi criteri includono la concessione dell'accesso agli spazi esterni e la facilitazione della comunicazione con avvocati, organizzazioni non governative e familiari.
La direttiva 2013/33/UE abroga la direttiva 2003/9/CE con effetto dal 21 luglio 2015. Purtroppo, la legislazione italiana non richiede alle autorità di garantire che i richiedenti asilo possano mantenere un livello di vita dignitoso prima di eseguire la decisione di revoca, come specificato dal D.lgs. 142/2015.63
La legge che consente il trattenimento dei richiedenti asilo a scopo di identificazione non è chiara sulle circostanze specifiche che richiedono tale azione. Ciò implica che il trattenimento non è determinato dalla condotta del richiedente, ma da un fattore oggettivo come l'assenza di documenti d'identità.
Secondo l'ASGI, questa nuova giustificazione per il trattenimento viola il divieto di trattenere i richiedenti asilo solo per l'esame della loro domanda.
1.7 Procedura italiana
Nel corso del 2022, l'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo (EUAA)64 ha continuato a fornire assistenza alle autorità italiane competenti in materia di asilo nelle varie fasi del processo. Questo supporto è attivo dal 2013.
Il piano 2022-2024 è stato rivisto nel maggio 2022 per adattarsi al cambiamento del panorama operativo dovuto al conflitto in Ucraina.65
L’EUAA ha dispiegato in Italia66 un totale di 277 esperti, tra cui principalmente lavoratori interinali ed esperti esterni. Le persone dispiegate erano prevalentemente funzionari esperti di accoglienza, funzionari di ricerca, esperti di sostegno alla seconda
63 Direttiva 2013/33/UE, 2015, numero 142.
64 Il 19 gennaio 2022 è entrato in vigore il Regolamento 2021/2023, trasformando l’EASO nell’Agenzia dell’Unione Europea per l’Asilo (EUAA).
65 EUAA, Piano operativo 2022-2024 concordato dall'Agenzia dell'Unione europea per l'asilo e l'Italia, maggio 2022.
66 Il numero del personale dell’EUAA non include gli interpreti impiegati dall’EUAA a sostegno delle attività di asilo e accoglienza.
istanza di asilo ed esperti di registrazione dell'asilo, tra gli altri.67 Al 20 dicembre 2022, 191 esperti dell'EUAA erano ancora di stanza in Italia. Secondo la legge italiana. Non esiste una tempistica specifica per la presentazione della domanda di asilo e i richiedenti possono esprimere la loro intenzione oralmente con l'aiuto di un mediatore.68 Tuttavia, è consigliabile presentare la domanda il prima possibile.
Le norme sull'immigrazione prevedono generalmente che i migranti si presentino alle autorità69 entro otto giorni dall'arrivo. La domanda di asilo può essere presentata presso l'ufficio di polizia di frontiera o sul territorio presso l'Ufficio provinciale per l'immigrazione, dove vengono rilevate le impronte digitali e la fotografia.
Se la domanda viene presentata alla frontiera, la Polizia di frontiera indica ai richiedenti asilo di registrarsi anche in questura per il trattamento formale. È importante notare che le autorità di polizia non hanno l'autorità di valutare il merito della domanda di asilo.
Secondo la legge, la domanda deve essere presentata entro 3 giorni dall'espressione dell'intenzione di presentare domanda, o entro 6 giorni se l'intenzione viene dichiarata alla frontiera. In caso di un numero elevato di richiedenti, questo termine può essere esteso a 10 giorni. Nei casi di incertezza sulla giurisdizione ai sensi del Regolamento di Dublino, il caso viene trasmesso all'Unità Dublino, se l'Unità stabilisce che l'Italia è responsabile, la persona ottiene il permesso per richiesta d'asilo. Al contrario, se viene emessa una decisione sfavorevole, l'individuo viene informato dell'esito negativo. Dopo aver presentato la domanda di asilo e aver affrontato eventuali questioni legate al Regolamento di Dublino, la Questura inoltra il modulo di registrazione formale e i documenti associati alle Commissioni o Sottocommissioni territoriali per la protezione internazionale presenti sul territorio nazionale. Questi enti hanno l'autorità esclusiva di condurre il colloquio di asilo sostanziale. Successivamente, la Questura comunica al richiedente asilo la data del colloquio. Questo è l’iter procedimentale che si segue nel caso in cui si tratti di procedura regolare, esiste infatti anche la procedura prioritaria e quella di frontiera.
Per quanto riguarda quella prioritaria, un membro della Commissione territoriale è tenuto a svolgere un colloquio con il richiedente entro 30 giorni dal ricevimento della domanda. Successivamente, la Commissione deve prendere una decisione entro tre giorni lavorativi. La decisione viene presa dopo una discussione collettiva tra tutti i membri della Commissione. Se, per qualsiasi motivo, la Commissione territoriale non è in grado di decidere entro i tempi
67 Informazioni fornite dall'EUAA, 28 febbraio 2023.
68 Decreto del Presidente della Repubblica, 2015, numero 21.
69 Ibid.
stabiliti o richiede informazioni aggiuntive, il processo di esame deve concludersi entro sei mesi dalla presentazione della domanda. Ciononostante, la Commissione territoriale ha la facoltà di estendere questo periodo fino a nove mesi, ma solo in situazioni specifiche che sono: quando sono coinvolte questioni complesse di fatto e/o di diritto; nel caso in cui venga presentato contemporaneamente un numero significativo di domande di asilo; quando il ritardo è chiaramente attribuibile al mancato rispetto degli obblighi di cooperazione da parte del richiedente.
In casi eccezionali, e con una valida giustificazione, la Commissione territoriale può estendere ulteriormente questo lasso di tempo di tre mesi per garantire un esame approfondito della domanda di protezione internazionale. Tuttavia, l'esperienza dell'ASGI indica che, a causa dell'elevato volume di domande simultanee, questi termini spesso non vengono rispettati nella pratica e i richiedenti asilo non vengono generalmente informati del superamento dei termini da parte delle autorità.
In Italia ci sono 20 Commissioni principali e fino a 30 sottocommissioni. Alla data di dicembre 2022, erano presenti in Italia 20 Commissioni Territoriali e 21 sottocommissioni. Ogni Commissione ha almeno 6 membri, tra cui un Presidente, un esperto dell'UNHCR e quattro funzionari del Ministero dell'Interno. Il CNDA fornisce linee guida ma le Commissioni possono ricevere istruzioni dal Ministero dell'Interno, sono fornite istruzioni riguardo alle basi di inammissibilità, palese infondatezza, procedura di frontiera.70 Prima di nominare i membri delle Commissioni Territoriali, è necessario valutare l'assenza di conflitti di interesse. Per il Presidente e il rappresentante dell'UNHCR, vengono designati uno o più sostituti. Il loro incarico ha una durata di 3 anni ed è rinnovabile.
Dopo la riforma del 2017, le interviste sono condotte da funzionari del Ministero dell'Interno anziché da esperti dell'UNHCR. Le sessioni decisionali coinvolgono discussioni in un panel con il Presidente, l'esperto designato dall'UNHCR e due funzionari amministrativi, di cui uno conduce l'intervista. Le decisioni richiedono almeno 3 voti su 6 membri ma nel caso in cui dovesse verificarsi una situazione di parità, prevale la decisione del Presidente.
La legge richiede che il CNDA offra formazione e aggiornamenti continui ai suoi membri e al personale delle Commissioni Territoriali. Questa formazione mira a garantire che coloro che valutano e prendano decisioni sulle domande di asilo tengano conto delle circostanze individuali e del contesto di provenienza del richiedente asilo, compreso il loro contesto culturale e eventuali vulnerabilità che possono avere. Dal 2014, il CNDA ha condotto sessioni
70 Decreto Legge, 2020, numero 130.
di formazione basate su moduli dell'Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (EASO), con particolare enfasi sul tema dell’inclusione. Oltre a queste sessioni di formazione regolare, vengono organizzati corsi su tematiche specifiche anche a livello locale.
Secondo la legge, la Commissione Nazionale sarebbe anche incaricata di formare gli interpreti per facilitare una comunicazione efficace tra il richiedente asilo e l'ufficiale che conduce l'intervista sostanziale. Tuttavia, nella pratica, gli interpreti non ricevono una formazione specializzata. Anche se vengono organizzate alcune sporadiche sessioni di formazione su questioni legate all'asilo, non vi è un’attuazione coerente e costante.
Con la predisposizione dell’art. 2-bis del d.lgs 25/200871 viene determinata l’adozione con decreto interministeriale di un elenco di paesi di origine sicuri. Se il richiedente asilo proviene da un paese considerato sicuro, la sua domanda viene esaminata in modo prioritario e viene applicata una procedura accelerata in conformità all'articolo 28-bis del decreto legislativo 25/2008.72 Questa lista comprendeva Paesi come Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina. Tuttavia, con un decreto pubblicato l'11 marzo 2022, l'applicazione di tale status all'Ucraina è stata temporaneamente sospesa fino al 31 dicembre 202273.
Una successiva riforma del 5 maggio 2023 ha esteso l'applicazione della procedura di frontiera a individui provenienti da paesi considerati sicuri prevedendo l’emendamento del DL 20/2023.74 Successivamente, il 17 marzo 202375, il governo, con un decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 25 marzo 2023, ha aggiornato l'elenco dei Paesi sicuri. Sono stati inclusi Gambia, Georgia, Costa d'Avorio e Nigeria, mentre l'Ucraina è stata rimossa. È importante notare che la procedura per i Paesi sicuri non influisce sulle domande presentate dai cittadini di questi ultimi quattro Paesi prima dell'entrata in vigore del decreto il 9 aprile 2023.
I richiedenti asilo possono impugnare una decisione sfavorevole della Commissione Territoriale entro 30 giorni. Tale revisione è condotta da sezioni specializzate istituite a seguito del Decreto Legge 13/2017.76
In ogni modo, individui detenuti o sottoposti a procedure accelerate (Articolo 28-bis del Decreto di Procedura) devono presentare un ricorso entro 15 giorni.77
71 Ibid.
72 Ibid.
73 Decreto Legge, 2022, numero 89.
74 Decreto Legge, 2023, numero 20.
75 Decreto Legge, 2023, numero 72.
76 Decreto Legge, 2017, numero 13.
77 Decreto Legislativo, 2011, numero 150.
Il diritto a rimanere nel paese in attesa dell'udienza è concesso su richiesta del tribunale. Se si giunge a una decisione negativa, il richiedente può restare nel paese durante il processo di appello. Se infatti il ricorso non prevede automaticamente una sospensione, essi mantengono il diritto di rimanere fino a quando il Tribunale prende una decisione in merito alla sospensione. Successivamente, se si trascura di partecipare all'appuntamento programmato con la Questura competente, dove sono tenuti a fornire le prove della presentazione del ricorso, potrebbero essere soggetti a un ordine di espulsione.
L'UNHCR, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha a lungo riconosciuto le necessità di protezione particolari delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali e queer e di coloro che vengono identificati come tali. La persecuzione basata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere non è una novità e il crescente numero di richieste basate su questo motivo ha reso fondamentale aumentare la consapevolezza tra coloro che prendono decisioni riguardo alle esperienze specifiche dei richiedenti asilo LGBTQ+ e approfondire l'analisi delle questioni legali coinvolte.
Nella maggior parte dei paesi, molte delle azioni necessarie devono ancora essere messe in atto per garantire una protezione adeguata alle persone LGBTQ+. Un approccio completo richiederebbe l'adozione di linee guida politiche, l'accesso a informazioni sul paese di origine relative all'orientamento sessuale e all'identità di genere, l'integrazione di tali tematiche nei programmi di formazione per i valutatori dei casi, gli intervistatori e gli interpreti, la considerazione dei bisogni specifici nelle procedure di asilo e nell'assistenza, nonché la prevenzione della violenza e l'assicurazione di non discriminazione nei centri di accoglienza.
L'uso dell'acronimo inclusivo LGBTQ+ mira a rappresentare in modo completo la comunità che comprende persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer, inclusa l'identità "queer" come segno di resistenza contro passate stigmatizzazioni.78 Nella tesi, userò il termine queer in modo inclusivo per riferirmi alla comunità LGBTQ+, con l'obiettivo di accogliere in modo più ampio le diverse identità sessuali che non si limitano alla distinzione tra omosessualità ed eterosessualità.
L'interpretazione dei cinque motivi di persecuzione delineati nella definizione è stata il principale motore dello sviluppo di questa branca del diritto. Questi progressi simultanei hanno posto le fondamenta per le richieste di asilo basate sull'orientamento sessuale. A partire dagli anni '80, tali richieste hanno iniziato a ottenere un successo limitato, con i giudici che prevalentemente inserivano i richiedenti nella categoria di coloro che subiscono persecuzioni a
78 Weeks J., The Languages of Sexuality, Routledge, 2011, p.144-146.
causa della loro appartenenza a un particolare gruppo sociale, in questo caso, quello degli omosessuali.
Il fatto che tale termine, derivato da un linguaggio medico patologizzante, sia stato e rimanga il descrittore più comune dei rifugiati LGBTQ+ suggerisce che l'identità sessuale in questione viene in gran parte imposta al rifugiato. In ogni richiesta basata sull'orientamento sessuale, tutti i soggetti coinvolti contribuiscono a definire e ridefinire la sessualità omosessuale, sia in termini generali che nel contesto della richiesta. La mancanza di indicatori oggettivi spinge spesso i decisori a basarsi esclusivamente sulla testimonianza del richiedente. Nell'analizzare la credibilità di questa testimonianza, il decisore è costantemente a rischio di confrontare le esperienze di un singolo rifugiato con una concezione distorta dell'identità sessuale basata su stereotipi e presunzioni infondate.
Questa tesi si concentra principalmente su coloro che sono responsabili della valutazione delle richieste di asilo, esplorando i modi in cui il pregiudizio mette in svantaggio i richiedenti asilo LGBTQ+.
II. Definizione gruppo sociale
“Those feelings were not passing as they should have. They were persistent, and I was beginning to be afraid. At first, it was a very negative label. I was 15 years old at the time. I tried to do things that might encourage heterosexuality, like looking at girls, imagining their breasts and trying to date them. I read the Bible six times that year to try to find a way out of my situation. In my last year of school I gave up and got rid of it.”79
"I used to read pretty much all that educational stuff about homosexuality and it painted it in a positive way and that is to say that they have their own culture and their own heroes and role models. So at that point I was able to tell myself that I'm gay, too."80
Come spiegato nel capitolo precedente, la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 sono i principali strumenti internazionali che regolano la tutela dei rifugiati. Questi ultimi definiscono un rifugiato come una persona che si trova al di fuori del proprio paese di origine e che non è in grado o non desidera ricevere protezione in quel paese a causa di persecuzioni o del fondato timore di subire persecuzioni future, basate su motivi come razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinioni politiche.81
Negli anni '80, dopo i primi casi di successo in Europa e Nord America, si è assistito a un aumento del numero di Paesi che hanno concesso asilo ai rifugiati LGBTQ+. Questo progresso legale si è sviluppato attraverso diverse fasi.
La prima fase, si è focalizzata sulla definizione del concetto di particolare gruppo sociale che rientra tra una delle cinque ragioni sopra menzionate previste nella Convenzione dei Rifugiati del 1951 in forza delle quali è possibile chiedere asilo.
Nelle giurisdizioni di common law decisioni cruciali come il caso Matter of Acosta negli Stati Uniti e Canada (AG) v. Ward, hanno stabilito criteri che hanno spostato l'attenzione dal quesito se le minoranze sessuali avessero diritto allo status di rifugiato a se potessero essere considerate parte di specifici gruppi sociali.
A livello europeo, la decisione storica è stata emessa il 7 novembre 2013 dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) che ha stabilito che i richiedenti asilo per motivi di orientamento sessuale possono essere considerati come facenti parte di un particolare gruppo sociale secondo la Convenzione di Ginevra. Di conseguenza, essi possono essere considerati
79 Williams-Savin, R., …And Then I Became Gay, Routledge, 2013.
80 Ibid.
81 Convenzione di Ginevra del 1951, 1954 numero 722.
idonei per lo status di rifugiato e godere di protezione internazionale. Questa sentenza ha segnato un passo importante nella protezione dei diritti delle persone LGBTQ+ in cerca di asilo in Europa.
L'articolo 10 della direttiva 2004/83/CE definisce il concetto di particolare gruppo sociale, riveste infatti un'importanza cruciale nel riconoscere la persecuzione legata all'orientamento sessuale. Di seguito verrà analizzata in prima istanza la parte critica del suddetto articolo e poi le parti che ne determinano l’importanza cruciale.
L’articolo 10(1)(d) prevede che un gruppo sociale dovrebbe essere considerato come tale quando “i membri di tale gruppo condividono una caratteristica innata o una storia comune che non può essere mutata oppure condividono una caratteristica o una fede che è così fondamentale per l’identità o la coscienza che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi, e che tale gruppo possiede un’identità distinta nel paese di cui trattasi, perché vi è percepito come diverso dalla società circostante.”82 Questa disposizione sottolinea che un gruppo sociale può essere definito da caratteristiche innate o da credenze fondamentali condivise. In particolare, la Direttiva riconosce che la persecuzione può estendersi oltre i gruppi sociali ufficialmente riconosciuti, enfatizzando l'importanza della percezione del persecutore.
L'obiettivo generale della Direttiva è tutelare individui vulnerabili, indipendentemente dal fatto che essi possiedano effettivamente determinate caratteristiche.
Il paragrafo due dell’articolo sopracitato prevede infatti che a fini della concessione della protezione internazionale, non è necessario che il richiedente possieda effettivamente la caratteristica (ad esempio, razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinione politica) che è causa di persecuzione. Quello che conta è che il persecutore attribuisca questa caratteristica al richiedente. In altre parole, l'attenzione è rivolta alla percezione del persecutore piuttosto che alle effettive caratteristiche del richiedente. La ragione dietro questa disposizione è ampliare il campo di protezione.
La Direttiva sul riconoscimento dello status di rifugiato mira ad includere un gruppo più ampio di individui vulnerabili, considerando non solo coloro che possiedono intrinsecamente determinate caratteristiche, ma anche coloro che sono percepiti dagli altri, i persecutori, come aventi tali caratteristiche. Questo approccio è progettato per offrire protezione al maggior numero possibile di persone che affrontano persecuzioni, riconoscendo che la percezione del persecutore può essere un elemento cruciale nella determinazione della necessità di protezione internazionale.
82 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
Inoltre, sempre facendo riferimento al medesimo articolo, si precisa che l'orientamento sessuale non deve essere interpretato in modo da comprendere comportamenti considerati criminali in conformità alla legge nazionale degli Stati membri.
Balboni esamina criticamente l'efficacia di questa disposizione, in particolare nell'affrontare il potenziale fraintendimento dell'orientamento sessuale. Egli sottolinea la necessità di chiarezza nella differenziazione tra orientamento e atti criminali.83La preoccupazione principale è che l'articolo 10(1) potrebbe involontariamente proteggere individui coinvolti in comportamenti dannosi, come la pedofilia, se tali azioni vengono fraintese come espressioni di orientamento sessuale. Questa confusione deriva dalla mancanza di chiarezza nel distinguere tra orientamento sessuale e atti criminali specifici. Il problema attuale risiede nella disconoscenza di tali distinzioni, portando a una potenziale protezione per coloro che si impegnano in condotte criminali.
Nonostante questa parte oggetto di critiche, l’articolo 10 riveste un ruolo fondamentale nel stabilire le due condizioni in forza delle quali si definisce un soggetto come appartenente a un particolare gruppo sociale.
La prima condizione richiede che i membri del gruppo condividano una caratteristica innata o una storia comune che non può essere cambiata, o una caratteristica o fede così fondamentale per l'identità che una persona non dovrebbe essere costretta a rinunciarvi.84
La seconda condizione richiede che tale gruppo abbia una sua identità riconosciuta nel Paese terzo in questione, in quanto viene percepito come diverso dalla società circostante.85 Secondo la Corte, è l'esistenza di leggi penali che condannano l'omosessualità nel paese d'origine del richiedente asilo a suggerire che l'intera comunità considera le persone omosessuali come un gruppo con una propria identità distintiva. Ciò che si può dedurre è che la presenza di leggi penali nel paese d'origine del richiedente asilo che proibiscono l'omosessualità consente di presumere che il richiedente asilo appartenga a un gruppo sociale determinato. Per le persone omosessuali, l'orientamento sessuale, sebbene innato, da solo non costituisce elemento che permetta di definire uno specifico gruppo sociale.
In Italia, c'è un sistema più favorevole perché le condizioni che la direttiva 2004/83/CE considera come cumulative, vale a dire condizioni che devono essere entrambe soddisfatte al fine di beneficiare del diritto in questione, sono in realtà alternative. Questo implica che è
83 Balboni M., La protezione internazionale in ragione del genere, dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere: Aspetti di diritto internazionale e dell’Unione Europea, Giappichelli, 2013, p.203.
84 Direttiva 2004/83/EC, 2014, numero 18.
85 Ibid.
necessario adempiere soltanto una delle due. L'aspetto alternativo delle condizioni è chiaro nel decreto legislativo nr. 251/200786, che ha recepito la suddetta direttiva.
Considerare le due condizioni come opzioni diverse, come avviene nel contesto legislativo italiano, espande le opportunità per coloro che possono ottenere lo status di rifugiato. Pertanto, la legge italiana garantisce un vantaggio maggiore rispetto a quanto stabilito dalla direttiva europea.
Il fatto che il legislatore abbia previsto le condizioni come alternative è giustificato da quanto previsto nell’articolo 3 della direttiva 2011/795/UE che garantisce agli stati la libertà di adottare disposizioni che siano più favorevoli rispetto a quelli che sono gli standard che sono stati previsti per tutti i paesi membri, «gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere
in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono
essere considerati rifugiati.»87 Quanto stabilito dalla direttiva può quindi essere considerato come una condizioni minima che può però essere potenziata sempre e solo in meglio per garantire una maggiore tutela.
Inoltre in Italia, avendo la Corte Costituzionale previsto l’unione omosessuale come rientrante tra le formazioni sociali presenti all’articolo 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”88 si impegna a garantire asilo a coloro i quali non si vedono riconosciuto questo diritto inviolabile nel loro paese di provenienza.
In seguito, il dibattito si è concentrato non più sull’appartenenza dei richiedenti SOGI a un gruppo sociale quanto sulla discrezionalità. Le persone LGBTQ+ che richiedevano asilo potevano essere respinte con l'argomento che avrebbero potuto evitare persecuzioni se avessero nascosto il loro orientamento sessuale al loro ritorno nel paese d'origine.
La sentenza determinante nei paesi di common law è stata la decisione del caso Matter of Toboso-Alfonso nel 2002. Questa decisione della Board of Immigration Appeals (BIA) ha stabilito che la persecuzione basata sull'orientamento sessuale può costituire un fondamento valido per l'asilo e ha sancito che la discrezionalità non dovrebbe più essere applicata in questi casi.
Infine, quando il ragionamento discrezionale è stato risolto, i motivi per rifiutare le richieste di asilo sono passate da argomenti basati sulla discrezionalità o sulla situazione nel
86 Decreto Legislativo, 2007, numero 251.
87 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
88 Costituzione della Repubblica Italiana, 1947, numero 298.
paese d'origine che non è abbastanza grave, ad argomenti basati sul sospetto riguardo all'identità queer del richiedente. La questione della credibilità è diventata sempre più centrale. Le autorità chiamate a pronunciarsi sull’asilo devono valutare la credibilità della nazionalità dichiarata, degli eventi che hanno portato alla fuga, della conseguente paura e di altri dettagli del racconto del richiedente asilo. Tuttavia, nei casi di richiesta di asilo da parte di individui LGBTQ+, le autorità devono determinare se la persona che dichiara di temere persecuzioni a causa dell'orientamento sessuale è veramente omossessuale.
Possiamo affermare che in generale nelle giurisdizioni di civil law, a differenza di quelle di common law, c’è stata almeno inizialmente una maggiore attenzione in merito alla valutazione di una possibile minaccia di persecuzione anziché sul motivo specifico della Convenzione utilizzato per classificare il rifugiato. In entrambe le giurisdizioni di common law e civil law, i decisori hanno affrontato la decisione di fornire o meno protezione ai membri della comunità LGBTQ+ che cercavano rifugio dalla persecuzione, che potesse avvenire sia tramite l'applicazione della Convenzione che attraverso altre forme come il rilascio di permesso di soggiorno per motivi umanitari. In entrambe le giurisdizioni, l’ultima fase evolutiva del procedimento si è focalizzata sul riconoscimento dell’asilo dei richiedenti SOGI evidenziando un cambiamento dall'approccio basato sull'individuo, con particolare attenzione alla capacità dei richiedenti di dimostrare, nel contesto dell'appartenenza a un gruppo sociale specifico, la validità della propria identità sessuale.
Nei capitoli successivi, si esamineranno in dettaglio sia il concetto di discrezionalità che quello di credibilità. In seguito, si procederà all'analisi dell'evoluzione del processo che ha portato al riconoscimento dei richiedenti SOGI come appartenenti a un gruppo sociale.
2.1 Evoluzione del concetto a livello internazionale
Come già detto, nella Convenzione del 1951, è enunciato che uno dei cinque motivi di protezione riguarda l'inclusione in un determinato gruppo sociale.89 Le posizioni che sono state prese dalle diverse corti e giuristi riguardo all'appartenenza a un gruppo sociale ai fini della Convenzione presentano notevoli divergenze. Questo ha portato alla creazione di un insieme di pronunce che risultano essere non conciliabili tra loro proprio in forza delle diverse prospettive che sono state utilizzate.
89 Convenzione di Ginevra del 1951, 1954 numero 722.
Non c'è una lista predefinita di gruppi che possono essere considerati un particolare gruppo sociale (da qui in avanti verrà in indicato con l’acronimo PGS) ma si è concordi nel ritenere che non può essere unicamente determinato dalla sua esposizione alla persecuzione.90 Si dovrebbe guardare ai gruppi sociali in un modo che tenga conto del loro sviluppo nel tempo, accogliendo la varietà e la mutabilità che caratterizzano i gruppi nelle diverse società, in linea con l'evolversi delle norme internazionali sui diritti umani.91
Né il protocollo né il suo predecessore, la Convenzione, forniscono una definizione esplicita di gruppo sociale. La sola indicazione sul significato di gruppo sociale rintracciabile nei documenti preparatori della convenzione è formulata in modo circolare e ambiguo: il rappresentante svedese alla conferenza dei plenipotenziari, nel presentare questo linguaggio, spiegò che era stato introdotto in considerazione del fatto che l'esperienza aveva dimostrato che alcuni rifugiati erano stati perseguitati a causa della loro appartenenza a particolari gruppi.92
La natura ampia e internazionale della Convenzione e del Protocollo rende speculativo cercare di restringere i possibili significati del termine legale gruppo sociale attraverso il contesto storico. La mancanza di indicazioni specifiche sul significato di gruppo sociale potrebbe essere di per sé significativa.
I redattori della convenzione, quando hanno introdotto questo termine vago, non hanno cercato di definirlo o circoscriverne la portata.93 Si suggerisce che la vaghezza intorno a questo termine potrebbe essere stata intenzionale, per permettere la considerazione di situazioni che potrebbero essere state trascurate e per mantenere flessibilità nel trattare con futuri casi di asilo.94 La mancanza di una definizione precisa potrebbe quindi essere vista come una scelta politica specifica presa al momento della ratifica della Convenzione. Queste considerazioni trovano riscontro nel caso dei richiedenti asilo SOGI, una categoria emersa diversi anni dopo la ratifica della Convenzione, in risposta all'evoluzione di alcune società verso una maggiore accettazione della comunità LGBTQ+.
Il PGS potrebbe offrire ai richiedenti asilo queer l'opportunità di presentare una narrazione più dettagliata della loro vita e della loro sopravvivenza. Questa categoria non
90 Guidelines on International Protection No. 2: "Membership of a Particular Social Group" Within the Context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2022, § 2.
91 Ibid. § 3.
92 Conference of Plenipotentiaries on the Status of Refugees and Stateless Persons: Summary Record of the Fourteenth Meeting, UN General Assembly, UN Conference of Plenipotentiaries on the Status of Refugees and Stateless Persons, 1951.
93 Parish, T. D., Membership in a Particular Social Group under the Refugee Act of 1980: Social Identity and the Legal Concept of the Refugee, in Columbia Law Review, 1992, p.924.
94 Ibid.
richiede necessariamente che l'identità sia stabile, ma consente ai richiedenti di dimostrare che, sebbene teoricamente potrebbe variare, si tratta di una questione fondamentale per la loro identità.
Nonostante l'approccio giuridico non abbia una diretta derivazione dalla teoria queer, condivide l'idea che non sia necessaria una base biologica per le identità LGBTQ+ per ottenere diritti e rispetto. Molti studiosi femministi e queer hanno dibattuto se l'identità di genere e l’orientamento sessuale siano innati o si sviluppino nel tempo attraverso scelte personali. Vista come costruita, questa identità può fluttuare nel tempo e nello spazio. Tuttavia, nell'analisi del PGS, la variabilità e l'incertezza dell'identità non dovrebbero impedire a un richiedente asilo queer di ottenere lo status di rifugiato, a condizione che dimostri perché la loro identità, anche se mutevole, è fondamentale per la loro essenza.95
La legge internazionale permette diverse interpretazioni per definire un particolare gruppo sociale, offrendo la possibilità alle richieste di asilo SOGI di essere ritenute valide in molteplici casi. Un richiedente asilo può dimostrare che il suo PGS è composto da individui che condividono una caratteristica comune o che sono considerati dalla società come un gruppo distintivo.96
L'orientamento sessuale e/o l'identità di genere sono visti come tratti innati ed immutabili, fondamentali per la dignità umana e di conseguenza non dovrebbero essere negati ad una persona.97 Questo è valido anche nel caso in cui, come evidenziato prima, l'identità di qualcuno sia in evoluzione e sia considerata fluida.98 Questa strategia è cruciale per i casi queer che non seguono stereotipi comuni riguardo all'orientamento sessuale o all'identità di genere. Mentre alcuni casi possono essere più facili da comprendere per le commissioni, quelli che coinvolgono identità queer marginalizzate possono trarre beneficio dal mostrare perché la loro caratteristica specifica è così fondamentale per la loro identità.
Adottando questo approccio si permette al richiedente di concentrarsi sulla loro appartenenza a un gruppo e sulla importanza per la loro individualità. Anche se la teoria del born this way può essere valida in alcuni casi, potrebbe non convincere tutti.
95 Connor C., The LGBTQ Asylum Seeker: Particular Social Groups and Authentic Queer Identities, in the Georgetown jounal of gender and he law, 20(3), 2019, p.591-593.
96 Guidelines on International Protection No. 2: "Membership of a Particular Social Group" Within the Context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2022.
97 UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, 2012, § 47.
98 Ibid.
La teoria dell'immutabilità potrebbe non essere applicabile per un richiedente la cui credibilità è cruciale e la cui vita è in pericolo. Un richiedente queer potrebbe sinceramente credere che la loro identità di genere o orientamento sessuale sia in costante evoluzione, e la legge sull'immigrazione deve essere abbastanza flessibile da accettare questa esistenza completa senza imporre una narrazione artificiale per il comfort delle persone cis-etero.99
2.2 Riconoscimento di appartenenza in forza dell’approccio delle caratteristiche
protette
Nel 1985, la decisione Matter of Acosta emanata dalla Corte di Appello per le Immigrazioni degli Stati Uniti (BIA) aveva come scopo quello di chiarire l'interpretazione del criterio di gruppo sociale stabilito dalla Convenzione del 1951. Tale sentenza si fondava sul principio dell'ejusdem generis, affermando che, poiché le altre cause di persecuzione previste dalla Convenzione (cioè razza, religione, nazionalità e opinione politica) si riferiscono a persecuzioni basate su una caratteristica immutabile, l'oppressione legata all'appartenenza a un particolare gruppo sociale avrebbe dovuto essere intesa come persecuzione diretta verso individui con caratteristiche comuni e immutabili.100Questo caso ha avuto un impatto rilevante in altre giurisdizioni di common law, come in Canada, dove una decisione simile è stata presa dalla Corte Suprema nel 1993.
Nel caso Canada (AG) v. Ward, si trattava della richiesta di un ex membro dell'Esercito di Liberazione Nazionale Irlandese condannato a morte dall’esercito stesso per aver assistito nella fuga di ostaggi. Ward sostenne che sarebbe stato perseguitato se fosse stato rimandato in Irlanda del Nord a causa della sua appartenenza all'Esercito di Liberazione Nazionale. Il caso definì un gruppo sociale come un collettivo che avrebbe dovuto includere una delle tre categorie seguenti:
1) gruppi definiti da una caratteristica innata e inalterabile;101
2) gruppi i cui membri si associano volontariamente per motivi così fondamentali per la loro dignità umana che non dovrebbero essere costretti ad abbandonare l'associazione;102
99 Connor C., The LGBTQ Asylum Seeker: Particular Social Groups and Authentic Queer Identities, in the Georgetown jounal of gender and he law, 20(3), 2019, p.591-593.
100 BIA (Board of Immigration Appeals), Matter of Acosta, A-24159781, 1985.
101 Supreme Court of Canada, Attorney General v. Ward, SCC 21937, 1993.
102 Ibid.
3) gruppi associati da uno stato precedente volontario, immutabile a causa della sua permanenza storica.103
La Corte, mediante l'applicazione del test, ha concluso che Ward non soddisfaceva i parametri stabiliti dalla Convenzione: il suo timore di persecuzione non derivava dalla sua precedente affiliazione all’esercito che comunque non costituisce di per sé un gruppo sociale. Inoltre, Ward non è stato in grado di evidenziare il necessario legame tra un gruppo sociale e un fondato timore di persecuzione dal momento che quest'ultima era basata sulle sue azioni, non sulla sua appartenenza. Lo standard di Ward è spesso identificato come un test che richiede la verifica di caratteristiche immutabili, ma è evidente che riconosce gruppi che non si fondano solo su aspetti fissi.
La seconda categoria comprende associazioni volontarie basate su attributi essenziali per la dignità umana, sebbene possano essere soggette a cambiamenti. È fondamentale sottolineare che la condanna di questa categoria non riguarda l'obbligo di rinunciare a un tratto assunto volontariamente, ma piuttosto l'obbligo di rinunciare a un'associazione volontaria fondata su quel tratto.
Dato che il termine immutabilità non definisce completamente i gruppi che rientrano nei parametri di Ward, si adotterà la terminologia dell'approccio delle caratteristiche protette. Questa espressione include i gruppi individuati dal test di Ward e indica che l'analisi si concentra principalmente su fattori interni vale a dire qualità innate condivise da un gruppo di individui, piuttosto che sulle percezioni esterne del gruppo. Tuttavia, una volta riconosciuto che il test di Ward comprende anche caratteristiche che possono cambiare, emergono complessità concettuali. Non è evidente quale principio sottostante unisca le categorie individuate in Ward.
Il test dell'associazione volontaria della seconda categoria sembra voler garantire che la definizione di gruppo sociale non diventi una sorta di rete di sicurezza.
Acosta e Ward sono diventati i due casi principali nell'interpretazione del fondamento del particolare gruppo sociale nelle giurisdizioni di common law.
Mentre la decisione europea che ha riconosciuto i richiedenti SOGI come membri di un gruppo sociale in forza dell’approccio delle caratteristiche protette è stata emessa il 7 novembre 2013 dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nel caso X, Y and Z v. Minister voor Immigratie en Asiel.104
103 Ibid.
104 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X, Y, Z v Minister voor Immigratie en Asiel , C‑199/12 - C‑201/12, 2013.
Anche se vi sono state precedenti pronunce europee che hanno utilizzato questo approccio, la sentenza con un impatto simile a quello delle decisioni sopracitate negli Stati Uniti e in Canada è stata emessa a livello europeo solo dieci anni fa.
2.3 Riconoscimento di appartenenza in forza dell’approccio basato sulla percezione sociale
Il secondo approccio è quello che si basa sulla percezione sociale e non richiede che l'attributo comune sia visibile ad occhio nudo o facilmente identificabile.105 Di conseguenza, i membri del gruppo sociale potrebbero non essere riconoscibili tra loro o non avere una stretta associazione reciproca.106 Ciò ha contribuito a confermare un approccio basato sui diritti umani, superando le interpretazioni precedenti che richiedevano coesione all'interno dei gruppi. Gli Stati infatti dovrebbero altresì valutare l’opportunità di riconoscere come particolare gruppo sociale una categoria generalmente identificata o distintiva nella società, anche se non fondata su una caratteristica immutabile o fondamentale.
La categoria del PGS consente ai richiedenti di sostenere di essere percepiti come omosessuali nel loro paese di origine, anche se fossero eterosessuali, e di subire persecuzioni per tale motivo. L'analisi in queste situazioni inizia con l'esame delle supposizioni culturali e delle norme relative a sessualità e costrutti di genere nel paese in questione. In sintesi, i casi in cui si suppone un'omosessualità, coinvolgono una valutazione critica dei modelli di genere in una specifica società e di come un richiedente si conformi o meno a tali modelli. L'acquisizione di dati sul Paese di provenienza riveste infatti un ruolo cruciale nell'analisi delle richieste di asilo, permettendo al decisore di collegare l'apprensione manifestata dal richiedente con la condizione dei diritti umani delle persone LGBTQ+ nel Paese d'origine.
Come riconosciuto anche dalla CGUE nel caso XYZ v. Minister voor Immigraie en Asiel, la valutazione delle richieste di protezione internazionale deve tenere in considerazione tutti i fattori rilevanti concernenti il Paese di origine al momento della decisione, comprese le normative e il loro effettivo applicarsi.107 Le decisioni devono essere prese dopo un'adeguata ricerca e a tal fine gli Stati membri devono assicurare di ottenere informazioni accurate e
105 UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, 2012, § 49.
106 UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, 2012, § 47.
107 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X, Y, Z v Minister voor Immigratie en Asiel , C‑199/12 - C‑201/12, 2013.
aggiornate da diverse fonti, come l'EASO, l'UNHCR e organizzazioni internazionali per i diritti umani riguardo alla situazione generale nei Paesi di provenienza dei richiedenti.
Nonostante le autorità italiane non effettuino una raccolta sistematica di informazioni sul paese di provenienza, né redigano rapporti specifici su tale argomento, Commissioni e Tribunali accolgono informazioni relative al Paese di Origine concernenti gli individui LGBTQ+ provenienti da ONG specializzate in questo campo.
La teoria queer mette in evidenza le complessità e le sfumature all'interno dei concetti di sesso, genere e orientamento sessuale, sfidando l'idea di verità dualistiche. Dimostra come le società attribuiscano significati di genere a comportamenti ed espressioni, anche quando non sono immediatamente evidenti. Nei casi di orientamento sessuale percepito o assegnato, per questo spesso è necessario spiegare a chi di competenza come il genere venga definito in una determinata società e come un aspetto specifico di un individuo possa categorizzarlo come una performance di genere deviante, mettendolo così a rischio di persecuzioni.
Il concetto di riconoscibilità sociale è stato enfatizzato nel caso Applicant A vs. Minister for Immigration and Ethnic Affairs, in cui McHugh afferma che l'esistenza di un particolare gruppo sociale dipende principalmente dalle percezioni esterne, in quanto la persecuzione basata sull'appartenenza a un gruppo implica che esso debba essere identificabile come tale.108 Nel caso sopracitato, i richiedenti temevano la sterilizzazione forzata a causa del loro rifiuto della politica cinese del figlio unico.
Il ragionamento della Corte Suprema del Canada nel caso Ward è notevolmente differente. Si basa su un approccio più sociologico, che non si fonda su analogie con principi anti-discriminatori, ma piuttosto prende in considerazione se il gruppo sia percepito come distintivo nella società, anziché identificare una caratteristica protetta distintiva.
Nel caso Applicant A, la richiesta non ha ottenuto accoglimento. Si potrebbe sostenere che la caratteristica che univa il gruppo era l'affermazione dei membri del diritto umano a non essere sottoposti a sterilizzazione forzata e a fare scelte fondamentali sulla propria famiglia. Tuttavia, la maggioranza della Corte ha concluso che il gruppo era troppo variegato, rappresentando semplicemente una raccolta di persone in Cina che si opponevano a una politica sociale generale.109
108 Australia: High Court, A and Another v Minister for Immigration and Ethnic Affairs and Another, 1997.
109 Ibid.
A livello europeo la sentenza del CGUE nel caso F v. Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal110 è stata una delle prime pronunce a utilizzare come approccio basato sulla percezione sociale per riconoscere l'asilo a un richiedente SOGI.
2.4 Riconoscimento di appartenenza elaborato dall’UNHCR
Le direttive dell'UNHCR riguardo all'appartenenza a un PGS si fondano principalmente sul ragionamento delle sentenze giuridiche nel contesto della common law. Queste linee guida riconoscono che sebbene spesso le valutazioni fatte seguendo i due approcci possano coincidere. In alcuni casi possono portare a esiti diversi, creando potenziali lacune nella protezione. Per colmare queste possibili lacune, l'UNHCR propone un terzo approccio che cerca di armonizzare entrambi i metodi predominanti in un'unica norma.
Viene infatti definito un gruppo sociale come un insieme composto da individui con esperienze di vita, abitudini o posizioni sociali simili.111 Le direttive stabiliscono che gli individui omosessuali potrebbero ottenere lo status di rifugiato a causa di persecuzioni legate alla loro appartenenza a un particolare gruppo sociale.
In aggiunta, l'UNHCR afferma come politica che le persone che affrontano attacchi, trattamenti inumani o gravi discriminazioni a causa della loro omosessualità e i cui governi non sono in grado o disposti a proteggerle, dovrebbero allo stesso modo essere designati come rifugiati. Spesso, le decisioni legali enfatizzano che un gruppo sociale deve esistere indipendentemente dalla persecuzione subita dai suoi membri per essere riconosciuto come tale. McHugh, ha dichiarato che: “le azioni dei persecutori possono servire a identificare o addirittura a causare la creazione di un particolare gruppo sociale nella società. Gli uomini mancini non costituiscono un particolare gruppo sociale. Ma se venissero perseguitati perché sono mancini, senza dubbio diventerebbero rapidamente riconoscibili nella loro società come tale. La loro persecuzione per essere mancini creerebbe una percezione pubblica che li identificherebbe come un gruppo sociale. Ma sarebbe l'attributo di essere mancini e non gli atti
persecutori a identificarli come un gruppo.”112
110 European Court of Justice, Judgment of the Court (Third Chamber), F v Bevándorlási és Állampolgársági Hivatal, 2018.
111 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, §77.
112 Australia: High Court, A and Another v. Minister for Immigration and Ethnic Affairs and Another, 1997.
Questo ragionamento ha in genere respinto le richieste dei richiedenti cinesi preoccupati per la sterilizzazione forzata e l'aborto. Malgrado tali atti costituiscano una palese violazione dei diritti umani fondamentali, chi di competenza a decidere ha sempre esitato nel riconoscere tali richieste, in quanto si è soliti concludere che l'unico elemento comune del presunto gruppo sia la persecuzione dichiarata. L’aspetto rilevante è se il persecutore tratta le persone con un attributo condiviso come membri di un gruppo, non se i membri del gruppo si associno volontariamente tra loro.
Tutti i rifugiati che richiedono aiuto in forza di quanto previsto dalla Convenzione sono individui i cui diritti umani sono stati violati. Tuttavia, la sola violazione dei diritti umani, di per sé, non conferisce automaticamente lo status di rifugiato, e un gruppo di individui le cui libertà sono state lese non costituisce necessariamente un particolare gruppo sociale ai sensi della definizione di rifugiato.
La presenza di abusi ai diritti umani può comunque essere rilevante per determinare se vi sia una forma di persecuzione. Il fatto che un gruppo di persone abbia i propri diritti contravvenuti può quindi costituire un elemento significativo per stabilire l'esistenza di un particolare gruppo sociale solo nella misura in cui tali abusi colpiscono individui che condividono una caratteristica identificabile e indipendente, dimostrando che il gruppo è percepito come tale nella società in cui si trova e quindi è identificato come perseguitato a causa della sua caratteristica condivisa.
Le richieste di asilo presentate da individui LGBTQ+ possono rientrare in qualsiasi delle categorie stabilite dalla Convenzione. Sebbene come visto nei paragrafi precedenti, molte di queste richieste siano associate al concetto di appartenenza a un PGS, esse possono spesso confluire con richieste basate su altri fondamenti, come l'opinione politica, l'etnia o la fede religiosa.113 Persone attive nel movimento LGBTQ+ e sostenitori dei diritti umani potrebbero avanzare richieste basate sulle loro opinioni politiche o convinzioni religiose, specialmente se la loro attività viene percepita come in contrasto con le visioni e le pratiche politiche o religiose dominanti.114
113 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, §77.
114 UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, 2012, §40.
Si analizzerà di seguito la situazione in Zimbabwe, dove si intersecano l'orientamento sessuale e la sfera politica, e successivamente verrà esaminata la situazione in Egitto, dove a intersecarsi sono le istituzioni religiose e statali.
2.5 Fondato timore di persecuzione per opinione politica
Si espande la definizione di opinione politica per includere qualsiasi punto di vista su argomenti riguardanti lo Stato, il governo, la società, comprese le convinzioni fondamentali relative ai ruoli di genere e all'orientamento sessuale.115 L'affermazione di un orientamento sessuale o di un'identità di genere diversa da quella definita come convenzionale potrebbe essere interpretata come di natura politica, soprattutto in nazioni in cui tale non conformità è vista come una minaccia ai valori e alle norme sociali predominanti.
Analogamente alle credenze religiose, le autorità governative e altri soggetti, non necessariamente affiliati allo Stato, potrebbero attribuire opinioni politiche a un individuo. Anche nel caso in cui un richiedente non rientrasse nella categoria LGBTQ+, una discrepanza nell'espressione di sé stessi, come ad esempio nel non aderire a uno stereotipo, potrebbe essere interpretata dallo Stato come una posizione politica.116
L'omofobia non è circoscritta esclusivamente a regioni non occidentali, è essenziale considerare le eredità coloniali per una comprensione completa di questo fenomeno che spesso non rappresenta solo una caratteristica culturale, ma è il risultato di complesse dinamiche di potere che vanno oltre le frontiere nazionali.
In Zimbabwe, specialmente da parte di Robert Mugabe, vi è stato un uso politico della sessualità che si ripercuote ancora nella società nonostante l’elezione del nuovo presidente Emmerson Mnangagwa. L’ex presidente ha infatti impiegato politiche omofobe come parte di una narrazione post-coloniale per rafforzare l'identità nazionale. Questo è stato fatto per contrastare l'influenza coloniale britannica e concepire lo Zimbabwe come una comunità omogenea minacciata dalla diversità.117 Da questo esempio emerge la complessità delle richieste di asilo basate su orientamenti sessuali o identità di genere non conformi, dal momento che queste spesso sono influenzate da più ampie dinamiche politiche e storiche.
115 Ibid. §50.
116 Ibid. §43.
117 Franke K.M., Sexual Tensions of Post-Empire, Columbia Law School, 2004.
Nello Zimbabwe, dove l'andamento economico era in declino e vi era una forte richiesta di democrazia, gay e lesbiche sono stati strumentalizzati da Mugabe come oggetto di colpa per le difficoltà economiche e come diversivo rispetto alle richieste di democrazia.
Nel 1965, un governo a maggioranza bianca proclamò l'indipendenza dalla Gran Bretagna. I cittadini bianchi assunsero il controllo delle risorse più preziose del paese, lasciando la popolazione nera a lottare in condizioni di povertà estrema su terreni poco produttivi.118 Questo portò a un lungo conflitto per la liberazione, in cui la distribuzione delle terre divenne uno dei principali problemi.
Nel 1980, gli inglesi aiutarono a negoziare una soluzione per la guerra di liberazione dal dominio dei bianchi e, durante le elezioni che ne seguirono, Mugabe, leader del movimento di liberazione, vinse. Inizialmente, il governo di Mugabe sembrò offrire una speranza di transizione pacifica dall'egemonia britannica all'indipendenza. Tuttavia, dopo circa 18 mesi, Mugabe cambiò direzione e scatenò violenti attacchi contro i suoi avversari politici.119
Nel 1995, Mugabe individuò una nuova minaccia per l'identità e l'integrità della società dello Zimbabwe: l'omosessualità, incoraggiando apertamente le persone omosessuali a lasciare il paese spontaneamente o affrontare gravi conseguenze. Il Presidente ha ritratto i membri di questa comunità come rappresentanti di forze esterne che minacciano la cultura e il benessere del paese. Egli li identifica come precursori e simboli di una presunta invasione neocoloniale.120 Da allora, coloro che sono stati percepiti come gay o lesbiche hanno subito violenze, arresti, interrogatori e minacce di morte.121
All'inizio degli attacchi di Mugabe contro gli omosessuali, la comunità di attivisti volta alla promozione della tutela dei diritti umani in Zimbabwe ha in gran parte evitato di reagire. Alcuni temevano che difendere un gruppo marginale in un ambiente ostile avrebbe danneggiato il loro lavoro, mentre altri non consideravano gli attacchi rilevanti per il loro impegno nei diritti umani. Le strategie utilizzate da Mugabe per denigrare le lesbiche e i gay che includevano la loro rappresentazione come un gruppo privo di diritti, la diffusione di paura e disgusto pubblico e attaccare i fondamenti dello stato di diritto, sono state in seguito applicate ad altri gruppi.
Mugabe ha attaccato l'opposizione politica attraverso false accuse legali e violenza in violazione di quanto prescritto dalla legge. Ha compromesso l'indipendenza del sistema giudiziario e ha guidato elezioni in cui l'intimidazione era diffusa. In Zimbabwe, la politica di
118 Ibid.
119 Ibid.
120 Ibid.
121 Ibid.
stato è sempre più veicolata attraverso discorsi demagogici, anziché tramite leggi democratiche, ed è messa in atto da bande armate.122
Sebbene l'omosessualità sia sempre stata presente in Africa e nel mondo, il concetto di orientamento sessuale e identità di genere ha preso forma in specifici contesti occidentali.123 Questi concetti sono emersi come modi di interpretare e dare significato al comportamento omosessuale, sia a livello individuale che sociale. Tuttavia, l'adozione del termine omosessuale in ambienti non occidentali non implica un'identità inautentica. Un'identità, sia essa sociale o familiare, assume sempre significati personali e sfumature influenzate dall'ambiente sociale e dal momento storico. Allo stesso modo, coloro che si identificano come omosessuali, gay o lesbiche in contesti culturali in cui il termine è nuovo, non fanno semplicemente proprie, associazioni importate. Essi adattano creativamente il termine e il suo significato alle loro condizioni e all'eredità culturale.
La retorica di leader politici come Mugabe ha fornito a molti uomini e donne che sperimentano desideri omosessuali in Zimbabwe un modo di definire se stessi. In questo senso, Mugabe può essere considerato come sostenitore dell'omosessualità nella società.124
In Russia, una situazione simile è emersa il 30 novembre 2023, quando la Corte Suprema ha proibito il movimento LGBTQ+, definendolo estremista e aprendo la strada a azioni legali contro omosessuali e attivisti che difendono i loro diritti. Questa decisione rafforza la posizione russa nel sostenere i valori tradizionali in risposta alla percezione di decadimento occidentale, accentuata dall'invasione dell'Ucraina nel 2022. Il giudice Oleg Nefedov ha etichettato il movimento LGBTQ+ e i gruppi affiliati come radicali, innescando un immediato divieto a livello nazionale. L'udienza, classificata come riservata, si è tenuta a porte chiuse. In precedenza, il Ministero della Giustizia aveva richiesto la designazione estremista senza specificare le associazioni mirate, esponendo le attività pubbliche legate a preferenze sessuali non tradizionali a sanzioni. In passato, gli individui LGBTQ+ erano soggetti a multe, non a incarcerazione. La crescente adozione di misure anti-LGBTQ+ in Russia suscita preoccupazione tra gli osservatori internazionali.125
122 Ibid.
123 More Than a Name: State-Sponsored Homophobia and its Consequences in Southern Africa, Human Rights Watch, 2003.
124 Ibid.
125 La Russia vieta il movimento LGBT+, accusato di “estremismo”, in Internazionale, 2023 (https://www.internazionale.it/ultime-notizie/2023/11/30/russia-divieto-movimento-lgbt).
2.6 Fondato timore di persecuzione per motivi di religione
Come evidenziato nei paragrafi precedenti, le richieste di asilo SOGI possono derivare da vari motivi. In contesti dove religione e governo sono interconnessi,126 la persecuzione potrebbe essere legata a credenze religiose reali o presunte. Le Linee guida dell'UNHCR spiegano come la Convenzione si applica a queste richieste.127 Le credenze religiose o il rifiuto delle stesse possono essere alla base di una richiesta di asilo, specialmente se l'individuo è considerato non conforme alle norme religiose a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere, subendo gravi conseguenze.128 Gruppi religiosi possono esprimere atteggiamenti negativi verso le persone LGBTQ+ in vari modi.
Come in Zimbabwe, anche il governo di Mubarak in Egitto cercava di spostare l'attenzione pubblica dai problemi economici e dalla crescente crisi finanziaria. La normativa legale sulle relazioni sessuali in Egitto rivela come l'accusa di uomini sospettati di comportamenti omosessuali, servisse agli interessi del governo nella sua lotta post-coloniale per l'indipendenza di fronte a minacce sia interne che esterne alla stabilità del paese.129 Tali persecuzioni erano quindi volte a inibire l'attivismo islamico da un lato e preservare la purezza simbolica della cultura egiziana dall'altro.
Le leggi che colpiscono gli omosessuali in Egitto hanno origine dalle campagne contro la prostituzione nel periodo post-coloniale. Sebbene la legge egiziana non vieti apertamente gli atti omosessuali, li assimila all'ambito della prostituzione. Durante l'occupazione britannica nel 1882, invece di proibirne la prostituzione, i britannici hanno optato per una regolamentazione della pratica.130 Dopo l'indipendenza, sia per i nazionalisti egiziani che per quelli islamici l’abolizione della prostituzione è diventata un obiettivo chiave nel processo di decolonizzazione.
La prima condanna specifica nei confronti dell'Egitto da parte del Parlamento Europeo per la violazione dei diritti delle persone LGBTQ+ è avvenuta nell'aprile 2003. In quella data, il Parlamento Europeo ha emesso una risoluzione che condannava le violazioni dei diritti umani in Egitto, facendo esplicito riferimento agli arresti e alle persecuzioni di uomini accusati di omosessualità.
126 UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, 2012, § 43.
127 Ibid. § 40 e 50.
128 Ibid. § 38.
129 Franke K.M., Sexual Tensions of Post-Empire, Columbia Law School, 2004.
130 Ibid.
Dal momento che nel 2022 il Parlamento Europeo ha ribadito la sua condanna nei confronti dell'Egitto, la situazione non ha subito modifiche. Il Parlamento europeo ha condannato le violazioni dei diritti umani, con particolare riferimento agli arresti e alle persecuzioni degli uomini accusati di omosessualità. Al punto 20, nella proposta di risoluzione è scritto che il Parlamento “invita le autorità egiziane a porre fine agli arresti e ai procedimenti giudiziari per gli adulti che intrattengono rapporti sessuali consensuali, compresi quelli tra persone dello stesso sesso o basati sull'espressione di genere, e a liberare immediatamente le persone LGBTI+ detenute arbitrariamente, spesso in condizioni disumane.”131 L’uso della regolamentazione morale del comportamento sessuale, sia eterosessuale che omosessuale, si è dimostrato in Egitto un efficace strumento di controllo in situazioni di stress per lo Stato.
Visto che fino alla metà del XX secolo, i rapporti omosessuali tra uomini erano diffusi ed ampiamente conosciuti in Egitto, viene dimostrato quanto sia cruciale l'alterità sessuale nel progetto di governo, soprattutto quando si tratta di riportare in vita un passato più antico a discapito di uno più recente. Senz'altro, sono questi densi punti di trasferimento di potere.
Un'altra situazione in cui la politica si intreccia con la religione, portando a violazioni dei diritti delle persone omosessuali, è evidente in Ungheria.
Il governo ungherese, guidato dal partito Fidesz, ha costantemente sottolineato l'importanza dei valori tradizionali e della famiglia come fondamento della società, creando così un ambiente poco favorevole per le persone LGBTQ+. Queste politiche includono la promulgazione nel 2021 di provvedimenti in forma di emendamento alla legge sull’istruzione esistente in Ungheria nel 2021 che vietano la promozione dell'omosessualità e dei cambi di genere nelle scuole (oggetto della risoluzione dell’8 Luglio 2021 da parte del Parlamento Europeo132), il rafforzamento dei valori tradizionali e della famiglia come pilastri della società, l'influenza significativa della Chiesa cattolica sulla politica e sulla promozione di una visione conservatrice della famiglia e della sessualità. Inoltre, vi sono limitazioni legali per le coppie dello stesso sesso, che non possono sposarsi o ottenere riconoscimenti equivalenti e restrizioni all'adozione che limitano le opzioni disponibili per le famiglie arcobaleno. Tutte queste politiche e atteggiamenti sono stati oggetto di dibattito e contestazione sia a livello nazionale
131 Proposta di risoluzione - B9-0505/2022 Parlamento Europeo, 2022, (https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2022-0505_IT.html).
content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52021IP0362&from=EN).
che internazionale. Molti gruppi di difesa dei diritti umani e organizzazioni LGBTQ+ hanno criticato il governo ungherese per queste politiche.
È importante evidenziare prima di procedere al capitolo successivo che le barriere nell'identificazione del gruppo sociale, sperimentate dalle minoranze sessuali, sono condivise anche dalle donne.
Il fatto che la Convenzione sia stata formulata considerando principalmente l'esperienza di persecuzione degli uomini eterosessuali ha determinato carenza di adeguate tutele. La prospettiva usata per la redazione della Convenzione spesso si riflette in politiche d'asilo che non affrontano in modo completo le richieste di protezione avanzate dalle donne.
Diventa quindi di fondamentale importanza affrontare il tema del relativismo culturale istituzionalizzato, il quale tende a giustificare alcune pratiche culturali, nonostante possano entrare in conflitto con i diritti umani fondamentali e i valori universalmente riconosciuti. Sia le donne che le persone con orientamenti sessuali diversi dall'eterosessualità possono incontrare difficoltà nel richiedere lo status di rifugiato.
Quando le donne ottengono tale riconoscimento, di solito accade per motivi diversi dall’appartenenza a un gruppo sociale anche se entrambe le categorie presentano caratteristiche comuni che sono state ritenute adeguate nel processo legale di definizione di un gruppo sociale specifico. In particolare, sia il genere che l'orientamento sessuale sono stati considerati essenziali per l'integrità e l'identità di un individuo. Tuttavia, come illustrato nel grafico, nel caso specifico del contesto dell'asilo italiano, le donne solitamente hanno un ruolo più marginale sul numero totale delle richieste.
133
In conclusione, si può affermare che la definizione di particolare gruppo sociale deve essere interpretata in modo che non renda obsolete le altre categorie. Non è essenziale che un gruppo sia unito o che i membri si conoscano reciprocamente.
In aggiunta, un gruppo sociale particolare non può essere determinato esclusivamente dal fatto che i membri subiscano persecuzioni o abbiano timore di esse. Tuttavia, le azioni
133 Eurostat.
persecutorie nei confronti di un gruppo possono influenzare il suo riconoscimento all'interno della società.
Nonostante l'importanza del principio di non discriminazione, questo fornisce solo indicazioni limitate nell'interpretazione del termine. Tutti i rifugiati sono individui i cui diritti umani sono stati violati, ma ciò non conduce automaticamente allo status di rifugiato.
Gli abusi dei diritti umani possono essere significativi nel determinare la persecuzione. L'aver subito abusi può essere un elemento rilevante per identificare un gruppo come particolare. Questo dipende dal fatto che gli abusi colpiscano individui che condividono una caratteristica comune e facilmente identificabile.
Il termine particolare gruppo sociale si riferisce a gruppi che sono accomunati da una caratteristica con cui si identificano o che sono riconosciuti dal governo o dalla società. L'approccio basato sul concetto di caratteristiche protette ha contribuito a rafforzare la metodologia basata sui diritti umani, superando la necessità di coesione tra i gruppi. Alcuni Stati dovrebbero anche considerare il riconoscimento di gruppi che sono generalmente accettati o riconosciuti come distinti nella società, anche se basati su caratteristiche che non sono necessariamente fisse o fondamentali. Questo approccio non è vincolante, ma può risultare utile ai fini della Convenzione.
Un richiedente asilo non deve dimostrare che ogni membro del gruppo è in pericolo di persecuzione per stabilire l'esistenza di un gruppo sociale particolare. Tuttavia, il riconoscimento di un gruppo non implica automaticamente che tutti i suoi membri ottengano lo status di rifugiato. Non è richiesto che i membri di un gruppo si associno volontariamente o formino un'organizzazione, l'importante è che essi condividano una caratteristica che definisce il gruppo.
In definitiva, un richiedente non può essere privato del riconoscimento come rifugiato solo perché rifiuta di rinunciare a un'attività volontaria o di sopprimere una caratteristica personale non mutabile per la quale è minacciato di persecuzione.
III. Margine di discrezionalità nella determinazione dello status di
rifugiato
“Se si vedono due omosessuali o, meglio, due ragazzi che se ne vanno insieme a dormire nello stesso letto, in fondo li si tollera, ma se la mattina dopo si risvegliano col sorriso sulle labbra, si tengono per mano, si abbracciano teneramente, e affermano così la loro felicità, questo non glielo si perdona. Non è la prima mossa verso il piacere a essere insopportabile, ma il risveglio felice!”134
La situazione dei richiedenti asilo LGBTQ+ nell'Unione Europea (UE) rappresenta un complesso dilemma in cui la necessità di proteggere i diritti umani fondamentali si scontra con le sfide pratiche affrontate da coloro che cercano asilo basato sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (SOGI). Nella prima parte verrà esaminato il paradossale scenario in cui molti individui si trovano, essendo consigliati di nascondere la propria identità sessuale per evitare rischi al loro ritorno. Tale consiglio, sebbene mirato a preservare la sicurezza degli individui, comporta un compromesso dei loro diritti umani fondamentali, in quanto nascondere la propria sessualità può risultare in una persistente persecuzione.
Il requisito della discrezionalità emerge come elemento cruciale in questo contesto, portando a un conflitto con la Direttiva Qualifiche dell'UE, che mira a proteggere aspetti fondamentali dell'identità. Attraverso l'esplorazione di questa dicotomia, verrà posta particolare attenzione sulle divergenze di opinioni tra gli Stati membri, analizzando nello specifico due casi della giurisprudenza tedesca e francese che illustrano in modo emblematico il conflitto tra la discrezionalità e la tutela dei diritti fondamentali. Tuttavia, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nel caso X, Y e Z, ha contribuito a delineare un approccio più orientato alla protezione dei diritti umani, sottolineando che la capacità di nascondere l'orientamento sessuale non dovrebbe essere rilevante, e gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sulla valutazione del rischio di persecuzione.
Successivamente, ci si troverà di fronte alla complessa sfida di dimostrare l'orientamento sessuale nel contesto delle richieste di asilo, mettendo in luce le difficoltà e gli stereotipi che spesso influenzano le valutazioni di credibilità. Nel riconoscere la molteplicità delle manifestazioni dell’orientamento sessuale verrà esplorata la necessità di evitare discriminazioni basate su preconcetti sottolineando l'importanza di fornire adeguata formazione professionale a coloro che sono coinvolti all'interno delle complesse formalità legate alle
134 Le Bitoux J., Sulla questione gay, il Saggiatore, 2009.
domande di asilo. Allo stesso tempo, si esamineranno le divergenze emerse tra la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) e quella della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) riguardo al requisito della discrezionalità e alla valutazione delle leggi nazionali che criminalizzano comportamenti omosessuali come possibili atti di persecuzione. In conclusione, verrà avanzata la proposta di allineare la giurisprudenza con l'interpretazione "orientata ai diritti" della CGUE, allo scopo di assicurare una tutela efficace dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo LGBTQ+.
3.1 Esame della 'discrezionalità' nei contesti nazionali
I richiedenti asilo LGBTQ+ nell'UE spesso vedono respingere le loro domande. Alcuni Stati membri infatti suggeriscono loro di nascondere il proprio orientamento sessuale per evitare rischi al loro ritorno.135 Tuttavia, ciò li costringe a compromettere i loro diritti umani fondamentali. Anche se nascondono la loro sessualità, la persecuzione può persistere. Per sopravvivere, potrebbero nascondere aspetti della loro vita privata, rendendo più difficile dimostrare il proprio orientamento e la persecuzione subita. Alcuni potrebbero essere fuggiti per motivi non legati alla loro sessualità e aver fatto coming out in un secondo momento, costringendoli a dimostrare una futura persecuzione basata sul loro orientamento per essere riconosciuti come rifugiati.136
Il requisito della discrezionalità entra in conflitto con la Direttiva Qualifiche, che difende aspetti fondamentali dell'identità e della coscienza. L'articolo 10(1)(d) della suddetta Direttiva sottolinea che gli individui appartenenti a un gruppo sociale specifico condividono una caratteristica o una convinzione così fondamentale per la propria identità o coscienza che non dovrebbero essere costretti a rinunciarvi.
Nel contesto della protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati SOGI, questa disposizione è significativa perché riconosce che alcune caratteristiche o convinzioni sono profondamente radicate nell'identità di una persona e dovrebbero essere tutelate. Implica che una persona che cerca asilo non dovrebbe essere obbligata a rinunciare a un aspetto centrale della propria identità, come l'orientamento sessuale e l'identità di genere, al fine di evitare la persecuzione.
135 Good Practices related to LGBTI asylum applicant in Europe", ILGA Europe, 2014, p.13.
136 Balboni M., La protezione internazionale in ragione del genere, dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere: Aspetti di diritto internazionale e dell’Unione Europea, Giappichelli, 2012, p.112.
Questa disposizione serve a proteggere i diritti e la dignità degli individui che cercano asilo, riconoscendo che costringerli a negare o nascondere una parte fondamentale di sé stessi è ingiusto e contrario ai principi fondamentali alla base dei diritti umani. Rinforza inoltre l'idea che tutti hanno il diritto di essere protetti dalla persecuzione basata su caratteristiche o convinzioni centrali per la propria identità e coscienza.
Il requisito della discrezionalità costringerebbe i richiedenti asilo SOGI ad abbandonare la propria vera natura. Al momento della ricerca su Fleeing Homophobia, era ancora in vigore in almeno quindici Stati membri.137
Prendendo ad esempio la Germania, anche se nel 1983 il Tribunale amministrativo di Wiesbaden ha paragonato la discrezionalità nelle richieste di asilo basate sulla sessualità all'obbligo di cambiare o nascondere il colore della pelle per sfuggire alle persecuzioni, negli ultimi anni la giurisprudenza tedesca continua a discutere su questo tema.138 Il requisito della discrezionalità viene spesso invocato, specialmente per i richiedenti asilo provenienti da paesi africani come l'Algeria e il Marocco.139
In Germania si è presentato il caso di un richiedente asilo proveniente dall'Iran che ha cercato rifugio sulla base delle preoccupazioni per una potenziale persecuzione a causa della sua omosessualità nel caso in cui il governo iraniano fosse venuto a conoscenza di essa. Nonostante il richiedente asilo non avesse subito persecuzioni in passato, in quanto aveva potuto lasciare e tornare in Iran a suo piacimento, temeva che avrebbe potuto affrontare imprigionamento o addirittura esecuzione per aver violato leggi religiose se il suo orientamento fosse stato scoperto.
Inizialmente, l'Ufficio Federale per i Rifugiati ha respinto la richiesta di asilo, citando la mancanza di prove di persecuzioni passate e l'assenza di indicazioni che il governo iraniano sarebbe stato probabilmente a conoscenza dell'orientamento sessuale del richiedente asilo. Tuttavia, il Tribunale Amministrativo di Wiesbaden non è stato d'accordo con questa decisione e ha concesso al richiedente asilo lo status di rifugiato per due ragioni principali.
In primo luogo, il tribunale ha ritenuto che il richiedente asilo non dovesse nascondere la sua omosessualità e vivere in modo discreto per evitare persecuzioni. Inoltre, il Tribunale ha riconosciuto che la persecuzione poteva applicarsi sia a gruppi sociali di recente formazione,
137 Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Romania e Spagna.
138 Administrative Court (Verwaltungsgericht) Wiesbaden, No. IV/IE06244/81, 1983.
139 Milliban J., Sexual orientation and refugee status determination over the past 20 years: unsteady progress through standard sequences?, in Spijkerboer Thomas ed. Fleeing Homofobia: sexual orientation, gender identity and asylum, 2012.
come nel caso degli omosessuali, che a individui facenti parte di gruppi sociali tradizionali. Il tribunale di Wiesbaden ha esaminato anche se gli omosessuali in Iran costituiscano un gruppo sociale distintivo. In questo contesto, è stata respinta l'idea che i membri di tale gruppo debbano avere conoscenza reciproca o essere affiliati a un'organizzazione. Il tribunale ha infatti valutato se la popolazione generale considerasse tali individui come un gruppo e se un osservatore obiettivo della società avrebbe affermato che la popolazione generale tratta questo gruppo come indesiderabile.
Dopo aver preso in analisi i pregiudizi, gli epiteti dispregiativi e il trattamento brutale subito dagli omosessuali in Iran, il Tribunale ha stabilito che la società iraniana considera gli omosessuali come un gruppo emarginato. È stato quindi stabilito che gli omosessuali in Iran potevano essere considerati un gruppo sociale particolare perché venivano visti come oppositori politici del governo iraniano.
Nella decisione, il tribunale ha preso in considerazione sia la struttura interna del gruppo che le percezioni della società esterna, utilizzando un approccio da spettatore imparziale.
È importante notare che nel sistema legale tedesco, il precedente (le decisioni legali passate) ha meno peso rispetto ad altri sistemi legali. Di conseguenza, entrambi gli standard coesistono nella giurisprudenza tedesca.
In Francia invece, non esprimere apertamente la propria sessualità nel paese di origine può portare al rifiuto dello status di rifugiato. Ciò sottolinea il dibattito in corso su questa questione negli ultimi anni, nonostante comparazioni legali precedenti che ne evidenziavano la natura problematica.140
Da questa breve analisi si deduce che, nonostante entrambi i paesi facciano parte dell'Unione, le opinioni riguardanti il requisito della discrezionalità sono ancora discordanti.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nel caso X, Y e Z contro il Ministero per l'Immigrazione e l'Asilo, nel tentativo di risolvere le divergenze di opinioni ha però apportato un contributo significativo alla risoluzione di questa problematica. Ha chiarito che un richiedente asilo può essere riconosciuto come rifugiato in base al rischio di persecuzione dovuto all'orientamento sessuale. La Corte ha affermato che la capacità di nascondere il proprio orientamento non dovrebbe essere un fattore rilevante.141
Gli Stati membri dovrebbero concentrarsi sui diritti e sul rischio di persecuzione nei confronti della comunità. Di conseguenza, secondo la CGUE, gli Stati membri dovrebbero
140 Ibid.
141 CJEU joined cases C-199/12, C-200/12 and C-201/12, X, Y and Z v Minister voor Immigratie en Asiel, ECLI:EU:C:2013:720, 2013, § 75.
focalizzare l’analisi esclusivamente nel raccogliere informazioni sulla protezione e i diritti della comunità LGBTQ+ nei paesi di origine, e valutare se esista un reale timore di persecuzione basato sull’identità di genere o sull'orientamento sessuale.
Altri fattori come l'uso della discrezionalità non dovrebbero essere considerati dalle autorità di asilo dell'Unione Europea. Alcuni paesi, come i Paesi Bassi e la Repubblica Ceca, hanno abolito questo requisito ma in altrettanti invece, le valutazioni di credibilità rimangono ancora complesse a causa di stereotipi poco affidabili.
Dimostrare l'orientamento sessuale è una questione cruciale e dibattuta nel riconoscimento dello status di rifugiato. L’Handbook dell'UNHCR142 suggerisce di concedere ai richiedenti il beneficio del dubbio riguardo alla credibilità, a condizione che le loro risposte siano coerenti e plausibili.
Nella decisione della Corte Suprema del Regno Unito del 2010 (HJ (Iran) e HT (Camerun),143 si afferma che solo coloro che vivono apertamente la propria sessualità possono essere considerati omosessuali credibili ai sensi della Convenzione del 1951 sui rifugiati.
La sfida risiede nella mancanza di una prova tangibile per l'orientamento sessuale. Il rapporto dell'Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) fatto su omofobia e discriminazione basata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere sottolinea che le autorità di asilo nei paesi membri spesso mettono in dubbio i richiedenti che dichiarano di essere LGBTQ+, citando vari motivi come il cambiamento nell' autoidentificazione.
Le autorità di asilo possono erroneamente presumere l'eterosessualità basandosi sul matrimonio con partner di sesso opposto o sulla presenza di figli. Tuttavia, molti individui LGBTQ+ entrano in tali matrimoni per evitare persecuzioni, per poi abbracciare il proprio orientamento.144 È cruciale distinguere tra l'orientamento sessuale come identità personale e comportamenti specifici.
Utilizzare esami medici o psicologici per determinare l'orientamento sessuale è sbagliato, poiché le identità LGBTQ+ non sono classificate a livello medico. Questo confligge con il diritto alla privacy sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
L'approccio discrezionale può portare a errori nel processo di determinazione del rifugiato. Ogni richiedente asilo LGBTQ+ ha il proprio modo unico di rivelare il proprio orientamento e
142 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, § 203.
143 UK Supreme Court Judment, J (Iran) and HT (Cameroon) v Secretary of State for the Home Department, UKSC 2009/0054, 2010.
144 Homophobia, transphobia and discrimination on grounds of sexual orientation and gender identity, European Union Agency for Fundamental Rights (FRA), 2010, p.55-58.
la propria identità.145 Gli individui LGBTQ+ esprimono il loro orientamento sessuale in modi diversi, influenzati da fattori come classe sociale, istruzione, religione e contesto familiare. Ciò significa che non esiste un unico metodo per rivelare il proprio orientamento.
In alcuni Stati membri vengono fatte domande esplicite e talvolta inappropriate.146 Come Millbank ha evidenziato, esiste la possibilità che il processo decisionale basato sulla discrezionalità potrebbe causare e aggravare errori in vari aspetti dell'analisi nel processo di determinazione dello status di rifugiato.147 I richiedenti asilo SOGI possono trovarsi a dover far fronte a vergogna, self hate o omofobia internalizzata, che influiscono sulla loro capacità di fornire informazioni accurate.148
Le autorità di asilo dell'UE dovrebbero valutare la credibilità tenendo conto delle diverse manifestazioni dell'orientamento sessuale, compreso il processo del coming out, e evitare di fare affidamento sugli stereotipi. Ne consegue che vi è la necessità di una formazione professionale per fare domande più sensibili e evitare stereotipi.
È fondamentale fornire orientamenti pratici e formazione a coloro che sono coinvolti nelle procedure di asilo. In questo modo, gli Stati membri possono garantire che i richiedenti asilo basati sull'orientamento sessuale siano trattati con il rispetto, la dignità e la sicurezza che meritano.
3.2 Esame della 'discrezionalità' nei contesti internazionali, posizioni contrastanti tra CGUE e CEDU
Nonostante i progressi e le interpretazioni orientate alla tutela dei diritti umani della CGUE riguardo alle disposizioni dell'UE relative alle richieste d'asilo basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere, la legislazione dell'UE rimane silente riguardo ai metodi e alle linee guida precisi per le autorità competenti che si occupano di questa particolare fattispecie di domande d'asilo.
Ulteriori ricerche sono essenziali per determinare lo status legale di rifugiato in sintonia con i diritti universalmente riconosciuti, cercando un equilibrio per respingere richieste infondate.
145 Millibank J., From discretion to disbelief: recent trends in refugee determinations on the basis of sexual orientation in Australia and the United Kingdom, in International Journal of Human Rights, 13(2), 2009, p.394.
146 N. LaViolette, Sexual Orientation, Gender Identity and the Refugee Determination Process in Canada, in Journal of Research in Gender Studies, 2014, p.90.
147 Millibank J., From discretion to disbelief: recent trends in refugee determinations on the basis of sexual orientation in Australia and the United Kingdom, in International Journal of Human Rights, 13(2), 2009, p.394. 148 Millbank J., The Ring of Truth': A Case Study of Credibility Assessment in Particular Social Group Refugee Determinations, in International Journal of Refugee Law, 21(1) 2009.
La giurisprudenza della CJEU ha significativamente potenziato la protezione dei diritti dei richiedenti asilo SOGI.149
La giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) sembra però discostarsi dalle interpretazioni proposte dalla CGUE riguardo alle richieste di asilo SOGI. Questa discrepanza presenta un potenziale rischio di significativa confusione per coloro che prendono decisioni e per le autorità competenti nel discernere i criteri che sono accettabili o inaccettabili nel valutare tali richieste di asilo.
Dal punto di vista della CEDU, si sottolinea che i richiedenti asilo SOGI, specialmente quelli provenienti da paesi in cui la condotta omosessuale è criminalizzata, sono tenuti a mitigare il rischio di persecuzione nei loro paesi d'origine adottando un approccio discreto.
Il concetto della discrezionalità è strettamente legato all'idea che esprimere apertamente lil proprio orientamento sessuale potrebbe provocare reazioni intense e avverse nel paese d'origine dell'individuo. In termini pratici, questa prospettiva suggerisce che i richiedenti asilo dovrebbero modificare il loro comportamento per evitare persecuzioni e maltrattamenti, adattando essenzialmente le loro attitudini per prevenire eventuali reazioni oppressive.
Questo approccio riflette la convinzione della CEDU che adottare una posizione più discreta possa essere una misura strategica per proteggere gli individui dai potenziali danni associati al loro orientamento, specialmente in ambienti in cui tale condotta è criminalizzata.150
L’interpretazione in merito all’adozione di un approccio discreto da parte della CEDU mostra una divergenza notevole rispetto all’approccio adottato dalla CGUE. Tale discrepanza solleva interrogativi sulla coerenza di questo approccio con l'obiettivo generale di tutelare i diritti e le protezioni dei richiedenti asilo.
Un'analisi critica di questa divergenza emerge dall’analisi del caso M.E. v. Sweden.151 Prima della decisone M.E. v. Sweden, due però sono le decisioni fondamentali inerenti al tema della discrezionalità emesse dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Rispettivamente F. v. Regno Unito152 e I.I.N. v. Paesi Bassi153 nel giugno e dicembre 2004. Entrambi i casi coinvolgono richiedenti asilo gay provenienti dall'Iran e sollevano questioni cruciali riguardo
149 Mrazova A., Legal Requirements to Prove Asylum Claims Based on Sexual Orientation: A Comparison Between the CJEU and ECtHR Case Law, in Guler A., Shevtsova M., Venturi D., LGBTI asylum seekers and Refugees from a Legal and Political Perspective, Springer, 2019.
150 Spijkerboer T., Gender, Sexuality, Asylum and European Human Rights", in Law and Critique, 29, 2018, p. 224.
151 Corte Europea dei diritti dell’uomo, M.E. v. Sweden, 71398/12, 2014.
152 Corte Europea dei diritti dell’uomo, F. v. United Kingdom, 17341, 2004.
153 Corte Europea dei diritti dell’uomo, Decision as to the admissibility of Application no. 2035/04 by I.I.N. against the Netherlands, 2004.
all'interpretazione del requisito della discrezionalità nei confronti dell'orientamento sessuale nella valutazione delle richieste d'asilo.
Nel caso F. v. Regno Unito, un individuo che è entrato illegalmente nel Regno Unito nel 2001 cercando asilo a causa del timore di persecuzioni in quanto omosessuale in Iran. L'applicante e il suo compagno hanno affrontato arresto e detenzione in Iran con la minaccia della condanna a morte a causa del loro orientamento sessuale. In merito a questo caso la decisione di ammissibilità offre uno sguardo approfondito sulla situazione dei diritti LGBTQ+ in Iran.
La Corte di Strasburgo, dopo un'attenta analisi delle informazioni disponibili, ha concluso che non vi erano prove di una persecuzione attiva da parte delle autorità nei confronti degli adulti coinvolti in relazioni omosessuali consensuali e private. In particolare, la Corte ha evidenziato una certa tolleranza pratica, sottolineando l'esistenza di luoghi riconosciuti per incontri omosessuali a Tehran. L'implicita conclusione era che gli individui avrebbero potuto evitare la persecuzione adottando un atteggiamento discreto riguardo al proprio orientamento, specialmente in luoghi pubblici al di fuori della sfera della loro vita privata.154
L'analisi della CEDU nel caso I.I.N. v. Paesi Bassi riguarda invece un aspirante rifugiato che aveva cercato asilo nei Paesi Bassi nel 2001, sostenendo di essere stato arrestato e maltrattato durante manifestazioni, molestato dalla polizia a causa della sua omosessualità e di aver subito la misteriosa morte di un amico che aveva partecipato a una protesta con lui. La sua richiesta non era però stata accolta, citando problemi di credibilità. La decisione presa dalla CEDU segue da vicino la decisione nel caso F. v. Regno Unito, incorporando un riferimento simile al requisito della discrezionalià.
Le sentenze in entrambi i casi mettono in luce l'attenzione della CEDU sulla possibilità per i richiedenti asilo omosessuali di eludere la persecuzione penale, il carcere e il maltrattamento nei loro paesi d'origine adottando un approccio discreto. Tale approccio implica che i richiedenti LGBTQ+ possano garantire la propria sicurezza astenendosi dall'esprimere apertamente la propria orientazione sessuale in luoghi pubblici, circoscrivendo tali espressioni rigorosamente alla loro sfera privata.
Tornando al caso M.E. v. Sweden, quest’ultimo è inerente a un richiedente asilo libico in Svezia che inizialmente ha sostenuto di essere perseguitato per il coinvolgimento in un
154 Ferreira, N., An exercise in detachment: the Council of Europe and sexual minority asylum claims, in R. C. M. Mole (Ed.) UCL Press, 2021.
trasporto illegale di armi e successivamente ha citato la possibile persecuzione in Libia a causa della sua omosessualità e del matrimonio con un uomo in Svezia.
Nel 2012, la Migration Board svedese ha respinto le sue richieste di asilo, citando mancanza di credibilità e dichiarazioni non veritiere.155 L'applicante doveva fare un ritorno temporaneo in Libia per il ricongiungimento familiare, sostenendo che ciò avrebbe violato l'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha stabilito che le dichiarazioni incoerenti del richiedente hanno ostacolato una corretta valutazione della sua richiesta di asilo. Ha infatti affermato che “it seems strange that in his first submission to the Court, in December 2012, the applicant claimed that he had already lived as a homosexual in Libya before going to Sweden and had suffered beatings and two arrests by the morality police. He has never brought these claims before the Swedish authorities even though he requested the Migration Board to reconsider his case in October 2012, only a few months before raising them before the Court. On the contrary, during the in-depth interview with the Migration Board on 20 August 2010, the applicant had stated that he had lived well in Libya until his arrest and that he had planned to marry a woman in Libya in May 2010.” 156
La corte ha rilevato l'incertezza del contesto post-Gheddafi in Libia, ma ha dichiarato la mancanza di prove di una persecuzione attiva degli omosessuali da parte delle autorità libiche. Nel suo verdetto, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) afferma che le affermazioni del richiedente non sono credibili e che egli non ha fornito dichiarazioni chiare e veritiere nel raccontare la sua storia, modificandola diverse volte di fronte a diverse autorità.157 Pertanto, secondo il parere della Corte, i richiedenti hanno volontariamente deciso di mantenere segreta la propria omosessualità «not because of fear of persecution but rather due to private considerations.»158 La Corte sottolinea che la situazione considerata non implica un ritorno permanente dei richiedenti nel loro paese d'origine, ma piuttosto un ritorno temporaneo, limitato al tempo necessario per consentire alle autorità nazionali competenti per l'immigrazione di
valutare la loro richiesta di ricongiungimento familiare.159
Così, secondo l'opinione della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), se l'applicante fosse costretto a nascondere il proprio orientamento per un breve periodo di quattro mesi in Libia, ciò non significherebbe che dovrebbe mantenere segreta la sua identità sessuale
155 Corte Europea dei diritti dell’uomo, M.E. v. Sweden, 71398/12, 2014, § 84.
156 Ibid.
157 Ibid.
158 Ibid., § 86.
159 Ibid., § 88.
in modo permanente o per un periodo più lungo. Pertanto, la Corte non rileva alcuna violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.160
Come già evidenziato, questa decisione presenta un netto contrasto con la visione della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) sull'asilo basato sull'orientamento sessuale, in particolare con la decisione della Corte del Lussemburgo nel caso X, Y, Z, emessa pochi mesi prima della sentenza M.E. v. Sweden.
Due sono i principali punti di contrasto tra le decisioni della CGUE e la posizione della CEDU; il primo riguarda il requisito della discrezionalità per i richiedenti asilo SOGI al fine di evitare persecuzioni nei loro paesi d'origine; il secondo affronta la questione se le leggi nazionali che criminalizzano comportamenti omosessuali possano costituire di per sé atti di persecuzione, giustificando così lo status legale di rifugiato.
Il primo punto sarà esaminato attraverso l'opinione dissenziente della Giudice Power- Forde, mentre il secondo sarà valutato nel successivo paragrafo attraverso l'opinione dissenziente del Giudice Degaetano.
La Giudice Power-Forde, nella sua opinione dissenziente, sostiene che le conclusioni della Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso M.E. v. Sweden sembrano chiaramente ignorare i progressi e gli sviluppi avvenuti negli ultimi decenni nel contesto del diritto internazionale ed europeo per la protezione dei diritti fondamentali dell'individuo. Inoltre, benché la Corte di Strasburgo faccia riferimento alla sentenza X, Y, Z, la giudice sostiene che in realtà la CEDU non ha tenuto conto della decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea accusando la maggioranza della Corte di “reverts to the old 'reasonably tolerable' test laid down by this Court over a decade ago. It considers that the 'discretion' requirement for a certain period of time in order to avoid persecution is tolerable. Its rationale is that such a requirement for a homosexual person does not involve a permanent or protracted concealment or suppression of an important part of personal identity (§ 88)”161
La Corte Suprema del Regno Unito ha segnato una significativa deviazione dall'approccio precedente del rischio di perseguimento penale nella sua decisione in HJ (Iran) e HT (Camerun) contro il Segretario di Stato per l'Interno.
Nel suo storico giudizio del 7 luglio 2010, la Corte ha unanimemente dichiarato obiettabile il test del ragionevolmente tollerabile e del requisito della discrezionalità, poiché nessuna persona eterosessuale avrebbe trovato ragionevolmente tollerabili le restrizioni simili
160 Ibid.
161 Opinione dissenziente della Giudice Power-Forde nel caso M.E. v. Sweden, 71398/12.
riguardo alla propria orientamento sessuale.162 In aggiunta, la Giudice Power-Forde evidenzia che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha introdotto un concetto peculiare di durata, completamente nuovo nel contesto europeo.
Da notare, questo concetto non è stato affrontato affatto nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea riguardante le richieste di asilo basate sull'orientamento sessuale. La Giudice dice che “With this judgment, the Strasbourg Court introduces a new test of 'duration' that is not to be found elsewhere in comparative European law. The asylum case law of the Court of Justice of the European Union (the 'CJEU') imposes no such 'time' requirement. An applicant cannot be expected to conceal his homosexuality in his country of origin in order to avoid persecution-period. The requirement to conceal sexual orientation is, in itself, incompatible with the recognition of a characteristic so fundamental to a person's identity that the persons concerned cannot be required to renounce it. What counts, for the CJEU, is the fact of having to exercise greater restraint and reserve than would be required of a heterosexual in the expression of sexual orientation-and not the length of time for which the discriminatory restraint and reserve would have to be endured.”163
Secondo la prospettiva della Giudice Power-Forde, per la Corte di giustizia dell'Unione europea, ciò che costituisce una violazione del diritto dell'UE è la necessità per un individuo omosessuale di nascondere il proprio orientamento sessuale. Non la durata del periodo durante il quale la repressione discriminatoria dovrebbe essere rispettata.164
Inoltre, anche se in certe circostanze ipotetiche il periodo di permanenza nel pericoloso paese d'origine potrebbe essere così breve da impedire a un richiedente asilo LGBTQ+ di affrontare un rischio reale di persecuzione, un periodo di quattro mesi può essere considerato come un periodo significativo; pertanto, questo termine potrebbe essere particolarmente pericoloso per il richiedente, che potrebbe essere facilmente scoperto. Di conseguenza, diventare vittima di violenze, danni fisici e/o psicologici perpetrati dalle autorità statali o da attori privati nel suo paese d'origine.
Oltre a ciò, la giudice mette in evidenza una questione interessante contro la decisione. Sembrerebbe che la Corte di Strasburgo consideri implicitamente l'orientamento sessuale e l'identità come qualcosa che riguarda principalmente atti materiali sessuali.
162 Ibid.
163 Ibid.
164 Ibid.
Ha affermato, infatti che: “there is an assumption, at least, an implicit one, that sexual identity is, primarily, a matter of sexual conduct which - if not publicly displayed or discussed by the applicant - would eliminate any risk of harm being visited upon him. Sexual orientation is, of course, something far more fundamental than sexual conduct and involves 'a most intimate aspect of private life' (Norris v. Ireland, 26 October 1988, § 46, Series A no. 142). It is inherent to one's very identity and it may be expressed in a myriad of ways. The practical consequences for this applicant of the requirement that he be 'discreet' when returned to Libya are nowhere considered in the judgment. At the most basic level, if a gay man were to live discreetly, he would, in practice, have to avoid any open expression of his sexual orientation.[16] He would have 'to be cautious about the friendships he formed, the circle of friends in which he moved, the places where he socialised'. Not only would he be unable to indulge openly in the mild flirtations which are an enjoyable part of heterosexual life, but he would have to think twice before revealing that he was attracted and committed to another man in a foreign jurisdiction.”165
Quindi, la chiara discrepanza evidenziata nell'opinione dissenziente del giudice Power- Forde su uno dei concetti cruciali affrontati in questa tesi non può essere negata. Al fine di evitare conflitti tra le due Corti europee, si raccomanda di allineare la giurisprudenza con l'interpretazione "orientata ai diritti" della Corte del Lussemburgo. L'obiettivo è eliminare definitivamente il "requisito della discrezionalità" inaccettabile, che potrebbe irragionevolmente costringere i richiedenti asilo LGBTQ+ a rinunciare a un elemento essenziale della propria identità. I richiedenti asilo basati sull'orientamento sessuale non devono essere costretti a rimanere in silenzio su questi aspetti fondamentali della loro vita personale e privata.
165 Ibid.
IV. Fondato timore di persecuzione
“[C]i sono molte persone per le quali non è sufficiente che l'ineguaglianza non abbia alcuna motivazione giusta o legittima; esse vogliono inoltre che gli si mostri quale esplicito vantaggio si otterrebbe con la sua abolizione.
A ciò lasciate che risponda che si otterrebbe, in primo luogo, il vantaggio di far si che la più universale e pervasiva di tutte le relazioni umane venisse regolata dalla giustizia, anziché dall'ingiustizia.”166
I richiedenti asilo SOGI fuggono dalla criminalizzazione globale per il loro orientamento sessuale, con circa 67 paesi che li sottopongono ad arresti, imprigionamento e persino condanne a morte.167 Queste leggi discriminatorie non solo criminalizzano le relazioni dello stesso sesso, ma deumanizzano anche gli individui LGBTQ+. Come per esempio avveniva in Zimbabwe ad opera dell’allora presidente Robert Mugabe.168
Inoltre le normative che rendono illegale l'omosessualità in determinati paesi possono risultare nella sanzione di minori o adolescenti che sono coinvolti in comportamenti o relazioni dello stesso sesso.
Nel 2016 il Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti dell'Infanzia ha chiesto agli Stati membri di abrogare tutte le leggi che criminalizzano o trattano ingiustamente gli individui in base al loro orientamento sessuale, identità di genere o stato intersex. I governi infatti dovrebbero promulgare leggi che prevengono la discriminazione su tali basi e lavorare attivamente per proteggere tutti gli adolescenti che si identificano come lesbiche, gay, bisessuali, transgender o intersex da qualsiasi forma di violenza, discriminazione o molestia. Ciò può essere ottenuto attraverso campagne di sensibilizzazione pubblica e l'attuazione di misure che ne garantiscono la sicurezza e offrono supporto. 169
L'esistenza di leggi che criminalizzano l'omosessualità può portare alla stigmatizzazione, persecuzione, torture e trattamenti degradanti degli individui LGBTQ+.
166 Mill J.S. in ‘Disgusto e umanità’ di Nussbaum M.C., il Saggiatore, 2011.
167 OUTLAWED, “THE LOVE THAT DARE NOT SPEAK ITS NAME,” Human Rights Watch, (https://features.hrw.org/features/features/lgbt_laws/).
169 General comment No. 20 (2016) on the implementation of the rights of the child during adolescence, UN Committee on the Rights of the Child (CRC), 2016, § 35.
Questo può causare danni psicologici gravi e duraturi.170 Tali leggi possono anche riflettere atteggiamenti omofobi delle autorità nazionali, mettendo tali individui a rischio di persecuzione autorizzata dallo Stato, nonostante il dovere di quest’ultimo di proteggerli.171 In alcune giurisdizioni, la semplice presenza di leggi che criminalizzano l'omosessualità potrebbe non essere sufficiente per ottenere lo status di rifugiato; potrebbero essere richiesti criteri aggiuntivi per i richiedenti asilo LGBTQ+.
L'assenza di una criminalizzazione esplicita non garantisce però la sicurezza degli individui LGBTQ+, né implica necessariamente l'efficacia della protezione statale.
Secondo quanto menzionato da Itaborahy in un significativo studio condotto per l'ILGA, non è sufficiente considerare solo la legalità o illegalità delle relazioni omosessuali per comprendere i potenziali pericoli che qualcuno potrebbe affrontare a causa del proprio orientamento sessuale. Altri fattori e circostanze devono essere presi in considerazione.172 Fino a quando società e comunità persistono nella discriminazione, persecuzione e criminalizzazione degli individui LGBTQ+, preservare la loro dignità umana attraverso la protezione dei rifugiati rimane di primaria importanza.
Norme culturali e sociali, in particolare l'onore familiare, spesso svolgono un ruolo cruciale nelle richieste di asilo degli individui LGBTQ+. Sebbene la disapprovazione familiare o comunitaria da sola potrebbe non costituire persecuzione, può essere un fattore critico nel contesto più ampio della richiesta. Quando tale disapprovazione si trasforma in minacce serie o atti di violenza, compreso l'omicidio, questo equivale inequivocabilmente a persecuzione.173 Affrontare l'omofobia diffusa è una sfida impegnativa e richiede un significativo cambiamento sociale.174
L'Unione Europea, nota per il suo impegno verso i diritti e le libertà, rappresenta un rifugio cruciale per gli individui LGBTQ+ provenienti da regioni pericolose. Anche se alcuni Stati membri riconoscono la persecuzione basata sull'orientamento sessuale come motivo di
170 Bejzyk M., Criminalization on the Basis of Sexual Orientation and Gender Identity: Reframing the Dominant Human Rights Discourse to include Freedom from Torture and Inhuman and Degrading Treatment, in Canadian Journal of Women and the Law, 29, 2017.
171 Volker T., Ensuring Protection to LGBTI Persons of Concern, in International Journal of Refugee Law, 25(1), 2013, p.120-129.
173 Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2012, §23.
174 Webels J., Sexual orientation in refugee status determination, Working Paper Series No. 74, Refugee Studies Centre, Department of International Development University of Oxford, 2011, p.42.
asilo, ciò non garantisce automaticamente lo status di rifugiato. In alcune nazioni dell'Unione Europea, nonostante l'evidenza chiara della criminalizzazione di atti omosessuali nel paese d'origine del richiedente, l'asilo potrebbe non essere concesso senza una dimostrazione di un fondato timore di persecuzione a causa di tale criminalizzazione.
Il concetto di timore fondato ha una posizione centrale nella definizione di rifugiato nel contesto del Diritto Internazionale sui Rifugiati, portando con sé un significato sia morale che umanitario.175 Il Diritto Internazionale, specialmente attraverso la Convenzione di Ginevra, cerca di promuovere impegni e doveri riguardo alla cooperazione tra Stati in situazioni di disuguaglianza di potere.
La Convenzione di Ginevra non fornisce una definizione precisa di questo termine, lasciando la sua chiarificazione all'UNHCR attraverso il Manuale sulle Procedure e Criteri per la Determinazione dello Status di Rifugiato. Questo manuale fornisce linee guida per valutare le richieste di asilo, che includono casi di persecuzione basata sul genere e quelli basati sull'orientamento sessuale. Sottolinea che sebbene il timore sia intrinsecamente soggettivo, deve essere supportato da una situazione oggettiva per qualificarsi come timore fondato di persecuzione. Ciò implica che lo stato mentale dell'individuo da solo non determina esclusivamente il suo status di rifugiato; deve essere supportato da circostanze verificabili.
Il termine timore fondato comprende sia un elemento soggettivo che oggettivo, entrambi devono essere presi in considerazione per stabilirne l'esistenza. Questo è ciò che è conosciuto come test di inclusione, come afferma la Professoressa Nuria Arenas, e consiste nel valutare se esiste un timore fondato di persecuzione basato su una situazione oggettiva per qualsiasi delle ragioni incluse nell'articolo 1A (2) della Convenzione di Ginevra.176 Le opinioni degli studiosi nel Diritto Internazionale sui Rifugiati sono divise riguardo all'importanza dell'elemento soggettivo nella determinazione dello status di rifugiato.
La letteratura classica tende a respingerne la rilevanza, principalmente a causa delle difficoltà nel dimostrare il timore, specialmente nei casi che coinvolgono i bambini.177 Se qualcuno cerca protezione come rifugiato, sostiene implicitamente di avere un timore fondato di persecuzione, che sia soggettivo o oggettivo. Questa affermazione vale anche per individui che potrebbero non avere le informazioni necessarie per valutare accuratamente il proprio
175 Clavijo J., Consideraciones sobre la (re)configuración de la condición de refugiado, in Revista de Temas de Antropología y Migración, 2018.
176 Hidalgo N. A., La Union European ante la inmigration, in Cuadernos Europeos de Deusto n.36, 2007, p.61.
177 Hathaway J.C., Is there a Subjective Element in the Refugee Convention's Requirement of 'Well-Founded Fear’?, University of Michigan Law School, 26 (2), 2005, (https://repository.law.umich.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=2481&context=articles).
rischio di persecuzione. Tuttavia, si sottolinea che avere semplicemente un timore soggettivo, basato su una percezione errata delle proprie circostanze, non significa necessariamente che il timore sia oggettivamente giustificato. Questo si applica indipendentemente dalla capacità mentale, dall'età o dall'origine della persona.
D'altro canto, la letteratura più recente suggerisce di considerare approcci adattati alle circostanze individuali, comprese le considerazioni basate sulla salute mentale per coloro che non sono in grado di comprendere la propria situazione. Questo approccio mira a affrontare le disuguaglianze sociali specifiche di ciascun richiedente asilo.178
Nel Diritto Internazionale sui rifugiati, i termini probabilità reale, probabilità ragionevole e rischio effettivo sono considerati standard di prova.179
Nell'ambito del processo di asilo, la valutazione mira a stabilire la probabilità anziché la certezza assoluta che il richiedente sia un rifugiato. Il test valuta la probabilità di persecuzione futura, prendendo in considerazione le circostanze personali e la situazione nel paese di origine. Il peso della prova ricade sul richiedente e la sua testimonianza è considerata una prova, insieme ad altre fonti. Nel valutare la probabilità di futura persecuzione, l'esaminatore deve prendere in considerazione sia le circostanze personali del richiedente che le condizioni nel loro
paese d'origine.
Per quanto riguarda la situazione personale del richiedente, l'UNHCR consiglia di esaminare fattori come il loro background, le esperienze individuali, i tratti di personalità e altri attributi personali che potrebbero aumentare la loro vulnerabilità alla persecuzione.
La credibilità delle dichiarazioni del richiedente funge da standard di prova per gli aspetti non verificabili. Un resoconto credibile è coerente, plausibile e in linea con fatti noti pubblicamente. Se vi sono aspetti non provabili nella dichiarazione del richiedente, la credibilità diventa la soglia per valutarne la veridicità. Se la testimonianza viene ritenuta credibile, eventuali dubbi residui vengono risolti a favore del richiedente.180 In caso contrario, l'esaminatore deve fare affidamento su altre prove disponibili per valutare la probabilità di rischio futuro.
Studiosi quali Hathaway e Foster, sostengono che un timore fondato di persecuzione comprenda sia una percezione soggettiva del rischio che un rischio oggettivamente verificabile
178 Millbank, J., Sexual orientation and Gender identity in Refugee Claims, The Oxford Handbook of International Refugee Law, Oxford University Press, 2021.
179 Hidalgo N. A., La Union European ante la inmigration, in Cuadernos Europeos de Deusto n.36, 2007, p.62.
180 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, §203-204.
basato sulle condizioni nel paese d'origine del richiedente.181 Essi argomentano che il concetto è intrinsecamente oggettivo, poiché lo status di rifugiato richiede un elemento oggettivo, mentre l'elemento soggettivo da solo non garantisce lo status di rifugiato. Mettono in evidenza anche la sfida nel valutare la paura soggettiva, notando che la mancanza di credibilità è stata assimilata all'assenza di paura soggettiva. Attraverso l'analisi della giurisprudenza, evidenziano che è erroneo ritenere che i richiedenti asilo poco credibili non abbiano un genuino timore soggettivo, in quanto questa affermazione implica che coloro che esprimono paura non stiano mentendo o esagerando nella loro narrazione.
L'UNHCR sottolinea che un timore fondato guida coloro chiamati a decidere nel valutare la probabilità di persecuzione al ritorno nel paese d'origine del richiedente.
L'approccio basato sui diritti umani di Noll interpreta timore come un invito a considerare la valutazione che il richiedente fa della propria situazione al momento del ritorno.182 La paura diventa uno standard procedurale. Secondo Noll, coloro che sono responsabili a decidere devono andare oltre le dichiarazioni dell'applicante per valutare l'elemento oggettivo quando si considera una paura di persecuzione. Tuttavia, questo processo non dovrebbe essere puramente oggettivo, poiché si oppone a ignorare la prospettiva del rifugiato.183
L'elemento soggettivo acquisisce rilevanza nei casi di asilo basati sul genere, dato l'impatto della discriminazione di genere sullo stato mentale del richiedente. Valutare la paura fondata sulla realtà, sia soggettivamente che oggettivamente, è strettamente legato all’apprezzamento della credibilità del racconto del rifugiato sugli eventi passati e sul futuro rischio di persecuzione. L’elemento soggettivo dipende dalla valutazione della dichiarazione dell'applicante, che informa anche la valutazione della credibilità riguardo alla persecuzione o al potenziale rischio. Nelle richieste di asilo basate sul genere, la credibilità è cruciale.
La persecuzione tramite violenza di genere coinvolge spesso individui privati, il che può rendere la valutazione della situazione di rischio più complessa. Questa dinamica si applica anche ai casi di discriminazione di genere, dove modelli culturali occidentali e pregiudizi sessuali possono influenzare la percezione della credibilità delle persone LGTBQ+.
4.1 Valutazione degli elementi del timore fondato
181 Hathaway, J., Foster, M., Well-founded fear. In The Law of Refugee Status, Cambridge University Press, 2014.
182 Noll G., Proof, Evidentiary Assessment and Credibility in Asylum Procedures, Martinus Nijhoff Publishers, 2005, p.154.
183 Ibid. p.156.
La valutazione dell'elemento soggettivo, secondo l'UNHCR, considera la personalità del richiedente e riconosce che le reazioni psicologiche possono variare tra individui in situazioni simili. Anche se non esplicitamente indicato, il sesso del richiedente dovrebbe essere preso in considerazione.
Questo è in linea con il principio di interpretare la Convenzione di Ginevra in base alle norme contemporanee, e con le linee guida dell'UNHCR sul genere.
La Direttiva Qualifiche sottolinea all’articolo 4 l’importanza di considerare le circostanze personali, inclusi fattori come background, genere ed età, nella valutazione di una potenziale persecuzione.184 L’art 4(3) prevede che:
“l’esame della domanda di protezione internazionale debba essere effettuato su base individuale e prevede la valutazione:
a. di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, comprese le disposizioni legislative e regolamentari del paese d’origine e le relative modalità di applicazione;
b. delle dichiarazioni e della documentazione pertinenti presentate dal richiedente che deve anche render noto se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi;
c. della situazione individuale e delle circostanze personali del richiedente, in particolare l’estrazione, il sesso e l’età, al fine di valutare se, in base alle circostanze personali del richiedente, gli atti a cui è stato o potrebbe essere esposto si configurino come persecuzione o danno grave;
d. dell’eventualità che le attività svolte dal richiedente dopo aver lasciato il paese d’origine abbiano mirato esclusivamente o principalmente a creare le condizioni necessarie alla presentazione di una domanda di protezione internazionale, al fine di stabilire se dette attività espongano il richiedente a persecuzione o a danno grave in caso di rientro nel paese;
e. dell’eventualità che ci si possa ragionevolmente attendere dal richiedente un ricorso alla protezione di un altro paese di cui potrebbe dichiararsi cittadino.”185
L'UNHCR enfatizza la necessità di una valutazione di credibilità quando alcuni aspetti delle dichiarazioni del richiedente non possono essere provati. 186
184 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
185 Ibid.
186 La Corte d'appello per l'immigrazione del Regno Unito nella sentenza SW (Adjudicator's questions) Somalia [2005] UKIAT 00037186 sottolinea che le valutazioni sulla credibilità svolgono un ruolo centrale nel determinare l'esito delle richieste di asilo.
La Direttiva elenca gli elementi che i richiedenti asilo devono fornire, comprese informazioni su età, identità, nazionalità ed esperienze passate, per supportare la loro richiesta. Inoltre, estende l'obbligo di cooperare con le autorità del paese ospitante. Viene inoltre stabilita anche una presunzione di fondato timore per i richiedenti che hanno precedentemente subito persecuzioni o minacce. È inclusa una clausola di rinuncia alla conferma per dichiarazioni prive di prove a sostegno, in determinate circostanze che dimostrano diligenza da parte del richiedente.
Con la Direttiva Qualifiche del 2011 si amplia l'obbligo di cooperazione dei richiedenti asilo con le autorità del paese ospitante, che devono fornire i dati necessari per la domanda.
La terza sezione dell'articolo 4 delinea vari elementi cruciali per valutare le richieste di protezione internazionale.
La quarta sezione stabilisce una presunzione di fondato timore per i richiedenti con un passato di persecuzione, danni gravi o minacce. Inoltre, questa valutazione include una disposizione che permette di rinunciare alla conferma quando la dichiarazione di un richiedente non ha prove a supporto, operando secondo il principio di concedere il beneficio del dubbio al richiedente.
Questa clausola di rinuncia è applicabile in circostanze specifiche che dimostrano la diligenza del richiedente. L'UNHCR sottolinea ulteriormente che, nei casi in cui è necessario verificare le dichiarazioni del richiedente, è di solito indispensabile concedere il beneficio del dubbio.187 Si sottolinea la responsabilità degli Stati, in collaborazione con i richiedenti, nel valutare gli elementi di una richiesta di status di rifugiato. Sia l'UNHCR che la letteratura esistente concordano sul fatto che la determinazione dello status di rifugiato non richiede certezza assoluta, ma mira a stabilire la probabilità che un richiedente sia un rifugiato. Ciò comporta la considerazione della probabilità di rischio, poiché non tutti i livelli di probabilità di persecuzione sono sufficienti per ottenere lo status di rifugiato.188
La valutazione della credibilità, che coinvolge l'analisi di coerenza e plausibilità, è considerata altamente soggettiva e comporta il rischio di pregiudizi da parte dell'autorità esaminatrice. Fattori come i pregiudizi dell'autorità, gli stereotipi di genere e il divario tra la
187 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, §203-204.
188 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, §205.
realtà del richiedente e la prospettiva dell'autorità sono cruciali nel valutare le richieste legate al genere e all’orientamento sessuale.
Come sottolinea la Professoressa Arenas, l'ente incaricato di valutare la credibilità in situazioni in cui mancano prove di persecuzione ha una discrezionalità considerevole.189
La valutazione dell'elemento oggettivo, o timore fondato, richiede di esaminare le dichiarazioni dell'applicante in relazione alla situazione nel loro paese di origine, come indicato nella Direttiva Qualifiche e nel Manuale dell'UNHCR. Secondo l'UNHCR, il timore è considerato fondato se può essere ragionevolmente stabilito che rimanere o tornare nel paese di origine sarebbe intollerabile o insopportabile per la persona.190
Il grado di ragionevolezza implica che la persecuzione sia ragionevolmente possibile, indicando una probabilità di futuro rischio di persecuzione. Il contesto svolge un ruolo cruciale nel valutare la probabilità richiesta di rischio per gli elementi soggettivi (timore) e oggettivi (fondato) in modo che coincidano.
Una decisione giudiziaria emblematica del Regno Unito, R. v. Secretary of State for the Home Department ex parte Sivakumaran (1988) 1 All ER 193 (HL),191 ha sottolineato che un timore fondato significa dimostrare una ragionevole probabilità di persecuzione basata su una ragione convenzionale, enfatizzando la necessità di un reale e sostanziale rischio di persecuzione. In questo caso, sei tamil dello Sri Lanka hanno richiesto asilo nel Regno Unito. Le domande hanno avuto esito negativo. La Corte d'Appello ha però successivamente annullato questa decisione, affermando che il Segretario di Stato aveva frainteso il termine timore fondato.
Il Giudice Lord Goff di Chieveley ha sottolineato che un timore fondato richiede di dimostrare una probabilità ragionevole di persecuzione per una ragione convenzionale, indicando un rischio reale e sostanziale di persecuzione.192
Nell'esaminare l'elemento oggettivo del fondato timore di persecuzione, la Direttiva Procedure UE sulle procedure considera fattori come i paesi di origine, i paesi terzi sicuri e i paesi terzi sicuri europei.193 Questa valutazione va oltre la mera legislazione, esaminando anche la sua effettiva applicazione.
189 Hidalgo N. A., La Union European ante la inmigration, in Cuadernos Europeos de Deusto n.36, 2007, p.59. 190 Note on Burden and Standard of Proof in Refugee Claims, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 1998, §16.
191 United Kingdom: House of Lords (Judicial Committee), R v. Secretary of State for the Home Department, Ex parte Sivakumaran and Conjoined Appeals (UN High Commissioner for Refugees Intervening), [1988] AC 958, [1988] 1 All ER 193, [1988] 2 WLR 92, [1988] Imm AR 147, 1987.
192 Ibid.
193 Direttiva 2013/32/UE, 2015, numero 142.
Per essere qualificato come sicuro, uno stato deve non solo avere leggi protettive sui diritti di genere, ma anche garantire la loro effettiva attuazione. Il concetto di diritti di genere include l'eliminazione della violenza di genere, la libertà di esprimere l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Ciò si traduce nella concreta assicurazione che le donne vivano libere dalla violenza di genere, che individui con orientamenti sessuali diversi non siano soggetti a discriminazioni e che varie identità di genere siano tutelate. Questi diritti sono sanciti negli articoli 2 e 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che riguardano il diritto alla vita e il divieto di tortura. In sostanza, significa garantire una società libera dalla discriminazione di genere.
Per quanto riguarda la dovuta diligenza richiesta per definire uno stato come sicuro, un significativo precedente è stato stabilito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel caso Muminov v. Russia. La Corte ha sottolineato che avere leggi nazionali e aderire a trattati internazionali è un passo nella giusta direzione, ma da solo non è sufficiente a garantire la protezione contro i maltrattamenti.194 Questo è particolarmente vero quando fonti affidabili segnalano pratiche contrarie ai principi della Convenzione, che sono impiegate o tollerate dalle autorità.
La Corte europea dei diritti dell'uomo evidenzia che l'esistenza di leggi e trattati internazionali non è sufficiente se vi sono prove di pratiche contrarie ai principi dei diritti umani. Pertanto, la vera diligenza richiede più che semplici disposizioni legali; esige che la discriminazione non persista nella pratica. La natura persecutoria è evidente quando un paese adotta pene severe, come la pena di morte, che non sono conformi agli standard internazionali dei diritti umani. Tuttavia, anche pene relativamente deboli possono essere considerate sproporzionate e persecutorie ma in vari Stati membri dell'UE la semplice criminalizzazione del comportamento omosessuale nel paese d'origine non è sufficiente per concedere lo status di rifugiato. È richiesta anche la prova di perseguimento o di applicazione effettiva delle disposizioni penali.195
È importante distinguere tra perseguimento e persecuzione; il perseguimento può portare alla persecuzione se è pretestuoso, comporta una punizione eccessiva o viene eseguito con procedure inadeguate o arbitrarie. In alcuni paesi dell'UE come Francia, Belgio e Svezia, i richiedenti devono dimostrare che c'è stata una persecuzione nei loro casi specifici.
194 Corte Europea dei diritti dell’uomo, Muminov v. Russia, Appl. no. 42502/06, 2008.
195 ELENA Research Paper on Sexual Orientation as a Ground for Recognition of Refugee Status, European Council on Refugees and Exiles, 1997.
Se la criminalizzazione viene applicata in modo coerente, dovrebbe essere riconosciuto lo status di rifugiato. Tuttavia, se le disposizioni legali non sono mai state applicate, è probabile che le domande vengano respinte.196 Quindi, la criminalizzazione applicata può essere sufficiente per riconoscere lo status di rifugiato per i richiedenti asilo LGBTQ+, ma le autorità di asilo dell'UE devono valutare attentamente le informazioni sulle condizioni nel paese d'origine. Queste informazioni sono cruciali per valutare le richieste di asilo e forniscono ai decisori una migliore comprensione della situazione dei diritti umani nei paesi in cui l'omosessualità è stigmatizzata.
In alcuni paesi, specialmente quelli governati dalla legge della Sharia, la persecuzione potrebbe avvenire in tribunali o corti dove ottenere informazioni accurate è particolarmente difficile. Inoltre, l'assenza di informazioni in tali contesti non dovrebbe essere interpretata come prova che l'applicazione delle leggi contro gli atti omosessuali non avvenga affatto. Le autorità per l'asilo dovrebbero astenersi dal presumere che la situazione per i richiedenti asilo LGBTQ+ sia sufficientemente sicura da poterli rimpatriare nei loro paesi di origine.
L'esame dei paesi terzi sicuri, come delineato nell'articolo 10.3.b) della Direttiva Procedure, impone agli Stati di ottenere informazioni accurate e aggiornate da varie fonti riguardo ai paesi di origine e di transito. Esempi di tali fonti includono EASO, UNHCR e organizzazioni internazionali per i diritti umani.
Perché un paese sia considerato sicuro, deve soddisfare i criteri delineati nell'Allegato I della Direttiva Procedure. Questo articolo promuove un'interpretazione femminista delle disposizioni nell'Allegato, giungendo alla conclusione che la violenza di genere e la grave discriminazione a causa di quest’ultimo costituiscano forme di persecuzione ai sensi dell'articolo 9 della Direttiva Qualifiche.
Inoltre, il livello di conformità richiesto agli Stati richiede diligenza, garantendo che le normative e la loro applicazione prevengano efficacemente la discriminazione di genere suggerendo anche di eliminare il concetto di paesi sicuri categorizzati come per uomini o per donne, affermando che un paese con violenza di genere sistemica non può mai essere considerato sicuro.
4.2 Controversie nella Valutazione degli elementi del timore fondato
La valutazione dell'elemento soggettivo, o paura, presenta notevoli sfide nel diritto dei rifugiati.
196 Spijkerboer, T., Fleeing homophobia : sexual orientation, gender identity and asylum, Routledge, 2013.
Il professor Hathaway sottolinea i limiti degli strumenti disponibili per valutare gli stati emotivi, specialmente nel contesto della determinazione dello status di rifugiato. Valutare l'elemento soggettivo del timore fondato è difficile, specialmente nel contesto del diritto dei rifugiati.197
Anche la professoressa Arenas riconosce la difficoltà nel ottenere prove per questo elemento, mettendo in evidenza la dipendenza dalla persuasione e dalla previsione.198 La diversità culturale complica ulteriormente la valutazione, poiché ogni richiedente può esprimere la paura in modi unici influenzati da fattori come cultura, origine, istruzione e personalità.199
La psicologia concorda con questa prospettiva, collegando la paura al concetto di trauma. Il trauma è definito come una limitazione nella capacità di rispondere a minacce percepite, con risposte varie influenzate dalla predisposizione genetica, traumi passati e dinamiche familiari. Definire il trauma è un compito difficile perché è n qualcosa che si verifica quando la capacità di una persona di rispondere a una minaccia percepita è in qualche modo limitata. Questa limitazione nella risposta può influenzare gli individui in modi sia evidenti che sottili.
La letteratura psicologica sul trauma sottolinea l'idea che l'esperienza del trauma di ogni persona è unica. Nessun individuo reagisce allo stesso modo al trauma e ciò che può essere dannoso per una persona può essere percepito come eccitante per un'altra. Le risposte alle minacce variano ampiamente e sono influenzate da fattori come la genetica, la storia personale di traumi e la dinamica familiare.
Il "modello di indirizzamento" del Dr. Hays è un contributo significativo in questo senso, fornendo un quadro per riconoscere e comprendere le complessità dell'identità individuale in psicologia. Hays sottolinea che prendere in considerazione fattori come età, disabilità, religione, etnia, orientamento sessuale, status socio-economico, appartenenza a gruppi indigeni, nazionalità e genere è fondamentale per una comprensione completa dell'identità culturale.200 Questo approccio aiuta i ricercatori a ottenere una visione delle comunità sotto-rappresentate e dei fattori oppressivi che possono affrontare, promuovendo in ultima analisi la diversità nel campo della psicologia.
197 Hathaway J.C., Is there a Subjective Element in the Refugee Convention's Requirement of 'Well-Founded Fear’?, University of Michigan Law School, 26 (2), 2005, p.517.
198 Hidalgo N. A., La Union European ante la inmigration, in Cuadernos Europeos de Deusto n.36, 2007, p.62.
199 Hathaway J.C., Is there a Subjective Element in the Refugee Convention's Requirement of 'Well-Founded Fear’?, University of Michigan Law School, 26 (2), 2005, p.518.
200 Hays P.A., Addressing Cultural Complexities in Practice: Assessment, Diagnosis, and Therapy: American Psychological Association, Washington, D.C., 2016.
La Professoressa Forough Ramezankhah sottolinea come la psicologia e la psichiatria abbiano recentemente gettato luce sulle ragioni dietro ai tentativi involontari di coprire informazioni, che includono l'oscuramento, la mancata divulgazione e le discrepanze nelle narrazioni dei richiedenti asilo.201 Questi fattori possono portare a problemi di credibilità nei procedimenti legali, con possibili ripercussioni sul successo delle domande di asilo.
Il punto di vista psicologico sottolinea l'importanza di riconoscere gli aspetti emotivi del processo di asilo e suggerisce che le incongruenze in una domanda possano essere attribuite al trauma e al suo potenziale impatto sulla memoria.202 La posizione dottrinale che integra la prospettiva psicologica nella valutazione del fondato timore è fondamentale, specialmente nei casi di persecuzione basata sul genere. Tale posizione è esemplificata nella sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea nel caso A, B e C.203
La GCUE era incaricata di interpretare l'articolo 4(3) della Direttiva Qualifiche che richiede la considerazione delle circostanze personali e generali di una persona durante l'intervista di asilo.
Il caso riguardava una persona in cerca di asilo basato sulla paura di persecuzione a causa del proprio orientamento sessuale. La CGUE ha sottolineato che le domande riguardanti la sfera personale di una persona, specialmente per quanto riguarda la loro sessualità, sono delicate. Pertanto, sarebbe ingiusto mettere in dubbio la credibilità di una persona solo perché è stata riluttante a rivelare dettagli intimi della propria vita, compresa la propria orientazione sessuale, fin dall'inizio.204 Ritenere un'istanza priva di credibilità solo perché l'aspirante non ha menzionato il proprio orientamento costituirebbe una violazione della Direttiva Qualifiche.
Hathaway e Hicks ritengono illogico negare protezione a individui che potrebbero essere a rischio ma non esprimono una paura soggettiva. È difficile per gli intervistatori determinare una paura autentica in un processo formale di udienza.205
La decisione finale sull'instaurare una paura fondata di persecuzione si basa sulla dichiarazione del richiedente.206 Respingere una richiesta a causa di una mancanza di paura soggettiva va contro lo scopo umanitario della Convenzione di Ginevra e inoltre una richiesta
201 Ramezankhah F., The Tale of Two Men: Testimonial Styles in the Presentation of Asylum Claims, International Journal of Refugee Law, 29(1), 2017.
202 Ibid.
203 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Joined cases C‑148/13 to C‑150/13 A, B and C v Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie, 2014.
204 Ibid.
205 Hathaway J.C., Is there a Subjective Element in the Refugee Convention's Requirement of 'Well-Founded Fear’?, University of Michigan Law School, 26 (2), 2005, p.517.
206 Note on Burden and Standard of Proof in Refugee Claims, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 1998, §20.
potrebbe essere respinta se la persona che chiede asilo non percepisce soggettivamente la paura, anche se è oggettivamente giustificata, con possibili ripercussioni su minori o su coloro che non sono in grado di esprimere il proprio stato d’animo.207 La valutazione del timore soggettivo di una persona nel determinare il fondato timore di persecuzione rimane un argomento incerto.
Mentre alcuni, compreso il Manuale dell'UNHCR e alcune decisioni chiave (come ad esempio la dichiarazione del giudice Stevens J in INS v. Cardoza-Fonseca), sottolineano l'importanza dell'elemento soggettivo, altri, comprese decisioni rilevanti e studiosi di legge, tendono a dare meno importanza alla soggettività, concentrandosi principalmente sull'valutazione oggettiva delle condizioni nel paese di origine dell'applicante.208
Questo approccio dominante cerca di mitigare i pregiudizi e impedire alle autorità nel paese di destinazione di sottovalutare le prove del reale rischio. Tuttavia, sebbene pragmatico, potrebbe non essere il modo più appropriato o legale per affrontare tali preoccupazioni. Invece, un approccio più efficace coinvolgerebbe la formazione adeguata degli intervistatori nell'applicare un approccio intersezionale nelle loro valutazioni.209 Ciò fornirebbe una comprensione più sfumata e completa delle circostanze dell'applicante.
Il processo di valutazione nelle domande di asilo introduce un potenziale pregiudizio legato a una prospettiva centrata sul maschile.
Il Professor Adjin-Tettey sottolinea che le donne, specialmente coloro che hanno subito persecuzioni attraverso violenza sessuale, possono incontrare difficoltà nell’esprimere la propria paura soggettiva di persecuzione, specialmente quando il personale che effettua l'intervista è di sesso maschile.210 Questa è una critica classica della dottrina femminista della procedura per l'esame delle domande di protezione attraverso il rifugio. La Direttiva Procedure cerca di affrontare questo problema raccomandando che le interviste siano condotte in modo che i richiedenti di entrambi i sessi possano discutere delle loro esperienze di persecuzione legate al genere. Inoltre, la Direttiva nel preambolo nr. 32 sottolinea l'importanza che gli intervistatori siano competenti a considerare vari aspetti della domanda, inclusi l'origine culturale, il genere, l'orientamento sessuale, l'identità di genere e la vulnerabilità.211
207 Hays P.A., Addressing Cultural Complexities in Practice: Assessment, Diagnosis, and Therapy: American Psychological Association, Washington, D.C., 2016.
208 Hathaway J.C., Is there a Subjective Element in the Refugee Convention's Requirement of 'Well-Founded Fear’?, University of Michigan Law School, 26 (2), 2005.
209 Ibid.
210 Gómez, C.M.Z., Well-Founded Fear in International Refugee Law: A Feminist Approach, in The Age of Human Rights Journal, 19, 2022.
211 Direttiva 2013/32/UE, 2015, numero 142.
L'articolo 10 della Direttiva Qualifiche evidenzia che la valutazione della paura fondata di persecuzione non dovrebbe dipendere da caratteristiche specifiche, ma piuttosto se l'agente di persecuzione attribuisce tali caratteristiche al richiedente. Stabilisce quindi che la valutazione se un richiedente ha un fondato timore di persecuzione non dipende da specifiche caratteristiche come razza, religione, nazionalità, status sociale o affiliazione politica.
Invece, dipende dal fatto che l'agente di persecuzione attribuisca tali caratteristiche al richiedente. Nei casi di persecuzione di genere, è comune che i richiedenti nascondano informazioni durante i colloqui, specialmente per le domande basate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere.
Inoltre, se i richiedenti evitano di rivelare il proprio orientamento sessuale o l'identità di genere per timore di persecuzione nel proprio paese d'origine, e continuerebbero a farlo se dovessero tornare, il loro timore resta valido.
Si dovrebbe utilizzare rapporti psicologici o psichiatrici, insieme a protocolli come il
Protocollo di Istanbul, come prove valide per valutare l'elemento soggettivo nei casi di sopravvissuti a maltrattamenti o torture.
La Direttiva sulle Procedure non affronta in modo adeguato le esigenze particolari dei richiedenti asilo con richieste legate all'identità di genere e all'orientamento sessuale. Pur incoraggiando l'attenzione alle preferenze dei richiedenti, non richiede né suggerisce esplicitamente che i colloqui siano condotti da una persona dello stesso sesso del richiedente.
Emergono interrogativi su come la Direttiva garantisca che l'esame delle richieste che coinvolgono persecuzioni basate sul genere riceva il supporto di esperti e come si possa verificare la competenza degli intervistatori nel considerare l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Per affrontare questo problema, è fondamentale che il personale addetto ai colloqui riceva una formazione specifica nell'applicare una prospettiva di genere ai colloqui e tenga in considerazione fattori intersezionali come età, sviluppo fisico, relazioni, status socio- economico e background.
Inoltre, si suggerisce che il sesso del richiedente, come indicato nella Direttiva e considerato durante la fase dell'intervista, dovrebbe essere basato sull'autoidentificazione anziché sull'attribuzione esterna. Ciò garantirebbe che nei casi di persecuzione contro le persone transgender, le donne trans siano assistite da professionisti che condividono la loro identità di genere.
L'obiettivo ultimo di questa proposta è creare un ambiente di supporto in cui i richiedenti possano esprimere liberamente le loro esperienze di vita. È fondamentale sottolineare l'importanza di incorporare prospettive psicologiche nelle interviste di asilo e nelle
determinazioni dello status di rifugiato basate sul genere. Questo approccio si allinea ai principi femministi, riconoscendo l'intersezionalità del richiedente.212
Fattori come sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere, etnia ed età influenzano il modo in cui un richiedente esprime la paura e dovrebbero essere presi in considerazione dai decisionisti nel paese ospitante. Questa prospettiva intersezionale aiuta a mitigare i potenziali pregiudizi derivanti da una prospettiva nord-globalista. Nei casi di persecuzione basata sul genere, l'elemento soggettivo assume particolare rilevanza.
La verifica dell'elemento soggettivo nei casi di persecuzione basata sul genere rimane imperfetta, principalmente a causa del predominante approccio maschile sia nella regolamentazione legale che nella pratica nella determinazione dello status di rifugiato.
Nonostante siano stati compiuti progressi, compresa l'esigenza che gli incontri siano condotti da individui dello stesso sesso dell'aspirante, c'è ancora spazio per migliorare l'affrontare l'elemento soggettivo del fondato timore. Sarebbe necessaria un'analisi soggettiva di tipo femminista e psicologico, riconoscendo che nei primi colloqui potrebbe non esserci un riferimento esplicito alla paura, specialmente nei casi di violenza o discriminazione di genere in cui le vittime potrebbero affrontare notevoli sfide emotive.
Si sottolinea che non considerare l'elemento soggettivo è un modo pragmatico per evitare pregiudizi e impedire alle autorità di svalutare le prove del rischio effettivo.213 Tuttavia, questo approccio è considerato un modo potenzialmente "facile" e legalmente discutibile per affrontare questi pregiudizi.
L'approccio corretto prevede invece una formazione completa per gli intervistatori per applicare una prospettiva intersezionale nelle loro valutazioni. Uno stato potrebbe mascherare la persecuzione degli individui LGBTQ+ presentandola come una punizione per altri reati come lo stupro o l'abuso di minori, tra gli altri. Pertanto, un sistema legale e sociale influenzato dall'omofobia potrebbe essere considerato un segnale di possibile persecuzione.
Secondo l'articolo 6 della Direttiva sul Riconoscimento 2011/95/UE214, gli attori della persecuzione o del grave danno possono includere entità sia statali che non statali. Questa disposizione identifica tre categorie distinte di attori.
Innanzitutto, essa comprende lo Stato stesso, indicando che le autorità governative possono essere responsabili di atti di persecuzione o grave danno. Inoltre, la disposizione
212 Crenshaw K., Mapping the Margins: Intersectionality, Identity Politics, and Violence against Women of Color. Stanford Law Review, 43(6), 1991, p.1247.
213 Hathaway J.C., Is there a Subjective Element in the Refugee Convention's Requirement of 'Well-Founded Fear’?, University of Michigan Law School, 26 (2), 2005.
214 Direttiva 2011/95/UE, 2014, numero 18.
riconosce che partiti o organizzazioni che detengono il controllo sullo Stato o su una parte sostanziale del suo territorio possono anch'essi essere considerati attori di persecuzione o grave danno.
Inoltre, la disposizione introduce una dimensione significativa includendo attori non statali come potenziali responsabili di persecuzione o grave danno. Tuttavia, viene posta una condizione cruciale; deve essere dimostrato che gli attori rientranti nelle prime due categorie (lo Stato e le parti o organizzazioni che lo controllano) sono o non sono disposti o non sono in grado di fornire protezione contro tali atti.
Questa condizione si estende anche alle organizzazioni internazionali. In sostanza, l'articolo 6 amplia la gamma di entità che possono essere ritenute responsabili di persecuzione o grave danno nei casi di asilo, riconoscendo che la responsabilità può estendersi oltre lo Stato per includere attori non statali in determinate circostanze. In paesi con autorità nazionali o locali omofobe o transfobiche, le persone LGBTQ+ evitano di chiedere aiuto alla polizia. In circostanze così delicate, purtroppo, la polizia potrebbe non garantire una protezione sufficiente e potrebbe invece perseguire e discriminare gli individui LGBTQ+.
L'articolo 4(3) della Direttiva Qualifiche 2011/95/UE sottolinea l'importanza della valutazione individualizzata delle richieste di protezione internazionale. Esso richiede la considerazione di tutti i fatti pertinenti relativi al paese d'origine al momento della decisione sulla richiesta.215
Questo comprende vari aspetti, tra cui il quadro legale, le decisioni e le normative del paese d'origine, nonché il loro effettivo applicarsi nella pratica. In sostanza, questa disposizione sottolinea la necessità di esaminare attentamente le circostanze specifiche di ciascun richiedente in relazione al loro paese d'origine quando si valuta la loro idoneità per la protezione internazionale. La presenza di discriminazioni legate all'orientamento sessuale e/o all'identità di genere nel paese d'origine non costituisce automaticamente persecuzione.
L’articolo 9, paragrafo 1, della Direttiva Qualifiche stabilisce che gli atti di persecuzione devono essere «(a) be sufficiently serious by their nature or repetition as to constitute a severe violation of basic human rights[...](b) be an accumulation of various measures, including violations of human rights which is sufficiently severe as to affect an individual in a similar manner as mentioned in (a)»216
215 Ibid.
216 Ibid.
La riformulazione del 2011 mantiene questa disposizione della precedente Direttiva sulle Qualifiche. In sostanza, questa disposizione amplia la comprensione della persecuzione oltre gli atti singoli. Riconosce che la persecuzione può derivare da atti isolati intrinsecamente gravi o da azioni ripetute che, collettivamente, comportano una violazione grave dei diritti umani fondamentali. Inoltre, riconosce che un accumulo di diverse misure, quando combinato, può avere un impatto simile agli atti singoli gravemente lesivi, offrendo una prospettiva sfumata su cosa costituisce la persecuzione secondo la Convenzione sui Rifugiati del 1951. L'articolo sottolinea che singoli atti o omissioni potrebbero non configurare di per sé la persecuzione, ma, considerati collettivamente, potrebbero violare i diritti umani fondamentali del richiedente.
L'articolo 9(2) riconosce che gli atti di persecuzione possono assumere forme diverse, comprese misure discriminatorie, purtroppo comuni nelle esperienze degli individui LGBTQ+. La discriminazione, individualmente o cumulativamente, può condurre alla persecuzione, richiedendo una corretta interpretazione dell'articolo 9.
Inoltre, l'articolo 9(3) richiede un nesso causale tra le ragioni di persecuzione (indicate nell'articolo 10) e gli atti di persecuzione o l'assenza di protezione. Questa disposizione è cruciale, specialmente quando la persecuzione proviene da attori non statali. Quindi, l'articolo 9(3) dovrebbe fare riferimento non solo agli attori diretti di persecuzione, ma anche allo Stato o a qualsiasi autorità correlata che non riesca a proteggere le persone vulnerabili da scenari discriminatori.217
La protezione legale può essere concessa non solo in presenza di persecuzione, ma anche quando manca o fallisce la fornitura di protezione, il che è particolarmente rilevante per richieste basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere. Per migliorare la protezione degli individui LGBTQ+ che affrontano situazioni avverse, dovrebbero essere considerati riferimenti specifici alle richieste legate all'orientamento sessuale nella Direttiva sulle Qualifiche.
L'attuale elenco di atti costituenti gravi violazioni dei diritti umani fondamentali è ampio, e potrebbero essere necessarie disposizioni più precise, come il riconoscimento delle punizioni basate su leggi discriminatorie.
217 UNHCR comments on the European Commission's proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on minimum standards for the qualification and status of third country nationals or stateless persons as beneficiaries of international protection and the content of the protection granted, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2010.
La Direttiva Procedure sottolinea l'importanza di prendere decisioni basate su un esame approfondito delle informazioni rilevanti. Si invita gli Stati membri a considerare dati provenienti da varie fonti, tra cui l'UNHCR e l'Ufficio di Supporto per l'Asilo Europeo (EASO). L'EASO svolge un ruolo cruciale nel garantire che i casi di asilo siano gestiti in modo appropriato in tutti gli Stati membri dell'UE, promuovendo la cooperazione su questa questione. In conclusione, è fondamentale valutare l'impatto delle leggi che proibiscono le relazioni tra persone dello stesso sesso. Se queste leggi conducono a un "fondato timore di persecuzione" per il richiedente asilo, e questa persecuzione è corroborata da prove raccolte
dalle autorità competenti, dovrebbe essere riconosciuto lo status di rifugiato.
4.3 Paesi di origine sicura
La pratica dei paesi dell'Unione Europea di designare certi paesi come paesi di origine sicura è strettamente legata alla questione della criminalizzazione. Tuttavia, il concetto di un paese veramente sicuro per scopi di asilo solleva delle questioni.
Un paese viene categorizzato come origine sicura se raramente ha individui che cercano protezione internazionale. Di conseguenza, i richiedenti asilo provenienti da questi paesi spesso hanno minori probabilità di vedere approvate le loro domande, poiché si presume che i loro diritti umani siano adeguatamente protetti.
Secondo la Direttiva Procedure 2005/85/CE,218 un paese di origine sicura è definito come un paese dove, in base al suo quadro giuridico, generalmente non vi è persecuzione, tortura, trattamenti o punizioni inumane o degradanti, e non ci sono minacce o violenze indiscriminate. Per stabilire un paese come paese di origine sicuro, devono essere considerati vari fattori.
Questi includono un esame delle leggi e dei regolamenti del paese, della loro applicazione e attuazione, il rispetto effettivo dei diritti e delle libertà enunciati in diversi accordi internazionali o regionali, e la conformità al principio del non-refoulement delineato nella Convenzione sui Rifugiati del 1951.
L'articolo 37 della Direttiva 2013/32/UE219 stabilisce che gli Stati membri hanno l'opzione di promulgare o mantenere legislazioni che consentano alle loro autorità nazionali di designare determinati paesi come "paesi di origine sicuri" allo scopo di valutare le richieste di
218 Direttiva 2005/85/CE, 2015, numero 142.
219 Direttiva 2013/32/UE, 2015, numero 142.
protezione internazionale. Tale designazione costituisce una base per la valutazione delle domande di asilo.
Gli Stati membri sono anche obbligati a monitorare regolarmente la situazione nei paesi terzi che hanno ricevuto la designazione di "paese di origine sicuro" in conformità ai criteri stabiliti da questa disposizione. Ciò garantisce che lo status di tali paesi rimanga appropriato e aggiornato.
Nel determinare se un paese possa essere considerato sicuro, gli Stati membri devono fare affidamento su una gamma di fonti di informazione. Queste includono, ma non sono limitate a, dati forniti da altri Stati membri, dall'Ufficio Europeo di Supporto per l'Asilo (EASO), dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), dal Consiglio d'Europa e da altre organizzazioni internazionali pertinenti.
In sintesi, questa disposizione stabilisce un quadro che consente agli Stati membri di mantenere un elenco di paesi sicuri designati. Sottolinea l'importanza della valutazione continua e impone l'uso di fonti di informazione credibili e ufficiali, compreso il contributo da parte di autorevoli organizzazioni internazionali, nel processo decisionale.
La legge dell'UE non prende esplicitamente in considerazione i potenziali rischi che affrontano gli individui LGBTQ+ in tutto il mondo quando si compilano elenchi di "paesi di origine sicuri". Di conseguenza, alcuni di questi elenchi potrebbero includere paesi, in particolare in Africa, dove gli atti o i comportamenti omosessuali sono criminalizzati o limitati. Ad esempio, Ghana, Mauritius e Senegal sono designati come "paesi di origine sicuri"
sia in Francia che in Slovacchia. Inoltre, gli elenchi potrebbero includere paesi come Ucraina e Kosovo perché privi di una legislazione esplicita che criminalizzi l'omosessualità.220
La Proposta Emendata della Direttiva UE sulle Procedure221 specifica che anche se il paese di origine di un richiedente asilo è presente in uno di questi elenchi compilati dagli Stati membri, se possono dimostrare che non è sicuro per loro, questa designazione non può essere utilizzata per valutare la loro domanda di asilo.
La preoccupazione principale per il paese dell'UE di asilo dovrebbe essere la tutela dei diritti del richiedente. Se gli atti omosessuali consensuali sono criminalizzati nel paese di
221 UNHCR comments on the European Commission's Amended Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on common procedures for granting and withdrawing international protection status (Recast) COM (2011) 319 final, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2012.
origine del richiedente, ciò significa inequivocabilmente che il paese non può essere considerato sicuro per un richiedente LGBTQ+ che proviene da lì. Questo dimostra in modo inequivocabile che il paese non è sicuro. Di conseguenza, la presunzione di sicurezza è invalidata, specialmente quando il richiedente si identifica come lesbica, gay, trans, intersessuale o bisessuale.222
Designare un paese terzo come paese di origine sicura non fornisce una garanzia assoluta di sicurezza per gli individui provenienti da quel paese. La valutazione che porta a tale designazione può prendere in considerazione solo le condizioni generali civili, giuridiche e politiche in quel paese. Nello specifico, esamina se le persone che si dedicano a persecuzioni, torture o trattamenti o punizioni inumane o degradanti affrontano conseguenze legali nella pratica quando vengono ritenute responsabili in quel paese. In termini più semplici, quando si designa un paese come sicuro, la valutazione si basa su fattori generali come l'ambiente legale e politico del paese.
Si considera se coloro che sono responsabili di azioni dannose affrontano sanzioni legali quando vengono riconosciuti colpevoli. Tuttavia, questa designazione non implica che ogni individuo proveniente da quel paese sia automaticamente al sicuro, poiché le circostanze individuali possono variare.
Questa disposizione mira a chiarire che anche se un paese è considerato generalmente sicuro, potrebbero comunque verificarsi casi in cui gli individui sono in pericolo a causa di circostanze specifiche. Pertanto, la designazione di un paese come "sicuro" non è una garanzia assoluta di sicurezza per ogni individuo proveniente da quel paese.223
La Proposta di Regolamento, che mira a creare un elenco comune dell'UE di Paesi sicuri di origine ai fini della Direttiva 2013/32/UE, ha ricevuto critiche da varie organizzazioni della società civile europea.
Dal punto di vista femminista del concetto di un terzo paese sicuro, è importante sottolineare che le tendenze attuali tendono a privilegiare una concezione androcentrica della sicurezza. Le donne e individui con identità diverse affrontano forme uniche di persecuzione che gli uomini eterosessuali e cisgender non sperimentano. Inoltre, si pone un punto paradossale che etichettare i paesi come "sicuri" non risulta veritiero se non sono sicuri per le donne.
Come è emerso dall’analisi fino a qui condotta, il riconoscimento dello status di rifugiato è complesso per i richiedenti asilo SOGI, data l'assenza di una procedura comune dell'UE e l'inclusione di paesi potenzialmente pericolosi nelle liste redatte dagli Stati membri nelle quali vengono elencati quelli che dovrebbe essere paesi di origine sicura.
222 Spijkerboer, T., Fleeing homophobia : sexual orientation, gender identity and asylum, Routledge, 2013.
223 Direttiva 2013/32/UE, 2015, numero 142.
Nonostante l'UE abbia a partire dal 2016, designato la Turchia come un luogo sicuro, il chiaro clima omofobico mette i richiedenti asilo SOGI a rischio di molestie e discriminazioni. La Turchia è una destinazione significativa per i rifugiati, negli anni '90 ci fu un notevole aumento del numero di richiedenti asilo che cercarono protezione in questo paese, principalmente a causa delle guerre balcaniche e della guerra civile in Siria.
La Turchia, inoltre, è identificata come un paese di transito a causa della sua posizione geografica strategica vicino alle coste di alcuni Stati membri, soprattutto Grecia e Italia. Questo significa che è un punto di attraversamento e collegamento tra le regioni dell'Europa, Asia, Africa e Medio Oriente, e molti rifugiati la utilizzano come passaggio durante i loro viaggi. La sua collocazione geografica la rende un crocevia importante per le rotte migratorie provenienti da diverse parti del mondo.224
La Turchia è parte della Convenzione del 1951 relativa allo status di rifugiato e del suo Protocollo del 1967, ma elabora richieste solo richiedenti asilo europei,225 obbligando i non europei a cercare protezione temporanea e status di rifugiato attraverso l'UNHCR.226
La crisi dei rifugiati del 2015 ha spinto alla cooperazione tra l'UE e la Turchia,227 portando a un piano di azione congiunto e all'accordo del 2016228 che designa la Turchia come un terzo paese sicuro.
L'articolo 38, paragrafo 1, della Direttiva sulle procedure stabilisce però che “Member States may apply the safe third country concept only where the competent authorities are satisfied that a person seeking international protection will be treated in accordance with the following principles in the third country concerned: (a) life and liberty are not threatened on account of race, religion, nationality, membership of a particular social group or political opinion; (b) there is no risk of serious harm as defined in Directive 2011/95/EU; (c) the principle of non-refoulement in accordance with the Geneva Convention is respected; (d) the prohibition of removal, in violation of the right to freedom from torture and cruel, inhuman or degrading treatment as laid down in international law, is respected; and (e) the possibility exists
224 Cragnolini G., Lesbian, gay, bisexual and transgender refugees: challenges in refugee status determination and living conditions in Turkey, Routledge, 2013.
225 Global Appeal 2008-2009: Turkey, UNHCR (https://www.unhcr.org/474ac8e60.pdf)
226 Cragnolini G., Lesbian, gay, bisexual and transgender refugees: challenges in refugee status determination and living conditions in Turkey, Routledge, 2013.
227 Borges M.L., The EU-Turkey agreement: Refugees, rights and Public Policy, Rutgers Race & the Law Review, 18(2), 2017, p.123.
228 EU-Turkey statement, European Council Press release, 2016, (https://www.consilium.europa.eu/en/press/press- releases/2016/03/18/eu-turkey-statement/).
to request refugee status and, if found to be a refugee, to receive protection in accordance with the Geneva Convention.”229
Dall’analisi dell’articolo si spiegano quindi le critiche da parte di ONG e organizzazioni per i diritti umani che evidenziano la protezione insufficiente della Turchia per i diritti fondamentali, specialmente per gli individui LGBTQ+ che affrontano discriminazioni e maltrattamenti e la conseguente impossibilità di annoverare la Turchia tra i paesi sicuri.
Nonostante la Turchia abbia il numero più alto di richieste di asilo,230 le condizioni dei diritti umani continuano a presentare sfide, in particolare per i richiedenti SOGI che potrebbero essere oggetto di ostilità e potrebbero dover nascondere la propria identità per motivi di sicurezza. Date queste violazioni, l'UE dovrebbe rivalutare la sua classificazione della Turchia come paese sicuro specialmente per i richiedenti asilo SOGI. ILGA Europe sollecita un'applicazione più precisa dei concetti di "paese di origine sicura" e "terzo paese sicuro", sottolineando che le assunzioni di sicurezza dovrebbero essere conformi agli standard dei diritti umani e alla legge sull'asilo dell'UE.
Nel 2019, ILGA Europe ha denunciato gravi violazioni dei diritti LGBTI in Turchia,231 compresi divieti imposti dal governo sugli eventi Pride.232 Nonostante l'assenza di leggi esplicitamente discriminatorie, la Turchia utilizza termini ambigui nella legislazione.233 Il paese manca di politiche contro la discriminazione e l'odio basati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere. Si tollera il discorso d'odio contro la comunità LGBTQ+, specialmente durante il governo di Erdogan.
La legislazione esistente sul discorso d'odio è inefficace.234 Di conseguenza, i richiedenti asilo SOGI in Turchia potrebbero nascondere la propria identità per sopravvivere, affrontando gravi violazioni dei diritti umani. Molti potrebbero rimanere in Turchia senza protezione, vulnerabili alla persecuzione.
Le autorità competenti, in particolare le autorità greche, dovrebbero garantire una vera protezione per i rifugiati LGBTQ+ prima di respingere le loro domande o restituirli a paesi designati come la Turchia.
229 Direttiva 2013/32/UE, 2015, numero 142.
230 Turkey: World’s biggest refugee country, Young World, 2016, (https://www.oneyoungworld.com/blog/turkey- biggest-refugee-country).
231 Annual Review of the Human Rights Situation of Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex People covering events that occurred in Europe and Central Asia, ILGA Europe, 2019.
232 European Parliament resolution of 13 March 2019 on the 2018 Commission Report on Turkey (2018/2150(INI)), European Parliament, 2019, (https://www.europarl.europa.eu/delegations/en/d- tr/product/20190315DPU21361).
233 Waiting to be safe and sound: Turkey as LGBTI refugee’s way station”, KAOS Gay and Lesbian Cultural Research and Solidarity Association, 2016, p. 7.
234 LGBTI Enlargement Review, ILGA Europe, 2019, p.3.
4.4 La criminalizzazione costituisce di per sé persecuzione?
Ritornando al caso M.E. v. Sweden,235 come già evidenziato, questa decisione presenta un netto contrasto con la visione della Corte di giustizia dell'Unione europea sull'asilo basato sull'orientamento sessuale, in particolare con la decisione della Corte nel caso X, Y, Z, emessa pochi mesi prima della sentenza M.E. v. Sweden.
Due sono i principali punti di contrasto tra le decisioni della CGUE e la posizione della CEDU sull'asilo basato sull'orientamento sessuale: il primo è stato analizzato attraverso la dissenting opinion della Giudice Power-Forde e riguardava nello specifico il requisito della discrezionaal fine di evitare persecuzioni nei loro paesi d'origine; il secondo invece affronta la questione se le leggi nazionali che criminalizzano comportamenti omosessuali possano costituire di per sé atti di persecuzione, giustificando così lo status legale di rifugiato.
Questo secondo verrà ora analizzato attraverso l'opinione dissenziente del giudice Degaetano.
Il Giudice De Gaetano nella sua opinione separata nel caso M.E. contro Svezia, citando la sentenza della Corte di Strasburgo del 1988 nel caso Norris v. Irlanda,236 afferma che “The controversial statement (admittedly made in the specific context of Council Directive 2004/83/EC) to the effect that "the criminalisation of homosexual acts per se does not constitute an act of persecution" could be seen as somehow undermining the standards set by the Court as far back as the 1980's in connection with the criminalisation of homosexual acts and the resulting violation of Article 8 (see Dudgeon v. the United Kingdom no. 7525/76, 22 October 1981, §§ 40 to 46; Norris v. Ireland no. 10581/83, 26 October 1988, §§ 38 and 46 to 47) and the consequent irrelevance, for the purpose of a violation of fundamental human rights, of whether or not such laws are in fact applied or applied sporadically.”237
La presenza di determinate disposizioni legali, indipendentemente dalla loro applicazione, potrebbe condurre alla persecuzione e alla violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare ai sensi dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo per i richiedenti asilo LGBTQ+.
A differenza della CGUE nel caso X, Y, Z, la CEDU suggerisce che la criminalizzazione delle relazioni omosessuali in sé potrebbe essere considerata persecuzione, secondo l'articolo 1A(2) della Convenzione sui rifugiati del 1951. C'è una notevole discrepanza tra la CEDU e la
235 Corte Europea dei diritti dell’uomo, M.E. v. Sweden, 71398/12, 2014. 236 Corte Europea dei diritti dell’uomo, Norris v. Ireland, 10581/83, 1988. 237 Corte Europea dei diritti dell’uomo, M.E. v. Sweden, 71398/12, 2014.
CGUE sulla questione se la criminalizzazione di per sé costituisca persecuzione, con la CEDU che adotta una posizione più protettiva nei confronti dei richiedenti asilo basati sull'orientamento sessuale rispetto a quella della CGUE nella sua sentenza su X, Y, Z. La CGUE ha affermato che la mera criminalizzazione degli atti omosessuali non costituisce per sé un atto di persecuzione secondo la Direttiva 2004/83.238
4.5 La prassi italiana nella valutazione delle richieste di asilo SOGI
È importante analizzare la giurisprudenza italiana, per ottenere una comprensione completa delle richieste di asilo basate sulla persecuzione legata all'orientamento sessuale in Europa.
L'Italia è spesso considerata uno Stato membro con un approccio positivo alle richieste di asilo basate sull'orientamento sessuale. Il termine buona pratica viene utilizzato per descrivere legislazioni, politiche o pratiche che contribuiscono in modo significativo alla protezione dei diritti LGBTQ+, specialmente nell'ambito della valutazione delle domande di asilo. Si incoraggia l'adozione di tali pratiche da parte di altri Stati membri per armonizzare le procedure.
La mera esistenza di leggi criminalizzanti nel paese d'origine del richiedente asilo consente il riconoscimento come rifugiato, indipendentemente dal fatto che tali leggi siano attivamente applicate. Nonostante l'Italia sia considerata protettiva nei confronti dei richiedenti asilo SOGI, il testo suggerisce la necessità di prestare maggiore attenzione ai migranti e rifugiati, evitando pregiudizi xenofobi.
La Corte di Cassazione in Italia è stata riconosciuta per il suo approccio protettivo verso i richiedenti asilo SOGI. La Corte considera la criminalizzazione degli atti omosessuali nel paese d'origine del richiedente come un'interferenza significativa nella vita privata, che giustifica la condizione di persecuzione e la protezione internazionale.
Le autorità italiane di solito non indagano sull'applicazione dei codici penali nei paesi che criminalizzano gli atti omosessuali. L'analisi dell'orientamento sessuale e/o dell'identità di genere del richiedente si basa su dichiarazioni e prove rilevanti al momento dell'esame. L'obiettivo del paragrafo seguente è esplorare come la Corte Suprema, affrontando l'asilo basato sull'orientamento sessuale, ha attuato le disposizioni sull'asilo dell'UE e ha anticipato le discussioni presso la Corte di Lussemburgo, concentrandosi su tre decisioni chiave.
238 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X, Y, Z v Minister voor Immigratie en Asiel, C‑199/12 - C‑201/12, 2013.
Il primo caso in cui la Corte di Cassazione si è trovata a valutare richieste di asilo SOGI fu nel 2010, quando un cittadino senegalese ha cercato asilo in Italia, citando persecuzioni legate alla sua omosessualità. Il Tribunale di Trieste ha respinto la richiesta nel 2011, e la Corte d'Appello ha confermato questa decisione.239
La Corte d'Appello ha sostenuto che la criminalizzazione degli atti omosessuali in Senegal non costituiva prova sufficiente di persecuzione in quanto non si poteva stabilire dalla situazione generale e dal contesto se il richiedente fosse effettivamente e individualmente perseguitato o meno nel paese oggetto dell'esame.
In risposta, l'appellante ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d'Appello aveva interpretato erroneamente la legge nello specifico l’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 251/2007 418 (che attua la Direttiva Qualifiche 2004/83/CE) e l'articolo 8 del Decreto Legislativo n. 25/2008 419 (che attua le Direttive sui Procedimenti 2005/85/CE) e che non aveva valutato correttamente le prove.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato l'appello, riconoscendo la violazione generale della libertà individuale delineata nel Codice penale del Senegal che prevede sanzioni e persino la reclusione per la realizzazione di atti omosessuali. Ha criticato la Corte d'Appello per non aver considerato prove pertinenti, come l'ampia omofobia sociale, la discriminazione e i comportamenti persecutori segnalati in Senegal.240
La Corte Suprema ha raccomandato un riesame approfondito del caso, esortando la Corte d'Appello a conformarsi alle leggi italiane ed europee che regolano la valutazione delle richieste di protezione internazionale.241
Con l'ordinanza n. 15981/2012, la Corte di Cassazione ha affermato che la mera criminalizzazione degli atti omosessuali, indipendentemente dal fatto che tali disposizioni penali siano applicate concretamente o meno, segnala la persecuzione degli individui omosessuali, giustificando lo status di rifugiato dopo una corretta valutazione.
Questa decisione, precedente al caso X, Y, Z della CGUE, è andata oltre affermando che la criminalizzazione può costituire persecuzione di per sé.
Posizione contrastante è però quella della CGUE che sostiene invece che «the mere fact that homosexuality or homosexual acts are criminalized in a country does not automatically lead to the conclusion that a homosexual from that country is a refugee. The asylum applicant
239 Corte d'Appello di Trieste, n.69, 2011.
240 Corte di Cassazione, n.15981, 2012, § 5.
241 Ibid. § 7.
must make a plausible case [...] that he personally has a well-founded reason to fear persecution.»242
L'approccio italiano si allinea di più all'opinione del giudice De Gaetano in M.E. v. Sweden e al caso Norris v. Ireland della CEDU menzionato dalla giudice Power-Forde nella sua dissenting opinion.
La Corte di Cassazione, attenta al diritto dell'UE e ai diritti umani, riflette una scelta di mantenere un regime più favorevole rispetto alla Direttiva Qualifiche, rispettando i diritti più della posizione della CJEU nel caso X, Y, Z.
La seconda pronuncia della Corte di Cassazione riguarda invece un cittadino liberiano che ha cercato asilo in Italia, inizialmente senza rivelare la sua omosessualità a causa della vergogna.
La Commissione Territoriale ha quindi respinto la sua prima richiesta. Quando ha presentato ricorso, sostenendo un potenziale perseguimento in Liberia a causa della legislazione che criminalizza gli individui LGBTQ+, sia il Tribunale di prima istanza che la Corte d'Appello di Napoli hanno respinto la domanda, sostenendo che il motivo legato all'orientamento sessuale avrebbe dovuto essere sollevato precedentemente.243
La Corte di Cassazione, nella sua sentenza, ha invocato l’articolo 29 del decreto legislativo 25/2008, sottolineando che una nuova richiesta d'asilo può essere ammessa se il richiedente presenta nuovi elementi non precedentemente presentati, specialmente se le ragioni del ritardo sono credibili.244
La Corte ha considerato gli aspetti psicologici e morali come ostacoli oggettivi alla divulgazione dell'omosessualità nella richiesta iniziale.245
Ai fini dell'analisi comparativa, la giurisprudenza italiana si allinea alla sentenza della CJEU nel caso A, B e C contro Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie, sottolineando che la divulgazione tardiva dell'omosessualità non dovrebbe ostacolare la valutazione dell'asilo. La Corte ritiene valide le ragioni psicologiche e morali alla base della divulgazione ritardata.246 Proseguendo dall'ordinanza n. 15981/2012, la Corte di Cassazione ribadisce la buona pratica dell'Italia secondo cui le leggi criminali contro l'omosessualità possono portare alla persecuzione, giustificando lo status di rifugiato.
242 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X, Y, Z v Minister voor Immigratie en Asiel, C‑199/12 - C‑201/12, 2013, §22.
243 Corte d'Appello di Napoli, n.220, 2014.
244 Corte di Cassazione, n. 4522, 2015, §10.
245 Ibid. §11.
246 Ibid.
Nonostante la sentenza X, Y, Z della CGUE, la Corte di Cassazione mantiene la sua posizione, sostenendo che l'applicazione effettiva delle sanzioni nel paese non è necessaria per la realizzazione della persecuzione.
Secondo la CGUE la responsabilità di verificare questa condizione spetta alle autorità nazionali,«to determine whether, in the applicant’s country of origin, the term of imprisonment provided for by such legislation is applied in practice»247 ma le Commissioni Territoriali italiane sembrano non aver effettuato tali ispezioni, mantenendo standard più favorevoli rispetto alla Direttiva Qualifiche.
Dopo aver accolto il ricorso del richiedente, la Corte di cassazione enfatizza che l'esame della persecuzione contro i cittadini omosessuali richiede un'indagine più approfondita rispetto alla valutazione della credibilità delle dichiarazioni del richiedente.
L'articolo 8, comma 3 del Decreto Legislativo 25/2008248 impone al giudice di condurre un'indagine completa e raccogliere informazioni pertinenti sulla situazione nel paese d'origine del richiedente durante la presentazione delle domande di asilo.249 La Corte rimanda quindi il caso alla Corte d'Appello di Napoli per una revisione approfondita e una decisione finale, tenendo conto delle considerazioni delineate.
L’ultima sentenza della Corte di Cassazione che sarà oggetto di analisi in questo capitolo è la no. 11176/2019. In questa recente sentenza, la Corte ribadisce il suo impegno a proteggere in modo completo i richiedenti SOGI.
Il caso coinvolge un cittadino ivoriano, sposato e con figli, che ha subito persecuzioni a causa della sua relazione omosessuale, culminata nell'omicidio del suo compagno.
La Commissione Territoriale e la Corte d’Appello hanno respinto la sua richiesta sulla base del fatto che la Costa d'Avorio non criminalizza ufficialmente l'omosessualità.250 La Corte di Cassazione critica la decisione della Commissione, sottolineando che l'assenza di sanzioni legali formali per atti omosessuali non giustifica automaticamente il rifiuto della protezione internazionale. Invece, la Corte sostiene che le autorità dovrebbero valutare se lo Stato d'origine fornisce una protezione adeguata alle persone omosessuali e se il richiedente è effettivamente minacciato nella sua vita a causa della sua orientazione sessuale.251
247 Corte di Giustizia dell’Unione Europea, X, Y, Z v Minister voor Immigratie en Asiel, C‑199/12 - C‑201/12, 2013.
248 Decreto Legislativo, 2008, numero 25.
249 Corte di Cassazione, n. 4522, 2015.
250 Corte di Cassazione, n. 11176, 2019.
251 Ibid.
Questo fa eco alla sentenza della Corte di giustizia dell'UE nel caso A, B e C contro Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie, sottolineando che le autorità devono considerare le circostanze generali e la vulnerabilità del richiedente durante i colloqui di asilo. Deve essere condotta un'analisi dettagliata delle situazioni individuali e personali dei richiedenti asilo, attraverso valutazioni individuali di tutte le richieste.
La decisione riconosce anche il danno psicologico che potrebbe essere inflitto ai richiedenti asilo SOGI a causa di ambienti discriminatori, anche se non perseguitati penalmente per comportamenti omosessuali, rendendo loro la vita insostenibile e spingendoli a cercare asilo.
Dall’analisi emerge che le tre Corti europee presentano alcune discrepanze e similitudini nell'affrontare le domande di asilo SOGI. La posizione della CJEU, che non riconosce il potenziale di persecuzione basato sulla mera esistenza di leggi che criminalizzano il comportamento omosessuale, potrebbe rischiare di negare molte richieste di asilo LGBTQ+ a causa di formalità inutili.
Al contrario, la CEDU, suggerendo implicitamente che la criminalizzazione di per sé possa portare alla persecuzione, si allinea maggiormente con l'approccio della Corte di Cassazione italiana.
Nonostante l'immagine culturale conservatrice dell'Italia, la sensibilità della sua Corte suprema alle esigenze dei richiedenti asilo basati sull'orientamento sessuale può fungere da modello per la Corte europea da considerare in futuri casi, adottando un'interpretazione più orientata alla tutela dei diritti umani.
V. Comprensione e applicazione della valutazione della credibilità nelle
domande asilo per SOGI
“Si on me presse de dire pour quoi je l'aimais, je sens que cela ne se peut exprimer qu'en répondant: parce que c'était lui, parce que c'était moi."252
Il processo di valutazione della credibilità svolge un ruolo cruciale nella determinazione dell'eleggibilità per la protezione internazionale per i richiedenti asilo LGBTQ+. Questo paragrafo è finalizzato a fornire una visione dettagliata di vari aspetti della valutazione della credibilità, facendo luce sul suo scopo, significato e sulle sfide affrontate dagli operatori decisionali. Approfondendo i principi e gli standard, si esplorerà le responsabilità condivise, le valutazioni individuali e l'importanza critica dell'obiettività e dell'imparzialità. Inoltre, si affronta la natura basata sulle prove delle valutazioni, il focus sui fatti materiali e l'opportunità essenziale per i richiedenti di fornire contributi sulle potenziali conclusioni sulla credibilità. Sottolineando la stretta e rigorosa verifica, si esaminerà il principio del beneficio del dubbio, culminando nell'importanza di conclusioni sulla credibilità chiare e univoche e nell'approccio strutturato che garantisce un processo equo e giusto per tutte le parti coinvolte.
“[W]e should neither run away from credibility issues, nor pretend to be capable of knowing more than we can. We are all familiar with the barriers standing between us and “what really happened”. We were not there. The only witness is usually the claimant with whatever fragments of her life she puts before us. Country documentation and assorted governmental and human rights reports that we receive usually paint a canvas with broad, crude brush strokes. They rarely provide the kind of detailed information that would be necessary to corroborate a particular story”253
Nel contesto delle richieste di asilo, la valutazione della credibilità delle testimonianze svolge un ruolo cruciale nel determinare l'idoneità di un richiedente a ricevere protezione internazionale. Questo processo, tuttavia, è spesso permeato da una serie di sfide uniche e complesse.
Una delle principali sfide affrontate riguarda l'assenza di documentazione ufficiale che supporti la storia del richiedente, particolarmente comune tra coloro che sono fuggiti da
252 Montaigne M., Saggi, Bompiani, 2014.
253 Macklin A., Truth and Consequences: Credibility Determination in the Refugee Context, Conference Paper, International Association of Refugee Law Judges, 1998 p.137.
situazioni di conflitto o persecuzione, dove la documentazione personale può essere andata perduta o deliberatamente distrutta.
Inoltre, i richiedenti asilo possono spesso affrontare difficoltà linguistiche, culturali o emotive nel comunicare la loro storia in modo coerente e dettagliato.
Le richieste basate sull'orientamento sessuale sono una minoranza globale e presentano sfide uniche a causa del pregiudizio omofobico. Tuttavia, non è corretto considerarle automaticamente atipiche.
Come per tutte le richieste d'asilo, quelle relative all'orientamento sessuale dipendono principalmente dalle testimonianze personali. Questo richiede un approccio sensibile e comprensivo nella valutazione delle testimonianze, garantendo che i richiedenti non siano sottoposti a ulteriori traumi o discriminazioni.
Inoltre, richiede di affrontare apertamente esperienze altamente personali e spesso dolorose.254
Le richieste relative all'orientamento sessuale possono offrire spunti utili per esaminare questioni generali di credibilità poiché spesso si basano principalmente sulle testimonianze personali e hanno poche o nessuna prova esterna, queste richieste possono quindi fornire lezioni preziose per il processo decisionale in materia di asilo.
La valutazione della credibilità consiste nel raccogliere ed esaminare informazioni rilevanti fornite dal richiedente per determinare se le sue affermazioni su aspetti chiave della richiesta possono essere accettate per lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria. È una parte cruciale nell'istruire la domanda di asilo, contribuendo all'analisi del timore di persecuzione e del rischio di danni.
I decisori si trovano di fronte alla questione di come valutare la credibilità dei fatti presentati dal richiedente. L'obiettivo della determinazione dello status è di natura umanitaria e non richiede certezza assoluta.
L’UNHCR nel Note on Burden and Standard of Proof, al paragrafo due prevede che “In examining refugee claims, the particular situation of asylum-seekers should be kept in mind and consideration given to the fact that the ultimate objective of refugee status determination is humanitarian. On this basis, the determination of refugee status does not purport to identify refugees as a matter of certainty, but as a matter of likelihood. Nonetheless, not all levels of likelihood can be sufficient to give rise to refugee status. A key question is whether the degree
254 Millbank J., The Ring of Truth: A Case Study of Credibility Assessment in Particular Social Group Refugee Determinations, in International Journal of Refugee Law, 21(1), 2009.
of likelihood which has to be shown by the applicant to qualify for refugee status has been established”255
L'attenzione è concentrata su quali informazioni fornite dal richiedente siano rilevanti per valutare la loro idoneità allo status di protezione, piuttosto che verificare l'accuratezza di ciascuna affermazione.
Sempre nelle Note on Burden and Standard of Proof al paragrafo 12 si sottolinea che “Given that in refugee claims, there is no necessity for the applicant to prove all facts to such a standard that the adjudicator is fully convinced that all factual assertions are true, there would normally be an element of doubt in the mind of the adjudicator as regards the facts asserted by the applicant.”256
Mentre in alcuni casi, valutare la credibilità delle dichiarazioni fornite dal richiedente può essere un'impresa relativamente semplice, in altri rappresenta un aspetto significativo e impegnativo del processo di decisione.
Le conclusioni che derivano dalla valutazione sulla credibilità esercitano un'influenza sostanziale sulla determinazione finale della richiesta di asilo. La questione della credibilità emerge spesso come il perno su cui si basa l'esito della procedura di prima istanza.
Vale la pena notare che nonostante il ruolo integrale che la credibilità svolge, esiste una notevole carenza di prove empiriche esaustive riguardo all'entità degli elementi cruciali per l’accoglimento della richiesta di protezione all'interno degli Stati membri dell'UE.
Tuttavia, diversi studi condotti nell'UE e in varie altre giurisdizioni ne hanno indicato il potenziale impatto sull'approvazione della protezione internazionale.
La valutazione della credibilità nei procedimenti d'asilo è complessa a causa di fattori come le disparità geografiche e culturali, nonché il lasso di tempo tra gli eventi segnalati e l'udienza.
La comunicazione multilingue e interculturale può portare a malintesi, anche con interpreti. I decisori devono possedere competenze specializzate che vanno oltre la conoscenza giuridica, comprendendo fattori psicologici come età, genere, cultura e stato di salute.
La fiducia nella memoria umana deve essere realistica e basata sulla neurobiologia. I decisori devono essere consapevoli di questi fattori e prendere in considerazione prove scientifiche empiriche. Stabilire i fatti è complesso in tutte le sfere legali, a differenza del diritto penale, che dispone di risorse di prova più estese.
255 Note on Burden and Standard of Proof, UNHCR, § 2.
256 Note on Burden and Standard of Proof, UNHCR, § 12.
Nei casi di asilo, le risorse limitate portano spesso a una maggiore dipendenza dalle testimonianze, soprattutto nei casi che coinvolgono persone apolidi a causa delle circostanze della loro fuga. Secondo quanto affermato dall'UNHCR: “[o]ften, however, an applicant may not be able to support his statements by documentary or other proof, and cases in which an applicant can provide evidence of all his statements will be the exception rather than the rule. In most cases a person fleeing from persecution will have arrived with the barest of necessities and very frequently even without personal documents.”257
Una mancanza di prove può derivare dalle circostanze che motivano la necessità di protezione internazionale, non necessariamente da un problema di credibilità.
Inoltre, le informazioni specifiche sul paese d'origine potrebbero non essere disponibili o essere limitate a causa di fattori come l'accessibilità, le restrizioni di tempo e le limitazioni di risorse sia per l'autorità che per il richiedente. Inoltre, spesso mancano informazioni dettagliate su determinati gruppi sociali.
Come evidenziato dall'UNHCR nelle direttive sulla persecuzione basata sul genere, è fondamentale riconoscere che in relazione alle richieste legate al genere, le comuni tipologie di prove utilizzate in altri casi di richiesta di asilo potrebbero non essere facilmente accessibili. Dati statistici o rapporti sulla diffusione della violenza sessuale potrebbero essere scarsi a causa della sotto denuncia dei casi o della mancanza di azioni legali.258
Nelle sue attuali direttive sull'orientamento sessuale e/o sull'identità di genere, l'UNHCR avverte che questo non implica necessariamente che l'affermazione del richiedente sia infondata o che non ci sia persecuzione delle persone LGBTQ+ in quel paese.259
Nel processo di asilo, i richiedenti possono sperimentare traumi e problemi di salute mentale legati alle loro esperienze. L'ambiente straniero e la mancanza di fiducia nelle autorità possono influenzare ulteriormente il modo in cui forniscono dichiarazioni e prove, influenzando la valutazione della credibilità.
Anche la qualità della procedura d'asilo, comprese le interviste, l'interpretazione, l'indagine dei fatti e le risorse disponibili, influisce sulla valutazione della credibilità.
257 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, §196.
258 Guidelines on International Protection No. 1: Gender-Related Persecution Within the Context of Article IA(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2002, §37.
259 Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity within the context of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or its 1967 Protocol relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2012, §66.
La Direttiva sulle Procedure di Asilo e la Direttiva Qualifiche non dettagliano esplicitamente le procedure per condurre valutazioni di credibilità. Tuttavia, gli Stati membri e i decisori devono attenersi ai diritti fondamentali e ai principi dell'UE in queste valutazioni.
L'articolo 4 della Direttiva Qualifiche è un punto di riferimento all'interno dell'Unione Europea utilizzato per valutare le richieste di status di rifugiato e di protezione sussidiaria. Questo articolo si concentra su come valutare le informazioni e le situazioni legate alla verifica dell’idoneità per lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria.
Sia l'articolo 4(1) che l'articolo 4(2) della Direttiva sopracitata affermano che è responsabilità dello Stato membro dell'UE, dove viene elaborata la domanda, valutare gli aspetti importanti della richiesta in collaborazione con il richiedente. Ciò implica un coinvolgimento attivo da parte del richiedente nel fornire informazioni e prove pertinenti a sostegno del proprio caso.
Inoltre, l'autorità determinante, responsabile della decisione, viene esplicitamente istruita a non adottare un atteggiamento avversario nei confronti della richiesta. Il loro ruolo non prevede di contestare o opporsi alle affermazioni del richiedente. Dovrebbero evitare attivamente di cercare indicatori che potrebbero suggerire una mancanza di credibilità da parte del richiedente.
In sostanza, si sottolinea la natura collaborativa della fase iniziale nel processo giuridico per la protezione internazionale mettendo in evidenza la necessità di equità e imparzialità da parte dell'autorità determinante, cui è principalmente affidata la valutazione attenta della richiesta basata sulle informazioni fornite dal richiedente.
L'articolo 4(3) sottolinea che ogni domanda dovrebbe essere valutata in base alle circostanze specifiche dell'individuo e fornisce un elenco di fattori da considerare. L'elenco potrebbe non coprire tutti i possibili fattori, ma offre una guida.
Quando si tratta di valutare la credibilità, questa disposizione mette in evidenza che anche questa valutazione deve essere condotta su base individuale. In altre parole, non si dovrebbe fare affidamento su generalizzazioni o supposizioni, ma prendere in considerazione attentamente gli aspetti unici del caso di ogni richiedente.
Ciò include la considerazione del background personale del richiedente, delle sue esperienze e di qualsiasi altro fattore rilevante che possa influenzare la sua credibilità.
Inoltre, la disposizione suggerisce che questo principio di valutazione individuale dovrebbe essere riflesso nelle leggi nazionali e nelle linee guida di ciascuno Stato membro. Si garantisce così che il requisito di considerazione individualizzata non sia solo presente nella direttiva dell'UE, ma sia anche integrato nei quadri giuridici e nelle pratiche dei singoli paesi
contribuendo a mantenere un approccio coerente ed equo nella valutazione della credibilità in tutti gli Stati membri.
Nella valutazione della credibilità, devono essere considerati in modo coerente e olistico fattori individuali e contestuali compresa la valutazione dello sforzo del richiedente nel supportare la propria domanda, la cooperazione dell'autorità, l'affidabilità degli indicatori, spiegazioni ragionevoli per le problematiche di credibilità e l'adeguatezza delle motivazioni per la mancanza di prove a supporto.
L'UNHCR sottolinea che le dichiarazioni del richiedente devono essere considerate nel contesto della situazione di riferimento.260 Ciò include dettagli personali, esperienze di violazioni dei diritti umani e il contesto più ampio del paese di origine o di residenza abituale, i paesi di transito e lo Stato membro.
La considerazione delle circostanze contestuali dipende dalla specifica questione in esame. Ad esempio, la valutazione della credibilità degli eventi passati comporta la considerazione della situazione in quel momento, mentre la valutazione della disponibilità delle prove al momento dell'esame della domanda considera la situazione attuale.
L'articolo 4(5) spiega che se alcune parti di ciò che il richiedente dice non possono essere supportate da documenti o altre prove, quelle parti non devono essere dimostrate vere, purché siano soddisfatte condizioni specifiche (descritte nell'articolo).
Tutte le informazioni nell'articolo 4 sono destinate ad assistere nel processo di determinare se le affermazioni di un richiedente sono credibili e se sono idonei allo status di rifugiato o di protezione sussidiaria.
L'armonizzazione tra gli Stati membri dell'UE è messa alla prova dalle diverse tradizioni e pratiche giuridiche. L'applicazione non uniforme di standard e approcci all'interno delle giurisdizioni nazionali può portare a esiti diversi in casi simili.
Nel processo di valutazione della domanda di asilo di un rifugiato, non è solo responsabilità del richiedente fornire prove. Anche il giudicante ha il dovere di raccogliere e valutare tutti i fatti rilevanti, tenendo conto delle circostanze uniche della situazione del rifugiato. È opportuno ricordare il principio chiave del diritto dei rifugiati secondo l'UNHCR:
260 Handbook on Procedures and Criteria for Determining Refugee Status and Guidelines on International Protection Under the 1951 Convention and the 1967 Protocol Relating to the Status of Refugees, UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), 2019, §42.