CAPITOLO XV
CAPITOLO XV
IL SUBAPPALTO E LE VICENDE SOGGETTIVE DELL’ESECUTORE DEL CONTRATTO
SOMMARIO: 1. L’istituto del subappalto. - 1.1. La procedura autorizzatoria e i contratti similari. - 1.2 Ulteriori disposizioni in materia di subappalto. - 2. Le vicende soggettive dell’appaltatore. - 3. Il fallimento dell’appaltatore.
1. L’istituto del subappalto
Il subappalto è il contratto con cui l’appaltatore affida ad un terzo l’esecuzione parziale o totale dell’opera o del servizio che si è impegnato a compiere in forza di un precedente contratto di appalto, ferma restando la responsabilità dell’originario appaltatore nei confronti del committente per l’esecuzione dell’opera o del servizio.
Tale nozione è ricavabile dall’art. 1656 cod. civ., titolato “Subappalto”, che si limita a prevedere che l’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione della prestazione, se non è stato a ciò autorizzato dal committente.
Ciò che caratterizza il contratto di subappalto è il rapporto di accessorietà rispetto al contratto d’appalto principale, nel senso che esso cessa di esistere una volta che il rapporto principale cessi la propria efficacia, ovvero sia invalidato o risolto (cfr. X. Xxxxxxxx, Contratto derivato – subcontratto, in Enc. Dir., Milano, X, 80).
Il subappalto ha carattere derivato rispetto al rapporto principale, ed ha un oggetto (l’esecuzione dell’opera, del servizio o della fornitura) in tutto o in parte coincidente con l’appalto originario, al quale il primo deve intendersi funzionalmente collegato, in forza di un rapporto di dipendenza “genetica”.
Nell’ambito dei contratti pubblici, la disciplina del subappalto trova la sua originaria fonte nell’art. 18, legge n. 55/90 (legge Antimafia), oggi confluito nell’art. 118 d.lgs. n. 163/06.
Tale disposizione ha esteso la disciplina del subappalto (originariamente prevista per i soli appalti di lavori pubblici) agli appalti di servizi e forniture, ed è applicabile agli appalti di rilevanza comunitaria, agli appalti sotto soglia, nonché agli appalti nei cd. settori speciali, stante l’esplicito richiamo all’art. 118 contenuto nell’elencazione di cui all’art. 206 (vedi apposita trattazione sui settori speciali).
Il citato art. 118, comma 1, sancisce il principio dell’esecuzione in proprio delle prestazioni oggetto dell’appalto da parte dell’affidatario. Pertanto, i soggetti che si aggiudichino contratti pubblici, sono tenuti ad eseguire direttamente l’oggetto del contratto.
In tale direttiva generale, si inserisce il divieto, posto dal medesimo comma 1, di cessione del contratto d’appalto a pena di nullità.
Definizione del subappalto
Il successivo comma 2 dell’art. 118 ammette il ricorso all’istituto, al ricorrere di una serie di condizioni Tuttavia, quale necessario adempimento ai fini del subappalto, è previsto che la stazione appaltante indichi nel progetto o nel bando di gara:
- per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste, anch’esse con il relativo importo;
- per i servizi e le forniture, le singole prestazioni di cui si compone l’appalto.
La necessità di tale indicazione è, innanzitutto, funzionale a consentire ai concorrenti di adempiere l’onere di indicazione delle parti dell’appalto che intendono subappaltare, previsto dal medesimo comma 2; in secondo luogo, la ratio della disposizione va rinvenuta nella circostanza che il Legislatore ha posto dei limiti quantitativi al ricorso del subappalto, vietando, quindi, che l’affidatario possa subappaltare la maggior parte delle prestazioni oggetto del contratto principale.
Pertanto, al fine di verificare il rispetto di tali limiti quantitativi, la stazione appaltante dovrà specificare quali sono le prestazioni di cui si compone l’appalto.
Con riferimento agli appalti di lavori, nelle more dell’emanazione del regolamento di attuazione del Codice (che dovrà indicare la quota parte subappaltabile, eventualmente diversificata a seconda delle categorie) la quota massima subappaltabile delle opere riconducibili alla categoria prevalente (ovvero la categoria di lavori di importo più elevato tra quelle che costituiscono il lavoro) è pari al 30% dell’importo di tali opere; quanto alle altre, eventuali categorie di cui si compone l’appalto, esse sono interamente subappaltabili.
Con riguardo, invece ai servizi e forniture, le prestazioni di cui si compongono i relativi appalti sono subappaltabili nei limiti del 30% dell’importo complessivo del contratto.
Sul punto, si rileva che la direttiva comunitaria 2004/18 non prevede limiti quantitativi o qualitativi al ricorso al subappalto, costituendo, dunque, la quota del 30% prevista dal diritto interno un’eccezione al principio generale di subappaltabilità sancito a livello comunitario.
E infatti, la Commissione Europea, con Decisione del 31 gennaio 2008, relativa alla procedura di infrazione 2007/2309 ex art. 226 del Trattato CE, avviata nei confronti dell’Italia, ha censurato l’art. 37, comma 11, del Codice, per contrarietà alle direttive 17 e 18 del 2004, nella parte in cui vietava il subappalto (ed imponeva una forma giuridica determinata ai soggetti affidatari) relativamente alle opere di notevole contenuto tecnologico, di importo superiore al 15% dell’importo totale dell’opera (cd. categorie superspecialistiche); in tali ipotesi, infatti, l’appaltatore privo dei requisiti per eseguire le suddette lavorazioni, non potendo subappaltarle, era tenuto a costituire un raggruppamento temporaneo di tipo verticale con imprese qualificate.
La stazione appaltante deve indicare le categorie di cui si compone l’oggetto dell’appalto
Per i lavori, la quota massima subappaltabile della categoria prevalente è il 30% delle relative lavorazioni; le categorie scorporabili sono subappaltabili interamente; per servizi e forniture, il limite è il 30% dell’importo totale del contratto
Secondo la Commissione tale disposizione era contraria al diritto comunitario che non consente l’esclusione del subappalto ed autorizza l’operatore economico ad avvalersi sempre delle capacità di altri soggetti, prescindendo dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi.
Con il cd. terzo decreto correttivo al Codice, d.lgs. n. 152/08, il Legislatore, recependo le censure comunitarie, ha riformulato il comma 11 dell’art. 37, eliminando il divieto di subappalto, ed ammettendo il subaffidamento delle opere superspecialistiche entro il limite del 30%, previsto per la categoria prevalente dall’art. 118.
Il comma 2 dell’art. 118 prevede poi che l’affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto ad alcune condizioni.
1) E’ necessario che i concorrenti, all’atto dell’offerta, o l’affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione, all’atto dell’affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo.
Tale indicazione deve essere specifica, non essendo sufficiente una generica dichiarazione di volere ricorrere al subappalto.
Sul punto, si rileva che la correttezza della dichiarazione, resa in sede di offerta, dell’intenzione di voler ricorrere al subappalto, non costituisce di per sé un requisito essenziale per la partecipazione alla gara, in quanto essa è solitamente finalizzata a consentire alla ditta partecipante di subappaltare certe opere o servizi puntualmente indicati; pertanto, in mancanza di tale corretta dichiarazione, le conseguenze immediate per l’impresa partecipante (che dovesse risultare aggiudicataria) consistono nell’impossibilità, per la stessa, di subappaltare le opere (cfr. TAR Sardegna Cagliari, Sez. I, 27 settembre 2007, n. 1764).
In siffatta ipotesi, resta ferma, comunque, la necessità che il concorrente possegga le qualificazioni necessarie ad eseguire in proprio l’appalto.
2) Viene, poi, richiesto che l’affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni.
3) Al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante, l’affidatario deve trasmettere la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione in relazione alla prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38.
Il subappaltatore, dunque, deve possedere tutti i requisiti di ordine morale prescritti dalla normativa e dal bando di gara in capo all’appaltatore.
Con riguardo, poi, ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, la stazione appaltante deve compiere nei confronti del subappaltatore la medesima verifica dei requisiti di
I concorrenti, all’atto dell’offerta, devono indicare le prestazioni che intendono subappaltare
Il subappaltatore deve possedere tutti i requisiti di ordine morale previsti per l’appaltatore dal Codice; i requisiti di natura speciale devono essere posseduti in relazione alle prestazioni oggetto del subappalto
partecipazione compiuta nei confronti dell’appaltatore, limitatamente alle prestazioni oggetto di subappalto.
Diversamente opinando, infatti, le prestazioni affidate sulla base del possesso da parte dell’aggiudicatario di una determinata qualificazione, potrebbero essere eseguite in subappalto da operatori economici non qualificati.
4) Infine, è richiesto che non sussista, nei confronti dell’affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dall’art. 10, legge n. 575/1965 e s.m.i..
L’appaltatore, dunque, per poter ricorrere al subappalto deve avere indicato, in sede di offerta, le prestazioni che intende subappaltare.
Deve, poi, presentare l’istanza di autorizzazione al subappalto contenente l’indicazione dei lavori che si intendono subaffidare a terzi, e del soggetto al quale si intende ricorrere.
Detta istanza deve essere corredata:
1) dallo (schema del) contratto di subappalto, ovvero copia del contratto già sottoscritto dalle parti (in tale ultimo caso l’efficacia del contratto è sospensivamente condizionata al rilascio dell’autorizzazione);
2) dalla dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso di tutti i requisiti generali (art. 38, d.lgs. 163/06) e speciali (secondo quanto previsto dal bando) previsti dalla disciplina vigente per la partecipazione alla gara in rapporto all’ammontare dei lavori oggetto del subaffidamento;
3) dal certificato della CCIAA, con l’indicazione dei direttori tecnici, con apposita dicitura antimafia ai sensi del d.lgs. n. 252 del 1998, che attesta l’insussistenza dei divieti di cui all’art. 10, legge n. 575/1965 (vedi più ampia trattazione sugli obblighi sanciti dalla normativa antimafia nel capitolo relativo ai requisiti di ordine generale);
4) dalla dichiarazione dell’appaltatore, per mere finalità di trasparenza, circa la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o collegamento, ai sensi dell’art. 2359 c. c., con l’impresa affidataria del subappalto o del cottimo.
Dal ricevimento dell’istanza di autorizzazione al subappalto decorre il termine di trenta giorni entro il quale il soggetto appaltante deve provvedere al rilascio dell’autorizzazione ovvero al diniego della stessa.
Per i soli subappalti o cottimi di importo inferiore al 2% delle prestazioni affidate o a 100.000 Euro, il termine per il rilascio dell’autorizzazione è dimezzato, per cui la necessaria autorizzazione dovrà essere rilasciata dalla S.A. entro il termine massimo di 15 giorni dalla relativa richiesta.
Decorso il termine di trenta giorni, l’autorizzazione si intende, comunque concessa (c.d. silenzio assenso); il termine suddetto può essere prorogato una sola volta (e per non più di trenta giorni) ove ricorrano comprovate ragioni.
E’ opinione unanime in dottrina quella secondo cui l’autorizzazione al subappalto costituisca un atto “dovuto”, ovverosia che l’istanza non
Procedura per ottenere l’autorizzazione al subappalto
L’autorizzazione al subappalto è un atto dovuto, potendo la
S.A. negare il subappalto solo nell’ipotesi in cui manchino le condizioni previste dall’art. 118
possa essere rigettata qualora siano rispettate le condizioni stabilite dalla disciplina vigente (cfr. Xxxxxxxx, Subappalto, in Commento alla legge quadro sui LL.PP., Milano, 1999, p. 576).
L’inosservanza del divieto di subappalto in assenza di autorizzazione dell’amministrazione comporta rilevanti conseguenze sia sul piano privatistico che su quello penale.
A livello negoziale, la S.A. può richiedere la risoluzione del contratto d’appalto, secondo quanto disposto dall’art. 21, legge n. 646/1982 e s.m.i..
Sul punto, la Corte di Cassazione, ha rilevato che l’art. 21 della legge 646/1982, contenente la normativa penale antimafia in materia di appalti pubblici, vieta all’appaltatore di opere pubbliche di concedere in subappalto o in cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse senza l’autorizzazione della committente; pertanto, il subappalto stipulato in violazione di tale norma imperativa è nullo, ai sensi dell’art. 1418 c.c., e costituisce nel contempo grave inadempimento dell’appaltatore che legittima la stazione appaltante a chiedere la risoluzione del contratto. Il contratto di subappalto non autorizzato, o meglio l’esecuzione abusiva di opere in subappalto per importi superiori al limite autorizzato, implica la nullità ab origine dell’affidamento del subappalto o, più esattamente, l’inefficacia fin dall’inizio del vincolo negoziale scaturente dal contratto di xxxxxxxxxx, che non potrà spiegare effetto alcuno, sia nei rapporti fra la pubblica amministrazione e l’appaltatore, sia in quelli fra impresa appaltatrice e subappaltatrice. Le prestazioni rese in violazione del divieto suddetto si considerano, quindi, come non avvenute, ai fini di eventuali pretese giuridiche di natura patrimoniale, con esclusione anche dell’azione di arricchimento senza causa ed il sub-contraente non potrà, pertanto, vantare alcun diritto al pagamento delle prestazioni effettivamente svolte, né nei confronti dell’appaltatore che, a sua volta, in caso di pagamento non potrà chiederne il rimborso al subappaltatore, né a maggior ragione nei confronti della stazione appaltante (cfr. ex multis, Cass. Civ., Sez. I, 16 luglio 2003, n. 11131; Tribunale di Napoli, 8
giugno 2004).
La violazione del divieto di subappalto implica anche gravi ripercussioni di natura penale.
L’art. 21, comma 1, della legge n. 646/1982 cit., contempla il reato di chi, “avendo in appalto opere riguardanti la pubblica amministrazione, concede anche di fatto, in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte le opere stesse, senza l’autorizzazione dell’autorità competente”.
Tale reato è punito “con l’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda non inferiore ad un terzo del valore dell’opere concessa in subappalto o a cottimo e non superiore ad un terzo del valore complessivo dell’opera ricevuta in appalto. Nei confronti del subappaltatore e dell’affidatario del cottimo si applica la pena dell’arresto da sei mesi ad un anno e dell’ammenda pari ad un terzo del valore dell’opera ricevuta in subappalto o in cottimo”.
Conseguenze del subappalto non autorizzato
1.1. La procedura autorizzatoria e i contratti similari
L’art. 118, comma 11, d.lgs. n. 163/06, disciplina i cd. contratti similari; tale norma prevede che “Ai fini del presente articolo è considerato subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 Euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare”.
Con tale disposizione il Legislatore del Codice ha esteso la disciplina del subappalto anche a fattispecie negoziali che, benché non qualificabili come tali, presentano caratteristiche tali da suggerire, in un’ottica di prevenzione del rischio di infiltrazioni di forme di delinquenza di tipo mafioso, di estendere anche ad esse le medesime cautele procedurali previste per il subappalto.
Si tratta di fattispecie contrattuali aventi caratteristiche similari al subappalto, quali, a titolo esemplificativo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera.
Il nolo a caldo va inteso come prestazione di servizio da parte del noleggiatore che, oltre a fornire determinati mezzi d’opera, mette a disposizione anche il proprio personale, in ciò ravvisandosi l’elemento di distinzione con il nolo a freddo, dove l’oggetto del contratto consiste soltanto nella disponibilità di specifici beni mobili (es. noleggio di un automezzo con operatore).
La fornitura con posa in opera, invece, è un tipico contratto di somministrazione, unito ad una prestazione di facere, cioè la messa in opera del bene fornito.
Alla luce del comma 11 dell’art. 118, sono assimilate al subappalto le fattispecie negoziali aventi ad oggetto attività ovunque espletate che presuppongono l’impiego di manodopera, quali i noli a caldo e le forniture con posa in opera:
- in cui l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al cinquanta per cento dell’importo del contratto da affidare;
- il cui importo sia superiore al 2 per cento dell’importo del contratto principale ovvero superiore, in cifra assoluta, a 100.000 Euro.
Tale prescrizione assume una rilevante valenza, ove si consideri che le prestazioni per le quali non ricorrano i delineati requisiti, sono sottratte alla disciplina del subappalto ed al correlato regime autorizzatorio.
Orbene, circa l’ambito applicativo del comma 11, esso si è prestato alla seguente duplice interpretazione:
1) secondo una prima interpretazione, è stato ritenuto che qualsiasi sub-affidamento di valore contenuto entro le soglie (percentuali o in valore assoluto) indicate dalla norma di riferimento non vada considerato subappalto e non sia quindi sottoposto al regime
I contratti similari: la deroga al regime del subappalto prevista dl comma 1 dell’art. 118
Il nolo a caldo
La fornitura con posa in opera
autorizzatorio; pertanto, tutti i sub-contratti per i quali non sussiste la concorrenza delle condizioni anzidette, sarebbero da ritenersi svincolati dall’obbligo di richiedere l’autorizzazione al subappalto, essendo unicamente necessario adempiere all’obbligo di comunicazione alla stazione appaltante, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 11 dell’art. 118.
2) Secondo un’ulteriore interpretazione della norma, i soli sub- affidamenti relativi a prestazioni non qualificabili come lavori sarebbero sottratti alla disciplina che regola il subappalto, purché d’incidenza inferiore alle predette soglie. Pertanto, dovrebbero essere assoggettati al regime d’autorizzazione tutti i subappalti di lavori, senza alcun discrimine in ordine all’entità percentuale dell’importo o della manodopera, se non inteso come circoscritto all’abbreviazione dei tempi connessi agli adempimenti di competenza della stazione appaltante (rilascio del relativo nulla osta).
Xxxxxx, non volendo addentrarci eccessivamente nelle riflessioni svolte dalla prassi e della dottrina, basti osservare che l’unica interpretazione logica della norma spinge a ritenere che devono essere assoggettati al regime d’autorizzazione tutti i subappalti di lavori, a prescindere dall’importo o dal valore della manodopera.
Tale lettura va invero preferita poiché, oltre ad essere la più conforme al dato testuale della disposizione, è di certo quella che risponde alla ratio di evitare l’illegittimo frazionamento degli appalti di lavori in una pluralità di affidamenti (forniture, posa in opera, noli, etc.) al fine di sottrarre indebitamente il subaffidamento alla disciplina autorizzatoria del subappalto ed agli adempimenti e verifiche a questa connessi.
In sintesi, richiamando le determinazioni nn. 12/01, 27/02 e 6/2003 dell’Organo di Vigilanza:
1) tutti i subappalti di lavori sono assoggettati al regime autorizzatorio di cui all’art. 118, comma 9, d.lgs. n. 163/06 e s.m.i., a prescindere dal loro importo, rilevando tale ultimo aspetto soltanto sotto il profilo del termine temporale – 30 o 15 giorni – entro cui la stazione appaltante rilascia il provvedimento di autorizzazione;
2) la disciplina di cui all’art. 118, comma 11, del Codice degli appalti si applica ai soli subcontratti similari, e cioè a quei sub-affidamenti aventi ad oggetto prestazioni che non sono lavori, ma prevedono l’impiego di mano d’opera, come nel caso della fornitura con posa in opera e dei noli a caldo.
Infine, l’ultimo capoverso del comma 11 dell’art. 118, impone all’affidatario l’obbligo di comunicare alla stazione appaltante, per tutti i sub-contratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del sub-contraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati.
Il comma 12 dell’art. 118 sottrae alla disciplina del subappalto, per le loro specificità, gli affidamenti di attività specifiche a lavoratori autonomi, nonché la subfornitura a catalogo di prodotti informatici.
Se la prestazione affidata all’appaltatore è qualificabile come lavoro, si applica sempre la disciplina del subappalto, a prescindere dall’importo del sub affidamento e dall’incidenza della manodopera
Ulteriori esclusioni dall’ambito di applicazione dell’art. 118
L’esclusione dalla disciplina del subappalto delle attività specifiche rese da lavoratori autonomi sembra potersi coordinare con quanto disposto dall’art. 91, comma 3, del Codice, ove è fatto espressamente divieto all’affidatario di incarichi di progettazione di avvalersi del subappalto per le prestazioni di natura progettuale, fatta eccezione per le attività relative ad indagini geologiche, geotermiche e sismiche, a sondaggi, a rilievi, a misurazioni e picchettazioni, alla predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali.
La delimitazione delle attività professionali che possono esprimersi nella forma del subappalto si giustifica con “un’esigenza di tutela dell’amministrazione, che è meglio garantita dall’istaurazione di un rapporto diretto con il professionista” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2005, n. 1075).
L’esclusione dall’ambito di applicazione del subappalto, prevista alla lett. a) del citato comma 12, sembra riferirsi ad attività specifiche svolte da lavoratori autonomi, quali le consulenze professionali, le prestazioni d’opera intellettuale, comunque diverse da quelle professionali di cui all’art. 91, comma 3, richiamato.
Quanto all’ipotesi di cui alla lett. b) del citato comma 12, dell’art. 118 del Codice, volta a sottrarre alla disciplina del subappalto la subfornitura a catalogo di prodotti informatici, la ratio di detta disposizione emerge ove si consideri la differenza che intercorre fra l’istituto della subfornitura e quello del subappalto.
La subfornitura, infatti, è un contratto autonomo destinato ad essere incorporato nell’ambito dell’attività economica del committente, esclusa di per sé dall’ambito di applicazione delle norme sul subappalto.
1.2 Ulteriori disposizioni in materia di subappalto
Circa la disciplina dei rapporti tra appaltatore e subappaltatore, l’art. 118, comma 4, prevede che l’affidatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso non superiore al venti per cento.
Tale norma “impone a carico dell’impresa aggiudicataria dell’appalto il vincolo di applicare un ribasso non superiore al 20%, al fine di impedire un eccessivo frazionamento dell’operazione economica, via via “delegandola” a imprese caratterizzate dal prevalente impiego della manodopera sul capitale, con finalità di sfruttamento del lavoro (là dove esso è meno tutelato) e di lucro, costituito dal mero trasferimento della posizione contrattuale dell’appaltatore (con il proliferare di posizioni di subappalto)” (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 23 aprile 2005, n. 8565).
Inoltre, l’affidatario è tenuto a corrispondere gli oneri della sicurezza, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso, con l’obbligo per la stazione
L’appaltatore deve praticare al subappaltatore gli stessi prezzi risultanti dall’aggiudicazione, con ribasso che non può essere superiore al 20%
appaltante, sentito il direttore dei lavori, il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, ovvero il direttore dell’esecuzione, di verificare l’effettiva applicazione di tale prescrizione.
Sotto ulteriore profilo, l’appaltatore è responsabile in solido dell’inosservanza da parte del subappaltatore (nei confronti dei loro dipendenti per le prestazioni rese nell’ambito del subappalto) del trattamento economico e normativo stabilito dai contratti collettivi nazionali e territoriali in vigore per il settore e l’area territoriale in cui si svolgono le prestazioni, nonché in relazione agli adempimenti in tema di sicurezza nel cantiere.
Per il tramite delle imprese appaltatrici, il subappaltatore deve trasmettere al committente:
1) prima dell’inizio dei lavori, la documentazione di avvenuta denuncia agli enti previdenziali, inclusa la Xxxxx Xxxxx, assicurativi ed antinfortunistici nonché copia del piano di sicurezza;
2) ai fini del pagamento degli stati di avanzamento lavori e delle fatture il DURC (documento unico di regolarità contributiva).
Come già evidenziato in precedenza, la regolarità del DURC dell’appaltatore e del subappaltatore costituisce condizione necessaria anche ai fini del pagamento del corrispettivo dell’appalto, con la conseguenza che, in caso di irregolarità contributiva e previdenziale della ditta subappaltatrice, la stazione appaltante sarà tenuta a sospendere il pagamento del SAL o della fattura, proprio in forza della citata responsabilità solidale.
Peraltro, ai sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/06, in caso di appalto di opere o di servizi il committente è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti.
Alla luce di tale disposizione, anche la stazione appaltante è solidalmente responsabile per il mancato versamento delle retribuzioni e dei contributi previdenziali dovuti ai lavoratori, con la conseguenza che, in caso di DURC irregolare, la sospensione del pagamento del SAL o della fattura costituisce un atto obbligato per l’amministrazione, alla quale l’Ente previdenziale o i dipendenti dell’appaltatore e del subappaltatore potranno rivolgersi, in caso di mancata corresponsione dei contributi obbligatori o degli stipendi.
Con riferimento ai pagamenti in favore del subappaltatore, l’art. 118, comma 3, dispone che le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara che provvederanno a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate.
Responsabilità solidale dell’appaltatore per il mancato rispetto, da parte del subappaltatore, del trattamento economico e normativo previsto dai contratti collettivi
La responsabilità solidale a carico della committente sancita dall’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/03
Nel bando occorre indicare come si provvederà al pagamento del subappaltatore
Qualora gli affidatari non provvedano a trasmettere le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari.
Infine, va menzionato il divieto del subappalto cd. a cascata, sancito dall’art. 118, comma 9, del Codice, che prevede, appunto, che l’esecuzione delle prestazioni subappaltate non può formare oggetto di ulteriore subappalto.
2. Le vicende soggettive dell’esecutore del contratto
Nel corso dell’esecuzione del contratto possono verificarsi delle vicende soggettive relative alla posizione dell’impresa appaltatrice, suscettibili di incidere sul rapporto tra quest’ultima e l’amministrazione appaltante.
L’art. 116 d.lgs. n. 163/06 e s.m.i., disciplina l’effetto che determinate vicende soggettive producono sul contratto d’appalto.
Tale norma, che recepisce il contenuto del cessato art. 35 della legge
n. 109/94, ha portata generale, in quanto applicabile agli appalti di lavori, servizi e forniture, a prescindere dal loro importo.
La disposizione in parola ha un ambito di applicazione piuttosto ampio, ricomprendendo:
1) le cessioni di azienda, che comportano il trasferimento di un complesso di beni organizzati per l’esercizio d’impresa (cfr art. 2258
c. c.);
2) le trasformazioni societarie, intese come “mutamento tipologico della società che, a seguito di un atto di volontà, assume vesti giuridiche differenti” (cfr. art. 2498-2500 c. c.);
3) le fusioni societarie, intese come “compenetrazione di due o più società in una società nuova, ovvero l’assorbimento dell’organizzazione di una società da parte di altro soggetto giuridico” (cfr. art. 2504 c.c.);
4) le scissioni societarie (cfr. art. 2504-septies c. c.), intese come “enucleazione da un unico soggetto di più individualità giuridiche” (cfr. Xxxxxxxxx, La cessione del contratto, in Caringella – De Marzo, La nuova disciplina dei lavori pubblici).
L’ordinamento vigente (art 2555 c. c.) definisce l’azienda come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”. La nozione di ramo di azienda, invece, non ha una definizione normativa, essendo frutto di elaborazioni dovute alla dottrina e alla giurisprudenza.
La possibilità di distinguere l’azienda in rami, comunque, è condizionata da:
a) l’esercizio di più attività imprenditoriali da parte dell’imprenditore, mediante un’unica organizzazione di impresa (risorse, persone, attrezzature);
Il concetto di ramo d’azienda
b) un’articolazione dell’organizzazione in sotto-organizzazioni corrispondenti alle diverse attività, tale per cui ne esista una per ciascuna di esse.
È soltanto in presenza di entrambe dette condizioni che si può parlare di azienda suddivisa in rami e, di conseguenza, ipotizzare che l’imprenditore possa trasferirne uno ad altri soggetti imprenditoriali.
Peraltro, affinché si abbia trasferimento, anche sotto forma di affitto, di un ramo di azienda, è necessario individuare preliminarmente quale attività - autonoma dalle altre che l’imprenditore esercita - si intende trasferire e, poi, quale parte del complesso dei beni organizzati, ossia quale sotto-organizzazione, funzionale a quella attività, sarà trasferita, in modo che l’attività già esercitata dall’imprenditore che affitta il ramo di azienda possa continuare ad essere esercitata dal soggetto al quale il ramo di azienda è trasferito.
Questo risultato può essere conseguito soltanto se il trasferimento ha ad oggetto la sotto-organizzazione nel suo complesso in quanto tale, e non, invece, se il trasferimento ha ad oggetto gli stessi beni, ma considerati singolarmente.
Il vincolo funzionale e di destinazione che caratterizza il complesso dei beni organizzati conferisce, infatti, ai beni stessi un valore aggiunto non altrimenti conseguibile, in quanto verrebbe meno se mancasse quel vincolo. In altri termini: invece di un’azienda, si avrebbe soltanto una pluralità di beni smembrati.
Oggetto del trasferimento di azienda o di un suo ramo saranno, dunque, alcuni beni materiali e altri immateriali, unitariamente considerati, proprio perché tra loro funzionalmente organizzati: attrezzature (edifici, macchinari), know-how (brevetti, esperienza acquisita), avviamento (clientela), rapporti giuridici (crediti, debiti).
Il trasferimento di un ramo di azienda, dunque, si ha soltanto alla presenza di un contratto redatto in modo tale che da esso risulti senza incertezze che il cedente, avendo enucleato nella sua attività produttiva un filone che non intende più curare, sia pure temporaneamente, trasferisce in toto ciò che aveva considerato funzionale a quel filone di attività. Quanto invece all’acquirente, l’oggetto dell’acquisto potrà costituire lo strumento per la sua unica attività futura, oppure potrà andare a confondersi con il complesso dei beni che già possiede.
L’art. 116 del Codice, nel disciplinare le vicende soggettive dell’esecutore, pone una eccezione al generale principio di immodificabilità soggettiva dell’appaltatore, ammettendo, con specifico riferimento alla cessione d’azienda, la successione nella titolarità del contratto d’appalto che si pone come conseguenza indiretta di un contratto con il quale un soggetto, il cessionario, subentra nel complesso dei rapporti attivi e passivi facenti capo alla società ceduta, tra cui il singolo contratto d’appalto stipulato con l’amministrazione appaltante (cfr. Xxxxxxxx, Commento all’art. 116, in La disciplina dei contratti pubblici. Commentario al codice appalti, 2007, p. 981).
Tale fattispecie va distinta da quella in cui la cessione riguardi un singolo contratto; in tal caso, infatti, si ricade nell’ambito dell’art. 118, comma 1, del Codice che vieta, a pena di nullità, la cessione del contratto d’appalto di lavori, servizi e forniture, in ossequio alle disposizioni a tutela dell’ordine pubblico contenute nell’oggi abrogato art. 18 della legge n. 55/1990 (Antimafia) .
L’art. 116 dispone che le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi all’esecutore del contratto, non hanno singolarmente effetto nei confronti di ciascuna amministrazione aggiudicatrice fino a che il cessionario (ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione) non abbia proceduto nei confronti di essa alle comunicazioni previste dall’art. 1 del d.P.C.M. 11 novembre 1991, n. 187 (Regolamento per il controllo delle composizioni azionarie dei soggetti aggiudicatari di opere pubbliche e per il divieto delle intestazioni fiduciarie, previsto dall’art. 17, comma 3, della c.d. “Legge Antimafia”) e non abbia documentato il possesso dei requisiti di qualificazione previsti.
Peraltro, ai sensi del successivo comma 2, nei sessanta giorni successivi a tale comunicazione, la stazione appaltante può opporsi al subentro del nuovo soggetto nella titolarità del contratto, con effetti risolutivi sulla situazione in essere, laddove, in relazione alle comunicazioni relative alla composizione societaria, non risultino sussistere i requisiti di cui all’art. 10-sexies della legge n. 575/65 e s.m.i..
Xxxxxx, affinché l’avvenuta cessione o trasformazione di azienda dell’esecutore produca effetti nei confronti della S.A., tale vicenda deve essere comunicata all’amministrazione dal soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione ai sensi del d.P.C.M. n. 187/1991; la suddetta comunicazione deve contenere i dati essenziali in ordine alla composizione societaria del subentrante, all’esistenza di diritti reali di godimento o di garanzia sulle azioni con diritto di voto sulla base delle risultanze del libro soci, delle comunicazioni ricevute e di qualsiasi altro dato a propria disposizione, nonché l’indicazione dei soggetti muniti di procura irrevocabile che abbiano esercitato il voto nelle assemblee societarie nell’ultimo anno o che ne abbiano comunque diritto.
Il “nuovo” soggetto dovrà, altresì, comprovare i requisiti di ordine generale e speciale prescritti dal Codice e dalla lex specialis di gara.
Soltanto in caso di mancato adempimento degli oneri posti dalla norma in esame, o di mancata comprova dei requisiti previsti dalla legislazione “Antimafia”, la stazione appaltante potrà opporsi, entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto di trasformazione o di cessione, al subentro del nuovo soggetto nella titolarità del contratto.
Nell’ipotesi, invece, in cui le suddette vicende soggettive interessino l’operatore economico nel corso della procedura di gara, trova applicazione l’art. 51 del Codice che stabilisce che “Qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l’azienda o un ramo d’azienda, ovvero procedano alla
Gli obblighi di comunicazione previsti dalla normativa antimafia
trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l’affittuario, ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all’aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante».
Tale norma disciplina, per la prima volta nell’ordinamento, le vicende soggettive del candidato, dell’offerente e dell’aggiudicatario, consentendo il subentro dei soggetti risultanti da operazioni di trasformazione societaria in un momento antecedente alla stipula del contratto.
Come osservato dal Giudice amministrativo, infatti, “nelle procedure di evidenza pubblica non vige un principio assoluto di immodificabilità soggettiva dei concorrenti, in quanto è ammesso il subentro di altro soggetto nella posizione di contraente o di partecipante ad una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico in caso di cessione di azienda e di trasformazione di società; sempre che la cessione dell’azienda o gli atti di trasformazione, fusione o scissione della società, sulla cui base avviene il detto subentro, siano comunicati alla stazione appaltante e questa abbia verificato l’idoneità soggettiva del subentrante” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 aprile 2006, n. 1873).
3. Il fallimento dell’appaltatore
Il fallimento, al pari della morte per la persona fisica, è fatto assolutamente incolpevole e, pertanto, in sé considerato, non può dar luogo al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.
Inoltre, ai sensi dell’art. 81 della legge fallimentare, Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 e s. m.i., “Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni sessanta dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie. Nel caso di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche”.
Da tale disposizione, dunque, si evince che in caso di fallimento dell’impresa appaltatrice, il contratto di appalto con la sentenza di fallimento, deve intendersi ex lege risolto, a meno che il curatore non dichiari entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento, di voler subentrare nel rapporto in luogo al fallito.
Tuttavia, la regolamentazione del rapporto contrattuale continua a soggiacere alla disciplina dettata in tema di appalti pubblici,
Ai sensi dell’art. 140 del Codice, in caso di fallimento dell’appaltatore, la stazione appaltante può ricorrere alla cd. facoltà di interpello degli altri soggetti che avevano partecipato alla gara originariamente bandita, al fine di consentire la prosecuzione dell’appalto.
CASI E MATERIALI
1. E’ legittimo vietare che l’aggiudicatario affidi in subappalto ad impresa che ha partecipato alla medesima gara?
Il quesito attiene alla c.d. clausola di gradimento, avente ad oggetto il divieto di affidare il subappalto ad imprese che abbiano partecipato alla medesima gara.
Il vigente impianto normativo non vieta l’affidamento in subappalto delle prestazioni oggetto della procedura di gara ad imprese che abbiano partecipato alla medesima selezione pubblica, con la conseguenza che, qualora sussistano tutti i presupposti e le condizioni prescritte dall’art. 118, la richiesta di autorizzazione al subappalto in favore di una ditta che abbia concorso alla procedura, deve essere accolta.
Tuttavia, come evidenziato dall’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, “le stazioni appaltanti possono inserire nei bandi gara, anche sulla base delle singole situazioni ambientali che abbiano già condotto all’adozione di formali iniziative con gli organismi istituzionalmente preposti, la clausola di gradimento sul divieto di affidare il subappalto ad imprese che hanno presentato autonoma offerta alla medesima gara, clausola che estrinseca una più puntuale definizione del principio della segretezza delle offerte”. (cfr. Determinazione del 15 ottobre 2003, n. 14).
Lo stesso Consiglio di Stato, con pronunzia invero non recentissima, ha ritenuto che “in tema di appalto di opere pubbliche, la preventiva dichiarazione delle ditte cui l’impresa intende ricorrere per l’esecuzione delle opere per mezzo del subappalto non impedisce, in assenza di una espressa previsione di legge, che le stesse possano direttamente concorrere con proprie autonome offerte alla medesima gara” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2002, n. 685).
2. Che differenza c’è tra il distacco di manodopera ed il subappalto?
L’istituto del “distacco di manodopera” presenta caratteristiche e presupposti ben diversi dall’istituto del subappalto.
Il contratto di subappalto, infatti, costituisce un accordo mediante il quale l’appaltatore affida ad un’impresa terza l’esecuzione di specifiche parti della prestazione oggetto dell’appalto.
In tale ipotesi, pertanto, si assiste ad una suddivisione nell’esecuzione dell’appalto che opera in senso “orizzontale” e che comprende un insieme unitario di elementi relativi non solo alla manodopera, ma
anche alla fornitura dei materiali e dei mezzi necessari all’adempimento della prestazione.
Inoltre, le prestazioni rese dalla subappaltatrice in favore dell’impresa appaltatrice sono regolate in virtù di uno specifico accordo contrattuale (subappalto), assoggettato ai limiti ed alle condizioni previste dalla legge (cfr. cessato art. 18, legge 55/90, oggi confluito nell’art. 118 del d.lgs. 163/06).
Diversamente, attraverso l’istituto del “distacco di manodopera”, come disciplinato dall’art. 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (c.d. Riforma Biagi), l’appaltatore si avvale temporaneamente di lavoratori dipendenti da un’altra impresa che, mediante accordo di “distacco” ai sensi dell’art. 30 cit. intervengono nel ciclo produttivo dell’impresa appaltatrice.
In questo caso, quindi, si è in presenza di un rapporto, per così dire, di “collaborazione tra imprese appartenenti allo stesso gruppo imprenditoriale”, che rimane del tutto estraneo alla disciplina del subappalto.
Infatti, in base all’art. 30, d.lgs. 276/03 cit. “l’ipotesi del distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa”.
La distinzione tra i due istituti è rilevante al fine di evitare che il distacco venga utilizzato per porre in essere, di fatto, un subappalto non autorizzato.
In tale prospettiva, quindi, occorre richiedere all’impresa appaltatrice di comprovare l’accordo di distacco, fermo restando il rispetto dei requisiti e delle condizioni di legge stabiliti dalla normativa giuslavoristica.
3. Nell’ipotesi in cui il subappaltatore abbia eseguito opere per un importo superiore all’importo autorizzato, ma comunque inferiore al 30% del valore complessivo del contratto, viene a concretarsi la fattispecie di subappalto non autorizzato?
Ai sensi dell’art. 118, comma 2, d.lgs. n. 163/06 e s.m.i., negli appalti di lavori pubblici, la quota parte per la quale può essere richiesto il subappalto, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie di opere, non può essere, in ogni caso, superiore al trenta per cento dell’importo complessivo.
Il Legislatore, tuttavia, subordina, l’affidamento in subappalto ad alcune condizioni, enunciate al citato comma 2 dell’art. 118, tra le quali la condizione che i concorrenti, all’atto dell’offerta, o l’affidatario, nel caso di varianti in corso d’opera, abbiano indicato i lavori o le parti di opere che intendono concedere in subappalto o in cottimo.
Dal citato disposto discende che, in linea generale, l’appaltatore può avvalersi del subappalto fino al trenta per cento, fermo restando l’obbligo per l’impresa, ai fini dell’autorizzazione da parte della stazione appaltante, di dichiarare l’intenzione di ricorrere a tale istituto e di specificare quali opere, ed il relativo importo, andrà a subappaltare.
Pertanto, l’esecuzione in subappalto di lavori per un importo eccedente il limite dichiarato dall’appaltatore ed autorizzato dalla stazione appaltante concreta la fattispecie di subappalto non autorizzato, anche nell’ipotesi in cui il valore complessivo del subaffidamento sia inferiore al trenta per cento dell’importo dell’appalto.
In altre parole, ciò che rileva, ai fini della legittimità del subappalto, è che esso sia contenuto entro il limite autorizzato dalla stazione appaltante.
Alla luce di quanto esposto, ove l’appaltatore abbia affidato in subappalto lavori per un importo superiore al limite autorizzato dalla S.A., viene, di fatto, a concretarsi la fattispecie di subappalto non autorizzato, con tutte le conseguenze previste dalla vigente normativa.
4. Con quali modalità la stazione appaltante può effettuare il controllo sul pagamento delle prestazioni al subappaltatore, nell’ambito di un appalto di lavori, atteso che, a seguito della cessione del credito derivante dall’appalto, i pagamenti vengono girati direttamente al cessionario?
Ai sensi dell’art. 118, comma 4, d.lgs. 163/06 e s.m.i., le stazioni appaltanti indicano nel bando di gara che provvederanno a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l’importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l’indicazione delle ritenute di garanzia effettuate.
Qualora gli affidatari non provvedano a trasmettere le fatture quietanziate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari.
Pertanto, la trasmissione delle suddette fatture quietanzate costituisce un obbligo specifico dell’appaltatore ed assurge a condizione necessaria ai fini dei relativi pagamenti di competenza da parte della stazione appaltante.
Ciò premesso, dunque, con riguardo alla questione sottoposta, si rileva che l’art. 117 del Codice dei contratti pubblici, nel dettare la disciplina della cessione dei crediti derivanti dai contratti d’appalto, dispone al
comma 5 che, in ogni caso, le amministrazioni cui è stata notificata la cessione possono opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente in base al contratto d’appalto con questo stipulato.
Pertanto, considerata l’ampia portata di tale previsione, la stazione appaltante potrà trattenere sulla rata di saldo le somme risultanti a suo credito a seguito delle rettifiche della contabilità; potrà rifiutarsi di procedere, in tutto o in parte, al pagamento delle fatture, in relazione alla negativa esecuzione della fornitura imputabile al fatto dell’appaltatore, in base al principio inadimplenti non est adimplendum (v. art. 1460 c.c.); potrà procedere alla detrazione delle rate di acconto o di saldo delle somme pagate direttamente al personale dipendente dell’appaltatore e, dunque, potrà sospendere i pagamenti in caso di mancata trasmissione da parte dell’appaltatore delle fatture quietanzate dal subappaltatore (cfr. Xxxxxxxxx - Giovannini, op.cit., 967).
Al riguardo, infatti, deve precisarsi che “a seguito della cessione del credito il debitore ceduto diviene obbligato verso il cessionario allo stesso modo in cui era tale nei confronti del suo creditore originario. Pertanto, potrà opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione od anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto” (cfr. Xxxx. Xxx. , Xxx. XXX, 00 gennaio 2001, n. 575).
Difatti, come osservato dal giudice amministrativo, “in linea generale, il debitore ceduto può opporre al cessionario le stesse eccezioni che avrebbe potuto opporre all’originario creditore, ma qualora dopo la cessione intervengano fatti incidenti sull’entità, esigibilità o estinzione del credito, la loro efficacia deve essere considerata in relazione alla nuova situazione venutasi a creare. Conseguentemente, dopo la comunicazione di cessione al debitore, non sono da questo opponibili al cessionario le eccezioni fondate su vicende successive alla comunicazione stessa” (cfr. TAR. Lazio Roma, Sez. III, 5 dicembre 2001, n. 10730).
Dal richiamato orientamento giurisprudenziale, discende che la stazione appaltante, in caso di cessione del credito, è legittimata ad opporre al cessionario tutte le eccezioni che trovano fondamento nel contratto d’appalto, in quanto scaturenti da una regolamentazione contrattuale che si è “cristallizzata” in un momento antecedente alla cessione medesima.
Pertanto, al fine di adempiere al disposto di cui all’art. 117, comma 5, d.lgs. 163/06, la S.A. ben può richiedere all’appaltatore la trasmissione delle fatture quietanzate dal subappaltatore, in modo tale da verificare se sia stato correttamente effettuato il pagamento delle prestazioni alla ditta subappaltatrice ed, eventualmente, in caso di mancata trasmissione nel termine stabilito nel contratto di appalto, procedere alla sospensione dei pagamenti.
5. Quali adempimenti devono essere adottati da parte di un Comune appaltante a fronte dell’affitto del ramo d’azienda, regolarmente comunicato alla S.A. della mandante dell’ATI esecutrice di un appalto di servizi?
Ai sensi dell’art. 116, comma 1, d.lgs. n. 163/06 e s.m.i., ai fini dell’efficacia nei confronti della stazione appaltante, della cessione del ramo d’azienda e degli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ai soggetti esecutori di contratti pubblici, rileva esclusivamente che il cessionario o il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, provveda alle comunicazioni ex art. 1 d.P.C.M. n. 187/91 (composizione societaria, esistenza di diritti reali di godimento o di garanzia sulle azioni con diritto di voto, etc.) e alla comprova dei requisiti di qualificazione previsti dal medesimo Codice degli appalti.
Ciò trova conferma anche nella costante giurisprudenza amministrativa, in base alla quale “ai sensi dell’art. 116 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ai soggetti esecutori di contratti pubblici non hanno effetto nei confronti delle stazioni appaltanti fino a che il cessionario ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione non abbia provveduto a dare ad esse le prescritte comunicazioni e documentato il possesso dei previsti requisiti di qualificazione” (cfr. TAR Torino Piemonte, Sez. II, 17 maggio 2008, n. 1088).
Pertanto, nel caso in esame, ai sensi della citata normativa, potrebbe ritenersi sufficiente la sola presa d’atto del suddetto affitto del ramo d’azienda da parte del Comune, comunicato con le modalità indicate dall’art. 116.
Tuttavia, trattandosi di ATI, può essere opportuno disporre un atto aggiuntivo al contratto d’appalto originario per la formalizzazione del rapporto con il nuovo soggetto giuridico che ha acquisito in affitto il ramo d’azienda, da cui discende quanto meno la necessità di prevedere una diversa imputazione dei pagamenti, nonché alla conclusione dell’appalto, una diversa imputazione dei certificati di regolare esecuzione.
In tale contesto, considerato che nel citato atto aggiuntivo dovrà richiamarsi il mandato speciale conferito dalla mandante alla ditta capogruppo, si è dell’avviso che sia, altresì, opportuno richiedere al raggruppamento un nuovo mandato, in cui si dia atto dell’intervenuto affitto del ramo d’azienda della mandante e della circostanza che è la nuova mandante a conferire procura speciale alla capogruppo per essere rappresentata nei confronti della S.A.
In conclusione, si rappresenta che, pur non essendo prevista l’obbligatorietà di quanto sopra, tali adempimenti risultano assai diffusi nella prassi, proprio al fine di regolarizzare la nuova situazione
di fatto verificatasi con il subentro di un nuovo soggetto nell’esecuzione dell’appalto.