SERVIZIO REGOLAZIONE DEL MERCATO
SERVIZIO REGOLAZIONE DEL MERCATO
Parere in merito agli equilibri contrattuali nella fornitura e distribuzione di energia elettrica alle piccole e medie imprese
******* Indice
CAPITOLO 1:
FORNITURA E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE: ATTRIBUZIONI DELLE CAMERE DI COMMERCIO E QUADRO NORMATIVO
DI RIFERIMENTO pag. 2
CAPITOLO 2:
ANALISI DELLE CLAUSOLE DEI CONTRATTI DI FORNITURA E
DISTRIBUZIONE……………………………………………………………………………pag. 40
CAPITOLO 3:
RELAZIONE SUGLI ASPETTI METRICI DEI CONTRATTI…………………………….pag. 52
CONCLUSIONI……………………………………………………………………………...pag. 57
CAPITOLO 1
FORNITURA E DISTRIBUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA ALLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE: ATTRIBUZIONI DELLE CAMERE DI COMMERCIO E QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO
I - Introduzione
I.1 Presupposti e criteri dell’attività di controllo delle clausole inique: esigenza di equità e correttezza nella contrattazione con specifico riguardo alle relazioni tra imprenditori
I.1.1.- Ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, le Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura svolgono “funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali”; per svolgere tali funzioni ad esse sono stati attribuiti compiti “di supporto e di promozione degli interessi generali delle imprese”, nonché importanti competenze “nelle materie amministrative ed economiche relative al sistema delle imprese”, fatte salve le competenze attribuite alle amministrazioni statali e alle regioni dalla Costituzione e dalle leggi statali (art. 2, comma 1).
In particolare, le Camere di Commercio possono:
a) promuovere la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti;
b) predisporre e promuovere contratti-tipo tra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti;
c) promuovere forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti” (art. 2, comma 4).
Quest’ultima competenza si collega altresì ad un compito da lungo tempo attribuito agli enti camerali (legge 20 marzo 1910, n. 121) e cioè l’accertamento e la raccolta degli usi e delle consuetudini commerciali. Accertare gli usi e le consuetudini commerciali risponde infatti alla medesima logica di accertare le regole di equità contrattuale, al fine di reprimere le clausole poste a danno delle parti contrattualmente più deboli e che non siano giustificate dall’equilibrio degli interessi regolato dal contratto.
In questo quadro generale si inserisce la normativa di recepimento della direttiva n. 93/13/CE del Consiglio concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, che attribuisce alle Camere di commercio, oltre che alle associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti, la legittimazione a proporre l’azione inibitoria nel caso di condizioni generali di contratto abusive, predisposte da imprenditori o professionisti per la contrattazione di massa con i consumatori (art. 37 del d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, cd. Codice del Consumo).
Passando dal profilo dell’attività, e quindi delle competenze attribuite, al profilo organizzatorio, si deve anche considerare che, ai sensi dell’art. 12, comma 1, della legge n. 580/1993, i componenti del consiglio della Camera sono designati non solo dalle organizzazioni rappresentative delle imprese appartenenti ai settori dell’agricoltura, artigianato, assicurazioni, commercio, credito, industria, servizi alle imprese, trasporti, turismo e ad altri settori di rilevante interesse per l’economia della circoscrizione, ma anche dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti. Pertanto, con l’acquisizione da parte dei consumatori di una rappresentanza nei loro organi di governo, le Camere di Commercio sono divenute rappresentative di tutte le diverse componenti del mercato.
Alla luce di questo complesso di fattori si può affermare che le Camere di Commercio hanno oggi il compito di garantire la correttezza dei rapporti di mercato, in posizione di equidistanza dai diversi interessi coinvolti.
I.1.2.- Tra le funzioni di regolazione del mercato, appare sicuramente rilevante quella diretta al controllo di abusività nei contratti stipulati con i consumatori la cui finalità è proprio quella di evitare “un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” (art. 33 del codice del consumo).
Lo squilibrio nei rapporti negoziali, correlato alla presenza di una parte “forte” è, peraltro, fenomeno che non investe solo i rapporti tra imprese e consumatore, ma riguarda anche le relazioni tra imprese operanti a livelli diversi di mercato.
La circostanza che gli artt. 3, lett. a) e 33 e ss. del Codice del Consumo parlino del “consumatore” come di un soggetto diverso e contrapposto al “professionista”, ritenendo che la specifica forma di protezione codicistica sia collegata alla debolezza di chi non si muove abitualmente fra gli schemi contrattuali complessi della fornitura di beni e servizi nel mercato contemporaneo, significa soltanto
che le modalità di intervento della Camera di Commercio potranno non essere specificatamente quelle previste dagli articoli citati, ma ciò non esclude che la Camera di Commercio sia comunque legittimata, in base alle proprie funzioni istituzionali, ad indagare sull’equilibrio contrattuale e sul rispetto dei principi generali di equità nei rapporti tra imprese, verificando, in particolare, se specifici meccanismi imposti dall’erogatore di servizi possano condurre a disequilibri a danno del contraente più debole.
Si è già menzionata, sotto questo profilo, la lett. c, comma 4, dell’art. 2 della legge n. 580/93, che demanda alle Camere di Commercio di “promuovere forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti”. E’ questa una funzione di carattere generale, che può essere estesa ad ambiti diversi da quelli previsti in tema di clausole vessatorie dal Codice del Consumo, allo scopo di verificare quando un contratto fra imprese possa definirsi “non equo” e come tale considerarsi in violazione dei principi richiamati dagli artt. 1371 e 1374 c.c.; finalità della norma in esame, infatti, è quella di colpire tutte le forme di contrattazione non equilibrata, nella quale, cioè, al momento della conclusione o durante lo sviluppo del negozio, non siano concesse alle parti contraenti le medesime possibilità.
I.1.3.- L’attribuzione alla CCIAA del compito di regolazione dei rapporti fra le imprese non costituisce, inoltre, né una duplicazione del ruolo delle autorità garanti, nei settori ove le stesse sono istituite, né una forma di interferenza con i compiti a queste assegnati.
In particolare, nel settore dei servizi di pubblica utilità – nei quali ricade anche l’ambito della fornitura di energia elettrica, oggetto dell’ indagine svolta dalle CCIAA di Milano e Roma - , l’Autorità di regolazione opera al fine di “promuovere la concorrenza e l’efficienza” e di assicurare “adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori” (art. 1, comma 1, della legge 14 novembre 1995, n. 481). Essa è dotata di poteri di intervento diretto nel settore attribuitole (art. 2, comma 12, della legge n. 481/1995).
Questi poteri, incisivi e numerosi, sono tali da contribuire alla regolazione del mercato utilizzando una disciplina pubblica c.d. di tipo conformativo, cioè dei correttivi esterni alle regole di mercato (1).
La funzione pubblica di conformazione muove dall’esigenza di ricercare nuovi strumenti per la tutela di interessi che hanno carattere generale e multipolare: la tutela dell’utente-cliente non può essere disgiunta dalla tutela dell’ambiente, oppure da quella dello sviluppo economico, o ancora dalla tutela di nuove tecnologie e imprenditorialità (2).
La disciplina conformativa dell’Autorità di regolazione, imponendo qualità, quantità, prezzi massimi per i servizi che un’impresa offre al pubblico, opera, quindi, fuori dalle regole di mercato, ma non in modo discriminatorio tra le imprese e pertanto non distorce le loro reciproche condizioni di concorrenza, anche se favorisce l’altra categoria di protagonisti del mercato e cioè i portatori della domanda (3).
Diverso è il compito affidato alle Camere di Commercio. Queste ultime, infatti, non svolgono una funzione di intervento regolatore nel mercato attraverso la fissazione di una disciplina amministrativa di settore, comprensiva vuoi del regime dei prezzi amministrati, vuoi della produzione normativa di tipo secondario volta a regolare, ad esempio, l’accesso alle cd. essential facilities (4). Esse, come detto, assolvono più propriamente ad una funzione di garanzia del mercato, di tutela della correttezza delle attività contrattuali.
La loro attività non si sviluppa attraverso l’adozione di atti generali di carattere imperativo, atteso che esse non sono dotate del potere di definire singoli rapporti giuridici, incidendo direttamente nella sfera giuridica altrui, al fine della cura concreta di un interesse pubblico.
Di contro, esse sono titolari di poteri di impulso processuale, ossia di attivazione del giudizio (come nel caso della repressione della concorrenza sleale o della disciplina delle clausole abusive nei contratti con i consumatori), oppure di natura para-giurisdizionale (come nel caso della promozione della costituzione di commissioni arbitrali e conciliative); oppure, ancora, di poteri di natura
1 X. XXXXXXX, Regolazione e concorrenza, in Regolazione e concorrenza, a cura di X. XXXXXXX e X. X’XXXXXXX, Bologna, 2000, p. 12-13.
2 X. XXXXXXXX, Il sistema elettrico in Italia, in I servizi a rete in Europa, a cura di X. XXXXXXX, Milano, 2000, p. 358.
3 X. XXXXXX, Servizi pubblici e servizi (economici) di pubblica utilità, in Dir.pubbl., 1999, p. 411-413.
4 X. XXXXXX, Regulation and its reform, Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx, 0000.
strumentale, vuoi di tipo conoscitivo-informativo legati alla funzione di pubblicità legale (la tenuta del registro delle imprese), vuoi di controllo preventivo in una logica di sensibilizzazione (la predisposizione e la promozione di contratti-tipo e, ciò che viene qui in specifico rilievo, la promozione di forme di controllo sulla presenza di clausole contrattuali inique).
I.1.4.- E’ inoltre possibile istituire un parallelismo fra l’attività delle Camere di Commercio e ed una certa tipologia di funzioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Sicuramente l’Autorità antitrust è titolare di poteri di intervento diretto, di repressione delle fattispecie anticoncorrenziali, ma è altresì titolare di poteri di tipo indiretto. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 12 e 21-22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l’Autorità antitrust svolge indagini conoscitive che permettono di evidenziare, in particolari settori, gli impedimenti ad un regime concorrenziale cagionati da disposizioni normative o amministrative di carattere generale, dando così luogo a successive segnalazioni e proposte ai soggetti istituzionalmente competenti, nonché a pareri emanati al fine di promuovere riforme.
L’Autorità antitrust, stante la sua veste di autorità di garanzia, ha dunque il dovere istituzionale di sollevare questioni anticoncorrenziali agli organi competenti, divenendo mezzo per realizzare una cultura della concorrenza, grazie ad una “signoria completa” per quanto riguarda la comprensione delle problematiche del mercato (5).
Analogamente la Camera di Commercio svolge un compito di garanzia per l’assetto complessivo del mercato e assolve ad un dovere istituzionale di favorire le condizioni affinché non si creino indebite perturbazioni del mercato stesso, operando però come elemento di supporto al mondo dell’impresa, anche nella gestione dei rapporti contrattuali.
Emerge, quindi, che la Camera di Commercio ha in questo ambito un dovere istituzionale di moral suasion, essendo la titolare dell’autorevolezza tecnica sull’equità dei rapporti contrattuali: è questo un compito di induzione delle imprese a condotte conformi alla correttezza e all’equità contrattuale che spetta alla sola Camera di Commercio ed a nessun altro soggetto pubblico, indipendentemente dal fatto che la stessa non ricorra all’esercizio di poteri formali a carattere autoritativo.
La Camera di Commercio nell’esercitare la suddetta attività non si limita ad un ruolo per così dire negativo, cioè di censura generica di clausole inique: essa ritiene di dover svolgere anche un ruolo
5 X. XXXXXXX, L’attività di segnalazione e consultiva dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, in
Dir.amm., 1997, p. 85 ss.
propositivo, consistente, cioè nel fornire indicazioni positive di modifiche da apportare alle clausole contrattuali per renderle più in linea alle esigenze di una giusta relazione contrattuale.
I.2 I contratti di fornitura e di trasporto di energia elettrica
I.2.1.- Nell’esercizio delle competenze sopra delineate, l’interesse della Camera di Commercio di Milano si è incentrato, negli ultimi anni, soprattutto su quei settori del mercato che toccano aspetti fondamentali della vita del cittadino e dell’impresa, perché attengono alla fornitura di beni o servizi essenziali.
L’evoluzione del mercato verso la progressiva liberalizzazione di servizi necessari, quale l’erogazione dell’energia nelle sue varie forme, ha quindi spinto la CCIAA di Milano ad occuparsi, in un primo momento, della disciplina negoziale dei contratti di erogazione di gas ed energia al consumatore in senso tecnico, passando poi ad analizzare i contratti diretti alla piccola e media impresa, iniziando con il settore della erogazione del gas, per completare l’analisi nell’esercizio corrente , con l’esame dei contratti di erogazione dell’energia elettrica.
Inoltre, nel luglio del 2004 è stato siglato tra la CCIAA di Milano e la CCIAA di Roma un protocollo d’intesa per ciò che riguarda le attività di regolazione del mercato, tra cui la verifica della presenza delle clausole vessatorie nelle condizioni generali di contratto, al fine di armonizzare l’attività delle due Camere in questa particolare funzione innovativa.
Il mercato dell’energia elettrica costituisce un esempio emblematico di settore in cui gli eventuali squilibri contrattuali possono sussistere non solo quando la relazione contrattuale si instaura con i consumatori o clienti domestici, ma anche quando l’utente finale sia una piccola o media impresa.
Le imprese di media o piccola dimensione, infatti, non hanno un peso economico individuale tale da incidere in modo puntuale sulle condizioni contrattuali loro proposte dall’erogatore e di contro sono nella condizione di dove necessariamente accedere al servizio per poter operare, non essendo ovviamente in grado di dotarsi autonomamente delle indispensabili risorse energetiche.
In questo contesto, l’accresciuta complessità derivante dall’apertura dei mercati e dalla molteplicità dei fornitori rende ancora più importante la tutela dei clienti-piccole o medie imprese dei servizi energetici, in termini di chiarezza e conoscibilità del contenuto del contratto, di facoltà di recesso, di disciplina nel caso di inadempimento, di limitazione di responsabilità e così via.
Anche la direttiva n. 2003/54/CE, definita come direttiva della seconda generazione nel mercato elettrico, e oggetto di approfondita analisi successivamente, opera nel senso di equiparare i consumatori alle piccole imprese, ritenuti degni della medesima tutela giuridica.
L’espressione “consumatori”, infatti, è sostituita da quella, maggiormente omnicomprensiva, di “clienti vulnerabili”, sinonimo di contraenti deboli, all’interno dei quali si possono collocare sia consumatori domestici, sia le piccole imprese, definite come le imprese aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro.
Significativo indicatore della situazione di difficoltà in cui opera l’impresa medio- piccola è il fatto che ancora oggi, pur essendo da tempo avviato il processo di liberalizzazione del mercato, molte imprese continuano ad optare per il mercato vincolato. Il peso del mercato libero sul mercato potenziale si è attualmente attestato sul 61 % se misurato sui prelievi finali, in quanto le aziende si mostrano critiche nei confronti dell’attuale stato della liberalizzazione del mercato elettrico. Come risulta, infatti, dall’ultima Relazione annuale dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas sullo stato dei servizi e sull’attività svolta (31 marzo 2006, pag. 32), le aziende hanno individuato una serie di problemi che paiono ostacolare la sottoscrizione di un contratto con un nuovo fornitore oppure la rinegoziazione del contratto con il fornitore abituale: la mancanza di informazione e di pubblicità, la difficoltà di muoversi in un mercato che è ancora percepito come monopolistico, la mancanza di chiarezza e di trasparenza delle offerte, la sensazione che non vi sia convenienza economica a cambiare fornitore.
In questo quadro, appare dunque assai evidente l’importanza di un intervento sistematico delle CCIAA di Milano e Roma, diretto a verificare la sussistenza di potenziali situazioni di squilibrio fra gli attori principali del mercato, come anche a fornire il supporto per superarle.
II – La disciplina giuridica del settore dell’energia elettrica
Come si è anticipato, il settore della erogazione dell’energia elettrica è uno di quelli maggiormente interessati dalle riforme normative finalizzate a gestire il passaggio da un mercato caratterizzato dal gestore ed erogatore pubblico, che operava in regime monopolistico, ad un mercato liberalizzato, quantomeno sotto il profilo dell’erogazione dell’energia, con l’ingresso di operatori diversi, ciascuno con proprie scelte di politica commerciale.
Al fine di meglio inquadrare l’ambito nel quale si è svolta l’analisi delle CCIAA di Milano e Roma oggetto del presente documento, si ritiene opportuno un breve inquadramento del sistema normativo vigente in materia.
II.1 Caratteri generali del mercato dell’energia elettrica
Il modello tradizionale di fornitura dell’energia elettrica, basato su un monopolio legale orizzontalmente e verticalmente integrato in tutte le fasi della filiera produttiva, adottato in tutta Europa dal dopoguerra agli anni Ottanta del secolo scorso, è stato ora abbandonato in favore di un modello tendenzialmente concorrenziale, nel quale peraltro l’ effettiva e totale libertà operativa è un obiettivo non ancora completamente raggiunto.
Analogamente ad altri settori che utilizzano un’infrastruttura di rete, il settore dell’energia elettrica è, infatti, caratterizzato da vincoli tecnici ed economici che condizionano la portata della liberalizzazione stessa, rendendo impraticabile l’indiscriminata introduzione della concorrenza. In altri termini, le scelte del legislatore sul grado di apertura alla concorrenza dei singoli segmenti che compongono il mercato elettrico sono largamente vincolate dalle caratteristiche fisiche di quest’ultimo.
A complicare ulteriormente il quadro articolato è la natura integrata del sistema dell’energia elettrica. Nella filiera elettrica, infatti, possono essere individuate diverse fasi: generazione, dispacciamento, trasmissione, distribuzione e vendita. Queste diverse fasi sono strettamente condizionate le une dalle altre, per una molteplicità di ragioni, che spaziano dalla non duplicabilità delle reti elettriche, alla natura non immagazzinabile dell’elettricità e all’esigenza di realizzare in ogni istante l’equilibrio tra domanda e offerta di energia per garantire il funzionamento delle reti stesse, evitando sovraccarichi o cali di tensione.
In altri termini, l’utilizzo di una infrastruttura condivisa limitata e l’esigenza di bilanciamento in tempo reale di produzione e consumo interagiscono con l’impossibilità tecnico-economica di
controllare i flussi di energia da e verso ogni singolo utente della rete e di immagazzinare energia elettrica, rendendo altresì necessaria la presenza di un coordinatore pubblico dell’intero sistema. In Italia è stato scelto un modello di mercato che tende a privilegiare la relazione bilaterale tra gli operatori, pur attribuendo a TERNA e al GME (Gestore del mercato elettrico Spa) alcuni compiti fondamentali di gestione e di coordinamento centralizzato dei processi economici. Il decreto legislativo n.79/99 prevede nel mercato elettrico liberalizzato la contestuale presenza di un sistema delle offerte ad accesso facoltativo e di contratti bilaterali. La scelta della modalità di approvvigionamento è affidata alla libera valutazione dei singoli operatori, che la effettuano sulla base delle convenienze relative. Non sembra pertanto corretto affermare che il disegno di mercato all’ingrosso italiano sia stato definito per privilegiare la contrattazione bilaterale.
Un ulteriore elemento di complessità del mercato elettrico va ravvisato nel fatto che, anche laddove sia riconosciuta a livello normativo la libertà di iniziativa economica, come nel caso di vendita dell’energia elettrica, è necessario contemperare siffatta libertà con gli interessi generali e collettivi sottostanti al funzionamento del mercato e alla fornitura delle prestazioni e riconducibili nella formula di “obblighi di servizio pubblico” (art. 1, comma 1, legge n. 481/1995).
A tal proposito è dato osservare che, mentre la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione, 19 dicembre 1996, n. 96/92/CE, muoveva da una logica esclusivamente incentrata sul mercato interno e sulla concorrenza, lasciando agli Stati membri la regolamentazione degli aspetti relativi agli obblighi di servizio pubblico, la più recente direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, n. 2003/54/CE, nel mentre realizza la piena apertura del mercato, disciplina espressamente i profili relativi alla tutela degli interessi generali, imponendo, tra l’altro, agli Stati l’obbligo di garantire a tutti i clienti civili, nonché, eventualmente, alle piccole imprese il servizio universale (art. 3, par. 3, ma cfr. anche par. 2, che integra il precedente elenco degli obiettivi di servizio pubblico che legittimano l’imposizione di obblighi da parte degli Stati membri alle imprese che operano nel settore dell’energia elettrica; par. 5, che mira ad una tutela contro l’interruzione delle forniture e alla trasparenza delle condizioni generali di contratto; par. 5 e 6, che parlano di introduzione di misure idonee “affinché i clienti idonei possano effettivamente cambiare fornitore” e “affinché i fornitori di energia elettrica specifichino nelle fatture o unitamente alle stesse ed in tutto il materiale promozionale inviato ai clienti finali” il mix di combustibili usati per la produzione dell’energia elettrica fornita) (6).
6 Pertanto, il legislatore comunitario mostra l’intenzione di voler meglio contemperare la concorrenza e le esigenze liberiste di apertura generale del mercato con le esigenze di difesa del servizio pubblico (F. VETRO’, Il servizio
E’ possibile dunque affermare che il superamento del monopolio pubblico attuato dalla riforma del settore elettrico non ha avuto l’effetto di diminuire l’attività di regolazione e di intervento pubblico, dal momento che l’esigenza di garantire gli obblighi di servizio pubblico, insieme alla presenza di elementi che possono favorire la formazione di monopoli o oligopoli di fatto, reclamano, per lo meno in questa fase di trasformazione, un’importante ruolo della regolazione. .
L’effetto prodotto dalla riforma è semmai quello di moltiplicare le attribuzioni e i centri di competenza del potere pubblico, riconoscendo ruoli rilevanti in materia non solo all’Autorità di regolazione, ma anche, come ora si dirà, al Ministro dell’Attività produttive e a soggetti pubblici sui generis, quali Terna e il Gestore del mercato (questi ultimi con funzioni di carattere attuativo della regolazione).
II.2 La produzione, la trasmissione e il dispacciamento dell’energia elettrica
L’attività di produzione, definita come “la generazione di energia elettrica, comunque prodotta” (art. 2, comma 19, d. lgs. 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della direttiva n. 96/92/CE), è libera e aperta alla concorrenza (art. 1, comma 1, d. lgs. n. 79/99; art. 1, comma 2, lett. a), legge n. 239/2004).
L’attività di trasmissione dell’energia elettrica consiste , invece, nella “attività di trasporto e trasformazione dell’energia elettrica sulla rete interconnessa ad alta tensione ai fini della consegna ai clienti, ai distributori e ai destinatari dell’energia autoprodotta”, ai sensi della definizione fornita dall’art. 2, comma 24, d.lgs. n. 79/1999. Il dispacciamento si risolve nella “attività diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione e l’esercizio coordinati degli impianti di produzione, della rete di trasmissione e dei servizi ausiliari”, ai sensi della definizione fornita dall’art. 2, comma 10, d.lgs. n. 79/1999.
Se le attività di produzione, come pure quelle di importazione, esportazione, acquisto e vendita di elettricità sono libere e aperte alla concorrenza, sia pure nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico (art. 1, comma 1, d. lgs. n. 79/1999; art. 1, comma 2, legge 23 agosto 2004, n. 239), di contro le attività di trasmissione e di dispacciamento sono riservate allo Stato e attribuite in
pubblico a rete. L’esempio paradigmatico dell’energia elettrica, Torino, 2005, p. 261; X. XXXXX LIBERATI, La regolazione pro-concorrenziale dei servizi pubblici a rete, Milano, 2006, p. 17).
concessione ex lege ad un unico soggetto societario (art. 1, comma 1, e art. 3, commi 1 e 5, d.lgs. n. 79/1999; art. 1, comma 2, lett. c) e comma 8, lett. a), n. 1, legge n. 239/2004).
Esse infatti sono svolte in condizioni di monopolio naturale, perché si ritiene che la duplicazione delle linee ad alta e altissima tensione per il trasporto a lunga distanza sia tecnicamente impossibile ovvero economicamente non desiderabile.
Il soggetto beneficiario della concessione è stato individuato dapprima nel Gestore della rete di trasmissione nazionale (art. 3, comma 5, d. lgs. n. 79/1999; d.M.I.C.A. 17 luglio 2000), cui sono stati conferiti tutti i beni e i rapporti giuridici necessari allo svolgimento delle attività della società stessa, eccezion fatta per la proprietà della rete, che ha continuato a spettare all’Enel, obbligata, a tal fine, a costituire un’apposita società per azioni avente il compito di amministrare la proprietà della rete e di realizzare gli interventi di manutenzione e sviluppo decisi dal Gestore (art. 13, comma 2, lett. d), d. lgs. n. 79/1999).
A seguito della riunificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica di trasmissione (art. 1-ter, comma 1, d.l. n. 239/2003, convertito, con modifiche, nella legge 27 ottobre 2003, n. 290;
d.P.C.M. 11 maggio 2004), il soggetto concessionario è stato individuato in Terna-Rete Elettrica Nazionale s.p.a., che è divenuta la società responsabile in Italia della trasmissione e del dispacciamento dell’energia elettrica sulla rete ad alta ed altissima tensione su tutto il territorio nazionale. In particolare, Terna è attualmente proprietaria di oltre il 90 % della rete di trasmissione nazionale, mentre le rimanenti infrastrutture sono di proprietà di alcune imprese municipalizzate e di alcuni produttori di energia elettrica. Le azioni di Terna sono state collocate in Borsa nel giugno 2004 e attualmente l’azionista di maggioranza relativa è la Cassa Depositi e Prestiti, che detiene il 29,99 % del pacchetto azionario.
Dal 1° novembre 2005, data di efficacia del trasferimento del ramo d’azienda del GRTN s.p.a. a Terna, trova applicazione il Codice di trasmissione, dispacciamento, sviluppo e sicurezza della rete, cd. Codice di rete, predisposto dal Gestore della rete (ora Gestore del sistema elettrico) in base a quanto previsto nel citato D.P.C.M. 11 maggio 2004, con un coinvolgimento istituzionale dell’Autorità di regolazione e del Ministro delle Attività produttive.
Ma è soprattutto direttamente l’Autorità di regolazione ad essere intervenuta nel disciplinare le condizioni per l’erogazione del pubblico servizio di dispacciamento, ai sensi degli artt. 3 e 5 del d. lgs. n. 79/1999.
La delibera dell’Autorità n. 168/03 (di recente modificata in talune parti dalla del. n. 111/06, ma cfr. altresì la del. n. 226/05) contiene le condizioni per l’erogazione del servizio di dispacciamento e per l’approvvigionamento delle relative risorse su base di merito economico e precisa che si deve intendere per
a) connessione “la realizzazione e mantenimento del collegamento alle infrastrutture di una rete con obbligo di connessione di terzi”;
b) trasmissione “il servizio di trasmissione per il trasporto e la trasformazione dell’energia elettrica sulla rete di trasmissione nazionale”;
c) distribuzione “il servizio di distribuzione esercitato in concessione dagli aventi diritto ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 79/99, per il trasporto e la trasformazione dell’energia elettrica sulle reti di distribuzione”;
d) dispacciamento “la determinazione delle partite fisiche di competenza dei contratti di compravendita ai fini dell’immissione o del prelievo di energia elettrica nei diversi cicli esecutivi, come approvvigionamento e conseguente fornitura di risorse del sistema elettrico nazionale necessarie a garantire la sicurezza dello stesso e il buon esito dei contratti, nonché come valorizzazione e regolazione dell’energia elettrica oggetto di deviazioni rispetto agli impegni contrattuali”.
Ai sensi dell’art. 4, comma 1, dell’Allegato A alla delibera, il contratto di dispacciamento con Terna deve essere concluso da: a) i titolari di unità di produzione; b) i titolari di unità di consumo, ad eccezione delle unità di consumo comprese nel mercato vincolato; c) l’Acquirente unico, per le unità di consumo comprese nel mercato vincolato; d) i titolari di punti di importazione o di punti di esportazione; e) il Gestore del sistema elettrico per le unità di produzione CIP6/92 (lettera aggiunta dall’art. 4.1, della del. n. 111/06).
La conclusione del contratto per il servizio di dispacciamento in prelievo e del contratto per il servizio di trasmissione e di distribuzione è condizione necessaria per prelevare energia elettrica dalla rete con obbligo di connessione di terzi (art. 5, comma 2, del. n. 168/03; ora art. 4, comma 2, del. n. 111/06).
L’art. 5, comma 3, della del. n. 168/03 ed ora l’art. 4, comma 4, della del. n. 111/06 specificano che “l’interposizione di un terzo ai fini della conclusione dei contratti per il servizio di trasmissione e di distribuzione e per il servizio di dispacciamento ha la forma di un mandato senza rappresentanza: il soggetto che stipula i due contratti deve essere il medesimo. Questi risponde delle obbligazioni che dagli stessi contratti traggono titolo nei confronti dell’esercente il servizio di trasmissione o di distribuzione e di Terna”.
Ancora, la conclusione del contratto per il servizio di dispacciamento costituisce condizione necessaria per l’accesso al servizio di trasmissione e di distribuzione dell’energia elettrica: le imprese distributrici negano la connessione alla rete delle unità di consumo, qualora il richiedente non offra la dimostrazione dell’avvenuta conclusione del contratto per il servizio di dispacciamento ovvero, nel caso di utenti già connessi alla rete che non abbiano fornito la suddetta dimostrazione, intimano, dandone informazione a Terna, la conclusione del contratto di dispacciamento entro cinque giorni dalla notifica dell’intimazione (art. 5.6.1 della del. n. 168/03; art. 4.8 della del. n. 111/06) .
II.3 La distribuzione dell’energia elettrica
L’attività di distribuzione dell’energia elettrica è definita dall’art. 2, comma 14, d.lgs. n. 79/1999, come “il trasporto e la trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione a media e bassa tensione per le consegne ai clienti finali”.
Similmente a quanto si verifica per l’attività di trasmissione e di dispacciamento, si ritiene che con riferimento a questo segmento di attività sussista un monopolio naturale o tecnico connesso all’esistenza di reti di distribuzione a media e bassa tensione non duplicabili.
Tuttavia, a differenza di quanto disposto per l’attività di trasmissione e di dispacciamento, la legge non istituisce qui una riserva statale, ma si limita a prevedere l’esercizio dell’attività di distribuzione in regime di concessione rilasciata dal Ministro delle attività produttive (art. 1, comma 1, e art. 9, comma 1, d. lgs. n. 79/1999; art. 1, comma 2, lett. c), legge n. 239/2004).
Tale attività è esercitata dalle imprese già operanti nel settore e cioè l’Enel, le imprese elettriche degli enti locali e le imprese di autoproduzione, continuano a svolgere il loro servizio sulla base di
concessioni rilasciate dal Ministro e aventi scadenza il 31 dicembre 2030 (art. 9, comma 1, d. lgs. n. 79/1999; art. 1, comma 33, legge n. 239/2004).
La normativa provvede a contingentare le attuali concessioni di distribuzione, disponendo che, “ai fini di razionalizzare la distribuzione dell’energia elettrica, è rilasciata una sola concessione di distribuzione per ambito comunale”.
Il decreto sottrae dunque il settore della distribuzione dalla logica di mercato con un sistema di concessioni in esclusiva e mira più che altro a razionalizzare il sistema esistente, nonché a potenziare le aziende appartenenti agli enti locali. Infatti, nei comuni ove sono operanti più distributori, questi ultimi possono tra loro aggregarsi volontariamente, oppure le società di distribuzione partecipate dagli enti locali possono richiedere all’Enel s.p.a. la cessione dei relativi rami d’azienda a condizione che le predette società servano almeno il 20 % delle utenze attive nel territorio comunale (art. 9, commi 3 e 4, d. lgs. n. 79/1999); queste procedure di aggregazione possono essere utilizzate, previa autorizzazione ministeriale, anche per “ambiti territoriali contigui”, quando ciò sia richiesto dalle società di distribuzione degli enti locali aventi non meno di 100.000 clienti finali (art. 9, comma 5, d. lgs. n. 79/1999).
L’ingresso di nuovi soggetti nella distribuzione sarà possibile solo dopo il 2030, quando, sulla base di gare, saranno assegnate le nuove concessioni con procedure aperte a tutte le imprese in possesso dei necessari requisiti (art. 9, comma 2, d. lgs. n. 79/1999.
Attualmente il soggetto distributore, che svolge la sua attività sulla base di una concessione a titolo esclusivo, assume il ruolo di “gestore” della relativa rete locale, servente funzionalmente alle disposizioni del gestore della rete di trasmissione e parimenti tenuto a connettere alle proprie reti tutti i soggetti che ne facciano richiesta, purché non sia compromessa la continuità del servizio e siano rispettate le regole tecniche e le determinazioni dell’Autorità di regolazione in materia di tariffe, contributi e oneri (art. 9, comma 1, d. lgs. n. 79/1999).
I costi per il trasporto dell’energia elettrica sulle reti di distribuzione e le relative attività commerciali (fatturazione, gestione contratti, etc.) sono coperti da un corrispettivo che viene fissato da ciascun distributore mediante la proposta all’Autorità di regolazione di apposite opzioni tariffarie fissate nella delibera n. 5/04 (Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’erogazione dei
servizi di trasmissione, distribuzione, misura e vendita dell’energia elettrica per il periodo di regolazione 2004-2007 e disposizioni in materia di contributi di allacciamento e diritti fissi).
Il costo del trasporto viene calcolato in base all’effettiva energia elettrica prelevata e alla potenza e tale corrispettivo non dipende in alcun modo dalla distanza tra la centrale ed il punto di riconsegna del cliente finale. Alle imprese di distribuzione è consentito addebitare ai soggetti connessi alla rete componenti tariffarie in relazione ai prelievi di energia reattiva. (7).
Alla luce di quanto esposto è possibile riconoscere nella distribuzione di energia elettrica, al pari di quanto avviene nella trasmissione e nel dispacciamento, i caratteri tradizionali del pubblico servizio: viene in rilievo un servizio erogato da un solo soggetto, limitatamente a ciascuna area territoriale, secondo condizioni e prescrizioni fissate nell’atto concessorio, nel rispetto delle deliberazioni emesse dall’Autorità di regolazione, e, soprattutto, tenuto ad apprestare il servizio universale, inteso come garanzia per tutti del “diritto alla fornitura di energia elettrica di una qualità specifica a prezzi ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili e trasparenti” (art. 3, par. 3, direttiva 2003/54/CE) (8).
E’ stato osservato che la razionalizzazione del sistema distributivo cui sopra si è accennato non ha però modificato l’organizzazione territoriale del servizio medesimo, che continua ad articolarsi in unità di dimensioni piuttosto contenute e ha sostanzialmente mantenuto intatta la posizione dominante di Enel Distribuzione nel segmento in oggetto, non sottoponendola neppure ad un frazionamento orizzontale, al fine di consentire forme di concorrenza comparativa (yardstick competition), ovvero la frammentazione del monopolio in ambiti regionali (9).
II.4 La vendita dell’energia elettrica
7 Il corrispettivo totale dovuto al distributore dai clienti del mercato libero comprende la tariffa per il servizio di trasmissione; il corrispettivo per il servizio di distribuzione; la tariffa per il servizio di misura; le componenti tariffarie che coprono gli oneri sostenuti nell’interesse generale del sistema elettrico individuati dal Governo (A); la componente destinata al finanziamento delle misure di compensazione territoriale di cui all’art. 4, 1 bis, della legge n. 368/03 a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare (MCT); la componente a copertura degli squilibri del sistema di perequazione dei costi di trasporto dell’energia elettrica sulle reti di trasmissione e di distribuzione (UC3); la componente destinata a coprire le integrazioni di cui al Capitolo VII, comma 3, lettera a del provvedimento CIP n. 34/74 e successivi aggiornamenti (UC4); la componente consistente negli oneri per il miglioramento della continuità del servizio, è destinata a remunerare i miglioramenti della continuità del servizio elettrico (UC6).
8 Sulla qualifica delle imprese operanti nella distribuzione dell’energia elettrica come “imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale” cfr. anche Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 aprile 1994, C-393/92, Comune di Almelo e altri c. NV Energiebedrijf Ijssellmij, in Rass.giur.en.el., 1994, p. 786 ss.
9 X. XXXXXXXXXX, L’energia elettrica e il gas, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di X. XXXXXXX, Milano, 2003, p. 2236.
II.4.1.- Si è già detto che l’acquisto e la vendita di energia elettrica sono, in linea di principio, dichiarati liberi dalla legge (art. 1, comma 1, d. lgs. n. 79/1999; art. 1, comma 2, legge n. 239/2004). Tuttavia, la scelta compiuta dal legislatore è stata nel senso di un’apertura graduale del mercato dell’energia. Infatti, il mercato relativo all’attività di vendita dell’energia elettrica ai clienti finali, intesi questi ultimi come persone fisiche e giuridiche che acquistano energia elettrica esclusivamente per uso proprio (art. 2, comma 4, d. lgs. n. 79/1999), era scomposto, fino al 30 giugno 2007, in due sottomercati, uno libero e l’altro vincolato.
Nel mercato vincolato i clienti erano “legittimati a stipulare contratti di fornitura esclusivamente con il distributore che esercita il servizio nell’area territoriale dove è localizzata l’utenza”, il quale fornisce il servizio ad una tariffa unica nazionale, determinata dall’Autorità (art. 1, comma 7, art. 2, comma 7, e art. 9, d. lgs. n. 79/1999). In particolare, è l’Acquirente Unico, società per azioni costituita dal Gestore della rete di trasmissione, a stipulare e gestire i contratti di fornitura, allo scopo di garantire “la disponibilità della capacità produttiva di energia elettrica necessaria e la fornitura di energia elettrica in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio nonché di parità del trattamento, anche tariffario” (art. 4, comma 1, d. lgs. n. 79/1999; art. 1, comma 40, l. n. 239/2004).
Nell’intenzione del legislatore il mercato vincolato è sin dall’inizio stato immaginato come destinato a scomparire, attraverso una graduale apertura del mercato: dapprima si è disposto il progressivo abbassamento delle soglie di consumo annuo richieste per il riconoscimento della qualifica di cliente idoneo (art. 14, commi 2, 3 e 4, d. lgs. n. 79/1999; art. 14, comma 5-bis, d. lgs.
n. 79/1999, introdotto dall’art. 10, legge 5 marzo 2001, n. 57); successivamente, l’art. 1, comma 30, della legge n. 239/2004, dando attuazione a quanto stabilito dall’art. 21 della direttiva n. 2003/54/CE, ha esteso l’idoneità a tutti i clienti finali non domestici, sia in qualità di singoli, sia come gruppi di impresa (consorzi 10), a partire dal 1 luglio 2004 e indiscriminatamente a tutti i clienti finali a partire dal 1 luglio 2007 (art. 14, commi 5-quater e 5-quinquies, d. lgs. n. 79/1999, aggiunto dal già citato art. 1, comma 30, legge n. 239/2004).
La ragione alla base della previsione, in prima battuta, di un mercato non integralmente libero è stata ravvisata nella circostanza per cui i vantaggi della liberalizzazione risultano fruibili in maniera differente a seconda del caratteristiche del cliente finale: i cliente di piccola dimensione hanno una scarsa capacità di comprensione delle offerte e di previsione dei proprio consumi e una scarsa
10 Si ricorda l’Assoutility, creato da Xxxxxxxxxxxx, che raggruppa oltre 300 imprese ed enti per un consumo complessivo di energia elettrica di oltre 1.200.000.000 di KWh all’anno e svolge la funzione di mantenere rapporti di intermediazione tra i clienti finali ed i principali fornitori e distributori di energia elettrica.
competenza tecnica nel valutare il contenuto delle medesime. Per i clienti di piccola dimensione è giustificata quindi la necessità di introdurre, anche solo transitoriamente strumenti di tutela..
Con le modifiche legislative recentemente intervenute (D.L. 18 giugno 2007, n. 73, convertito in legge con Legge 3 agosto 2007, n, 125) è stato completato il processo di liberalizzazione, stabilendo che per i clienti non riforniti di energia elettrica sul mercato libero l’erogazione del servizio è garantita dall’impresa di distribuzione, anche tramite apposite società di vendita, e la funzione di approvvigionamento continua ad essere svolta dall’Acquirente Unico. Tale regime, detto di “maggior tutela” riguarda i clienti domestici e le imprese aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro, che non scelgano un fornitore nel mercato libero. Per i clienti diversi da quelli sopra descritti, senza fornitore di energia elettrica o che non abbiano scelto il fornitore viene individuato, tramite procedure concorsuali, il fornitore del cosiddetto “servizio di salvaguardia”, erogato a condizioni che incentivino il passaggio al libero mercato.
I prezzi di fornitura del servizio nel mercato vincolato (oggi del servizio di maggior tutela) sono interamente regolati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. I corrispettivi relativi ai servizi di trasporto e misura (oltre agli oneri generali) sono fissati dall’Autorità (delibera 5/04 e successive modifiche e integrazioni). I corrispettivi di vendita sono fissati, per i soli clienti compresi nel servizio di maggior tutela nel Testo integrato relativo al servizio di vendita al dettaglio dell’energia elettrica (del. 156/07) .
II.4.2.- Nel mercato libero i clienti, definiti idonei – fino al 1 luglio 2007, riconosciuti come tali in quanto raggiungevano determinate soglie di consumo, ovvero appartenevano a categorie di soggetti tassativamente elencate dal legislatore -, hanno “la capacità di stipulare contratti di fornitura con qualsiasi produttore, distributore o grossista, sia in Italia che all’estero” (art. 2, comma 6, e art. 14, d.lgs. n. 79/1999). Pertanto i clienti idonei sono liberi di scegliere il venditore di energia elettrica e il contratto di fornitura che meglio risponda alle proprie esigenze.
Quanto al concreto funzionamento del mercato libero, occorre distinguere i segmenti della vendita all’ingrosso e quello della vendita al dettaglio.
Nel segmento della vendita all’ingrosso due sono le modalità per la compravendita di energia elettrica:
a) il sistema della contrattazione bilaterale diretta tra produttori e grossisti o grandi consumatori, in cui l’incontro tra la domanda e l’offerta avviene in maniera decentralizzata, tra soggetti interessati l’uno a vendere l’altro ad acquistare energia elettrica;
b) il sistema delle offerte o della borsa elettrica, nel quale la selezione delle offerte di vendita necessarie al soddisfacimento della domanda al minimo costo avviene in maniera centralizzata, sulla base di procedure stabilite e condotte dal Gestore del mercato, società per azioni a partecipazione totalitaria del Gestore del sistema elettrico (artt. 5 e 6, d. lgs. n. 79/1999).
Se originariamente il ricorso alla contrattazione bilaterale, dopo l’entrata in vigore del sistema delle offerte, era configurato in espressi termini di deroga al sistema stesso, e, come tale, subordinato alla previa autorizzazione dell’Autorità, da rilasciarsi su richiesta degli interessati e con il parere conforme del GRTN (art. 6, comma 1, vecchio testo d. lgs. n. 79/1999), ora, a seguito delle modifiche introdotte con il d.l. 29 agosto 2003, n. 239, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione n. 290/2003, non è più previsto alcun atto di assenso preventivo alla stipula di contratti bilaterali.
Non mi sembra utile
I due sistemi di compravendita di elettricità sul mercato libero (contratti di compravendita conclusi nel sistema delle offerte o al di fuori del sistema delle offerte) sono tra loro alternativi e gli operatori sono liberi di scegliere la loro modalità di approvvigionamento, in base alle convenienze relative.
In entrambi i sistemi di compravendita di elettricità sul mercato libero i contenuti negoziali in termini di quantità del bene scambiato e di obblighi contrattuali sono definiti alla luce delle condizioni di funzionamento della rete, attraverso la quale il contratto di compravendita viene eseguito.
La compravendita di energia elettrica deve intendersi “a termine”, nel senso che si riferisce ad energia elettrica da consegnare in un momento successivo a quello della negoziazione.
Poiché la programmazione degli impegni di immissione/prelievo di energia elettrica in esecuzione di contratti di compravendita è un elemento fondamentale per garantire la sicurezza del sistema, i programmi stessi, sia che siano in esito a contratti bilaterali, sia che si riferiscano a compravendita presso i mercati organizzati gestiti dal GME nel sistema centralizzato, devono essere registrati presso il GRTN ai fini del dispacciamento (vedi commento successivo).
Pertanto nel settore elettrico le forniture prendono la forma di programmi di immissione e prelievo dalla rete, cui corrisponde un prezzo di valorizzazione dell’energia orario. Con la deliberazione
111/06 l’operatore di mercato si interfaccia esclusivamente con il GME. che intesta a ciascun operatore uno o più Conti Energia a Termine in cui vengono registrati, per ciascun periodo rilevante: a) acquisti e vendite a Termine di energia elettrica; b) i programmi di immissione e di prelievo risultanti dagli acquisti/immissioni registrati sul conto energia.
Nel mercato libero il complessivo prezzo dell’energia è composto da tre elementi: a) energia (costi di generazione fissi e variabili – combustibile) dovuto al fornitore; trasporto (costo di trasmissione e distribuzione) dovuto al distributore; dispacciamento dovuto a Terna.
Sempre relativamente ai contratti conclusi al di fuori del sistema delle offerte si possono considerare due diversi livelli di contrattazione: il primo riguarda i contratti attraverso cui i soggetti che dispongono di fonti di produzione (società di produzione nazionali ed estere, toller/mandatari di società di produzione, GRTN) cedono energia ad altri soggetti (tipicamente grossisti o consumatori finali); il secondo livello si colloca a valle del primo livello e coinvolge tutta l’attività di trading effettuata tra operatori grossisti e tra questi e i clienti finali del mercato libero.
Nel mercato libero elettrico si distinguono diverse tipologie di contratto, in relazione alle varie fasi della filiera coinvolte:
- un contratto di fornitura o di vendita che intercorre tra grossista o società di produzione e cliente finale e che intende definire il costo dell’energia
- un contratto di trasporto o di distribuzione che ha ad oggetto i servizi di trasmissione e distribuzione, che deve essere stipulato tra distributore locale e cliente finale o un suo mandatario e che definisce il costo di trasporto dell’energia fino al sito di consumo del cliente finale;
- vi è poi un contratto di dispacciamento, stipulato tra cliente finale o un suo mandatario e Terna.
Nel segmento della vendita al dettaglio l’attività è svolta da imprese non soggette ad autorizzazione (mentre esiste una forma di accreditamento volontario per i venditori intendono servire i clienti finali domestici e gli altri clienti finali in bassa tensione, tramite requisiti di affidabilità definiti dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas con la deliberazione 134/07).
Per quanto riguarda le piccole e medie imprese, normalmente (In realtà il più delle volte il contratto è all inclusive) il cliente finale conferisce mandato unico ad un grossista con il quale intercorre il contratto di fornitura per la stipula del contratto di trasporto con il distributore e del contratto di dispacciamento con Terna (il che comporta che al cliente pervenga un’unica fattura comprensiva delle voci della fornitura, del trasporto e del dispacciamento).
III - La disciplina delle condizioni contrattuali ai clienti idonei
III.1 La tutela codicistica (artt. 1341 e 1342 c.c.) e le peculiarità del contratto di fornitura e di distribuzione dell’energia elettrica
III.1.1.- Particolarmente complessa e delicata appare la ricostruzione della disciplina delle condizioni dei contratti di fornitura o di trasporto ai clienti idonei.
I rapporti relativi sono riconducibili allo schema privatistico dei contratti per adesione, caratterizzati dal fatto che nell’iter formativo del consenso la fase delle trattative è soppressa o, comunque, notevolmente ridotta (11). Infatti le società erogatrici del servizio offrono ai loro clienti rientranti nella categoria delle piccole e medie imprese per la stipula prevalentemente contratti standardizzati con moduli e formulari, differenziati talvolta per tipologia di utente (nel caso di specie, per capacità di consumo elettrico).
In particolare, la fornitura di energia elettrica integra lo schema tipico del contratto di somministrazione (ex art. 1559 c.c.), secondo cui “una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, ad eseguire a favore dell’altra prestazioni periodiche o continuative di cose”; il contratto di somministrazione è quindi per sua natura destinato a soddisfare, ad intervalli di tempo costanti, bisogni periodici o continuativi attraverso la costituzione di un rapporto durevole.
Già la risalente Cass., 9 luglio 1968, n. 2359 (12) aveva qualificato il contratto di energia elettrica come contratto di somministrazione, comportando siffatto inquadramento che “il somministratore, con l’impegnarsi a soddisfare bisogni futuri del somministrato, il quale acquista correlativamente il diritto ad avere ai prezzi e alle condizioni prestabilite, e con la dovuta regolarità le prestazioni che gli sono state promesse, assume su di sé, oltre che l’obbligo di apprestare i mezzi necessari per l’adempimento, anche i rischi della fornitura, costituendo questi, tranne che in polizza non ne sia stato espressamente convenuto lo spostamento a carico dell’utente, l’alea normale del contratto derivante dal proiettarsi della prestazione nel futuro”.
11 X. XXXXXXXX, voce Contratti per adesione, in Enc.dir., Milano, vol. X.
12 In Xxxx.Xxxx.xx., 1968, p. 856.
La normativa codicistica prevede, inoltre, all’art. 1570 c.c. la possibilità di operare un rinvio, applicando alla fattispecie tipica della somministrazione anche “le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole prestazioni”, purché compatibili con le disposizioni codicistiche espressamente dettate per il contratto di somministrazione. A tal riguardo sia la dottrina sia la giurisprudenza hanno individuato diversi modelli negoziali applicabili e hanno ritenuto quindi utilizzabili alcune norme codicistiche, quali gli artt. 1665, 1666, 1667 x.x. xxxxxxx in materia di appalto, nonché l’art. 1677 c.c. circa l’appalto di servizi. Si è affermato così che “secondo la prevalente opinione il contratto di somministrazione di energia elettrica dovrebbe essere considerato come un appalto di un servizio, prevalendo in esso l’attività necessaria per produrre l’energia sulle obbligazioni di dare l’energia stessa all’utente” (13).
Tuttavia, tale opinione va storicizzata, nel senso che è stata espressa quando non era ancora stata attuata la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e, con essa, la necessaria e già illustrata disgiunzione tra attività appartenenti alle diverse fasi della filiera, attività regolate e attività libere. Pertanto, attualmente non è più possibile affermare che nel contratto di somministrazione dell’energia elettrica prevalga l’attività di produzione rispetto alle obbligazioni di fornitura dell’energia stessa, facendo capo le due attività a due distinti contratti.
Sicuramente, invece, ai contratti in esame che, come detto, si muovono nell’alveo dei cd. contratti standard, si applicano le norme dettate in materia di condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente da uno dei contraenti ex artt. 1341 ss. del codice civile.
Come noto, la tecnica della formazione del contratto mediante l’adesione a schemi uniformi predisposti da una parte, pone problemi di tutela dell’aderente, sia per quanto riguarda la conoscenza delle clausole contrattuali, sia per quanto attiene alla difesa contro il predisponente che, avvalendosi della posizione di forza in cui si trova, imponga le sue regole.
E’ altrettanto noto che il codice civile ha curato solamente il primo aspetto (artt. 1341 ss. c.c.), mentre non si è preoccupato di fornire strumenti per l’effettiva tutela del contraente debole. Infatti, l’imposizione di clausole vessatorie in generale è ammessa a certe condizioni, ossia mediante un procedimento rafforzato di formazione del consenso: ma la tutela codicistica, nel prevedere il requisito della specifica approvazione per iscritto, da parte dell’aderente, delle clausole per il medesimo particolarmente onerose, è esclusivamente di tipo formale e risponde ad un’esigenza di
13 MIRABELLI, Comm. Utet.
conoscenza/conoscibilità del contenuto contrattuale, mentre trascura l’esigenza di una tutela sostanziale dell’equilibrio contrattuale (14).
III.1.2.- L’apparato normativo di controllo offerto dall’art. 1341 c.c. appare quindi non pienamente soddisfacente, tenuto conto delle peculiarità del servizio offerto.
In primo luogo, centrale deve essere la considerazione che con tali contratti viene erogato un servizio di pubblica utilità. Si è già detto che la distribuzione di energia elettrica costituisce un servizio pubblico essenziale e come tale è concepito dal legislatore e dalla giurisprudenza. Ma il carattere di servizio pubblico o di servizio di interesse economico generale riguarda anche la fornitura di energia elettrica, la quale è vitale per l’operatività di chi produce e deve essere anch’essa contrassegnata da continuità e qualità nell’erogazione.
Ne discende che le posizioni delle parti contrattuali non possono essere considerate paritetiche, con l’ulteriore conseguenza che il tema dell’equità contrattuale acquista una valenza specifica in materia.
In secondo luogo, proprio in ragione del fatto che si è di fronte ad un servizio ritenuto d’interesse generale, frequenti sono gli interventi in materia dell’Autorità di regolazione; ciò comporta che attualmente i contratti di somministrazione di energia elettrica a clienti idonei siano caratterizzati, nella loro stesura, da un forte tecnicismo, in quanto vengono richiamate normative di settore (delibere dell’Autorità, ma non solo), assai complesse e non sempre di facile comprensibilità per il cliente. Vi è quindi una sicura asimmetria informativa, che rischia di consentire al contraente forte di sfruttare abusivamente del suo potere contrattuale.
In tale ottica, al fine di apprestare un’ottimale protezione del cliente/impresa nei rapporti contrattuali con le grandi società fornitrici o distributrici di energia che rappresentano un soggetto contrattualmente forte – anche, eventualmente, in assenza di posizioni di dominio – suscettibile di stabilire unilateralmente le clausole del negozio giuridico offerto per la sottoscrizione, ci si deve
14 X. XXXX, Introduzione al diritto dei consumatori, Roma-Bari, 2006, 131-134. Va comunque segnalata l’isolata Cass., 22 maggio 1986, n. 3407, in Xxxx.xx., 1986, I, 1, p. 1264, che ha affermato che la ratio del capoverso dell’art. 1341 c.c. non sta “nella sola tutela del contraente più debole (o presunto tale), ma essenzialmente nella esigenza di garantire la contrattualità effettiva delle singole clausole onerose inserite nelle condizioni generali di contratto. In altri termini, è ben vero che la tutela preordinata dall’art. 1341 c.c. ha, il più delle volte, l’effetto di favorire il contraente più debole impedendo che esso sia prevaricato dal più forte, ma non è vero che questo costituisca lo scopo esclusivo ed essenziale della norma; questa mira invece a far sì che, in ogni caso, le clausole contrattuali onerose o vessatorie formino oggetto di una contrattazione e di una approvazione vera e propria, e non siano approvate in blocco, sotto pena, in caso contrario, di dover rinunziare al contratto”.
domandare se non sia possibile applicare anche ai contratti tra imprenditori una tutela analoga a quella concepita dal legislatore per i consumatori in tema di clausole vessatorie.
Si tratta di un’impostazione obbligata, perché, come si è osservato, “la spinta ad ampliare l’area riservata ai consumatori costituisce … la valvola di sfogo per la mancata individuazione di adeguate forme di tutela per soggetti che si muovono all’interno di relazioni interprofessionali” (15).
Allo stato attuale infatti vi è una vera e propria carenza di protezione giuridica delle piccole e medie imprese nel settore dell’energia, considerando altresì la mancata applicazione al settore dell’energia elettrica della disciplina che vieta l’abuso di dipendenza economica. La legge n. 192/1998 in materia di subfornitura nelle attività produttive, definita la dipendenza economica come “la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi”, “valutata… tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti”, specificato che l’abuso di tale dipendenza può consistere “nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie” (art. 9, comma 2), nel vietare appunto l’abuso di dipendenza economica e sanzionare con la nullità il “patto attraverso il quale si realizzi l’abuso di dipendenza economica” (comma 3), esclude espressamente dalla nozione di contratto di fornitura “i contratti aventi ad oggetto la fornitura delle materie prime, di servizi di pubblica utilità e di beni strumentali non riconducibili ad attrezzature” (art. 1, comma 2, della legge). Anche tale esclusione suscita perplessità, dal momento che la norma costituisce una regola specifica inerente alla disciplina dei rapporti contrattuali tra le parti e affonda le radici nella tematica dell’equilibrio contrattuale e più precisamente nella valutazione del rapporto negoziale tra le parti (16).
15 Al. XXXXXXXX, La sfuggente nozione di consumatore e le istanze di tutela del professionista vessato, in Xxxxx e resp., 2000, p. 872.
16 “Quel che sorprende è la mancata estensione dei principi contenuti all’art. 9 della L. 192/98 a tutti i rapporti contrattuali tra imprenditori e professionisti” (X. XXXXXXX, Clausole inique nei contratti stipulati tra imprese, X. Xxxxxx editore, 24). Sostengono che la normativa in questione non avrebbe un ambito applicativo limitato ai rapporti di subfornitura come individuati dall’art. 1 della legge, ma esteso a qualsiasi rapporto nel quale si manifesti la dipendenza economica di un’impresa rispetto ad un’altra, XXXXXXXXXX, Il contratto di subfornitura, Torino, 2000, p. 178 ss.; DE NOVA, La subfornitura: una legge grave, in Riv. dir. priv., 1998, p. 451; CASO e PARDOLESI, La nuova disciplina del contratto di subfornitura (industriale): scampolo di fine millennio o prodromo di tempi migliori, in Riv.dir.priv., 1998, p. 733. Si segnala, tuttavia, che una recente pronuncia si è espressa in favore dell’applicabilità, ai contratti di fornitura di servizi telefonici, della disciplina sull’abuso di dipendenza economica, se non altro in linea di principio. Cfr., Trib. Trieste, 20/09/2006 (ord.), in Corr. Xxxxxx, 2007, f. 2, p. 178 ss. In dottrina, non escludono che il rifiuto a contrarre a condizioni eque da parte del distributore di energia elettrica possa essere sanzionato ai sensi dell’art. 0, X. XXXXX, X. XX XXXXX, Xx tema di responsabilità civile nell’interruzione del servizio di energia elettrica erogato alle imprese, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2006, p. 228.
Risulta, inoltre, impossibile utilizzare in materia la tutela dettata dall’art. 3 della legge n. 287/1990, la cd. legge antitrust, in assenza di abuso di posizione di dominio, anche se in una isolata pronuncia giurisdizionale il giudice ordinario ha forzato la fattispecie di abuso di posizione dominante, proprio in ragione della mancanza di altri strumenti a tutela del contraente debole. (17).
III.2. La disciplina sulla clausole vessatorie e la generale esigenza di equità nelle contrattazioni
III.2.1.- La disciplina di origine comunitaria delle clausole abusive (artt. 1469-bis e segg. x.x., xxx xxxx. 00 xx. xxx xxxxxx xxx xxxxxxx) offre un sistema di controllo delle clausole inique diverso rispetto a quello di cui agli artt. 1341-1342 c.c.; infatti, mentre queste ultime disposizioni, come detto, si attengono ad una logica puramente formale (la clausola vessatoria è efficace se sottoscritta), la disciplina in tema di clausole vessatorie offre una tutela di tipo sostanziale, introducendo poteri di controllo sul contenuto contrattuale che travalicano la ratio di tutela del consenso.
E’ necessario dunque domandarsi se oggi, alla luce di alcuni mutamenti intervenuti nel quadro giuridico d’insieme, la disciplina dedicata alle clausole vessatorie nei contratti stipulati con coloro che possono qualificarsi come consumatori produca un’influenza anche nell’area della contrattazione d’impresa.
Più specificamente, occoore domandarsi se possa esservi un’influenza diretta, sotto forma di diretta applicabilità anche ai contratti business to business della disciplina dei contrati con i consumatori, ovvero se possa esservi un’influenza quanto meno indiretta, intendendo in questo caso la normativa sulle clausole vessatorie come fonte di principi generali, estendibili anche al di là dei contratti tra consumatore e professionista.
E’ noto che l’art. 3, lett. a) del Codice del Consumo (e ancor prima l’art. 1469-bis, comma 2, c.c.) contiene una definizione restrittiva di consumatore, identificato nella “persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”, escludendo così,
17 Trib.Milano, 5 settembre 2000, in Riv.dir.comm., 2000, II, p. 267 ss.
dal punto di vista letterale, ogni tipologia di impresa dalla nozione di consumatore. In questa linea si è collocata anche l’interpretazione della disciplina data dalla giurisprudenza (18) (19).
La scelta compiuta a livello comunitario, confermata in sede di attuazione dal nostro legislatore, muove dal presupposto che la natura professionale o imprenditoriale dell’acquirente di beni e di servizi sia di per sé sufficiente a rimuovere quella condizione di disparità di potere contrattuale delle parti che sta alla base dell’intervento regolativo. Il possibile squilibrio tra le parti contrattuali viene visto come uno dei tanti fattori che compongono il rischio di impresa, che, come tale, deve essere valutato dall’imprenditore nell’organizzare la sua attività.
Tuttavia, tale impostazione non convince, soprattutto in presenza di mercati articolati su livelli operativi molto distanti fra loro e caratterizzati dalla necessarietà del servizio fornito.
Sotto il primo profilo, se la ratio della disciplina normativa è quella di riequilibrare le posizioni contrattuali, per cui “a disuguaglianza sostanziale corrisponde disuguaglianza legislativa”, perplessità suscita l’esclusione dalla categoria del consumatore di soggetti che, pur imprenditori, spesso si trovano in una condizione di debolezza nei confronti di altri imprenditori. La protezione della parte debole del contratto e la salvaguardia dell’equilibrio contrattuale a suo vantaggio è esigenza presente anche tra professionisti, di fronte a clausole preformulate o nella sostanza imposte dalla controparte contrattuale. Si è anche osservato come l’autonoma categoria dei contratti dei consumatori si sia resa necessaria soprattutto nella fase di avvio della politica consumeristica, mentre ora sarebbe recessiva, nascendo dai contratti con i consumatori il più comprensivo paradigma del contratto con asimmetria di potere contrattuale (20).
Molte delle tecniche di tutela del consumatore risultano fungibili anche per i professionisti e utilizzate pure in questo ambito dal legislatore comunitario, preoccupato di promuovere la diffusione di comportamenti corretti nei rapporti tra professionisti. Si pensi agli obblighi di informazione e di trasparenza, che si rinvengono nella direttiva n. 31/2000/CE sul commercio
18 Cass., sez. III, 14 aprile 2000, n. 4843, in Foro it., 2000, I, p. 3196; per la negazione dell’estensione della tutela ai professionisti anche Xxxx., sez. I, 25 luglio 2001, n. 10127, in Contratti, 2002, p. 338 ss.; contra Trib.Ivrea, 5 ottobre 1999, in Danno e resp., 2000, p. 861.
00 Xxxxx xxxx., xxx. 30 giugno 1999, n. 282, in Foro it., 1999, I, p. 3118, ha respinto la questione di legittimità costituzionale per manifesta inammissibilità, essendo la disciplina invocata entrata in vigore successivamente al verificarsi dei fatti di causa; Corte cost., 22 novembre 2002, n. 469, ivi, 2003, I, p. 332, ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1469-bis, comma 2, c.c., in riferimento agli artt. 3, 25, comma 1, e 41 Cost., nella parte in cui non equipara al consumatore le piccole imprese e quelle artigiane.
20 X. XXXXX, Contratti di diritto comune, contratto del consumatore, contratto con asimmetria di potere contrattuale: genesi e sviluppi di un nuovo paradigma, in Il contratto nel duemila, Torino, 2002, p. 56-57.
elettronico, oppure nella direttiva n. 22/2002/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (21).
L’attenzione alla protezione del contraente debole anche nei contratti tra imprese trova poi espressione nella disciplina di derivazione comunitaria sui ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali tra imprese o tra imprese e amministrazioni di cui al d. lgs. n. 231/2002, che impone controlli di tipo contenutistico agli artt. 4, 5 e 7 (il VII considerando della direttiva n. 2000/35/CE afferma che “i periodi di pagamenti eccessivi e i ritardi di pagamento impongono pesanti oneri amministrativi e finanziari alle imprese, ed in particolare a quelle di piccole e medie dimensioni”); nel T.U. bancario del 1993 e nel T.U. dell’intermediazione finanziaria del 1998 che dettano norme dirette a tutelare il cliente, sia esso consumatore o non consumatore, prevedendo obblighi di forma o di tipo informativo; nella disciplina del d. lgs. n. 253/2000, attuativa della direttiva n. 97/5/CE sui bonifici transfrontalieri, la quale afferma al II considerando che “è essenziale che i singoli cittadini e le imprese, in particolare quelle piccole e medie, possano effettuare bonifici rapidi, sicuri ed economici da un capo all’altro del territorio della Comunità”.
Ancora, i principi di diritto europeo dei contratti non presentano disposizioni specifiche per i consumatori, ma si basano in larga parte su clausole generali (quali la buona fede, la correttezza e la ragionevolezza) e su criteri destinati ad acquisire concretezza in sede di applicazione mediante rinvio alle circostanze di specie. In particolare, l’art. 4:110 dei principi di diritto europeo dei contratti contiene una previsione generale corrispondente al nostro art. 33 del Codice del Consumo (relativo a clausole non individualmente negoziate che, in contrasto con la buona fede, provochino un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti, clausole che sono suscettibili di annullamento ad iniziativa della parte pregiudicata), la quale non ha un ambito soggettivo specifico e limitato di applicazione, ma è estesa a tutti i contratti, quale che sia la qualifica soggettiva dei contraenti.
Molti sono poi gli ordinamenti in cui la disciplina delle clausole abusive non prevede differenziazioni, o per lo meno differenziazioni nette, a seconda della qualità delle parti. La legge tedesca sulle condizioni generali di contratto si applica anche ai contratti tra professionisti, almeno nella sua clausola generale di cui al par. 9 AGBG, ora par. 307, Abs. 1 e 2 BGB, e anche le legislazioni di altri paesi europei, così come lo Uniform Commercial Code statunitense, sono dotati
21 In particolare, l’art. 20 prevede obblighi di informazione a carico delle imprese che forniscano servizi di connessione o di accesso alla rete ai consumatori in senso ampio, con possibilità di estendere le stesse previsioni nei confronti di altri utenti.
di una clausola generale che consente il controllo sulle clausole vessatorie nei contratti tra professionisti (22). Pertanto, una posizione rigida, che escludesse il controllo sostanziale sulle condizioni di contratto predispose nei contratti conclusi tra professionisti, potrebbe anche non essere in sintonia con l’obiettivo fondamentale di agevolare i rapporti commerciali tra gli operatori degli Stati membri dell’Unione europea.
Se quindi, per lo meno dal punto di vista formale, è ancora prematuro parlare di influenza diretta della disciplina in tema di clausole vessatorie nell’ambito dei contratti tra imprese, sicuramente tale disciplina è in grado di manifestare un’influenza indiretta. Inizia, infatti, a farsi strada un’impostazione interpretativa che fa perno su principi generali quali il criterio della ragionevolezza, della buona fede, della trasparenza, al fine di garantire adeguata tutela dell’aderente dei contratti per adesione, e non tanto e solo del consumatore (23).
Pertanto, il riferimento alla disciplina in tema di clausole vessatorie deve considerarsi fondato non tanto sul presupposto di un’applicabilità tout court di essa ai contratti business to business, quanto sulla considerazione che il criterio di abusività delle condizioni contrattuali è rappresentato dal loro contrasto con la buona fede, intesa in senso oggettivo, che determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Così, il ricorso alla clausole generali (buona fede, ragionevolezza, trasparenza) come principi regolatori dei rapporti contrattuali può importare la diffusione e la trasposizione nei rapporti tra professionisti di alcune delle soluzioni caratteristiche della disciplina delle clausole vessatorie nei contratti con i consumatori (24). Il richiamo alle disposizioni civilistiche in tema di buona fede contrattuale (costituente principio generale cardine di ogni rapporto di diritto) sia nell’ambito delle trattative ex art. 1337 c.c., che della stipula del negozio giuridico ex art. 1375 c.c., nonché come strumento di interpretazione del contratto stesso ex art. 1366 c.c., consente di delineare alcuni doveri di comportamento, che, sebbene non suscettibili di tipizzazione in modo completo ed esaustivo, sono individuabili nel dovere di informazione, di chiarezza (inteso come dovere di
22 A.M. XXXXXXXXXX, I contratti con i consumatori tra diritto comunitario e diritto comune europeo, Napoli, 2005,
p. 71 ss., 87, p. 245 ss.; X. XXXXX, L’inefficacia delle clausole vessatorie, Padova, 2004, p. 372 ss.
23 Di controllo di ragionevolezza parla X. XXXXXXX, La disciplina delle “clausole abusive” e il suo innesto nel corpo del codice civile, in Rass.giur.en.el., 1997, p. 297.
24 X. XXXXX, L’inefficacia delle clausole vessatorie, cit., p. 362 ss.
evitare un linguaggio non pienamente comprensibile), di mantenere il segreto sui fatti di natura riservata, conosciuti a causa delle trattative, e così via (25).
Vero è che gli strumenti di tutela della parte più debole vanno utilizzati con prudenza nei rapporti tra imprese, in quanto l’esistenza di rapporti di forza non perfettamente bilanciati costituisce un dato fisiologico nei rapporti tra le imprese stesse. Sempre presente è il rischio di una sorta di “paternalismo contrattuale” (26).
Occorre dunque misura ed equilibrio nell’eventuale introduzione di un controllo sostanziale sulle condizioni di contratto tra imprese, tenendo comunque presente che è inevitabile incontrare resistenze; a tal proposito si pensi che in passato contro la direttiva in tema di clausole abusive si era schierata una parte della dottrina, specie tedesca, che vedeva nella proposta comunitaria un vero e proprio attentato al principio di libertà contrattuale e al funzionamento del mercato (27).
In conclusione, nell’ambito dell’attuale indagine condotta dalle CCIAA di Milano e Roma su eventuali patologie contrattuali, il principio guida risulterà essere il canone della buona fede, intesa in senso oggettivo, ovvero come correttezza, come regola di condotta a cui devono attenersi le parti del contratto, come, più in generale, i soggetti di ogni rapporto obbligatorio (28) e in base al quale è possibile nel nostro ordinamento sindacare manifestazioni della libertà negoziale delle parti che, pur non scontrandosi con norme specifiche, trovano un limite nel diritto della controparte contrattuale di non subire regole o comportamenti ingiusti (29).
III.2.2.- Il discorso si fa più incisivo se dal piano delle considerazioni di carattere generale si passa al piano specifico dei contratti di fornitura e di trasporto di energia elettrica a vantaggio delle piccole e medie utenze professionali, artigiane, agricole e industriali.
25 Un esempio di controllo contenutistico su una clausola dal tenore vessatorio inserita in un contratto concluso tra professionisti è dato dalla pronuncia con cui la Cassazione (Cass., 2 novembre 1998, n. 10926, in Foro it., 1998, 3094), ha censurato alcune determinazioni dell’autonomia contrattuale squilibrate a danno dell’aderente sulla base del principio della buona fede e indipendentemente dalla qualità soggettiva delle parti contraenti (nel caso di specie si trattava della nullità della clausola che faceva gravare sull’utilizzatore del contratto di leasing il rischio della mancata consegna del bene da parte del fornitore).
26 X. XXXXXXX, La disciplina delle “clausole abusive”, cit.,p. 296.
27 Sempre nella stessa ottica cfr. il parere del Comitato economico e sociale in merito alla proposta di direttiva sulle clausole abusive (in GUCE C 159/34 del 17 giugno 1991), punti 2.3.3 e 2.3.4, dove si sollecita la Commissione a valutare, in un futuro immediato, la possibilità di vietare le clausole inique in tutti i contratti, tenendo conto della situazione delle piccole imprese e degli intermediari. Anche la Relazione della Commissione sull’applicazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5.4.1993 (COM (2000) 248 del 27 aprile 2000), p. 32, invita a valutare la possibilità di estendere la tutela prevista per i consumatori ai professionisti.
28 C.M. BIANCA, Diritto civile-Il contratto, Milano, 2000, p. 500 ss.
29 X. XXXXX, Le condizioni generali di contratto e i contratti del consumatore, in I contratti in generale, a cura di X. XXXXXXXXX, Torino, 1999, p. 344.
Come si è premesso, infatti, le piccole e le medie imprese non sono in grado di contrapporsi all’impresa erogatrice di energia elettrica, la quale è solitamente un soggetto di rilevanti dimensioni economiche, che, inoltre, fornisce un servizio essenziale per lo svolgimento di qualsiasi attività organizzata. Ogni contratto è poi condizionato dalla presenza di cd. essential facility, cioè dalla esistenza di una struttura a rete non duplicabile ed indispensabile per svolgere un’attività economica a valle (si tratta, in particolare, dei servizi di trasporto e dispacciamento).
Se quindi si vuole imporre una differenziazione di disciplina, essa deve concernere non solo e non tanto il profilo soggettivo (consumatore vs. imprenditore), bensì il profilo oggettivo, che tenga cioè nel debito conto il tipo di contratto che viene in rilievo, trattando differentemente contratti diversi. In quest’ottica i contratti di fornitura e di trasporto di energia elettrica si trovano in un’area di confine tra i contratti consumeristici e i contratti commerciali.
Del resto, è lo stesso dato normativo ad aprire prospettive nuove, come già illustrato in esordio. Infatti la direttiva n. 2003/54/CE opera nel senso di equiparare i consumatori alle imprese aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro, preferendo utilizzare, al posto dell’espressione “consumatori”, la più generale e generica dizione di “clienti vulnerabili”, che accomuna in sé consumatori e piccole e medie imprese, gli uni e le altre venendo in considerazione come contraenti deboli. Vi è dunque il riconoscimento da parte del legislatore comunitario che vi sia uno squilibrio giuridicamente rilevante tra fornitore (o distributore o grossista) ed utilizzatore di energia elettrica, salvo che quest’ultima sia una grande impresa.
Si parla di tutela dei diritti dei “clienti piccoli e vulnerabili” al secondo “considerando” della direttiva; al diciannovesimo “considerando” si afferma che “tutti i settori industriali e commerciali, comprese le piccole e medie imprese, e tutti i cittadini della Comunità, che beneficiano dei vantaggi economici del mercato interno dovrebbero altresì poter beneficiare di elevati livelli di tutela dei consumatori … e, se gli Stati membri lo ritengono opportuno, le piccole imprese dovrebbero anche poter beneficiare di garanzie relative al servizio pubblico, in particolare riguardo alla sicurezza dell’approvvigionamento e a tariffe ragionevoli, per ragioni di equità, competitività e, indirettamente, ai fini della creazione di posti di lavoro”; al secondo capoverso del ventiquattresimo considerando si legge che “gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per proteggere i clienti vulnerabili nel contesto del mercato interno dell’energia elettrica”.
Inoltre, l’art. 3 della nuova direttiva rafforza gli obblighi di servizio pubblico nei confronti di tutti i clienti vulnerabili, ai quali deve essere assicurata una protezione adeguata, in un’ottica intesa a contemperare l’istanza di concorrenza con i principi propri del pubblico servizio e cioè la sicurezza dell’approvvigionamento, la regolarità, la qualità e il prezzo delle forniture. Si richiede agli Stati membri che sia garantito il servizio universale (e cioè la fornitura di energia elettrica di una qualità specifica a prezzi ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili e trasparenti) a tutti i clienti domestici, nonché, se gli Stati membri lo ritengano necessario, alle piccole imprese, intese queste ultime come quelle “aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro” (art. 3, par. 3); che vengano adottate “misure adeguate per tutelare i clienti finali” e che sia assicurata in particolare “ai clienti vulnerabili un’adeguata protezione comprese le misure atte a permettere loro di evitare l’interruzione delle forniture” (art. 3, par. 5).
Ne esce confermato che l’approvvigionamento di energia elettrica costituisce uno degli ambiti in cui si registra la maggiore esposizione della piccola e media impresa al rischio di confrontarsi con un contraente forte e in cui si reclama pertanto una tutela specifica.
IV- Vincoli pubblicistici alle condizioni contrattuali ai clienti idonei
IV.1 Regolazione e autonomia privata
Un’interpretazione corretta delle peculiarità del settore dell’erogazione di energia elettrica impone anche di considerare che la contrattazione, ancorché liberalizzata sotto il profilo soggettivo, non è comunque del tutto libera, non è cioè rimessa alla sola autonomia delle parti, stante la presenza di vincoli pubblicistici alla contrattazione, scaturenti dalla natura del servizio erogato.
Le principali condizioni contrattuali di fornitura sono regolate, per i clienti che rientrano nel cosiddetto servizio di maggior tutela, dalla deliberazione dell’Autorità 28 dicembre 1999, n. 200/99. Il sistema di vincoli regolativi non risulta facilmente ricostruibile dal momento che i provvedimenti autoritativi in materia si susseguono a ritmo vorticoso, procedendo per progressivi aggiustamenti e cercando di evitare il rischio della rapida obsolescenza.
Inoltre, l’intervento pubblicistico si esprime attraverso una molteplicità di strumenti di regolazione dell’attività del gestore: convenzione ed eventuali contratti di programma, regolamento di servizio, carta di servizio, come anche delibere dell’Autorità di regolazione.
IV.2 Il potere dell’Autorità di regolazione di fissare direttive in tema di qualità del servizio
Anzitutto i soggetti esercenti il servizio sono tenuti ad osservare le “direttive concernenti … l’erogazione dei servizi da parte dei soggetti concernenti i servizi medesimi” dettate dall’Autorità di regolazione, le quali definiscono “i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all’utente” (art. 2, comma 12, lett. h), nonché comma 37, legge n. 481/1995), e che costituiscono modifica o integrazione del regolamento di servizio che il soggetto esercente è tenuto a predisporre (art. 2, comma 37, legge n. 481/1995).
All’Autorità è dunque riconosciuto il potere di stabilire attraverso proprie direttive i livelli generali e i livelli specifici della qualità del servizio. I livelli generali rappresentano gli obiettivi di qualità che si riferiscono al complesso delle prestazioni rese dall’esercente il servizio, mentre i livelli speciali riguardano ciascuna delle singole prestazioni rese al cliente.
L’Autorità ha così provveduto a selezionare i fattori da cui dipende la qualità del servizio attraverso l’individuazione di indicatori di qualità (rispetto dei livelli di tensione stabiliti dalle norme tecniche, corretto funzionamento degli apparecchi di misurazione, precisione della fatturazione, tempi per l’attivazione della fornitura, o di riattivazione della fornitura in caso di interruzione, etc.) e, quindi, mediante la fissazione, per ciascun indicatore, dei livelli quantitativi e qualitativi relativi.
La principale fonte di regolazione è costituita dal Testo integrato delle disposizioni in materia di qualità dei servizi di distribuzione, misura e vendita dell’energia elettrica per il periodo di regolazione 2004-2007, adottato dall’Autorità con la delibera 30 gennaio 2004, n. 4/2004 e successivamente integrato con delibera 28 dicembre 2004, n. 247 (ma già in precedenza l’Autorità era intervenuta in tema di regolazione della qualità dei servizi, come, ad esempio, con la del. n. 220/02).
Con l’introduzione della regolazione della qualità commerciale l’Autorità, in attuazione dell’art. 11 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286, ha superato il regime precedente della Carta dei servizi di cui all’art. 2, comma 12, lett. p), legge n. 481/1995.
Tale regime aveva dimostrato di non riuscire nell’intento di tutelare i clienti finali essenzialmente per due ragioni: gli standard delle Carte dei servizi erano definiti dalle stesse imprese e risultavano
in genere attestati su livelli prudenziali e non aggiornati periodicamente; nel regime della Carta dei servizi gli esercenti potevano definire procedure di rimborso su richiesta dei clienti interessati, che in genere non erano note o comunque scoraggiavano i clienti aventi diritto al rimborso.
Quanto all’ambito di applicazione del Testo integrato, gli standard uniformi di qualità commerciale in esso stabiliti sono obbligatori per tutti gli esercenti con numero di clienti finali superiore a 1.000 (30), seppure con una diversa estensione degli standard applicabili in relazione al numero di clienti finali.
Il Testo integrato persegue molteplici finalità:
a) assicurare una corretta ed omogenea registrazione delle interruzioni da parte delle imprese distributrici, per disporre di indicatori di continuità affidabili, comparabili e verificabili e per consentire una adeguata informazione dei clienti interessati dalle interruzioni;
b) migliorare la continuità del servizio a livello nazionale e ridurre le differenze regionali a parità di grado di concentrazione;
c) limitare il numero delle interruzioni annue subite dai clienti, introducendo un meccanismo inizialmente limitato ai clienti di maggiori dimensioni;
d) favorire la contrattualizzazione di livelli di continuità del servizio e di qualità della tensione superiori agli standard definiti dall’Autorità (art. 2 dell’Allegato al Testo Integrato);
e) tutelare i diritti dei clienti attraverso livelli specifici e generali di qualità commerciale dei servizi di distribuzione, di vendita e di misura dell’energia elettrica e indennizzi automatici per il cliente in caso di mancato rispetto dei livelli specifici di qualità per cause imputabili all’esercente;
f) assicurare una corretta ed omogenea registrazione delle prestazioni richieste dai clienti per disporre di indicatori di qualità commerciale affidabili, comparabili e verificabili e per consentire una adeguata informazione dei clienti in merito alla tempestività di esecuzione delle prestazioni richieste (art. 45 dell’Allegato).
Il Testo integrato, nel provvedere a regolare la continuità del servizio di distribuzione (durata e numero delle interruzioni), nonché la qualità commerciale dei servizi di distribuzione, misura e vendita dell’energia elettrica, ripartisce gli standard di qualità commerciale tra i servizi di distribuzione e i servizi di vendita, considerando, ad esempio, l’attivazione, la disattivazione e la riattivazione come attività connesse al servizio di distribuzione (art. 74 dell’Allegato).
30 In particolare, l’Autorità esonera gli esercenti con meno di 1.000 clienti dall’applicazione della disciplina in materia di qualità commerciale, reputando che “i costi di attuazione della regolazione possono risultare per questi esercenti superiori ai benefici ottenuti dai clienti per effetto della stessa regolazione” (lett. h dell’ultimo Ritenuto della delibera).
Per quanto riguarda l’attività volta a favorire la contrattualizzazione di livelli di continuità del servizio e di qualità della tensione superiori agli standard definiti dall’Autorità, si riconosce alle imprese la facoltà di stipulare “contratti per la qualità” con i clienti finali, i clienti grossisti ed altre utenze quali produttori di energia elettrica, autoproduttori e imprese distributrici interconnesse, attraverso clausole aggiuntive da inserire nel contratto di trasporto, nel rispetto dei criteri fissati per la qualità (31).
Si prevede poi un sistema di indennizzi automatici, che va a sostituire il sistema di indennizzo su richiesta, nel caso in cui l’esercente non rispetti gli standard qualitativi per cause non dovute a forza maggiore o a responsabilità dei terzi o del cliente stesso (art. 33 e 67, comma 1, dell’Allegato); e si introduce l’obbligo per gli esercenti l’attività di vendita che presentano richieste di prestazione alle imprese distributrici per conto dei clienti finali (caso del mandatario unico), di trasferire agli stessi clienti gli eventuali indennizzi automatici ricevuti in caso di mancato rispetto degli standard specifici relativi all’attività di distribuzione (art. 33) (32).
IV.3 Il potere dell’Autorità di regolazione di stabilire clausole negoziali e regolamentazioni tecniche da inserire nei contratti
Ulteriore vincolo di carattere pubblicistico nella predisposizione dei contratti va ravvisato nel potere riconosciuto dall’art. 6, comma 1, d. lgs. n. 79/1999 all’Autorità per l’energia elettrica e il gas di stabilire, con riferimento ai contratti con i clienti idonei, “le clausole negoziali e le regolamentazioni tecniche indispensabili al corretto funzionamento dell’intero sistema elettrico, da inserire nei contratti stessi” (33).
31 Tale rapporto contrattuale è caratterizzato da un premio annuo a carico del cliente e da un rimborso a favore del cliente stesso in caso di mancato rispetto del livello di qualità concordato. I clienti finali che non intendano aderire all’offerta di condizioni particolari sono protetti dallo standard specifico di continuità individuato dall’Autorità. Inoltre i contratti per la qualità non possono avere ad oggetto la pattuizione di livelli di qualità inferiori a quelli definiti dall’Autorità per i clienti di maggiore dimensione o, in mancanza, del peggiore livello di qualità registrato sul punto di consegna nell’ultimo anno (artt. 37, 45, 75 dell’Allegato).
32 La delibera n. 247/04, recante indennizzi automatici ai clienti finali e altre utenze in alta e media tensione con elevato numero di interruzioni per gli anni 2006 e 2007, ha poi modificato e integrato la delibera n. 4/04, introducendo un sistema di indennizzi automatici ai clienti alimentati in alta e media tensione (piccole e medie imprese) con elevato numero annuo di interruzioni.
33 Merita altresì essere ricordato che l’Autorità, sentito il gestore della rete, determina sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, che tengano conto anche dei conseguenti vincoli di rete e di mercato, uno specifico corrispettivo, aggiuntivo a quello che è dovuto al gestore per l’accesso e l’uso della rete di trasmissione nazionale di cui all’art. 3, comma 10, del d. lgs. n. 79/1999, che i produttori, i venditori e i fornitori di servizi sono tenuti a versare al gestore della rete, ovvero ai distributori interessati, in misura proporzionale ai vincoli imposti alle reti di rispettiva competenza (art. 6, comma 3, d. lgs. n. 79/1999).
Per quanto riguarda l’inquadramento del potere di cui dispone l’Autorità di stabilire le clausole negoziali da inserire nei contratti, tale potere comporta un meccanismo assimilabile a quello previsto dall’art. 1339 c.c., cioè l’inserzione automatica dei precetti contenuti nelle delibere dell’Autorità nei contratti conclusi e in quelli da concludere, con la conseguenza che l’eventuale clausola contrattuale difforme è nulla ex art. 1419, comma 2, c.c. (34).
Ed infatti la delibera 26 maggio 1999, n. 78/99 stabilisce, all’art. 2, che i contratti bilaterali di fornitura di servizi elettrici a clienti idonei “dovranno contenere una previsione che ne consenta la modificazione di diritto mediante l’inserimento di clausole negoziali e regolamentazioni tecniche che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas definisca”.
Sempre l’appena menzionata delibera n. 78/99, recante Definizione di alcune clausole negoziali da inserire nei contratti bilaterali di fornitura dei servizi elettrici a clienti idonei di cui all’art. 6 d.lgs. n. 79/1999, ha disposto, all’art. 1, che nei contratti bilaterali, ad esecuzione continuata, di fornitura di servizi elettrici a clienti idonei: “a) sia riconosciuta alle parti la facoltà di recedere unilateralmente dal contratto, salvo preavviso non superiore a sei mesi per il cliente idoneo e ad un anno per il fornitore; b) sia prevista la risoluzione di diritto del contratto nel caso in cui venga meno in capo alla parte acquirente il diritto alla qualifica di cliente idoneo (35); c) sia definita l’attribuzione alle parti del contratto bilaterale dei diritti, degli oneri e delle obbligazioni derivanti dal contratto relativo al servizio di vettoriamento dell'energia elettrica”. In particolare, la clausola che riconosce al cliente la facoltà di recesso con onere di preavviso non superiore a sei mesi ha principalmente lo scopo di favorire lo sviluppo di concorrenza tra produttori, distributori e grossisti sul mercato libero e, in particolare, lo scopo di evitare che l’incumbent Enel ostacoli l’eventuale passaggio ad altri fornitori elettrici mediante la sottoscrizione di contratti pluriennali di somministrazione.
La successiva delibera 29 ottobre 2003, n. 123/03, ha provveduto a modificare in parte la disciplina in materia di recesso dai contratti con i clienti idonei. In un primo momento, nel documento per la consultazione 31 luglio 2003, l’Autorità aveva proposto di introdurre la facoltà di rinunciare consensualmente alla clausola di recesso unilaterale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), della
34 X. XXXXXXXX, Le carte dei servizi. L’Autorità di regolazione dei servizi pubblici essenziali. I controlli interni, in Xxx.xxxx.xxx., 1995, II, p. 240; X. XXXXXXXXX, Intervento, in Attività regolatoria e autorità indipendenti, Milano, 1996, p. 115-116.
35 La clausola trae origine dal fatto che, sulla base delle disposizioni dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 79/99, il diritto alla qualifica di cliente idoneo dipende in alcuni casi dalla dimensione del consumo di energia elettrica nell'anno precedente e che quindi tale diritto potrebbe venir meno a seguito di riduzioni dei consumi al di sotto del limite previsto. Ora, però, si deve tenere conto che, come già detto, a far data dal 1 luglio 2007 è prevista l’acquisizione dell’idoneità da parte di tutti i clienti finali.
deliberazione n. 78/99, ritenendo che, in un contesto di mercato libero, le garanzie contrattuali al fine del reperimento dei mezzi finanziari necessari alla costruzione di nuovi impianti di generazione di energia elettrica o agli interventi di rifacimento e ripotenziamento di impianti di generazione potessero essere assicurate anche mediante la stipula di contratti di vendita di energia elettrica a lungo termine. Tuttavia la maggior parte dei soggetti partecipanti alla consultazione avevano espresso consenso in relazione all’introduzione di predetta facoltà solamente nel caso in cui la parte acquirente fosse un cliente grossista, rappresentando la necessità di mantenere, durante la presente fase di liberalizzazione del mercato elettrico, forme adeguate di tutela dei clienti finali idonei.
Di conseguenza, l’art. 1 della delibera. n. 78/99 è stato integrato introducendo la facoltà di rinunciare consensualmente alla clausola di recesso unilaterale unicamente quando la parte acquirente sia un cliente grossista. Non è stata prevista la medesima facoltà quando la parte acquirente sia un cliente finale idoneo, al fine di evitare che i fornitori di energia elettrica, in quanto soggetti operanti in un mercato oligopolistico e caratterizzato da asimmetrie informative, mediante la stipula di contratti con clienti finali idonei a lungo termine senza clausola di recesso erigano una barriera all’entrata contro nuovi entranti limitando la contendibilità del mercato.
E’ da ultimo intervenuta la delibera n. 212/2005 che ha ulteriormente modificato la disciplina in materia, lasciando libertà alle parti circa la determinazione dei tempi di preavviso per il recesso unilaterale dal contratto di fornitura; così, all’articolo 1, comma 2, della deliberazione 26 maggio 1999, n. 78/99, come modificata ed integrata dalla deliberazione 29 ottobre 2003, n. 123/03, sono state soppresse le parole “Nei contratti in cui la parte acquirente è un cliente grossista” (art. 18, del. n. 212/2005).
La delibera in questione è stata annullata dal Tar Lombardia, Milano, sez. IV, 6 febbraio 2006, n. 246, e ora pende davanti al Consiglio di Stato il giudizio di secondo grado. Invero i motivi di ricorso non riguardavano direttamente la disciplina in tema di recesso, ma vertevano esclusivamente sulla parte della delibera n. 212 che imponeva ad Enel di cedere contrattualmente a terzi la capacità produttiva virtuale che, per ogni macrozona geografica in cui è suddiviso il mercato dell’energia elettrica le consentirebbe, secondo stime proiettate sull’anno 2006, di imporre il prezzo dell’energia elettrica al di fuori della logica concorrenziale. Tuttavia l’esito ultimo della pronuncia di primo grado è quello di annullare l’intera delibera, compresa la parte relativa al recesso dai contratti.
Tutta la disciplina del recesso di cui sopra, per quanto riguarda i rapporti contrattuali intercorrenti tra soggetti esercenti la vendita al dettaglio e clienti finali è stata superata con la deliberazione n. 144/07.
V.4 Ulteriori vincoli pubblicistici fissati dall’Autorità di regolazione
Con la delibera n. 105/2006 l’Autorità di regolazione ha adottato il Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica a clienti idonei finali, con l’obiettivo di aumentare la trasparenza delle offerte commerciali per la vendita stessa.
Il Codice non incide sul contenuto delle offerte contrattuali ed economiche, ma fissa garanzie di trasparenza e di informazione a beneficio dei clienti finali a cui è rivolto. In particolare, il codice stabilisce norme che regolano i rapporti tra gli esercenti l’attività di vendita di energia elettrica e i clienti idonei finali con special riguardo alla fase pre-contrattuale: regole generali di correttezza nella promozione delle offerte; informazioni minime relative alle condizioni economiche e contrattuali delle offerte da rendere note ai clienti idonei finali prima della conclusione del contratto; regole per garantire la chiarezza e la trasparenza di testi e condizioni contrattuali e la loro piena conoscenza (art. 3 e ss. dell’Allegato A della delibera n. 105/2006).
Ancor più specificamente, l’Allegato A fissa criteri per la redazione dei contratti, i quali devono essere redatti “utilizzando un carattere di stampa leggibile e un linguaggio chiaro e comprensibile per tutti i clienti” e devono contenere, qualora citino fonti normative di qualsiasi specie, l’indicazione del titolo della norma e dei riferimenti di pubblicazione (art. 4), criteri di comunicazione dei prezzi di fornitura del servizio (ad esempio, l’art. 6, comma 1, lett. a, stabilisce che “i corrispettivi dovuti dai clienti per la prestazione del servizio sono indicati nel valore unitario al netto delle imposte, specificando che saranno gravati dalle imposte”), criteri di comunicazione delle informazioni relative alla spesa complessiva (art. 7); impone all’esercente di consegnare o comunque trasmettere al cliente una copia integrale del contratto, una nota informativa predisposta dall’Autorità e una scheda di riepilogo dei corrispettivi (art. 11, comma 1); estende, analogamente a quanto previsto dal Codice di condotta commerciale per la vendita di gas (delibera n. 126/2004), anche ai clienti non domestici, che, come più volte sottolineato, non rientrano nella definizione di consumatore, il diritto di ripensamento di cui al Codice del Consumo, stabilendo che se il contratto viene stipulato in un luogo diverso dai locali commerciali dell’esercente, il cliente può esercitare il diritto di recesso senza oneri entro dieci giorni decorrenti dalla stipulazione, mentre se il contratto
viene stipulato attraverso forme di comunicazioni a distanza (ad esempio, al telefono) il termine di dieci giorni decorre dal ricevimento del contratto (art. 11, commi 3 e 4)36; definisce, in conformità a quanto previsto dalla direttiva n. 2003/54/CE, la procedura che gli esercenti sono tenuti a seguire nel caso di variazione unilaterale delle clausole contrattuali prima della scadenza dei contratti (l’art. 12 precisa che “qualora nel periodo di validità di un contratto nel quale è esplicitamente prevista la facoltà per l’esercente di variare unilateralmente specifiche clausole contrattuali si renda necessario, per giustificato motivo, il ricorso da parte dell’esercente a tale facoltà, l’esercente ne dà comunicazione in forma scritta a ciascuno dei clienti interessati con un preavviso non inferiore a sessanta giorni di calendario rispetto alla decorrenza delle variazioni”).
L’ambito di applicazione del Codice risponde alla logica già evidenziata dell’equiparazione tra clienti domestici e quei particolari clienti non domestici, individuati per mezzo di uno specifico parametro tecnico, la tensione di fornitura (il Codice si rivolge infatti ai clienti domestici e non domesti alimentati in bassa tensione, categoria di cui fanno parte le piccole o medie imprese, entrambi da considerare come clienti da tutelare nella fase pre-contrattuale. Infatti l’Autorità afferma esplicitamente nella sua delibera che “non sia opportuno”, come invece proposto da taluni esercenti, limitare l’applicazione del Codice ai soli clienti domestici, proprio “in considerazione della necessità di tutelare tutti i clienti che, alla luce dello stato di effettivo sviluppo della concorrenza non sono dotati di un’efficace capacità di negoziare i propri contratti”. Pertanto, il Codice e si applica a tutti i clienti idonei finali alimentati in bassa tensione (pertanto anche alle piccole e medie imprese).
Sempre nell’ottica intesa a dettare una medesima disciplina giuridica per i clienti domestici e per i clienti appartenenti nella categoria delle piccole e medie imprese l’Autorità ha approvato, con delibera. n. 152/06, una direttiva per la trasparenza dei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità, estendendo le regole di trasparenza delle bollette dettate per i clienti del mercato vincolato (del. n. 55/00) anche ai clienti del mercato libero dotati di minor potere contrattuale. I clienti del mercato libero destinatari di tale particolare tutela sono stati individuati, in coerenza con quanto stabilito in materia dal già menzionato Codice di condotta commerciale, nei clienti del mercato libero alimentati in bassa tensione, qualora siano forniti da un unico venditore (art. 2).
A tali clienti deve essere garantita, tramite le informazioni contenute in bolletta, la possibilità di verificare la correttezza dei corrispettivi applicati e di valutare la convenienza delle condizioni
36 Si segnala che la deliberazione n. 105/06 dell’Autorità è stata annullata dal Tar Lombardia.
contrattuali pattuite con il fornitore. In particolare, la direttiva disciplina l’esposizione dei diversi corrispettivi in bolletta e mira a contemperare le esigenze di completezza dell’informazione e di leggibilità del documento.
Come si legge nell’ultima Relazione dell’Autorità di regolazione, l’estensione delle regole di trasparenza dei documenti di fatturazione ai clienti idonei finali del mercato libero viene formulata in considerazione delle attuali condizioni del mercato. Sempre l’Autorità ritiene, tuttavia, che tali garanzie potranno essere gradualmente attenuate nella misura in cui lo sviluppo di una concorrenza effettiva aumenti il grado di trasparenza del mercato.
***
CAPITOLO 2
ANALISI DELLE CLAUSOLE DEI CONTRATTI DI FORNITURA E DISTRIBUZIONE
Nel complesso sistema normativo sopra delineato, si inquadrano, dunque, i rapporti negoziali che sorgono fra i soggetti erogatori dell’energia elettrica e gli imprenditori che rivestono il ruolo di “consumatore finale”.
Per poter svolgere la propria analisi, le CCIAA di Milano e Roma hanno chiesto ed ottenuto la collaborazione dei principali operatori del settore elettrico, attivi sul territorio milanese e romano, i quali hanno fornito copia della propria documentazione contrattuale ed hanno partecipato attivamente ad una apposita audizione.
Parimenti, le Camere di Commercio di Milano e Roma hanno convocato avanti alla Commissione, appositamente istituita, anche i rappresentanti delle associazioni di categoria, che rappresentano le piccole e medie imprese del territorio di competenza, al fine di poter acquisire ogni elemento utile a valutare in concreto l’andamento del mercato e le peculiarità del settore.
Dall’esame svolto sono emerse alcune situazioni di criticità, che necessitano di specifico approfondimento.
1) INVERSIONE DELLE PARTI CONTRATTUALI:
Nei contratti di fornitura sottoposti alla valutazione della Commissione, la veste giuridica utilizzata è quella di una proposta irrevocabile indirizzata dal cliente al fornitore con l’indicazione del termine entro il quale il cliente-proponente si obbliga a mantenerla ferma ai sensi dell’art. 1329 c.c.. Sebbene il testo della proposta sia quello predisposto non già dal cliente ma dall’impresa fornitrice e, nei fatti, tali contratti siano quindi un “contratto per adesione”, ovvero un contratto predisposto unilateralmente dall’impresa fornitrice cui il cliente che intende ottenere il servizio si limita a dare il suo assenso per adesione, la manifestazione di volontà del cliente di addivenire alla stipula del contratto viene, invece, formalmente prospettata non come accettazione, ma come proposta irrevocabile A riprova, si consideri che la manifestazione di volontà del cliente -formulata nei modelli contrattuali come proposta - consiste nella mera compilazione dei propri dati personali nel formulario predisposto unilateralmente dall’impresa erogatrice e denominato Contratto di adesione
al servizio di energia elettrica. Ne consegue una censurabile discordanza tra la descrizione delle rispettive dichiarazioni delle parti (formalmente, proposta del cliente e accettazione del fornitore) e la qualificazione del contratto sub specie iuris (che sicuramente è e rimane un contratto predisposto dal fornitore e accettato per adesione dal cliente, in cui l’inversione formale dei ruoli incide soltanto sulla disciplina del termine iniziale di efficacia del contratto e non sulla sua disciplina come contratto per adesione le cui clausole standardizzate sono valutabili alla stregua del principio di buona fede).
In coerenza con la (censurabile) prospettazione come proposta della compilazione del formulario da parte del cliente richiedente il servizio, viene indicato il termine entro il quale la proposta deve essere accettata da parte dell’impresa fornitrice. La durata, predeterminata nel modulo contrattuale, varia da contratto a contratto, da un minimo di 30 ad un massimo di 90 giorni.
Il cliente è tenuto, dunque, a mantenere ferma la propria disponibilità alla stipula del contratto per un determinato periodo dalla ricezione della “proposta” da parte del fornitore, sebbene non abbia il potere di assegnare un termine per l’accettazione alla propria controparte, la quale potrebbe accettare anche in un momento non più utile per il “proponente” e senza che lo stesso possa poi procedere ad alcuna contestazione, stante l’irrevocabilità della proposta. E’ questo, in realtà, il vantaggio per il fornitore e lo svantaggio per il cliente proponente che il primo tenta di ottenere invertendo, nel formulario, i ruoli rispettivi di proponente del contratto e di accettante del medesimo.
In sede di audizione, i fornitori hanno spiegato che il ricorso alla veste giuridica della proposta irrevocabile, e la conseguente previsione di un termine entro il quale si riservano di accettare, risulti funzionale ad una duplice verifica che gli stessi possono compiere solo in un momento successivo ed avente ad oggetto la solvibilità del cliente-proponente, nonché l’operatività della propria rete territoriale di agenti commerciali.
Pur condividendo l’esigenza di tali verifiche, la Commissione ritiene, per un verso, che l’esigenza stessa possa essere soddisfatta in altro modo (ad esempio, prevedendo che il contratto concluso non sia efficace prima dello spirare di un certo termine, entro il quale saranno compiute le necessarie verifiche e salvo sempre il diritto di recesso per giusta causa all’esito delle stesse) e, per altro verso, che queste non possano tradursi nell’apposizione di un termine eccessivamente lungo, quale sicuramente è quello di 90 giorni, in quanto sproporzionato rispetto al tempo strettamente necessario all’ottenimento delle informazioni de quibus. In merito, si consideri che l’art. 8 dell’Allegato A, della delibera dell’Autorità di Regolazione n. 144/07, prevede che: Qualora il
cliente finale domestico di gas naturale e/o di energia elettrica o il cliente finale non domestico di energia elettrica, connesso in bassa tensione, avente meno di cinquanta dipendenti e un fatturato annuo non superiore a dieci milioni di euro, sottoscriva una proposta contrattuale irrevocabile, la stessa sarà considerata vincolante per un tempo massimo di quarantacinque giorni dalla sua sottoscrizione, fatto salvo un termine più breve contenuto nella proposta stessa”.
Considerando che la ratio sottesa a tale norma consiste nella necessità che il termine di irrevocabilità della “proposta” debba essere ragionevole e che tale ratio possa travalicare l’ambito di applicazione ratione materiae della suddetta delibera, a giudizio della Commissione un termine di 90 giorni risulta eccessivamente gravoso, determinando uno squilibrio contrattuale ingiustificato. Quale che sia l’ambito dimensionale del cliente, infatti, durante la pendenza del termine entro il quale la proposta può essere accettata, ad ogni cliente viene precluso, tramite l’escamotage della proposta irrevocabile, di valutare altre e più convenienti offerte da parte di imprese fornitrici concorrenti.
In conclusione, con riferimento al settore oggetto di questo parere, la Commissione, pur ritenendo non illecito in sé il tentativo delle imprese fornitrici di affrontare il problema reale dei tempi tecnici di verifica mediante la prospettazione della richiesta del cliente come proposta contrattuale, suggerisce l’opportunità di ricercare modalità diverse per soddisfare tale esigenza e, in ogni caso, ritiene necessario che il periodo di tempo, entro il quale il cliente si impegna a mantenere ferma la “propria” proposta contrattuale, venga fissato in termini più ragionevoli.
2) PREVISIONE DI MANDATO PER LA STIPULA DEL CONTRATTO DI TRASPORTO E DI DISPACCIAMENTO DELL’ENERGIA ELETTRICA:
In tutti i contratti di fornitura esaminati si prevede che il cliente firmi una clausola con la quale conferisce mandato all’impresa fornitrice di sottoscrivere per suo conto altri tre contratti: il primo con un distributore per il trasporto di energia elettrica, gli altri due con il Terna S.p.A., per il servizio di bilanciamento e per quello di scambio.
In alcuni casi, si omette di evidenziare il carattere facoltativo del conferimento del mandato, facendolo apparire come necessario ai sensi della delibera dell’Autorità di regolazione n. 27/03 (37). Invero, sul punto, si osservi che l’Autorità di regolazione, pur non pronunciandosi sulla regolamentazione dei rapporti fra Fornitore e cliente finale, ha prescritto l’obbligo di “interporre un solo mandatario ai fini della conclusione dei contratti di bilanciamento, scambio e per il servizio di
37 In linea con tale dovere di trasparenza si mostra, invece, per quanto concerne la stipula delle Condizioni Tecniche di Trasporto, la clausola secondo cui: “resta invece inteso che il Cliente conserverà ogni rapporto con il Distributore competente per tutto ciò che concerne caratteristiche e condizioni tecniche di connessione alla rete dei propri siti ed impianti. [..] a tal riguardo, il Cliente, compilando e sottoscrivendo la richiesta di fornitura, potrà anche conferire mandato al Fornitore ad accettare in nome e per conto del Cliente stesso le medesime condizioni tecniche”.
trasporto” (art. 3.2, delibera n. 27/03), di modo che, al fine di evitare che vi siano diversi intestatari dei rapporti giuridici, il mandatario dei contratti di bilanciamento, scambio e trasporto sia uno solo. Il provvedimento attualmente in vigore è la deliberazione n. 111/06, che all’articolo 4 stabilisce che la conclusione, direttamente o attraverso l’interposizione di un terzo, del contratto per il servizio di dispacciamento in prelievo e del contratto per il servizio di trasmissione e di distribuzione è condizione necessaria per prelevare energia elettrica dalla rete con obbligo di connessione di terzi.
La conclusione dei contratti di dispacciamento, trasmissione e distribuzione deve avvenire in forma scritta. L’interposizione di un terzo ai fini della conclusione dei contratti suddetti ha la forma di un mandato senza rappresentanza: il soggetto che stipula i due contratti deve essere il medesimo. Questi risponde delle obbligazioni che dagli stessi contratti traggono titolo nei confronti dell’esercente il servizio di trasmissione o di distribuzione e di Terna.
Con riferimento a tali clausole, pare contestabile il meccanismo di attribuzione del mandato, in quanto il conferimento avviene in automatico attraverso la sola sottoscrizione del contratto di fornitura. In alcuni contratti, si prevede espressamente che il mandato conferito sia senza rappresentanza.
Inoltre, in nessuna delle clausole esaminate viene delineato il contenuto o i limiti del mandato conferito, privando il mandante di qualsivoglia potere di controllo sull’operato del mandatario e svuotando di significato l’obbligo di rendiconto previsto dall’art. 1713 c.c.. In proposito, si auspica una maggiore specificazione del contenuto del mandato e, in sostanza, che vengano indicate le caratteristiche essenziali degli ulteriori contratti da stipulare (38), così che il cliente finale abbia, quantomeno, la possibilità di vigilare sulla conformità dell’esecuzione del mandato.
In alcune clausole, si prevede che il cliente dichiari di “conoscere il contenuto dei contratti che il Fornitore provvederà a sottoscrivere nell’espletamento del mandato”, senza peraltro che vi sia alcuna prova concreta della trasmissione all’interessato del relativo testo contrattuale.
Tale previsione contrattuale risulta in primis anzitutto non trasparente, in quanto al contratto di fornitura sottoscritto non viene allegato il contenuto dei contratti connessi, di cui il cliente stesso, invece, dichiara di essere edotto, né viene indicato dove tali testi, anche al solo fine della conoscibilità, possano essere reperiti. Appare evidente, invece, come l’informativa del cliente possa essere garantita solo attraverso la dimostrazione della possibilità di consultazione del testo contrattuale richiamato, che dovrà, pertanto, essere consegnato alla contro parte.
38 Sul punto occorre operare un distinguo e rilevare come esempio positivo la clausola in cui si prevede espressamente che il Cliente finale visioni le opzioni tariffarie per i servizi di dispacciamento e di trasporto e operi in proprio una scelta: “resta tuttavia inteso che la scelta dell’opzione tariffaria, tra quelle definite dal GRTN ovvero dal distributore competente, sarà effettuata per iscritto dal Cliente entro 5 giorni dall’apposita richiesta formulata dal Fornitore”, nonchè quella secondo cui: “resta invece inteso che il Cliente conserverà ogni rapporto con il Distributore competente per tutto ciò che concerne caratteristiche e condizioni tecniche di connessione alla rete dei propri siti ed impianti.”
3) FACOLTÀ DI RECESSO:
Per quanto concerne la facoltà di recesso, si rileva la prassi positiva, creatasi nel settore, di parificare la posizione del cliente finale a quella del Fornitore, garantendo ad entrambi i contraenti pari facoltà di recesso unilaterale. Tuttavia, in alcuni contratti, si riscontra un termine di preavviso in capo all’utente finale eccessivo e gravoso, richiedendo un recesso inviato con 4, 6 (previsioni conformi ai termini massimi fissati dalla delibera n. 78/99 dell’Autorità) o, addirittura, 12 mesi di anticipo. Tali termini, e l’ultimo citato in particolare, appaiono a giudizio della Commissione eccessivamente lunghi e gravosi, in quanto impediscono al cliente di aderire ad offerte commerciali di altri esercenti.
Inoltre, occorre considerare che, al fine di meglio garantire un’effettiva apertura alla concorrenza della vendita di energia elettrica, l’Autorità di regolazione ha di recente emanato la delibera n. 144/07, il cui Allegato A prevede che per i clienti non domestici, connessi in bassa tensione, il termine di preavviso dovuto non possa essere, rispettivamente, superiore ad 1 mese (nel caso in cui il cliente finale eserciti la propria idoneità), a 3 mesi (nel caso in cui abbia già esercitato la propria idoneità e si trovi già nel mercato libero) e a 6 mesi nel caso di contratto pluriennale o superiore ad un anno (per i Clienti di cui all’art. 4.4 del suddetto Allegato).
Inoltre, nei moduli contrattuali esaminati, viene omesso qualsiasi riferimento alla facoltà di recesso esercitabile dal cliente entro 10 giorni dalla data di conclusione del contratto, quando questo sia stato concluso in un luogo diverso dai locali commerciali o attraverso forme di comunicazione a distanza, ai sensi di quanto dispone l’art. 10 del Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica ai clienti finali idonei39.
Si ritiene utile segnalare che alcune clausole, pur non presentando profili di vessatorietà, risultano tuttavia improprie in punto di diritto. Ci si riferisce a quelle clausole in cui il fornitore si riserva di risolvere il contratto a fronte di una serie di situazioni – non di inadempimenti – non connotati da colpa, quali il suo “assoggettamento a procedure concorsuali”, l’inizio “di un procedimento per la messa in liquidazione”, l’impossibilità “di procedere alla somministrazione di energia a causa di inadempimenti tecnici e/o normativi”. L’operatività del meccanismo garantito dall’art. 1456 c.c. presuppone, invece, che il contratto individui le ipotesi in cui l’inadempimento delle obbligazioni ex contractu sia così grave da legittimare la risoluzione del contratto, rendendo superflua la valutazione del giudice ai sensi dell’art. 1454 c.c.
39 Si segnala che tale previsione del Codice di Condotta commerciale è stata recentemente annullata da sentenza del Tar Lombardia.
Xxxxxx, in un’ottica di maggior correttezza giuridica, sarebbe più corretto che le situazioni, elencate nelle clausole da ultimo menzionate, venissero qualificate, anzitutto, come cause legittime di recesso, piuttosto che come situazioni relative all’operatività della clausola risolutiva espressa.
In merito a tali situazioni, correttamente qualificabili come ipotesi di recesso, si ritiene utile evidenziare che l’inclusione di tali ipotesi non sia contestabile, purché poi l’esercizio del potere di recesso contrattualmente stabilito venga esercitato, nel complessivo contesto dei rapporti intercorrenti tra le parti, secondo modalità e tempi che rispondano ad un interesse obiettivo del titolare meritevole di tutela (40). In conclusione, sarebbe opportuno che le condizioni contrattuali individuassero la rilevanza dell’impedimento e la sua consistenza, per evitare che la pattuizione ponga il cliente finale nell’impossibilità di controllare l’eventuale inadempimento del Fornitore e subirne l’arbitrio.
4) MANCANZA DI CHIAREZZA DEL CONTRATTO:
Dalla lettura di alcuni testi contrattuali sono emersi profili di difficoltà nella lettura di alcune clausole, strutturate con linguaggio eccessivamente tecnico o comunque particolarmente involuto.
Si richiama sotto questo profilo la necessità di dedicare particolare attenzione ai temi connessi alla comunicazione con il cliente finale, riproducendo anche nel contesto dei rapporti con imprenditori di piccola o media dimensione (spesso privi di adeguate strutture legali), quell’esigenza di chiarezza che è stata lungamente sottolineata come essenziale nella contrattualistica rivolta al consumatore e che ha condotto alla stesura di testi sempre più accessibili, sintetici e trasparenti.
Il tema della difficoltà intepretativa è apparso particolarmente rilevante in relazione alle clausole che sono dedicate alla formazione del prezzo.
In alcuni contratti, infatti, il quantum debeatur, contrattualmente indicato, non risulta comprensivo di alcune componenti, quali il costo del trasporto, di ulteriori servizi connessi, o degli oneri d’imposta.
A causa dell’omesso richiamo delle ulteriori voci che vanno a comporre il prezzo finale della fornitura, e senza che le stesse vengano quantificate almeno indicativamente (41), tali modelli contrattuali appaiono non sufficientemente trasparenti e rischiano di impedire al cliente finale di valutare l’effettiva convenienza dell’offerta ricevuta.
Inoltre, tali lacune ed omissioni sono contrarie a quanto dispongono gli artt. 6 e 7 del Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica ai clienti finali idonei, riguardanti,
40 Cass., 16 ottobre 2003, n. 15482.
41 A tal proposito, si consideri che il problema sopra esposto si acuisce sopratutto nel caso in cui il Cliente finale conferisca mandato al soggetto fornitore per la stipula dei contratti di trasporto e di dispacciamento: ut supra.
rispettivamente, la comunicazione dei prezzi di fornitura e le informazioni relative alla spesa complessiva.
Ancora, per quanto attiene il prezzo vivo della fornitura di energia, viene fatto generalmente uso di formule matematiche, spesso non accompagnate da idonee legende in grado di rendere le stesse più agevolmente intelligibili. In merito, il giudizio di questa Commissione è che, almeno con riferimento alle variabili inserite nelle formule matematiche utilizzate per definire il prezzo della sola fornitura, sia necessario che i relativi parametri vengano chiaramente specificati, sì da rendere preciso e trasparente il calcolo del costo effettivo.
Simili rilievi possono essere mossi anche con riguardo alla fatturazione, rispetto alla quale si auspica che le singole voci di spesa vengano indicate singolarmente e suddivise in maniera trasparente e completa (in conformità con le previsioni della deliberazione n. 152/06 dell’Autorità in tema di trasparenza dei documenti di fatturazione).
In conclusione, si ritiene necessario che i contratti esaminati vengano modificati di modo che ai clienti venga garantito di poter più agevolmente apprezzare ogni aspetto che sia in grado di incidere sulla proposta ricevuta e, conseguentemente, di poter scegliere la soluzioni più vantaggiosa.
Anche se alcune formulazioni appaiono sostanzialmente motivate dall’esigenza di mercato di mettere in luce la convenienza dell’offerta, è necessario fare in modo che il cliente finale possa immediatamente valutare l’entità del prezzo complessivo dell’energia che acquista.
5) DIRITTO DI ACCESSO:
In merito al diritto per l’operatore del settore di accedere alle attrezzature e alle strumentazioni collocate nei locali di proprietà del cliente, si riscontra una generalizzata assenza di qualsivoglia correttivo. Invero, il Gestore della Rete per il punto di prelievo, così come il fornitore, non sono contrattualmente tenuti neppure ad un obbligo di comunicazione preventiva.
La natura del servizio erogato è certamente tale da esigere che il fornitore (più precisamente il distributore, che è il soggetto titolato ad intervenire sugli impianti di consegna e di misura) possa avere la necessità di accedere ai locali ed ai luoghi dove sono installate le attrezzature, al fine di procedere ad opere di manutenzione, riparazione o di sostituzione degli impianti. Sul punto, si è spesso rilevato che il preavviso al cliente finale può compromettere le finalità del sopralluogo, ove questo sia determinato da esigenze di verifica di eventuali profili di inadempimento del cliente stesso, ovvero non possa essere materialmente garantito qualora si tratti di un intervento urgente.
Tuttavia, sebbene vi siano certamente dei casi in cui la natura dell’intervento del fornitore sia tale da non poter essere programmabile ed anzi debba essere salvaguardata l’esigenza del fornitore di intervenire urgentemente e tempestivamente, questa Commissione ritiene che, essendo questi casi
poco frequenti, sia preferibile che, ove possibile, il cliente finale venga preventivamente informato, a mezzo di lettera raccomandata, della data e dell’ora del previsto sopralluogo.
6) ASSENZA DI RIFERIMENTO ALLE DISPOSIZIONI DELL’AUTORITÀ DI REGOLAZIONE:
Si rileva che, in alcuni dei testi contrattuali esaminati, risulta assente ogni indicazione in merito alle delibere adottate dall’Autorità di regolazione.
In particolare, risulta censurabile l’omissione riguardante l’obbligo di informare il cliente: (i) circa l’esistenza di indennizzi automatici previsti in favore degli utenti nel caso di violazione degli standard di qualità commerciale nazionale (in conformità con il Testo integrato della qualità dei servizi elettrici (Delibera n. 4/04, Allegato A e successive modifiche, per il periodo regolatorio 2004/2007); (ii) che, qualora la prestazione soggetta a livello specifico di qualità commerciale venga richiesta da un grossista fornitore, operante per conto del cliente finale, l’eventuale indennizzo, corrisposto al cliente grossista, deve essere dallo stesso trasferito al Cliente finale (ai sensi dell’art. 69 (4) del suddetto Testo integrato).
7) XXXXXXXX XXXXXXXXXX EX ART. 1341 C.C.:
A seguito dell’analisi espletata sui contratti di fornitura di energia elettrica, è possibile rilevare la presenza di alcune clausole rientrati nella tipologia delle pattuizioni vessatorie ex art. 1341 c.c., quali le condizioni che assegnano al contraente più forte limitazioni di responsabilità, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Si è già detto come la disciplina contenuta all’art. 1341, I e II c. c.c. offra alla parte debole un sistema di tutela non sufficiente, perché meramente formale.
Si segnalano, come aspetti che il cliente finale deve valutare con particolare attenzione, le seguenti pattuizioni contrattuali:
7.a) Limitazioni della facoltà di opporre eccezioni
Nella maggior parte dei contratti esaminati, si prevede che il cliente assuma l’obbligo di pagare la fattura anche in caso di contestazione degli importi e che il fornitore possa attivare i rimedi previsti in caso di ritardato pagamento, applicando gli interessi di mora e, nei casi più gravi, risolvendo il contratto, anche nel caso in cui la fattura rimanga insoluta a seguito dell’inoltro di un reclamo.
Nel caso di contratti stipulati con consumatori, clausole di questo tipo (solve et repete), limitando la facoltà di opporre eccezioni prima di aver adempiuto alla propria obbligazione, sarebbero da considerarsi vessatorie (ai sensi dell’art. 33, lett. t, del Codice del Consumo).
In un’ottica di esecuzione del contratto secondo correttezza e buona fede, la Commissione ritiene che tali clausole dovrebbero essere emendate, in maniera tale che il fornitore abbia facoltà di sospendere la somministrazione nel caso in cui il cliente, nel proprio reclamo, abbia omesso di indicare specifici motivi di contestazione (evitando, in tal modo, reclami pretestuosi).
Infine, nella generalità dei casi il rimborso viene previsto tramite compensazione. Tuttavia, in nessuno dei contratti esaminati viene indicato che, nel caso di reclamo andato a buon fine, il cliente avrà diritto agli interessi legali sulla somma indebitamente pagata (ai sensi dell’art. 2033 c.c. ed in omaggio a esigenze di chiarezza e di informazione del cliente).
7.b) Previsione di decadenze in capo al contraente debole
In alcuni contratti, è stata rilevata una clausola di decadenza dalla facoltà di proporre eventuali contestazioni in ordine ai corrispettivi, con fissazione di un termine di decadenza inferiore a quello previsto dall’ordinamento in materia di crediti contrattuali .
7.c) Limitazione di responsabilità per danni
Come si è anticipato nella trattazione del profilo normativo del settore dell’energia elettrica, l’Autorità Garante ha previsto l’introduzione di forme di indennizzo obbligatorio a favore del cliente finale in caso di violazione degli standard di qualità (cfr. Testo integrato approvato dall’Autorità di regolazione, con delibera n. 04/2004 per il periodo regolatorio 2004/2007).
Anche se la doppia sottoscrizione salvaguarda l’ammissibilità di clausole limitative della responsabilità, in presenza di una espressa previsione dell’Autorità è necessario che il fornitore segnali al cliente in modo esplicito il regime applicato e le condizioni di indennizzo.
7.d) Xxxxxxx tacito del contratto
Si rileva, preliminarmente, che – secondo l’orientamento costante della giurisprudenza - la clausola di rinnovo tacito del contratto, predisposta unilateralmente, anche nel caso in cui sia prevista a carico di entrambi i contraenti “non è sottratta alla necessità di specifica approvazione per iscritto, ai sensi dell’art. 1341 c.c., perchè comunque colui che la propone ha preventivamente valutato i vantaggi derivatigli dall’accettazione di essa, a differenza del contraente per adesione, che perciò è necessario che vi ponga particolare attenzione” (42).
42 Cass. n. 6510/01; Cass. n. 2152/98; Cass. n. 2266/76; Cass. n. 2879/74; Cass. n. 3161/68.
Ciò premesso, stante il carattere vessatorio dell’attribuzione di valore negoziale all’inerzia del soggetto destinatario dell’effetto, si segnala la presenza di tale clausola in numerosi contratti di fornitura, contestandosi, in particolare, la previsione di termini eccessivamente lunghi per l’invio della disdetta.
7.e) Circa la deroga al Foro competente
Univocamente richiamata la clausola sul foro competente, che indica la competenza del giudice del luogo in cui la società fornitrice ha la propria sede legale.
8) RAPPORTI FRA FORNITORE E DISTRIBUTORE DI ENERGIA 8.a) IL REGIME DI RESPONSABILITÀ:
Come si è sottolineato nelle premesse introduttive, uno dei temi più complessi dell’attuale sistema di erogazione dell’energia elettrica è costituito dal rapporto fra il fornitore, che materialmente somministra al cliente l’energia acquistata, ed il soggetto che, invece, esegue la fase di distribuzione dell’energia stessa, attraverso la rete esistente.
Oltre a quanto già messo in luce in tema di mandato a sottoscrivere il contratto di dispacciamento, un profilo di particolare delicatezza riguarda la gestione delle reciproche responsabilità.
Nei contratti esaminati, il fornitore tende a liberarsi di ogni responsabilità derivante dall’attività del distributore.
Si va dall’ipotesi più banale di differimento della data di inizio della somministrazione “alla prima data utile”, qualora la data inizialmente convenuta “sia incompatibile con la data di decorrenza del vettoriamento per il trasporto dell’energia presso il sito”, fino alla previsione di clausole che tendono a ricondurre ogni tipo di disfunzione del servizio all’attività posta in essere dal distributore, deresponsabilizzando il fornitore e, nel contempo, caricando il cliente finale dell’onere di rapportarsi con un soggetto, il distributore appunto, con il quale non ha neppure un rapporto diretto.
Allo stato, secondo quanto emerso nel corso delle audizioni degli operatori del settore, la struttura del sistema di distribuzione appare organizzata in modo da rendere la rete inaccessibile al fornitore,
così che questi non ha la possibilità materiale di intervenire neanche a scopo manutentivo sulla stessa.
Appare peraltro evidente come l’onere di adempiere alla somministrazione competa al fornitore, il quale dovrà comunque attivarsi nei confronti del distributore per essere posto nella condizione di eseguire correttamente la prestazione affidatagli.
Si auspica, pertanto, il raggiungimento di specifici accordi fra il fornitore ed il distributore che consentano di non riversare i rischi dei possibili difetti della rete sul cliente finale, al quale, anche al fine di poter agevolmente intraprendere eventuali azioni a propria tutela, deve essere concesso di poter avere un unico interlocutore, che pare dover essere, a giudizio della Commissione, il fornitore.
8.b) LACUNOSITÀ DELLE CONDIZIONI GENERALI:
I contratti predisposti dalle società distributrici esaminate sono, nella generalità, privi di qualsivoglia riferimento relativo agli obblighi connessi alla regolarità del servizio cui il distributore è tenuto, così come espressamente individuati nel Testo integrato della qualità dei servizi elettrici (delibera n. 4/04, Allegato A e successive modifiche).
Inoltre, si rileva che nei testi contrattuali analizzati non vi sono riferimenti circa gli standards generali di qualità (43) in relazione ai tempi massimi di comunicazione al cliente finale degli esiti delle verifiche dei gruppi di misura in caso di guasti o malfunzionamenti.
In alcuni contratti, poi, non viene fatto alcun riferimento neppure all’esistenza di indennizzi automatici in relazione al mancato rispetto: (i) dei livelli specifici di continuità (relativi ai clienti in media tensione) per cause imputabili all’esercente (ai sensi dell’art. 33 del suddetto Testo integrato); (ii) dei livelli specifici di qualità (ai sensi dell’art. 67 del Testo integrato).
Al di là del suo rapporto con gli ordinari mezzi di tutela civilistici, lo strumento degli indennizzi automatici è stato introdotto proprio al fine di garantire che le procedure di rimborso, previste per il mancato rispetto di livelli di qualità prestabiliti, non fossero più subordinate alla richiesta dei clienti interessati. L’assenza di informazione e di trasparenza sulla loro automaticità, pertanto, risulta anzitutto contrastare con la stessa esigenza che ne ha determinato l’introduzione. Inoltre, tale omissione contrasta con il preciso obbligo sancito in capo all’esercente di rendere edotto il cliente della loro esistenza, come si evince altresì dagli obblighi informativi posti dall’art. 73 del Testo integrato.
43 In riferimento alla prestazione di comunicazione degli esiti della verifica sul gruppo di misura, lo standard generale di qualità riferisce di una percentuale del 90 % degli esercenti che adempiono entro 10 giorni lavorativi per i Clienti BT e di una percentuale del 95 % che adempiono entro 10 giorni per i Clienti MT.
Infine, in alcuni contratti, non viene fornita alcuna informazione in merito agli standards di qualità garantiti e ai risultati effettivamente raggiunti nel corso dell’anno.
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CAPITOLO 3
RELAZIONE SUGLI ASPETTI METRICI DEI CONTRATTI
In merito all’attività di misurazione dell’energia elettrica, con riferimento ai testi negoziali esaminati, la Commissione ritiene di dover far proprie le osservazioni espresse dal rappresentante del Servizio Metrico della CCIAA di Milano, ufficio cui spetta una funzione di controllo sulla regolarità degli apparecchi di misura, come anche l’adozione di provvedimenti sanzionatori nel caso in cui vengano accertate delle irregolarità.
Il contratto di somministrazione continuata di energia elettrica presuppone che la quantità di prodotto, venduta dietro corrispettivo, sia un’entità misurabile.
Ai sensi del quadro normativo di riferimento, ovvero ai sensi del Testo Unico delle Leggi Metriche 23 agosto 1980 n. 7088 (ancora vigente nelle parti in cui non contrasta con il D.lgs 2 febbraio 2007, n. 22, emanato in attuazione della direttiva 2004/22/CE relativa agli strumenti di misura), “Ogni convenzione di quantità, che non sia di solo denaro, anche per privata scrittura, dovrà farsi con pesi e misure legali” (art. 11).
Pertanto, in virtù di tale principio di tassatività dei pesi e delle misure e delle unità di misura, ciascun dispositivo di misurazione di energia elettrica, sia quelli elettrodinamici che quelli statici (elettronici), devono ricevere ufficiale omologazione e presentare i relativi bolli di legalizzazione.
1. CONTRATTI DI FORNITURA DI ENERGIA ELETTRICA
Contratto per la fornitura di energia elettrica in “ZZTENSPUT”
In uno dei contratti esaminati, una prima clausola prevede che “Il Cliente autorizza (il fornitore) a rilevare le misurazioni dei prelievi tramite apposita apparecchiatura installata al misuratore. A tal fine, contestualmente alla firma del contratto, il Cliente si impegna a richiedere al distributore locale la messa a disposizione dei segnali in uscita del gruppo di misura installato, qualora non fossero già installati. (Il fornitore) si impegna a trattare i dati con la dovuta riservatezza, ai fini della fatturazione e del controllo dei prelievi”
Tale previsione contrattuale merita due rilievi critici, il primo dei quali attiene al fatto che il contatore deve essere provvisto di apposita uscita di segnale. Per il tramite di tali segnali, il fornitore potrà fatturare il relativo consumo di energia. Nella metrologia legale è il totalizzatore del misuratore l’indicatore principale, ovvero quello che fa fede in rapporto con dispositivi terzi. Tali
ulteriori dispositivi, in aggiunta al totalizzatore del misuratore, sono ammessi nella misura in cui: (i) siano omologati; (ii) abbiano la funzione di “ripetere” il dato di misura.
Tuttavia, nel caso in cui vi sia una difformità tra il dato metrologico di misura, formatosi in situ, e quello trasmesso al sistema remoto, ed utilizzato per la fatturazione, occorre aver riguardo al totalizzatore del misuratore.
Un secondo problema riguarda la misurazione dei consumi energetici in determinate fasce orarie (da F1 a F4) che determinano l’applicazione di una diversa tariffa. Al riguardo, l’Ufficio Metrico segnala che, allo stato attuale, non vi sono sufficienti garanzie che: (i) i consumi determinati a contatore si siano effettivamente attestati nelle fasce indicate, atteso che non esiste alcun presidio metrologico in grado di attestare che i consumi rilevati si siano avuti proprio nelle fasce indicate. Si segnala che il Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas per l’erogazione dei servizi di trasmissione, distribuzione, misura e vendita dell’energia elettrica di cui alla deliberazione n. 5/04 e successive modifiche integrazioni, fissa, all’articolo 41 le tempistiche di installazione dei misuratori orari per i punti di prelievo in altissima, alta e media tensione, mentre la deliberazione 18 dicembre 2006 n. 292/06 prevede Direttive per l’installazione di misuratori elettronici di energia elettrica predisposti per la telegestione per i punti di prelievo in bassa tensione.
Inoltre, con riferimento al passaggio della gestione, dal tradizionale contatore meccanico (di tipo elettrodinamico) a quello attuale elettronico (statico), il quale trasmette i dati a sistemi remoti che poi telegestiscono i dati trasmessi, si ritiene che non vi siano garanzie metrologiche tali da assicurare un corretto flusso dei dati, dal e verso il contatore. Ai fini dell’allocazione dei consumi nelle fasce orarie tariffate, un’ultima perplessità riguarda le modalità attraverso le quali possa essere assicurato il sincronismo dei tempi.
Un’altra clausola esaminata non fa alcun cenno ai gruppi di misura ed alla gestione dell’eventuale contraddittorio, limitandosi a prevedere che “Il corrispettivo di vendita di energia elettrica applicabile in base al tipo di misuratore (orario o non orario) è indicato nella tabella indicata nel contratto”.
Le osservazioni già svolte possono valere anche con riferimento a tale clausola: “(il fornitore), su richiesta del CLIENTE o per propria iniziativa, può richiedere in qualsiasi momento al distributore locale la verifica, anche in contraddittorio, dei complessi di misura installati presso i Punti di Prelievo del CLIENTE, rimanendo a carico del soggetto che ha chiesto la verifica le spese sostenute nel caso che gli errori riscontrati risultino compresi entro i limiti di precisione
raccomandati, qualora non disposto diversamente dalla normativa vigente, dal Comitato Elettrotecnico Italiano”. A parere dell’Ufficio Xxxxxxx, il riferimento al CEI non risulta corretto, in quanto quest’ultimo è organo che rilascia una norma tecnica e non metrologico-legale.
Si consideri anche la seguente previsione pattizia: “L’energia fornita verrà misurata con l’ausilio dei misuratori installati dal gestore della rete cui sono connessi gli impianti. Il Fornitore ha facoltà di accedere in ogni momento agli apparecchi di misura del Cliente, nonché di installare a propria cura e spese dispositivi supplementari per fini di controllo delle misure e per la teletrasmissione dei dati. Per le eventuali contestazioni del Cliente circa l’entità delle misure e nei casi si verifichino irregolarità di funzionamento dei gruppi di misura si applicheranno le procedure di verifica e ricostruzione dei consumi previste dalla delibera AEEG n. 5/04 (nel seguito Testo integrato per la trasmissione distribuzione e vendita) e successive modifiche e integrazioni”. In merito, si osserva che l’Autorità di regolazione rinvia, nella procedura di verifica, alle norme tecniche e non a quelle metrologico-legali.
In altre condizioni generali esaminate, è assente ogni riferimento alla normativa metrologico-legale che, invece, dovrebbe presiedere lo svolgimento del controllo dei consumi tramite contatori (in particolare quando le clausole si limitano a fare riferimento ad “attività di rilevamento dei consumi mediante gruppi di misura con o senza riferimento alle fasce orarie”, oppure limitandosi a dire che “le verifiche dei contatori sono fatte con modalità consentite dalla vigente normativa”).
In ogni caso, nella maggior parte dei moduli contrattuali, non viene fatta menzione dei sistemi di misura, nonché della possibilità di verificare, in contraddittorio, il corretto funzionamento degli stessi (pur con i limiti già segnalati in quei contratti in cui tali punti sono stati, in parte, recepiti).
Ancora, le modalità di quantificazione del servizio di fornitura, come anche la possibilità che tale verifica avvenga in contraddittorio tra le parti, non vengono, nella generalità dei contratti, neppure menzionate.
Una clausola, in particolare, prevede che “Il servizio di misurazione dei consumi di energia elettrica avverrà in conformità alle disposizioni della deliberazione dell’Autorità n. 05/04 e successive modifiche e integrazioni”.
In merito, si osserva che la delibera citata, in realtà, non contiene alcun riferimento alla normativa metrico-legale. Al contrario, l’Autorità di regolazione richiama, invece, solo la normativa tecnica.
Un’ultima clausola merita di essere segnalata, in quanto prevede il ricorso alla telelettura. Tale sistema, lo si ribadisce, risulta problematico in quanto non viene accompagnato da necessari controlli: (i) sul corretto funzionamento del sistema di trasmissione, acquisizione e validazione dei dati teletrasmessi al sistema remoto; (ii) in ordine alla sicurezza metrologica della rete di trasmissione.
In conclusione, nella generalità dei contratti esaminati, si riscontrano gravi lacune ed omissioni relative: (i) alle norme metrologiche relative all’omologazione, alla tipicità, alle caratteristiche, ai requisiti, nonché alle procedure di verifica dei sistemi di misura, alle associate apparecchiature per la trasmissione dei dati al sistema remoto, per l’espletamento delle funzioni di controllo, alla validazione, alla fatturazione (se non con riferimento a quelle dettate dal CEI); (ii) all’attestazione dei consumi in fasce orarie che, per quanto riguarda la grandezza “tempo” (fascia oraria in cui si sarebbe attestato quel consumo), risulta sprovvista della relativa garanzia metrologico-legale. In tal modo il dato, come anche il suo controllo, risulta di esclusiva pertinenza del fornitore senza che il cliente si veda riconosciuto alcun diritto al contraddittorio; (iii) al controllo sul sistema di telegestione dei dati di misura.
2. TRASPORTO DI ENERGIA ELETTRICA
La prima clausola che ha attirato l’attenzione dell’Ufficio Metrico prevede che “Il Grossista o altro mandatario può richiedere in qualsiasi momento la verifica dei misuratori. Nel caso di verifiche ai contatori richieste dal Grossista o altro mandatario, le spese sono a carico di quest’ultimo se gli errori di misura risultano compresi entro i limiti di precisione previsti per il misuratore”.
Al riguardo, fatte salve le perplessità già espresse, in assenza di un quadro normativo di riferimento, pur non di certo imputabile al distributore, si pone la questione di determinare quale sia: (i) la metodologia di verifica; (ii) il margine di errore consentito, stante l’assenza di una normativa ad hoc.
Tale vuoto regolamentare finisce, a parere della Commissione, per concretizzarsi in un ingiustificato squilibrio contrattuale per il cliente.
Inoltre, in alcuni dei contratti esaminati, con riferimento alla “Lettura del Contatore”, viene previsto che “Il fornitore effettua almeno una volta ogni bimestre il tentativo di lettura del contatore presso
i Clienti con potenza disponibile non superiore a 30 kw e almeno una volta al mese presso i Clienti con potenza disponibile superiore a 30 kw.”. Ed anche che: “Nel caso di verifiche ai contatori richieste dal Cliente, le spese sono a carico di quest’ultimo se gli errori di misura risultano compresi entro i limiti stabiliti dalle norme CEI”.
In merito, occorre segnalare che tali clausole indicano, erroneamente, che la norma di verifica di riferimento sia la norma CEI, ma quest’ultima, in realtà, è una norma tecnica e non una norma metrologico-legale.
CONCLUSIONI
Alla luce delle risultanze del presente parere, fatti salvi i principi generali di libertà nell’esercizio dell’ azione economica e di autonomia contrattuale delle parti, si invitano le imprese a voler opportunamente modificare le condizioni contrattuali al fine di garantire equità e trasparenza.
Sarà cura delle Camere di Commercio di Milano e Roma procedere a successivo monitoraggio, così da verificare l’effettivo adeguamento degli schemi contrattuali alle indicazioni del presente parere, che costituisce un punto di riferimento per il mercato in termini di equilibrio contrattuale, riservandosi fin da ora la segnalazione alle Authority competenti delle prassi negoziali effettivamente adottate dalle imprese.
Si ringraziano, infine, i soggetti istituzionali, le associazioni di categoria e gli operatori di settore che, con la propria partecipazione alle fasi di indagine e audizione, hanno fattivamente contribuito alla formulazione del parere.
31 ottobre 2007
Il Segretario Generale Il Segretario Generale CCIAA di Milano CCIAA di Roma
(Xxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx) (Xxxxxx Xxxxx)