Promessa di matrimonio
CASSAZIONE CIVILE, sez. VI, ord. 2 gennaio 2012, n. 9 - Pres. Finocchiaro - Rel. Xxxxxxxx
Promessa di matrimonio - Conseguenze risarcitorie derivanti dal recesso senza giustificato motivo, ex art. 81 c.c. - As- soggettabilità ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extracontrattuale - Esclusione - Obbli- gazione ex lege di rimborso delle spese fatte e delle obbligazioni contratte dal promissario in vista del matrimonio - Con- figurabilità - Estensibilità di tale obbligazione al ristoro anche dei danni non patrimoniali - Esclusione.
(C.c. art. 81)
Le conseguenze risarcitorie derivanti dal recesso senza giustificato motivo dalla promessa di matrimonio, ex art. 81 c.c., non sono assoggettate ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extra- contrattuale, né alla piena responsabilità risarcitoria che da tali principi consegue, poiché un tale regime potrebbe tradursi in una forma di indiretta pressione sul promittente, nel senso dell’accettazione di un lega- me non voluto, ma costituiscono oggetto di un’obbligazione ex lege. Ne deriva che il risarcimento dei danni conseguenti all’ingiustificata rottura della promessa di matrimonio va circoscritto alle spese fatte ed alle obbli- gazioni contratte dal promissario in vista della celebrazione delle nozze, con esclusione, quindi, del risarci- mento dei danni non patrimoniali.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme | Sulla natura di obbligazione ex lege del dovere risarcitorio ex art. 81 c.c.: Cass., 15 aprile 2010, n. 9052; Trib. Bari, 28 settembre 2006. Sulla non risarcibilità del danno non patrimoniale: App. Milano, 25 giugno 1954; Trib. Milano, 29 marzo 1963; Trib. Roma, 27 luglio 1963; Trib. Bari, 28 settembre 2006; Trib. Torino, 29 gennaio 2009. |
Difforme | Sulla risarcibilità del danno non patrimoniale: App. Torino, 22 marzo 1949. |
... Omissis ...
La Corte:
Premesso in fatto:
– Il 7 novembre 2011 è stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.:
“1. - Con la sentenza impugnata in questa sede la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza con cui il tribunale di Catania - Sez. dist. di Paterno - ha con- dannato C.G. al risarcimento dei danni in favore di F.P., per ingiustificata rottura della promessa di matrimonio, nella misura di Euro 9.875,45, somma corrispondente al- le spese fatte ed alle obbligazioni contratte dalla fidanza- ta in previsione delle nozze. In accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla F. la Corte di appello ha poi condannato il C. al risarcimento dei danni non patrimo- niali, liquidati in Euro 30.000,00. Quest’ultimo propone sette motivi di ricorso per cassazione. L’intimata non ha depositato difese.
2. - I primi due motivi, con cui il ricorrente lamenta vizi di motivazione e violazione degli art. 79, 80 e 81 c.c. nel capo in cui la sentenza impugnata lo ha condannato al rimborso delle spese, sono inammissibili perché generici ed apoditticamente formulati.
Il ricorrente lamenta che la Corte di merito non abbia preso in esame le sue deduzioni circa il giusto motivo della rottura del fidanzamento e non abbia tenuto con- to, nella quantificazione dei danni, della misura in cui dette spese avrebbero potuto essere recuperate, ma non fa alcun riferimento alla concreta motivazione della sentenza, che ha ritenuto non provate le eccezioni da lui sollevate, né illustra le ragioni per cui la motivazio-
ne si dovrebbe ritenere insufficiente, illogica o contrad- dittoria.
3. - Con il terzo e il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 81 e 2059 x.x., x xxxx xx xxxxxxxxxxx, xxx xxxxxxx che il risarcimento dei danni conseguenti al- l’ingiustificata rottura della promessa di matrimonio va circoscritto alle spese fatte ed alle obbligazioni contratte dal promissario; non può essere esteso oltre questi limiti - e men che mai al risarcimento dei danni non patrimonia- li - poiché il recesso dalla promessa non costituisce illeci- to, in quanto la legge vuoi salvaguardare fino all’ultimo la piena libertà delle parti di decidere se contrarre o non contrarre matrimonio. Richiama a conforto la recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. Sez. 3, 15 apri- le 2010 n. 9052).
3. - I motivi sono fondati.
Va premesso che la rottura della promessa di matrimonio formale e solenne - cioè risultante da atto pubblico o scrittura privata, o dalla richiesta delle pubblicazioni ma- trimoniali (come nel caso di specie, ove il ricorrente ha esercitato il recesso solo due giorni prima della data fissa- ta per la celebrazione delle nozze) - non può considerarsi comportamento lecito, come assume il ricorrente, allor- ché avvenga senza giustificato motivo.
È indubbio che tale comportamento non genera l’obbli- gazione civile di contrarre il matrimonio, ma il recesso senza giustificato motivo configura pur sempre il venir meno alla parola data ed all’affidamento creato nel pro- missario, quindi la violazione di regole di correttezza e di autoresponsabilità, che non si possono considerare lecite o giuridicamente irrilevanti.
Risarcimento danni
Poiché, tuttavia, la legge vuoi salvaguardare fino all’ultimo la piena ed assoluta libertà di ognuno di contrarre o non contrarre le nozze, l’illecito consistente nel recesso senza giustificato motivo non è assoggettato ai principi generali in tema di responsabilità civile, contrattuale od extracon- trattuale, né alla piena responsabilità risarcitoria che da ta- li principi consegue, poiché un tale regime potrebbe tra- dursi in una forma di indiretta pressione sul promittente nel senso dell’accettazione di un legame non voluto.
Ma neppure si vuole che il danno subito dal promissorio incolpevole rimanga del tutto irrisarcito.
Il componimento fra le due opposte esigenze ha compor- tato la previsione a carico del recedente ingiustificato non di una piena responsabilità per danni, ma di un’ob- bligazione ex lege a rimborsare alla controparte quanto meno l’importo delle spese affrontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio. Non sono risarcibili voci di danno patrimoniale diverse da queste e men che mai gli eventuali danni non patrimoniali.
La motivazione della sentenza impugnata, circa la rile- vanza degli interessi non patrimoniali, degli affetti e dei diritti della persona del promesso sposo incolpevole, che sarebbero anche costituzionalmente protetti e che risul- terebbero lesi dalla rottura della promessa, è irrilevante e non congruente con la disciplina giuridica della materia, poiché tralascia il presupposto ineliminabile per poter at- tribuire rilevanza ai suddetti diritti e interessi: cioè l’as- soggettamento della promessa di matrimonio e del suo inadempimento ai principi generali in tema di responsa- bilità, contrattuale od extracontrattuale, anziché ai soli effetti espressamente previsti dall’art. 81 c.c.
4. - Gli altri motivi, che censurano i criteri di liquidazio- ne del danno non patrimoniale, risultano assorbiti.
4. - Propongo che il ricorso sia deciso con procedura in camera di consiglio, nel senso dell’accoglimento del terzo e quarto motivo; del rigetto del primo e del secondo mo- tivo, assorbiti gli altri motivi”.
– La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.
– Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte. Considerato in diritto:
Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, ha condiviso la soluzione e gli argomenti prospettati dal relatore.
In accoglimento del terzo e del quarto motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata nella parte in cui ha condannato il ricorrente al risarcimento dei danni non patrimoniali. Il primo e il secondo motivo vanno ri- gettati e gli altri motivi risultano assorbiti.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.
Il capo della sentenza di appello che ha accolto l’appello incidentale della F., condannando il C. al risarcimento dei danni non patrimoniali, deve essere annullato, men- tre va confermata la condanna del ricorrente a rimborsa- re alla F. le spese fatte e le obbligazioni contratte in vista del matrimonio, nell’importo quantificato dal Tribunale e confermato dalla Corte di appello.
Considerata la reciproca soccombenza delle parti le spese del giudizio di appello si compensano per intero.
Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della soccombente F. e si liquidano complessivamente in Euro 1.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.300,00 per onorari; oltre al rimborso delle spese generali ed agli accessori previdenziali e fiscali di legge.
… Omissis …
IL MATRIMONIO È MORTO: XXXXXX LA PROMESSA DI MATRIMONIO!
di Xxxxxxx Xxxxxx (*)
La Cassazione torna a distanza di poco più di un anno sul tema del risarcimento del danno da rottura di pro- messa di matrimonio risultante da richiesta di pubblicazioni matrimoniali, confermando la tesi dell’obbliga- zione ex lege ed escludendo la risarcibilità del pregiudizio non patrimoniale. La pronuncia fornisce così l’oc- casione di fare il punto sullo stato attuale di dottrina e giurisprudenza sull’art. 81 c.c., passando in rassegna temi quali l’inquadramento della fattispecie in relazione alle categorie tradizionali dell’illecito, la capacità dei soggetti, la forma degli sponsali, il giusto motivo del rifiuto, il danno risarcibile (con particolare riguardo al no- cumento non patrimoniale), i legittimati attivi all’azione, il termine per la proposizione della stessa, i rapporti con l’art. 2043 c.c. (e l’impossibilità di configurare una «responsabilità civile prematrimoniale»), la seduzione con promessa di matrimonio.
1. Introduzione. La fattispecie oggetto del giudizio
Da un po’ di tempo a questa parte i dati statistici se-
Nota:
(*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valu- tazione di un referee.
gnalano una caduta quasi verticale del numero dei matrimoni, l’impennata delle crisi coniugali e l’in- cremento galoppante delle unioni libere (1): può destare stupore, pertanto, il fatto che, proprio in questi ultimissimi anni, il numero di sentenze sulla promessa di matrimonio registri un repentino ed inaspettato incremento (2). A ben vedere, però, l’ampliamento della casistica giurisprudenziale, più che mostrare un persistente attaccamento all’istitu- to matrimoniale, sembra riflettere la generale inten- sificazione del contenzioso su tutti i profili del viver civile, che - in una distorta e delirante visione pan- processualistica della società - vede sempre più il giudice trasformato, secondo l’efficace immagine dell’amico e collega Xxxxxxx Xxxxxxx (3), in una sorta di «muro del pianto», al cui cospetto un nume- ro crescente di persone vengono a reclamare la ga- ranzia delle aspettative più varie.
Per questa ragione chi scrive non può che conferma- re quanto notato sedici anni or sono, e cioè che un’apposita disciplina codicistica di un istituto «ve- tusto», quale la promessa di matrimonio, continua a mantenere una sua utilità (4).
Per quanto attiene alla fattispecie oggetto della de- cisione qui in commento, trattasi di un’azione risar- citoria ex art. 81 c.c. proposta dalla fidanzata contro l’ex fidanzato, che, a due giorni dal dì del fatidico
«sì», aveva deciso di cambiare idea. I giudici di me- rito condannano il mancato sposo al risarcimento del danno, determinato nella misura di poco meno di diecimila euro, a titolo di spese sostenute per la cerimonia andata in fumo, oltre a trentamila euro per i danni morali. In parziale accoglimento del ri- corso, la Cassazione elimina invece la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale, in quanto non riconducibile alla previsione dell’art. cit.
2. La responsabilità per rottura della promessa di matrimonio come obbligazione ex lege
La decisione in commento riconduce espressamente la fattispecie risarcitoria descritta dall’art. 81 c.c. in relazione alla rottura della promessa di matrimonio non già ad «una piena responsabilità per danni», bensì ad «un’obbligazione ex lege a rimborsare alla controparte quanto meno l’importo delle spese af- frontate e delle obbligazioni contratte in vista del matrimonio». Sul punto la sentenza riprende esatta- mente il decisum di un precedente di legittimità del 2010, secondo cui la responsabilità nascente dalla rottura della promessa di matrimonio non è né una responsabilità extracontrattuale, in quanto il reces- so dalla promessa di matrimonio non può essere
considerato condotta antigiuridica, né una respon- sabilità contrattuale, in quanto gli sponsali non so- no un contratto. Si tratta, invece, di una singolare obbligazione ex lege, a carico della parte che si avva- le del diritto di recesso dalla promessa di matrimo- nio, che «costituisce una particolare forma di ripara- zione riconosciuta al di fuori di un presupposto di il- liceità, essendo ricollegata direttamente dalla legge alla rottura della promessa di matrimonio senza giu- sto motivo» (5).
La conclusione deve essere senz’altro condivisa.
A seguito dell’introduzione del requisito della patri-
Note:
(1) «Per quanto riguarda la nuzialità, nel 2009 si conferma il trend decrescente dei matrimoni: sono pari a 230.613 contro i 247.740 del 2008. Se si prende in considerazione il rito, il matrimonio re- ligioso, nonostante la tendenza generale alla diminuzione, conti- nua a essere quello preferito dagli sposi: nel 2009 sono stati ce- lebrati con rito religioso il 62,8% dei matrimoni (…). Rispetto al 1995 le separazioni sono aumentate di oltre il 64% ed i divorzi sono praticamente raddoppiati (+ 101%). Tali incrementi sono osservati, come è stato detto, in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono e quindi sono imputabili ad un effettivo aumento della propensione alla rottura dell’unione coniugale» (cfr. Mini- stero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Rapporto sulla Coesio- ne Sociale - Anno 2011, Vol. I, p. 8; il documento è disponibile online al seguente indirizzo web: xxxx://xxx.xxxxx.xx/xx/xxxxxxxx/ 53075; per i dati concernenti le famiglie, vecchie e nuove, cfr. xxxx://xxx.xxxxx.xx/xx/xxxxxxxx/xxxxxx).
(2) L’ultima decisione di legittimità anteriore a quella qui in esa- me è, come si dirà tra breve, del 2010 (Cass., 15 aprile 2010, n. 9052), mentre altre decisioni della Corte di Cassazione sulla promessa di matrimonio sono state emesse, come si vedrà, ne- gli anni 2003 (Cass., 23 luglio 2003, n. 11429) e 2005 (Cass., 15 febbraio 2005, n. 2974); per quanto attiene alle sentenze di me- rito qui citate, quelle pubblicate nel corso degli anni duemila ammontano a undici; più esattamente trattasi, in ordine crono- logico, di Trib. Pesaro, 4 febbraio 2002; Trib. Reggio Calabria, 12 agosto 2003; Trib. Genova, 17 gennaio 2004; Trib. Gallarate, 28 gennaio 2005; Trib. Modena, 6 dicembre 2005; Trib. Monza, 6 giugno 2006; Trib. Bari, 28 settembre 2006; App. Roma, 18 ot- tobre 2006; Trib. Genova, 25 maggio 2007; Trib. Torino, 29 gen- naio 2009; Trib. Monza, 31 marzo 2011 (per le rispettive citazio- ni v. infra).
(3) La pertinente immagine è proposta da Xxxxxxx, Del giudica- re. Saggio sul rituale giudiziario, Ed. italiana, Milano, 2007, 276.
(4) Cfr. Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passato e pre- sente, Padova, 1996, 4 ss.; Id., voce Promessa di matrimonio, in Digesto ed. IV, Disc. priv., Sez. Civ., XV, Torino, 1997, 394 ss.; Id., La promessa di matrimonio, in AA. VV., Trattato di diritto di famiglia, diretto da Xxxxx, I, Famiglia e matrimonio, 1, ed. II, Mila- no, 2011, 325 ss.; Id., Della promessa di matrimonio, Commen- to agli artt. 79-81 c.c., in AA. VV., Codice della famiglia, a cura di Xxxxx, ed. II, Milano, 2009, I, 378 ss. A tali scritti si fa rinvio an- che per i necessari richiami dottrinali e giurisprudenziali, al di là di quelli inerenti alla specifica questione toccata nel presente la- voro.
(5) Cfr. Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, in questa Rivista, 2010, 1002, con nota di Gelli; in Giur. it., 2010, 2283, con nota di Sche- pis; in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 1128, con nota di Nas- setti; in Fam. pers. succ., 2010, 743, con nota di Caricato; in Danno resp., 2011, 43, con nota di Xxxxxxxxx Xxxxxxx; in Riv. notar., 2011, II, 407, con nota di Xxxxxxxx. Per la giurisprudenza di me- rito x. Xxxx. Xxxx, 00 settembre 2006, in Corr. merito, 2007, 295.
monialità della prestazione oggetto dell’obbligazio- ne e del contratto, ad opera degli artt. 1174 e 1321
x.x. xxx 0000, xxxxxxxx x xxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxx- xxxx xx Xxxxxx la tesi che, in precedenza, aveva rico- nosciuto nella promessa di matrimonio l’esistenza di un vero e proprio contratto, orientandosi piuttosto verso la categoria dell’“atto giuridico in senso stret- to”, vale a dire quel comportamento, volontario e consapevole, capace di rilevare quale mero presup- posto di effetti rigidamente preordinati dalla legge, come un elemento, cioè, integrante fattispecie più complesse. Parallelamente si è operato il definitivo superamento della concezione contrattuale della re- sponsabilità per rottura della promessa (6).
È evidente che questa seconda conclusione non è completamente legata alla prima, ben potendo sussi- stere una responsabilità «contrattuale» per inadem- pimento di un’obbligazione di fonte legale (7). Il fat- to è che qui l’impossibilità di un richiamo all’art. 1218 c.c., prima ancora che un effetto della mancan- za del requisito della patrimonialità, è il portato di quella regola (art. 79 c.c.) che chiaramente esclude che dalla promessa possa sorgere un obbligo di cele- brare le nozze. Né d’altro canto l’ostacolo appare su- perabile immaginando che l’obbligazione violata sia non già quella di celebrare il matrimonio, bensì quel- la di non recedere dalla promessa senza un giusto mo- tivo: anche siffatta costruzione è categoricamente esclusa dall’art. 79 c.c., che non pone alcuna distin- zione tra rifiuto giustificato o meno, ma salvaguarda in ogni caso, anche nell’ipotesi di più sfacciato ca- priccio, la libertà matrimoniale. Prova ne è il fatto che, se fosse vera la tesi qui criticata, cioè se esistes- se, in assenza di un giusto motivo di recesso, un vero e proprio dovere giuridico di celebrare le nozze, do- vrebbe allora ritenersi valida la penale pattuita per tale eventualità, ciò che non può ammettersi, in pre- senza del chiaro tenore dell’art. cit. (8).
Sul fronte opposto a quello della responsabilità ex contractu, la tesi della responsabilità aquiliana, pur annoverando autorevoli sostenitori (9), si scontra subito con un’obiezione difficilmente superabile: ci si chiede, cioè, come sia possibile ravvisare gli estre- mi di un illecito nell’esercizio di un potere espressa- mente concesso dalla legge.
Il rilievo non può essere superato affermando che l’illiceità risiederebbe non già nel rifiuto di per se stesso (che, in linea di massima, costituirebbe inve- ce un fatto lecito), bensì nel rifiuto ingiustificato (10). Se, infatti, illecito è quel comportamento che si pone in violazione di un dovere giuridico, occorre ammettere che, per effetto dell’art. 79 c.c., un dove- re giuridico non esiste: e ciò, come si è appena visto,
sia in presenza che in assenza (anche la più clamoro- sa!) di un giusto motivo. A ciò s’aggiunga ancora la difficoltà di ricondurre al paradigma ex art. 2043 ss.
c.c. una fattispecie in cui il rapporto giuridico non nasce dalla violazione del precetto del neminem lae- dere, ma dalla lesione di una situazione giuridica pre- costituita, tra soggetti individuati (11).
Di fronte a queste premesse era dunque inevitabile che tra gli interpreti si formasse un «terzo partito», coalizzato intorno al rifiuto dell’alternativa secca tra responsabilità contrattuale e aquiliana, ma a sua volta diviso tra i fautori della tesi della natura precontrattuale (12), per violazione della buona fede nelle trattative (13), da un lato, e i sostenito-
Note:
(6) Cfr., anche per i rinvii, Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passato e presente, cit., 185 ss., 201 ss.; v. inoltre Uccella, Il ma- trimonio, Padova, 1996, 19; Xxxxxx, Il matrimonio. Lezioni, Mila- no, 1998, 28; Xxxxx, La promessa di matrimonio, in AA. VV., Il di- ritto di famiglia, Trattato diretto da Xxxxxxxx e Xxxxxxxx, I, Famiglia e matrimonio, 1, Torino, 2007, 101 ss.
(7) Sul tema v. per tutti Oberto, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, Milano, 2006, 29 ss.
(8) In questo senso pare orientata anche una decisione di merito che, esprimendosi in materia di obbligo di risarcimento per rot- tura della promessa di matrimonio, ha affermato che tale obbli- go risarcitorio trova il suo fondamento «non nell’inadempimento a una promessa vincolante (essendo al contrario pacifico che la promessa di matrimonio non ha effetti obbligatori), bensì in un comportamento lesivo delle aspettative di buona fede che na- scono tra due persone in un rapporto di fidanzamento»: Trib. Ge- nova, 17 gennaio 2004, in Guida dir., 2004, n. 13, 60.
(9) Xxxx, Il diritto di famiglia. Teoria generale, Roma, 1914, 223; Xxxxxx, Il matrimonio, Torino, 1950, 54 ss.; cfr. inoltre De Rug- giero e Maroi, Istituzioni di diritto civile, I, Milano, 1965, 280 s.;
X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimonio, artt. 79-83, nel Commentario del codice civile, a cura di Xxxxxxxx e Branca, I, Bologna-Roma, 1971, 141 ss.; Tatarano, Rapporti da promessa di matrimonio e dovere di correttezza, in Riv. dir. civ., 1979, 664 s. In tempi meno remo- ti aderisce a tale impostazione, ormai superata, presentandola come prevalente, Xxxxx, op. cit., 102.
(10) In questo senso cfr. invece Xx Xxxxxxxx e Xxxxx, op. loc. ult. cit.
(11) De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilità civi- le, Milano, 1966, 393; De Giorgi, La promessa di matrimonio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, 751. Sulla non riconducibilità della fattispecie in esame all’art. 2043 c.c. v. anche, nella giurispru- denza di merito, App. Roma, 18 ottobre 2006, in questa Rivista, 2007, 476, con nota di Xxxxx; cfr. inoltre Trib. Monza, 6 giugno 2006, in DeJure («Il diritto al risarcimento dei danni derivanti dal- la rottura di un fidanzamento è stato dal legislatore limitato ai ca- si di promessa assunta con particolari forme e ridotto, sul piano quantitativo, alle spese fatte e alle obbligazioni contratte a causa di quella promessa ex art. 81 c.c.: trattasi di fattispecie risarcito- ria speciale, tale da escludere l’applicazione di altre fattispecie ipoteticamente applicabili, come l’art. 1337 e l’art. 2043 c.c.»).
(12) Xxx. Xxxxxxx, Xxxxxx xxx xxxxxxxxxxx, XX, Xxxxx, 0000, 55; Du- si, Istituzioni di diritto civile, I, Torino, 1937, 221.
(13) In questo senso (sulle orme del De Cupis, Il danno. Teoria generale della responsabilità civile, Milano, 1946, 205) cfr. Nova- ra, La promessa di matrimonio, Genova, 1950, 33 ss., 48 s. Per una persuasiva critica al riguardo v. X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimo- nio, cit., 72 ss.
ri della dottrina della responsabilità ex lege, dall’al- tro. La prima ricostruzione si è però vista obbietta- re (14) che, mentre le trattative sono un mutuo ri- velarsi di approvazioni, gli sponsali, al contrario, sono un risultato bilateralmente acquisito e che, inoltre, la parificazione delle trattative matrimo- niali a quelle contrattuali, dirette a costituire un rapporto di natura patrimoniale, urta contro l’in- tenzione del legislatore ed è contraria alla discipli- na normativa della promessa di matrimonio, dalla quale è dato ricavare testualmente il principio se- condo cui la fase prematrimoniale non conosce quei vincoli che sono invece caratteristici delle trattative contrattuali (15).
La tesi prevalente nella dottrina contemporanea, in- terpretazione che peraltro ha trovato l’avallo della Cassazione (16), è pertanto proprio quella che rico- nosce all’obbligo risarcitorio da ingiustificato recesso dagli sponsali la natura di responsabilità ex lege (17). Muovendosi in quest’ottica qualche autore ha anzi ravvisato nella promessa di matrimonio gli estremi dell’atto lecito dannoso (18), categoria cui si è an- che tentato di fornire un inquadramento più genera- le (19). Altri, infine, ponendo in luce come il legi- slatore non abbia neppure usato al riguardo il termi- ne “responsabilità”, ne hanno concluso che, nel ca- so in esame, ci si troverebbe di fronte non già ad una sanzione, ma ad una «riparazione riconosciuta al di fuori di un presupposto di illiceità» (20). D’altro canto, la lettura della disposizione in esame fornisce piuttosto l’impressione che l’intento perseguito non sia tanto quello di predisporre una forma di «puni- zione» nei confronti del responsabile della rottura, quanto piuttosto quello di tutelare l’affidamento in- colpevole della parte che, in vista della celebrazione delle nozze, abbia in buona fede affrontato una serie di spese.
Sembra dunque ragionevole concludere sul punto sottolineando che il fenomeno descritto dall’art. 81
c.c. altro non costituisce se non una di quelle variae causarum figurae in presenza delle quali l’ordinamen- to determina, ex art. 1173 c.c., l’insorgere di un’ob- bligazione (dal contenuto, tra l’altro, non troppo dissimile da quello descritto dall’art. 2031 c.c.) in capo ad un determinato soggetto (21).
3. Segue. La reale portata della diatriba sulla natura della responsabilità in discorso
Potrebbe essere interessante, a questo punto, inter- rogarsi sulla reale portata di una diatriba, quale quel- la sulla natura della forma di responsabilità descritta dall’art. 81 c.c., che sembra avere tutto il gusto d’al- tri tempi. La conclusione non può che essere nel
senso della sostanziale inutilità di ogni discussione al riguardo. Una volta constatato, infatti, che que- stioni quali l’individuazione del termine di decaden- za e dell’onere della prova in punto elemento sog- gettivo (22) sono state espressamente risolte dal le-
Note:
(14) Cfr. Candian, Gli sponsali come fonte negoziale di aspettati- va, in Temi, 1951, 459 s.; Xxxxxxxx, Osservazioni critiche su di una recente costruzione degli sponsali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1952, 672.
(15) Cfr. Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimonio, in AA. VV., Commentario al Diritto Italiano della famiglia, a cura di Xxxx, Tra- xxxxxx, Oppo, II, Milano, 1992, 22; Trib. Monza, 6 giugno 2006, cit.
(16) Cfr., oltre alla decisione qui in commento, Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, cit. Per analoghe conclusioni nella giurisprudenza di merito, cfr. App. Milano, 25 giugno 1954, in Riv. dir. matr., 1954, 275.
(17) Xxxxxxx, Natura ed effetti della promessa di matrimonio, in Nuovo dir., 1940, 282; Ferrara Xxxxxxxxxx, La promessa di ma- trimonio, Napoli, 1940, 54 s.; Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, Lineamenti del- la promessa di matrimonio secondo il nuovo codice, in Riv. dir. civ., 1939, 12; Loi, voce Promessa di matrimonio, Diritto civile, in Enc. dir., XXXVII, Milano, 1988, 89 s.; Xxxxxxxx, Nozioni di diritto di famiglia, Torino, 1992, 35; Id., Manuale di diritto di famiglia, To- rino, 1998, p. 49 (che peraltro accosta il fenomeno in esame alla responsabilità precontrattuale); Xxxxxx, La promessa di matri- monio tra passato e presente, cit., 204 s.; Id., voce Promessa di matrimonio, in Digesto, ed. IV, Disc. priv., Sez. Civ., XV, cit., 405; Id., La promessa di matrimonio, in AA. Vv., Trattato di diritto di famiglia, diretto da Xxxxx, I, Famiglia e matrimonio, 1, ed. II, cit., 345 ss.; Xxxxxx, op. cit., 32; Xx Xxxx, Della promessa di matrimo- nio, in Commentario del codice civile diretto da Xxxxxxxxx, Della famiglia, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2010, 34 s.; Xxxxx, Rottura del- la promessa di matrimonio ed obbligazioni ex artt. 2033 e 81 c.c., Xxxx a Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, in questa Rivista, 2010, 1005 s.; Xxxxxxx, “Prima i confetti poi i difetti...”: le con- seguenze della rottura della promessa di matrimonio secondo la Corte di cassazione, Nota a Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, in Giur. it., 2010, 2283 ss.; Xxxxxxxxx Xxxxxxx, La promessa di matri- monio: “liberas nuptias esse placuit”, Nota a Cass., 8 marzo 2010, n. 9052, in Danno resp., 2011, 43.
(18) X. Xxxxxxxxx, L’atto non negoziale nel diritto privato italiano, Napoli, 1955, 283 ss.; Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, voce Atto giuridico, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 208, 213; Xxxxx, La risarcibilità del danno da atto lecito nel diritto civile, in Riv. dir. civ., 1967, I, 235 ss. Contra Tatarano, Rapporti da promessa, cit., 664; Id., La pro- messa di matrimonio, in Trattato di diritto privato, diretto da Re- scigno, 2, Torino, 1982, 528 s.
(19) In questo senso cfr. Xxxxx, op. loc. ult. cit.
(20) Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimonio, cit., 29; cfr. inoltre Uccella, Diritto di famiglia, Milano, 1996, 10.
(21) Per ulteriori approfondimenti si fa rinvio a Xxxxxx, La pro- messa di matrimonio tra passato e presente, cit., 201 ss.; in sen- so critico sulla teoria dell’“atto lecito dannoso” cfr. Caricato, La promessa di matrimonio, in AA.VV., Il nuovo diritto di famiglia, Trattato diretto da Xxxxxxxx, I, Bologna, 2007, 98 ss.; Ead., Ina- dempimento della promessa di matrimonio e risarcimento del danno, Nota a Xxxx., 15 aprile 2010, n. 9052, in Fam. pers. succ., 2010, 743.
(22) Sul punto si noti che, come verrà meglio chiarito infra, la fat- tispecie fa espressamente perno sulla rottura della promessa: comportamento, questo, che non può essere se non consape- vole e pertanto necessariamente doloso; di ciò non sembra av-
(segue)
gislatore, occorre prendere atto della difficoltà di in- dividuare almeno un effetto in relazione al quale una scelta di campo in merito alla natura della re- sponsabilità potrebbe rivelarsi determinante (23). Tanto per cominciare, con riferimento al problema del danno risarcibile, rilevato che la legge ha appo- sitamente circoscritto il diritto del danneggiato alle spese effettuate ed alle obbligazioni assunte in vista della celebrazione delle nozze, nei limiti in cui esse corrispondono alla condizione delle parti, la stessa distinzione tra danno prevedibile (da parte del- l’“inadempiente”) e danno non prevedibile con- templata dall’art. 1225 c.c. sembra perdere di con- creto significato: non pare infatti che delle ipotesi di pregiudizio imprevedibile al momento dello scambio delle promesse siano idonee a superare il vaglio dell’art. 81 c.c.
Altre due questioni in relazione alle quali si suole (erroneamente, ad avviso di chi scrive) attribuire ri- lievo alla scelta di campo operata con riguardo alla questione della natura del fenomeno in esame sono quelle della capacità dei soggetti e della forma della promessa presupposta dall’art. 81 c.c.: qui si entra però nel campo dei requisiti per l’applicazione del- l’art. ult. cit., cui appare opportuno dedicare una trattazione a parte.
4. La capacità dei soggetti
Cominciando dalla capacità dei soggetti, andrà su- bito rilevato che l’art. 81 c.c. richiede espressamen- te che il promittente abbia raggiunto la maggiore età o sia stato ammesso a contrarre matrimonio ai sensi dell’art. 84 c.c. La disposizione, che faceva ori- ginariamente richiamo al «minore autorizzato da chi deve dare l’assenso per la celebrazione del ma- trimonio», venne modificata in parte qua dall’art. 3, l. 19 maggio 1975, n. 151 - Riforma del diritto di fa- miglia, proprio per adeguarla alla novellazione subi- ta dall’art. 84 c.c. Appare dunque chiara l’intenzio- ne del legislatore di creare qui un perfetto paralleli- smo con la capacità richiesta per la validità del ma- trimonio (24).
Andrà dunque esclusa, in primo luogo, l’applicazione della norma in esame al caso della promessa fatta da un minore non autorizzato ex art. 84 c.c., sia pure ri- conosciuto capace di intendere e di volere (25), an- che in presenza dell’adesione dei genitori o del tuto- re all’idea delle nozze dallo stesso minore promesse e, poi, rifiutate (26). La conclusione appare del resto conforme al principio stabilito dall’art. 16, l. 14 mar- zo 1985, n. 132 - Ratifica ed esecuzione della convenzio- ne sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicem-
bre 1979, secondo cui «I fidanzamenti ed i matrimo- ni tra fanciulli non avranno effetti giuridici».
Non sussistono invece dubbi circa la rilevanza ex art. 81 c.c. della promessa effettuata dall’inabilita- to, cui viene riconosciuta la capacità in ordine non solo al matrimonio, ma a tutti i negozi di diritto fa- miliare (27).
Si discute poi circa la posizione dell’interdetto che, in un momento di lucido intervallo, si sia impegna- to a contrarre matrimonio.
Tale promessa (il cui contenuto non dovrebbe esse- re ritenuto - a differenza delle altre ipotesi di impe- dimento - impossibile, potendo lo stato di interdi- zione cessare in ogni momento) potrebbe, secondo taluno, ritenersi valida fonte di responsabilità acce- dendo alla tesi della natura aquiliana del rapporto disciplinato dall’art. 81 c.c. (28). In realtà, proprio le constatazioni, testé riportate, circa il parallelismo che il legislatore ha voluto qui istituire con l’istituto matrimoniale inducono ad escludere - indipenden- temente dalla riconduzione della figura in esame a categorie generali quali la responsabilità contrattua- le o quella aquiliana - l’applicazione dell’art. 81 c.c. a quel promesso sposo che abbia prestato il consen- so pur in presenza di una propria situazione di inca- pacità, legale o naturale.
Potrà infine aggiungersi sul tema che la l. 9 gennaio
Note:
(continua nota 22)
vedersi Xxxxx, op. cit., p. 102, secondo cui «la qualificazione del- la fonte dell’obbligazione risarcitoria rileva ai fini dell’onere della prova. Se si tratta di responsabilità contrattuale, l’attore dovrà provare solo il rifiuto del convenuto alle nozze, mentre graverà su costui l’onere di dimostrare che il rifiuto fu sorretto da un le- gittimo motivo». Peraltro, come si vedrà, il “giusto motivo”, qua- le elemento vuoi costitutivo, vuoi scriminante della “responsabi- lità” in discorso, nulla ha a che vedere con l’elemento soggetti- vo, il cui onere probatorio normalmente costituisce, come noto, il discrimen (rectius: uno dei discrimina) tra responsabilità aqui- liana e contrattuale.
(23) Sul punto v. già Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra pas- xxxx e presente, cit., 201 ss.
(24) Sul tema si fa rinvio per tutti a Oberto, La promessa di ma- trimonio tra passato e presente, cit., 209 s.
(25) Così Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimonio, cit., 23.
(26) Così A. e X. Xxxxxxxxxxx, Diritto di famiglia, I, Milano, 1984, 20.
(27) Cfr. per tutti Novara, op. cit., 63 s.; Tedeschi, voce Matrimo- nio (promessa di), Diritto civile, in Noviss. Digesto it., X, Torino, 1964, 420; Uccella, voce Matrimonio. I) Matrimonio civile, in Enc. giur. Treccani, XIX, Roma, 1990, 9.
(28) Il dibattito al riguardo risale al c.c. 1865: Degni, Xxx xxxxx- xxxxx, I, Torino, 1926, 67 s. Per l’irrilevanza della promessa del- l’interdetto cfr. Xxxxxxxxxxx, Delle persone e della famiglia. Il matrimonio, in AA. VV., Commentario del codice civile, redatto a cura di magistrati e docenti, Torino, 1981, 37; sul tema cfr. inol- tre Uccella, Diritto di famiglia, cit., 11.
2004, n. 6, relativa all’amministrazione di sostegno, ha tralasciato di disciplinare la condizione dell’inca- pace assistito da un amministratore di sostegno, ri- spetto alla stipulazione di una promessa di matrimo- nio (29). Peraltro va notato che il soggetto assistito conserva una capacità negoziale generale, salvo che per gli atti espressamente indicati nel decreto di no- mina che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario (art. 405 n. 3 c.c.), oppure per gli atti che il benefi- ciario può compiere solo con l’assistenza dell’ammi- nistratore di sostegno (art. 405 n. 4 c.c.). Si deve ri- tenere, pertanto, che il soggetto assistito conservi la capacità matrimoniale (30) e quindi la capacità di concludere una promessa di matrimonio, rilevante ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 81 c.c.
5. La forma degli sponsali
e la loro natura vicendevole
Anche in ordine al problema della forma della pro- messa si è affermato da più parti che l’adesione alla tesi della responsabilità extracontrattuale, piuttosto che a quella della responsabilità ex lege, dovrebbe sortire precise conseguenze pratiche. In particolare il richiamo alla lex Aquilia dovrebbe indurre a rite- nere i tipi di forme menzionati dal codice (atto pub- blico, scrittura privata, richiesta della pubblicazio-
di un elemento imprescindibile (lo scritto, appunto) dal quale risulti lo scambio delle promesse.
Le maggiori controversie sono sorte, piuttosto, sul modo di intendere la scrittura privata: ci si è chie- sti, in particolare, se si possa prendere in considera- zione una promessa contenuta non in un apposito atto, ma dedotta dalla corrispondenza, ed eventual- mente provata dalle lettere scambiate dai contraen- ti. La risposta positiva, che va per la maggiore (33), appare la più aderente al testo della norma, che, pur richiedendo il carattere vicendevole della promes- sa, non impone né un atto ad hoc, né la contestuali- tà delle dichiarazioni (34). È però evidente che in questa materia occorrerà essere molto cauti. Non ogni lettera d’amore, magari contenente vaghi pro- positi e desideri di contrarre le nozze, potrà ritener- si idonea allo scopo, occorrendo, al contrario, che la parte esprima in maniera chiara, seria e precisa, un intendimento idoneo ad ingenerare nella con- troparte quell’affidamento che il legislatore ha inte- so tutelare (35).
6. Il “giusto motivo” di rifiuto
Venendo ora all’individuazione del concetto di “giu- sto motivo”, va detto che, nel sistema dell’art. 81 c.c., questo rileva, alternativamente, in una duplice maniera. Ai sensi del primo comma esso gioca come
ne) come pretesi dall’art. 81 c.c. meramente ad pro-
bationem, sulla base di un elenco avente carattere esclusivamente esemplificativo. Ne conseguirebbe, da un lato, l’ammissibilità della prova della promes- sa per confessione o giuramento, e, dall’altro, il rilie- vo della richiesta di pubblicazioni anche soltanto canoniche (31).
Francamente appare difficile individuare un nesso di necessaria consequenzialità tra l’adesione alla tesi della responsabilità extracontrattuale e una siffatta lettura dell’art. 81 c.c. Non riesce invero facile com- prendere perché mai, collocandosi - in ipotesi - in una prospettiva aquiliana, il legislatore dovrebbe per ciò solo rinunziare ad inserire nella fattispecie, quali elementi essenziali (e, come tali, non suscettibili di equipollenti), determinati presupposti di carattere formale.
La dottrina e la giurisprudenza prevalenti reputano comunque che gli atti indicati dall’art. 81 cit. siano richiesti ad substantiam (32). Il richiamo a tale cate- goria non deve però evocare suggestioni di tipo con- trattuale: da quanto si è detto circa la natura della promessa appare evidente come nel nostro sistema non abbia senso porsi il quesito circa la “validità” o meno del fidanzamento; esso sta piuttosto ad indica- re la ritenuta necessità che la fattispecie si completi
Note:
(29) Xxxxxx, Della promessa di matrimonio, cit., 395.
(30) Xxxxxx, Il regime di separazione di beni tra coniugi, coniugi. Artt. 215-219, in Il codice civile. Commentario fondato e già di- retto da Xxxxxxxxxxx, continuato da Xxxxxxxx, Milano, 2005, 59.
(31) Tatarano, Rapporti da promessa, cit., 669 s.; Id., La promes- sa di matrimonio, cit., 528 s. Nel senso del rilievo delle pubblica- zioni anche soltanto canoniche cfr. anche Trib. Roma, 27 luglio 1963, in Temi rom., 1964, 199;
(32) Cass., 31 luglio 1951, n. 2271, in Giur. it., 1951, I, 1, c. 15; App. Palermo, 14 agosto 1958, in Rep. Giust. civ., 1959, voce Matrimonio, n. 90; Trib. Gallarate, 28 gennaio 2005, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti di merito, secondo cui «L’ac- quisto dell’immobile e della camera da letto non sono fatti equi- pollenti ad una promessa che deve essere fatta in forma scritta ad substantiam o risultare dalla richiesta di pubblicazione»; in questo senso cfr. anche Xxxxxxxxxxx, op. cit., 37.
(33) Cfr. Cass., 31 luglio 1951, n. 2271, cit., la quale nega che la corrispondenza di uno solo dei promittenti sia sufficiente ad in- tegrare il requisito di forma richiesto dall’art. 81 c.c., ma esclude che la promessa debba essere fatta in forma rigorosamente do- cumentale «e cioè in unico atto contestualmente sottoscritto da entrambi» (cfr. anche Cass., 20 maggio 1955, n. 1480, secondo cui, addirittura, sarebbe sufficiente la produzione delle lettere di uno solo dei promittenti, allorquando da esse risulti in modo non equivoco che anche l’altro, a sua volta, aveva manifestato con la propria corrispondenza il proposito di contrarre matrimonio); per ulteriori richiami giurisprudenziali cfr. De Giorgi, op. cit., 755.
(34) X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimonio, cit., p. 149.
(35) Cfr. Novara, op. cit., 66; X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimonio, cit., 148; Cass., 20 maggio 1955, n. 1480.
scriminante (elemento “negativo” della fattispecie) in ordine alla responsabilità dell’autore del rifiuto. Per effetto del capoverso il medesimo costituisce in- vece elemento costitutivo (in “positivo”) della re- sponsabilità di colui che, pur non manifestando al- cuna forma di rifiuto, ha determinato colposamente il (giustificato) rifiuto dell’altro. Ne consegue che sarà proprio la presenza o meno di un giustificato motivo a consentire d’individuare il soggetto legitti- mato al risarcimento previsto dalla norma in esame, rispettivamente, in colui che ha manifestato il rifiu- to, ovvero in colui che lo ha subito.
Le considerazioni di cui sopra, già presentate dallo scrivente anni or sono (36), sono state recepite dal- la già ricordata decisione di legittimità del 2010, la quale ha riconosciuto che «Il tenore letterale della norma è chiaro nell’individuare i presupposti e le condizioni di operatività dell’obbligazione riparato- ria, nonché i limiti della stessa, segnatamente indi- viduando l’assenza di giustificato motivo quale fatto negativo costitutivo della pretesa dell’altra parte». L’onere della prova della legittimità del recesso gra- va in capo al fidanzato che lo esercita: in caso di mancata prova dell’esistenza di un giusto motivo va- le, dunque, la generale regola di soccombenza della parte sul punto non provato (37).
offrire un catalogo di situazioni la cui ignoranza, proprio perché rilevante per l’annullamento del ma- trimonio, dovrebbe a fortiori costituire buon motivo per il rifiuto della celebrazione (si pensi ad esempio all’ignoranza circa una grave malattia da cui sia af- flitta l’altra parte) (41).
Peraltro la giurisprudenza è andata ben oltre, se è ve- ro che essa è giunta ad annoverare a tale categoria i casi di perdita dell’impiego o del fallimento, il man- cato rispetto del tipo di assetto patrimoniale concor- dato, l’emergere di un’estrazione sociale diversa da quella professata o ritenuta, il mancato intervento della dispensa da un impedimento, purché richiesta (42), o, ancora, «la preesistente mancanza di una stabile occupazione, sempreché l’impegno di con- trarre matrimonio sia stato subordinato al consegui- mento di un’occupazione definitiva oppure allorché la situazione lavorativa del promittente fosse diversa la momento della promessa rispetto a quella posta a base del rifiuto» (43). Il tutto, sempre tenuto conto anche dei principi morali e del ceto sociale dei pro- messi sposi, nonché dei costumi e delle usanze del luogo in cui doveva celebrarsi il matrimonio.
Nel suo complesso, la disamina di questi casi sembra manifestare la propensione dei giudici per un crite-
Tale distribuzione dell’onere probatorio discende
dalla circostanza, per cui l’assenza di un giustifica- to motivo rappresenta un fatto negativo, che non può costituire oggetto di prova in ossequio al prin- cipio espresso dal brocardo “negativa non sunt pro- banda” (38).
Circa la concreta individuazione dei possibili “giusti motivi” va innanzitutto rilevato che le principali le- gislazioni moderne sembrano aver definitivamente ripudiato il metodo casistico: persino l’amore tutto tedesco per la tipizzazione delle fattispecie - espresso in subiecta materia tanto da svariate legislazioni preu- nitarie (tra cui l’ALR), che in sede di lavori prepara- tori del codice germanico (39) - ha dovuto cedere il passo all’elaborazione di una clausola generale (wi- chtiger Grund für den Rücktritt: cfr. § 1298 III BGB), in tutto e per tutto analoga alla nostra.
La dottrina contemporanea, dal canto suo, cerca di elaborare i dati provenienti dalla giurisprudenza in- quadrandoli all’interno di una serie di criteri di ca- rattere generale. In particolare, si reputano rilevanti quei fatti che, se conosciuti al momento degli spon- sali, avrebbero dissuaso il promittente dal conclu- derli, ritenendosi fondamentale la loro ignoranza al momento dello scambio della promessa (40). In quest’ottica un aiuto potrebbe essere fornito dall’art. 122, comma 3, c.c., inteso come norma in grado di
Note:
(36) Cfr. Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passato e pre- dente, cit., 201 ss.
(37) In senso conforme, in dottrina, cfr. Xxxxx, Rottura della pro- messa di matrimonio ed obbligazioni ex artt. 2033 e 81 c.c., No- ta a Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, in questa Rivista, 2010, 1007; Xxxxxxxx, La promessa di matrimonio e il suo scioglimento, No- ta a Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, in Riv. notar., 2011, II, 407 s. Per la giurisprudenza di merito, nel senso che l’attore che pone a fondamento della propria domanda l’ingiustificata rottura del fi- danzamento dovrà provare solo l’inadempimento della promes- sa di matrimonio, spettando al convenuto dimostrare l’esistenza di un giustificato motivo cfr. Trib. Milano, 12 maggio 1961, in Giur. it., 1961, I, 2, c. 529; App. Torino, 31 marzo 1942, in Rep. Foro it., 1942, voce Matrimonio, n. 27.
(38) Sul punto, cfr. per tutti Patti, Prove. Disposizioni generali, in Commentario del codice civile, a cura di Xxxxxxxx e Branca, Bolo- gna - Roma, 1987, 52 ss.
(39) Xxx. Xxxxxx, Xxxxxxxxxxxxx, Xxxx 0, Xxxxxxxxx und Wirkungen der Ehe, Eheverträge, in Die Vorlagen der Redaktoren für die er- ste Kommission zur Ausarbeitung des Entwurfs eines Bürgerli- chen Gesetzbuches, ristampa dell’edizione di Berlino, 1880, a cura di X. Xxxxxxxx, de Gruyter, 1983, 215 ss. Per l’ALR x. x §§ xx 000 x 000 (XX, X).
(40) Tatarano, Rapporti da promessa, cit., p. 671 ss.; Id., La pro- messa di matrimonio, cit., 530 s.; Xxxxxx, Xxxxxxxxxxxxx, Xxx- xxxx, 0000, 25; sul tema v. inoltre Uccella, Diritto di famiglia, cit., 11 s.
(41) Tatarano, La promessa di matrimonio, cit., 530 s.
(42) V. per i richiami X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimonio, cit., 169 ss.
(43) Trib. Reggio Calabria, 12 agosto 2003, in Dir. fam. pers., 2004, 484; in Dejure.
rio che, prescindendo da qualsiasi specifico riferi- mento normativo, induca il decidente, sulle orme di autorevole insegnamento, a compiere un giudizio di carattere non giuridico, ad «attingere fuori del cam- po del diritto, nell’ambito delle idee dominanti, dei principii morali più diffusi», applicando «al caso concreto il giudizio morale più comune» (44).
Eppure, di fronte all’evidente «parentela» dell’isti- tuto in esame con quello matrimoniale e tenuto al- tresì conto del fatto che le citate prese di posizione, tanto a livello dottrinale che giurisprudenziale, si ri- feriscono per lo più ad epoca antecedente all’entra- ta in vigore dell’attuale testo dell’art. 122, comma 3, c.c., sembra difficile sbarazzarsi di tale precisa indi- cazione normativa, quanto meno a livello di para- metro di riferimento, indicativo di una scelta, per così dire, di campo, operata dal legislatore in mate- ria matrimoniale, a tutto vantaggio di «valori» qua- li la salute fisica e mentale, la moralità e l’incensura- tezza delle parti, il rispetto della fides sponsalicia, e a discapito invece di altri “valori” (o, se si preferisce, pseudovalori), quali la ricchezza, la nobiltà, la “posi- zione”, ecc. (45). Come pure osservato in dottrina, la nozione di «giusto motivo» appare caratterizzata da una sorta di «relatività», per la cui individuazio- ne è spesso opportuno attingere a valori esterni al- l’ordinamento giuridico, invadendo le sfere della morale e del costume (46).
Concludendo sul punto non potrà farsi a meno di ri- levare come, di fatto, un’influenza determinante possa essere dispiegata dal momento e dall’occasio- ne prescelte dalla parte per addivenire alla rottura della promessa. Così, una decisione di merito del 2006 ha ritenuto non costituire giusto motivo per il recesso operato dal promesso sposo un concorso di circostanze, obiettivamente, piuttosto «pesanti» a carico della mancata dolce metà, quali liti, anche violente, davanti ad estranei e per futili motivi, co- me, ad esempio, per il menù delle nozze oppure per l’attribuzione dell’ufficio di testimone, il tutto ac- compagnato, talvolta, da “borsettate” da parte della
dal fidanzato due giorni prima del matrimonio. Ri- lievo determinante è stato svolto nella specie dal fatto che il convenuto avesse atteso l’imminenza del matrimonio per prendere atto della situazione; se- condo il giudice, infatti, o la crisi non era così insa- nabile oppure, se effettivamente lo era, lo sposo non ha voluto assumersi a tempo debito le responsabilità del caso. In tal modo, si è - ad avviso di chi scrive correttamente - inteso punire il comportamento del convenuto, il quale, in alternativa, o aveva alimen- tato la situazione di conflittualità al fine di precosti- tuirsi un giusto motivo di rottura, oppure, con un comportamento particolarmente deprecabile, aveva atteso troppo tempo per rompere il fidanzamento, in tal modo deludendo l’affidamento comunque inge- nerato nella controparte (47).
7. Il danno risarcibile: limitazioni di tipo qualitativo e quantitativo
L’intento che ha mosso il nostro legislatore nella de- terminazione del criterio per la quantificazione del danno è stato quello di tutelare la libertà dei nuben- di fino al momento della celebrazione del matrimo- nio, escludendo ogni forma, anche indiretta, di coa- zione (48). Il risultato è stato perseguito mediante la creazione di un’accurata serie di limitazioni del dan- no risarcibile.
Esse potranno essere sinteticamente individuate co- me segue:
a) esclusione del risarcimento del c.d. interesse (contrattuale) positivo;
b) contenimento del risarcimento del c.d. interesse negativo alle sole “spese fatte” ed alle “obbligazioni contratte”, con esclusione, pertanto, del possibile lucro cessante;
c) necessaria presenza di un preciso collegamento tra le spese fatte (o le obbligazioni contratte) e la promessa di matrimonio;
d) necessaria rispondenza delle spese fatte (e delle obbligazioni contratte) alle «condizioni delle parti».
fidanzata al fidanzato. La profonda conflittualità tra
i fidanzati era nella specie suggellata anche da altri fatti a dir poco inquietanti, come «il rifiuto da parte di lei di ogni gesto intimo, l’atteggiamento polemico avuto nei confronti del futuro suocero, l’acquisto av- venuto in autonomia della camera da letto, il minu- zioso controllo delle chiavi delle camere, l’invito provocatorio a procurarsi la branda».
Ora, pur di fronte ad un simile scenario, il tribunale ha ritenuto di dover ugualmente sanzionare il con- venuto promesso (e mancato) sposo, escludendo la sussistenza di un giusto motivo nel rifiuto espresso
Note:
(44) Jemolo, op. cit., 51. Avverte X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimonio, cit., 166 ss., che il giudice deve comunque tenere conto del mo- do di pensare e di vivere del gruppo sociale in cui si è svolta la vi- cenda portata al suo esame.
(45) Sul tema cfr. Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passa- to e presente, cit., 222 ss.
(46) Caricato, Inadempimento della promessa di matrimonio e xx- xxxxxxxxxx del danno, cit., 743.
(47) Cfr. Trib. Bari, 28 settembre 2006, cit., 295.
(48) Xx Xxxxxx, op. cit., p. 759; Xxxxxx, La promessa di matrimo- nio tra passato e presente, cit., 238 ss.; cfr. inoltre Uccella, Dirit- to di famiglia, cit., 12.
Di questi quattro ordini di limiti i primi tre rivesto- no carattere, per così dire, qualitativo, attenendo ad intere categorie di danno la cui considerazione vie- ne in linea di principio esclusa. Il quarto, invece, si limita a fissare un tetto di tipo puramente quantita- tivo. Di suo, come si vedrà, la giurisprudenza ha poi ancora aggiunto ulteriori criteri limitativi, in punto concreta determinazione del quantum.
Procedendo dunque con ordine, andrà innanzitutto sottolineato come la scelta di politica legislativa cir- ca l’esclusione del risarcimento dell’interesse positi- vo si sposi con la premessa da cui prende le mosse la nostra legislazione sull’inidoneità della promessa di matrimonio a generare un’obbligazione a celebrare le nozze. È evidente, infatti, che il ristoro dell’Erfül- lungsinteresse, quale surrogato della prestazione ri- masta ineseguita, presuppone la configurabilità di un inadempimento (così come descritto dall’art. 1218 c.c.), che qui non esiste.
Peraltro l’art. 81 c.c. non copre nemmeno tutta l’area dell’interesse (negativo) che la parte avrebbe avuto a non addivenire alla promessa rimasta non adempiuta (49). L’interesse negativo, così come de- finito nella materia contrattuale, abbraccia infatti anche la perdita di ulteriori occasioni per la manca- ta conclusione, nei riguardi di altri possibili stipu- lanti, di un contratto dello stesso oggetto di quello non stipulato: dunque, nel caso in esame, l’accogli- mento di tale criterio dovrebbe condurre al risarci- mento dei vantaggi economici che la “vittima” del- la rottura avrebbe conseguito se non avesse trala- sciato (e quindi perduto) altre possibili “sistemazio- ni” matrimoniali, ciò che invece appare chiaramen- te escluso dalla disposizione in commento.
La limitazione alle spese fatte e alle obbligazioni con- tratte induce anche ad escludere la risarcibilità dei danni conseguenti alla rinunzia spontanea ad un im- piego o ad una promozione di carriera, cui il promis- sario si sia indotto in vista del futuro matrimonio (50). La conclusione sembra ricevere conforto, per così dire, a contrariis, dalla comparazione con il siste- ma tedesco, ove la soluzione positiva si giustifica uni- camente in forza del più ampio tenore letterale (ri- spetto a quello dell’art. 00 x.x.) xxx § 0000 XXX (51). Un’ulteriore limitazione di tipo qualitativo conse- gue alla necessità che le spese e le obbligazioni siano state, rispettivamente, fatte e contratte “a causa” della promessa. Xxxxxxxx e giurisprudenza hanno in proposito affermato, riconoscendovi l’esistenza di un siffatto nesso eziologico, la risarcibilità delle spe- se di viaggio, di preparazione alla cerimonia nuziale, di redazione di eventuali convenzioni matrimoniali, di pubblicazione, di acquisto di oggetti destinati a
servire solo in occasione del matrimonio, o per l’ar- redo della casa (52). Dalla necessaria premessa di
Note:
(49) Cfr. per tutti De Giorgi, op. loc. ult. cit.
(50) Cass., 21 febbraio 0000, x. 000, xx Xxxxx. xxx., 0000, X, 0000;
Trib. Roma, 26 luglio 1961, in Temi rom., 1962, 206; nello stesso senso Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimonio, cit., 31 s. Per la risarcibilità di tale danno v. invece Trib. Milano, 29 marzo 1963, in Arch. civ., 1963, 742.
(51) «Dem anderen Xxxxxxxxx hat er auch den Schaden zu erset- zen, den dieser dadurch erleidet, dass er in Erwartung der Ehe sonstige sein Vermögen oder seine Erwerbsstellung berührende Maßnahmen getroffen hat». Proprio per effetto di tale inciso, ag- giunto ad una disposizione il cui contenuto sarebbe altrimenti as- sai simile a quello dell’art. 81 c.c., la dottrina e la giurisprudenza te- desche concordano solo in parte con le conclusioni illustrate nel testo, in relazione all’individuazione del tipo di spese che possono trovare risarcimento. In particolare, la tendenza sembra essere, sotto questo profilo, più liberale che non da noi: così si ammette non solo il rimborso degli acquisti effettuati in vista del futuro mé- nage, le spese per la prenotazione del viaggio di nozze o quelle per i festeggiamenti o per la locazione della casa, ma anche il risarci- mento per la rinunzia al posto di lavoro o allo svolgimento di un’at- tività imprenditoriale (cfr. Xxxxx, Verlöbnis, in AA. VV., Münche- ner Kommentar zum Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, X, Xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, 97; Lange, Verlöbnis, in Aa. Vv., Bürgerliches Ge- setzbuch mit Einführungsgesetz und Xxxxxxxxxxxxx, Stuttgart, Berlin, Xxxx, Xxxxx, 0000, 37). D’altro canto, si nega la risarcibilità delle spese relative alle cure mediche conseguenti ad una malat- tia contratta a seguito della rottura del fidanzamento, mentre la pretesa a titolo di compenso per l’attività lavorativa svolta a bene- ficio del fidanzato trova piuttosto collocazione nelle norme in tema di arricchimento ingiustificato (cfr. per tutti Xxxxxxxxxxxx, Verlöb- nis, in AA. VV., Bürgerliches Gesetzbuch, a cura di Xxxxxxx, Xxx- xxxx, 1988, 1318; Xxxxxx, op. cit., 25 s.; Xxxxxxxx, Wichtige Re- chtsfragen zur Ehe, Xxxxxxx, 0000, 16). Favorevole alla liquida- zione del danno conseguente alla «démission de la fiancée de son emploi pour se consacrer à son foyer» è anche la giurisprudenza francese, che non trova, come ovvio, sulla sua via gli ostacoli po- sti da norme dal contenuto analogo a quello dell’art. 81 c.c.: cfr. Cass. Civ., 2 luglio 1970, in D., 1970, 178.
(52) Xx Xxxxxx, op. loc. ultt. citt. (anche per una rassegna di giuri- sprudenza al riguardo, a 760); Trib. Genova, 25 maggio 2007, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti di merito, nella quale si è puntualizzato che, ai fini della quantificazione del risarcimento per le spese affrontate e per le obbligazioni assunte, bisogna sempre far riferimento al criterio della proporzionalità, della loro destinazione e dell’indebito arricchimento. Sui punti rilevanti in fatto, la citata decisione di merito ha motivato come segue: «Va, innanzitutto, accolta la domanda attrice in relazione alla richiesta di risarcimento per l’anticipo versato per il viaggio di nozze, trat- tandosi evidentemente di spesa connessa alla celebrazione delle nozze, per la quale è stato riscontrato che i coniugi versarono un anticipo di Euro 1840,00 (doc. 4 del fascicolo di parte attrice) at- tingendo la somma dal conto comune, sicché appare congrua la richiesta attorea di risarcimento della metà della somma versata (Euro 920,00). La domanda di risarcimento per l’acquisto dei mo- bili e arredi destinati alla casa coniugale e consistente nella diffe- renza di valore tra i beni mobili trattenuti dalla sig.ra P. e quelli trat- tenuti dal sig. X., xxxxx, invece, rigettata; in merito parte attrice non ha fornito elementi sufficienti a riscontrare che gli arredi e gli elettrodomestici specificamente indicati nella memoria di cui al- l’art. 183, comma 5 c.p.c. furono acquistati direttamente dai fu- turi sposi. Unica eccezione per i divani in relazione ai quali la sig.ra P., nell’interrogatorio formale, ha riconosciuto essere stati acqui- stati da entrambi (cap. 5 dell’interrogatorio formale dedotto da parte attrice) ed essere rimasti nella propria disponibilità; l’ulterio-
(segue)
siffatto nesso eziologico deriva che le spese risarcibi- li sono solo quelle successive a detta promessa solen- ne, e non quelle anteriori (53), mentre l’onere di provare la sussistenza del citato xxxxx grava su chi agisce per il rimborso (54).
Non vi è dubbio poi che a tale categoria possano ascriversi anche spese più importanti, quali lo stesso acquisto dell’alloggio destinato a costituire la futura casa familiare, ovvero la sottoscrizione a tal fine di un mutuo: è evidente, però che al riguardo opererà comunque il criterio, di cui verrà detto tra poco, del- la compensatio lucri cum damno, per cui all’acquiren- te non potrà che riconoscersi il diritto a richiedere al suo ex fidanzato l’eventuale differenza tra la som- ma spesa e l’effettivo valore dell’immobile, sempre che tale divario non sia invece ascrivibile a colpa dell’acquirente (piuttosto che, per esempio, alla ne- cessità di trovare con urgenza una sistemazione abi- tativa in vista delle nozze imminenti, poi sfumate). Nella giurisprudenza di merito si è poi anche affer- mato che «l’art. 81 x.x. xxxxx xxxxxxxxx xxx xx xxxxxx- xx di matrimonio obbliga il promittente che, senza giusto motivo, ricusi di eseguirlo, a risarcire il danno cagionato all’altra parte per le spese fatte e per le ob- bligazioni contratte a causa di quella promessa, esclude in capo al promittente inadempiente l’ob- bligo del risarcimento di ogni altro ipotizzabile dan- no, ivi concluso quello relativo alla eventuale perdi- ta o diminuzione della illibatezza, della possibilità di contrarre altro matrimonio o della reputazione so- ciale del destinatario della promessa. (Nella specie, non sono state ritenute danno risarcibile, le spese del giudizio di separazione con il marito, l’interruzio- ne di una gravidanza, il pregiudizio alla salute, la ri- nuncia ad un posto di lavoro)» (55).
Passando alle limitazioni d’ordine quantitativo an- drà subito osservato che, ai sensi dell’art. 81 c.c., i danni debbono essere contenuti entro il limite in cui le spese fatte e le obbligazioni assunte corrispon- dono alle condizioni delle parti. Anche in questo caso la ratio è quella di evitare che l’eventualità del- la liquidazione in misura superiore possa dar luogo ad una menomazione della libertà dei promittenti e ad una indiretta coazione a contrarre il matrimonio promesso (56). Si rileva peraltro in dottrina (57) che, qualora il responsabile della rottura abbia mali- ziosamente incoraggiato l’altra parte a compiere spe- se eccessive (magari simulando condizioni economi- che particolarmente floride e facendo credere che esse sarebbero state condivise dopo il matrimonio), questo limite non potrebbe operare.
Nella determinazione del quantum la giurisprudenza suole poi detrarre dai danni il valore di quella parte
dei beni acquistati che - non essendo usciti dal patri- monio del promittente deluso - risultino ancora uti- lizzabili, valutando le utilità economiche che si pos- sono ancora ottenere dai beni stessi, al fine di non dare luogo ad un ingiustificato arricchimento (58). La regola sembra giustificarsi in base ai principi ge- nerali in tema di compensatio lucri cum damno (59).
8. Segue. I danni non patrimoniali
Venendo al tema dei danni morali (si pensi, ad es.,
Note:
(continua nota 52)
re circostanza dedotta dalla sig.ra P. che i divani siano stati una donazione ricevuta dal sig. X. in vista delle nozze è rimasta priva di riscontro; pertanto, in relazione a tale spesa sopportata con- giuntamente dai coniugi, dovrà essere riconosciuto un risarci- mento pari alla metà del valore ossia Euro 2029,92. Andrà accol- ta la domanda attorea di risarcimento in relazione ai canoni di lo- cazione corrisposti dai coniugi successivamente alla rottura del fi- danzamento, trattandosi evidentemente di spesa conseguente alla rottura ingiustificata del fidanzamento; la domanda andrà ac- colta limitatamente alla mensilità del luglio 2002, in relazione alla quale sussiste uno specifico riscontro (prod. 1 di parte convenu- ta) sull’avvenuto pagamento tramite bonifico dal conto corrente comune alle parti; pertanto il risarcimento in relazione a tale voce di spesa andrà determinato in Euro 368,43 pari alla metà del ca- none corrisposto. Appare infondata la domanda di risarcimento in relazione all’attività prestata dal sig. R. per la ristrutturazione del- l’appartamento, non trattandosi di obbligazione contratto o spesa sostenuta in vista del matrimonio. Analogamente, priva di fonda- tezza è la domanda di risarcimento per la differenza di versamen- ti effettuati sul conto corrente comune, trattandosi evidentemen- te di ipotesi non riconducibile al contenuto dell’art. 81 c.c. Alla lu- ce di quanto precede il danno risarcibile ai sensi dell’art. 81 c.c. potrà essere determinato in Euro 3318,35, somma che andrà ri- valutata di anno in anno sulla base degli indici ISTAT dalla data del danno (riferibile al giugno 2002, quando è stata ricusata la pro- messa di matrimonio) alla data della pronuncia passata in giudi- cato; saranno anche dovuti gli interessi compensativi dalla data dell’illecito fino all’effettivo pagamento».
(53) Così, testualmente, Trib. Torino, 29 gennaio 2009, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti di merito, che ha riconosciu- to in favore della promessa sposa un risarcimento nella misura complessiva di € 28,89 «pari alla tassa pagata dalla [promessa sposa] per l’occupazione del suolo pubblico nella giornata in cui il mobiliere ha consegnato mobili», destinati alla casa coniugale, riconoscendo che «tra la richiesta di pubblicazioni e la rottura del fidanzamento (vale a dire tra il 21 luglio 2005 ed il 27/8/2008)» questa era l’unica somma che l’attrice aveva dimostrato come sborsata in relazione alla promessa di matrimonio.
(54) Cfr. Trib. Monza, 31 marzo 2011, in Giur. merito, 2011, 1829.
(55) Trib. Pesaro, 4 febbraio 2002, in C.E.D. - Corte di cassazio- ne, Arch. Merito, pd. 1638A3.
(56) De Giorgi, op. cit., 759; cfr. inoltre Auletta, Il diritto di fami- glia, Torino, 2004, 31; Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Tori- no, 2010, 47.
(57) Xxxxx, op. cit., 104.
(58) V. le pronunce riportate da De Giorgi, op. cit., 760 ss.; cfr. inoltre X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimonio, cit., 173 s.; Xxxxxxxxxxx, op. cit., 42; Loi, op. cit., 93.
(59) Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passato e presente, cit., 238 ss.; in senso conforme v. anche Caricato, Inadempimen- to della promessa di matrimonio e risarcimento del danno, loc. cit.
a quello provocato dal trauma psichico della rottu- ra), va posto in luce che la decisione in commento, su sollecitazione di un apposito motivo di ricorso, prende espressamente posizione sul punto, dichia- rando che «Non sono risarcibili voci di danno pa- trimoniale diverse da (quelle descritte dall’art. 81 c.c.) e men che mai gli eventuali danni non patri- moniali».
Sul punto, dottrina e giurisprudenza fanno riferi- mento all’art. 2059 c.c., che áncora il risarcimento del danno non patrimoniale alle sole ipotesi previ- ste dalla legge, tra le quali non rientra, per ciò so- lo, la violazione della promessa di nozze (60). È chiaro che, ove il richiamo dovesse essere proprio a tale disposizione, ne conseguirebbe che risposta positiva all’interrogativo potrebbe essere fornita solo nel caso la rottura della promessa si accompa- gnasse ad una violazione penalmente rilevante. Violazione, beninteso, che non potrebbe comun- que coincidere con il mero fatto della rottura della promessa (che, come noto, non costituisce certo reato). Il risarcimento del danno non patrimoniale sarebbe quindi conseguenza non già della violazio- ne dell’impegno a celebrare le nozze, ma del com- pimento di uno o più distinti atti (costituenti rea- to), posti in essere più o meno contestualmente (ingiurie, diffamazione, minacce, violenza privata, lesioni personali, ecc.) (61).
In dottrina si fa, tra l’altro, rilevare che con i danni morali non bisogna confondere i c.d. danni patrimo- niali indiretti, come le spese sopportate per curarsi da una malattia contratta a seguito della rottura del fidanzamento, purché siano in concreto riconduci- bili alla (rottura della) promessa in termini di conse- quenzialità diretta ed immediata (62).
Appare altrettanto evidente, però, che il richiamo all’art. 2059 c.c. potrebbe anche prestarsi al tentati- vo di “recuperare” anche in questa sede la (ad avvi- so di chi scrive non condivisibile) lettura che della norma viene oggi prevalentemente fornita, vale a dire come di una disposizione che consente il risar- cimento del danno non patrimoniale anche in situa- zioni non contemplate dalla legge o comunque non costituenti reato, allorquando un illecito, ancorché puramente civile, colpisca interessi costituzional- mente rilevanti (63). Si potrebbe allora ipotizzare una interpretazione costituzionalmente orientata, volta a garantire i valori della persona umana costi- tuzionalmente protetti. Peraltro, anche questa di- scutibile operazione sarebbe votata al fallimento, at- teso che pure la libertà matrimoniale, come si è mes- so in luce in dottrina (64), è dotata di garanzia co- stituzionale.
Note:
(60) Xx Xxxxxx, op. cit., 762; Tatarano, La promessa di matrimo- nio, cit., 531 s.; Xxxxxxxx, Nozioni di diritto di famiglia, cit., 36; Id., Manuale di diritto di famiglia, cit., 51; Uccella, Diritto di famiglia, cit., 13; Xxxxxx, op. cit., 31; Xxxxxxxx, Manuale di diritto di famiglia, cit. 48. In senso favorevole al risarcimento dei danni morali v. in- vece App. Torino, 22 marzo 1949, in Mon. trib., 1949, 168, con nota di Xxxxxxxx; contra, ex art. 2059 c.c. Trib. Milano, 29 marzo 1963, cit.; Trib. Roma, 27 luglio 1963, cit.; Trib. Bari, 28 settem- bre 2006, cit.; Trib. Torino, 29 gennaio 2009, cit. (secondo cui «la formulazione riduttiva dell’art. 81 c.c. esclude la risarcibilità dei danni alla reputazione o sofferenze morali»).
(61) Nel senso che sarebbe ammissibile il risarcimento del dan- no da «turbamento della sfera affettiva che di certo ha fatto se- guito alla mancata celebrazione delle nozze» solo nell’ipotesi in cui «la fattispecie integri gli estremi di un fatto penalmente rile- vante» cfr. Trib. Palermo, 2 giugno 1998, in Danno resp., 1998, 1140.
(62) Xx Xxxxxx, op. cit., 761; Tatarano, La promessa di matrimo- nio, cit., 532; Xxxxxx, op. cit., 31; App. Torino, 22 marzo 1949, cit.
(63) Rammentare i termini della svolta giurisprudenziale in tema di danno non patrimoniale risalente alla primavera-estate del 2003 è senz’altro superfluo. In breve, si ricorderà che le ormai celeberrime “sentenza gemelle” (Cass., 31 maggio 2003, n. 8827 e Cass., 31 maggio 2003, n. 8828) hanno: a) rovesciato l’opinione tradizionalmente accolta che identificava il danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.) con il solo danno morale, ossia con la sofferenza interiore determinata dall’illecito, affermando che
«il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore ine- rente alla persona»; b) chiarito che l’unitaria categoria del danno non patrimoniale è comprensiva di tre distinte voci, quella del danno biologico, quella del danno morale, quella «dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto», pregiudizi, questi ultimi, ormai comunemente ricondotti alla voce del danno esi- stenziale; c) stabilito che il risarcimento del danno arrecato ad in- teressi dotati di protezione costituzionale è risarcibile anche se l’illecito non costituisce reato. Nel senso che il risarcimento del danno non patrimoniale non richiede che la responsabilità del- l’autore del fatto illecito sia stata accertata in un procedimento penale, in quanto l’interpretazione conforme a Costituzione del- l’art. 2059 c.c. comporta che il danno ingiusto non sia identifica- to soltanto nel danno morale soggettivo, ma anche nel danno derivante da ogni ingiusta lesione di un valore inerente al sog- getto umano, specie se di rilevanza costituzionale (qual era, nel- la specie, l’offesa alla reputazione professionale e della dignità di un medico, che aveva subito una discriminazione ingiustificata con perdita della clientela che lo aveva scelto), cfr. Cass., 3 luglio 2008, n. 18210 (e v. anche Cass., 20 ottobre 2009, n. 22190). Sul criterio della “gravità dell’offesa”, al fine di selezionare gli inte- ressi non patrimoniali meritevoli di tutela risarcitoria, si veda Na- varretta, Diritti inviolabili e risarcimento del danno, Torino, 1996,
p. 350; Xxxxxxxxxx, L’art. 2059 c.c. tra esame di costituzionalità e valutazione di opportunità, in Danno resp., 2002, 878; Bargelli, Xxxxx non patrimoniale ed interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059, in Resp. civ. prev., 2003, 702. Rimane però la constatazione, a sommesso avviso dello scrivente, che la chiara scelta di politica legislativa di limitare il risarcimento del danno non patrimoniale al pregiudizio causato da un comporta- mento che costituisce reato (ovvero nelle altre ipotesi tassativa- mente prescritte dalla legge) non può essere superata dall’inter- prete attraverso un’interpretazione, sostanzialmente, abrogatri- ce dell’art. 2059 c.c. Cosa sia meritevole di tutela da parte del- l’ordinamento giuridico non può essere se non l’ordinamento giuridico stesso a dirlo (e a dirlo chiaramente!).
(64) Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2005, 44, ove si osserva che la libertà matrimoniale trova valorizzazione «attra-
(segue)
Ma la via seguita dalla decisione qui in esame appa- re essere (condivisibilmente) quella che rifiuta di ri- conoscere ogni possibile richiamo all’art. 2059 c.c.: vuoi perché la categoria di riferimento della fatti- specie descritta dall’art. 81 c.c., come si è visto, non è quella dell’illecito aquiliano, vuoi perché l’art. cit., nella sua “specialità”, limita espressamente il risarci- mento alle “spese fatte” e alle “obbligazioni contrat- te” a causa della promessa. Ora, tale previsione, co- me correttamente posto in luce dalla Cassazione, non può essere estesa ad altre forme di danno diver- se da quelle ivi espressamente contemplate, atteso che «la legge vuol salvaguardare fino all’ultimo la piena ed assoluta libertà di ognuno di contrarre o non contrarre le nozze», laddove il regime di una piena responsabilità risarcitoria, conseguente all’ap- plicazione dei principi generali in tema di responsa- bilità civile, contrattuale od extracontrattuale «po- trebbe tradursi in una forma di indiretta pressione sul promittente nel senso dell’accettazione di un le- game non voluto».
È chiaro, dunque, che l’esclusione del risarcimento del danno non patrimoniale, e segnatamente di quello morale, riposa non tanto su argomenti ricava- bili dall’art. 2059 c.c., quanto dalla stessa ragione per cui l’art. 81 c.c. limita alle situazioni ivi descrit- te il ristoro del pregiudizio subito: attraverso l’anali- tica indicazione delle conseguenze derivanti dalla rottura della promessa, il legislatore ha voluto tute- lare la libertà dei nubendi fino al momento della ce- lebrazione del matrimonio (65).
9. L’azione per il risarcimento dei danni: la legittimazione attiva
Ai sensi dell’art. 81 c.c. è attivamente legittimato all’esercizio dell’azione per il risarcimento dei dan- ni non solo il promittente che si è visto opporre il rifiuto (ingiustificato) dell’altro, ma anche quello che ha manifestato il proprio rifiuto in presenza di un giustificato motivo cui ha colposamente dato causa la controparte. Si discute se l’azione sia an- che esperibile da parte di quei soggetti che, pur di- versi dai promittenti, abbiano effettivamente so- stenuto spese o contratto obbligazioni in vista del matrimonio (si pensi ai genitori dei fidanzati). Al riguardo, mentre la giurisprudenza appare divisa (66), la dottrina prevalente sembra voler legare la soluzione della questione al problema della natura della responsabilità in esame. Si afferma infatti al riguardo che, mentre una ricostruzione della fatti- specie in termini di responsabilità contrattuale dovrebbe inevitabilmente condurre a negare ai terzi la legittimazione, l’inquadramento nell’ambi-
to della lex Aquilia dovrebbe portare al risultato opposto (67).
Quello della promessa di matrimonio non è certo l’unico caso in cui l’antinomia tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale viene invocata al fine di risolvere il problema della legittimazione at- tiva (oltre che passiva) in ordine a situazioni dubbie. Emblematica è, ad esempio, l’ipotesi dell’azione contemplata dall’art. 1669 c.c. in materia d’appalto, in cui una lettura in chiave di responsabilità aquilia- na della disposizione è servita alla giurisprudenza per estendere la cerchia dei legittimati attivi e passivi al di là dei limiti tracciati dall’art. cit. (68).
Ciò non vuol dire, per converso, che la via della re- sponsabilità extracontrattuale costituisca il percor- so obbligato per chi voglia allargare anche ai terzi la cerchia dei legittimati attivi ex art. 81 c.c. Per esempio, si è ipotizzata un’azione surrogatoria (69): ma l’applicazione dell’art. 2900 c.c. - a prescindere ancora dal carattere personale del credito in discor-
Note:
(continua nota 64)
verso una pluralità di referenti normativi, che consentono di an- noverarla fra le libertà fondamentali della persona, tutelate dal- l’ordinamento giuridico». Tra le norme che “valorizzano” la liber- tà matrimoniale, vengono richiamati «l’art. 2 Cost., che garanti- sce i diritti inviolabili dell’uomo, e l’art. 29 Cost.; inoltre, l’art. 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e del- le libertà fondamentali, ratificata, e resa esecutiva in Italia, con l. 4 agosto 1955, n. 848, che l’annovera fra le libertà fondamenta- li, e l’art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Euro- pea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 - riprodotto nell’art. II-69 Cost. europea - ai sensi del quale, il diritto di sposarsi e il di- ritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi na- zionali, che ne disciplinano l’esercizio».
(65) Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passato e presente, cit., 232 ss.; Id., promessa di matrimonio, in AA. VV., Trattato di diritto di famiglia, diretto da Xxxxx, I, Famiglia e matrimonio, 1, ed.II, cit., 352 ss.; Tatarano, Rapporti da promessa di matrimonio e dovere di correttezza, cit., 675; Xxxxx, La rottura della promes- sa di matrimonio ed il danno lamentato dai genitori della “sposa mancata”, Nota a App. Roma, 18 ottobre 2006, in questa Rivi- sta, 2007, 479.
(66) Per la negativa cfr. App. Bologna, 2 giugno 1930, in Rep. Fo- ro it., 1931, voce Matrimonio, n. 30 ss.; Trib. Milano, 21 dicem- bre 1950, in Foro it., 1951, I, c. 840. In senso favorevole cfr. in- vece Trib. Salerno, 3 settembre 1959, in Temi nap., 1960, I, 312, con nota di Xxxxxxxxx; Trib. Roma, 27 luglio 1963, cit.
(67) Tedeschi, op. cit., 420; Novara, op. cit., 91; De Giorgi, op. cit., 763 s.; Tatarano, Rapporti da promessa, cit., 676; Id., La pro- messa di matrimonio, cit., 531 s.; Xxxxxx, La promessa di matri- monio tra passato e presente, cit., 242 ss.
(68) Sull’argomento si fa rinvio per tutti a Eroli, La responsabilità del costruttore e del progettista per la rovina e i difetti dell’ope- ra, in Giur. it., 1987, I, 1, 643 ss. Si noti peraltro che lo stesso art. 1699 c.c. contiene già in sé un dato positivo che, a prescindere dall’inquadramento dogmatico della fattispecie, estende a terzi (nella specie: gli aventi causa dal committente) la responsabilità in questione.
(69) Cfr. Tatarano, Rapporti da promessa, cit., 676.
so (70) - sembra preclusa dal fatto essa dovrebbe presupporre in capo al terzo (di solito, il genitore) la posizione di creditore nei confronti del promesso “deluso”, circostanza, quest’ultima, che pare smenti- ta dall’art. 742 c.c. (71). Ancora, si è ipotizzata una legittimazione del promittente anche per le spese e le obbligazioni contratte da terzi, considerando le somme da questi impegnate come se fossero state a lui xxxxxx (72). In realtà, la situazione in esame in- duce a ritenere la presenza di una sorta di donazione indiretta, cosa che peraltro esclude un transito delle somme spese nel patrimonio del promittente e dun- que una “spesa” da parte di questi. Anche il ricorso alla surrogazione volontaria (73), ex art. 1202 c.c., appare artificioso, presupponendo questo necessa- riamente un mutuo che i peculiari rapporti familiari inter partes tendono invece ad escludere.
Tutto ciò premesso, non è però ancora detto che per riconoscere la legittimazione in capo ai terzi si debba necessariamente scegliere la teoria della responsabi- lità aquiliana (74). Invero, anche ponendosi nell’ot- tica della responsabilità speciale ex lege si può tenta- re di dare al quesito una risposta all’interno dell’àm- bito dell’art. 81 c.c., soffermandosi sul valore della dizione «danno cagionato all’altra parte», rimarcan- done la contrapposizione rispetto al termine «pro- mittente» (75). Si è esattamente rimarcato in dottri- na che quest’ultima soluzione, che porta a considera- re l’«altra parte» in senso ampio, appare maggior- mente condivisibile, in quanto si deve decisamente escludere una concezione contrattuale della promes- sa di matrimonio che porterebbe, inevitabilmente, a considerare l’«altra parte» solo la controparte del rapporto (76). Del resto, una diversa interpretazione che limitasse il riconoscimento alle spese fatte dal mancato sposo verrebbe, nella maggior parte dei ca- si, a togliere significato concreto alla norma, in quanto molto spesso sono proprio i genitori coloro che sopportano gli esborsi prematrimoniali (77).
La conclusione sembra del resto essere stata fatta propria dalla Corte Suprema che, nel 2010, ha di fatto avallato la legittimazione del suocero ad agire ai sensi dell’art. 81 c.c. (78).
10. Segue. Il termine di proponibilità della domanda
La brevità del termine per la proposizione della do- manda (un anno) evidenzia (79) l’intenzione del le- gislatore di limitare nel tempo l’esercizio di un’azione che ha spesso l’effetto di rendere di pubblica ragione fatti intimi e delicati della vita familiare (80).
Trattasi di termine di decadenza, e non di prescrizio- ne, esattamente come nel caso del termine previsto
Note:
(70) Afferma il carattere personalissimo dell’azione, con conse- guente esclusione dell’azione surrogatoria, Tatarano, La pro- messa di matrimonio, cit., 531 s.; nello stesso senso cfr. Bonili- ni, Nozioni di diritto di famiglia, loc. cit.; Id., Manuale di diritto di famiglia, loc. cit. In senso opposto sembra orientata la dottrina tedesca, che ammette la cedibilità inter vivos della pretesa in esame, oltre che la sua trasmissibilità per causa di morte: cfr. per tutti Xxxxxxxxxxxx, op. cit., 1318.
(71) Così Jemolo, op. cit., 52.
(72) Novara, op. cit., 92; Xxxxxxxxxxx, op. cit., 43.
(73) Xxxxx, op. cit., 107.
(74) Per una fattispecie piuttosto curiosa, in cui i mancati suoce- ri hanno agito dichiarando espressamente di proporre domanda ex art. 2043 c.c. anziché ex art. 81 c.c., ma allegando che la pro- messa di matrimonio era stata espressa dal mancato genero nei loro confronti, anziché alla figlia, «e che il comportamento di quest’ultimo, con il rifiuto a voler contrarre il matrimonio con la figlia, era stato per loro fonte di un grave pregiudizio economi- co», cfr. App. Roma, 18 ottobre 2006, cit., secondo cui «Anche a voler ammettere sotto tale profilo la legittimazione attiva degli appellanti, va affermato che la promessa di matrimonio è desti- tuita di qualsiasi effetto vincolante, essendo inconcepibile, prima ancora che nel diritto, nella coscienza sociale, un vincolo a con- trarre matrimonio, ed essendo la libertà matrimoniale diritto fon- damentale della persona, per cui ne consegue l’impossibilità di attribuire ad essa natura negoziale e quindi di ritenere che il ri- sarcimento sia conseguenza di un inadempimento contrattuale; pertanto il comportamento del nubendo promittente che si scio- glie dalla promessa, essendo espressione di quel diritto perso- nale fondamentale che è la libertà matrimoniale, non può mai es- sere qualificato in termini di illiceità ex art. 2043 c.c., vale a dire che di per sé la rottura della promessa di matrimonio, anche se fatta senza “giusto motivo”, non è mai antigiuridica, perché non è non iure, e quindi non è mai produttiva di danni ingiusti».
(75) Così Trib. Salerno, 3 settembre 1959, cit. In dottrina invocano un’interpretazione estensiva del concetto di “altra parte” F. Finoc- chiaro, Del matrimonio, cit., p. 177 s.; Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimonio, cit., p. 33; Xxxxxxx, Diritto di famiglia, cit., 13; Ober- to, La promessa di matrimonio tra passato e presente, cit., 244 s.
(76) Facci, op. cit., 478.
(77) Lo sottolinea Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimonio, cit., 33; cfr. inoltre Xxxxx, op. cit., 478; Xxxxx, Rottura della promessa di matrimonio ed obbligazioni ex artt. 2033 e 81 c.c., Nota a Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, in questa Rivista, 2010, 1006 s. Contra Di Rosa, op. cit., 37, secondo cui la legittimazione com- peterebbe solo ai nubendi, atteso il fatto che l’azione è legata al- la rottura, come fatto operante solo tra gli stessi.
(78) Cfr. Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, cit. Rileva sul punto Gel- li, Rottura della promessa di matrimonio ed obbligazioni ex artt. 2033 e 81 c.c., Nota a Cass., 15 aprile 2010, n. 9052, in questa Rivista, 2010, 1007, che, sebbene l’argomento non fosse ogget- to di un preciso motivo di impugnazione, nel caso di specie, se la Corte avesse ravvisato un radicale difetto in tal senso, non avrebbe omesso di rilevarlo, quanto meno in via di obiter dictum. Contra, Pret. Milano, 2 dicembre 1999, in Giur. milanese, 2000, 103, secondo cui «Legittimato alla proposizione dell’azione risar- citoria di cui all’art. 81 c.c. non è qualunque soggetto che - spon- taneamente ed in considerazione di particolari legami familiari o affettivi - effettui delle spese in previsione del futuro matrimo- nio, ma solamente il soggetto che - in quanto destinatario della promessa - effettui degli esborsi economici facendo affidamen- to sull’impegno reciprocamente assunto».
(79) Come del resto in relazione all’art. 80 c.c.: cfr. Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passato e presente, cit., 179 ss.
(80) Così Novara, op. cit., p. 93; Tatarano, Rapporti da promessa, cit., 677.
dall’art. 80 c.c. per la richiesta di restituzione dei do- ni: la conclusione, data universalmente per scontata (81), sembra più che altro imposta dalla collocazio- ne della norma nell’ambito di quelle di diritto di fa- miglia, pur venendo qui coinvolto un diritto pura- mente patrimoniale (nel senso, appunto, di “valuta- bile in denaro”, ancorché trattisi sovente di beni cui le parti possono collegare un forte valore affettivo) e disponibile.
Per questo la decadenza potrà essere impedita dal ri- conoscimento del diritto alla restituzione (cfr. art. 2966 c.c.) (82): circostanza, questa, che i giudici di legittimità (con riguardo alla parallela previsione dell’art. 80 c.c.) sembrano non aver negato sul piano dogmatico, sebbene nel caso concreto abbiano escluso, poiché non risultante nella sua integrità, valore di riconoscimento del diritto ad una lettera con la quale in via stragiudiziale si attribuiva una somma al richiedente (83).
Peraltro, vertendosi anche qui in materia di diritti patrimoniali e disponibili, la decadenza potrà essere impedita dal riconoscimento che l’altra parte faccia del diritto della controparte al risarcimento del dan- no: in tale caso la domanda potrà essere proposta en- tro l’ordinario termine (decennale) di prescrizione (cfr. artt. 2964, 2966-2967 c.c.). Il decorso del ter- mine, inoltre, non sarà rilevabile d’ufficio (cfr. art. 2965 c.c.), con l’ulteriore conseguenza che la relati- va eccezione, costituendo “eccezione in senso stret- to”, formerà oggetto di onere probatorio a carico di colui che eccepisce l’estinzione del diritto dell’atto- re: l’eventuale situazione di incertezza in ordine al- l’accertamento della data della rottura andrà quindi a detrimento di quest’ultimo (84).
Sotto il profilo processuale potrà aggiungersi che la domanda risarcitoria di cui si discute deve avere a fondamento (quale originaria causa petendi) proprio la promessa (immotivatamente) violata, corretta- mente ravvisandosi in giurisprudenza un’inammissi- bile mutatio libelli nella condotta degli attori che, in primo grado, facciano valere il diritto alla restituzio- ne di una somma, concessa asseritamente a prestito al convenuto, e, in sede di appello, invochino la pre- tesa risarcitoria (sebbene quantificata nella medesi- ma somma) ai sensi dell’art. 81 x.x., xx xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxx xxxxxxxxxxxx della propria figlia con il convenuto (appellato), determinato da allegata col- pa di quest’ultimo (85).
11. Rapporti tra gli artt. 81 e 2043 c.c., ovvero dell’impossibilità di configurare
una “responsabilità civile prematrimoniale”
Dottrina e giurisprudenza riconoscono, nel caso di
violazione della promessa di matrimonio, un certo spazio anche alla responsabilità ex art. 2043 c.c., con conseguente possibilità di liquidazione del danno al di là dei limiti posti dall’art. 81 c.c. Ciò, in partico- lare, è ammesso allorquando il fidanzato abbia “abu- sato” della sua condizione che lo pone facilmente in grado di arrecare danno all’altra parte a causa dei particolari rapporti di influenza reciproca (86). In queste ipotesi, si afferma, l’approfittare del carattere non vincolante della propria promessa non rientra nella specifica immunità prevista dall’art. 79 c.c.: le ragioni di tutela della libertà che spiegano le irre- sponsabilità per danni causati dal rifiuto del matri- monio non potrebbero essere invocate per escludere il risarcimento di quanto ottenuto con la promessa usata come mezzo di illecita pressione (87).
Il risarcimento andrebbe accordato, come si diceva, senza riguardo ai limiti fissati dall’art. 81 c.c. ed an- che in presenza di una promessa priva dei requisiti formali di cui alla norma citata, purché avente ca- ratteri di serietà e non equivocità, tali da indurre l’altra parte a fare affidamento nel matrimonio (88).
Note:
(81) V. per tutti Novara, op. cit., 97; Xxxxxxxxxxx, op. cit., 35; Uc- cella, voce Matrimonio. I) Matrimonio civile, cit., 9; Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimonio, cit., 19; Xxxxxxxx, Le attribuzioni patrimoniali tra fidanzati in vista del matrimonio, in Fam. pers. succ., 2006, 9 ss. In giurisprudenza, con specifico riguardo al- l’art. 81 x.x., x. Xxxx. Xxxxxx, 0 dicembre 2005, in Leggi d’Italia professionale, archivio Corti di merito.
(82) In questo senso cfr. Xxxxxxxxx, Della promessa di matrimo- nio, loc. ult. cit.;
(83) Cass., 15 febbraio 2005, n. 2974. Sul punto leggesi in moti- vazione quanto segue: «Inquadrata la domanda nell’ambito del- l’art. 80 c.c., il giudice di merito ha ritenuto di rigettarla rilevando l’eccepita prescrizione (ndr. decadenza), affermando, a tal fine, che “la rottura del fidanzamento risaliva al gennaio 1990, come dichiarato non solo dalla teste (…) ma dallo stesso [ricorrente]”, e che l’azione era stata iniziata nel luglio del 1991, cioè ben oltre l’anno previsto dall’art. 80 c.c. Né può convenirsi con il ricorren- te sul supposto riconoscimento del diritto proveniente dalla per- sona contro la quale si deve far valere il diritto soggetto a deca- denza ai sensi dell’art. 2966 c.c., il quale impedisce proprio la de- cadenza, posto che dagli atti non si evince alcun riconoscimen- to. La lettera 2 luglio 2001 - invocata a tal fine dal ricorrente - non è stata neppure riprodotta in ricorso nel suo testo integrale; ciò che comporta la violazione del principio di autosufficienza, al quale consegue la inammissibilità del motivo di ricorso».
(84) App. Palermo, 30 maggio 1981, in C.E.D. - Corte di cassa- zione, Arch. Merito, pd. 810298. Cfr. inoltre Trib. Roma, 27 luglio 1963, cit.
(85) Xxx. Xxxx., 00 xxxxxx 0000, x. 00000.
(86) Xx Xxxxxx, op. cit., p. 772; Tatarano, La promessa di matri- monio, cit., 532.
(87) X. Xxxxxxxxxxx, Del matrimonio, cit., p. 182 ss.; Xxxxxxxxx,
Della promessa di matrimonio, cit., 10 s.
(88) Numerose le decisioni a riguardo: v. per tutte Xxxx., 26 giu- gno 1959, n. 2027, in Foro it., 1959, I, c. 1587; per una rassegna completa della giurisprudenza cfr. De Giorgi, op. cit., 774 s.
Esempi abbastanza correnti al riguardo sono quello dell’abbandono accompagnato da dichiarazioni of- fensive, oppure quelli della fidanzata costretta ad una condizione di vita che le cagioni danni morali o materiali, ovvero a rinunciare a una donazione o a una eredità o ad abbandonare un impiego (89).
Su questa linea si è anche arrivati a prospettare una fattispecie qualificabile alla stregua di una “respon- sabilità civile prematrimoniale”, consistente nella violazione del dovere di buona fede nascente dal rapporto che precede la celebrazione del matrimo- nio (90), richiamandosi la nota decisione di legitti- mità che, nel 2005, ha affermato la presenza di una responsabilità aquiliana in capo al fidanzato che, in violazione dei doveri di buona fede, avesse omesso
vero (se si preferisce continuare ad individuare il danneggiato nella fanciulla virtuosa seducta relicta- que) dell’adempimento in natura del dovere di con- tribuzione ex art. 143 c.c. Al riguardo, però, si è già visto che tale «voce» di danno non può essere rico- nosciuta ex art. 81 c.c., non risolvendosi né in una spesa fatta, né tanto meno in un’obbligazione con- tratta a causa della promessa. L’applicazione dell’art. 2043 c.c. assumerebbe dunque il valore di un esca- motage che finirebbe con il condurre a risultati lon- tani da quelli che il legislatore ha chiaramente indi- cato di voler raggiungere: non occorre infatti di- menticare che l’intento, pur in sé meritorio, di am- pliare l’area del danno risarcibile, cozza qui inevita-
di informare l’altra parte circa le proprie condizioni
di salute (nella specie: impotenza) (91).
Ma è chiaro che, per quanto attiene alle prime ipo- tesi qui riportate, la responsabilità nasce iure com- muni a seguito delle ingiurie, delle percosse, delle violenze e delle minacce, e a prescindere dalla viola- zione della promessa (92), mentre l’ipotesi della ri- nunzia all’eredità o alla donazione, a parte i suoi connotati veramente romanzeschi, non può esimere l’interprete (almeno nella normalità dei casi) dal- l’imputare al rinunziante le conseguenze di una sif- fatta decisione, in applicazione degli ordinari criteri in tema di accertamento del nesso di causalità, ov- vero, a seconda dei casi, ex art. 1227, primo o secon- do comma, c.c. Anche il caso, sempre citato al ri- guardo in Germania, della truffa perpetrata a mezzo di promessa di matrimonio (Heiratsschwindel) non costituisce altro se non un «normale» illecito, nel quale la promessa di matrimonio è usata quale artifi- cio o raggiro al fine di perseguire i vantaggi patrimo- niali sperati (sottoscrizione di effetti cambiari, ap- propriazione di denaro o di altri beni, ecc.): l’appli- cazione della lex Aquilia viene dunque qui non tanto a risarcire la parte il cui affidamento nella progetta- ta unione è andato deluso, quanto piuttosto a puni- re chi della promessa si sia servito al fine di carpire la buona fede della propria vittima.
Per quanto attiene, poi, all’impotenza celata al futu-
ro coniuge, questa situazione causa danno proprio in quanto il matrimonio viene (invalidamente) cele- brato: il pregiudizio non può dunque riferirsi alla rottura (non avvenuta, nella fattispecie risolta dalla Cassazione nel 2005) della promessa di matrimonio, laddove la scoperta di tale condizione personale pri- ma della celebrazione delle nozze fornisce giusto motivo di rottura alla controparte.
Rimane, dunque, il caso dell’impiego abbandonato in vista della sperata “sistemazione” coniugale, ov-
Note:
(89) Novara, op. cit., 104 ss.; Xx Xxxxxx, op. cit., 772 s.; Xxxxxxxx, La promessa di matrimonio, cit., 532 s.; Auletta, op. cit., p. 32. Per una rassegna della giurisprudenza sotto il vigore del c.c. 1865 cfr. Degni, Il diritto di famiglia nel nuovo codice civile italia- no, Padova, 1943, 44 ss.
(90) Cfr. per tutti Xxxxxx, I rapporti patrimoniali tra fidanzati, in AA. VV., Gli aspetti patrimoniali della famiglia, a cura di Xxxxxx, Pa- dova, 2011, 22 ss.
(91) È noto che nel 2005 la Corte Suprema (cfr. Cass., 10 mag- gio 2005, n. 9801, in Dir. fam., 2005, I, 1164, con nota di Gallup- pi; in Familia, 2005, 875, con nota di Caricato; in questa Rivista, 2005, 365, con note di Sesta e di Facci; in Giust. civ., 2005, I, 93, con nota di Xxxxxx Xxxxxxx; in Giur. it., 2005, 691, con nota di Xxxxxxx) ha stabilito che «è configurabile un danno ingiusto ri- sarcibile allorché l’omessa informazione, in violazione dell’obbli- go di lealtà, da parte del marito, prima delle nozze, della propria incapacità coeundi a causa di una malformazione, da lui piena- mente conosciuta, induca la donna a contrarre un matrimonio che, ove informata, ella avrebbe rifiutato, così ledendo quest’ul- tima nel suo diritto alla sessualità». La pronuncia - presentata co- me una novità assoluta - annovera in realtà Oltralpe precedenti più che remoti. Si pensi alla decisione con la quale il Parlamento di Provenza, il 16 marzo 1634, attribuì un risarcimento pecunia- rio alla moglie propter amissam et deperditam iuventutem a se- guito dell’annullamento per impotentia coeundi di un matrimo- nio durato otto anni, avuto riguardo all’inganno perpetrato dal marito, che prima delle nozze aveva celato alla moglie il proprio stato (cfr. Xxxxxxxx, Arrests notables de la Cour du Parlement de Provence, I, Lyon, 1708, 343). La decisione era stata a sua volta preceduta da arresti risalenti addirittura al XIV secolo (sul tema della sussistenza della competenza del giudice civile, anziché di quello ecclesiastico, per la soluzione della controversia relativa al risarcimento di tali danni cfr. Xxxxx, Recueil d’arrests notables des cours souveraines de France, Genéve, 1648, 32) e da altri emessi nello stesso senso dal Parlamento di Parigi il 23 agosto 1601 (cfr. Xxxxx, Notables et singulières questions de droict, Centurie seconde, Paris, 1620, 201 s.; Peleus, Les actions xx- xxxxxx, Xxxxx, 0000, 443) e il 22 aprile 1611 (cfr. Despeisses, Traité des contracts, in Les Œuvres de X. Xxxxxxx X’Xxxxxxxxx, I, Lyon, 1696, 151).
(92) Su ciò concorda anche Xxxxxx, Violazione dei doveri coniu- gali... prima del matrimonio ed estinzione del vincolo coniugale, Nota a Cass., 10 maggio 2005, n. 9801, in Fam. pers. succ., 2005, p. 000 xx., xxxxxxxxx, xxxxx xxxx di chi scrive, che «In questi casi non si tratta di risarcire la parte il cui affidamento nella pro- gettata unione sia andato deluso, quanto piuttosto di punire chi della promessa si sia servito al fine di aggirare le difese della pro- pria vittima».
bilmente con il principio della salvaguardia della li- bertà matrimoniale, il quale non può in alcun modo tollerare limitazioni al di là dei casi tassativamente stabiliti per legge (93).
Le considerazioni di cui sopra convincono, infine, della radicale infondatezza della tesi che vorrebbe li- mitare la situazione descritta dall’art. 81 c.c. alla condotta colposa, laddove il dolo varrebbe a supera- re «l’immunità di cui agli artt. 79 ss. c.c.» (94) (rec- tius: la limitazione del danno alle «voci» descritte dall’art. 81 c.c.) ovvero, più in generale, a «incidere sulla stessa qualificazione di ingiustizia del danno, rendendo risarcibili danni che, altrimenti, non po- trebbero ricevere tale qualifica, e che quindi sareb- bero irrilevanti se posti in essere con colpa» (95).
Sostegno a questa curiosa lettura del sistema sarebbe dato dall’art. 81 cpv. c.c., che contiene il sostantivo “colpa”.
Ma il testo del primo comma dell’art. 81 c.c. non la- scia adito a dubbi: il verbo usato è “ricusare” e, fran- camente, un rifiuto non intenzionale, dovuto a me- ra “negligenza, imprudenza, imperizia”, o ad inosser- vanza di “leggi, regolamenti, ordini o discipline” non sembra logicamente configurabile. Semmai, il richiamo del secondo comma dell’art. cit. al concet- to di colpa va riferito all’imputabilità sul piano ezio- logico della rottura della promessa. Del tutto inac- cettabile risulta pertanto il tentativo di ricondurre all’art. 2043 c.c. la responsabilità per rottura della promessa effettuata con xxxx (96): il che varrebbe, tra l’altro, a cancellare l’art. 81 c.c. dal sistema, atte- so che, come detto, appare veramente difficile da configurare una rottura puramente colposa (cioè do- vuta a mera negligenza, ecc.) del fidanzamento (97).
12. Segue. La seduzione con promessa di matrimonio
Un’ipotesi tutta particolare è costituita dalla sedu- zione con promessa di matrimonio, figura un tempo contemplata anche dal codice penale (art. 526), che comminava la reclusione da tre mesi a due an- ni per chiunque “con promessa di matrimonio” avesse sedotto una donna minore di età, «inducen- dola in errore sul proprio stato di persona coniuga- ta» (98); il capoverso stabiliva poi che «vi è sedu- zione quando vi è stata congiunzione carnale». La disposizione è stata peraltro abrogata dall’art. 1, leg- ge 15 febbraio 1996, n. 66 - Norme contro la violen- za sessuale (99).
La giurisprudenza assolutamente prevalente - in ciò seguita da una parte della dottrina - ha sempre am- messo, ancora una volta ancorandosi all’art. 2043 c.c., la possibilità di riconoscere alla donna (100),
anche in assenza dei presupposti di cui all’ora abro- gato art. 526 c.p. (minore età della sedotta, stato di persona coniugata in capo al seduttore, elemento soggettivo limitato al dolo) (101) e al di là dei re- quisiti formali (così come dei termini speciali di de- cadenza) previsti per la promessa dall’art. 81 c.c., il risarcimento dei danni conseguenti alla traditio cor- poris causalmente determinata dalla promessa di ma- trimonio. Secondo questa tesi, poi, nella valutazio- ne di siffatto pregiudizio, il giudice non si trovereb- be vincolato al rispetto dei limiti imposti dall’art. 81 c.c., al punto da poter liquidare pure il nocumento derivante dalla perdita di occasioni matrimoniali (102), o dal mantenimento della prole eventual- mente nata dall’unione sessuale (103).
Questo indirizzo dottrinale e giurisprudenziale, riba- dito in sede di legittimità, anche mediante il richia- mo al principio della libertà sessuale, cui la seduzio-
Note:
(93) Xxxxxx, La promessa di matrimonio tra passato e presente, cit., 247 ss.
(94) Così, testualmente, Scarso, op. loc. ultt. citt.
(95) Così pure Scarso, op. loc. ultt. citt.
(96) Così sempre Scarso, op. loc. ultt. citt., secondo cui, in tale ipotesi, sarebbe risarcibile anche il danno morale.
(97) Anche Xxxxxxxx, Le conseguenze dannose dell’amore: la rot- tura della promessa di matrimonio, Nota a Xxxx., 15 aprile 2010,
n. 9052, in Nuova giur. civ. comm., 2010, 1137, rileva che «la fat- tispecie di cui agli artt. 79 ss. c.c. è oggetto di una disciplina si- stematica che sembra non lasciare spazio ad altre forme di risar- cimento del danno che sfuggano dalle previste quanto prevedi- bili conseguenze risarcitorie della rottura senza giusto motivo della promessa di matrimonio».
(98) Per riferimenti di carattere storico e comparatistico al ri- guardo cfr. X. Xxxxxxx, Seduzione con promessa di matrimonio: continua il contrasto tra giudici di merito e di legittimità, in Corr. giur., 1993, 1054.
(99) Per uno studio circa gli effetti civilistici di tale abrogazione cfr. Xxxxxx, La seduzione con promessa di matrimonio al capoli- nea, in Xxxxx resp., 1996, 416 ss.
(100) Ancorché non sia esclusa l’ipotesi inversa, nel pieno ri- spetto del canone ex art. 3 Cost.: cfr. Cass., 13 novembre 1975, n. 3825.
(101) Per la sufficienza della colpa cfr. Xxxxx, In tema di respon- sabilità civile per seduzione, in Foro pad., 1950, I, 1057; De Gior- gi, op. cit., 776 s.; Xxxxxxxx, La promessa di matrimonio, cit., 532 s.; Xxxxx, Sedotta (con promessa di matrimonio) e risarcita, No- ta a Cass., 8 luglio 1993, n. 7493, in Foro it., 1994, I, 1883; Cass., 26 giugno 1959, n. 2027; Cass., 29 maggio 0000, x. 0000, xx Xx- xx xx., 0000, X, 000; Cass., 7 maggio 1969, n. 1560; Cass., 14 no- vembre 1975, n. 3831; Cass., 17 febbraio 1976, n. 510; Cass., 10 agosto 1991, n. 8733, in Giur. it., 1992, I, 1, 1108; in Dir. fam. pers., 1991, 546; in Vita notar., 1992, 176; in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, 397; Cass., 8 luglio 1993, n. 7493, in Foro it., 1994, I, 1883, con nota di Xxxxx.
(102) Cfr., anche per i richiami alla giurisprudenza, De Giorgi, op. cit., 776.
(103) Tatarano, La promessa di matrimonio, cit., 532 s.; Cass., 18 giugno 1968, n. 2019.
ne con promessa di matrimonio attenterebbe (104), ha suscitato vivaci reazioni da parte della dottrina meno risalente, che ha rimproverato alla tesi tradi- zionale di essere troppo ancorata a vecchi stereotipi (quello dell’uomo che, pur di soddisfare il proprio desiderio, gioca la carta della promessa di matrimo- nio nei confronti della donna ingenua e sprovvedu- ta, incapace di determinarsi liberamente) e di non tenere conto dell’evoluzione della vita sociale, oltre che del principio di parità tra i sessi sancito dall’art. 3 Cost. (105), riflettendo così posizioni «vetero-ma- schilistiche (matrimonio come sistemazione) o al più stilnovistiche» (106). In particolare, la giuri- sprudenza di legittimità ha mostrato di non voler re- cepire le indicazioni provenienti da alcune pronun- ce di merito, che, negando il risarcimento da sedu- zione, hanno avuto modo, da un lato, di criticare l’impostazione tradizionale, secondo cui la donna fi- nirebbe con il diventare una sorta di «soggetto mi- norato, catturabile con il miraggio del matrimonio» (107), e, dall’altro, di constatare come «al di fuori dei limiti stabiliti dal codice penale, le conseguenze della falsa promessa di matrimonio siano soltanto quelle di cui agli artt. 80 e 81 c.c.» e come le norme relative alla responsabilità da atto illecito presup- pongano la violazione di obblighi giuridici e non morali (108).
L’analisi storica dell’istituto, che non è possibile illu- strare in questa sede, dimostra che questo, dopo es- sere stato sviluppato dall’antica giurisprudenza fran- cese non tanto in funzione di tutela della fanciulla sedotta, quanto al fine di rafforzare il controllo delle famiglie sulle unioni matrimoniali dei figli (nell’am- bito di un processo che sarebbe culminato nella comminatoria della nullità dei matrimoni celebrati senza il consenso dei genitori), venne successiva- mente utilizzato, in special modo a partire dal seco- lo scorso, come una sorta di surrogato di quell’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e mater- nità naturale che il codice Xxxxxxxxx (art. 340) aveva quasi del tutto soppresso. Appare dunque lo- gico, in un periodo storico che non conosce limiti alcuni alla ricerca della paternità (e in cui, tra l’al- tro, i progressi in campo biologico consentono di pervenire ad una risposta certa in un numero note- vole di casi), cercare per tale via la soluzione al pro- blema in esame: ogni conseguenza dell’incontro ses- suale tra due persone andrà dunque risolto sul terre- no della disciplina della filiazione, con l’attribuzione ad ognuno dei genitori dei vari pesi ex artt. 30 Cost., 147, 261 e 277 c.c. (109).
Significativo anche l’esempio tedesco, ove il BGB
continuò a prevedere espressamente il risarcimento
del danno, anche non patrimoniale, in favore della unbescholtene Verlobte, fino alla riforma di cui alla l. 4 maggio 1998 (cfr. § 1300, abrogato dalla legge cit.), varata sulla scorta delle voci dottrinali che da più parti avevano denunciato la violazione del prin- cipio costituzionale di parità tra i sessi, da parte di una norma definita come «il relitto di un’epoca in cui la fidanzata sedotta e abbandonata era colpita dal disprezzo della società e vedeva ridotte le proprie prospettive matrimoniali» (110).
A tale auspicio fa oggi eco qui in Italia, ormai da di- versi anni, la già ricordata abrogazione dell’art. 526 c.p., nell’ambito di una legge - quella sulla violenza sessuale - che ha per ratio la tutela della donna, del- la sua dignità e libertà sessuale. Per questi motivi non sembra possibile sbarazzarsi dell’influenza che la citata l. n. 66/1996 è destinata a dispiegare sul siste- ma privatistico, magari prendendo a paravento - co- me pure si potrebbe essere tentati di fare - la già ri- cordata diversità della fattispecie civilistica rispetto a quella descritta dall’art. 526 c.p. per assumere l’in- sensibilità della prima all’abrogazione della seconda. Proprio l’attuale collocazione dei delitti contro la li- bertà sessuale tra quelli contro la persona, anziché la moralità pubblica e il buon costume, conferma che la tutela della libera determinazione degli individui nei propri comportamenti sessuali deve trovare la sua unica fonte normativa nella disciplina scolpita negli artt. 609-bis ss. c.p., senza più alcuno spazio per la costruzione di fattispecie civilistiche autonome ri- spetto a quelle individuate dalla legge penale. Le
Note:
(104) Cfr. per esempio Cass., 8 luglio 1993, n. 7493, cit.; Cass., 10 agosto 1991, n. 8733, cit.
(105) Cfr. Xxxxx, op. cit., 1878. Nello stesso senso v., prima an- cora, Xxxxxxxx, Seduzione con promessa di matrimonio, costu- me sociale e mediazione del giudice, Nota a Trib. Napoli, 28 di- cembre 1979, in Dir. giur., 1980, 858 ss.; Xxxxxxx, La seduzione con promessa di matrimonio: una fattispecie in via di estinzione, nota a Trib. Verona, 29 gennaio 1982, in Giur. it., 1983, I, 2, c. 117.
(106) Così X. Xxxxxxx, op. cit., 1056. Definisce “senz’altro fem- minista” la giurisprudenza in esame X. Xxxxxxxxxxx, Del matri- monio, cit., 186 s.
(107) Trib. Pisa, 3 febbraio 1976, in Foro it., 1976, I, c. 961.
(108) Trib. Verona, 29 gennaio 1982, in Dir. fam. pers., 1982, 1313, con nota di Xxxxxxxxx, È ancora risarcibile ex art. 2043 c.c. il danno da seduzione con promessa di matrimonio?; in Giur. it., 1983, I, 2, c. 118, con nota di Xxxxxxx, cit.; in Giur. merito, 1983, 936, con nota di De Cupis, In tema di seduzione con promessa di matrimonio; in Resp. civ. prev., 1983, 531; in Giur. merito, 1984, 622, con nota di Xxxxxxxxx, La seduzione con promessa di matrimonio e le ideologie della giurisprudenza.
(109) Nello stesso senso cfr. Cendon, Responsabilità civile (ras- segna di giurisprudenza), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1989, 1046.
(110) V. per tutti Xxxxxx, op. cit., 27.
cause che eliminano il consenso o che lo viziano al punto da sollecitare la reazione dell’ordinamento so- no esaustivamente contemplate dalle norme novel- lamente introdotte ed appare assai significativo il fatto che l’unica ipotesi di inganno oggi presa in considerazione - cfr. art. 000-xxx xxx., x. 0), x.x. - xxx data da quella (per il vero assai romanzesca) della sostituzione di persona, senza che alcun cenno, nep- pure indiretto, sia effettuato alla promessa di matri- monio. L’abrogazione dell’art. 526 c.p. rafforza dun- que il convincimento che anche l’istituto civilistico della seduzione con promessa di matrimonio debba ormai ritenersi del tutto superato (111).
Nota:
(111) Per ulteriori approfondimenti sul tema della responsabilità civile per seduzione con promessa di matrimonio cfr. Oberto, La
promessa di matrimonio tra passato e presente, cit., 250 ss.; Id., La seduzione con promessa di matrimonio al capolinea, cit., 416 ss.; v. inoltre Xxxxxx, op. cit., 32 ss.; Xxxxx, op. cit., 107 ss.; Bu- getti, La responsabilità per seduzione con promessa di matrimo- nio, in AA. VV., La responsabilità nelle relazioni familiari,, a cura di Xxxxx, Torino, 2008, 27 ss. Aderiscono alle conclusioni di cui al testo anche Xxxxxxxx, Il matrimonio, in Trattato di diritto civile, già diretto da Xxxx e Messineo, continuato da Xxxxxxx, Milano, 2002, 271 s. (la quale rileva che «l’illecito da seduzione sembra privo di quei supporti concettuali che dimostrino l’appartenenza degli interessi in gioco all’area di quelli giuridicamente protetti e tutelabili con l’azione risarcitoria») e Di Rosa, op. cit., 39; contra Xxxxxxxx, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile, di- retto da Sacco, Le fonti delle obbligazioni, III, Torino, 1998, 462 ss., ad avviso del quale, testualmente, permarrebbe uno spazio residuo per la responsabilità da seduzione ingannevole con rife- rimento sia al particolare disdoro sociale per la donna (in taluni contesti sociali o culturali), sia al danno da fecondazione (nel ca- so in cui cioè la donna sia rimasta incinta: ma, a questa stregua, diverrebbe interessante porsi il problema della configurabilità di un eventuale… concorso di colpa della donna, per non aver que- sta proceduto ad effettuare l’interruzione volontaria della gravi- danza).