DOTT. GIUSEPPE LODATO
PROFILI FORMALI DEI CONTRATTI DI LAVORO ALLA LUCE DELLE RIFORME NORMATIVE ; NATURA ED EFFETTI
XXXX. XXXXXXXX XXXXXX
INTRODUZIONE
La nuova o rinnovata morfologia dei contratti di lavoro scaturente dalla penetrante riforma istituzionale e normativa concepita dalla l. 14 febbraio 2003 n. 30 (Xxxxx Xxxxx) è contrassegnata, alla stregua del tema dominante del piano di riforma, da un carattere di larga flessibilità del rapporto obbligatorio che origina dal contratto (Cfr.X. Xxxxxxxxxx, “ La riforma Biagi del mercato del xxxxxx.Xxxxx interpretazioni e proposte di lettura del X.Xxxxx 276 / 2003”, Milano 2004).
Siffatto connotato pone, già in primo acchito, necessità di una attenta considerazione degli indici di tutela dell’ equilibrio dell’assetto negoziale nonché della certezza della situazione giuridica congegnata dal contratto .
In questo senso un indice immediato è quello attinente al regime legale della forma del contratto che costituisce - nella misura in cui il legislatore ne abbia fatta previsione ed assegnato capacità e grado di effetti - presidio non solo del corretto impostarsi del sinallagma, acciocché non venga ad essere leso il contraente più debole, ma altresì assicurazione della certezza dell’atto e con essa della trasparenza del rapporto.
Mette conto quindi di verificare in quali termini il legislatore della riforma abbia
considerato il dato formale dei contratti di lavoro (o , come vedremo , a rilevanza lavoristica) rispetto al principio generale della libertà della forma del contratto di lavoro comune alla generalità dei contratti (Cfr X.Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, “ Nozioni di diritto del lavoro “. Napoli 1987 ; X.Xxxxxxx : “ I contratti di lavoro “. Padova).
In premessa va osservato che il legislatore delegante ha espressamente citato nuove tipologie di contratti di lavoro, quali il lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale ed accessorio e a prestazioni ripartite, affidandone la disciplina puntuale al legislatore delegato.
In ordine al dato formale il legislatore della legge delega n. 30 è intervenuto, come dire, “ in prima persona “ (art. 4 . comma 1, lett.c , punto 1) solo in tema di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, richiedendo l’atto scritto relativamente a dati quali : a- la durata , determinata o determinabile della collaborazione;b- la riconducibilità della collaborazione a uno o più progetti o programmi di lavoro o fasi di esso, resi con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione ; c- l’indicazione di un corrispettivo proporzionato alla qualità e quantità del lavoro.
E’ evidente la preoccupazione del legislatore di porre l’obbligo della forma scritta per una figura di contratto di lavoro in relazione a cui si sono maggiormente profilati dubbi di definizione attesa la prossimità strutturale con il contratto di lavoro subordinato.
Al legislatore delegato è quindi affidata la disciplina degli altri contratti di lavoro, ivi compreso il dato formale, ed alla sua normazione è fatto di seguito riferimento.
LA FORMA DEI CONTRATTI DI LAVORO DISCIPLINATI DAL D.LEG.VO 276 DEL 10 SETTEMBRE 2003 (COSI COME MODIFICATO DAL D.LEG.VO 251 DEL 6 OTTOBRE 2004).
A- IL CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE
Con il contratto di lavoro intermittente,in via generale, un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare le prestazioni, semprechè abbiano carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno (artt. 33 – 34- 37, decreto legislativo 276 del 10 settembre 2003, in seguito d.276 ).
Con tale tipo di contratto quindi è convenuto che il lavoratore si obbliga a rendersi disponibile, in determinati tempi, a rendere tale prestazione ove il datore di lavoro lo richieda.
Invero tale nozione di questo contratto sembrerebbe sconfessata dal testo dell’art. 35 d.276, comma 1, lett.b, nonché dall’art. 36, comma 6, laddove si conferisce un carattere eventuale alla messa a disposizione, quale obbligo contrattuale, del lavoratore.
A tal riguardo ( si osserva in estrema sintesi, attese le finalità del presente scritto)si ritiene condivisibile l’assunto di autorevole dottrina ( X.Xx Xxxxxxx:”Lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata:contratto senza contratto”su xxxxx.xx/xxxxxx 25/7/2004)secondo cui in tale tipo di contratto la c.d. messa a disposizione da parte del la voratore costituisce, unitamente all’obbligazione di rendere la prestazione lavorativa, oggetto del contratto, che non può mancare ma solo avere diverso grado di vincolatività. Infatti il lavoratore, fermo restando l’obbligo di essere a disposizione, che va adempiuto con il rispetto della ordinaria diligenza,ex art. 1176 c.c., può ulteriormente obbligarsi a rispondere alla chiamata nel qual caso sarà sottratto all’obbligo solo nelle ipotesi di malattia o altro evento (art. 36 ) .
Tanto, con un regime di compenso che è, ovviamente, retributivo rispetto alla prestazioni lavorative rese mentre è indennitario rispetto alla disponibilità assicurata.
Detta indennità deve essere restituita dal lavoratore se ingiustificatamente non risponda alla chiamata del datore di lavoro, salvo altresì il risarcimento del danno. Per i contratti di lavoro intermittente stipulati per prestazioni rese il fine settimana o in occasione delle ferie estive o delle vacanze natalizie x xxxxxxxx la corresponsione è ulteriormente condizionata alla effettiva chiamata da parte del datore di lavoro (art. 37 d.276 ).
Fattispecie negoziale dunque affatto particolare nella quale la tipica causa del contratto di lavoro subordinato - scambio tra lavoro e corrispettivo – è ampliata in quanto lo scambio è anche con la disponibilità resa dal lavoratore, con la particolarità, in casi particolari, che il compenso per quest’ultima è subordinato alla effettuazione di successiva prestazione di lavoro, che potrebbe non intervenire anche per mancata richiesta del datore di lavoro.
Rispetto a tale struttura negoziale, l’art. 35 - rubricato “ forma e comunicazioni “-, al comma 1, prevede che il contratto è stipulato in forma scritta “ ai fini della prova dei seguenti elementi :
a- indicazione della durata e delle ipotesi oggettive o soggettive, previste dall’art.34 che consentono la stipulazione del contratto;
b- luogo e la modalità della disponibilità, eventualmente ( l’eventualità va letta nell’accezione dianzi esposta, cioè come obbligo di rispondere alla chiamata ulteriore rispetto alla messa a disponibilità , nds ) garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che in ogni caso non può essere inferiore ad un giorno lavorativo ;
c- il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo art. 36;
d- indicazione delle forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di rilevazione della prestazione ;
e- i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità ;
f- le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto. “ .
Il comma 2 di tale art. 35 stabilisce che nell’indicare gli elementi di cui al comma 1 , le parti devono recepire le indicazioni contenute nei contratti collettivi ove previste.
Una prima osservazione è imposta dalla dizione testuale dell’art. 35 in quanto prevede “la stipulazione” del contratto in forma scritta ai fini della prova di alcuni elementi,orbene ciò costituisce un quid pluris rispetto alle ricorrenti ipotesi di forma ad probationem del contratto, nelle quali non è fatto riferimento alla stipulazione in forma scritta del contratto ai fini della prova,seppure di alcuni elementi, bensì è richiesto che il contratto sia provato con atti scritti (art..1888-1918-1967- 2556 c.c.). In relazione a questo dato normativo si sono delineati due orientamenti.
Uno,aderente alla interpretazione letterale, secondo cui che la prova scritta dovrebbe consistere in un atto con struttura contrattuale, l’altro, preferibile, secondo cui il requisito formale della prova potrebbe essere soddisfatto da atti documentali di varia natura (quietanze, scritti, dichiarazioni unilaterali).
Ciò posto, va osservato che la impostazione del regime formale in termini di vincolo
– parziale – ad probationem si palesa in via generale apprezzabile,considerata la peculiarità di tale figura contrattuale.
In un senso va considerato che siffatta scelta del legislatore, in ordine all’effetto del requisito formale viene, sostanzialmente, ad evitare un nocumento al lavoratore, infatti ove la forma fosse stata prevista ad substantiam, la mancanza di essa avrebbe prodotto la nullità del contratto, ex art.1325 c.c., dunque il lavoratore avrebbe potuto far valere, ex art. 2126c.c., la prestazione di fatto, solo nella misura in cui appunto rilevante in termini di fatto, pertanto, atteso il carattere immateriale della messa a disposizione, che si traduce in un comportamento di attesa, ne sarebbe derivata la esclusione della possibilità di far valere il “ valore patrimoniale “ della stessa.
La opzione normativa sul dato formale ha caratteri positivi generali anche laddove sia correlata alla disciplina normativa formale del contratto a tempo parziale.
Infatti un contratto intermittente dal punto di vista puramente “ esteriore “ (a tal riguardo la circolare Ministero del lavoro e p.s. n.4/2005 del 3 febbraio 2005 ha precisato che non vi sono analogie tra le due ipotesi contrattuali lavoristiche) si presenta simile ad un contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale (orario giornaliero normale per prestazioni lavorative a giorni, settimane, mesi alterni): orbene, se il vincolo legale della forma ad probationem avesse riguardato l’intero contratto di lavoro intermittente, nel caso di inesistenza di prova scritta (oltre le ipotesi di prova a mezzo confessione e giuramento) e quindi di impossibilità di provare tale tipo contrattuale sarebbe rimasta nell’ambito del giuridicamente rilevabile una prestazione che, da un canto, ponendosi dal punto di vista materiale simile al part time verticale, determinava la possibilità da parte del lavoratore di chiedere la conversione in rapporto a tempo pieno, d’altro canto però rendeva molto difficoltosa al lavoratore la possibilità di azioni di indebito arricchimento (solo mezzo esperibile se non vi è prova che il contratto esista) con riferimento alla parte di prestazione non visibilmente resa, vale a dire la messa a disposizione.
Invece con il limite della prova scritta solo per alcuni elementi contrattuali, il
contratto intermittente come tipo contrattuale a cui va a riferirsi il rapporto esiste anche in presenza di convenzione verbale, con la conseguenza che il lavoratore potrebbe provare con ogni mezzo tale tipologia, in particolare l’obbligo (nei diversi gradi, prima indicati ) della messa a disposizio ne.
Tanto premesso va adesso verificata la portata dei vari elementi del contratto in relazione ai quali è previsto il suddetto requisito formale ai fini della prova.
Una prima annotazione va riservata all’elemento riportato alla lett. “f “del comma primo dell’art. 35, circa la indicazione di misure di sicurezza, e che si trova riferito anche alle altre figure di contratto disciplinate dal d. 276.
A tal riguardo va osservato che il vincolo legale di forma, ancorché con effetti probatori, è inidoneo a incidere – di fatto – su preesistenti disposizioni normative. Di talchè posto che tale elemento consiste nelle “ eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto “, è evidente che il richiamo non possa che essere inteso a misure di sicurezza ulteriori rispetto a
quelle previste dalla normativa speciale in materia di sicurezza, che si applica – anche ex art. 1339 c.c. – al contratto e che certamente non potrebbe essere vanificata da una carenza di prova scritta e quindi dalla impossibilità giuridica di provarne l’esistenza.
Circa l’elemento di cui al punto –c dell’art. 35, concernente il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista, nei limiti di cui al successivo art. 36, va osservato che tale elemento attiene il profilo causale del contratto de qua: causa del contratto di lavoro e lo scambio tra prestazione (nella specie unita alla messa a disposizione)e compenso.
Dunque nel caso di specie in relazione al compenso vi deve essere stipulazione in
forma scritta ai fini probatori, con la conseguenza che in difetto di tale requisito la prova dell’elemento causale sarà molto limitata e dunque sarà difficile provare la intermittenza, per i caratteri di immaterialità che presenta, con l’effetto che la mancanza della prova dell’elemento causale si traduce nella mancanza della prova del contratto, dunque nella necessità di portare la rivendicazione sul piano del “fatto”che però non rivela in tutta la sua configurazione in quanto la messa a disposizione non si materializza.
Pertanto l’incidenza del requisito probatorio in tale fattispecie appare riverberare pesanti riflessi sul lavoratore.
Anche la disposizione relativa all’elemento di cui al punto ”a” richiede precisazioni. Ciò che può essere inciso dal vincolo formale ad probationem è la durata del contratto di lavoro intermittente, non certamente le ipotesi soggettive ed oggettive che consentono la stipulazione del contratto, in quanto le stesse sono normativamente fissate in termini positivi (ciò che è consentito) mediante rinvio alla contrattazione collettiva ed in termini negativi (ciò che è vietato)in virtù della espressa previsione al terzo comma dell’ art. 35.
Circa l requisito della prova scritta in relazione ai punti “b” e “d”, del detto comma 1 dell’art.35, nei limiti in cui tali elementi non afferiscono l’oggetto del contratto non appare che possano dare luogo a particolari dubbi interpretativi.
Invece qualc he osservazione va fatta in merito all’altro elemento per cui è richiesta la forma scritta ad probationem, cioè quello di cui al punto “e” del detto comma.
Infatti tale elemento è relativo ai tempi e alle modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità, anche questo elemento incide quindi sul compenso dovuto al lavoratore qui però si tratta di modalità procedurali o
temporali di corresponsione in relazione a cui la mancanza della prova scritta non può avere gli effetti limitativi visti sopra con riferimento al punto “c”, in quanto siffatte modalità vanno a correlarsi con una seria previsione dell’obbligo di compenso e quindi sono suscettibili di una conformazione, come dire, “naturale”, id est: se
manca la prova scritta in ordine a tali modalità ma vi è prova della retribuzione e della indennità dovuti, la modularità di tale prestazione può essere comunque
determinata giudizialmente con riferimento al parametro dell’ art. 36 della Costituzione.
B-IL CONTRATTO DI LAVORO RIPARTITO
Il contratto di lavoro ripartito è definito dall’art. 41, comma 1, d..276, come speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di una unica ed identica obbligazione lavorativa.
Figura contrattuale lavoristica affatto peculiare quindi, in cui le parti di una determinata prestazione di lavoro sono un datore di lavoro e due lavoratori, ciascuno dei quali assume l’obbligazione di effettuare l’intera prestazione di lavoro, alternativamente all’altro.
Il successivo art. 42 prevede che il contratto di lavoro ripartito è stipulato in forma scritta ai fini della prova dei seguenti elementi :
a- la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei lavoratori coobbligati, secondo le intese tra loro intercorse, ferma restando la possibilità per gli stessi lavoratori di determinare discrezionalmente, in qualsiasi momento, la sostituzione tra di loro ovvero la modificazio ne consensuale della distribuzione dell’orario di lavoro;
b- il luogo di lavoro nonché il trattamento economico e normativo spettante a ciascun lavoratore;
c- le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Anche con riferimento a tale figura contrattuale vanno esposte le stesse considerazioni precedentemente riportate nel trattare del contratto intermittente, circa la previsione dell’obbligo della stipulazione in forma scritta per la prova di alcuni elementi.
Nello scorrere i vari elementi per i quali opera il suddetto vincolo formale, va rimarcato che suscita le perplessità già espresse sopra (ed alle quali si rinvia), siffatta previsione di forma per le misure di sicurezza, cosicché anche per questo contratto si è indotti a seguire il medesimo orientamento.
Così come vanno estese alla previsione dell’obbligo di prova scritta per l’elemento del trattamento economico spettante a ciascun lavoratore le osservazioni precedentemente esposte circa la riconducibilità di tale elemento all’elemento causale e quindi con i medesimi effetti nel caso di assenza di prova scritta.
A differenza però della fattispecie del contratto di lavoro ripartito non si presenta qui un problema circa la difficoltà di provare una parte della prestazione del lavoratore non suscettibile di rilevazione materiale, quale è la messa a disposizione.
Alcuna perplessità genera invece il vincolo di forma riferito all’elemento di cui al punto “a” .
C-IL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE
La disciplina della forma del contratto di lavoro a tempo parziale è posta dall’art. 2 e dall’art. 8, comma 1, del d. leg.vo 61 / 2000 - così come sostituito dall’art.46 , comma 1, lett. 2 del decreto 276 .
L’art. 2 , comma 1, stabilisce che il contratto di lavoro a tempo parziale è stipulato in forma scritta ai fini e per gli effetti di cui all’art. 8, comma 1 ; al comma 2 dell’art. 2 suddetto è riportato che nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione concernente :a- durata della prestazione lavorativa ; b- collocazione temporale dell’orario, con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.
Eventuali clausole difformi sono ammissibili solo nei termini di cui all’art. 3, settimo comma, dello stesso decreto, che consente alle parti di concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa, nel tipo di lavoro a tempo parziale verticale o misto possono essere stabilite clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa.
Ai sensi del comma 8 dell’articolo 3 in esame, la disponibilità allo svolgimento del rapporto a tempo parziale con la flessibilità suddetta richiede il consenso formalizzato attraverso uno specifico patto scritto, anche contestuale al contratto di lavoro.
L’art. 8 del d.leg.vo 61 / 2000 al primo comma puntualmente stabilisce che nel contratto di lavoro a tempo parziale la forma scritta è richiesta ai fini della prova. Qualora la scrittura risulti mancante è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all’art. 2725c.c. ( 1c -Quando , secondo la legge o la volontà delle parti , un contratto deve essere provato per iscritto , la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n.3 dell’articolo precedente – quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova - ; 2c- La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità).
In difetto di prova in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui la mancanza della scrittura sia giudizialmente accertata.
Nello stesso comma è poi detto che resta fermo il diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese antecedentemente anche alla data suddetta.
Il comma secondo dell’art. 8 in esame – sostituito dall’art.46, comma 1,del d.276 ,- così riporta.
L’eventuale mancanza o indeterminatezza nel contratto scritto delle indicazioni di cui all’art. 2, comma 2, (durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno) non comporta la nullità del contratto di lavoro a tempo parziale (che si sarebbe
determinata per mancanza nell’oggetto del contratto di uno dei requisiti del medesimo previsti dall’art.1346 c.c., vale a dire la determinatezza o determinabilità) Qualora l’omissione riguardi la durata della prestazione lavorativa , su richiesta del lavoratore può essere dichiarata la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale.
Nella ipotesi in cui l’omissione invece riguardi la collocazione temporale dell’orario, il giudice provvede a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa a tempo parziale con riferimento alle previsioni dei contratti collettivi di cui all’art. 3, comma 7, o in mancanza con valutazione equitativa, tenendo conto in particolare delle responsabilità familiari del lavoratore interessato, della sua necessità di integrazione del reddito derivante dal rapporto a tempo parziale mediante lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché delle esigenze del datore di lavoro.
Per il periodo antecedente la data della pronuncia della sentenza il lavoratore ha in entrambi i casi diritto, in aggiunta alla retribuzione dovuta, alla corresponsione di un ulteriore emolumento a titolo di risarcimento del danno da liquidarsi con valutazione equitativa.
Nel corso del successivo svolgimento del rapporto, è fatta salva la possibilità di concordare per iscritto clausole elastiche o flessibili.
Completamente diverso, rispetto alle figure contrattuali precedentemente esaminate è il regime formale del contratto di lavoro a tempo parziale.
Come prima esposto, l’art. 8 , comma 1, richiede la forma scritta del contratto ai fini di prova.
Tanto determina, come già precedentemente esposto, che il contratto esiste e può essere volontariamente eseguito o riconosciuto ma che in caso di controversia, in assenza di forma scritta non è possibile la prova del contratto, pertanto residuerebbe solo la possibilità di provare la sussistenza di un indebito arricchimento ove ricorrente.
Secondo le norme civilistiche in tema di forma scritta ad probationem, nei casi in cui xxxxxx l’atto scritto il contratto può essere provato mediante confessione- giudiziale o stragiudiziale-, giuramento o per testimoni nel caso in cui la prova scritta sia stata smarrita.
Ciò considerato risulterebbe pleonastica la previsione del secondo capoverso del comma 1 dell’art. 8 che reca : “ Qualora la scrittura risulti mancante è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all’art.2725 c.c. “.
Nel medesimo comma è poi detto che in difetto di prova scritta in ordine alla stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, su richiesta del lavoratore potrà essere dichiarata la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno, a partire dalla data, in cui la mancanza della forma scritta sia stata giudizialmente accertata, restando fermo il diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese antecedentemente alla data suddetta.
In caso di difetto di prova è prevista quindi una novazione del contratto di lavoro, iussu iudicis, su richiesta unilaterale, per cui il contratto sarà, dalla data in cui è stata emessa la sentenza nel giudizio, a tempo pieno.
Ciò vale ovviamente nel caso in cui il rapporto di lavoro sia continuato durante il corso del giudizio, non potendosi nella diversa ipotesi di cessazione del rapporto certo obbligare il datore di lavoro a costituire dalla suddetta data un contratto di lavoro a tempo pieno.
Posto in questi termini il difetto di prova inciderebbe sulla situazione giuridica a venire e non su quella (che peraltro è principalmente agitata in giudizio) relativa a pregresso rapporto.
Tanto più ove si considera l’ultimo periodo della norma de qua che prevede la salvezza del diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese, nella foggia del part time, antecedentemente alla data della sentenza.
Riguardo a quest’ultima previsione va osservato che resta il problema della prova della entità di queste retribuzioni.
D-IL CONTRATTO DI APPRENDISTATO
Il decreto 276 ha configurato tre tipologie di contratto di apprendistato:
a- contratti di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione ;
b- contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualifica attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico professionale;
c-contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.
Per quanto attiene il profilo formale, va osservato che per i tipi di contratto di apprendistato di cui ai precedenti punti a e b, la norma (rispettivamente art. 48, comma 3 e art. 49, comma 4, lett. a ) richiede la forma scritta, dunque con valenza ad substantiam (in questo senso, la circolare Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali
n. 40 / 2004 del 14 ottobre 2004 ), contenente indicazioni di 1- Prestazione oggetto del contratto ; 2-Piano formativo individuale; 3 –Eventuale qualifica che potrà essere acquisita al termine del rapporto di lavoro sulla base degli esiti della formazione aziendale od extra aziendale.
Alcun riferimento all’elemento formale è contenuto nell’art. 50 del decreto 276 relativo al tipo di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, ma in considerazione della rilevanza “ pubblicistica “ di tale figura contrattuale volta a determinare il conseguimento di titolo di studio secondario o titoli di studio universitari o di alta formazione, nonché di specializzazione tecnica superiore ex art. 69 l.144/ 99, va osservato che un forte vincolo formale discenda , come dire fisiologicamente, in questo senso è quindi condivisibile la citata circolare che parla di carattere ad substantiam.
Cosicché il terzo comma del detto articolo 50 stabilisce che, fermo restando le intese vigenti, la regolamentazione e la durata dell’apprendistato per l’acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione è rimessa alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e di prestatori di lavoro, le comunità ( ? ) e le altre istituzioni formative.
In subiecta materia però va avvertito che il comma 3 dell’art. 47 rinvia la applicazione della suddetta normativa a specifica regolamentazione del contratto di apprendistato che viene ad essere strettamente correlata alla riforma del sistema di istruzione e formazione scolastica.
Dunque, rebus sic stantibus, poiché tale specifica regolamentazione non è stata ancora resa vigente ne deriva la perdurante applicabilità della norma precedente – l. 19 gennaio 55 n. 25 – che non sembra contenere riferimenti ad obblighi formali.
E-IL CONTRATTO DI INSERIMENTO
Il contratto di inserimento- giusta la previsione dell’art. 54 del d.276– è un contratto di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo , l’inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro, delle seguenti categorie di persone :
a- soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni ;
b- disoccupati di lunga durata da ventinove fino a trentadue anni ;
c-lavoratori con cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro ;
d- lavoratori che desiderano riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato
Il contratto di inserimento deve essere stipulato in forma scritta – art. 56 d.276 – ed in esso deve essere spec ificamente indicato il progetto individuale di inserimento di cui all’art.55.
Altresì al secondo comma è detto che la mancanza della forma scritta determina la nullità del contratto ed il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato: è evidente quindi la natura ad substantiam del requisito formale.
F-IL CONTRATTO DI LAVORO A PROGETTO
In apposito titolo – VII- del d.276, sono state proposte le tipologie contrattuali a progetto e occasionali ; il Capo I di tale titolo tratta del lavoro a progetto.
Questa tipologia di contratto in sostanza assorbe e puntualizza la figura dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ( cd xx.xx.xx. ), che ponendosi in una posizione di border line tra il rapporto di lavoro subordinato e quello autonomo ha dato luogo a molte incertezze interpretative e quindi applicative.
Ebbene, l’art. 61 del d. 276, definisce una precisa caratterizzazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, stabilendo - nel lasciare ferma la disciplina per gli agenti e rappresentanti di commercio – che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di
subordinazione, di cui è fatta menzione nell’art. 409 c.p.c. , devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa.
Al secondo comma dell’art. 61 è disposta la esclusione dalla figura contrattuale del lavoro a progetto dei contratti che prevedano una durata dei rapporti complessivamente non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare e svolti con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a cinquemila euro.
Sono altresì esclusi : a- professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali; b- rapporti e attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni, come individuate e disciplinate dall’art. 90 l. 289 / 2002; c- componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società ; d- i partecipanti a collegi e commissioni ; e- coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia.
L’art. 62 dispone che il contratto di lavoro a progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:
a- indicazione della durata , determinata o determinabile , della prestazione di lavoro; b-indicazione del progetto o programma di lavoro o fasi di esso , individuata nel suo contenuto caratterizzante , che viene dedotto in contratto;
c-il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d- le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicare l’autonomia nella esecuzione della obbligazione lavorativa;
e- le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto fermo restando quanto disposto dall’art. 66, comma 4, ( applicazione delle norme sulla sicurezza e igiene del lavoro ex d.leg.vo 626 / 94 e succ. mod. e int. , quando la prestazione di lavoro si svolga nei luoghi di lavoro del committente).
Secondo la circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 1 / 2004 dell’8 gennaio 2004, la forma del contratto di lavoro a progetto è richiesta ad probationem e non ad substantiam.
Va però osservato che in questo caso il legislatore usa una terminologia diversa rispetta a quella usata per i contratti di lavoro intermittente e ripartito in quanto prevede che il contratto deve essere stipulato in forma scritta e, ulteriormente, che vige un vincolo di forma ad probationem per alcuni elementi.
La stessa circolare poi sottolinea che “ seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini della prova, quest’ult ima sembra assumere valore decisivo rispetto alla
individuazione del progetto, del programma o della fase di esso in quanto in assenza di forma scritta non sarà agevole per le parti contrattuali dimostrare la riconducibilità della prestazione lavorativa appunto ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso “.
In sostanza però si riproducono problematiche analoghe a quelle già prima rappresentate in relazione al contratto di lavoro intermittente, laddove sia prevista la forma solenne per la prova di elementi contrattuali riconducibili alla causa negoziale. E’ evidente infatti che gli elementi di cui ai punti “b” e “c” del detto art.62, afferiscono l’elemento causale di subiecto contratto quindi la carenza della prova si traduce nella sostanziale improduttività di effetti ricollegabili a siffatto tipo contrattuale.
Tanto con intuibili conseguenze sul piano delle rivendicazioni esperibili dal lavoratore.
G-PRESTAZIONI OCCASIONALI DI TIPO ACCESSORIO
L’art. 70 del d.276 definisce prestazioni di lavoro accessorio le attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne.nell’ambito:
a-dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini ed alle persone anziane, ammalate o con handicap;B- insegnamento privato supplementare;c-piccoli lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione edifici e monumenti;d-realizzazione manifestazioni sociali,sportive,culturali o caritatevoli;e-collaborazioni con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza , come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà.
Tali attività, che possono essere svolte solo da disoccupati da oltre un anno,casalinghe, studenti e pensionati, disabili e soggetti in comunità di recupero,lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro, hanno natura occasionale e accessoria se non danno luogo a compensi superiore a 5000 euro annui e non abbiano una durata superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare.
Alcun requisito di forma è previsto per dette ipotesi che comunque costituiscono fattispecie contrattuali, pertanto sono a forma libera per la validità e la prova.
I CONTRATTI COLLEGATI A RILEVANZA LAVORISTICA A-IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
La legge n.30 ha dettato principi volti a configurare altre ipotesi di disciplina dei rapporti di lavoro caratterizzati dal superamento del normale assetto delle parti del
contratto – datore di lavoro e lavoratore – per accedere a figure contrattuali plurime in quanto costituite da più accordi negoziali tra lo ro collegati.
Tali negozi intervengono – da un lato - tra un imprenditore della forza lavoro e un imprenditore che utilizza la medesima per le sue finalità produttive e – d’altro lato tra l’imprenditore della forza lavoro e il lavoratore subordinato.
Detti accordi sono collegati, incidendo l’uno sull’altro e convergendo verso un risultato unitario caratterizzato dallo svolgimento della prestazione lavorativa da parte di un lavoratore a favore di un datore di lavoro diverso da quello da cui è dipendente. Il d. 276/2003, in attuazione della l.30 /2003, ha disciplinato il contratto di somministrazione intendendo per tale (art.2 ) la fornitura professionale di manodopera a tempo indeterminato (e ciò costituisce il punctum individuationis rispetto alla precedente figura della fornitura di lavoro temporaneo ex l. 196/ 1987) o determinato.
Tale contratto è stipulato tra un soggetto denominato somministratore, che fornisce i lavoratori, ed un soggetto denominato utilizzatore, che impiega i detti lavoratori nella propria attività imprenditoriale.
L’art. 21 del d. 276, dedicato alla forma del contratto di somministrazione, al comma 1 prevede la forma scritta e al comma 4 stabilisce da un canto il contenuto minimo del contratto affinché possa dirsi rispettato siffatto requisito formale, individuandolo nella indicazione degli elementi di cui al primo comma del medesimo articolo - lett. dalla a alla c – ( a- Gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore ; b- il numero dei lavoratori da somministrare; c-i casi e le ragioni di carattere tecnico , produttivo , organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 20 ; d- l’indicazione della presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate ; e – la data di inizio e la durata prevista del contratto di somministrazione.)
D’altro canto il comma de qua espone gli effetti della mancanza del requisito formale, così perimetrato, stabilendo che il contratto di somministrazione è nullo (quindi la forma è ad substantiam) e che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
Quindi dal vizio di forma scaturisce ex lege un duplice effetto, oltre la nullità del contratto tra somministratore e utilizzatore, anche il mutamento della controparte del lavoratore nel contratto di lavoro subordinato che non è più il soggetto somministratore ma il soggetto utilizzatore, ovviamente quest’ultimo sarà gravato anche delle conseguenze della irregolare instaurazione del rapporto di lavoro (obblighi di comunicazione e consegna dichiarazioni ed altro).
Per quanto concerne i requisiti formali del contratto tra somministratore e lavoratore va fatto riferimento alla tipologia di contratto che tra queste due parti è posto in essere ( cfr circolare Ministero Lavoro e P.S.n7 /05del 22 febbraio 2005)
A tal riguardo va osservato che nelle ipotesi di forma richiesta ad substantiam e di qualificazione (o novazione) ex lege del contratto conseguente al vizio di tale elemento formale, va detto che tali effetti si riverberano sul rapporto tra le due
suddette parti, per cui il lavoratore sarà considerato ordinario lavoratore subordinato, e se del caso a tempo indeterminato, del somministratore .
I-IL CONTRATTO DI INTERMEDIAZIONE
Tale contratto si riferisce alle ipotesi in cui un soggetto (legittimamente autorizzato) mette in contatto domanda e offerta di lavoro e lavoratore restando estraneo al rapporto tra datore di lavoro e lavoratore..
Il d.276 non stabilisce vincoli formali, considerando che il rapporto di lavoro non coinvolge l’intermediario.
L-IL CONTRATTO DI APPALTO
Il contratto di appalto operarum, prima vietato ex lege, ora consentito, è disciplinato dall’art. 29 del d.276.
La distinzione rispetto alla somministrazione è illustrata dal detto articolo che riporta che il contratto di appalto si connota per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, organizzazione che può risultare, in relazione all’esigenze dell’opera o del servizio, anche dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, oltre che dall’assunzione da parte dell’appaltatore del rischio d’impresa.
Anche in relazione a tale figura non vi sono previsioni della norma in ordine al dato
formale ma in considerazione della particolarità del collegamento negoziale esistente e dalla possibili interferenza di situazione che pur di diversa conformazione giuridica si presentino nella stessa forma esteriore ( si pensi alle ipotesi in cui a fianco a lavoratori dipendenti del committente prestino la loro attività lavoratori dipendenti dell’appaltatore) sarebbe stata auspicabile la previsione di vincoli formali
M- IL CONTRATTO DI DISTACCO
L’art. 30 del d. 276 si occupa del distacco del lavoratore, figura negoziale che si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.
Quindi nella fattispecie interviene tra due datori di lavoro un contratto di cessione temporanea del credito della prestazione di lavoro che uno dei due datori ha nei confronti di uno o più lavoratori, con la particolarità della rilevanza esterna dei motivi negoziali del cedente in quanto il distacco deve avvenire per soddisfare un interesse di questi.
Non sono previsti requisiti formali, neanche nel caso in cui occorra il consenso del lavoratore al distacco (ove si determini il mutamento delle mansioni) che sembra possa essere dato anche implicitamente per facta concludentia.
XXXX. XXXXXXXX XXXXXX
NB: QUANTO CONTENUTO NELLO SCRITTO COSTITUISCE ORIENTAMENTO PERSONALE DELL’AUTORE E NON E’ RIFERIBILE ALL’AMMINISTRAZIONE DI APPARTENENZA ( CFR, CIRCOLARE MINISTERO LAVORO E P.S. DEL 18 MARZO 2004)