DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELL’APPALTO
XXXXXX XXXXXXXXXX
L’APPALTO PRIVATO
Sezione non inclusa
Capitolo I
DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELL’APPALTO
Sommario: 1. Delimitazione della figura negoziale. — 2. Contratto consensuale: rinvio.
— 3. Contratto bilaterale. — 4. Contratto sinallagmatico. — 5. Contratto non solenne: rinvio. — 6. Contratto ad efficacia obbligatoria. — 7. Contratto commu- tativo. — 8. Obbligazione di risultato dell’appaltatore. — 9. Contratto a titolo oneroso. — 10. Contratto ad esecuzione prolungata. — 11. Inquadramento sistematico.
1. Delimitazione della figura negoziale.
L’appalto — dal latino medievale appaltum e, ancora prima, ad pactum ovvero “a contratto” — è un contratto tipico, regolato dal codice civile (artt. 1655-1677). Secondo la definizione che ne fornisce l’art. 1655, l’appalto è il contratto attraverso il quale un soggetto, qualificato come appaltatore o assuntore o artefice, assume il compi- mento di un’opera o di un servizio, su incarico di altro soggetto, qualificato come committente o appaltante o ordinante, verso un corrispettivo in denaro, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio. Si tratta, pertanto, di un tipo contrattuale ricadente nel novero dei contratti nominati, ossia specificamente re- golati dal codice civile.
Alla disciplina codicistica è riservato il rango di normativa gene- rale, a fronte delle plurime norme derogatorie che disciplinano speci- fiche figure di appalto pubblico di lavori, servizi o forniture e di appalto privato di servizi; rispetto a queste discipline speciali la normativa generale del codice civile si applica in termini residuali, ossia per sanarne le inevitabili lacune, nei limiti della compatibilità.
L’unità della figura comprende, quali sue estrinsecazioni, sia l’ap- palto di opere sia l’appalto di servizi, ma non anche l’appalto di fornitura, fattispecie piuttosto assimilabile ai tipi negoziali della com- pravendita o della somministrazione (Moscarini, 2009, 277).
L’istituto ha origini antiche. Infatti, dell’appalto si rinvengono i primi cenni già nel codice di Xxxxxxxxx, Re di Babilonia (a.C. 2285-2242), che tratta dell’architetto il quale costruisce un edificio, contro un compenso determinato in proporzione della sua superficie, e
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che ne prevede la responsabilità in caso di xxxxxx (Xxxxxx Xxxxxx- xxxx, 1).
Secondo la tradizione romanistica, recepita nel codice civile del 1865, l’appalto rientrava nella categoria del contratto di locazione (locatio conductio), e segnatamente nella sua sub-figura della locatio operis faciendi, a fronte delle altre sub-figure della locatio rei e della conductio operarum. L’oggetto del contratto era individuabile in una opera finale ex opere facto corpus aliquod perfectum (Xxxxxxxxxxxx, 1). Sempre attingendo dalla tradizione romanistica, l’appalto si collocava nella categoria dei contratti a prestazioni corrispettive, che postula- vano uno scambio tra un facere e un dare (do ut facias), a fronte della corrispettività fondata sullo scambio do ut des.
L’appalto conquista la sua autonomia, concettuale e normativa, solo con il codice civile del 1942, poiché, fino al codice del 1865, era ancora confinato nel modello della locazione d’opera (Benedetti, 4). Ma la modernità dell’istituto è solo apparente (Cervale, 2011, 97), considerato che da sempre l’uomo aspira a costruire e che da questa tensione progettuale, spiccatamente votata al futuro, ha non rara- mente finito per misurare lo stato evolutivo di una civiltà (Benedetti, 4).
Lo schema negoziale di specie esprime una vocazione costruttiva: esso è destinato al compimento di un quid materiale (opera) o imma- teriale (servizio), poiché chi pensa, progetta o inventa — o più sem- plicemente desidera — ha bisogno del lavoro di chi sa fare, realizzare o costruire ciò che altri ha ideato, pensato o desiderato. Sicché la sua definizione si incentra sia sull’oggetto, sia sulla qualità dei contraenti (Xxxxxxxxx, 5; Cervale, 2011, 98). Il solo nesso sinallagmatico tra esecuzione dell’opera o compimento del servizio verso un corrispet- tivo in denaro è, infatti, aspetto insufficiente ad individuare il tipo (Iudica, 2009, 289). Così l’essenza dell’appalto sarebbe piuttosto ri- conducibile al modo attraverso il quale è conseguito il risultato mate- riale, sul cui raggiungimento il contratto è proiettato (Xxxxxxxxx, 5). Tanto determina una contaminazione, del tutto unica e originale, tra il tipo di obbligazione e la natura del soggetto deputato alla sua realiz- zazione (Costanza, 2000, 2).
In ragione della definizione innanzi resa, la dottrina inquadra siffatto tipo negoziale nell’ambito dei contratti: consensuali, bilaterali, sinallagmatici (o con prestazioni corrispettive o di scambio), non solenni, ad efficacia obbligatoria, commutativi (o non aleatori), con obbligazioni di risultato dell’appaltatore, a titolo oneroso, ad esecu- zione prolungata (Rubino-Moscati, 295; Xxxxxxxx, 1987, 166).
DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE DELL’APPALTO 5
2. Contratto consensuale: rinvio.
Il contratto di appalto si perfeziona per effetto dello scambio dei consensi legittimamente manifestato dalle parti e non già con la consegna della res, men che meno con la consegna dell’opera o del servizio espletati, che viceversa rappresentano il risultato dell’esecu- zione prolungata del contratto. Già nel momento in cui le parti si impegnano, con il loro accordo, rispettivamente ad effettuare l’opera o il servizio, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio — l’appaltatore —, verso il pagamento di un corrispet- tivo in denaro — il committente —, il negozio deve reputarsi concluso (Xxxxxxxxx-Xxxxxxxxxx-Lopilato, 41). In conseguenza della stipula- zione, da esso discendono le correlative obbligazioni per ciascuna delle parti. Pertanto, è escluso che nell’appalto il perfezionamento del vincolo negoziale sia collegato a qualsiasi traditio. Anche qualora l’appaltatore si impegni a fornire la materia prima, l’appalto non si configura comunque come contratto reale (Xxxxxxxxxxxx, 13).
Dalla natura consensuale e non reale dell’appalto deriva che il diritto del committente a conseguire l’opera o il servizio appaltati non è un prius dell’appalto, ma un posterius, che attiene alla fase esecutiva. L’opera costruenda, qualunque essa sia, e il servizio programmato potranno essere acquisiti al patrimonio dell’appaltante, qualora ciò non avvenga quale esito fisiologico dell’esecuzione, attraverso l’espe- rimento di azioni personali (Xxxxxxxxxxxx, 13; Xxxxxx-Xxxxxxx, 161). All’esito dell’ultimazione dell’opera, in particolare, il committente potrà esercitare un’azione diretta ad ottenerne la consegna, sub specie di azione contrattuale ovvero anche di azione di rivendicazione ex art. 948, laddove la cosa nasca di proprietà dell’appaltante o divenga tale a seguito dell’attuazione del contratto (Xxxxxxxxxxxx, 13; Rubino- Moscati, 542). Sempre avendo riguardo al rapporto negoziale che si instaura tra appaltante e assuntore, si ricava che il contenuto della prestazione cui è tenuto il primo verso il secondo non inficia affatto la qualificazione dell’appalto in termini di contratto consensuale: il pa- gamento del corrispettivo costituisce, infatti, un mero obbligo forma- lizzato dalle parti in sede di stipulazione del negozio, che diviene esigibile allorché l’opera sia eseguita o il servizio compiuto, salva diversa pattuizione. Per effetto della maturazione dei fatti costitutivi del diritto al pagamento del prezzo, l’appaltatore potrà agire contro l’appaltante per pretenderne la corresponsione, spiegando un’ordina- ria azione di adempimento contrattuale (Xxxxxxxxx-Xxxxxxxxxx- Lopilato, 41).
6 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
3. Contratto bilaterale.
L’appalto è un contratto bilaterale poiché dalla sua conclusione sorgono obbligazioni corrispettive che sono a carico del committente e dell’appaltatore, in ragione del ruolo — imprescindibilmente connesso con la causa del contratto — che dette parti rivestono in tale modello negoziale: nella struttura dell’appalto le due prestazioni contrapposte, cui le parti sono tenute, devono essere entrambe in obligatione (Xxxxxxxxx-Xxxxxxxxxx-Lopilato, 41). È lo stesso tipo negoziale, come congegnato secondo la definizione di cui all’art. 1655, ad esigere che l’appalto sia concluso da una parte che assume l’obbligazione di compiere l’opera o il servizio e da una controparte che beneficia di tale prestazione ed è tenuta a versare un corrispettivo in denaro. La figura negoziale non ammette l’intervento di altre parti con un ruolo diverso: sicché l’appalto non può atteggiarsi come contratto trilaterale o, in generale, plurilaterale.
Tema diverso è quello che attiene alla possibilità che ciascuna parte possa essere costituita da persone fisiche, piuttosto che da enti collettivi o persone giuridiche, ovvero da una pluralità di soggetti giuridici, che rivestono però, nella loro unitarietà, la qualità di parte committente o di parte appaltatrice.
Qualora siano previsti più autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, nella qualità di committenti e/o appal- tatori, in realtà si tratterà di più contratti di appalto inseriti nello stesso testo negoziale: per ciascun rapporto committente-appaltatore si avrà un appalto. Non è escluso, infatti, che un medesimo artefice possa assumere più impegni verso plurimi appaltanti o, viceversa, che più appaltatori possano assumere ciascuno il proprio impegno verso il medesimo committente.
4. Contratto sinallagmatico.
Termine estratto capitolo
Il contratto di appalto è un tipico contratto sinallagmatico o a prestazioni corrispettive. Xxxxxxxx nella categoria dei contratti a prestazioni corrispettive quei contratti in cui le prestazioni delle parti siano indissolubilmente vincolate fra loro da un nesso di interdipen- denza funzionale: categoria che per alcuni coincide con i contratti di scambio o con quella più ampia dei contratti bilaterali che mettano in atto un fenomeno di reciproco spostamento patrimoniale o che impli- chino un rapporto teleologico fra le prestazioni. Nel caso dell’appalto tale vincolo funzionale ricorre tra le prestazioni relative al compi- mento dell’opera o del servizio e al pagamento del prezzo. In conse- guenza, la causa del contratto di appalto risiede nello scambio di
Capitolo II
PARTI E AUSILIARI NELL’APPALTO
Sommario: 1. I soggetti dell’appalto. — 2. Persone fisiche o enti collettivi. — 3. Ca- pacità giuridica degli stranieri. — 4. Capacità di agire dei contraenti. — 5. Stipu- lazione a cura degli incapaci. — 6. Qualificazione delle parti quali professionisti o consumatori. — 7. Rappresentanza delle parti. — 8. Gestione di affari altrui. —
9. Intuitus personae nell’appalto. — 10. La pluralità dei committenti. — 11. La pluralità degli appaltatori. — 12. Joint venture. — 13. Le associazioni temporanee di imprese appaltatrici. — 14. Le associazioni in partecipazione. — 15. I consorzi.
— 16. La rete di imprese. — 17. Gruppi europei di interesse economico. — 18. Gli ausiliari delle parti. — 19. Il progettista. — 20. Il direttore dei lavori. — 21. Il capocantiere, il direttore di cantiere, il sorvegliante e l’assistente. — 22. Il responsabile dei lavori. — 23. Il coordinatore per la progettazione. — 24. Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori. — 25. La tutela dei dipendenti dell’ap- paltatore.
1. I soggetti dell’appalto.
Dalla definizione che l’art. 1655 offre del contratto di appalto si ricava che, nella sua impostazione generale, tale figura negoziale realizza, sul piano subiettivo, un’ipotesi di contratto a struttura bila- terale (Xxxxxxxxxxx, 54), che regola un rapporto patrimoniale, di cui sono protagonisti, da un lato, la parte che affida il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro (commit- tente o appaltante) e, dall’altro, la parte che assume tale obbligazione, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio (appaltatore o assuntore). L’obbligazione principale di cui è creditore l’appaltante — e debitore l’appaltatore — consiste, appunto, nell’ese- cuzione di un’opera o di un servizio (Xxxxxxxx, 113; Balante-Maroni, 46). Nessun ulteriore riferimento sulle caratteristiche di tali parti è contenuto nella disciplina dell’appalto, anche oltre il profilo definitorio dettato dall’art. 1655. Xxxxxxxxx, la realtà commerciale propone uno scenario ben più complesso e strutturato (Balante-Maroni, 46), non solo con riferimento ai requisiti che connotano il committente e l’appaltatore, ma anche con riguardo all’individuazione di altre figure soggettive coinvolte nell’esecuzione dell’appalto.
Sotto il primo aspetto, può accadere che rivestano la qualifica di
appaltante o di appaltatore strutture organizzative articolate ovvero
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una pluralità di soggetti distinti, ma associati, allo scopo di eseguire l’appalto, quali le joint ventures e i raggruppamenti o associazioni temporanee di impresa (Balante-Maroni, 46).
Sotto il secondo aspetto, possono essere interessate dall’appalto figure intermedie tra committente e appaltatore che, a volte, assumono un ruolo preminente nella fase esecutiva, come il progettista e il direttore dei lavori (Nervi, 63).
2. Persone fisiche o enti collettivi.
Le parti possono essere sia persone fisiche sia persone giuridiche sia enti collettivi dotati di soggettività giuridica (E. Piras, 161), tanto dal lato dell’appaltante, quanto dal lato dell’appaltatore. La natura pubblica o privata del committente influisce sulla qualificazione giuri- dica dell’appalto: ove l’appaltante sia un soggetto pubblico, si appli- cherà la disciplina dei contratti pubblici; ove sia un soggetto privato, si applicherà la disciplina codicistica dell’appalto (Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 72; Xxxxxxxx, 57). Ciò però non esclude che un soggetto di diritto pubblico possa concludere un appalto privatistico ove agisca iure privatorum, ossia al di fuori dell’esercizio dei propri poteri auto- ritativi (Nervi, 64).
Non necessariamente il committente deve essere un imprenditore. Può trattarsi sia di persona fisica, sia di persona giuridica, sia di soggetto giuridico privo di personalità giuridica, come le associazioni non riconosciute, i comitati, le società di persone. Né deve essere il proprietario del suolo, ove l’appalto abbia ad oggetto la costruzione di un immobile, o colui al quale l’opera è destinata; in tal caso si realizza un’ipotesi di appalto a favore di terzi (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 108). Sebbene non ricorra un rapporto contrattuale con l’esecutore dell’ap- palto, il proprietario del suolo sul quale siano state realizzate le opere senza il suo previo consenso, qualora decida di ritenerle, anziché chiederne la demolizione, è obbligato ad effettuare il pagamento del valore dei materiali e del prezzo della mano d’opera oppure dell’au- mento di valore subito dal suo fondo, ai sensi dell’art. 936 (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 108). Qualora, invece, l’opera sia stata eseguita con il consenso del proprietario, questi sarà tenuto a corrispondere il giusto prezzo dell’opera. Il proprietario del suolo che intenda opporsi all’ese- cuzione dell’opera ha l’obbligo di esprimere il proprio dissenso non appena ne sia giunto a conoscenza e, in ogni caso, prima che l’opera sia realizzata nella sua struttura essenziale. In caso contrario il suo com- portamento può valere quale tacito consenso (App. Palermo 27 marzo 1951, in Giur. it., 1951, 1, 2, 703).
PARTI E AUSILIARI NELL’APPALTO 31
La disciplina dell’appalto è imperniata sulla figura dell’appalta- tore, essendo tale contraente al centro delle previsioni sui requisiti soggettivi e oggettivi dell’appalto, sulle capacità, sull’individuazione dei doveri e obblighi, sul riconoscimento delle garanzie (Balante- Maroni, 51). L’appaltatore può essere una persona fisica o una persona giuridica o un ente collettivo con soggettività giuridica, ma privo di personalità giuridica, che si impegna ad attuare la specifica prestazione di facere enucleata dall’art. 1655, consistente nella realizzazione del- l’opera o nel compimento del servizio. In specie, l’appaltatore può assumere la forma della ditta individuale ovvero la forma societaria; secondo alcuni, la sua attività può essere prestata anche in forma di cooperativa (contra Rubino-Moscati, 46). Ad avviso della dottrina, l’assuntore è di regola un imprenditore (Xxxxxxx-Xxxxxxxxxxx Xxxxxx, 75; Russo-Criaco, 105). Deve essere, all’uopo, dotato di un’organizza- zione adeguata all’assolvimento dell’incarico, tale da consentirgli il reperimento dei mezzi, che non necessariamente devono essere di sua proprietà, essendo sufficiente che ne abbia la disponibilità ai fini dell’esecuzione dell’appalto (Xxxxxxxxxxx, 59). Deve, ancora, assu- mersi il rischio economico dell’attuazione dell’appalto. Anche per la giurisprudenza, in ragione dell’oggetto della prestazione cui è tenuto, secondo la stessa definizione dell’appalto resa dal codice civile, questi non può che essere un imprenditore (Cass. 16 novembre 2017, n. 27258; Cass. 21 maggio 2010, n. 12519, in Giust. civ. Mass., 2010, 5, 794), di dimensioni medio-grandi, ad avviso di alcuni arresti. La struttura imprenditoriale necessaria dell’appaltatore è compatibile con la natura agricola (Cass. 13 febbraio 1982, n. 911, in Foro it., 1982, 4, 1,
1035, e in Riv. infort. e mal. prof., 1982, 3, 2, 58) o artigianale della sua
attività (Cass. 8 marzo 1990, n. 1856, in Giust. civ. Mass., 1990, 3; Trib. Arezzo 6 luglio 2015, in xxx.xxxxxx.xx), purché l’organizzazione di cui dispone sia idonea, in concreto, a consentire l’esecuzione dell’opera o il compimento del servizio. Il fatto che l’attività prestata dall’appalta- tore possa essere occasionale non esclude comunque, contrariamente all’assunto di un filone minoritario della dottrina (Xxxxxx, 630), la sua natura imprenditoriale, che è insita nella indefettibilità dell’organizza- zione dei mezzi necessari, ossia dei mezzi produttivi (persone, capitale, beni), a struttura imprenditoriale, che l’appaltatore deve coordinare e predisporre autonomamente, assumendosi il rischio economico del risultato al quale è funzionale il contratto. E ciò perché l’assuntore non deve necessariamente rivestire la qualità di imprenditore in senso tecnico, non presupponendo la nozione di appaltatore, in via indefet- tibile, il requisito della professionalità, che invece contraddistingue la definizione normativa di imprenditore (Mascarello, 10; E. Piras, 161). Ma l’opinione è controversa, poiché la tesi opposta evidenzia che il requisito della professionalità potrebbe essere compatibile con l’occa-
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sionalità della prestazione resa, qualora essa sia di una certa impor- tanza e durevole nel tempo (Rubino-Moscati, 47).
Alla stregua della causa dell’appalto, l’appaltatore è, di norma, l’unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione del- l’opera (Balante-Maroni, 51). Un’eventuale corresponsabilità del committente può configurarsi solo ove siano violate, nei confronti dei terzi danneggiati, specifiche regole di cautela riconducibili al precetto di neminem laedere ex art. 2043 ovvero nel caso in cui l’evento dannoso sia imputabile al committente per culpa in eligendo, essendo stato affidato l’appalto ad un’impresa assolutamente e a priori inidonea (Cass. 26 marzo 2009, n. 7356; Cass. 21 giugno 2004, n. 11478; Cass. 26
giugno 2000, n. 8686, in Guida al dir., 2000, 35, 32). L’appaltante risponde altresì, in via solidale con l’appaltatore, nell’ipotesi in cui si sia ingerito nell’attività dell’appaltatore ovvero si sia riservato poteri di direzione e di sorveglianza, al cui esercizio sia riconducibile la provocazione del nocumento verso il terzo, o nell’ipotesi in cui il pregiudizio sia stato cagionato in esecuzione di direttive impartite dal committente o di un suo specifico ordine, poiché in queste fattispecie l’illecito è ascrivibile anche alla condotta, positiva o negativa, dell’ap- paltante (Cass. 5 giugno 2007, n. 13123, in Imm. e dir., 2008, 5, 12). L’appaltatore può andare esente da responsabilità solo qualora, in forza delle clausole negoziali, sia un semplice esecutore degli ordini dell’appaltante ed abbia conseguentemente agito quale nudus minister dello stesso, attuandone le relative direttive (Xxxx. 29 marzo 2007, n. 7755, in Imm. e dir., 2008, 2, 30; Cass. 12 luglio 2006, n. 15782, in La
nuova giur. civ. comm., 2007, 1, 421).
3. Capacità giuridica degli stranieri.
Termine estratto capitolo
Nella prassi accade spesso che i contratti di appalto tra privati siano connotati dal requisito dell’internazionalità e ciò in conseguenza del naturale coinvolgimento nell’operazione economica normalmente sottostante a tali contratti di una significativa pluralità di soggetti economici, alcuni dei quali provenienti da Stati diversi, come avviene per i contratti di costruzione di grandi opere (Seatzu, 125). Senonché, con riferimento ai contratti di appalto conclusi con soggetti stranieri, sia nella veste di committenti, sia nella veste di appaltatori, nessuna preclusione ricorre ove si tratti di cittadini appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea (Rubino-Moscati, 58; Xxxxxxxx, 473), essendo i cittadini comunitari, in attuazione delle libertà sancite dal Trattato istitutivo dell’Unione e nella prospettiva di evitare qualsiasi forma di discriminazione tra Stati, equiparati ai cittadini italiani sul piano della capacità giuridica, e dunque, al pari di questi ultimi,
Capitolo III
L’ACCORDO
Sommario: 1. Fase precontrattuale. — 2. Perfezionamento per effetto del consenso. —
3. Conclusione per contegni concludenti. — 4. Conclusione mediante previo bando. — 5. Preliminare di appalto. — 6. Interpretazione dell’autoregolamento.
— 7. Elementi essenziali dell’accordo.
1. Fase precontrattuale.
Spesso la stipulazione dell’appalto è preceduta dall’avvio di trat- tative, più o meno articolate sul piano qualitativo e temporale, atte a consentire al committente, per un verso, un’adeguata valutazione circa la possibilità e convenienza dell’opera o del servizio che si vorrebbe realizzare e, per altro verso, una scelta più pertinente in ordine all’assegnazione dell’appalto tra le varie imprese contattate nel mo- mento preparatorio. Tanto implica un progressivo processo formativo della decisione, accompagnato sia dalla predisposizione dei vari docu- menti descrittivi dell’opera o del servizio, aventi un ruolo precontrat- tuale, sia dai contatti con le varie imprese invitate per la trattativa prima dell’eventuale aggiudicazione (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 71). L’ana- lisi di tale fase può essere rilevante anche per ricostruire la comune volontà delle parti formalizzata in sede contrattuale.
Dalla fase precontrattuale deve essere distinta la fase successiva alla stipulazione e anteriore all’esecuzione, i cui comportamenti sono appunto posteriori alla cristallizzazione delle clausole negoziali del- l’appalto.
In specie, nella fase preparatoria la ponderazione circa la realiz- zabilità e la convenienza dell’opera induce l’appaltante a rivolgersi a tecnici qualificati per l’effettuazione di studi di fattibilità o di consu- lenze geologiche. Sotto il primo profilo, con riferimento ad opere particolarmente complesse, può essere utile verificare sia l’esistenza di problemi tecnici ostativi dell’esecuzione o, comunque, che ne impor- tino difficoltà attuative sia, su un piano propriamente economico, la ricorrenza di prospettive di mercato in ragione della natura e/o della destinazione dell’opera programmata.
Per converso, i controlli geologici sono funzionali alla verifica della
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realizzabilità dell’opera, in relazione alle caratteristiche del luogo in cui essa dovrebbe sorgere. E ciò con particolare riguardo alle qualità del suolo, specie ove si tratti di interventi che interessano il sottosuolo o che comunque esigono scavi di una certa entità e difficoltà, ad esempio nella roccia (Rubino Xxxxxxxxxx, 72). La carenza di tali preventivi controlli del sottosuolo può influire in seguito sulla distri- buzione dei rischi delle difficoltà prevedibili o impreviste, che si presentino in relazione all’emergenza in corso d’opera (Xxxxxxxxxxxx, 127; Xxxxxx-Xxxxxx, 299).
Sul punto, la giurisprudenza ha osservato che, nell’appalto per la costruzione di un edificio, l’indagine sulla natura e la consistenza del suolo edificatorio rientra nei compiti dell’appaltatore, ove manchi una diversa previsione contrattuale; in tale situazione, pertanto, i difetti della costruzione, derivanti da vizi ed inidoneità del suolo, comportano la responsabilità dello stesso (Cass. 21 novembre 2016, n. 23665; Cass. 18 aprile 2002, n. 5632, in Giust. civ., 2003, 2, 1, 465; Cass. 7 settembre
2000, n. 11783; Cass. 18 novembre 1998, n. 11613; Cass. 23 settembre
1996, n. 8395, in Giust. civ., 1997, 4, 1, 1013, con nota di Xx Xxxxx, e in
Foro it., 1997, 4, 1, 1217; Cass. 16 novembre 1993, n. 11290, in Giust.
civ. Mass., 1993, 1619; Cass. 18 marzo 1987, n. 2725, in Arch. civ., 1987, 11, 1105). Così l’appaltatore, cui sia affidata la costruzione di un edificio, deve prevenire la verificazione del cedimento delle fondazioni dovuto alle caratteristiche geologiche del suolo, non tenute presenti dal progetto. Allo stesso modo, deve prevenire la risorgenza della falda idrica in caso di eventi meteorici; a tale scopo deve eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi.
La previa individuazione delle difficoltà permette non solo di effettuare una più accurata indagine sui costi, ma, a volte, anche di evitare che, in assenza di essa, l’appaltatore possa in seguito rivendi- care pretese integrative del corrispettivo in ordine alle difficoltà incon- trate nel momento esecutivo (Rubino-Moscati, 366).
Sempre alla fase preparatoria devono essere ricondotti quei do- cumenti valevoli per l’eseguibilità dell’opera, quali mappe, planime- trie, grafici e i veri e propri progetti, ossia le rappresentazioni grafiche dell’opera da realizzare (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 79). Ancora, costitui- scono documenti precontrattuali il prezziario, il computo metrico e i capitolati. Il prezziario elenca gli importi delle varie categorie di lavori e si distingue dall’analisi dei prezzi che generalmente l’appaltatore, e per esso il suo ufficio preventivi, effettua per proprio uso (Rubino- Moscati, 191). Per contro, il computo metrico contiene l’elencazione delle varie categorie di lavorazioni e riporta, a fianco di ciascuna categoria, lo spazio destinato all’indicazione dell’entità della corri-
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spondente lavorazione. A volte il prezziario e il computo metrico si fondono in un unico documento. Il capitolato, invece, contiene le specifiche relative alle modalità dell’opera e agli aspetti tecnici; esso ha lo scopo di dare all’appaltatore le prescrizioni che il committente ritiene opportune. Per conferire piena efficacia a tale documento è necessario che esso sia contestuale alla stipula o sia comunque con- cordato in seguito. Qualora, invece, il contratto riservi al committente la facoltà di emettere in seguito un capitolato, potranno insorgere contrasti tra le parti qualora esso contenga prescrizioni che l’appalta- tore ritenga diverse da quanto già pattuito (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 80). Allorché in un appalto di diritto privato si faccia rinvio al capitolato di opere pubbliche, il capitolato richiamato acquista natura contrattuale (Rubino-Moscati, 126; Rubino-Iudica, 122). Ancora, nell’ipotesi in cui l’appaltatore abbia predisposto un preventivo su richiesta dell’appal- tante, questo vale come offerta di contratto (Pret. Messina 18 aprile 1959, in Giur. sicil., 1959, 1055).
Nel corso delle trattative le parti possono cristallizzare alcuni
punti su cui hanno raggiunto un’intesa di massima, a fronte di una negoziazione ancora in itinere, in un’apposita minuta o puntuazione del contratto d’appalto, che raccoglie un impegno con funzione mera- mente preparatoria di un futuro negozio, privo di vincolatività (Xx- xxxx Xxxxxxxxxx, 87). Nondimeno, può accadere che l’intesa rag- giunta dalle parti su tutti gli elementi essenziali dell’appalto abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto, in tal caso essendo vincolante per le parti, quand’anche, per taluni aspetti, siano necessarie ulteriori specificazioni, il cui contenuto sia, però, da configurare come mera esecuzione del contratto già concluso; il rela- tivo accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi radicali della motivazione (Cass. 29 novembre 2018, n. 30851; Cass. 4 febbraio 2009,
n. 2720, in Giur. it., 2010, 4, 830, con nota di Xxxxxxx).
Nella fase precontrattuale l’appaltante può richiedere un finanzia- mento volto a coprire l’importo del corrispettivo dovuto all’assuntore, o una sua porzione, per la realizzazione dell’opera o la prestazione del servizio. Varie sono le forme di finanziamento esigibili allo scopo: dal finanziamento bancario alle operazioni di leasing immobiliare. La concessione del finanziamento, finalizzato all’attuazione dell’appalto, dipende dalla situazione patrimoniale in cui versa l’appaltante ovvero dalle garanzie, reali o personali, che questi sia in grado di fornire. Spesso viene concessa ipoteca sul suolo, sul quale deve essere realiz- zata la costruzione appaltata. Il rilascio del finanziamento può dipen- dere anche dalla fiducia riposta dal finanziatore nell’impresa prescelta per eseguire l’appalto (Rubino Xxxxxxxxxx, 82). Qualora il finanzia- mento richiesto non sia stato ancora concesso al momento della
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stipulazione dell’appalto, per essere ancora in istruttoria la relativa pratica, la sua concessione può espressamente costituire oggetto di una condizione sospensiva dell’efficacia del contratto. Per converso, qua- lora l’ente finanziatore si sia riservato la facoltà di revoca del finan- ziamento concesso, può essere l’esercizio della revoca a costituire oggetto di una condizione risolutiva dell’efficacia dell’appalto.
L’ingiustificata ed improvvisa interruzione delle trattative, sia da parte del committente, sia da parte dell’appaltatore, specie qualora esse siano in stato avanzato e abbiano determinato l’assunzione di impegni economici di una certa consistenza, con la predisposizione dei documenti innanzi enumerati, può legittimare, a cura della parte che ha subito tale condotta, la richiesta di risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337, ove il contegno interruttivo adottato sia in concreto contrario a correttezza. In questo caso, in base alle generali regole, il risarcimento coprirà il solo inte- resse contrattuale negativo, ossia le spese inutilmente sostenute in vista della conclusione del contratto e la perdita di ulteriori occasioni contrattuali, ugualmente o maggiormente vantaggiose (Xxxxxx Xxx- xxxxxxx, 83).
2. Perfezionamento per effetto del consenso.
L’appalto è un contratto consensuale che si perfeziona mediante lo scambio di proposta e di accettazione. Anche rispetto al contratto di appalto trova naturalmente applicazione la norma generale di cui all’art. 1326, in base alla quale l’accordo tra persone lontane deve intendersi concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta, sia questi il committente o l’appaltatore, ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 88; Xxxxxx-Xxxxxx, 90; Pototsch- nig, 23). Questa modalità di conclusione non è ammissibile per gli appalti di opere pubbliche conclusi dalla pubblica amministrazione, i quali, oltre a richiedere la forma scritta ad substantiam (perciò con esclusione di qualsivoglia manifestazione di volontà implicita o desu- mibile da comportamenti meramente attuativi), devono essere consa- crati in un unico documento, per il quale, pertanto, attesa anche la necessità di accordi specifici e complessi, deve escludersi che il con- senso possa formarsi sulla base di scritti successivi atteggiantisi come proposta e accettazione fra assenti (Xxxx. 26 marzo 2009, n. 7297; Cass. 4 maggio 2004, n. 8417; Cass. 3 gennaio 2001, n. 59, in Foro it., 2001, 10,
1, 2899).
Termine estratto capitolo
Affinché le parti possano ritenersi vincolate rispettivamente al- l’esecuzione dell’opera o del servizio e al pagamento del corrispettivo in denaro per quanto realizzato, nel caso di contestazione, è prelimi-
Capitolo IV
LA CAUSA
Sommario: 1. Causa concreta dell’appalto. — 2. Organizzazione dei mezzi necessari.
— 3. Assunzione del rischio. — 4. Autonomia dell’appaltatore. — 5. Esecuzione a regola d’arte.
1. Causa concreta dell’appalto.
Con riferimento alla causa del contratto d’appalto, costituiscono elementi tipizzanti non solo le prestazioni essenziali oggetto del rap- porto sinallagmatico, ovvero la realizzazione di un’opera o la presta- zione di un servizio dietro corrispettivo, ma anche l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio, considerati appunto quali elementi causalmente essenziali per l’identificazione del tipo (Rubino-Iudica, 14) ovvero quali marcatori che devono accompagnare l’esecuzione della prestazione principale da parte dell’appaltatore (Benedetti, 6). Si tratta di una causa complessa che si materializza — per un verso — nell’interesse del committente ad utilizzare l’organiz- zazione d’impresa dell’appaltatore, addossandogli ogni rischio in or- dine all’esecuzione dell’opera o del servizio, e — per altro verso — nell’interesse dell’appaltatore a conseguire un utile dall’esecuzione mediante la previsione di un corrispettivo (Xxxxxxxxx, 1996, 24). Sicché la causa astratta può essere utilizzata per ricostruire il tipo, finendo con il coincidere con esso (Xxxxxxxxx, 1996, 22).
2. Organizzazione dei mezzi necessari.
In linea generale l’organizzazione delinea la programmazione e la pianificazione dell’agire imprenditoriale. Infatti, l’imprenditore spe- cula sulla differenza tra il costo del lavoro e del capitale e i ricavi dei beni o dei servizi prodotti, predisponendo, a tale fine, un lavoro di organizzazione e creazione volto a determinare, conformemente ad adeguate previsioni, le modalità di attuazione della produzione e della distribuzione dei beni, che rappresenta l’apporto tipico dell’imprendi- tore. Ne consegue che nella normalità delle situazioni non è dato
100 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
ipotizzare un’impresa senza organizzazione, esigendo il legislatore il requisito dell’attività organizzata anche per la figura del piccolo im- prenditore di cui all’art. 2083 (Zuddas, 5). Pertanto, un minimo di organizzazione è pur sempre necessario affinché possa essere integrata un’impresa, sia pure piccola, riscontrandosi, in mancanza, il semplice lavoro autonomo non imprenditoriale (Xxxxxxxx, 63).
Con particolare riguardo all’appalto, l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio tipizzano la prestazione dell’appaltatore (Vitale, 366; Xxxxxxxx, 1987, 166; Xxxxxxxx, 1991, 665). Con l’espressione “organizzazione dei mezzi necessari” il legi- slatore si riferisce a un’organizzazione dei mezzi produttivi a struttura imprenditoriale; infatti, il contratto d’appalto, per l’importanza del- l’opera o del servizio che ne formano oggetto, implica la disponibilità, in capo all’appaltatore, di un ampio complesso di mezzi produttivi e del lavoro di soggetti assunti al di fuori del suo nucleo familiare (Xxxxxxxxx, 1996, 33; Rubino-Iudica, 14; Leccese, 2017, 1366). L’orga- nizzazione dei mezzi e della mano d’opera, quand’anche più o meno complessa e articolata, deve comunque connotare indefettibilmente l’attività dell’appaltatore, la quale consta di elementi eterogenei, non solo reali, ma anche personali, non essendo l’insieme delle cose materiali che appartengono all’azienda da solo sufficiente affinché l’imprenditore possa conseguire i suoi obiettivi produttivi ed econo- mici. Infatti, ridotta alle sole cose materiali, l’azienda perderebbe l’essenza organica che la contraddistingue, per restare una mole inerte di beni, che non assurge a compiuto organismo (Zuddas, 6). Anche la giurisprudenza precisa che l’appaltatore deve disporre di un’organiz- zazione che gli permetta di portare a compimento l’opera o il servizio oggetto della prestazione che egli ha assunto (Cass. 29 marzo 2007, n. 7755; Cass. 12 luglio 2006, n. 15782, in La nuova giur. civ. comm., 2007, 4, 1, 421). Rispetto alla prestazione del lavoro, che rappresenta l’ob- bligazione principale e prevalente dell’assuntore, la somministrazione della materia è meramente strumentale e accessoria (Cass. 8 ottobre 1973, n. 2528). Così, l’art. 1655, nel definire l’appalto, alluderebbe al modello organizzativo di cui all’art. 2082, mentre la definizione di contratto d’opera di cui all’art. 2222 sarebbe riferibile al diverso modello della piccola impresa contemplato dall’art. 2083 (Rubino- Moscati, 22; Russo-Criaco, 105; Xxxxxx-Iudica, 15). A suffragare que- sta ricostruzione concorrerebbe la circostanza che il riferimento della giurisprudenza all’attributo “commerciale” dovrebbe essere interpre- tato come sinonimo di medio-grande (Costanza, 2000, 6). Ed inoltre la stessa Relazione al codice civile (nn. 700 e 917) identificava l’appalto con un contratto d’impresa (Zuddas, 8). Rispetto a questi elementi, tutti convergenti verso la sussunzione dell’impresa dell’assuntore nel- l’alveo dell’attività diretta alla produzione di beni e servizi di cui
LA CAUSA 101
all’art. 2195, n. 1, la prestazione del lavoro personale dell’appaltatore sarebbe collocata in secondo piano (Xxxxxx, 630; Rubino-Moscati, 16, 63; Xxxxxxxx, 1987, 167; Russo-Criaco, 106). In questa prospettiva, dovrebbe ricorrere uno stretto collegamento tra lo status professionale dell’appaltatore e un’organizzazione propria di mezzi, dovendo esclu- dersi che sia integrata la figura dell’appaltatore a fronte di soggetto del tutto privo di una sua organizzazione, che non esegua mai diretta- mente le opere o i servizi commissionati, affidandoli sistematicamente a terzi (Vitali, 345; Rubino-Iudica, 18).
In senso contrario, altro filone della dottrina osserva che i requisiti volti a identificare l’appaltatore non devono essere tratti dalla defini- zione di imprenditore, attesa la specialità della disciplina dedicata all’appalto. Con la conseguenza che l’accento dovrebbe essere piutto- sto riposto, non solo e non tanto sul profilo dell’organizzazione, quanto su quello della disponibilità dei mezzi necessari a portare a compimento l’opera o il servizio, cioè dell’insieme di strumenti, cose e persone funzionali al raggiungimento dello scopo. Cosicché l’organiz- zazione dell’impresa potrebbe non essere quella dell’appaltatore, po- tendo questi servirsi, con il consenso del committente, dell’organizza- zione altrui ai fini di realizzare l’opera o il servizio, eventualmente tramite un subappalto (Xxxxxxxxx, 1996, 33). Non sarebbe, pertanto, escluso che l’assuntore si obblighi ad eseguire la prestazione con mezzi dei quali non abbia la disponibilità diretta, ma che si procuri mediante accordi perfezionati con terzi, che rimangono estranei all’appalto. Allo stesso modo, l’organizzazione dell’appaltatore non presuppone che questi fornisca il materiale necessario all’attuazione della prestazione, che ben può essere fornito dall’appaltante, sempreché l’appaltatore predisponga il cantiere, ossia gli attrezzi, i macchinari e gli impianti, unitamente al personale necessario per farli funzionare; qualora, in- fatti, sia lo stesso committente a curare personalmente tutti gli aspetti organizzativi, non ricorre il modello dell’appalto (Xxxxxxxxx, 1996, 34; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 12; Villanacci, 46). D’altronde, benché l’organizzazione solitamente consti unitamente di beni ed energie lavorative, è compatibile con il modello dell’appalto che l’appaltatore possa esercitare l’attività utilizzando esclusivamente il fattore capitale e il proprio lavoro, senza creare alcuna organizzazione intermediatrice del lavoro altrui, potendo la presenza e la misura dei fattori produttivi atteggiarsi nel modo più vario, in base all’oggetto e alle dimensioni dell’impresa (Zuddas, 7). Da tanto discende che sulla struttura im- prenditoriale prevarrebbe l’aspetto dell’idoneità all’esecuzione del- l’opera o al compimento del servizio, alla stregua dei mezzi disponibili (Costanza, 2000, 4; Xxxxxxxxx, 13). D’altronde, è stato evidenziato che, ove i requisiti dell’imprenditore si sovrapponessero a quelli dell’ap- paltatore, ne discenderebbero non pochi problemi di coordinamento e
102 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
di compatibilità (Zuddas, 3). Dall’adesione a quest’ultima ricostru- zione si ricava che l’appaltatore non deve essere necessariamente un imprenditore medio-grande; ben può trattarsi di un piccolo imprendi- tore, pur sempre dotato di un’organizzazione, sia pure elementare o rudimentale (Xxxxxxxxx, 13), ossia che esegua l’opera con gli strumenti e il lavoro personale dell’esecutore e dei propri familiari. In questa ipotesi la distinzione del tipo appalto dal tipo contratto d’opera risiederebbe nel fatto che il prestatore d’opera non disporrebbe di alcuna organizzazione che si accompagni al suo lavoro personale.
Parimenti, non è essenziale il requisito della professionalità, po- tendo sussistere un contratto d’appalto anche nel caso di assunzione occasionale di un unico incarico, restando comunque ferma la struttura imprenditoriale (Xxxxxx, 630; Xxxxxxxxxxxx, 19; Rubino-Moscati, 47; Xxxxxxxx, 2; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 26). Peraltro, la qualità di imprenditore commerciale non verrebbe meno di per sé sola ove fosse concluso un solo contratto di appalto di un’opera che sia di tale entità da impegnare completamente e per un lungo periodo tutte le energie di cui l’impresa dispone, non difettando in questo caso il requisito della professionalità; a tali fini, ha una portata decisiva la stabilità e persi- stenza nel tempo dell’esercizio di una certa attività, che meglio è dato rintracciare nell’affidamento di una grande opera, piuttosto che in una pluralità di appalti di modesta entità (Xxxxxx, 630; Rubino-Moscati, 64). Ne consegue che l’occasionalità, pur essendo incompatibile con la nozione di imprenditore in senso tecnico, non costituisce ostacolo alla qualificazione del contratto come appalto (Rubino-Iudica, 16). In senso diverso, altri autori sostengono che la professionalità sia un requisito che connota in modo imprescindibile l’attività dell’appalta- tore (Voltaggio Lucchesi, 1955, 558; Xxxxxxxx, 63; Xxxxxx, 8). Tale requisito è identificato dall’abitualità e non dall’occasionalità dell’at- tività svolta dall’appaltatore nonché dal perseguimento di un fine di lucro. E ciò sebbene l’abitualità esiga la mera costanza nella ripeti- zione dell’attività, il che non implica il suo esercizio in modo perpetuo e ininterrotto, essendo bastevole l’esercizio in forma ciclica o stagio- nale. Né tale attività abituale deve corrispondere alla sola o alla principale attività svolta dall’appaltatore, ben potendo trattarsi di attività esercitata in via accessoria e marginale rispetto ad altre, da cui l’assuntore tragga la propria ordinaria fonte di reddito (Zuddas, 8).
Termine estratto capitolo
Dalle osservazioni sviluppate si desume che l’organizzazione iden- tificativa dell’appalto deve essere sganciata dalla nozione di impren- ditore e di impresa, essendo piuttosto necessario che l’organizzazione, di qualsiasi dimensione, sia idonea al perseguimento del risultato che la stipulazione dell’appalto mira a realizzare (Rubino-Iudica, 18; Be- nedetti, 15).
Capitolo V
L’OGGETTO
Sommario: 1. L’oggetto in relazione alle prestazioni cui ciascuna parte è tenuta. — 2. Il contenuto: obbligazioni principali e accessorie. — 3. Appalto avente ad oggetto opere. — 4. Appalto avente ad oggetto servizi. — 5. La possibilità dell’oggetto. —
6. La liceità dell’oggetto. — 7. La determinatezza o determinabilità dell’oggetto.
— 8. L’indivisibilità dell’obbligazione oggetto dell’appalto. — 9. Il regime giuri- dico dell’indivisibilità dell’obbligazione. — 10. La complessità della prestazione dell’appaltatore. — 11. La conformità alle prescrizioni contrattuali e alle regole dell’arte. — 12. La delimitazione dell’oggetto dell’appalto (e delle connesse responsabilità) in ragione dello strumento del progetto. — 13. Prestazione conti- nuativa o periodica di servizi. — 14. L’appalto avente ad oggetto beni di consumo.
1. L’oggetto in relazione alle prestazioni cui ciascuna parte è tenuta.
Si premette che l’oggetto del contratto di appalto rileva, più che come requisito o elemento costitutivo della fattispecie negoziale, bensì, al pari dei soggetti, come presupposto o come termine attra- verso il quale il contratto si perfeziona. L’oggetto del negozio è dunque indicativo di una entità preesistente ed esterna alla fattispecie, ossia della porzione della realtà materiale sulla cui appartenenza e/o consistenza il regolamento negoziale incide. Con riferimento all’ap- palto, quale contratto ad efficacia obbligatoria, tale oggetto si concre- tizza nel comportamento che le parti sono vincolate a tenere secondo il regolamento negoziale (Xxxxxxxxx, 2009, 319): da un lato, l’obbligo dell’appaltatore di eseguire la prestazione che connota il tipo, la quale può essere materializzata dall’esecuzione di un’opera o dal compi- mento di un servizio; dall’altro, l’obbligo dell’appaltante di adempiere al pagamento di un corrispettivo in denaro. L’essenza del regolamento negoziale è dunque consacrata non già dall’oggetto, ma dal contenuto dell’appalto, che si distingue dalla causa: quest’ultima consiste nella funzione economico-sociale che il negozio assolve, ossia nella sua attitudine a realizzare una determinata finalità — che ne costituisce, al contempo, la ragione giustificativa —, mentre il contenuto definisce la sostanza del regolamento di interessi stabilito dall’autonomia privata. Ne discende che la nozione di oggetto è piuttosto riferibile all’oggetto materiale del regolamento negoziale, ove il negozio sia ad efficacia
116 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
reale, ovvero all’oggetto della prestazione che le parti si obbligano ad eseguire, ove il negozio sia ad efficacia obbligatoria, come l’appalto.
Senonché, secondo alcuni autori, l’oggetto del contratto e i suoi requisiti assumerebbero comunque una particolare configurazione in relazione al contratto di appalto (Russo-Criaco, 79). Ma in senso contrario, l’opinione prevalente sostiene che oggetto del contratto d’appalto è il risultato di un facere, che può consistere tanto nel compimento di un’opera quanto nella prestazione di un servizio (Rubino-Moscati, 136; Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 59; Xxxxxx-Xxxxxx, 113; Xxxxxxxx, 73). O più semplicemente l’oggetto dell’appalto si identi- fica nell’opera da compiere o nel servizio da prestare (Xxxxxx, 647; Xxxxxxxx, 4). Si tratta di due sub-figure di un tipo contrattuale unitario (Moscarini, 2009, 320). L’oggetto si contraddistingue così per la sua complessità, atteso che esso è costituito dall’utilità economica, ossia dall’interesse della parte espresso e racchiuso nel bene materiale identificato dal contratto medesimo (Cervale, 2011, 100). A fronte del nesso esistente tra oggetto dell’appalto e prestazione dell’appaltatore, la prestazione principale che grava sul committente, di corrispondere il prezzo, sebbene comune ad una serie di contratti nominati (Rubino- Iudica, 113), non è neutra ai fini della qualificazione del contratto di appalto (Scognamiglio, 393; contra Rubino-Moscati, 97; Xxxxxx Xxx- martano, 59), assumendo essa una rilevanza specifica nel contesto negoziale di specie (Grondona, 74).
Ora, la discriminazione in relazione all’oggetto dell’appalto si basa
sulla verifica della necessità o meno di elaborazione della materia ai fini della produzione del risultato dedotto in contratto: sono appalti di opere quelli che comportano l’elaborazione o la trasformazione della materia nella prospettiva della produzione di un nuovo bene o della modificazione di un bene preesistente; viceversa, sono appalti di servizi quelli che implicano la produzione di una determinata utilità, senza che sia richiesta l’attività di elaborazione della materia (Xxxxxx, 647; Rubino-Iudica, 114; Cappai, 188). Costituisce un corollario di detto criterio di partizione la natura del rapporto che si instaura tra l’appal- tatore e la res: nell’appalto di opere l’impresa appaltatrice assume la vigilanza dell’opus e ne risponde nei confronti dei terzi mentre nel- l’appalto di servizi la detenzione e la custodia del bene su cui si attua la prestazione di facere permangono in capo al committente (Cass. 4 febbraio 2005, n. 2278, in Corr. giur., 2005, 11, 1561, con nota di Xxxxxxx, e in Imm. e dir., 2005, 6, 16, con nota di Xxxxxx Xxxxxxxxxx). La qualificazione di una fattispecie contrattuale come appalto di opere ovvero come appalto di servizi è essenziale al fine di stabilire la disciplina applicabile: sono, infatti, incompatibili con l’appalto di ser- vizi l’art. 1669 in tema di rovina e difetti degli immobili, l’art. 1673 in tema di perimento o deterioramento dell’opera prima della consegna
L’OGGETTO
117
e, in genere, tutte le norme che disciplinano o presuppongono la consegna del risultato dell’attività dell’appaltatore (Xxxxxxx- Iacuaniello Bruggi, 96; Rubino-Iudica, 114). Controversa è poi la compatibilità dell’appalto di servizi con l’art. 1658 in tema di fornitura della materia e con l’art. 1663 sulla denuncia da parte dell’appaltatore dei difetti della stessa. Infatti, gran parte della disciplina sull’appalto è concepita in funzione dell’appalto di opere. Per converso, l’appalto di servizi ha assunto una sempre maggiore rilevanza socio-economica nel campo dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione, ma anche nel settore degli appalti privati, all’esito dell’incremento del fenomeno economico dell’outsourcing, ossia dell’esternalizzazione dei servizi — ma in verità anche delle opere —, rispetto alla struttura delle imprese (Moscarini, 2009, 321). Ove si aderisca ad una logica funzio- nale, la riferibilità delle singole norme all’appalto di opere piuttosto che all’appalto di servizi può essere desunta alla stregua della ponde- razione dell’intrinseca compatibilità del disposto normativo con il contenuto dell’attività materiale stabilita nel negozio (Rubino-Iudica, 114). Anche secondo la giurisprudenza, l’applicabilità delle singole norme via via dettate per l’appalto d’opera e l’appalto di servizi non deriva dal riferimento letterale delle stesse all’uno o all’altro, bensì dalla loro compatibilità o incompatibilità con il contenuto specifico del rapporto (Cass. 21 maggio 1983, n. 3530; Cass. 16 febbraio 1956, n. 447,
in Foro pad., 1956, 1, 833; Trib. Novara 14 maggio 2010, n. 104).
2. Il contenuto: obbligazioni principali e accessorie.
Il contenuto in senso sostanziale dell’appalto, che qualifica l’au- toregolamento negoziale, comprende le statuizioni delle parti in ordine ai risultati materiali perseguiti e agli effetti giuridici che si producono all’esito della stipulazione. Segnatamente, il programma negoziale contemplato nell’appalto, al quale sono sottesi l’interesse economico e la natura giuridica dell’operazione posta in essere dalle parti, è iden- tificato da specifiche obbligazioni, principali e accessorie, che conno- tano il tipo. Di seguito si prospettano i requisiti delle obbligazioni che concretano l’atto di autonomia privata dell’appalto; un’analisi di det- taglio è rinviata, invece, al prosieguo della trattazione.
L’obbligazione principale dell’appaltatore consiste nel compi- mento dell’opera o del servizio e ha carattere indivisibile, anche quando l’opera da realizzare è divisibile e/o sia stato pattuito un pagamento graduale del prezzo (Xxxxxxxxxxxx, 88; Xxxxxxxxx, 1984, 726; Xxxxxxxx, 5; Rubino-Iudica, 143). Dal carattere di indivisibilità dell’obbligazione deriva che, nel caso in cui l’opera o il servizio vengano realizzati solo parzialmente, tale inadempimento parziale va
118 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
equiparato ad un inadempimento totale, legittimando la risoluzione del contratto, nei limiti di cui all’art. 1455, e il rifiuto di pagamento del prezzo da parte del committente (Xxxxxx-Xxxxxx, 143).
Il contenuto dell’obbligazione dell’appaltatore consiste nell’ese- cuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite nel contratto e secondo le regole dell’arte vigenti nel periodo in cui l’opera è eseguita, come si desume dall’art. 1662, secondo comma, e dall’art. 1667, primo comma; le regole dell’arte riguardano non solo la sicurezza, la stabilità e l’utilizzabilità dell’opera, ma anche la forma e il lato estetico (Rubino-Moscati, 273; Rubino-Iudica, 137). Nello stesso senso è orien- tata la Corte regolatrice, la quale ha evidenziato che l’obbligo dell’ap- paltatore di eseguire a regola d’arte l’opera commissionatagli com- porta, non solo l’osservanza dei criteri generali della tecnica per quel dato tipo di lavoro, ma anche l’adozione di quei pregi di estetica e di forma che siano stati presi in considerazione dal contratto, o che comunque siano desumibili dagli scopi cui l’opera è destinata (Cass. 14 novembre 1994, n. 9562, in Giur. it., 1995, 1, I, 1920, con nota di
Xxxxxxx; Cass. 2 giugno 1993, n. 6171, in Giur. it. Mass., 1993, 617; Cass. 30 gennaio 1976, n. 308). Nel caso di costruzioni di beni immobili, l’appaltatore deve osservare anche le prescrizioni contenute nelle norme di legge e nei regolamenti (Rubino-Iudica, 143). Alle medesime conclusioni giunge la giurisprudenza di legittimità (Cass. 31 maggio 2006, n. 12995). L’esecuzione dell’opera in conformità alle regole dell’arte, alle prescrizioni contrattuali e, più in generale, all’obbligo di diligenza è inscindibilmente connessa con il principio di autonomia dell’appaltatore: dal suddetto principio deriva, infatti, l’obbligo per l’appaltatore di attuare un controllo su tutto quanto proviene dal committente o da suoi rappresentanti, dal progetto alle istruzioni sulle modalità di esecuzione (Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 161).
Termine estratto capitolo
L’obbligazione principale del committente è cristallizzata dal pa- gamento del prezzo dell’opera o del servizio; il corrispettivo deve essere in denaro, altrimenti si fuoriesce dallo schema dell’appalto: nell’ipotesi, quindi, che il committente si impegni a corrispondere all’appaltatore una cosa diversa dal denaro, è in realtà concluso un contratto innominato, soltanto affine all’appalto, la cui disciplina sarà applicabile in quanto compatibile (Xxxxxx, 643; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 102; Leccese, 2017, 1372). Che una prestazione diversa dal pagamento di una somma di denaro a carico dell’appaltante determini lo slittamento dal modello dell’appalto è conclusione cui aderisce anche il giudice di merito (Trib. Roma 23 novembre 1967, in Giur. it., 1968, 1, 2, 381).
In capo al committente sussiste anche un obbligo di cooperazione, che consiste nel porre in essere quanto necessario affinché l’appalta- tore possa iniziare ad eseguire l’opera e possa, quindi, portarla a
Capitolo VI
IL CORRISPETTIVO IN DENARO
Sommario: 1. Essenzialità del corrispettivo in denaro. — 2. Le forme di corrispettivo.
— 3. Corrispettivo a corpo. — 4. Corrispettivo chiuso. — 5. Corrispettivo commisurato al rimborso dei costi. — 6. Corrispettivo a misura. — 7. Corrispettivo a tempo. — 8. Corrispettivo nell’appalto a regìa. — 9. Corrispettivo dei lavori in economia. — 10. Corrispettivo a cottimo. — 11. Mancata determinazione o determinabilità del corrispettivo. — 12. Le tariffe. — 13. Gli usi. — 14. La determinazione giudiziale. — 15. Determinazione del corrispettivo rimessa ad un arbitratore. — 16. L’errore sul prezzo. — 17. I tempi del pagamento.
1. Essenzialità del corrispettivo in denaro.
L’appalto privato è un contratto a prestazioni corrispettive e a titolo oneroso. Infatti, a fronte dell’esecuzione dell’opera o del com- pimento del servizio, l’appaltante deve versare all’appaltatore un corrispettivo in denaro (Xxxxxxx-Xxxxxxx, 400). Da ciò consegue che la tematica relativa alla determinazione del corrispettivo attiene pro- priamente all’oggetto dell’appalto (Xxxxxxxxxxxx, 99; Rubino-Moscati, 113; Xxxxxxxxx, 1996, 25; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 102). Il corrispet- tivo è, infatti, un elemento essenziale del contratto di appalto, la cui causa consiste appunto nello scambio tra l’effettuazione di un’opera (o di un servizio) e il prezzo espresso in termini pecuniari (Xxxxxx, 636; Xxxxxxx Xxxxx Xxxxx, 393; Xxxxxxxxxxxx, 109; Rubino-Moscati, 176; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 63). L’essenzialità del corrispettivo è stata affermata anche dalla giurisprudenza (Cass. 3 settembre 1958, n. 2955, in Temi nap., 1958, 1, 570; Trib. Roma 23 novembre 1967, in Giur. it.,
1968, 1, 2, 381). E ciò sebbene alla specifica previsione sul corrispettivo in denaro dell’appalto, quale controprestazione sinallagmaticamente connessa al compimento di un’opera o di un servizio, che connota la definizione del contratto ex art. 1655, si contrappone la disposizione che esclude la necessità della sua previa determinazione o determina- bilità, perciò importando l’art. 1657 una deroga all’art. 1346 (Xxxxxx, 643; Xxxxxxxxx, 1984, 715; Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 97; Xxxxxx-Xxxxxx, 227; Pennasilico, 121). Che la previsione di cui all’art. 1657 rappresenti una deroga al principio generale della necessaria determinazione o determinabilità dell’oggetto del contratto è confermato anche dalla
184 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
Corte regolatrice (Cass. 17 luglio 2007, n. 15926; Cass. 16 maggio 2006,
n. 11364; Cass. 28 luglio 2000, n. 9926; Cass. 5 aprile 2000, n. 4192; Cass.
28 agosto 1993, n. 9129). Pur costituendo una deroga al principio fissato nella disciplina sul contratto in generale, non si tratta però di una norma isolata, poiché essa trova riscontro in analoghe regole dettate dagli artt. 1709, in tema di mandato, 1755, per il mediatore, 2099, in tema di lavoro subordinato, 2225, in tema di contratto d’opera, e 2233, per le professioni intellettuali (Moscarini, 1984, 716). Altre previsioni simili sono state rinvenute negli artt. 1561, 1733 e, secondo alcuni, nell’art. 1474, in tema di compravendita (Caredda, 344). Da questo differente trattamento, che ha un minimo di organicità, si è tratto spunto per ritenere che nei contratti professionali e d’impresa ricorrerebbe un concetto di determinabilità dell’oggetto mediante il ricorso a fonti extracontrattuali, e ciò al precipuo scopo conservativo di evitare la nullità di detti contratti per indeterminatezza dell’oggetto. A questo particolare assetto sulla determinabilità del prezzo nell’appalto non corrisponde un’identica elasticità nella determinabilità della con- troprestazione, ossia dell’opera o del servizio che l’appaltatore deve compiere. Ed ancora, le fonti integrative e sussidiarie di determina- zione del corrispettivo di cui all’art. 1657 presuppongono che le parti non abbiano provveduto alla sua determinazione; ove, invece, tale determinazione vi sia stata, tali fonti suppletive non operano (Russo- Criaco, 253). D’altronde, allorché le parti non abbiano raggiunto l’accordo sull’ammontare del corrispettivo, non si rinverrà un pro- blema di determinabilità del prezzo, perché appunto in siffatta ipotesi l’appalto non si è concluso per disaccordo delle parti su un elemento essenziale del negozio (Cass. 27 febbraio 1989, n. 1084; Cass. 9 agosto 1947, n. 1467). In ultimo, la regola sulla determinabilità del prezzo mediante fonti esterne al contratto, aspetto questo pertinente al quan- tum, non esclude affatto l’essenzialità di tale elemento, profilo que- st’ultimo riguardante l’an. Naturalmente il diritto al corrispettivo spetta a fronte di un appalto valido. Dall’essenzialità del corrispettivo deriva che, in difetto di determinazione convenzionale, suppliscono delle fonti integrative, espressamente individuate dall’art. 1657, per la quantificazione del prezzo in denaro. La determinazione ex post del corrispettivo consente di superare, specie per l’appaltatore, le specifi- che difficoltà che la natura della prestazione può comportare relativa- mente alla fissazione del prezzo al momento della conclusione del contratto (Grondona, 82).
Seguendo il ragionamento che precede, ove il corrispettivo consi-
sta in beni diversi dal denaro o si consacri nel compimento di un’altra opera o di un altro servizio, la fattispecie negoziale non può più essere ricondotta all’appalto, ma integra un contratto misto, appartenente alla categoria dei contratti do ut facias oppure facio ut facias, affine
IL CORRISPETTIVO IN DENARO 185
all’appalto, cui è applicabile la relativa disciplina (Xxxxxxxxxxxx, 114; Rubino-Moscati, 178; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 64; Xxxxxxx, 2000, 209), fatte salve le norme non compatibili con l’esecuzione della controprestazione in natura (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 99). Così il com- mittente non potrebbe avvalersi della facoltà di recesso, che produce effetti ex nunc, ove la controprestazione in natura possa essere ese- guita solo per intero, ferma restando comunque, in questa ipotesi, la possibilità di procedere a conguagli in denaro per la differenza di valore tra le prestazioni sinallagmatiche (Rubino-Moscati, 180).
In termini meno rigidi, altra parte della dottrina ha osservato che non è necessario che il corrispettivo sia convenuto sempre in denaro, potendo anche essere costituito da un bene diverso, purché il valore di tale bene sia sempre esprimibile da un punto di vista economico, id est sia traducibile in un preciso equivalente monetario (Cervale, 2011, 116). O, ancora, si è osservato che si tratterebbe comunque di appalto nell’ipotesi in cui si ritenga che il legislatore non abbia inteso limitare il corrispettivo al denaro, ma abbia indicato quest’ultimo semplice- mente in quanto esso integra uno scambio naturale, non essendo il modello alterato qualora il corrispettivo normalmente convenuto in denaro sia concretamente stabilito in natura, cosicché si ricadrebbe nell’appalto anche ove la controprestazione sia totalmente in natura, come accade in frequenti fattispecie di appalto immobiliare nel settore edile o di appalto mobiliare nel settore dei tessuti (Rubino Sammar- tano, 99, 100) o nell’ambito della raccolta e spremitura di olive (Cass. 31 marzo 1941, n. 912, in Riv. dir. comm., 1941, 2, 204).
Più restrittivo è l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità,
secondo cui, in mancanza di corrispettivo in danaro, il contratto, che ha effetti obbligatori, va qualificato come contratto innominato del ge- nere do ut facias, analogo al contratto di appalto, ma che da esso differisce, comportando una diversa valutazione dell’incidenza delle prestazioni delle parti e dei rispettivi inadempimenti (Cass. 21 novem- bre 1997, n. 11643; Cass. 5 agosto 1995, n. 8630; Cass. 18 novembre
1987, n. 8487).
Qualora la prestazione corrispettiva sia convenuta in parte in denaro e in parte in natura, la qualificazione giuridica dell’operazione negoziale come appalto o come contratto atipico dipenderà dalla prevalenza della quota di prestazione stabilita in nummario ovvero dalla prevalenza della quota stabilita in natura, con la precisazione che il giudizio di prevalenza non assume una portata esclusivamente quan- titativa, ma ben può essere compiuto in chiave qualitativa, alla stregua della ponderazione dell’interesse dell’appaltatore a ricevere precipua- mente la prestazione in natura o il denaro (Rubino-Moscati, 181).
Sotto il profilo dell’inquadramento negoziale, vi può essere ecce- zione al pagamento del corrispettivo in danaro nel solo contratto di
186 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
engineering, nel quale il compenso può essere costituito anche da royalties o da partecipazioni agli utili dell’attività intrapresa con la realizzazione del progetto, nonché nell’appalto di lavori pubblici, in cui, in sostituzione totale o parziale della somma di denaro, si può stabilire il trasferimento all’appaltatore della proprietà di beni immo- bili appartenenti all’amministrazione aggiudicatrice, in quanto non assolvano più a funzioni di interesse pubblico.
Ovviamente il corrispettivo in denaro che qualifica l’appalto si identifica con il prezzo che l’assuntore ha diritto di pretendere verso l’appaltante, cosicché lo schema negoziale dell’appalto non è integrato allorché le somme possano essere percepite solo da terzi. In applica- zione di questo principio, la giurisprudenza di merito ha escluso che rientri nella figura dell’appalto il contratto attraverso cui il proprieta- rio di una sala da ballo conceda ad un’impresa la gestione del servizio di toilette, il cui compenso sia rappresentato dalle sole mance dei clienti che si avvalgano del servizio (App. Venezia 14 febbraio 1955, in Giust. civ. Mass., 1955, voce Appalto, n. 17).
Dovendosi trattare di corrispettivo in denaro, l’obbligazione del committente di prestare il prezzo è obbligazione di valuta (Giannat- tasio, 114; Leccese, 2017, 1379). Anche la giurisprudenza sostiene che il pagamento dell’obbligazione pecuniaria di corrispondere il prezzo dell’appalto costituisce un debito di valuta, soggetto al principio no- minalistico (Cass. 22 giugno 2004, n. 11594; Cass. 8 aprile 1999, n. 3393,
in Mass. Foro it., 1999; Cass. 24 febbraio 1986, n. 1118; Cass. S.U. 14
luglio 1983, n. 4814, in Foro it., 1983, 12, 1, 3051, e in Giust. civ., 1984,
3, 1, 851; Cass. 12 novembre 1981, n. 5981, in Foro it. Rep., 1981, voce
Appalto, 122, n. 23; Cass. 3 settembre 1958, n. 2955, in Foro it. Rep.,
1958, voce Appalto, 109, n. 23; Trib. Napoli 25 gennaio 1975, in Foro. it. Rep., 1975, voce Appalto, n. 11), con la conseguenza che spetteranno i soli interessi di mora, con decorrenza dal primo atto di costituzione in mora, e non spetterà, invece, la rivalutazione monetaria in via auto- matica. Tale obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del creditore ai sensi dell’art. 1182, terzo comma, trattandosi di obbliga- zione portable, ossia determinata sin dall’origine o determinabile in base ad una semplice operazione algebrica (Cass. 26 agosto 1985, n. 4527). È applicabile, in mancanza di usi contrari, la regola dell’anato- cismo dettata dall’art. 1283 (Cass. 5 dicembre 2018, n. 31468; Cass. 1
agosto 2013, n. 18438; Cass. S.U. 17 luglio 2001, n. 9653, in Corr. giur.,
2001, 11, 1442, con nota di Xx Xxxx, e in Giust. civ., 2001, 12, 1, 2944).
Termine estratto capitolo
2. Le forme di corrispettivo.
Il prezzo può essere stabilito a corpo o a forfait o per aversionem,
Capitolo VII
LA FORMA
Sommario: 1. Libertà delle forme dell’appalto. — 2. Casi in cui è necessaria la forma scritta a pena di nullità: l’appalto pubblico. — 3. L’appalto privato avente ad oggetto la costruzione di immobili con effetti traslativi. — 4. L’appalto privato avente ad oggetto la costruzione di navi e aeromobili. — 5. L’appalto ricadente nella disciplina della subfornitura. — 6. Richiamo al capitolato generale. — 7. La forma convenzionale.
1. Libertà delle forme dell’appalto.
Il tipo negoziale rappresentato dall’appalto privato non ricade nella previsione di cui all’art. 1350, sicché è un contratto a forma libera o non solenne (Xxxxxx, 231; Xxxxxxxxxxxx, 93; Rubino-Moscati, 121; Xxxxxxxx, 4; Xxxxxxx-Xxxxxxx, 399). La sua stipulazione non richiede, pertanto, la forma scritta, né ad substantiam né ad probationem (Xx- xxxxx Xxxxx Xxxxx, 68; Rubino-Moscati, 121; Xxxxxxxxx, 1984, 727; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 99; Xxxxxx-Xxxxxx, 134). Tanto implica, per un verso, che può essere concluso verbalmente, anziché mediante atto pubblico o scrittura privata, ovvero con manifestazione tacita di volontà (Rubino-Moscati, 121; Rubino-Iudica, 134; Xxxxxxxxxxx, 2013, 149); per altro verso, che la dimostrazione della sua stipulazione può avvenire senza limitazioni cogenti, ossia anche ricorrendo alla prova testimoniale, ai meccanismi inferenziali, con utilizzazione delle pre- sunzioni semplici, e in genere a tutti i mezzi di prova regolati dalla legge (Xxxxxxxxxxxx, 93; Xxxxxxx-Xxxxxxx, 400). E ciò sempre facendo salvo il prudente apprezzamento del giudice, in ragione del valore economico dell’appalto ex artt. 0000, xxxxxxx xxxxx, x 0000, xxxxxxx comma. Infatti, in presenza di appalti di notevole importanza econo- mica, è consigliabile che essi siano documentati da atti scritti, poiché la genuinità della prova per testi potrebbe essere compromessa dall’en- tità degli interessi in gioco (Ugas, 228).
A questa medesima conclusione perviene la giurisprudenza, la quale ha sostenuto che il contratto d’appalto non è soggetto a rigore di forme, con la conseguenza che per la sua stipulazione non è richiesta la forma scritta, né ad substantiam, né ad probationem (Cass. 19
218 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
febbraio 2014, n. 3916; Cass. 6 giugno 2003, n. 9077, in Giust. civ. Mass.,
2003, 6; Cass. 16 luglio 1983, n. 4911, in Giur. it. Mass., 1983, 1289, e in Foro it. Rep., 1983, voce Appalto, 139, n. 8), potendo, dunque, essere concluso anche per facta concludentia. Spetta al prudente apprezza- mento del giudice di merito valutare se l’appalto sia stato concluso verbalmente, accertamento non sindacabile in sede di legittimità, fatta salva l’ipotesi di motivazione inesistente, apodittica o apparente (Cass. 22 novembre 2000, n. 15112, in Foro it., 2001, 2, 1, 471). Ne consegue la rilevanza della prova testimoniale, dedotta con riguardo all’effettiva esecuzione delle prestazioni per il cui corrispettivo la parte, in quanto creditrice, chieda l’ammissione al passivo della procedura di fallimento (Cass. 5 agosto 2016, n. 16530; Cass. 26 ottobre 2009, n. 22616, in Giust.
civ. Mass., 2009, 1493).
Né è conseguentemente precluso che una parte del contratto di appalto sia stipulata per iscritto e una ulteriore parte oralmente, come può accadere nel caso in cui i contraenti fissino i punti determinanti dell’accordo in uno scritto, che sia poi integrato in via verbale (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 92). Ove l’appalto sia concluso verbalmente, lo scritto potrebbe riguardare il solo elenco sottoscritto dalle parti dei lavori da eseguire e del prezzo unitario di ciascuno di essi, senza che debba essere necessariamente riportato il prezzo complessivo o forfetario (Cass. 21 febbraio 1979, n. 1125, in Foro it. Rep., 1979, voce Appalto, 102, n. 14). Peraltro, la presenza di uno scritto che riporti taluni aspetti del negozio non è sempre significativa dell’intervenuta conclusione di un contratto verbale di appalto, dovendo pur sempre verificarsi che alla presenza di tali documenti si accompagnino le dichiarazioni di volontà espresse oralmente, aventi i caratteri della bilateralità, com- pletezza e attualità, richiesti per la formazione di un contratto (Ugas, 226). Così, laddove sussista un progetto compilato per iscritto, quale insieme di dati tecnici, non si può ancora sostenere che tale progetto sia di per sé solo una clausola contrattuale e, quindi, che vi sia una parte di volontà contrattuale manifestata per iscritto (Xxxxxx-Xxxxxx, 135). Il tema degli scritti che riassumono parzialmente i termini di un contratto di appalto, concluso per il resto in via orale, interferisce con quello della prova della conclusione dell’appalto. Ove si tratti, infatti, di patto verbale aggiunto o contrario al contenuto del documento che delinea alcuni elementi dell’appalto, per il quale si alleghi che la relativa stipulazione è avvenuta anteriormente o contestualmente alla redazione dello scritto, la prova per testimoni o per presunzioni del patto non è ammessa ai sensi degli artt. 0000 x 0000, xxxxxxx comma. Al riguardo, il documento cui allude l’art. 2722 deve consistere in un atto scritto avente contenuto convenzionale, sicché non vi ricadono i meri atti unilaterali. D’altro canto, anche il patto a cui si riferiscono le limitazioni probatorie deve essere bilaterale (Cass. 19 settembre 2019,
LA FORMA 219
n. 23414) e deve comunque importare un’aggiunta o un contrasto con il contenuto del documento di collegamento. Da tanto consegue che, nel caso in cui sia redatta per iscritto solo una parte dell’appalto, per esempio inerente alla determinazione dell’opera, come accade ove sia predisposto un progetto o atti equivalenti, mentre tutte le altre clau- sole, come quelle attinenti alla fissazione del prezzo o ai termini di esecuzione, siano concordate solo in via verbale, ciascuno dei due segmenti del contratto soggiace alle regole generali: la parte orale può essere provata anche per testimoni, fatto salvo il limite di valore di cui all’art. 2721, primo comma, superabile in base al prudente apprezza- mento del giudice ai sensi dell’art. 2721, secondo xxxxx; in relazione alla parte scritta, non è ammessa la prova per testimoni o per presun- zioni di patti aggiunti o contrari, anteriori o contemporanei (Rubino- Moscati, 122). Passando alla casistica giurisprudenziale, la fattura dei lavori eseguiti, in quanto documento unilaterale, è stata considerata inidonea ad assurgere al rango di prova della conclusione del contratto medesimo (Cass. 18 agosto 1993, n. 8751, in Giust. civ. Mass., 1993, 1299). Per converso, le quietanze di pagamento rilasciate dall’appal- tatore in corso d’opera, nelle quali sia precisato l’ammontare dell’in- tero corrispettivo, costituiscono elemento adeguato per desumere la conclusione dell’appalto e la fissazione di un prezzo complessivo e forfetario (Cass. 16 luglio 1983, n. 4911).
Le eventuali clausole vessatorie previste nell’appalto predisposto
da uno dei contraenti, secondo il modello dei contratti per adesione, devono essere specificamente approvate per iscritto, affinché siano vincolanti per le parti, ai sensi dell’art. 1341, secondo comma (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 92). In senso contrario si è espresso un isolato arresto di merito, con riferimento alla clausola di esonero dall’osservanza del termine di decadenza per la denuncia dei vizi ex art. 1667, secondo comma (Trib. Alba 6 dicembre 2003, in Giur. piemontese, 2004, 89). Costituisce clausola vessatoria anche il rinvio a capitolati predisposti da una delle parti. Non è così qualora i capitolati siano predisposti da terzi.
Dal fatto che l’appalto non è un contratto solenne si desume che nessuna forma vincolata è prescritta anche per il mandato, con o senza rappresentanza, conferito ai fini della stipulazione di un appalto pri- vato ex art. 1392 (Xxxxxx Xxxxxxxxxx, 92). Nella stessa direzione si muove la giurisprudenza (Cass. 13 dicembre 1969, n. 3965; Cass. 14
luglio 1965, n. 1499, in Giust. civ., 1965, 1, 1746).
Inoltre, il consenso prestato alla sua cessione (preventivo, conco- mitante o successivo alla sua stipulazione) non deve, parimenti, risul- tare da forme solenni, solo essendo necessario che risulti manifestata, anche tacitamente, la volontà di una modificazione soggettiva (Cass. 19 dicembre 1996, n. 11381, in Studium juris, 1997, 411). Salvo che le parti
220 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
non abbiano convenuto in via pattizia che le modifiche al contratto principale debbano rivestire la forma scritta ad substantiam (Taglia- ferri, 2013, 152).
Sono impropriamente comprese tra le norme sulla forma le pre- scrizioni che impongono alle parti appositi oneri di informazione su dati che rappresentano un quid pluris rispetto all’ordinario contenuto contrattuale, i quali debbono essere riportati nel testo negoziale ov- vero devono essere attestati da documenti ai quali il contratto fa rinvio (Ugas, 233). In realtà siffatta qualificazione è fuorviante, poiché il mancato assolvimento del corrispondente onere non implica la nullità del contratto per il solo fatto che tali dati siano assenti, potendo piuttosto incidere sul contenuto negoziale, ai fini dell’illiceità della causa o dell’oggetto. Così accade ove l’attività dedotta nell’appalto esiga la previa sottoposizione a controlli o autorizzazioni: il loro difetto non rileva sul piano della forma del contratto, bensì può attenere alla determinazione dell’oggetto del contratto in ragione della necessità che lo stesso rispetti le norme, anche tecniche, di legge e di regola- mento (Rubino-Moscati, 279); oppure può influire sull’obbligazione dell’assuntore di realizzare l’opera in conformità dell’oggetto nego- ziale e della legge, qualora l’obbligo di richiedere tali autorizzazioni e controlli sia a suo carico; o, ancora, può incidere sull’obbligo dell’ap- paltante di consentire l’esecuzione del contratto, qualora l’obbligo di richiedere autorizzazioni e controlli sia a suo carico (Rubino-Moscati, 131). La violazione della disciplina sulla prescrizione di autorizzazioni e controlli ha natura precipuamente pubblicistica ed implica una responsabilità che può avere natura amministrativa, penale o civile a carico delle parti (Ugas, 234).
2. Casi in cui è necessaria la forma scritta a pena di nullità: l’appalto pubblico.
La forma scritta è, invece, necessaria ex lege nel caso di appalto pubblico ai sensi dell’art. 3, primo comma, lett. ii), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Xxxxxxxxxxx, 2010, 203). Sulla stessa posizione è attestata la
Termine estratto capitolo
granitica giurisprudenza (Cass. 8 aprile 1998, n. 3662; Cass. S.U. 22 luglio 1982, n. 4284, in Foro it. Rep., 1982, voce Comune, n. 143), la quale ha altresì precisato che il contratto di appalto di opere pubbliche deve essere consacrato in un unico documento, escludendosi così che il consenso possa formarsi sulla base di scritti successivi atteggiantisi come proposta e accettazione fra assenti (Xxxx. 26 marzo 2009, n. 7297; Cass. 3 gennaio 2001, n. 59). Il vincolo di forma si estende a tutti gli atti del rapporto di appalto pubblico, ivi compresi quelli inerenti alla contabilità dei lavori (Cass. 17 marzo 2014, n. 6131).
Capitolo VIII
APPALTO E FIGURE AFFINI
Sommario: 1. Duttilità dello schema dell’appalto. — 2. Appalto e prestazione d’opera.
— 3. Appalto e lavoro subordinato. — 4. Appalto e interposizione di mano d’opera (o appalto fittizio o pseudo-appalto). — 5. Appalto e vendita. — 6. Ap- palto e permuta. — 7. Appalto ed esecuzione dei lavori in economia. — 8. Appalto a regìa. — 9. Appalto e somministrazione. — 10. Appalto e catering. — 11. Ap- palto e contratto di albergo. — 12. Appalto e contratto di viaggio. — 13. Appalto e locazione. — 14. Appalto e mandato. — 15. Appalto e trasporto. — 16. Appalto e deposito. — 17. Appalto e agenzia. — 18. Appalto e brokeraggio. — 19. Appalto e subfornitura. — 20. Appalto e sponsorizzazione o pubblicità. — 21. Appalto e computer service contracts nonché di accesso a internet. — 22. Appalto ed engineering. — 23. Appalto e handling. — 24. Appalto e outsourcing. — 25. Ap- palto privato e appalto di opere pubbliche.
1. Duttilità dello schema dell’appalto.
Il problema della distinzione dell’appalto da figure negoziali affini si pone perché nella prassi la duttilità dello schema contrattuale dell’appalto, unitamente alla versatilità della disciplina codicistica, si è trasfusa in una molteplicità di contratti atipici (Rubino-Moscati, 21; Balante, 91). Esso costituisce, infatti, il prototipo dei contratti atti a consentire l’esecuzione di opere e servizi, una sorta di matrice da cui sono derivate molte figure negoziali (Luminoso, 107).
D’altro canto, il ricorso al termine “appalto” è stato più volte oggetto di un abuso lessicale nel mondo degli affari, specialmente con riguardo all’individuazione dei servizi offerti dall’appaltatore. L’uso dell’espressione “appalto” in termini polisensi è peraltro testimoniata dal promiscuo riferimento ai concetti di appalto di somministrazione o appalto di forniture (Balante, 91).
Sicché nell’esperienza pratica è possibile individuare una serie di accordi collocabili nel modello negoziale dell’appalto, alcuni tipizzati e distinti solo in rapporto alla prestazione, altri invece atipici o a causa mista. Tra i contratti tipizzati — che possono essere sussunti nello schema dell’appalto — alcuni esponenti della dottrina indicano il trasporto, il noleggio, il deposito, il contratto di organizzazione di viaggi; tra i contratti legalmente atipici ma socialmente tipici si anno-
234 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
verano, per converso, il catering, l’engineering, i contratti per i servizi informatici, i contratti di diffusione pubblicitaria, i contratti di spon- sorizzazione e i contratti di outsourcing; altre figure molto diffuse sono qualificate come specifiche estrinsecazioni dell’appalto, come i con- tratti di manutenzione e riparazione, i contratti per i servizi di vigi- xxxxx, i contratti di pulizie, i contratti di subfornitura, i contratti di consulenza stipulati con le imprese, i contratti di assistenza alle im- prese, i contratti di gestione di impianti, i contratti per l’assistenza ai bambini e agli anziani, i contratti di abbonamento ad una pay-tv, i contratti di accesso a internet; altri negozi, invece, sono classificati come misti, tra questi il contratto di albergo, di ristorazione (diversi dal self service e dal fast food, ricadenti nel modello della somministra- zione), di spettacolo, di servizi autostradali, di assistenza e prestazioni sanitarie presso case di cura e ospedali, di garage-autorimessa e di ormeggio di barche, di agenzia pubblicitaria e di concessione di pub- blicità, di amministrazione, di servizio per le pompe funebri, di ge- stione di punti vendita (Luminoso, 107; Balante, 91).
Secondo un filone della dottrina, la duttilità dell’impianto norma-
tivo inerente all’appalto permette di adeguare la fattispecie alle esi- genze aziendali, anche con riferimento all’oggetto del negozio (Xxxxxx-Xxxxxx, 00). In senso contrario, altra tesi sostiene che, quando l’impianto normativo sia oggetto di un’operazione forzata di adatta- mento, si realizzerebbe una simulazione dell’appalto ovvero una mo- difica bilaterale del negozio (Xxxxxxxx, 18).
Ad ogni modo la sussunzione della fattispecie concreta entro un determinato tipo negoziale, e segnatamente la qualificazione giuridica del contratto come appalto, è la risultante dell’interpretazione della volontà delle parti espressa nell’autoregolamento. La relativa esegesi deve essere guidata dalle regole ermeneutiche generali di cui agli artt. 1362 e ss., poiché la disciplina dell’appalto non contiene alcuna norma interpretativa speciale o particolare (Xxxxxxxxxxxx, 397; Xxxxxxxxxxx, 2013, 156).
2. Appalto e prestazione d’opera.
L’appalto e il contratto d’opera rientrano nello schema del rap- porto di lavoro autonomo (Voltaggio Lucchesi, 1955, 559) e ricadono nel modello dei contratti di risultato, avendo ad oggetto il compimento di un’opera o la prestazione di un servizio (Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 22). Anche la giurisprudenza evidenzia che le due figure non possono considerarsi strutture negoziali ontologicamente e funzional- mente diverse tra loro, risultandone, viceversa, la indiscutibile omo- geneità, tra l’altro, sotto il profilo dalla identità delle situazioni che
APPALTO E FIGURE AFFINI 235
possono verificarsi tanto nell’una quanto nell’altra fattispecie contrat- tuale, anche con riferimento alla scelta del contraente (Cass. 29 agosto 1997, n. 8254, in Giur. it., 1998, 11, 2057). Per l’effetto, presentano i seguenti elementi comuni: la corrispettività delle prestazioni, l’indi- pendenza o autonomia del debitore, con la conseguente mancanza di subordinazione verso il committente, la correlativa assunzione del rischio economico, l’identificazione del tipo di prestazioni che le parti si sono impegnate a fornire nella produzione di un opus o di un servizio, l’esecuzione a regola d’arte (Xxxxxx, 631; Vitali, 23; Rubino Xxxxxxxxxx, 16; Zuddas, 19; Leccese, 2017, 1358). Affinità sussistono anche sotto il profilo della disciplina applicabile ai due schemi nego- ziali: in tema di determinazione della misura del corrispettivo, la quale, ove non sia stata pattuita tra le parti, può essere desunta dalle tariffe esistenti o dagli usi, oppure può essere rimessa alla decisione del giudice, ex artt. 1657 e 2225; con riferimento ai diritti del prestatore d’opera e dell’appaltatore per il caso in cui la realizzazione dell’opera sia divenuta impossibile in conseguenza di una causa non imputabile ad alcuna delle parti ex artt. 1672 e 2228; quanto alle conseguenze del recesso del committente, quando sia già iniziata l’esecuzione del- l’opera, e al diritto dell’appaltatore e del prestatore d’opera ad essere tenuti indenni delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno ex artt. 1671 e 2227 (Xxxxxxxxxxx, 34); con riguardo all’esclu- sione della responsabilità del committente per i danni causati a terzi dall’appaltatore o dal prestatore d’opera, atteso che l’applicabilità dell’art. 2049 presuppone l’esistenza di un rapporto di dipendenza, proprio del lavoro subordinato (Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 24; Zud- das, 23). Da queste affinità si è desunto che le norme dettate in tema di appalto siano generalmente applicabili in via analogica anche al contratto d’opera, fatte salve le norme eccezionali che il legislatore ha previsto in via esclusiva per l’appalto, come, ad esempio, i rimedi previsti della revisione del prezzo e dell’equo compenso, ai sensi dell’art. 1664, ove siano integrati i relativi presupposti (Xxxxxx, 688; Rubino-Moscati, 12; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 24), o la disciplina delle variazioni concordate del progetto ex art. 1659 (Cass. 26 novem- bre 1954, n. 4320, in Giust. civ., 1955, 558). Per converso, una voce dissonante in dottrina reputa che sia del tutto inutile tentare un’esten- sione delle norme dedicate all’appalto al contratto d’opera (Voltaggio Lucchesi, 1955, 560).
Le due figure si distinguono, invece, alla stregua di una pondera-
zione precipuamente quantitativa, più che qualitativa, in quanto l’ap- palto presuppone l’esistenza di un’organizzazione a carattere impren- ditoriale, con prevalente impiego di lavoro subordinato e con utilizza- zione del lavoro anche di soggetti estranei al nucleo familiare dell’ap- paltatore (Xxxxxx, 631; Xxxxxxx-Rudan Bricola, 19; Xxxxxxx Della
236 LA FASE GENETICA - IL CONTRATTO
Xxxxx, 7; Russo-Criaco, 42; Rubino-Iudica, 27), ovvero postula una organizzazione di media o grande impresa (Voltaggio Lucchesi, 1955, 558; Xxxxxxxx, 1991, 672; Balante, 112). Diversamente, nel contratto d’opera la prestazione è svolta prevalentemente dall’assuntore, con lavoro proprio e dei membri della sua famiglia, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa (Xxxxxxxxxxxx, 19; Xxxxxxxxx, 1984, 709; Xxxxxxxx, 2; Xxxxxxx-Iacuaniello Bruggi, 22; Xxxxxxxxxx, 48; Xxxxxx-Xxxxxx, 26). Infatti, l’art. 2222 qualifica come prestatore d’opera colui che si obbliga, verso un corrispettivo, a compiere un’opera o un servizio con il lavoro prevalentemente proprio o dei familiari. E, a monte, la stessa Relazione al codice civile (n. 700) affermava che “la caratteristica essenziale che ha permesso la diffe- renziazione dell’appalto dalla più semplice figura del contratto d’opera, regolato negli art. 2222 e seguenti, non è data dal risultato che in entrambi è un’opera o un servizio, ma dal fatto che nell’appalto vi è un’organizzazione ad impresa, la quale pone in secondo piano la prestazione di lavoro dell’appaltatore” (Xxxxxx, 34; Rubino-Moscati, 16; Russo-Criaco, 42; Xxxxxxxxxxx, 34).
Anche la giurisprudenza aderisce a questa impostazione e, al
riguardo, sostiene che il contratto d’appalto e il contratto d’opera si differenziano in ragione del fatto che nel primo l’esecuzione dell’opera commissionata avviene mediante un’organizzazione di media o grande impresa, cui l’obbligato è preposto, mentre nel secondo con il preva- lente lavoro di quest’ultimo, pur se coadiuvato da componenti della sua famiglia o da qualche collaboratore, secondo il modulo organizza- tivo della piccola impresa (Cass. 21 maggio 2010, n. 12519, in Giust. civ. Mass., 2010, 5, 794; Cass. 29 maggio 2001, n. 7307, in Foro it. Rep., 2001, voce Appalto, n. 14; Cass. 4 giugno 1999, n. 5451, in Giust. civ. Mass., 1999, 1262; Cass. 17 settembre 1997, n. 9237, in Studium juris, 1998, 79;
Cass. 12 dicembre 1995, n. 12727, in Giur. it. Mass., 1995, 1308). In questa logica, elementi sintomatici della consistenza dell’organizza- zione sono l’importanza dell’opera commissionata e l’affidamento dell’incarico ad una ditta specializzata (Cass. 16 novembre 2017, n. 27258).
Termine estratto capitolo
La circostanza che il contraente, cui siano stati convenzionalmente affidati l’esecuzione dell’opera o lo svolgimento di un servizio, si sia avvalso di collaboratori non può, di per sé, dimostrare, nel medesimo, l’esistenza di quella qualità che, comportando una complessa organiz- zazione di fattori produttivi, lo contrassegna della titolarità di un’or- ganizzazione produttiva, incompatibile con la locatio operis (Cass. 27 gennaio 1997, n. 819, in Giust. civ. Mass., 1997, 140). Infatti, nell’am- bito dell’appalto, allo svolgimento di un’attività lavorativa si affianca l’organizzazione dei mezzi necessari, quali macchine, merci, attrezza- ture; per contro, nell’ambito del lavoro autonomo, pur non potendo