Lavoro atipico a Roma: caratteristiche e prospettive occupazionali
Lavoro atipico a Roma: caratteristiche e prospettive occupazionali
Introduzione
Per “lavoro atipico” si intendono tutti quei rapporti di impiego basati su forme contrattuali flessibili, intermittenti, di collaborazione occasionale o su progetto, che differiscono cioè dalla forma cosiddetta ‘standard’, più tradizionale e ancora più diffusa, che è quella del contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. I contratti di lavoro a tempo determinato, il lavoro interinale, i contratti d'inserimento o il lavoro a chiamata e le diverse forme di collaborazione sono alcune delle forme di lavori non standard che delineano un segmento di mondo del lavoro frastagliato, con il quale soprattutto i più giovani si trovano costantemente a fare i conti.
La situazione romana
I dati Istat tratti dalla rilevazione continua sulle forze di lavoro indicano che a Roma l'aumento complessivo del tasso di occupazione delle persone di 15-64 anni, passato fra il 2004 e il 2005 dal 61,8% al 62,4%, sembra essere stato trainato sostanzialmente dall'incremento registrato fra le forme di lavoro non standard e in particolare dalle variegate forme di lavoro a termine. Innanzitutto, a fronte di un aumento di più di 2 decimi di punto degli occupati alle dipendenze, si è ridotta la quota di lavoro autonomo, che formalmente include sia le classiche forme di lavoro indipendente che i collaboratori (Tab. 1).
Tab. 1 Occupati dipendenti e indipendenti secondo il sesso Comune di Roma, media 2004-2005
Posizione | 2004 | 2005 | ||||
Maschi | Femmine | Totale | Maschi | Femmine | Totale | |
Dipendente | 69,9 | 78,4 | 73,8 | 72,5 | 80,0 | 76,0 |
Indipendente | 30,1 | 21,6 | 26,2 | 27,5 | 20,0 | 24,0 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati Istat
Anche questi ultimi, infatti, hanno subito una certa contrazione, probabilmente a causa della normativa introdotta con la legge 30/2003, che nel passaggio dai vecchi Xx.xx.xx ai 'collaboratori a progetto' ha favorito la scelta da parte degli imprenditori di altre forme di assunzioni temporanee. D'altra parte, fra i lavoratori dipendenti l'incidenza dei contratti a tempo determinato è passata dall'8,8% al 9,4%, registrando fra il 2004 e il 2005 un incremento del 10,5% contro il solo 3,4% di quelli a tempo indeterminato (Tab. 2).
Un andamento simile a quello registrato nella capitale si è avuto a livello nazionale dove i contratti di collaborazione risultano generalmente meno diffusi che nell'area romana. Nel 2005 complessivamente le posizioni di lavoro atipico hanno rappresentato nella media nazionale e
nell'area romana circa l'11% del totale degli occupati (Tab. 3).
Tab. 2 Occupati dipendenti secondo il carattere dell'occupazione e il sesso (%) Comune di Roma, media 2005
Tipo di contratto | Maschi | Femmine | Totale | Var.% 04-05 |
Tempo determinato | 7,9 | 10,9 | 9,4 | 10,5 |
Tempo indeterminato | 92,1 | 89,1 | 90,6 | 3,4 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | - |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati Istat
Tab. 3 Occupati atipici secondo il tipo di occupazione (%) Media 2005
Tipologia di contratto | Comune di Roma | Italia |
Tempo determinato | 61,6 | 81,6 |
Collaboratori | 38,4 | 18,4 |
Totale atipici | 100,0 | 100,0 |
% atipici sul totale occupati | 11,6 | 11,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati Istat
L'aumento degli occupati, che negli anni fra il 2000 e il 2004 era stato costante e sostenuto, nel corso del 2005, rallentando la sua corsa, ha fatto registrare un sostenuto aumento di contratti a tempo determinato. Il lavoro a tempo indeterminato costituisce comunque tuttora una fetta preponderante dell'occupazione romana, probabilmente anche a causa dell'inclusione dei cittadini stranieri regolarizzati e iscritti in anagrafe nel corso degli ultimi anni, un fenomeno che oltre a contribuire a innalzare i tassi di occupazione nella capitale e nel resto del paese, ha concorso nel mitigare l'incidenza del lavoro atipico.1
Il lavoro tradizionale a tempo indeterminato, del resto, pur essendo molto diffuso anche fra i nuovi rapporti di lavoro, perde terreno a vantaggio delle occupazioni non standard. A Roma i nuovi occupati sono nel 62% dei casi persone di età compresa fra i 15 e i 34 anni, che una volta su due hanno trovato un impiego atipico. Per i nuovi occupati, dunque, la probabilità di lavorare con contratti atipici è quattro volte più alta che nella media degli occupati.
A Roma gli occupati non standard si stima che raggiungano le 125mila persone2. Sono soprattutto donne, prevalentemente di età compresa fra i 25 e i 34 anni, ma, come si è visto, sempre più spesso questa forma di occupazione tende a coinvolgere persone appartenenti alle fasce d'età più giovani: fra le persone di 15-24 anni gli impieghi a tempo determinato sono enormemente più
1 Dal 2005 l'indagine Istat sulle forze di lavoro permette di elaborare i dati relativi alla cittadinanza degli intervistati. Da tali elaborazioni è emerso che più del 92% degli stranieri occupati come dipendenti e residenti a Roma ha un lavoro a tempo indeterminato.
2 Fonte: elaborazioni su dati Istat, RCFL 2005
diffusi di quanto accada nelle altre classi di età. Più del 50% dei più giovani nel Comune di Roma ha un'occupazione di questo tipo, contro il 20% circa delle persone dai 25 ai 34 anni.
Nella maggior parte dei casi si tratta di lavori occasionali o di cosiddetti contratti a progetto, oppure di occupazioni legate a un periodo di formazione o di impieghi stagionali, prevalentemente nel settore dei servizi sia per gli uomini che per le donne (Tab. 4).
Tab. 4 Atipici di 19-34 anni secondo l'attività economica e il sesso (%) Comune di Roma, media 2005
Attività economica | % |
Servizi alle imprese | 29,6 |
Altri serv.pubb. sociali | 14,3 |
Commercio | 11,8 |
Istruz.,sanità,assist.sociale | 11,0 |
Xxxxxxxx,ristoranti | 8,3 |
Trasporti e comunicazioni | 6,0 |
PA, difesa | 5,2 |
Costruzioni | 4,7 |
Intermediazione finanziaria | 4,1 |
Industria della trasformazione | 3,9 |
Industria estrattiva | 0,6 |
Agricoltura | 0,5 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati Istat
Sono in prevalenza tecnici informatici, personale di segreteria, telefonisti e centralinisti, occupati nei call center e nelle società che svolgono servizi per le imprese, oppure commessi e assistenti domiciliari, occupati nel commercio e soprattutto nella grande distribuzione o in attività paramediche e di assistenza all'infanzia. Ma non mancano i tecnici o i ricercatori con alta formazione, i restauratori e gli specialisti di marketing, occupati prevalentemente nel settore delle produzioni video e cinematografiche (che a Roma costituisce un polo produttivo di grande rilevanza), negli studi pubblicitari o di architettura, nelle società di informatica o di ricerche di mercato.
Ma il mosaico dei lavoratori atipici, oltre alle persone attualmente occupate in impieghi temporanei o con collaborazioni, non può non comprendere anche tutti coloro che al momento della rilevazione non avevano un'occupazione, proprio perché si trovavano in uno dei periodi di intermittenza lavorativa e senza un impiego. L'attuale modello di mercato del lavoro flessibile porta con sé una frequente alternanza di periodi di lavoro e periodi di inoccupazione, che devono essere considerati a tutti gli effetti, se si intende valutare pienamente un'area di lavoro instabile legata alle nuove forme di occupazione. A Roma sono circa 33mila le persone, che sono alla ricerca di un nuovo lavoro dopo averne perso uno temporaneo, a causa della fine del periodo di durata del contratto o del progetto sul quale erano impegnati. Si tratta del 39% di tutte le persone in cerca di lavoro e immediatamente disponibili a iniziarne uno nuovo.
L'area dei lavori flessibili a Roma, dunque, considerata anche questa componente, ammonta a circa 158mila persone, pari al 13,5% delle forze di lavoro.
Riforme del mercato del lavoro e percorsi occupazionali
Da quasi un decennio il mercato del lavoro in Italia è stato attraversato da diversi progetti di riforma che sono intervenuti sostanzialmente su due macroaree: da un lato sull'organizzazione del mercato del lavoro e dall'altro sui contratti di lavoro flessibili. L'ultimo intervento legislativo risale al 2003 (legge 30/2003) e ha contribuito ad affinare ulteriormente il quadro regolatorio, rendendolo al contempo più complesso, tanto che il nuovo assetto del mercato del lavoro che scaturisce da questa iniziativa è tuttora in un periodo di assestamento che non sembra ancora del tutto concluso. Dal lato del diritto del lavoro, questo intervento è stato indirizzato verso una definitiva formalizzazione del lavoro atipico, realizzata attraverso un ampliamento delle alternative proposte all'imprenditore nella gestione del fattore lavoro. Questo è avvenuto non solo attraverso un corposo sventagliamento delle tipologie contrattuali (flessibilità tipologica), diverse da quello a tempo pieno e indeterminato – al lavoro in part time e a tempo determinato si aggiungono quello ripartito3 ed intermittente4 -, ma anche favorendo i processi di esternalizzazione delle imprese. Questo obiettivo è stato promosso attraverso la regolazione di importanti strumenti per il decentramento di fasi dell'attività produttiva come il ricorso alla somministrazione di personale da parte di agenzie specializzate, l'appalto interno, il trasferimento di azienda. In sostanza si è sensibilmente accresciuta la discrezionalità nell'acquisizione del fattore lavoro, potendo l'imprenditore, nell'assunzione di manodopera, ricorrere a strumenti diversi dal classico contratto di lavoro subordinato e molto più flessibili di questo.
È molto probabile che proprio questa complessità abbia contribuito alla sostanziale mancanza di un monitoraggio -previsto ma non ancora realizzato- degli effetti della legge.
In questo senso è di particolare interesse analizzare i risultati di una indagine campionaria condotta dall'ISFOL nel corso del 20055, che ha provato a descrivere in maniera più dettagliata il quadro che caratterizza le forme assunte dal lavoro atipico, cercando inoltre di tratteggiare le dinamiche percorse dai lavoratori soggetti a questo tipo di occupazioni6.
3 Il contratto di lavoro ripartito, definito anche job sharing, è uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori assumono in solido l'adempimento di una unica e identica obbligazione lavorativa e saranno personalmente e direttamente responsabili dell'adempimento dell'intera obbligazione lavorativa.
4 Il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa, in cambio del pagamento di una indennità di disponibilità.
5 Si tratta dell'indagine PLUS (Participation Labour Unemployment Survey), condotta a livello nazionale e valida a livello dei grandi comuni metropolitani, promossa dall'ISFOL (Istituto per la Formazione dei Lavoratori) nell'ambito delle attività finanziate dal Fondo sociale europeo attraverso la Direzione generale per il mercato del lavoro del Ministero del lavoro e della Previdenza sociale italiano.
6 Naturalmente, trattandosi di un'indagine condotta attraverso metodologie e tecniche assolutamente diverse dall'indagine Istat sulle forze di lavoro, i risultati in termini numerici non sono confrontabili, anche se dalle verifiche effettuate dall'Ufficio di Statistica del Comune di Roma sui dati di entrambe le rilevazioni, risultano omogenee le tendenze di fondo che i dati raccolti dalle due indagini suggeriscono.
Esiti occupazionali dei lavoratori flessibili
Analizzando l'evoluzione occupazionale attraverso il confronto tra la forma contrattuale precedente e l'attuale forma contrattuale, si è osservata la traiettoria che tendono ad avere gli impieghi flessibili nel corso del tempo e la loro propensione a stabilizzarsi e/o a convertirsi in forme di occupazione più standard7. La tabella 5 evidenzia gli esiti occupazionali nella città di Roma secondo le diverse tipologie del contratto precedente, prendendo in considerazione tutte le transizioni senza distinguere il periodo nel quale è avvenuto il cambiamento di contratto.
Tab. 5 Esiti occupazionali per contratto precedente, cambiamenti complessivi Roma 2005
Contratto attuale | Contratto precedente | |||||
Dipendente a tempo indeterminato | Dipendente a tempo determinato | Altre forme lavoro dipendente | Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | Totale | |
Dipendente a tempo indeterminato | 53,8 | 64,6 | 46,8 | 43,4 | 45,8 | 51,6 |
Dipendente a tempo determinato | 0,9 | 12,4 | 7,6 | 14,6 | 9,1 | 6,6 |
Altre forme lavoro dipendente | 1,1 | 7,2 | 7,1 | - | 4,2 | 3,2 |
Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio) | 39,7 | 13,4 | 32,7 | 42,0 | 7,7 | 29,6 |
Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - | 4,6 | 2,5 | 5,9 | - | 33,1 | 9,0 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Gli esiti verso un contratto a tempo indeterminato da parte dei lavoratori che precedentemente avevano un contratto temporaneo ammontano al 64,6%; lo stesso esito riguarda il 46,8% dei
7 Per poter analizzare la composizione dell'occupazione si sono raggruppate le diverse forme di lavoro standard e non standard secondo il seguente schema:
– Lavoratori a tempo indeterminato, forma standard;
– Lavoratori a tempo determinato, forma atipica (lavoro a tempo determinato, contratto di formazione lavoro, apprendistato, contratto d'inserimento);
– Altre forme di lavoro dipendente, forma atipica (lavoro interinale, job sharing, lavoro intermittente o a chiamata, accordi informali ossia senza contratto, alternanza scuola-lavoro o stage o pratica professionale o tirocinio solo se retribuiti);
– Lavoro autonomo, forma standard (titolare di attività o imprenditore, attività in proprio, socio di cooperativa, coadiuvante familiare);
– Altre forme di lavoro autonomo, forma atipica (collaborazioni coordinate e continuative, collaborazione occasionale, lavoro a progetto);
lavoratori assunti precedentemente attraverso altre forme di lavoro dipendente (lavoro interinale, a chiamata, job sharing, ecc.), il 45,8% dei collaboratori e il 43,4% dei lavoratori autonomi.
La persistenza contrattuale, che indica la permanenza nella medesima forma di contratto pur avendo cambiato occupazione, è molto elevata per i lavoratori a tempo indeterminato (53,8%) e per gli autonomi (42%); mantiene una consistenza non trascurabile fra i collaboratori (33%), attestandosi sul 12,4% fra i lavoratori a tempo determinato e sul 7% fra quelli assunti con altre forme di lavoro dipendente (tab. 5). Mediamente a Roma lo spostamento verso forme di occupazione più stabili sembra più diffuso che a livello nazionale e coinvolge anche i lavoratori autonomi (sia quelli più tradizionali che i collaboratori), che al contrario nel contesto nazionale tendono a mantenere la loro tipologia di lavoro indipendente.
Abbastanza elevata sembra anche la probabilità di transitare fra diverse tipologie di contratti atipici: non è infrequente il passaggio dai contratti di collaborazione alle varie forme di lavoro dipendente atipico (a tempo determinato e altro) e viceversa.
Il quadro degli ultimi cinque anni
Come si è detto, un vero e proprio monitoraggio degli ultimi interventi legislativi in materia di mercato del lavoro introdotti negli ultimi anni (l'ultimo dei quali è la Legge 30), non è stato tuttora realizzato, ma circoscrivendo le transizioni ad un periodo più recente è già possibile iniziare a tracciare un primo quadro degli effetti delle riforme, a partire dall'analisi dei percorsi lavorativi di coloro che hanno cambiato lavoro negli ultimi 5 anni.
Confrontando i risultati riportati nelle tabelle 5 e 6 si possono apprezzare le modifiche che sembrano avvenute nelle transizioni occupazionali più recenti rispetto a tutti i cambi di occupazione e di contratto registrati nel complesso dell'indagine. I passaggi da forme di occupazione atipiche verso i contratti a tempo indeterminato, pur restando su percentuali piuttosto elevate, risultano minori di quelli registrati sul complesso dei cambiamenti occupazionali. Resta, dunque, consistente il travaso fra le forme lavorative più instabili verso quelle standard tradizionali, ma tende a ridursi, prefigurando una permanenza in situazioni lavorative intermittenti o temporanee che va oltre il convincimento diffuso che le considera trampolini di lancio verso forme di lavoro più stabili, e identificandole piuttosto come situazioni di 'stabile precarietà'. Ciò vale per tutte le categorie di contratto atipico e in particolare per il passaggio da un contratto a tempo determinato a uno a tempo indeterminato, pari rispettivamente al 64,6% nel complesso dei cambiamenti (tab. 5) e al 56% nei cambiamenti successivi al 2000 (tab. 6).
Tab. 6 Esiti occupazionali per contratto precedente, cambiamenti successivi al 2000 Roma 2005
Contratto attuale | Contratto precedente | |||||
Dipendente a tempo indeterminato | Dipendente a tempo determinato | Altre forme lavoro dipendente | Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | Totale | |
Dipendente a tempo indeterminato | 60,8 | 56,0 | 41,5 | 36,8 | 41,2 | 50,0 |
Dipendente a tempo determinato | 1,6 | 27,6 | 9,3 | 19,8 | 13,5 | 10,6 |
Altre forme lavoro dipendente | 1,9 | - | 13,5 | - | 4,1 | 3,4 |
Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio) | 28,7 | 10,1 | 28,8 | 43,5 | - | 23,9 |
Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | 6,9 | 6,3 | 6,9 | - | 41,2 | 12,2 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
La permanenza in forme contrattuali non standard risulta qui particolarmente rilevante: il 59% dei lavoratori in collaborazione, il 33,9% circa dei lavoratori in possesso di un contratto a tempo determinato e il 29,7% dei lavoratori soggetti ad altre forme di lavoro dipendente ha mantenuto un contratto atipico, registrando un incremento medio di 8 punti percentuali rispetto al complesso delle transizioni occupazionali senza distinzione di periodo.
In particolare, questi dati evidenziano come a Roma anche fra i lavoratori autonomi che hanno cambiato lavoro negli ultimi 5 anni sia cresciuta di molto la possibilità di passare a contratti a tempo determinato (19,8% contro il 14,6% dei cambiamenti complessivi – tab. 5 e 6), pur rimanendo notevolmente più frequente la permanenza nella medesima tipologia lavorativa. Complessivamente i lavoratori standard, che comprendono quelli con contratto a tempo indeterminato e gli autonomi, hanno mantenuto in più dell'80% dei casi un rapporto di lavoro stabile, pur avendo interrotto la precedente occupazione.
In ogni caso la situazione registrata nella capitale mostra che gli esiti occupazionali da tutti i contratti atipici verso le forme di lavoro più standard sono generalmente migliori a Roma che nel resto del territorio nazionale. Negli ultimi 5 anni in media in Italia (tab. 7) il 36,6% dei lavoratori a tempo determinato ha mantenuto un contratto atipico (è il 33,9% a Roma); lo stesso è avvenuto per il 39% dei lavoratori impiegati in altre forme di lavoro dipendente (il 29,7% nella capitale). Il 43% dei collaboratori è rimasto occupato in forme atipiche, registrando un livello inferiore a quello romano (60%).
Tab. 7 Esiti occupazionali per contratto precedente, cambiamenti successivi al 2000 Italia 2005
Contratto attuale | Contratto precedente | |||||
Dipendente a tempo indeterminato | Dipendente a tempo determinato | Altre forme lavoro dipendente | Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | Totale | |
Dipendente a tempo indeterminato | 65,4 | 53,6 | 42,3 | 31,8 | 31,9 | 54,8 |
Dipendente a tempo determinato | 5,5 | 30,1 | 15,4 | 5,3 | 10,3 | 11,6 |
Altre forme lavoro dipendente | 1,1 | 2,0 | 17,4 | 2,5 | 2,9 | 3,1 |
Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio) | 23,9 | 9,7 | 18,9 | 51,5 | 25,2 | 23,7 |
Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | 4,0 | 4,5 | 6,0 | 8,9 | 29,8 | 6,9 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
A Roma, d'altra parte, il 56% dei contratti a tempo determinato si converte in contratti a tempo indeterminato, contro il 53,6% rilevato in Italia, mentre il 41,2% dei collaboratori trova un lavoro dipendente a tempo indeterminato, contro il 32% registrato in media in Italia.
Nella media nazionale, dunque, la 'trappola della precarietà' sembra coinvolgere molto più intensamente i lavoratori dipendenti atipici e soprattutto quelli inquadrati nelle tipologie più recenti e flessibili di occupazione, mentre a Roma sono i collaboratori a registrare le difficoltà maggiori nell'intraprendere esperienze lavorative che transitino verso situazioni più stabili.
Il tasso di sostituzione delle forme di lavoro atipiche
La tabella 8 consente di valutare sinteticamente la frequenza e i cambiamenti intervenuti nel tempo nei passaggi tra forme occupazionali diverse e, in particolare, da tipologie di lavoro atipiche a forme contrattuali dipendenti a tempo indeterminato o autonome in senso proprio. Per 'lungo periodo' si è inteso il valore complessivo registrato nel totale dei passaggi senza riferimenti temporali specifici, mentre il 'medio periodo' si riferisce alle transizioni avvenute fra il 2000 e il 2005.
Tab. 8 Tasso di sostituzione delle forme atipiche con forme standard Roma 2005
Dipendente a tempo determinato | Altre forme lavoro dipendente | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | |
Lungo periodo (media sul totale occupazione) | 77,9 | 79,4 | 53,5 |
Medio periodo (tra il 2000 e il 2005) | 66,1 | 70,3 | 41,2 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Il tasso di sostituzione che esprime sinteticamente questi valori mostra che a Roma il 78% circa degli atipici dipendenti a termine sono passati a un lavoro stabile, dipendente o autonomo; lo stesso è accaduto per quasi l'80% dei lavoratori assunti in altre forme di lavoro dipendente e per il 53,5% dei collaboratori. Nella media nazionale le transizioni verso forme di lavoro standard sono decisamente peggiori per i lavoratori dipendenti (76,5% per i lavoratori a tempo determinato e 70,7% per le altre tipologie di lavoro temporaneo), pur presentando prospettive migliori per i collaboratori (63,9%).
Ma negli ultimi 5 anni, sia a Roma che nel totale Italia, la tendenza che sembra evidenziarsi è quella di un generale ridimensionamento di questa possibilità: il tasso registrato nel medio periodo (2000-2005) relativo ai dipendenti a tempo determinato risulta infatti sensibilmente inferiore (e pari al 66,1%) a quello registrato nella media dei passaggi (pari come si è visto a 77,9%) che comprende anche transizioni verificatesi in periodi precedenti. Lo stesso avviene per le altre forme di lavoro dipendente a termine (dal 79,4% del lungo periodo si passa al 70,3% del periodo 2000- 2005) e per i collaboratori (dal 53,5% del lungo periodo si passa al 41,2% del medio periodo). Vi è, insomma, una sostanziale riduzione dei passaggi da forme di lavoro atipico a forme standard.
La struttura occupazionale nel tempo
Un altro elemento che può consentire di valutare la composizione dell'occupazione e le sue trasformazioni nel tempo è l'analisi delle forme contrattuali secondo il criterio dell'anzianità lavorativa (cioè rispetto al periodo in cui una persona ha iniziato a lavorare) oppure rispetto all'anzianità di servizio (ossia al periodo in cui una persona ha cominciato l'attuale rapporto lavorativo) (tab. 9).
Tab. 9 Contratti per anzianità lavorativa e anzianità di servizio secondo la forma contrattuale Roma 2005
Anzianità lavorativa e anzianità di servizio | Dipendente a tempo indeterminato | Dipendente a tempo determinato | Altre forme lavoro dipendente | Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | Totale |
Anzianità lavorativa (*) | ||||||
Prima del 1990 | 62,3 | 28,6 | 33,2 | 57,4 | 15,9 | 55,6 |
1990-1995 | 16,8 | 5,9 | 7,7 | 17,6 | 23,7 | 16,8 |
1996-2000 | 15,9 | 32,3 | 38,7 | 13,2 | 39,2 | 18,3 |
2001-2005 | 5,0 | 33,2 | 20,3 | 11,8 | 21,2 | 9,3 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Anzianità di servizio (**) | ||||||
Prima del 1990 | 42,0 | 1,6 | 3,8 | 24,8 | - | 32,4 |
1990-1995 | 13,2 | 2,7 | - | 22,0 | 5,4 | 13,8 |
1996-2000 | 19,2 | 7,6 | 20,4 | 20,9 | 15,5 | 18,8 |
2001-2005 | 25,6 | 88,1 | 75,8 | 32,3 | 79,2 | 35,1 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005 (*): quando ha iniziato a lavorare
(**): quando ha iniziato l'attuale attività
A Roma il 62,3% dei dipendenti a tempo determinato e il 57,4% degli autonomi ha iniziato a lavorare prima del 1990. Il lavoro atipico inizia ad affermarsi con più frequenza solo dopo il 1996. In particolare, se il 35% degli attuali lavori sono iniziati fra il 2001 e il 2005, i contratti che regolano queste attività sono sempre di più di tipo non standard: questi, infatti, presi complessivamente, costituivano il 10,4% del totale dei nuovi contratti nel quinquennio 1996-2000, per passare al 33% nel periodo 2001-2005 (tab. 10). I lavoratori a tempo determinato attivi nel 2005 hanno trovato lavoro prevalentemente fra il 2001 e il 2005 (88%), analogamente agli occupati in le altre forme di lavoro dipendente (75,8%) e ai collaboratori (79%) (tab. 9).
Se si analizza, inoltre, la distribuzione delle forme contrattuali secondo l'anzianità di servizio in base alla coorte d'ingresso nell'attuale attività (tab. 10 e graf.1), si può osservare in maniera particolarmente evidente come sia cambiato il mercato del lavoro nel corso del tempo.
Per i lavoratori entrati più recentemente nel mondo del lavoro le occupazioni atipiche sono aumentate visibilmente, a danno della quota di lavoro standard, sia autonomo che dipendente.
Tab. 10 Anzianità di servizio secondo la coorte d'età all'ingresso Roma 2005
Anzianità di servizio (*) | Dipendente a tempo indeterminato | Dipendente a tempo determinato | Altre forme lavoro dipendente | Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | Totale |
Prima del 1990 | 82,2 | 0,2 | 0,3 | 17,3 | - | 100,0 |
1990-1995 | 60,4 | 0,9 | - | 35,9 | 2,8 | 100,0 |
1996-2000 | 64,6 | 1,8 | 2,6 | 25,0 | 6,0 | 100,0 |
2001-2005 | 46,2 | 11,4 | 5,2 | 20,8 | 16,4 | 100,0 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005 (*): quando ha iniziato l'attuale attività
Graf. 1 Composizione dell'occupazione rispetto all'anzianità di servizio secondo la coorte d'ingresso. Roma, 2005 | |||||||||||
80% | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) | ||||||||||
60% | Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Xxx. in proprio) | ||||||||||
Altre forme lavoro dipendente | |||||||||||
40% | Dipendente a tempo determinato | ||||||||||
Dipendente a tempo indeterminato | |||||||||||
20% | |||||||||||
0% | |||||||||||
Prima del 1990 | 1990-1995 | 1996-2000 | 2001-2005 |
100%
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Graf. 2 Composizione dell'occupazione rispetto all'anzianità di servizio secondo la coorte d'ingresso. Italia, 2005 100% | |||||||||||
90% | |||||||||||
80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% | Altre forme lavoro autonomo (Xx.xx.xx. - Xx.xx.Xxx. - Collab) Autonomo (Imprenditore/ Libero prof/ Lav. in proprio) Altre forme lavoro dipendente Dipendente a tempo determinato Dipendente a tempo indeterminato | ||||||||||
10% 0% | |||||||||||
Prima del 1990-1995 1996-2000 2001-2005 1990 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Come si vede questo processo coinvolge in maniera simile l'ambito romano e quello nazionale, anche se l'incidenza del lavoro dipendente a termine appare più elevata nella media italiana, mentre Roma vede modificarsi la composizione contrattuale soprattutto intorno ai cambi di peso della quota di lavoro dei collaboratori.
Le caratteristiche del lavoro atipico
La durata dei contratti
La durata del contratto è uno dei fattori più significativi che aiutano a descrivere le caratteristiche del lavoro flessibile. In particolare, i contratti più brevi dovrebbero generalmente essere legati a esigenze contingenti, a sostituzioni o variazioni temporanee dei carichi di lavoro. I contratti di medio-lungo periodo, invece, dovrebbero prefigurare un ruolo più strutturato nell'ambito dell'azienda, anche se questa suddivisione non sempre, come vedremo, riflette la realtà dei fatti.
A Roma, come pure a livello nazionale, la durata dei contratti flessibili presi complessivamente si aggira sui 12 mesi. Distinguendo le tipologie si vede che per i lavoratori dipendenti a tempo determinato la durata prevalente è compresa fra i 6 mesi e un anno (40%), seguita a una certa distanza da durate inferiori (26,4%) e con maggior divario da durate più prolungate (da 2 a 3 anni è pari a circa il 15% e da 1 a 2 anni è del 9%) (graf. 3). In questo caso la situazione romana sembra essere migliore di quella nazionale, dal momento che i contratti a tempo determinato con durata più lunga sono decisamente più frequenti di quanto registrato nella media in Italia.
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Dipendente a tempo determinato
Altre forme lav. dipendente
Altre forme lav. autonomo
Totale
Durata non specificata Oltre i 3 anni
Da 25 mesi a 3 anni Da 13 mesi a 2 anni Da sei mesi a un anno
Meno di sei mesi
100%
Graf. 3 Durata del contratto per tipologia contrattuale. Roma, 2005
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Diversa è la distribuzione per le altre forme di lavoro dipendente, per le quali la durata del contratto è fortemente polarizzata e si divide nel 60% circa dei casi nei quali risulta indefinita, sconosciuta o non meglio precisata (circostanza questa spesso implicita in certe tipologie contrattuali -lavoro a chiamata o interinale- che non sempre prevedono un patto esplicito su questo aspetto) e nel 31% dei casi in cui il contratto ha una durata inferiore a 6 mesi. Solo il 9% di questi lavoratori ha un contratto che dura da 6 mesi a un anno.
Per i collaboratori, infine, la durata largamente prevalente è l'anno (62%); il 18,6% ha durate più brevi di sei mesi e solo l'8% ha contratti variabili fra i 2 e i 3 anni.
La distribuzione per età
Considerando il lavoro nel suo complesso, suddiviso sommariamente nelle due grandi aggregazioni di tipo standard e atipico, è assai interessante analizzare l'incidenza dei 'nuovi lavori' sulle generazioni. I grafici che seguono confermano che gli impieghi atipici coinvolgono prevalentemente persone di età compresa fra i 15 e i 34 anni. Ma, se nel totale nazionale sono soprattutto i più giovani a doversi confrontare sin da subito con le forme di lavoro più flessibili, a Roma ciò avviene più spesso fra i 22 e i 27 anni, quando i cicli di studi sono frequentemente avviati e conclusi e anche gli impieghi atipici possono essere affrontati in una prospettiva in parte più definita e con maggiori aspettative di miglioramento. Nella capitale, d'altra parte, l'incidenza per età del lavoro atipico risente di una struttura produttiva che ha continuato ad assorbire parti non trascurabili di manodopera giovane e formata in lavori permanenti, anche probabilmente a causa della presenza di un settore pubblico vasto e variegato che raccoglie forza lavoro nel bacino della ricerca e dei servizi avanzati.
Graf. 4 Incidenza media del lavoro atipico per età. Roma 2005 1,2 | |||
1,0 0,8 | |||
0,6 | Standard Atipico | ||
0,4 0,2 0,0 | |||
00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Graf. 5 Incidenza media del lavoro atipico per età. Italia 2005 1,0 | |||
0,9 0,8 0,7 0,6 | |||
0,5 | Standard Atipico | ||
0,4 0,3 0,2 0,1 0,0 | |||
00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 00-00 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
L'incidenza del titolo di studio
Queste osservazioni trovano conferma anche nella rappresentazione del grafico 6, dove si è voluta evidenziare la distribuzione percentuale fra lavoro standard e lavoro atipico secondo il titolo di studio conseguito. È evidente che i lavoratori più anziani siano proprio quelli che, pur possedendo titoli di studio più bassi, hanno beneficiato di ondate di assunzioni in tempi nei quali gli impieghi atipici erano ben poco diffusi.
Graf. 6 Titolo di studio e tipologia contrattuale. Roma 2005 | |||||||
Laurea Diploma | |||||||
82,3 | |||||||
17,7 | |||||||
83,8 | |||||||
16,2 | Standard Atipico | ||||||
Licenza media Licenza elementare | 93,3 | ||||||
6,7 | |||||||
94,2 | |||||||
5,8 | |||||||
0% | 20% | 40% | 60% | 80% | 100% |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Al crescere del titolo di studio cresce anche la percentuale di persone che sono impiegate in lavori atipici, anche questo un dato che risente prevalentemente dell'effetto età visto che i possessori di titoli di studio più alti si collocano soprattutto nella fascia fra i 25 e i 45 anni. In questo senso appare più problematica la condizione di chi possiede un titolo di studio superiore al diploma, che non sembra vedere compensato l'impegno negli studi e nella formazione con tipologie di lavoro più stabili e sicure.
La scelta volontaria di lavori più flessibili, come vedremo, non sempre è la chiave di lettura di questo dato, che al contrario sottolinea una situazione di sofferenza proprio fra coloro che risultano più formati e teoricamente in possesso di migliori opportunità di collocazione sul mercato del lavoro. Mentre, infatti, i tassi di occupazione di coloro che posseggono titoli quali i diplomi universitari, le lauree (brevi o tradizionali), le specializzazioni post-laurea o i dottorati di ricerca sono nettamente più elevati della media (71,2% nel Comune di Roma nel 2005 contro un tasso di occupazione totale di 49,1%), l'incidenza del lavoro atipico su questo settore di popolazione risulta al contempo sensibilmente più alta di quanto registrato sul totale degli occupati romani (13,4% contro l'11,6% rilevato in media)8.
Lavoro atipico: scelta o necessità?
L'indagine ISFOL Plus 2005 dedica due sezioni specifiche alla descrizione delle motivazioni che stanno alla base dei contratti temporanei o dei rapporti di lavoro autonomo.
In termini generali, se si suddivide il lavoro atipico nelle due macroaree del lavoro a tempo determinato (nelle diverse forme in cui questo si può presentare) e del lavoro autonomo in collaborazione (xx.xx.xx. e lavoratori a progetto), si può verificare che in entrambi i casi le ragioni
8 Fonte: elaborazioni su dati Istat, RCFL 2005
che motivano queste tipologie di rapporti di lavoro per lo più non sembrano essere una scelta, ma la conseguenza di una condizione inevitabile del mercato del lavoro, con cui dover fare i conti. Il 45% dei contratti dei dipendenti a termine non è giustificato da particolari motivazioni, il 29% è legato a un progetto o a una commessa specifica e solo il 12,3% costituisce il periodo di prova in vista di un'assunzione a tempo indeterminato (tab. 11).
Tab. 11 Motivo del carattere temporaneo del contratto secondo il sesso Lavoratori a tempo determinato
Roma 2005
Motivo del contratto temporaneo | Maschi | Femmine | Totale |
Periodo di prova in vista di una assunzione a tempo indeterminato | 16,0 | 9,3 | 12,3 |
Sostituzione di personale temporaneamente assente | - | 6,9 | 3,8 |
Lavoro stagionale o picchi di produttività | 9,9 | 10,8 | 10,4 |
Il contratto è legato a un progetto \ commessa specifica | 24,1 | 32,4 | 28,6 |
Nessun motivo particolare | 50,0 | 40,7 | 44,9 |
Totale | 100,0 | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
In più del 50% dei casi il contratto è stato rinnovato più di una volta, il che implica una certa continuità nella necessità di personale e solleva qualche perplessità sulla scelta di assunzioni temporanee da parte dei datori di lavoro. D'altra parte l'85% circa degli intervistati si mostra interessato a convertire l'attuale rapporto a termine in un contratto a tempo indeterminato, pur manifestando una spiccata sfiducia nella possibilità che ciò possa verificarsi, dal momento che il 60,7% dei lavoratori a termine giudica 'bassa' o 'impossibile' questa opportunità.9
Anche fra i collaboratori prevale la percentuale di coloro che non sono lavoratori autonomi per loro scelta o convenienza, quanto piuttosto per esplicita richiesta del committente. In questo senso non sembra azzardato definire i lavoratori che operano con questi contratti di tipo individuale come 'parasubordinati', dal momento che il rapporto stabilito fra datore di lavoro e lavoratore, anche se formalmente definito autonomo, contiene caratteristiche molto spesso associabili a quelle dei più classici lavoratori dipendenti.
Il sospetto che dietro i contratti di collaborazione si xxxx in molti casi un lavoro dipendente a tutti gli effetti, con una notevole convenienza per il datore di lavoro, sembra avvalorato dall'analisi delle modalità di svolgimento di queste forme di occupazione. A Roma il 67,8% dei collaboratori svolge incarichi per un'unica società, il 53% è tenuto a garantire la sua presenza nella sede di lavoro, il
9 Dall'indagine Istat sulle Forze di lavoro 2005 emerge un dato che conferma questa circostanza: in questo caso l'84% degli intervistati dichiara di aver accettato un impiego a termine solo perché non ha trovato un lavoro a tempo indeterminato e quasi il 90% afferma di desiderare un impiego a tempo illimitato.
60,4% ha concordato un orario giornaliero con il datore di lavoro, l'85,8% utilizza per lavorare mezzi messi a disposizione dall'azienda e quasi il 50% ha visto rinnovato il suo contratto più di una volta (tab. 12).
Tab. 12 Caratteristiche del lavoro autonomo dei collaboratori Roma e Italia 2005
Caratteristiche del lavoro autonomo | Roma | Italia |
E' autonomo su richiesta del committente \ datore di lavoro | 79,9 | 53,1 |
Ha un'unica società \ committente | 67,8 | 77,8 |
Deve garantire la presenza nella sede di lavoro | 53,1 | 58,6 |
Ha concordato un orario giornaliero col datore di lavoro | 60,4 | 54,9 |
Per lavorare utilizza mezzi dell'azienda o del datore di lavoro | 85,8 | 74,4 |
Il contratto è stato rinnovato almeno una volta | 49,3 | 52,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Il lavoro autonomo sembra essere indotto dalla richiesta delle aziende più spesso a Roma che nella media in Italia, anche se nello svolgimento delle loro attività i collaboratori romani hanno più spesso una diversificazione dei committenti e una leggera autonomia in più per quanto riguarda la presenza fisica sul luogo di lavoro, mostrando per il resto caratteristiche del tutto simili a quelle riscontrate a livello nazionale. Le donne, inoltre, sia a Roma che nel totale Italia sembrano essere sottoposte più dei loro colleghi a vincoli di orario e di presenza nella sede di lavoro.
Anche nel caso dei collaboratori una percentuale superiore all'80% (esattamente l'83,4%) vorrebbe vedere trasformato l'attuale rapporto in un contratto a tempo indeterminato, ma i pessimisti riguardo a questa possibilità sono ancora più numerosi dei lavoratori a tempo determinato e raggiungono quasi il 70% degli intervistati.
Un indice di subordinazione per i collaboratori
Al fine di poter misurare il livello di indipendenza nel lavoro di questa fascia di lavoratori autonomi, si è costruito un indice sintetico dei caratteri tipici del lavoro subordinato che conta i fattori precedentemente analizzati.
L'indice è definito fra 0 – nessun fattore presente - e 6 – tutti i fattori presenti-. Attraverso questo indicatore possiamo descrivere il livello di subordinazione dei collaboratori e considerarne la variazioni al variare di fattori decisivi come il titolo di studio, l'età o la professione.
Tab. 13 Indice generale dei fattori di subordinazione Roma 2005
Indice generale medio dei fattori di subordinazione | Maschi | Femmine | Totale |
3,5 | 4,1 | 4,0 |
15-29 | 4,3 | |
Indice generale medio dei fattori di subordinazione per età | 30-39 | 3,7 |
40-49 | 3,8 | |
50-64 | 3,3 |
Indice generale medio dei fattori di subordinazione per titolo di studio | Licenza media | 5,0 |
Diploma | 4,5 | |
Laurea e oltre | 3,2 |
Dirigenti e imprenditori | 2,3 | |
Professioni intellettuali | 4,3 | |
Indice generale medio dei fattori di subordinazione per professione | Professioni tecniche | 2,0 |
Impiegati | 4,5 | |
Professioni qualificate nel commercio e nei servizi | 5,3 | |
Operai semiqualificati | 3,0 | |
Professioni non qualificate | 3,4 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Da questa analisi risulta che la natura del lavoro dei collaboratori sembra in media molto più assimilabile a quella dei più classici lavoratori dipendenti piuttosto che a quella di 'veri' lavoratori autonomi: il livello medio dell'indice è pari infatti a 4 (il massimo, come si è detto, è pari a 6), con un grado sensibilmente più alto fra le donne (tab. 13). Più di 44mila collaboratori presentano più di 3 fattori di subordinazione e nel 78% dei casi si tratta di donne. Addirittura il 27% di tutte le collaboratrici raggiunge un indice di subordinazione massimo, contro il solo 8,1% registrato fra i colleghi. Relativamente al titolo di studio l'indice di subordinazione decresce al crescere dell'istruzione: pur rimanendo su livelli mediamente elevati, il grado di subordinazione dei collaboratori in possesso di titoli di studio superiori al diploma è inferiore rispetto agli altri titoli e conferma l'esistenza di una migliore performance in termini di indipendenza e opportunità di gestione personale del proprio lavoro da parte dei lavoratori più formati. Considerando le classi di età, si vede come i collaboratori più giovani siano i più esposti ai vincoli di subordinazione, che appaiono comunque piuttosto elevati anche fra i 40 e i 49 anni, per scendere sensibilmente solo dopo i 50 anni. I collaboratori che lavorano nel commercio e nei servizi registrano un indice di subordinazione molto elevato (5,3), ma anche gli impiegati e coloro che esercitano professioni
intellettuali manifestano un livello di dipendenza dai propri committenti che ridimensiona fortemente la formale autonomia implicita in questa tipologia di assunzione.
Lavoro atipico e soddisfazione
Nel complesso a Roma il 56% di tutti i lavoratori atipici esprime un livello medio-basso o basso di soddisfazione sulle proprie prospettive di carriera, il 60% non ritiene soddisfacente il trattamento economico che gli viene corrisposto e il 66,3% manifesta una esplicita insoddisfazione sulle condizioni di stabilità e sicurezza del proprio posto di lavoro. Una parte rilevante di questi lavoratori, inoltre, non ritiene che vi sia corrispondenza fra il titolo di studio conseguito e l'attuale attività lavorativa: a Roma il 53% dei lavoratori atipici dichiara che gli studi fatti non sono stati necessari per ottenere l'attuale lavoro. Ben più grave appare la situazione nel totale nazionale, dove quasi il 60% dei lavoratori non standard svolge un lavoro nel quale la formazione acquisita è considerata poco rilevante. Al titolo di studio, d'altra parte, non sembra corrispondere neanche una retribuzione proporzionale, dal momento che il 68,5% dei lavoratori atipici con la laurea o titoli superiori manifestano insoddisfazione per il reddito percepito; parzialmente migliore appare la condizione retributiva dei lavoratori non standard diplomati, che nel 50% dei casi sono soddisfatti del loro stipendio. Nettamente peggiore, al contrario, è la situazione dei lavoratori con bassi titoli di studio, che in più del 70% dei casi sono insoddisfatti della loro retribuzione, segnalando l'accentuata debolezza contrattuale a cui sono esposti.
Fattori di soddisfazione sono considerati, al contrario, le mansioni svolte (75,7% di soddisfatti) e l'opportunità di acquisire competenze e nuove professionalità attraverso l'attuale occupazione (63,9% di soddisfatti), nonché dell'ambiente lavorativo in relazione ai rapporti con i colleghi e i superiori (79,6%). Resta il fatto che l'instabilità e i livelli retributivi insufficienti si traducono molto spesso nella ricerca di un secondo lavoro, che colmi il divario economico rispetto al livello ritenuto necessario, o di un nuovo lavoro in sostituzione dell'attuale impegno lavorativo a termine (tab. 14).
Tab. 14 Ricerca di un secondo o di un nuovo lavoro Lavoratori atipici e totale degli occupati
Roma 2005
Attualmente alla ricerca di un secondo lavoro o di un nuovo lavoro | Lavoratori atipici | Totale occupati |
Alla ricerca di un secondo lavoro | 9,1 | 2,6 |
Alla ricerca di un nuovo lavoro | 32,0 | 12,1 |
No | 58,9 | 85,2 |
Totale | 100,0 | 100,0 |
Fonte: elaborazione Ufficio Statistico del Comune di Roma su dati ISFOL PLUS 2005
Il 9,1% dei lavoratori non standard a Roma è alla ricerca di un lavoro da associare all'attuale, contro il 2,6% del totale degli occupati, e il 32% aspira esplicitamente a cambiare lavoro.
Conclusioni
Il quadro descritto, pur delineando una performance in parte migliore per la capitale rispetto al resto d'Italia, rileva comunque alcuni punti critici che meritano di essere analizzati.
Il processo avviato che induce alla progressiva riduzione delle quote di lavoro standard a fronte di un incremento costante di lavoro atipico, coinvolge in larga parte giovani, donne e persone con titoli di studio medio-alti. A Roma su circa 125.600 lavoratori atipici (in cui comprendiamo i lavoratori a tempo determinato e i collaboratori), il 58% sono donne e il 59% sono persone fra i 15 e i 34 anni. Il lavoro tradizionale a tempo indeterminato, del resto, pur essendo molto diffuso anche fra i nuovi rapporti di lavoro, perde terreno a vantaggio delle occupazioni non standard. A Roma i nuovi occupati sono nel 62% dei casi persone di età compresa fra i 15 e i 34 anni, che una volta su due hanno trovato un impiego atipico10.
Nella maggior parte dei casi si tratta di lavori occasionali o di cosiddetti contratti a progetto, oppure di occupazioni legate a un periodo di formazione o di impieghi stagionali, prevalentemente nel settore dei servizi sia per gli uomini che per le donne.
Sono in prevalenza tecnici informatici, personale di segreteria, telefonisti e centralinisti, occupati nei call center e nelle società che svolgono servizi per le imprese, oppure commessi e assistenti domiciliari, occupati nel commercio e soprattutto nella grande distribuzione o in attività paramediche e di assistenza all'infanzia. Ma non mancano i tecnici o i ricercatori con alta formazione, i restauratori e gli specialisti di marketing, occupati prevalentemente nel settore delle produzioni video e cinematografiche (che a Roma costituisce un polo produttivo di grande rilevanza), negli studi pubblicitari o di architettura, nelle società di informatica o di ricerche di mercato. Ma, per ottenere un quadro completo dell'area legata all'instabilità del lavoro, oltre agli occupati in forme atipiche, si devono considerare anche le persone che hanno perso un lavoro temporaneo e sono alla ricerca di una nuova occupazione. Si tratta di circa 33mila persone, borderliners, che scivolano frequentemente dalla condizione di occupato a quella di inoccupato, perché un contratto scaduto non viene rinnovato o ciò non avviene continuativamente, oppure perché il progetto su cui erano impegnati è terminato e sono, dunque, costantemente attivati nella ricerca di un lavoro che possa colmare il gap temporale. Considerando anche questa componente, l'area dei lavori flessibili a Roma, dunque, comprende circa 158mila persone, pari al 13,5% della popolazione attiva.
Se si analizza l'evoluzione occupazionale degli ultimi 5 anni attraverso il confronto tra la forma contrattuale precedente e l'attuale forma contrattuale, si è può osservare che i passaggi da forme di occupazione atipiche verso i contratti a tempo indeterminato, pur restando su percentuali
10 Fonte: elaborazioni su dati Istat, RCFL 2005
piuttosto elevate, tendono a diminuire se confrontati con le stesse transizioni considerate nel lungo periodo. Resta, dunque, consistente il travaso fra le forme lavorative più instabili verso quelle standard tradizionali, ma tende a ridursi, prefigurando una permanenza in situazioni lavorative intermittenti o temporanee che va oltre il convincimento diffuso che le considera soltanto trampolini di lancio verso forme di lavoro più stabili. Questo avviene in tutte le categorie di contratto atipico e in particolare per il passaggio da un contratto a tempo determinato a uno a tempo indeterminato,
In ogni caso la situazione registrata nella capitale mostra che gli esiti occupazionali da tutti i contratti atipici verso le forme di lavoro più standard sono generalmente migliori a Roma che nel resto del territorio nazionale. Nella capitale il 56% dei contratti a tempo determinato si converte in contratti a tempo indeterminato, contro il 53,6 % rilevato in Italia, mentre il 41,2% dei collaboratori trova un lavoro dipendente a tempo indeterminato, contro il 32% registrato in media in Italia.
Al contempo a Roma la permanenza in situazioni instabili è lievemente inferiore, visto che nell'area romana il 34% circa dei lavoratori a tempo determinato ha mantenuto un contratto atipico, contro il 37% registrato in media in Italia; lo stesso è avvenuto per il 30% dei lavoratori impiegati in altre forme di lavoro dipendente, contro il dato nazionale pari al 39%. Il 58,8% dei collaboratori nell'area romana, al contrario, è rimasto occupato in forme atipiche, registrando un livello superiore a quello nazionale, pari al 43%.
Nella media nazionale, dunque, la 'trappola della precarietà' sembra coinvolgere molto più intensamente i lavoratori dipendenti atipici e soprattutto quelli inquadrati nelle tipologie più recenti e flessibili di occupazione, mentre a Roma sono i collaboratori a registrare le difficoltà maggiori nell'intraprendere esperienze lavorative che transitino verso situazioni più stabili.
Il lavoro atipico, d'altra parte, non sempre costituisce una scelta dei lavoratori: molto spesso le assunzioni a termine o in collaborazione vengono effettuate senza giustificazioni specifiche; i contratti vengono rinnovati più volte nel tempo e, nel caso dei collaboratori, spesso è il committente a richiedere che l'assunzione avvenga in questa forma.
Inoltre, più dell'80% di tutti i lavoratori atipici, vorrebbe vedere trasformato l'attuale contratto in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, pur non nutrendo molta fiducia in questa opportunità: circa il 70% degli intervistati ritiene 'bassa' o 'molto bassa' questa possibilità.
Il lavoro autonomo sembra essere indotto dalla richiesta delle aziende più spesso a Roma che nella media in Italia, anche se nello svolgimento delle loro attività i collaboratori romani hanno più spesso una diversificazione dei committenti e una leggera autonomia in più per quanto riguarda la presenza fisica sul luogo di lavoro. Le donne, inoltre, sia a Roma che nel totale Italia, sembrano essere sottoposte più dei loro colleghi a vincoli di orario e di presenza nella sede di lavoro.
Nel complesso a Roma il 56% di tutti i lavoratori atipici esprime un livello medio-basso o basso di soddisfazione sulle proprie prospettive di carriera, il 60% non ritiene soddisfacente il trattamento economico che gli viene corrisposto e il 66,3% manifesta una esplicita insoddisfazione sulle
condizioni di stabilità e sicurezza del proprio posto di lavoro. Una parte rilevante di questi lavoratori, inoltre, non ritiene che vi sia corrispondenza fra il titolo di studio conseguito e l'attuale attività lavorativa: a Roma il 53% dei lavoratori atipici dichiara che gli studi fatti non sono stati necessari per ottenere l'attuale lavoro. Ben più grave appare la situazione nel totale nazionale, dove quasi il 60% dei lavoratori non standard svolge un lavoro nel quale la formazione acquisita è considerata poco rilevante. Fattori di soddisfazione fra i lavoratori atipici della capitale sono considerati, al contrario, le mansioni svolte (75,7% di soddisfatti) e l'opportunità di acquisire competenze e nuove professionalità attraverso l'attuale occupazione (63,9% di soddisfatti), nonché dell'ambiente lavorativo in relazione ai rapporti con i colleghi e i superiori (79,6%). Resta il fatto che l'instabilità e i livelli retributivi insufficienti si traducono molto spesso nella ricerca di un secondo lavoro, che colmi il divario economico rispetto al livello ritenuto necessario, o di un nuovo lavoro in sostituzione dell'attuale impiego lavorativo a termine.
Come è noto l'utilizzo di queste forme di lavoro è stato sostenuto da diversi fattori: da parte delle imprese ha inciso la maggiore convenienza, soprattutto per ciò che riguarda il lavoro autonomo, dal momento che il costo di un collaboratore è inferiore a quello di un dipendente; la flessibilità che una quota di lavoro non stabile consente alla struttura produttiva; l'utilizzo di forza lavoro senza vincoli per il datore di lavoro che può selezionare direttamente e discrezionalmente il lavoratore. Sul versante del lavoro, d'altra parte, la mancanza di un legame continuativo con uno stesso lavoro che ha caratterizzato le generazioni precedenti e che può essere letta in termini di libertà di movimento e di scelta soprattutto per i più giovani, perde queste attrattive se non compensata adeguatamente da migliori opportunità di trovare agilmente un'occupazione lasciando la precedente, di veder riconosciuta la formazione acquisita in termini reddito e di valorizzazione delle competenze, di avere gli stessi diritti garantiti ai lavoratori standard (ferie, malattia, maternità), di poter contare su una rete di servizi che aiuti a non procrastinare le proprie scelte di vita sempre più avanti nel tempo.
In conclusione, dunque, il mercato del lavoro che emerge dal quadro qui descritto, sebbene non vada letto come un sistema cristallizzato, ma piuttosto attraversato da dinamiche che ne possono modificare i contorni, contiene diversi elementi di criticità. Se non interverranno fattori di correzione il rischio che si corre è di avere pesanti ricadute sul futuro di questi lavoratori, che solo con molte difficoltà riescono oggi a progettare percorsi professionali e personali, e potrebbero più avanti andare in pensione con benefici modesti. Del resto è anche il sistema nel suo complesso che potrebbe risultare fortemente penalizzato da un mercato del lavoro che produce poca occupazione e non sempre di qualità, non potendo riuscire ad alimentare le spese per la previdenza, lo stato sociale, il livello dei consumi e dei risparmi.
Di certo l'introduzione di fattori correttivi nella direzione di un aumento dei tassi di conversione verso impieghi standard e di buona qualità è una delle opportunità che un sistema in equilibrio può sollecitare. Tuttavia, proprio perché la flessibilità, soprattutto per i più giovani, non sia solo temuta,
ma assuma aspetti vantaggiosi anche per i lavoratori, è di importanza altrettanto cruciale l'immissione di elementi decisivi di compensazione verso un sistema che garantisca ai lavoratori intermittenti livelli di reddito sufficienti e/o interventi di welfare locale e nazionale che agiscano da supporto nei periodi di inattività e da sostegno nell'affrontare le molteplici responsabilità connesse alla vita adulta (casa, famiglia, prestiti bancari,ecc.).
Xxxxxxxxxx Xxxxxxx - Xxxxxxx xx Xxxxxxxxxx xxx Xxxxxx xx Xxxx