Punto 4) O.d.g. Conferenza Unificata
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME 15/121/CU4/C2
PARERE SUL DISEGNO DI LEGGE RECANTE: “DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E
PLURIENNALE” (LEGGE DI STABILITÀ 2016)
AC 3444
Punto 4) O.d.g. Conferenza Unificata
1. Effetti delle manovre di finanza pubblica sulle Regioni per l’anno 2016
Il disegno di Legge di Stabilità 2016 prevede tagli continuativi e strutturali sulla spesa corrente delle Regioni che cumulati agli effetti delle manovre finanziarie degli anni precedenti si presentano impegnativi perché registrano un impatto sull’esercizio 2016 di circa 10 miliardi.
Effetti sul Bilancio | RSO | RSS |
(indebitamento netto) | ||
ddl legge stabilità 2016 | 1783 | 314 |
Legge Stabilità 2015 | 3.452 | 467 |
DL 66/2014 | 750 | 300 |
DL 95/2012 | 1.783 | |
Totale | 5.985 | 2.864 |
pareggio di bilancio | 1.850 | |
totale manovra + pareggio di bilancio | 7.835 |
L’entità dei tagli è tale che, nonostante venga previsto per legge l’assorbimento a carico anche della spesa sanitaria, l’impatto mette seriamente in discussione gli equilibri dei bilanci regionali. La riduzione cumulata della spesa primaria fra il 2009 – 2015 è pari al 55%.
I tagli per l’anno 2016 per le RSO a legislazione vigente sono pari a 4.202 ml (coperti per 2 miliardi dalla riduzione del Fondo Sanitario Nazionale mentre i rimanenti tagli per circa 2,2 mld non potranno essere coperti se non azzerando le risorse relative a servizi estremamente sensibili (es. Fondo politiche sociali, fondo non autosufficienze, istruzione, ecc.) in quanto le Regioni non hanno più trasferimenti dal bilancio statale.
L’onere del peso dei tagli è evidente anche in rapporto al peso del debito delle Regioni e Province autonome:
Debito delle Amministrazioni pubbliche (milioni di euro) - Bollettino Banca D'Italia - Supplemento n.53 del 14 ottobre 2015
95,62%
2.500.000
2.088.900
2.000.000
1.500.000
1.000.000
1,52% 0,36% 1,99% 0,49%
0,02%
500.000
33.256 7.866 43.522 10.765
361
-
Il ddl Stabilità, nel corso dell’esame parlamentare, ha previsto ai fini della riduzione del debito regionale un contributo, per il solo 2016, pari a 1.900 milioni che aiuta a gestire la situazione di estrema complessità data dall’ammontare dei tagli previsti nell’anno. Le risorse, purtroppo, sono cifrate in termini di finanza pubblica solo ai fini di saldo netto da finanziare pertanto, seppur apprezzabile lo sforzo del Governo occorre proseguire la relazione istituzionale per superare le difficoltà sul tema della salvaguardia dei trasferimenti a legislazione vigente per l’istruzione e le politiche sociali e della loro effettiva spendibilità.
Infatti, si sottolinea che le Regioni contribuiscono al miglioramento della finanza pubblica non solo attraverso i tagli previsti dal ddl stabilità 2016 ma anche attraverso i tagli a legislazione vigente, i maggiori risparmi apportati dalle Regioni in considerazione del risparmio sull’indebitamento netto del passaggio dal patto di stabilità come tetto di spesa al pareggio di bilancio che, nel 2015, era stato compensato attraverso la concessione di spazi sull’equilibrio di bilancio di pari entità da distribuire fra le Regioni (2.005 milioni) mentre ora sono a beneficio di altri livelli di governo. Si pone, quindi, la necessità di individuare maggiori spazi sull’equilibrio del proprio bilancio per garantire l’effettiva spendibilità dei trasferimenti a legislazione vigente per l’istruzione e le politiche sociali. Pertanto occorre considerare non solo la manovra oggetto del parere ma anche il contesto finanziario in cui si inserisce.
Se per il 2016, il dialogo con il Governo e il Parlamento registra un segnale di attenzione sulle politiche regionali che sarebbero state interessate dai tagli, dal bilancio pluriennale, emerge una progressione “quasi geometrica” degli stessi. Il ddl prevede infatti per le RSO un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni per il 2017 e di 5.480 milioni per gli anni 2018 e 2019 che si
sommano ai tagli precedenti pari a 4.202 milioni (di cui 2.000 milioni come detto coperti con la riduzione del FSN). Il contributo, dice la manovra, “potrà applicarsi anche alle risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale” anche se la matematica farebbe dire “si applicherà”. (vedi considerazioni successive)
Le Regioni e le Province autonome ritengono indispensabile proseguire la relazione istituzionale con il Parlamento e con il Governo per:
✓ superare le difficoltà sul tema della salvaguardia dei trasferimenti a legislazione vigente per l’istruzione e le politiche sociali e della loro effettiva spendibilità;
✓ definire, innanzitutto, sul bilancio pluriennale (2017 – 2018 – 2019) , in vista di manovre future, un approfondimento sulla effettiva sostenibilità dei tagli che sono ritenuti di dubbia sopportabilità (si tratta di riconoscere già dal 2016 maggiori costi per i nuovi farmaci innovativi e salva – vita; il Piano vaccini; i nuovi LEA; i costi del rinnovo del contratto per un totale stimato di circa 2.100 milioni);
✓ definire un programma di risparmi non lineare attraverso l’introduzione dei costi standard per tutti i livelli di governo (es.: per la scuola; la giustizia; il fisco; le amministrazioni centrali e periferiche). I risparmi derivanti dai costi standard per l’esercizio delle funzioni regionali (es.: sanità; trasporti; ecc.) devono essere mantenuti all’interno del comparto Regioni per lo sviluppo degli investimenti e della competitività.
2. Sanità
Sulle misure di spending review, il 36% consiste nella riduzione del Fondo Sanitario Nazionale infatti il finanziamento previsto per il 2016 pari a 113.092 milioni viene previsto per 111.000 milioni. (per memoria il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per il 2016, previsto nel Patto Salute era pari a 115.444 milioni).
Al settore sanitario nel 2016 viene chiesto un contributo al risanamento di 14.706 milioni (di cui 4,3 miliardi solo nel biennio 2015 – 2016). L’importo del FSN 2016 conferma una contrazione in valore assoluto dell’1,8% a fronte di una crescita del PIL nominale del 1,47% (PIL programmatico), l’incidenza del FSN sul PIL è al livello più basso dall’inizio del decennio al 6,6% del PIL. La spesa sanitaria rappresenta circa il 16% della spesa primaria statale e concorre ai tagli complessivi per il 36%.
dati in milioni | 2011 | 2012 | 2013 | 2014 | 2015 | 2016 |
FSN | 106.905 | 107.961 | 107.004,5 | 109.928 | 109.710 | 111.000 |
% incremento anno precedente | 1,56 | 0,99 | -0,89 | 2,73 | -0,20 | 1,2% |
PIL nominale programmatico (DEF 2014 e AGGIORNAMENTO A NOTA DEF 2015) | 1.579.946 | 1.566.911 | 1.560.024 | 1.616.254 | 1.635.384 | 1.678.566 |
% incremento PIL anno precedente | -0,83 | -0,44 | 3,60 | 1,17 | 2,64% | |
% FSN su PIL nominale | 6,77% | 6,89% | 6,86% | 6,80% | 6,71% | 6,61% |
dati in milioni | 2017 | 2018 |
Tagli previsti | 3.980,00 | 5.480,00 |
PIL nominale programmatico (DEF 2014 e AGGIORNAMENTO A NOTA DEF 2015) | 1.734.508 | 1.792.769 |
% incremento PIL anno precedente | 3,33% | 3,36% |
% ipotizzata su FSN su PIL nominale | 6,47% | 6,38% |
La dimensione quantitativa, peraltro, non rende lo sforzo che dovranno fare le Regioni per rimanere in equilibrio, infatti occorre far fronte all’erogazione dei nuovi Lea (800 milioni), dei farmaci innovativi (500 milioni), del Piano vaccini (300 milioni), del rinnovo del contratto del comparto sanità e della medicina convenzionata.
Le Regioni e le Province autonome chiedono:
✓ un leale confronto senza pregiudizi sulla coerenza fra aumento dei costi e riduzione del fondo secondo tagli lineari considerando in modo realistico anche la tempistica / modalità con cui è possibile ridurre le eventuali diseconomie delle spese a carico del FSN;
✓ un percorso per la qualificazione della spesa sanitaria: incentivo all’efficienza incrociandola con l'efficacia della spesa. Introduzione di parametri semplici che valorizzano il costo effettivo nell’erogazione dei servizi, assicurando un adeguato livello di qualità Lea, anche attraverso la rilevazione della «soddisfazione» da parte degli utenti dell’utilizzo del Servizio, e previsione di un piccolo Fondo da ripartire fra le Regioni per il miglioramento dell’efficienza organizzativa.
3. Utilizzo delle risorse dei fondi comunitari
La possibilità di rendere neutre le risorse e le spese per cofinanziamenti programmi UE è un tema posto all’attenzione del Governo negli anni passati sia quando era applicato il patto di stabilità come tetto di spesa che con l’introduzione del pareggio di bilancio.
Il ddl prevede la possibilità di istituire un “Organismo strumentale per gli interventi comunitari”, avente ad oggetto esclusivo la gestione degli interventi comunitari con lo scopo di accelerare gli interventi cofinanziati dall’Unione europea nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 118 del 2011. La norma sembra una soluzione positiva che compendia gli interessi di salvaguardia della finanza pubblica e l’utilizzo proficuo delle risorse comunitarie soprattutto all’inizio della programmazione 2014-2020.
Occorre verificare nell’effettivo funzionamento, se non sia necessario implementare la sinergia con le Regioni sul versante della gestione della cassa per renderla più flessibile nell’ottica di favorire l’accelerazione degli interventi comunitari.
Le Regioni e le Province autonome propongono di:
✓ valorizzare le sinergie istituzionali fra Stato e le Regioni e Province autonome per accelerare la spesa per gli investimenti a partire dal Fondo di Sviluppo e coesione
(programma 2014 – 2020) premiando le Regioni che hanno dimostrato buone performance nella capacità di spesa del FSC raggiungendo target adeguati nella realizzazione del programma.
Le Regioni si candidano per permettere al Paese di utilizzare al massimo la flessibilità chiesta all’UE. Si tratta di utilizzare tutti gli spazi permessi in sede UE per gli investimenti nel Paese al fine di dare più ampio respiro a tutte le istituzioni del territorio a partire dalla crescita economica;
✓ cercare una soluzione anche tecnica per risolvere anche la criticità legata all’introito da parte delle Regioni di somme derivanti dallo sblocco di sospensioni effettuato dall’Unione Europea che occorrerà disciplinare in una disposizione transitoria;
✓ implementare la sinergia fra Ministero – Regioni per una gestione flessibile della cassa.
4. Attuazione della legge 243/2012 – pareggio di bilancio e blocco investimenti
Le Regioni hanno segnalato le problematiche emerse in sede di sperimentazione del pareggio di bilancio nel corso del 2015 e soprattutto la difficoltà di applicare la legge 243/2012 solo per alcuni comparti della PA stante il fatto che anche per l’applicazione della stessa ai soli enti territoriali, lo Stato dovrebbe intervenire sul proprio bilancio attuando le norme necessarie per il rapporto Stato – Enti territoriali.
Il ddl stabilità prevede una modifica alla disciplina del pareggio di bilancio a cui si dovranno adeguare Regioni ed Enti locali dal primo gennaio 2016.
A differenza della normativa attualmente in vigore, dovrà essere conseguito un solo saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali a consuntivo anziché 6 saldi (+6 saldi sulla sanità).
Limitatamente all’anno 2016, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa al netto della quota rinveniente dal ricorso all’indebitamento. Per le Regioni che attuavano il pareggio di bilancio già dal 2015, ciò potrebbe costituire una criticità in quanto rende inefficace lo sblocco degli investimenti impegnati in deroga agli equilibri di competenza nel 2015 attraverso la disposizione del DL 78/2015.
Tanto più che la legge di stabilità 2015 (art. 1, c. 464) aveva previsto a regime dal 2016 che il fondo pluriennale vincolato fosse considerato totalmente in termini di entrata e di spesa.
Le Regioni apprezzano molto lo sforzo del Governo per la semplificazione del sistema di concorso alla finanza pubblica introducendo trasparenza negli obiettivi da perseguire.
Le Regioni e le Province autonome propongono che:
✓ sia aperto un tavolo permanente con il Governo per affrontare fin dall’inizio del 2016, gli effetti dell’applicazione della legge 243/2012 dall’esercizio 2017, verificando la
possibilità di una modifica semplificativa della legge nell’alveo del miglioramento apportato quest’anno in via sperimentale dal ddl stabilità 2016 e approfondire le norme delle legge 243/2012 relative al complesso meccanismo dei rapporti finanziari fra Stato e Enti territoriali che così come definite sono farraginose ovvero procedere a una drastica semplificazione e definire una procedura più celere e flessibile per implementare gli investimenti;
✓ siano risolte, urgentemente, le criticità del blocco degli investimenti degli enti territoriali che, con le nuove regole contabili, sono di fatto azzerati e rendere efficace lo sblocco degli investimenti impegnati in deroga agli equilibri di competenza nel 2015 attraverso la disposizione del DL 78/2015. Già con il ddl stabilità si potrebbe allentare questo vincolo utilizzando parte delle risorse provenienti dall’aumento del deficit che rimangono sostanzialmente nella disponibilità dell’amministrazione centrale che rimanda l’applicazione del pareggio di bilancio. È necessario che il Governo dedichi parte della flessibilità finanziaria richiesta all’UE a favorire gli investimenti nel Paese al fine di dare più ampio respiro alla timida crescita economica;
✓ sia preso in considerazione il risparmio sull’indebitamento netto del passaggio per le Regioni dal patto di stabilità come tetto di spesa al pareggio di bilancio che, nel 2015, è stato compensato attraverso la concessione di spazi sull’equilibrio di bilancio di pari entità da distribuire fra le Regioni attraverso Intesa (2.005 milioni) in quanto il passaggio fra i due metodi di contribuzione al miglioramento della finanza pubblica da parte delle Regioni doveva essere a “costo zero” e l’effetto sui conti pubblici è strutturale. Pertanto ove non venisse riconosciuto al comparto, assisteremmo ad una ulteriore manovra come sopra evidenziato per 2,005 mld.
Il risparmio ha carattere permanente, la Relazione tecnica al ddl stabilità quantifica il risparmio in 1.850 milioni per il 2016, 1.022 milioni per il 2017 e 660 milioni per il 2018. Questo risparmio potrebbe essere restituito alle Regioni con la possibilità di non calcolare negli equilibri di bilancio le spese di investimento;
✓ sia inserita la possibilità che eventuali sanzioni per le amministrazioni regionali non adempienti alle norme del “pareggio di bilancio” possano essere riutilizzate come parametro di “premialità” per il comparto stesso al contrario di ciò che avviene oggi.
5. Trasporto Pubblico locale
Il ddl stabilità 2016 prevede la riduzione di 72 milioni circa della dotazione del Fondo Nazionale Trasporti istituito dalla legge di stabilità 2013 (circa 4.929 milioni di euro annui a decorrere dal 2013).
Il Fondo non garantisce il pieno ristoro delle risorse del settore rispetto ai tagli operati negli ultimi anni ed è insufficiente per far fronte, oltre agli oneri derivanti dai contratti di servizio in essere, alle spese per il rinnovo del materiale rotabile ferro/gomma, per la manutenzione straordinaria delle infrastrutture, per l’innovazione tecnologica e per il rinnovo dei contratti
collettivi di lavoro. Per garantire un ristoro completo rispetto alle decurtazioni precedenti, la dotazione dovrebbe essere elevata da 4.929 milioni di euro a 6.330 milioni di euro.
Inoltre, le risorse del Fondo per l’acquisto di autobus sono «centralizzate» dallo Stato e confluiscono al «Fondo finalizzato all’acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, degli automezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale». Il percorso di efficientamento del settore è già iniziato negli scorsi anni, in questi giorni si sta chiudendo il Decreto di Riparto per il quinquennio 2015-2019 e questa norma modifica in modo sostanziale le modalità di utilizzo del Fondo rendendo praticamente inutile quanto previsto, in termini di regole ed efficientamento dal decreto di riparto. Inoltre, mette a repentaglio la programmazione effettuata e le gare già in corso.
✓ Le Regioni e le Province autonome propongono di proseguire nel percorso di efficientamento del settore Trasporto pubblico locale incentivandolo con adeguati finanziamenti del Fondo Nazionale.
LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME ESPRIMONO PARERE FAVOREVOLE AL DISEGNO DI LEGGE DI STABILITA’ 2016 A CONDIZIONE CHE SIANO ACCOLTE:
• LE PROPOSTE SOPRA FORMULATE RIGUARDO:
✓ la prosecuzione dei tavoli tecnico – politici per la rivisitazione dei tagli nei bilanci 2016 – 2018 sia in materia sanitaria che sulle altre funzioni regionali in particolare sul TPL che non sono ritenuti realistici attraverso un percorso di riqualificazione della spesa con l’introduzione di un programma di risparmi non lineare (costi standard per tutti i livelli di governo) ricordando che i risparmi derivanti dai costi standard per l’esercizio delle funzioni regionali devono essere mantenuti all’interno del comparto Regioni per lo sviluppo degli investimenti e della competitività. Per la sanità in particolare deve essere subito aperto il confronto per il rinnovo del Patto Salute 2017 – 2019;
✓ la valorizzazione delle sinergie istituzionali fra Stato e le Regioni e Province autonome per accelerare la spesa per gli investimenti a partire dal Fondo di Sviluppo e coesione (programma 2014 – 2020) premiando le Regioni che hanno dimostrato buone performance nella capacità di spesa del FSC raggiungendo target adeguati nella realizzazione del programma;
✓ l’apertura di un tavolo permanente con il Governo per affrontare fin dall’inizio del 2016, gli effetti dell’applicazione della legge 243/2012 dall’esercizio 2017 e la risoluzione urgente delle criticità del blocco degli investimenti degli enti territoriali derivanti dalle nuove regole contabili.
• GLI EMENDAMENTI SENZA IMPATTO FINANZIARIO GIA’ PROPOSTI IN OCCASIONE DELLA CONFERENZA UNIFICATA DEL 5 NOVEMBRE SCORSO.
• GLI EMENDAMENTI INERENTI ALLE PRINCIPALI TEMATICHE EVIDENZIATE RIGUARDANTI I TAGLI A LEGISLAZIONE VIGENTE; IL
FINANZIAMENTO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE E IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE.
EMENDAMENTI
1. Emendamento per l’attribuzione alle Regioni del maggior risparmio derivante dall’introduzione del pareggio di bilancio e favorire gli investimenti
Dopo il comma 412, dell’articolo 35 del DDL “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)" A.C. 3444, è aggiunto il seguente:
“412 bis. Nel saldo individuato ai sensi del comma 3 non sono considerate le spese sostenute dalle Regioni a statuto ordinario per investimenti nel limite complessivo di 1.850 milioni per l’anno 2016, di 1.022 milioni per l’anno 2017 e di 660 milioni per l’anno 2018. Gli spazi sono attribuiti alle singole Regioni in sede di autocoordinamento dalle stesse da recepire con Intesa sancita in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano entro il 31 gennaio di ciascun anno. All’onere si provvede mediante l’aumento di pari importo per il 2016 della riduzione delle dotazioni finanziarie delle spese dei Ministeri previsti all’articolo 33, comma 1, elenco n.2.”
Relazione
Nella legge 190/2014 la stima dell’effetto migliorativo sull’indebitamento netto dovuto al passaggio per le RSO dal sistema “patto di stabilità – tetto di spesa” al pareggio di bilancio è stato pari a circa 2 miliardi stimato prudentemente sul miglioramento dei disavanzi di cassa delle RSO nel triennio 2011 – 2013. Il risparmio dovuto all’introduzione del pareggio di bilancio ha carattere permanente pertanto si estende anche agli anni successivi la possibilità di non calcolare nell’equilibrio gli stanziamenti per investimenti per l’importo di 1.850 milioni per il 2016. Se il calcolo fosse aggiornato e confermato sulla base dei dati dell’anno 2014 potrebbe essere tranquillamente incrementato. Poiché il risparmio delle Regioni è stato già scontato dalla manovra, all’onere si provvede mediante riduzione degli stanziamenti dei Ministeri che provvedono a un’ulteriore efficientamento della spesa.
2. Emendamento per ripristinare l’ammontare previsto dalla legge del Fondo Nazionale Trasporti
Dopo il comma 496 è aggiunto il seguente comma:
496 bis. La dotazione annuale complessiva del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è incrementata a decorrere dall’anno 2016 di 70 milioni euro.
496 ter. All’onere si provvede a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’art.10, comma 5, del decreto legge 29 dicembre 2004, n.282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n.307.”.
L’emendamento mira a ricostituire la dotazione finanziaria originale del Fondo nazionale Trasporti prevista dal DL 95/2012 ridotta ulteriormente in questi anni.
Si ricorda che già è già stato segnalato al parlamento (IX Commissione parlamentare permanente Trasporti, poste e telecomunicazioni -Indagine conoscitiva sul trasporto pubblico locale dell’aprile 2014) che la dotazione del Fondo istituito dalla legge di stabilità 2013 (circa 4.929 milioni di euro annui a decorrere dal 2013) non garantisce il pieno ristoro delle risorse del settore rispetto ai tagli operati negli ultimi anni. Il Fondo è insufficiente per far fronte, oltre agli oneri derivanti dai contratti di servizio in essere, alle spese per il rinnovo del materiale rotabile ferro/gomma, per la manutenzione straordinaria delle infrastrutture, per l’innovazione tecnologica e per il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro. Per garantire un ristoro completo rispetto alle decurtazioni precedenti, la dotazione del fondo dovrebbe essere elevata da 4.929 milioni di euro a 6.330 milioni di euro. Su questa necessità di rifinanziamento del Fondo hanno convenuto ASSTRA, le organizzazioni sindacali, Rete Imprese Italia, Conferenza delle Regioni e Province autonome, ANAV, ANCI, Arriva Italia.
3. Emendamento finalizzato a razionalizzare gli interventi di finanza pubblica fra i diversi livelli di governo
Il comma 389 del disegno di legge “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” a. C.3444 il comma 2 è sostituito dal seguente:
“389. Al comma 6 dell’articolo 46 del decreto legge 24 aprile 2014, n.66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n.89, e successive modificazioni sono apportate le seguenti modifiche:
a) al primo e terzo periodo, la parola “2018” è sostituita dalla seguente “2016”;
b) al terzo periodo dopo le parole “milioni di euro annui” sono inserite “a decorrere dall’anno 2017 è pari a 2.000 milioni di euro annui”.
All’onere si provvede mediante l’aumento di 2.202 milioni di euro a decorrere dal 2016 della riduzione delle dotazioni finanziarie delle spese dei Ministeri previsti all’articolo 33, comma 1, elenco n.2.”
Relazione
L’emendamento mira a proporzionare gli sforzi di ogni livello di governo al risanamento della finanza pubblica riequilibrando lo sforzo richiesto al sistema delle RSO che per il 2017 è chiamato a concorrere al miglioramento dell’indebitamento netto per oltre 10 miliardi considerando le manovre già previste a legislazione vigente e quella del ddl stabilità 2016.
4. Emendamento per il ripristino della totale riscossione del gettito della tassa automobilistica a favore delle Regioni e Province autonome.
Dopo il comma 549 del DDL “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) A. C.3444 sono aggiunti i seguenti commi:
“549 bis. A decorrere dal 1 gennaio 2016 l’ultimo periodo del comma 321 dell’art. 1 della legge 27
dicembre 2006, n. 296 è abrogato.
549 ter. Al comma 322 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 sono aggiunte le parole
“fino all’anno 2015”.
549 quater. All’onere si provvede fino a 300 milioni mediante aumento a decorrere dal 2016 della riduzione delle dotazioni finanziarie delle spese dei Ministeri previsti all’articolo 33, comma 1, elenco n.2.”
Relazione
Il vincolo introdotto dall’ultimo periodo del comma 321 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2009, n. 296 che va ad incidere sui gettiti riscossi dalle Regioni a titolo di tassa automobilistica non sembra più compatibile con l’attribuzione alle Regioni della titolarità della tassa stessa (tributo proprio) operata dal d.lgs 68/2011 che pone come unico limite quello di operare variazioni di aliquota entro margini prestabiliti dalla legge statale.
Gli interventi statali ad oggi devono pertanto essere limitati alla sola eventuale variazione dei predetti limiti e non attribuirsi quote di gettito.
5. Emendamento per favorire gli investimenti in Sanità
Dopo il comma 332 del DDL “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) A.C. 3444 sono aggiunti i seguenti:
“332 bis. Ai fini del programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico, la dotazione annuale di cui all’articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni, è incrementata di 500 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.
332 ter. All’onere si provvede a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’art.10, comma 5, del decreto legge 29 dicembre 2004, n.282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n.307.”.
Relazione
Ai fini di incentivare gli investimenti anche in campo sanitario, sono incrementate le risorse a disposizione per gli investimenti in edilizia sanitaria.
6. Emendamento per la contabilizzazione del gettito derivante dalle manovre fiscali delle Autonomie speciali destinato al finanziamento del Servizio Sanitario e al ripiano dei disavanzi sanitari
Le Autonome speciali che finanziano autonomamente il servizio sanitario regionale possono iscrivere nel proprio bilancio, nell’esercizio di competenza del tributo, i gettiti derivanti dalla manovra fiscale regionale destinati al servizio sanitario regionale e al ripiano dei disavanzi sanitari. I medesimi enti, nelle more della comunicazione della stima del gettito da parte del competente Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, accertano e
impegnano l’intero importo del iscritto nel bilancio e provvedono all’adeguamento dei medesimi atti contabili nonché alle variazioni di bilancio che si rendessero necessari a seguito della medesima comunicazione.
Relazione
L’emendamento è finalizzato a consentire alle Regioni a statuto speciale e provincie autonome, che finanziano con entrate proprie il servizio sanitario regionale nonché il disavanzo del sistema sanitario regionale, di contabilizzare il gettito derivante dalle manovre fiscali a ciò destinato, in modo da garantire l’iscrizione nel proprio bilancio, l’accertamento e l’impegno del maggior gettito nell’esercizio di competenza del tributo.
7. Emendamento finalizzato ad includere la Sardegna tra le Regioni che beneficiano del contributo per la riduzione del debito di cui al comma 391 del ddl stabilità.
a) Al comma 391 dopo le parole “Regioni a statuto ordinario” aggiungere le parole “e alla Regione Sardegna”; nello stesso periodo sostituire le parole “ 1.900 milioni di euro” con le seguenti: “2.060 milioni di euro”;
b) All’onere si provvede mediante l’utilizzo delle risorse di cui all’art.45 del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66”
Conseguentemente sostituire l'allegato 7 con il seguente
Regioni | Importi anno 2016 (in migliaia di euro) |
Abruzzo | 60.089 |
Xxxxxxxxxx | 00.000 |
Xxxxxxxx | 84.751 |
Xxxxxxxx | 000.000 |
Xxxxxx- Xxxxxxx | 161.625 |
Lazio | 222.363 |
Xxxxxxx | 00.000 |
Xxxxxxxxx | 332.168 |
Marche | 66.165 |
Xxxxxx | 00.000 |
Xxxxxxxx | 156.317 |
Puglia | 154.901 |
Toscana | 148.529 |
Umbria | 37.279 |
Veneto | 150.981 |
Sardegna | 160.000 |
TOTALE | 2.060.000 |
Relazione
Il comma 391 dell’art. 1 destina alle sole Regioni ordinarie un contributo pari 1900 milioni di euro finalizzato alla riduzione del debito. Tale contributo, ai sensi del successivo comma 392, è finanziato con quota parte delle disponibilità in conto residui del bilancio 2015 dello Stato relative all’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, comma 10, del DL 35/2013 convertito in L. 64/2013 e s.m.i..
Alla Regione Sardegna sono stati assegnati, nel 2013, 160 milioni di euro a valere sulla predetta autorizzazione di spesa per far fronte ai debiti di cui all’art. 3 del citato DL 35/2013. Detto importo è ancora disponibile in conto residui del bilancio statale e, poiché anche la Sardegna, al pari delle Regioni ordinarie, è soggetta alla disciplina degli equilibri e dell’obiettivo di saldo mediante il pareggio, come declinato dalla L. 190 /2015 e dalla presente legge per il 2016, l’emendamento proposto ha la finalità di rendere nel 2016 immediatamente fruibile anche per la Sardegna detta disponibilità in conto residui, mediante il contributo finalizzato alla riduzione del debito di cui al comma 391, al pari di quanto previsto per le Regioni ordinarie in regime di pareggio di bilancio. Le risorse di cassa liberate a seguito del predetto contributo (pari a 160 milioni di euro) potrebbero quindi essere immediatamente e più agevolmente utilizzate dalla Regione, per l’intero importo e senza obbligo di restituzione, destinandole al finanziamento di quota parte dei disavanzi degli enti del servizio sanitario regionale che trovano già adeguata copertura in termini di competenza sul bilancio della Regione.
Roma, 17 dicembre 2015
CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME 15/108/CU2/C2
PARERE SUL DISEGNO DI LEGGE RECANTE: “DISPOSIZIONE PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E
PLURIENNALE” (LEGGE DI STABILITA’ 2016)
A.S. 2111
Punto 2) O.d.g. Conferenza Unificata
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ritenuto di sospendere l’espressione del parere sul disegno di legge “Legge di Stabilità 2016” in considerazione dei Tavoli di confronto concordati con il Governo nell’incontro del 4 novembre 2015 e degli esiti che questi produrranno, presenta, al momento, i seguenti emendamenti che non comportano oneri finanziari.
1. Emendamento per favorire l’efficienza e la razionalizzazione della spesa
All’articolo 34 del DDL n. 2111 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) sono apportate le seguenti modifiche:
1. Al secondo periodo del comma 1, le parole “tenendo anche conto della popolazione residente e del PIL” sono sostituite dalle seguenti “ in base ai costi standard ed in maniera inversamente proporzionale alla spesa di funzionamento”
2. È aggiunto il seguente comma 1 bis: “1 bis. Al secondo periodo del comma 6, dell’articolo 46, del DL 24 aprile 2014, n.66 e sue modifiche e integrazioni, le parole “tenendo anche conto del Pil e della popolazione residente” sono sostituite con le seguenti “ in base ai costi standard ed in maniera inversamente proporzionale alla spesa di funzionamento”.
Relazione
L’emendamento mira a rimodulare il contributo alla finanza pubblica previsto dal DL 66/2014 e dal ddl Stabilità 2016 nel senso di applicare i costi standard conseguentemente il contributo di ciascuna regione sarebbe declinato in maniera inversamente proporzionale al valore della spesa di funzionamento di ciascuna amministrazione così da premiare le amministrazioni più efficienti.
2. Emendamento per favorire la partecipazione regionale alla gestione del FSC
All’articolo 40 del DDL n. 2111 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) è aggiunto il seguente comma:
“Alla lettera b), comma 703, dell’art.1 della legge 23 dicembre 2014, n.190, è aggiunto il seguente periodo: “Fermi restando gli obiettivi definiti dalla Cabina di Regia, nonché il rispetto della ripartizione complessiva territoriale delle risorse pari all’80% per le Regioni meno sviluppate e al 20% per le Regioni più sviluppate alle Regioni e Province autonome che abbiano assunto, nel programma per il ciclo 2007 – 2013, impegni per un importo complessivo pari al 50% per le Regioni più sviluppate e al 25% per le Regioni meno sviluppate a decorrere dall’anno 2016 e fino al 31 dicembre 2017, è assegnato il 50% delle risorse della programmazione 2014 – 2020”.“
Relazione
L’emendamento ha lo scopo di valorizzare le sinergie istituzionali fra Stato, Regioni e province autonome nella programmazione e gestione delle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione al fine di accelerare la spesa di investimento in particolare anche quelle per la realizzazione del programma 2014 – 2020. Alle Regioni e province autonome che hanno dimostrato buone performance nella capacità di realizzazione del FSC per un importo pari al 50% per le regioni più sviluppate e pari al 25% per quelle meno sviluppate del programma del ciclo 2007 - 2013, sono assegnate il 50% delle risorse del FSC l’altro 50% rimane in capo alle Amministrazioni centrali al fine di sostenere la realizzazione del programma. Le priorità rimangono inalterate e sono mantenuti fermi gli obiettivi definiti dalla Cabina di Regia nazionale
3. Emendamento per l’armonizzazione degli OPR
All’art. 40 del ddl n. 2111 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)" è aggiunto il seguente comma:
“18. Per consentire l’omogenea armonizzazione dei sistemi contabili, gli Organismi Pagatori regionali costituiti in attuazione dell’art. 7 del Regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, relativamente alla gestione fuori bilancio dei fondi della Politica Agricola Comune (PAC) e aiuti nazionali (statali e regionali) correlati, applicano le disposizioni del Decreto Legislativo 31 maggio 2011, n. 91 “Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di adeguamento ed armonizzazione dei sistemi contabili” in accordo e nei tempi previsti per l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – AGEA.”
Relazione
Il sistema contabile degli Organismi pagatori è definito dai regolamenti unionali e non è facilmente riconducibile nell’ambito delle ordinarie regole contabili applicabili alle amministrazioni pubbliche italiane.
Inoltre, la differenziazione tra le regioni che hanno costituito un proprio organismo pagatore e quelle che si avvalgono dell’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura – AGEA, fa sì che ci siano diversi strumenti e tempi di adeguamento degli stessi bilanci (DLgs 118/2011 per gli organismi pagatori regionali e DLgs 91/2011 per AGEA) che rendono difficile creare un organico sistema contabile armonizzato.
Pertanto, la proposta di emendamento si propone di ovviare a questo disallinamento, prevedendo gli stessi tempi e le stesse regole per tutti i soggetti che agiscono come organismi pagatori sul territorio nazionale.
La proposta è riferita esclusivamente alla gestione fuori bilancio dei fondi della Politica Agricola Comune (PAC) e aiuti nazionali (statali e regionali) correlati. Il bilancio di funzionamento dei soggetti gestori (regioni/enti strumentali) rimane soggetta all’applicazione del DLgs 118/2011.
4. Emendamento inerente la Soggettività passiva in caso di locazione finanziaria
All’articolo 7 del DDL n. 2111 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) sono aggiunti i seguenti commi:
“7. All’art. 9 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito nella legge 6 agosto 2015, n. 125, sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 9-bis è abrogato;
b) al comma 9-quater, le parole “di entrata in vigore della presente legge di conversione” sono sostituite dalle seguenti “del 1° gennaio 2016.”.
8. All’art. 7, della legge 23 luglio 2009, n. 99, è inserito il seguente comma:
“2-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2016 gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, sulla base del contratto annotato al PRA e fino alla data di scadenza del contratto medesimo, sono tenuti in via esclusiva al pagamento della tassa automobilistica regionale; è configurabile la responsabilità solidale della società di leasing solo nella particolare ipotesi in cui questa abbia provveduto, in base alle modalità stabilite dall’ente competente, al pagamento cumulativo, in luogo degli utilizzatori, delle tasse dovute per i periodi compresi nella durata del contratto di locazione finanziaria.”. “
Relazione
Nel DL 78/2015 è stato approvato un emendamento che introduce una sostanziale modifica alla normativa inerente alla tassa automobilistica nel caso di veicoli in locazione finanziaria, con forte penalizzazione delle casse regionali.
La norma stabilisce che soggetto passivo della tassa automobilistica sia l'utilizzatore del veicolo concesso in locazione finanziaria e che, conseguentemente, il gettito del tributo sia destinato a favore della Regione nella quale risiede il medesimo utilizzatore ma soprattutto interviene pesantemente nel contenzioso in essere tra le Regioni e le Società di leasing sul mancato pagamento della tassa automobilistica a partire dall’anno d’imposta 2009, a seguito dell’entrata in vigore della legge 99/2009. Infatti, l’interpretazione autentica del legislatore, avendo effetto ex tunc, non solo condanna le Regioni alla soccombenza con pagamento delle spese, a detrimento delle casse pubbliche, ma rende quasi impossibile l’azione di recupero del tributo evaso da parte di una Regione nei confronti dell’utilizzatore non residente nella stessa, ingenerando ulteriori meccanismi di competizione e di sovrapposizione tra più Regioni ugualmente titolari del potere impositivo.
L’emendamento mira, pertanto, a far si che gli effetti della modifica del soggetto passivo siano a valere dal 1 gennaio 2016 salvaguardando la disciplina vigente anche in considerazione del fatto che l’interpretazione autentica avviene a distanza di 6 anni!
Tra l’altro, le banche dati contengono informazioni sull’utilizzatore a partire dal 2014, con conseguente danno erariale per l’impossibilità di individuare il soggetto da aggredire con le azioni di recupero.
5. Emendamento per incentivare il rispetto di ulteriori saldi sugli equilibri di bilancio
All’articolo 35 del disegno di legge X. X.0000 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” dopo il comma 3 è inserito il seguente:
“3 bis. Alle Regioni che conseguono il saldo di cassa previsto dal comma 463, dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sono assegnate con decreto del Ministero dell’economia e finanze le eventuali risorse rinvenienti dalla lett.b), comma 11 del presente articolo. L’ammontare delle risorse per ciascuna regione è determinato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.”
Relazione
A differenza della normativa attualmente in vigore per le Regioni, dall’anno 2016 dovrà essere conseguito un solo saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali a consuntivo. Il rispetto dei saldi previsti dalla precedente normativa è, quindi, facoltativo. L’emendamento mira a introdurre una premialità per le regioni che rispettano il saldo di cassa previsto dalla precedente normativa attraverso la ridistribuzione delle eventuali sanzioni riversate allo Stato dagli enti che non hanno conseguito il saldo in termini di competenza
6. Emendamento per favorire lo sblocco degli investimenti impegnati in deroga agli equilibri di competenza nel 2015
All’articolo 35 del disegno di legge X. X.0000 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” al termine del comma 4 è inserito il seguente periodo:
“Per le Regioni valgono le disposizione di cui alla lett. c) del comma 464 della legge 23 dicembre 2014, n. 190.”
Relazione
La legge 190/2014 prevedeva la possibilità di includere nel saldo di competenza a decorrere dal 2016 il fondo pluriennale vincolato. La nuova formulazione del ddl di stabilità 2016 rende inefficace lo sblocco degli investimenti impegnati in deroga agli equilibri di competenza nel 2015 attraverso la disposizione del DL 78/2015. Pertanto al fine di non bloccare gli investimenti si ripristina la norma precedente.
7. Emendamento per il risparmio di spesa per interessi
Dopo l’articolo 34 del DDL n. 2111 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) è aggiunto il seguente articolo 34 bis:
“Articolo 34 bis- misure per ridurre la spesa per interessi
Le disposizioni di cui al comma 2, dell’articolo 40, del decreto legislativo 118/2011 sono valide anche per la copertura degli investimenti autorizzati nell’esercizio 2016.”
Relazione
La disposizione permette anche per il 2016 di contrarre mutui per investimenti senza contrarli se non per effettive esigenze di cassa. La norma non comporta maggiori oneri per la finanza pubblica anzi, permette di ridurre la spesa per interessi su mutui premiando la buona gestione di cassa. Sono salvaguardati tutti gli equilibri di bilancio previsti dalla legislazione vigente.
8. Emendamento finalizzato alla semplificazione normativa riguardante la formazione della composizione commissione provinciale di vigilanza
Dopo l’articolo 38 del DDL n. 2111 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) è aggiunto il seguente articolo 38 bis:
“Articolo 38 bis- Misure per la semplificazione normativa riguardante la formazione della composizione commissione provinciale di vigilanza
All’art. 142 del X.X. 000/0000, modificato dal D.P.R. 311/2001, art. 4, sono apportate le seguenti modifiche:
a) Al comma 2, la lettera e) è soppressa;
b) Al comma 5, sono soppresse le seguenti parole: “e l'ingegnere con funzioni del genio civile può essere sostituito, se ritenuto necessario, dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale o da un suo delegato.”
Relazione
Il Regio Decreto 773/1931 (“Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza”-TULPS), all’art. 80 ha previsto che “L'autorità di pubblica sicurezza non può concedere la licenza per l'apertura di un teatro o di un luogo di pubblico spettacolo, prima di aver fatto verificare da una commissione tecnica la solidità e la sicurezza dell'edificio e l'esistenza di uscite pienamente adatte a sgombrarlo prontamente nel caso di incendio”. Successivamente, con il passaggio della titolarità al rilascio dell’autorizzazione dalla Questura al Comune, sono state istituite due Commissioni diverse:
1. La prima a livello COMUNALE, disciplinata dagli artt. 141 e 141 bis del Regio Decreto 635/1940, così come modificati dal D.P.R. 311/2001, art. 4, viene nominata dal Sindaco
ogni 3 anni e ha precise competenze ed è composta da Xxxxxxx, comandante polizia municipale, dirigente UT comunale, dirigente medico ASL, VVFF.
2. La seconda a livello PROVINCIALE, disciplinata dall’art. 142 del Regio Decreto 635/1940, così come modificato dal D.P.R. 311/2001, art. 4, nei casi in cui nel Comune interessato da una richiesta non sia stata istituita la Commissione Comunale. Nominata dal Prefetto ogni 3 anni, la Commissione prevede tra i suoi componenti, oltre alla Questura, la Prefettura, il Comune interessato dalla richiesta, l’ASL, i VVFF, l’ARPA, “un ingegnere dell’organismo che, per disposizione regionale, svolge le funzioni del Genio Civile” (art. 142, comma II).
La norma relativa alla Commissione provinciale di vigilanza (art. 142) non rispecchia più la situazione reale, tenuto conto che alcune Regioni, non hanno più al proprio interno figure tecniche conformi al dettato della norma, in quanto molte competenze tecniche sono state trasferite o delegate ad altri enti. Non pare peraltro conveniente, ne oggi possibile, prevedere nuove assunzioni o incarichi per assicurare tale attività.
In un ottica di semplificazione, il rappresentante regionale peraltro non appare indispensabile in quanto nella Commissione provinciale di vigilanza sono presenti altri enti con competenze tecniche similari e comunque adeguate alle necessità (Vigili del Fuoco, ASL, ARPA, ecc.).
9. All’articolo 21 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente
“1-bis. All’istituzione e alla gestione dei conti di tesoreria unica intestati alla sanità di cui al comma 1, le Regioni provvedono senza nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza regionale. Gli oneri finanziari eventualmente già versati dalle regioni prima dell’entrata in vigore del presente comma, sono recuperati dalle regioni medesime previo accordo con i rispettivi tesorieri.”.
Relazione
La proposta emendativa interviene a modificare l’articolo 21 del d.lgs. n. 118/2011 e successive modifiche, in relazione all’accensione di conti di tesoreria intestati alla sanità. In particolare, si dispone che la necessità di tenere evidenza separata tra il conto ordinario e il conto intestato alla sanità non comporti nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza regionale. Per gli oneri già eventualmente versati si dispone, altresì, che questi siano recuperati dalle regioni medesime previo accordo con i rispettivi tesorieri.
10. All’articolo 8, comma 1 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente:
“Allo scopo di garantire il completo riequilibrio di cassa, le regioni possono accedere, nei limiti degli importi di cui al periodo precedente, alle anticipazioni di liquidità anche per finanziare piani dei pagamenti che comprendano i pagamenti dei citati debiti, effettuati dalle regioni nel periodo 1° gennaio 2015-19 giugno 2015.”
Relazione
La presente proposta emendativa, orientata a favorire un pieno riequilibrio delle esigenze di cassa alle Regioni, dispone che le Regioni possono accedere alle anticipazioni di cassa di cui all'articolo 8. comma 1 del decreto legge 78/2015, convertito con modificazioni in L.
125/2015, anche al fine di finanziare il piano dei pagamenti riferito ai debiti certi, liquidi ed esigibili diversi da quelli finanziari e sanitari maturati alla data del 31 dicembre 2014, già pagati nel periodo 1° gennaio 2015-19 giugno 2015 - antecedente all'approvazione del decreto legge in questione - facendo ricorso alle disponibilità di cassa delle singole Regioni.
11. Emendamento riguardo alla possibilità di esclusione dal calcolo dei saldi di cassa e di competenza delle risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione europea
Al comma 466, punto 3), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
“Le Regioni interessate dalla revoca, adottata con decisione della Commissione Europea nel corso dell’anno 2015, della sospensione dei pagamenti a valere sui programmi operativi regionali, conseguente all’applicazione dell’articolo 92, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell’11 luglio 2006, possono stabilire di non operare l’esclusione anche per le risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione europea e per le relative spese di parte corrente e in conto capitale.”
Relazione
Com’è noto, la legge 23 dicembre 2014, n. 190, ai commi 460-483, detta disposizioni finalizzate al concorso da parte degli enti territoriali al contenimento dei saldi di finanza pubblica.
Ai commi 463 e 464 sono stabilite le regole generali applicabili sui saldi, in termini di competenza e di cassa, alle Regioni, le quali per l’anno 2015 devono conseguire un saldo non negativo tra le entrate finali e le spese finali ed un saldo non negativo, sempre in termini di competenza e di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti.
Nel confronto avviato fra Stato e Regioni negli ultimi mesi del 2014, in ordine al pareggio di bilancio, fra le facilitazioni o deroghe alla regola generale del pareggio di bilancio concesse dal MEF, su esplicita richiesta delle regioni soprattutto del Sud (Puglia in particolare), venne inclusa la possibilità, recepita con il comma 466, punto 3), della legge n. 190/2014 di escludere dal calcolo dei saldi di cassa e di competenza le risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione europea e le relative spese di parte corrente e in conto capitale. La deroga fu chiesta anche per il cofinanziamento nazionale della spesa comunitaria ma tale possibilità fu negata in quanto rappresentava un maggiore costo in termini di indebitamento netto (fu inserito solo in extremis un tetto di euro 700 milioni per gli enti territoriali con l’art. 1, comma 145, lettera a), della medesima legge n. 190/2014, come sostituito dall'articolo 1, comma 8, del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78).
La disposizione contenuta nel comma 466, punto 3), della legge n. 190/2014, è finalizzata a consentire alle Regioni, in chiusura della programmazione 2007-2013, al fine di non incorrere nelle riduzioni dei programmi, di realizzare la spesa comunitaria, non solo in corrispondenza delle relative entrate ma anche in eccedenza rispetto al valore di queste ultime. La predetta previsione normativa, tuttavia, per alcune Regioni che negli anni scorsi hanno subito il blocco dei pagamenti da parte della Commissione Europea a valere sui programmi operativi regionali si è rivelata particolarmente penalizzante a seguito della revoca della sospensione e successivo
trasferimento simultaneo dalla Commissione europea, nel corrente esercizio finanziario, delle somme dovute a valere sugli anni precedenti.
Infatti, il caso della Regione Calabria è emblematico in quanto nel 2015 è stato ufficializzato lo sblocco dei pagamenti XXXX 0000-0000 e, di conseguenza, è stata trasferita la somma di 780 milioni di euro circa, relativa alle certificazioni di spesa maturate e presentate alla Commissione europea nell’arco temporale di circa 4 anni.
Nei suddetti quattro anni la Regione, per raggiungere i target di avanzamento della spesa, ha garantito i relativi pagamenti utilizzando le disponibilità di cassa derivanti da risorse proprie e non ha potuto provvedere ai pagamenti (in regime di anticipazione) riguardanti soprattutto il Fondo Sviluppo e Coesione, il FAS regionale, gli altri fondi ministeriali da delibere CIPE e il PAC.
Oggi la Regione si trova ad avere una disponibilità di cassa (riscossioni dell’anno) che solo in misura ridotta sarà necessaria a coprire le spese del XXXX 0000-0000 e che per la restante parte, stimata in 350 Meuro, potrebbe essere utilizzata, in presenza dell’emendamento proposto, a coprire le spese di investimento procrastinate negli anni precedenti e non più rinviabili.
In ordine al “costo” dell’emendamento, è da tenere presente che il valore non è assolutamente definito e potrebbe essere fortemente ridimensionato. Infatti, se l’emendamento dovesse essere accolto, la Regione avrebbe un vantaggio ai fini dell’equilibrio generale in quanto potrebbe realizzare spese di investimento, ma riceverebbe un danno per quanto riguarda gli equilibri di parte corrente. Infatti, nel 2015, è anche intervenuta la sospensione dei pagamenti FSE 2007- 2013 e, pertanto, qualora la Regione scegliesse di “non operare l’esclusione per le risorse provenienti direttamente o indirettamente dall’Unione europea e per le relative spese di parte corrente e in conto capitale” sarebbe costretta a ridurre le altre spese correnti per poter lasciare lo spazio a realizzare la spesa corrente relativa al FSE, necessaria al raggiungimento del target previsto al 31 dicembre 2015.
Inoltre, nell’ipotesi di approvazione dell’emendamento, la Regione si vedrebbe ridotta in maniera considerevole la possibilità di effettuare impegni (oltre 200 milioni di euro già al 30 giugno destinati quanto meno a raddoppiare a tutto il 31 dicembre), con un conseguente risparmio per il sistema complessivo degli equilibri a livello nazionale.
Infine, un ulteriore elemento è dato dal fatto che a decorrere dal 2016, ai fini del concorso al contenimento dei saldi di finanza pubblica, non varranno più le attuali regole sugli equilibri che penalizzano in modo significativo, sul versante della cassa, la Regione Calabria, ma verrà richiesto alle Regioni di conseguire l’equilibrio fra le entrate finali e le spese finali, espresso solamente in termini di competenza.
12. Articolo 31 (Disposizioni in materia di acquisizione di beni e servizi degli enti del servizio sanitario nazionale), sono a chiedere che venga inserita la seguente clausola di salvaguardia:
Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano applicano i contenuti del presente articolo compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione e, per le Regioni e le Province Autonome che provvedono autonomamente al finanziamento del servizio sanitario regionale
esclusivamente con fondi del proprio bilancio, compatibilmente con le loro peculiarità demografiche e territoriali di riferimento, nell’ambito della propria autonomia organizzativa.
13. Articoli 30 e 34, inserimento clausola di salvaguardia:
Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano applicano i contenuti dei presenti articoli compatibilmente con i propri Statuti di autonomia e le relative norme di attuazione e, per le Regioni e Province autonome che provvedono autonomamente al finanziamento del servizio sanitario regionale esclusivamente con fondi del proprio bilancio, compatibilmente con le loro peculiarità demografiche e territoriali di riferimento, nell’ambito della propria autonomia organizzativa.
14. Art…. (Disposizioni in materia di riordino delle funzioni delle province. Modifiche alla legge n. 190/2014 e al decreto legge n. 78/2015)
Al comma 2 dell’articolo 5 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonché norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali) le parole “, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 421 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 ” sono abrogate.
15. Dopo il comma 3 dell’articolo 5 del decreto legge n. 78/2015 è inserito il seguente:
3 bis. Il personale individuato dagli enti di area vasta e dalle città metropolitane ai sensi del comma 2 nonché il personale individuato ai sensi del comma 3 per lo svolgimento delle funzioni di polizia amministrativa riallocate dalle leggi regionali presso gli enti di area vasta e le città metropolitane o presso le Regioni, rimane inserito nelle dotazioni organiche delle province e delle città metropolitane. La relativa spesa non rileva rispetto ai limiti previsti per la rideterminazione delle dotazioni organiche di cui al comma 421 della legge 190/2014. Le Regioni stipulano convenzioni con gli enti per l’avvalimento del personale riallocato nell’ambito dei processi di riordino ai sensi del comma 427 della legge n. 190/2014 con oneri a proprio carico, ove non diversamente disposto con legge regionale.”
16. Dopo il comma 422 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)), sono inseriti i seguenti:
“422 bis. Qualora le Regioni, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 89, della legge n. 56/2014, confermino in capo agli enti di cui al comma
421 le funzioni di area vasta riconducibili strettamente connesse all’esercizio alle delle funzioni fondamentali già conferite con leggi regionali, il personale addetto all’esercizio delle stesse rimane inserito nelle dotazioni organiche delle province e delle città metropolitane, ove non diversamente disposto dalle leggi regionali di riordino.
422 ter. Le leggi regionali determinano la misura del concorso al finanziamento degli oneri per le funzioni di cui al comma 422 bis; la spesa oggetto di concorso regionale non rileva rispetto ai limiti previsti per la rideterminazione delle dotazioni organiche di cui al comma 421.”
Relazione
La proposta emendativa, nel primo comma, è tesa a disciplinare la ricollocazione del contingente di personale di polizia provinciale addetto alle funzioni di controllo connesse alle funzioni non fondamentali che la Regione ha con propria legge provveduto a riordinare.
Al riguardo si prevede, nel comma 3 bis aggiuntivo dell’articolo 5 del DL 78 del 2015, che il personale individuato in relazione alle funzioni riallocate dalla Regione - in considerazione della necessità di non far perdere allo stesso la qualifica di personale di polizia giudiziaria e relativo armamento - resti nella dotazione organica degli enti di area vasta e delle città metropolitane, fuori dal 50%/70% del contingente addetto alle funzioni fondamentali, con oneri a carico della Regione.
La proposta emendativa al comma 3 con l’inserimento dei commi 422 bis e 422 ter all’articolo 1 della Legge 190 del 2015 (commi aggiuntivi), interviene per chiarire che qualora le funzioni non fondamentali connesse alle funzioni fondamentali siano confermate dalla Legge regionale in capo agli enti di area vasta, il personale resta nella dotazione degli stessi enti, con un concorso agli oneri da parte della Regione per il personale strettamente individuato, salvaguardando, così, professionalità che hanno una competenza a tutto campo difficilmente scindibile con una linea di demarcazione netta tra funzioni fondamentali e funzioni oggetto di riordino regionale.
17. Deroga ai vincoli di spesa di personale per i Centri per l’Impiego
"Le spese sostenute dalle Regioni per il personale dei servizi per l'impiego a seguito delle convenzioni stipulate con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali in attuazione di quanto previsto dall' articolo 15 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, e dell' art. 11 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, non si calcolano al fine del rispetto del tetto di spesa di cui all'articolo 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296".
Relazione
Al fine di prevenire situazioni di violazione delle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa di personale da parte delle pubbliche amministrazioni, è necessario introdurre una modifica normativa che neutralizzi il computo dei maggiori costi sostenuti dalle Regioni per il personale dei Centri per l'impiego, in analogia con quanto previsto per i dipendenti delle province collocati in esubero ai sensi dell'art. 1, comma 424, terzo periodo, della legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015). La disposizione non determina effetti finanziari in quanto finalizzata alla definizione dei soli criteri di calcolo in materia di misure di contenimento della spesa di personale.
18. Contratti a tempo determinato del personale dei Centri per l’Impiego
Si propone di sopprimere all’articolo 15, comma 0 xxx, xxx Xxxxxxx Legge n.78 del 2015, convertito dalla Legge 125 del 2015, le parole “a condizione che venga garantito l’equilibrio di parte corrente nel periodo interessato dagli stessi”.
Relazione
La modifica si rende opportuna al fine di consentire alla Province e alle Città metropolitane di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato per garantire la continuità dei servizi erogati dai Centri per l’impiego.
19. Emendamento applicazione dell’art. 61 CCNL dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa del 5/12/1996 – retribuzione di risultato
1. A fini di armonizzazione dei bilanci delle pubbliche amministrazioni e in attuazione della competenza di cui all’art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, il fondo annuale di cui all’art. 61, comma 2, lett. a) del ccnl 1994/1997 relativo all’area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa è determinato, con divieto di incremento rispetto al fondo già quantificato, anche in deroga ad accordi o atti unilaterali, in misura non superiore all’importo dello stanziamento per la retribuzione di risultato per la predetta area dirigenziale risultante dal bilancio relativo all’anno 1993, decurtato del 30 per cento, ed è ripartito per ciascun anno in base alle quote pattuite di produttività assegnate in concreto ai singoli dirigenti immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato e a condizione del raggiungimento di obiettivi assegnati. La violazione delle disposizioni di cui ai periodi precedenti comporta responsabilità amministrativa per le somme eccedenti gli stanziamenti.
2. La disposizione si applica a tutte le posizioni che non siano già definite, anche relativamente alla quantificazione della retribuzione spettante ai singoli lavoratori, al momento dell’ entrata in vigore della presente legge, con sentenza passata in giudicato o con conciliazione o transazione anche non intervenute nelle forme di cui all’ultimo comma dell’art. 2113 c.c..
3. Resta salva la consistenza del fondo già determinata ai sensi dell’art. 61, comma 2, lett. a) del ccnl 1994/1997 e certificata dall'organo di controllo di cui al primo comma dell'articolo
n. 40 bis del decreto legislativo n. 165/2001 al 31 dicembre 2014.
Relazione
L’art. 61 del CCNL 1994/97 dirigenza SPTA riguarda la determinazione e ripartizione del fondo per la retribuzione di risultato dopo il passaggio dalla disciplina pubblicistica a quella privatistica. L’articolo sopra richiamato attua il predetto passaggio stabilendo che il finanziamento di tale fondo è costituito "nel suo ammontare, dalla somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui agli artt. 57 e xx. xxx XXX x. 000/0000 - ripartita secondo le quote storiche spettanti a ciascun ruolo - determinata per l'anno 1993 e decurtata della percentuale dell'art 8, comma 3 della L.537/1993".
Il successivo CCNL del 12 luglio 2001, di interpretazione autentica del predetto art. 61 del CCNL 94/97, specifica che per “quote storiche spettanti” si intendono le quote per il pagamento delle incentivazioni originariamente determinate ai sensi degli artt. 57 e seguenti del DPR 384/1990, applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato con la decurtazione della percentuale prevista dall’art. 8, comma 3 della L. n. 537/1993.
In applicazione di tale norma le Aziende sanitarie, alla luce anche del predetto CCNL di interpretazione autentica, stipulato il 12.07.2001, hanno calcolato il nuovo fondo di risultato in base alle quote storiche spettanti, intendendo, con tale espressione, quelle precedentemente assegnate a ciascun gruppo di personale, così come identificato dal D.P.R. 384/1990 con riferimento agli accordi decentrati ed alle clausole ivi previste, vigenti in ciascuna azienda immediatamente prima dell’applicazione dell’art. 61 del CCNL 94/7, così come specificato nel testo ufficiale, reperibile sul sito dell’ARAN, dello stesso CCNL del 12.7.2001 (ultimo capoverso di pag 3 del contratto).
Il passaggio dal precedente sistema, che prevedeva l’erogazione di quote di compensi incentivanti a fronte della effettuazione di un numero di ore di plus orario individuate con accordi decentrati, al nuovo sistema del Fondo di risultato erogato in base al raggiungimento di obiettivi non doveva comportare oneri aggiuntivi diretti o indiretti. Infatti lo stesso importo che prima poteva essere erogato individualmente o per categorie denominato come “incentivazioni” sarebbe ora stato erogato come retribuzione di risultato al raggiungimento degli obiettivi assegnati senza l’effettuazione del plus orario.
E’ per questo motivo che l’ ARAN nella propria relazione inviata con nota del 25 giugno 2001 prot.n. 9527 ha attestato l’assenza di aggravi alla spesa pubblica e parimenti la Corte dei Conti con propria deliberazione n. 34 del 10.7.2001 ha certificato la non imputabilità di oneri aggiuntivi dovuti al CCNL di interpretazione autentica del 12.7.2001 purchè nel determinare le risorse destinate a costituire il Fondo per la retribuzione di risultato, si facesse riferimento al complessivo quadro normativo e contrattuale, comprensivo anche delle clausole contenute negli accordi decentrati a livello aziendale ( pag. 5 deliberazione corte dei conti).
Sennonché, da alcune sigle sindacali sono stati a suo tempo presentati ricorsi, accolti da alcune sentenze, per ottenere la determinazione del fondo di risultato non sulla base dell’importo complessivo derivante dalle quote storiche spettanti a ciascuna categoria, nella interpretazione sopra precisata, che fa riferimento ai “compensi spettanti sulla base degli accordi decentrati in vigore prima del nuovo fondo di risultato”, ma dell’intero importo del precedente Fondo, denominato Fondo di incentivazione che per i dirigenti sanitari non medici ricorrenti era denominato fondo per la categoria B, equivocando sulla denominazione Fondo per le incentivazioni, mentre in tutte le aziende era un fondo teorico di riferimento. Nella realtà, lo spettante al singolo dipendente ovvero alle categorie era determinato con accordi decentrati sulla base delle risorse disponibili in ogni azienda .
Il risultato di tale operazione interpretativa esporrebbe le aziende sanitarie che hanno in corso le cause ad un aggravio di spesa, assolutamente ingiustificato, stimabile in milioni di euro per ciascuna azienda a decorrere dalla costituzione del nuovo fondo di risultato, che è normalmente il 1997 ovvero il 1994 in relazione a qualche sentenza.
Infatti, si passerebbe, nella costruzione dei nuovi Fondi che partono dal riferimento degli anni 1989- 90, da importi quantificabili - ad esempio, per una piccola azienda con un organico medio di 16 dirigenti sanitari - in circa 300-400 milioni di lire, correlati ad un ipotetico plus orario per azienda di 7 ore per ciascun dirigente sanitario, che era il massimo consentito dai Contratti nazionali vigenti
(D.P.R. 270/87 e 384/90) e quindi costituente l’importo più alto prospettabile secondo il vecchio regime, agli importi dell’intero fondo che poteva essere costituito, secondo le diverse realtà aziendale, anche da cifre di oltre 1 miliardo e 500 milioni di lire e più, con la conseguenza che partendo dal 1994 ovvero dal 1997 in relazione alle diverse sentenze dei giudici del lavoro l’onere è facilmente stimabile in decine di milioni di euro per ciascuna azienda.
Al riguardo si evidenzia che in vigenza del D.P.R. 384/90 la ripartizione del fondo di produttività era comunque effettuata sulla base del plus orario assegnato ai singoli dipendenti (plus orario che non poteva superare le 7 ore settimanali). Ciò determinava l’impossibilità giuridica di erogare l’intero importo del fondo stesso, atteso che il valore complessivo delle ore di plus orario effettuabili annualmente dai dipendenti era, di norma, di gran lunga inferiore all’ammontare del fondo.
Va detto che il problema si è posto in riferimento a varie aziende ove i dirigenti interessati, assistiti da alcune organizzazioni sindacali, hanno formalizzato anche in giudizio richieste di rideterminazione dei fondi secondo quest’ultima interpretazione estensiva che vuole riferirsi agli importi totali dei precedenti Fondi per le incentivazioni e non alle quote storiche spettanti. C’è peraltro il timore che analoghe
pretese si estendano anche ad altre aziende presso le quali non si è ancora verificata una situazione conflittuale.
A livello nazionale, l’eventuale accoglimento di tali richieste determinerebbe un incremento dei costi, considerati gli emolumenti arretrati da corrispondere e gli eventuali interessi legali e rivalutazione monetaria, quantificabili in svariate decine di milioni di euro.
Per cercare di evitare che l’incertezza interpretativa possa determinare ulteriori contenziosi onerosi in sé stessi e soprattutto esborsi per effetto di provvedimenti giudiziali di rilevantissima entità, si propone l’adozione di una specifica norma di legge.
La norma proposta non presenta carattere interpretativo né di norme di legge né tantomeno di contratto collettivo, agendo sul bilancio delle aziende e disciplinando le modalità di determinazione e distribuzione attuali del fondo. Ha la funzione di evitare gli effetti, a danno delle finanze pubbliche, di una interpretazione della disciplina collettiva della quale interpretazione la stessa giurisprudenza che l’ha accolta non ha contestato la portata “paradossale.
20. Articolo 40 del CCNL del Comparto Sanità del 7.04.1999 – indennità infermieristica Articolo aggiuntivo:
"Le disposizioni di cui all’art. 40, comma 1, secondo periodo e comma 2, terzo periodo del CCNL 7 aprile 1999 del Comparto sanità cessano di avere efficacia ai fini dell'alimentazione del fondo di cui all'art. 39 dello stesso CCNL dal primo gennaio 2015. Restano salvi e consolidati nel fondo esclusivamente gli eventuali incrementi del fondo stesso disposti alla medesima data in applicazione della norma in parola e certificati dall'organo di controllo di cui al primo comma dell'articolo n. 40 bis del decreto legislativo n. 165/2001."
Relazione
Quadro normativo e contrattuale di riferimento
L’articolo 40, comma 1, del CCNL del Comparto Sanità stipulato il 7.04.1999 stabiliva che l’indennità infermieristica di cui all’articolo 49, commi 1, secondo periodo, 2 e 4, primo periodo, del D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, fosse attribuita al personale avente diritto fino al 31 dicembre 1999 e successivamente a tale data che l’importo delle indennità che sarebbero state maturate dal personale interessato al raggiungimento dell’anzianità prevista dall’articolo 49 citato affluisse al fondo dell’articolo 39 dello stesso contratto per il finanziamento dei percorsi economici orizzontali e delle posizioni organizzative secondo la ripartizione definita in contrattazione integrativa.
Si evidenzia che le disposizioni contenute nell’articolo 49 del D.P.R. 384/1990 riconoscevano al personale infermieristico una specifica indennità di 2.400.000 lire e il suo incremento, nelle seguenti misure:
1. 1.200.000 lire alla maturazione del 20° anno di effettivo servizio;
2. ulteriori 1.200.000 lire alla maturazione del 25° anno di effettivo servizio;
3. ulteriori 1.200.000 lire alla maturazione del 30° anno di effettivo servizio; L’articolo 40, comma 2, dello stesso CCNL nel disporre la trasformazione del livello VIII bis di cui all’articolo 49 del CCNL del 1 settembre 1995 in fascia retributiva corrispondente alla posizione Ds2 stabiliva che tale fascia retributiva, in prima applicazione dello stesso contratto, venisse attribuita al personale già inquadrato nell’ex livello VIII bis. La clausola contrattuale disponeva poi che fino al 31 dicembre 1999 l’acquisizione di tale fascia retributiva Ds2 avvenisse al maturare dei requisiti e con le procedure previsti dal citato art. 49 e, successivamente a tale data, con le regole generali dell’art. 35 mentre l’importo del livello economico che sarebbe stato maturato dal personale interessato al raggiungimento delle anzianità previste dal citato art. 49 affluisse al fondo dell’art. 39 per il finanziamento dei percorsi economici orizzontali e delle posizioni organizzative secondo la ripartizione definita in contrattazione integrativa.
Il CCNL del Comparto Sanità del 19.04.2004, quadriennio normativo 2002-2005, biennio economico 2002-2003, all’articolo 31, comma 2 confermava, “in particolare” alcune voci di finanziamento del fondo delle fasce e delle posizioni organizzative, tra le quali non figurava quella dell’articolo 40 citato.
La dichiarazione congiunta n. 2 al CCNL del 5.06.2006, biennio economico 2004- 2005, affermava che “le parti si danno reciproco atto che le disposizioni di cui all’articolo 40 del CCNL 7.04.1999 saranno oggetto della trattativa del quadriennio normativo 2006-2009, I biennio economico 2006- 2007”.
Il CCNL 10.04.2008, quadriennio normativo 2006-2009, biennio economico 2006- 2007 contiene una dichiarazione analoga a quella sopra riportata con spostamento dell’impegno originariamente assunto a successive sequenze contrattuali.
Il CCNL del 31.07.2009, biennio economico 2008-2009, ultimo contratto del Comparto Sanità, non contiene alcuna disposizione o dichiarazione delle parti in materia.
Peraltro la raccolta sistematica dei contratti del Comparto Sanità pubblicata sul sito dell’ARAN non riporta il testo dell’articolo 40, in quanto la stessa ARAN dichiara che la norma ha esaurito i propri effetti.
Si ricorda, inoltre, che i benefici dell’articolo 40, ricadendo tra quelli ascrivibili a meccanismi di rivalutazione automatica, sono stati assoggettati al blocco retributivo di cui all’art. 9, comma 1 (sotto il profilo della retribuzione individuale) e all’art.
9 comma 2 bis (divieto di incremento dei fondi contrattuali) del D.L. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla L. 122/2010.
La L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), all’art. 1 comma 254 e 255, avendo mantenuto i blocchi sulla contrattazione collettiva del D.L. 78/2010 (art. 9 comma 17) e sugli adeguamenti retributivi del personale non contrattualizzato (art. 9 comma 21), e non avendo prorogato quelli relativi all’art.
9 comma 1 e all’art. 9 comma 2 bis, ha dato luogo al ripristino delle voci retributive precedentemente inibite da queste ultime disposizioni.
Alla luce del quadro contrattuale sopra delineato, di orientamenti non univoci dell’ARAN e di alcune pronunce giurisprudenziali si è creata grande incertezza circa
la vigenza del citato articolo 40 del CCNL 7.04.1999 che ha determinato comportamenti disomogenei da parte delle aziende del SSN, alcune delle quali hanno sospeso l’ alimentazione dei fondi contrattuali fin dal 2002, altre in momenti successivi, mentre altre ancora hanno continuato invece a dare applicazione alla clausola contrattuale, in taluni casi a seguito della sottoscrizione di “accordi transattivi” con le XX.XX..
Si evidenzia che le aziende che continuano a disporre l’incremento dei fondi con le risorse di cui trattasi sono soggette ad oneri sempre crescenti in considerazione del carattere “montante” di tale incremento. Peraltro anche le aziende che hanno sospeso l’incremento dei fondi potrebbero andare incontro a pesanti ripercussioni economiche qualora le fonti contrattuale o legislativa, ovvero pronunce giurisprudenziali dovessero, in futuro, sancire la permanenza della vigenza dell’articolo in parola. Ciò determinerebbe infatti la ricostruzione dei fondi in via retroattiva con conseguente distribuzione delle risorse incrementali al personale. Si evidenzia che in base ad una ricognizione condotta dal Comitato di Settore del Comparto Regioni-Sanità nel solo periodo 2006-2010 il valore complessivo delle risorse non erogate risultava superiore a 100 milioni di euro. Considerato il carattere montante degli incrementi dei fondi tale valore, ad oggi, dovrebbe essere più che raddoppiato.
Si evidenzia, peraltro, che un intervento normativo diretto a eliminare gli effetti dell’articolo 40 non è solo dettato da ragioni di opportunità ma risulta coerente con il quadro contrattuale e con le disposizioni contenute nel D.Lgs. 165/2001 relative alle coperture finanziarie dei rinnovi contrattuali.
Infatti la perpetuazione dell’incremento dei fondi contrattuali sarebbe privo di copertura finanziaria in quanto i relativi oneri sono eccedenti rispetto a quelli previsti per i rinnovi contrattuali dalle leggi finanziarie e di stabilità nazionali nonchè dagli indirizzi del Comitato di settore all’ARAN; gli stessi incrementi inoltre, non risultano essere stati quantificati nelle relazioni tecniche presentate dall’ARAN alla Corte dei Conti e non sono stati quindi oggetto di certificazione da parte della stessa Corte dei Conti ai sensi dell’articolo 47 del D.Lgs. 165/2001.
Per ovviare a tale situazione di incertezza, pur consentendo alle aziende che hanno incrementato i fondi anteriormente al 31.12.2014 di non ridurli (la riduzione retroattiva dei fondi potrebbe avrebbe conseguenze molto penalizzanti sui dipendenti), fermo restando il divieto di ulteriori incrementi a partire dal 2015, si propone l’adozione di una specifica norma di legge.
21. Emendamento - Modifica finanziamento SISAC
Legge 27 dicembre 2002, n. 289
"Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)"
Capo IV
INTERVENTI NEL SETTORE SANITARIO
Art. 52
(Razionalizzazione della spesa sanitaria)
27. L'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, è sostituito dal seguente: "9. è istituita la struttura tecnica interregionale per la disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale. Tale struttura, che rappresenta la delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale, è costituita da rappresentanti regionali nominati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Della predetta delegazione fanno parte, limitatamente alle materie di rispettiva competenza, i rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, e della salute, designati dai rispettivi Ministri. Con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, è disciplinato il procedimento di contrattazione collettiva relativo ai predetti accordi tenendo conto di quanto previsto dagli articoli 40, 41, 42, 46, 47, 48 e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. A tale fine è autorizzata la spesa annua nel limite massimo di 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003".
Proposta emendativa
Alla fine del comma 27 dell’art. 52 della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, aggiungere il seguente periodo:“ A decorrere dall’anno 2015 il finanziamento di cui al precedente periodo è stabilito in 1 milione e 200 mila euro: 600.000 euro a carico del bilancio statale e la differenza a carico delle Regioni a valere sulle disponibilità finanziarie per il Servizio Sanitario Nazionale.
Motivazione:
L’emendamento si rende necessario poiché il finanziamento statale di cui all’art. 52 comma 27 della Legge 289/2002 è andato progressivamente riducendosi fino ad arrivare a € 680.000 per l’anno in corso, quota insufficiente a garantire il funzionamento della SISAC, anche in considerazione della crescente attività connessa al rinnovo della convenzione dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, degli specialisti ambulatoriali e, successivamente, anche della convenzione con le farmacie pubbliche e private.
È stato condiviso di definire in 1 milione e 200 mila euro il finanziamento per il funzionamento della SISAC suddividendo in importi di pari entità il contributo a carico dello Stato e quello a carico delle Regioni.
22. Proposta di inserimento di norma che qualifichi come “neutra” la spesa del personale in caso di reinternalizzazioni di servizi sanitari che diano luogo a riduzione della spesa del servizio originariamente esternalizzato.
Emendamento:
1. “In caso di riassunzione di servizi sanitari esternalizzati da non meno di 5 anni, disposta in base a certificazione dall'organo di controllo di cui al primo comma dell'articolo n. 40 bis del decreto legislativo n. 165/2001 al 31 dicembre 2014 che dichiari e quantifichi il risparmio di spesa derivante dall’operazione di riassunzione, la spesa derivante da acquisizioni di personale da destinare al servizio riassunto viene scomputata agli effetti del rispetto di tutti i vincoli di spesa complessiva del personale.
2. Le acquisizioni di personale di cui al comma 1 devono avvenire nel limite delle dotazioni organiche in essere e dei relativi fondi della contrattazione.
Relazione illustrativa
La norma è diretta ad agevolare la reinternalizzazione di servizi sanitari in precedenza affidati all’esterno (v. art. 6 bis d.lgs. 165/01), qualora si attesti che la stessa determina economie di gestione rispetto all’assegnazione in appalto.
Per incentivare o anche per consentire tali operazioni che possono comportare significative economie di bilancio, si ritiene opportuno prevedere una “neutralizzazione” della spesa del personale conseguente alla riassunzione del servizio, qualora la stessa comporti incremento delle unità.
Nel contempo, al fine di evitare che siffatte economie possano venire, in tutto o in parte, vanificate, si stabilisce le relative assunzioni possano avere luogo nel limite delle dotazioni organiche in essere e dell’importo dei relativi fondi contrattuali.
La reinternalizzazione deve avvenire dopo almeno 5 anni da precedenti operazioni di esternalizzazione, previa certificazione dall'organo di controllo di cui al primo comma dell'articolo n. 40 bis del decreto legislativo n. 165/2001 al 31 dicembre 2014.
La disposizione si inserisce nell’ambito di applicazione delle previsioni di cui all’art.22, comma 5 del Patto per la Salute 2014-2016 di cui all’Intesa Stato- Regioni del 10 luglio 2014.
Relazione tecnica
La disposizione non determina oneri sui saldi di finanza pubblica.
Roma, 5 novembre 2015