Contract
1 Il contratto preliminare
Spesso accade, nella pratica, che le parti, durante la fase delle trattative, abbiano già raggiunto l’accordo sui punti essenziali del contratto che intendono concludere; tuttavia, esse possono avere, accanto all’inte- resse a vincolarsi reciprocamente, l’interesse a rinviarne gli effetti ad un momento successivo.
La coesistenza dei due distinti interessi può indurre le parti a predisporre una sequenza di contratti: il primo, detto «preliminare», con l’effetto di obbligare le parti (o una parte, nel qual caso si parla di «preliminare unilaterale») alla conclusione di un ulteriore contratto; il secondo, detto «definitivo», che produce gli effet- ti su cui, già al momento della stipula del preliminare, si è formato il consenso delle parti.
Il contratto preliminare influisce, quindi, in maniera determinante sulla conclusione del futuro contratto definitivo, conclusione che si presenta come obbligatoria per entrambe le parti (o almeno per una di esse, nel caso di contratto preliminare unilaterale).
Sulla base delle considerazioni fatte, possiamo perciò definire il contratto preliminare come il contratto in virtù del quale una o entrambe le parti si obbligano a stipulare in futuro un determinato contratto definitivo. Il contratto preliminare, molto diffuso nella pratica, specie in materia di trasferimenti immobiliari, si distin- gue da quello definitivo in quanto ha per oggetto una particolare obbligazione di fare: prestare il consenso prestabilito per la conclusione di un successivo contratto; non va tuttavia confuso con una fase delle trat- tative, poiché è un contratto in sé perfetto.
Se uno dei soggetti obbligato a contrarre non adempie, l’altra parte può:
Risoluzione: scioglimento del contrat- to a prestazioni corrispettive per il sopravvenire di fatti che alterano l’equilibrio tra le prestazioni.
— chiedere la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento, con la condanna dell’inadempiente al risarcimento del danno;
— provocare, mediante ricorso al giudice, l’emanazione di una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto definitivo non concluso (art. 2932).
In considerazione dello stretto collegamento esistente tra preliminare e defini- tivo, il primo deve essere stipulato, a pena di nullità, nella stessa forma che la
legge prescrive per il contratto definitivo (art. 1351).
2 L’interpretazione del contratto
Le regole per l’interpretazione del contratto sono contenute negli artt. 1362-1371 c.c.
Il criterio fondamentale che l’interprete è tenuto ad adottare è quello per cui, nell’interpretare il contratto, si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti, si deve valutare il comportamento com- plessivo, anche posteriore alla conclusione del contratto e non limitarsi al senso letterale delle parole.
Tale criterio fondamentale va poi integrato da altri criteri:
a) le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto;
b) per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti hanno inteso contrattare;
c) il contratto deve essere interpretato secondo buona fede;
d) nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno;
e) le clausole ambigue si interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contrat- to è stato concluso;
f) le espressioni che possono avere più significati devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conve- niente alla natura e all’oggetto del contratto;
g) le clausole inserite nelle condizioni generali del contratto o in moduli o formulari (vedi in questa Lezio- ne, par. 4) predisposti da uno dei contraenti si interpretano, nel dubbio, a favore dell’altro.
Qualora, nonostante l’applicazione di questi criteri, il contratto rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l’equo contemperamen- to degli interessi delle parti, se è a titolo oneroso.
3 La risoluzione del contratto
La legge prevede il rimedio della risoluzione del contratto nell’ipotesi in cui si riscontrino anomalie nell’equilibrio delle prestazioni dopo la conclusione del contratto. In tal caso, quindi, il fondamento economico dell’attribuzione non è viziato sin dall’origine (come nelle ipotesi di rescindibilità appena viste), ma viene ad alterarsi in seguito. La risoluzione del contratto riguarda soltanto i contratti a prestazioni corrispettive, cioè quei contratti ca- ratterizzati dall’esistenza di un vincolo (il sinallagma) che lega le prestazioni cui sono tenuti l’uno verso l’altro i contraenti per cui la sorte dell’una si riflette sulla vita dell’altra. Ed è proprio questo vincolo di corrispettività che può risultare alterato da fenomeni come l’inadempimento di un’obbligazione, l’impos- sibilità sopravvenuta di adempiere per causa non imputabile al debitore o l’eccessiva onerosità sopravve- nuta della prestazione per uno dei contraenti.
La risoluzione del contratto può essere volontaria o legale.
Sono cause di risoluzione volontaria il mutuo dissenso ed il recesso unilaterale.
Sono cause di risoluzione legale l’inadempimento, l’impossibilità sopravvenuta e l’eccessiva onerosità.
Inadempimento (artt. 1453-1462)
Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, la parte adempiente può a sua scelta, chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
Scarsa importanza: per stabilire se l’inadempimento è grave il giudice deve valutare il comportamento di entrambe le parti e l’interesse che la parte ha all’esatto adempimento. A volte è la legge che stabilisce quando l’inadempimento deve considerarsi grave o meno: ad esempio, nella vendita a rate il pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo non dà luogo alla ri- soluzione del contratto.
Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa
importanza avuto riguardo all’interesse dell’altra.
La risoluzione ha effetto retroattivo tra le parti (e quindi il contratto si considera come se non fosse mai stato concluso), salvo che si tratti di contratti di durata (es.: locazione, somministrazione), riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite (art. 1458). Inoltre la risoluzione non pregiudica i diritti dei terzi.
Per ottenere la risoluzione non sempre occorre il ricorso al giudice. In alcuni casi, infatti può aversi di diritto, come conseguenza dell’inadempimento, senza ricorso al giudice ed è sufficiente la dichiarazione della parte di volersi valere della risoluzione:
— nel contratto è inserita la clausola risolutiva espressa: è, cioè, stabilito che il contratto si risolve se l’ob- bligazione non è adempiuta o non è adempiuta con le modalità convenute (art. 1456);
— pur mancando detta clausola, la parte adempiente inoltra all’inadempiente una diffida ad adempiere, assegnandogli un congruo termine che non può essere inferiore ai 15 giorni; decorso inutilmente detto termine, il contratto si intende risolto (art. 1454);
— è scaduto il termine essenziale: se è scaduto il termine al di là del quale la parte non ha più interesse alla prestazione (es.: l’artista che deve presentarsi a teatro all’ora stabilita per la rappresentazione), il contratto si intende risolto a meno che la parte, in cui favore è il termine, non dichiari, entro tre giorni, di voler egualmente esigere l’adempimento (art. 1457).
Impossibilità sopravvenuta (artt. 1463-1466) Se la prestazione diviene impossibile per una causa non imputabile ad una delle parti, l’obbligazione si estingue e il debitore è liberato (art. 1256) (vedi Percorso E, Lezione 4). Di conseguenza la controprestazione resta priva di giustificazione causale e perciò dà luogo alla risoluzione del contratto. Tale risoluzione opera di diritto. È necessario che l’impossibilità sia totale (art. 1463).
Se, invece, l’impossibilità della prestazione è soltanto par- ziale, l’art. 1464 attribuisce alla controparte la scelta tra:
— il diritto ad una corrispondente riduzione della presta- zione da essa dovuta;
— il diritto a recedere dal contratto, nel caso in cui la prestazione residua non sia più idonea a soddisfare il suo interesse.
in pratica
Xxxxxxxxx vende la propria casa a Xxxxxxx per 100.000 euro.
Tra le parti viene convenuto che la consegna dell’im- mobile avrà luogo successivamente, allorquando sa- ranno terminati alcuni lavori di ristrutturazione. Prima di tale momento la casa viene distrutta da un incendio sviluppatosi per causa non imputabile a Xxxxxxxxx. Poiché la proprietà della casa è passata a Xxxxxxx nel momento della conclusione del contratto questi deve, comunque, versare il prezzo di 100.000 euro a Fran- cesco anche se non era ancora avvenuta la consegna.
Fanno eccezione quei contratti che trasferiscono la proprietà di una cosa determinata e che costituiscono o trasferiscono diritti reali, per i quali la distruzione della cosa per una causa non imputabile all’alienante non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione, ancorché la cosa non gli sia stata consegnata. L’art. 1465, in realtà, è espressione del principio secondo cui il perimento della cosa grava sul proprietario («res perit domino»); infatti, poiché la vendita è un contratto consen- suale, la cosa oggetto di alienazione passa in proprietà dell’ac- quirente fin dal momento della conclusione del contratto.
Eccessiva onerosità (artt. 1467-1469)
La risoluzione del contratto può essere richiesta dalla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa a causa di avvenimenti straordinari ed imprevedibili.
In particolare, nei contratti con prestazioni corrispettive, è ammessa la risoluzione alle seguenti condizioni:
— che si tratti di contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita;
— che una delle prestazioni sia divenuta eccessivamente onerosa prima che il contratto abbia avuto ese- cuzione. Deve poi trattarsi di una onerosità eccessiva, tale cioè da creare un grave squilibrio tra presta- zione e controprestazione. L’onerosità infine deve riguardare una prestazione non ancora adempiuta;
— che la sopravvenuta onerosità non rientri nell’alea (cioè nel rischio) normale del contratto. Non sembra opportuno infatti che si rimetta in discussione un vincolo, quando le parti abbiano preventivamente accettato un rischio particolare (es.: assicurazione) che entra a far parte del contenuto del contratto;
— che la sopravvenuta onerosità sia dovuta al verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili (es.: guerra).
Si ritiene oramai unanimemente che anche la svalutazione monetaria sia evento idoneo a giustificare la risoluzione quando sia imprevedibile, superi cioè il normale andamento del fenomeno inflattivo. Si ri- cordi che imprevedibilità e straordinarietà devono essere valutate oggettivamente, in rapporto all’uomo medio e in relazione alla natura del negozio e alle condizioni del mercato;
— che infine la parte, contro cui è domandata la risoluzione, non riesca ad evitarla «offrendo di modifica- re equamente le condizioni del contratto». L’offerta di riduzione ad equità, che non differisce da quella prevista dall’art. 1450 in materia di rescissione, deve provenire dalla parte contro cui la risoluzione è richiesta e su di essa si pronuncia discrezionalmente il giudice.
question time
Quali sono le differenze tra rescissione e risoluzione?
Rescissione e risoluzione per eccessiva onerosità si fondano entrambe su un principio di equità, il quale esige che venga posto rimedio a un grave squilibrio fra prestazione e controprestazione. Sono, tuttavia, ben diverse l’una dall’altra, in quanto nella rescissione lo squilibrio sussiste fin dall’origine ed è dovuto al fatto che una delle parti ha abusato dello stato in cui versava l’altro contraente; nella risoluzio- ne per eccessiva onerosità, al contrario, lo squilibrio fra le prestazioni si è prodotto successivamente alla conclusione del contratto ed è dovuto a cause alle quali è estraneo il volere delle parti.
4 La proposta di riforma della soccida
CAPO I
SVILUPPO DI NUOVE FORME CONTRATTUALI NELLA FILIERA AGROINDUSTRIALE DELL’ALLEVAMENTO DEGLI ANIMALI
1. Sviluppo di nuove forme contrattuali nella filiera agroindustriale dell’allevamento degli animali. — 1. I rapporti che si instaurano tra le imprese specializzate nell’immissione nel mercato dei prodotti dell’alle- vamento degli animali, di seguito denominate «imprese committenti», e le imprese specializzate nell’alle- vamento di animali, di seguito denominate «imprese di allevamento», allo scopo di accrescere e rendere maggiormente efficiente la produzione e la commercializzazione dei citati prodotti, devono essere stipu- lati in forma scritta a pena di nullità.
2. Con i contratti di cui al comma 1:
a) l’impresa committente si obbliga a fornire all’impresa di allevamento il capitale di animali, di mangi- mi e di medicinali e servizi veterinari necessario per lo svolgimento dell’attività di allevamento;
b) l’impresa di allevamento, con la propria organizzazione produttiva e tramite il capitale di animali, di mangimi e di medicinali e servizi veterinari fornito dall’impresa committente, si obbliga all’allevamento degli animali secondo i termini e le modalità stabiliti nel contratto;
c) l’impresa committente, al termine del ciclo di allevamento, preleva i prodotti che derivano dall’allevamen- to al fine della loro immissione nel mercato, previo pagamento del corrispettivo stabilito tra le parti. Tale cor- rispettivo è determinato in modo da garantire comunque all’impresa di allevamento un guadagno non inferio- re al 30 per cento rispetto alle spese produttive preventivate per l’attività di allevamento oggetto del contratto.
3. Il contratto di cui al comma 1 prevede, altresì, il corrispettivo da versare all’impresa di allevamento in caso di epizoozia degli animali.
2. Disposizioni fiscali. — 1. Per le imprese di allevamento di bestiame che stipulano contratti ai sensi dell’articolo 1 il reddito è determinato applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti con tale attività un coefficiente di redditività del 20 per cento.
2. Alle imprese committenti che stipulano contratti ai sensi dell’articolo 1, è riconosciuto un credito d’im- posta del 5 per cento sulle spese documentate relative all’acquisto di animali, di mangimi e di medicinali e servizi veterinari forniti alle imprese di allevamento.
3. Il corrispettivo spettante all’impresa di allevamento è esente dall’imposta sul valore aggiunto (IVA), che è assolta totalmente dall’impresa committente con la vendita degli animali.
CAPO II
MISURE PER IL RIEQUILIBRIO DEI RAPPORTI TRA SOCCIDARIO E SOCCIDANTE
3. Disposizioni a tutela del soccidario. — 1. Ai crediti del soccidario di cui all’articolo 2178 del codice civile si applica l’articolo 429, terzo comma, del codice di procedura civile.
2. Le spese di allevamento non possono essere poste a carico del soccidario in proporzione superiore alla parte di guadagno ad esso spettante.
3. In caso di epizoozia, la quota di indennizzi concessa ai sensi della legge 2 giugno 1988, n. 218, spet- tante al soccidario non può essere inferiore alle spese da questo sostenute e al valore del lavoro svolto in relazione agli animali abbattuti.
4. Clausole vessatorie nel contratto di soccida semplice. — 1. Nel contratto di soccida semplice si consi- derano vessatorie le clausole che determinano a carico del soccidario in posizione di dipendenza econo- mica un eccessivo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
2. Nel contratto di soccida semplice si presumono vessatorie, fatta salva la prova dell’assenza di abuso della dipendenza economica a carico del soccidario, le clausole che hanno per oggetto o per effetto di:
a) consentire al solo soccidante di recedere dal contratto, tranne che per giusta causa;
b) derogare alla competenza territoriale dell’autorità giudiziaria;
c) escludere o limitare la possibilità del soccidario di partecipare alle attività di stima del bestiame.
5. Nullità delle clausole. — 1. Le clausole considerate vessatorie ai sensi dell’articolo 4 sono nulle; il con- tratto rimane comunque valido in relazione alle altre clausole in esso contenute.
2. Sono in ogni caso nulle le clausole che hanno per oggetto o per effetto di:
a) derogare alle disposizioni dell’articolo 3;
b) escludere o limitare la possibilità del soccidario di sostituire a sé un terzo nel compimento delle atti- vità connesse al rapporto contrattuale con il soccidante, incluse le attività di stima del bestiame.
6. Soccida parziaria. — 1. Le disposizioni degli articoli 3, 4 e 5 si applicano anche ai contratti di soccida parziaria con conferimento di pascolo superiore al 20 per cento del valore dell’intero bestiame conferito.
CAPO III
COPERTURA FINANZIARIA
7. Copertura finanziaria. — 1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, valutati in 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, si provvede mediante riduzione degli stanziamenti rela- tivi alle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.