COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia (MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) XXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) XXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore LUCCHINI XXXXXXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 10/09/2015 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente, soggetto non correntista della convenuta, lamenta la mancata negoziazione di un assegno emesso dal suo datore di lavoro (ai fini del pagamento dello stipendio mensile) e tratto sulla medesima convenuta.
Più precisamente, il ricorrente riceveva il pagamento del suo stipendio tramite assegno bancario emesso su carnet rilasciato dall’odierna convenuta e il 13 agosto 2014 si recava presso la stessa dipendenza traente, al fine di incassarlo.
Il ricorrente, non correntista della convenuta, si vedeva opporre il rifiuto di quest’ultima al “cambio” dell’assegno in contanti; dapprima poiché “superiore ad € 1.000,00” e poi, in fase di reclamo, perché la banca si dichiarava non “obbligata per legge al pagamento di un assegno bancario”. Gli venivano inoltre rappresentate ragioni di verifica della sua “solvibilità” benché il titolo avesse “copertura certa”.
Dal momento che tale assegno, pari ad € 1.350,00, rappresentava il suo stipendio mensile, il ricorrente pativa “numerosi disagi”. Conclusasi infruttuosamente la fase di reclamo, si rivolgeva all’ABF, chiedendo il risarcimento del danno patito e la refusione delle spese sostenute.
Il ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno nella misura di € 2.000,00 “o di quella ritenuta di giustizia” oltre “ad € 500,00 per l’intervento legale e spese”.
Nel presentare le proprie controdeduzioni, la convenuta ha precisato di aver dato riscontro al reclamo ed eccepisce preliminarmente di non aver trovato documenti, riferibili alla data indicata dal ricorrente (13 agosto 2014), che attestino la presentazione all’incasso dell’assegno.
Ha sostenuto, comunque, di non essere obbligata alla negoziazione di un assegno “a chiunque si presenti allo sportello [...] soprattutto se persona non conosciuta”, anche alla luce del parere ABI 1031/2009 in materia di “Cambio di assegni bancari”.
Ha citato, inoltre, della giurisprudenza di merito e di legittimità sull’accettazione dell’assegno bancario e sull’assenza di un rapporto cartolare tra banca trattaria e prenditore dell’assegno.
La resistente ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
DIRITTO
Prima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione.
È pacifico che il ricorrente non sia correntista della convenuta. Sostiene di aver tentato di incassare, in contanti, un assegno emesso dal proprio datore di lavoro (cliente della resistente) presso la medesima dipendenza della banca che lo aveva tratto.
Sebbene la banca abbia dato riscontro al reclamo, nelle controdeduzioni si eccepisce, innanzitutto, come non vi sia evidenza che il ricorrente si sia presentato allo sportello per la (mancata) negoziazione del titolo.
Ad ogni modo, la banca sostiene, con le proprie difese, di non essere tenuta alla negoziazione dello stesso, citando un parere ABI del 2009 sul punto e della giurisprudenza in materia di accettazione dell’assegno e del rapporto fra trattaria e prenditore.
Quest’ultimo sostiene, invece, che, in prima battuta, l’addetto allo sportello avrebbe opposto l’impossibilità di cambiare un assegno superiore ad € 1.000,00 (cfr. reclamo del 25 agosto 2014, nel quale il ricorrente riferisce che l’assegno era pari ad un valore di € 1.250,00).
Non è in atti copia del titolo e non è dunque noto se lo stesso recasse delle particolarità tali di cui le parti non fanno cenno (ad esempio, se fosse un assegno bancario “da accreditare”, come tale non negoziabile in contanti ex art. 42, R.D. 1736/1993).
Non è in atti particolare documentazione relativa al danno sofferto ma è pacifico, comunque, che la negoziazione non sia avvenuta.
Viene altresì richiesta la refusione delle spese sostenute, relativamente alle quali, tuttavia, non si rinviene alcuna documentazione, eccezion fatta per il contributo al procedimento ABF e l’intervento di un legale quale firmatario del ricorso.
Ciò chiarito e venendo all’esame dell’esito della presente vertenza, deve rilevarsi che la questione centrale che deve essere affrontata inerisce all’asserito rifiuto della convenuta di negoziare un assegno bancario tratto per conto del datore di lavoro del ricorrente e portato all’incasso da quest’ultimo, soggetto non correntista.
A questo proposito giova ricordare quanto chiarito nel “Parere ABI 1031 - 26 gennaio 2009
- Cambio di assegni bancari”, ove si legge quanto segue:
“È stato richiesto un parere in materia di cambio di assegni bancari. In particolare si pongono alla scrivente i seguenti quesiti:
a) fino a che punto una banca sia obbligata a cambiare un assegno a persona che non conosce (non client), ma che presenta un documento valido al cassiere;
b) quali sono le eventuali responsabilità della banca che si rifiuti di cambiare l’assegno anche in presenza di un valido documento di riconoscimento;
c) se vi sia una differenza, in termini di obbligatorietà a cambiare l’assegno bancario, tra lo sportello della banca trattaria ove è cliente il traente e gli altri sportelli della stessa banca.
Circa il primo quesito sub a), va precisato che è orientamento diffuso sia della dottrina che della giurisprudenza di merito e di legittimità quello per cui il beneficiario dell’ assegno bancario che presenta il titolo alla banca trattaria non può vantare alcun diritto al pagamento nei confronti di quest’ultima, "né l’ordinamento gli conferisce la legittimazione, sul presupposto del riconoscimento della relativa titolarità, all’ esperimento di apposite azioni, di natura cartolare o extracambiaria, per costringere lo stesso istituto di credito trattario al pagamento della somma portata dal titolo medesimo, ancorché nei limiti dei fondi esistenti sul conto corrente del traente in base al rapporto di provvista". La stessa struttura e la funzione dell’assegno bancario comprovano del resto che la banca trattaria non assume la qualità di debitore cambiario, ma rimane al di fuori del rapporto intercorrente tra il traente il titolo ed il prenditore.
[…]
Con riferimento al quesito sub b), poiché tra il prenditore ed il trattario non si instaura alcun tipo di rapporto (sia esso cartolare che extracartolare), non può configurarsi alcuna responsabilità della banca trattaria nei confronti del beneficiario per il profilo considerato. In ipotesi di rifiuto "ingiustificato" di pagamento la stessa banca trattaria potrebbe peraltro esporsi nei confronti del traente ad una responsabilità contrattuale di carattere risarcitorio, che trova fonte nella convenzione di assegno. Tra i motivi che legittimamente possono indurre la banca trattaria a rifiutare il pagamento la dottrina annovera il caso in cui il portatore non sia riuscito a farsi idoneamente identificare.
Anche la giurisprudenza e la dottrina (cfr., ad esempio, il Commento sub art. 4 Legge assegni, in XXXXXXXX - SPADA, Commentario breve al diritto delle cambiali, degli assegni e di altri strumenti di credito e mezzi di pagamento, 4^ ed.) appaiono unanimemente orientate nel senso di escludere un obbligo della banca nei confronti del beneficiario alla negoziazione del titolo, ipotizzando una mera facoltà della banca di procedere alla negoziazione (subordinatamente a certe cautele in punto di identificazione del prenditore) e ad un’eventuale responsabilità della stessa per immotivato mancato pagamento solo nei confronti del traente-correntista.
Sul punto appare chiara sia la giurisprudenza di legittimità (CASS., 19/1/2000, N. 535, secondo la quale “con la convenzione di assegno, consistente nel mandato, conferito alla banca dal titolare del conto corrente, ad effettuare i pagamenti che il medesimo ordina mediante l'emissione di assegni con i quali il correntista-traente promette al prenditore e contestualmente ordina alla banca trattaria il pagamento, questa ultima non assume alcuna obbligazione verso il prenditore, ma presta per il traente un servizio di cassa, svolgendo, per ogni emissione di assegni, funzioni di delegato passivo”) sia quella di merito (TRIB. IVREA 3/3/2004, il quale ha sostenuto che “il possessore dell'assegno bancario non ha verso la banca trattaria alcuna azione contrattuale diretta. Unico legittimato ad agire contro la banca trattaria, per l'eventualità di un'illegittima omissione di pagamento dell'assegno, è il correntista, atteso che solo nei confronti di quest'ultimo, nei limiti della convenzione di assegno e del rapporto di provvista, il trattario si è obbligato ad eseguire il pagamento stesso; conseguentemente, solo nei confronti del correntista è configurabile una responsabilità della banca trattaria per l'ingiustificato rifiuto di pagamento dell'assegno”).
Da quanto appena rilevato emerge che la condotta dell’intermediario resistente nella vicenda de qua è stata del tutto legittima e che le domande di parte ricorrente si rivelano conseguentemente prive di fondamento.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1