CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO: accordo attraverso il quale due parti, lavoratore e datore di lavoro, operano uno scambio tra remunerazione e lavoro; in esso fissano le condizioni del loro rapporto. Il contratto di lavoro si caratterizza per essere:
MODULO DIRITTO DEL LAVORO PER LE CLASSI QUARTE
CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO: accordo attraverso il quale due parti, lavoratore e datore di lavoro, operano uno scambio tra remunerazione e lavoro; in esso fissano le condizioni del loro rapporto. Il contratto di lavoro si caratterizza per essere:
✓ Oneroso: ovvero la prestazione resa dal lavoratore sarà remunerata e ciò distingue la prestazione lavorativa da uno stage formativo (vedi alternanza scuola/lavoro) o da una mera attività di volontariato.
✓ Sinallagmatico: significa che ciascuna parte rende all’altra una prestazione (lavoro in cambio di uno stipendio). In gergo si parla di “contratto a prestazioni corrispettive”.
✓ Ad effetti obbligatori: cioè dall’accordo stipulato tra le parti nascono dei precisi obblighi in capo alle stesse.
✓ Eterodeterminato: il contratto individuale di lavoro è redatto sulla base della contrattazione collettiva, sono cioè i sindacati di ciascuna categoria a dettare le condizioni generali di lavoro che poi saranno trasfuse ed adattate nei singoli accordi. Più semplicemente si può ricordare che il suo contenuto è fissato in gran parte dalla legge e dal CCNL.
Prestatore di lavoro subordinato: è lavoratore subordinato colui che si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa prestando il proprio lavoro, intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore (art. 2094 C.C.).
La specifica capacità giuridica a prestare il lavoro si acquista al compimento del sedicesimo anno di età (età legale per l’accesso al lavoro), cioè assolto l’obbligo scolastico. Esistono situazioni particolari in cui i minori di 16 anni vengono impiegati nei settori sportivi, televisivi, artistici, pubblicitari come dipendenti, tuttavia non possono stipulare autonomamente un contratto di lavoro, che sarà firmato dai genitori e quindi dietro loro autorizzazione, inoltre i bambini sono
soggetti a forti limitazioni a garanzia e tutela della loro salute psicofisica e dell’assolvimento dell’obbligo scolastico.
Al lavoratore è richiesta un’attitudine psicofisica ed una idoneità tecnica a svolgere una certa attività.
Datore di lavoro: è datore di lavoro chi fa eseguire ad altri un lavoro alle proprie dipendenze e sotto le proprie direttive, in cambio di una retribuzione.
LA FORMA DEL CONTRATTO DI LAVORO: la forma del contratto di lavoro è generalmente libera per cui la legge non impone alle parti di stipulare un contratto per iscritto. Tuttavia la forma scritta è quella che maggiormente garantisce, soprattutto in presenza di un contenzioso. In determinate ipotesi la forma scritta è invece rigorosamente prescritta dalla legge: per il contratto part-time, per quello sportivo, per il contratto di lavoro a termine, per il periodo di prova concordato tra le parti, per il patto di non concorrenza previsto nel contratto..
Due sono le tipologie di contratto in base all’elemento “tempo”: contratti a tempo indeterminato e contratti a termine o a tempo determinato.
Nel contratto di lavoro a tempo determinato l’apposizione di un termine di durata sottopone l’accordo ad una scadenza predeterminata. Il datore di lavoro è libero di assumere lavoratori a termine ma a patto che il loro numero non superi il 20% dei dipendenti a tempo indeterminato. Il contratto prevede, come detto sopra, la forma scritta, pena la sua trasformazione in contratto a tempo indeterminato, quindi senza scadenza predeterminata, sin dal momento dell’assunzione. Il contratto a termine può prevedere delle proroghe ma anch’esse limitate: un massimo di cinque all’interno di una forbice di tre anni, periodo che non può essere superato. Se il numero delle proroghe fosse superiore, allora quel contratto si trasformerebbe a tempo indeterminato dalla sesta proroga. Infine, si ricorda che non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato presso aziende che nei sei mesi precedenti siano ricorse a licenziamenti collettivi che hanno interessato lavoratori adibiti alle medesime mansioni di cui al contratto a termine.
Un lavoratore assunto a tempo determinato ha diritto di precedenza in caso di assunzione a tempo indeterminato presso la stessa azienda ed a condizione che si richiedano le medesime mansioni da lui ricoperte, entro un anno dalla conclusione del precedente contratto a termine.
Il contratto di lavoro a tempo determinato non prevede una recedibilità prima del tempo a meno che si presenti una giusta causa.
Nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, modello standard di lavoro subordinato, si assiste invece ad una stabilità in termini occupazionali poiché esso è destinato a proseguire nel tempo e non è prevista una scadenza determinata (fermo restando che le due parti potranno, a date condizioni, recedere). La legge 183/2014, cd. Jobs Act, ha introdotto il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (CATUC), non una nuova tipologia contrattuale ma un rapporto di lavoro che differisce dai precedenti per il regime di tutela in materia di licenziamenti illegittimi. Infatti i lavoratori assunti con il CATUC, in caso di licenziamento illegittimo – e salvo ipotesi residuali – non avranno più diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro ma ad un risarcimento monetario in ragione dell’anzianità di servizio.
Nel rapporto a tempo indeterminato il lavoratore è libero di recedere a proprio piacimento osservando però l’obbligo di preavviso, cioè il recesso va comunicato al datore di lavoro con un certo anticipo prima di poter lasciare il posto di lavoro (ogni contratto ha la sua disciplina in tema di recesso). A differenza del lavoratore, il datore di lavoro ha sì facoltà di interrompere il rapporto, ovvero di licenziare, ma solo in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. Può anche accadere che le parti vogliano d’intesa, cioè di comune accordo, sciogliere il vincolo contrattuale.
Dunque, da ricordare: se è il lavoratore a voler interrompere il rapporto, si parla di recesso (dimissioni); se invece è il datore di lavoro a voler sciogliere il vincolo, allora si parla di licenziamento.
Come accennato, i requisiti sostanziali per poter comminare il licenziamento sono l’esistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo: la “giusta causa” è qualsiasi fatto di oggettiva gravità,
riferibile alla sfera contrattuale quanto extracontrattuale, che non permette la prosecuzione del rapporto, neppure provvisoria e dunque il datore di lavoro non deve, in tale evenienza, rispettare i termini di preavviso ma può licenziare il proprio dipendente in tronco; a fronte, invece, di un “giustificato motivo” si assiste ad un inadempimento del lavoratore, condotte colpose ma meno gravi rispetto all’ipotesi di “giusta causa” che tuttavia minano il rapporto di fiducia e ne impediscono la prosecuzione (il datore di lavoro, a fronte di ciò, dubita fortemente dell’attitudine del lavoratore medesimo all’espletamento delle sue mansioni). Entrambe le situazioni illustrate costituiscono la più grave forma di sanzione disciplinare a carico del prestatore di lavoro.
Il lavoratore, una volta reso edotto del licenziamento, che va sempre comunicato per iscritto, può decidere di impugnarlo in primo luogo scrivendo una lettera di contestazione entro 60 giorni, successivamente con un ricorso al Giudice del Lavoro, ove farà valere le proprie ragioni e dovrà dimostrare l’illegittimità del provvedimento, entro 180 giorni dalla notifica del licenziamento.
Il licenziamento può anche non essere disciplinare ma venire impartito a seguito di una impossibilità oggettiva di proseguire il rapporto (si parla, al riguardo, di giustificato motivo oggettivo, che non dipende cioè dal comportamento tenuto dal lavoratore; di solito si ricorre ad esso in tempi di crisi, dinnanzi ad un calo di produzione o ad un riassetto organizzativo); affinché il licenziamento per giustificato motivo oggettivo sia valido deve anche essere dimostrato, da parte del datore di lavoro, che quel lavoratore, destinatario della misura, non possa essere ricollocato in altra mansione (obbligo del repechage). Affinché non ci si confonda con il summenzionato giustificato motivo soggettivo, è bene chiarire che:
- In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il lavoratore non ha alcuna colpa;
- nell’ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, alla base della misura sanzionatoria c’è una scorrettezza, un inadempimento contrattuale imputabile al lavoratore.
LE VARIE TIPOLOGIE DI CONTRATTO DI LAVORO
Il Decreto legislativo 16.06.2015 n. 81 emanato in attuazione della L. 183/2014 cd. Jobs Act, nell’ambito di una sostanziale riforma del diritto del lavoro (in particolare delle tipologie contrattuali), ha segnato il superamento del lavoro a progetto, noto con le espressioni “xx.xx.xx” o “xx.xx.xxx”.
Nella tipologia di “lavoro a progetto” si assisteva ad una sorta di parasubordinazione dove un lavoratore, pur qualificato autonomo, si ritrovava a prestare il proprio operato alle dipendenze di un committente. Nello specifico, questi rapporti dovevano essere riconducibili ad uno o più progetti, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore.
Tali forme di collaborazioni, coordinate e continuative, venivano però spesso impiegate per eludere la normativa sul lavoro subordinato, in quanto, frequentemente, i prestatori di lavoro erano lavoratori subordinati a tutti gli effetti, ma sprovvisti delle medesime garanzie offerte ai dipendenti.
Dal 25-06-2015 non è più possibile stipulare nuovi contratti a progetto ed i contratti stipulati in violazione del Jobs Act saranno trasformati in contratti di lavoro subordinato.
Altra forma di lavoro, occasionale, particolarmente in voga negli ultimi anni, è il lavoro accessorio; c’è tuttavia da premettere che con un recente decreto legge suddetta modalità è stata soppressa dal Governo per il timore che essa si prestasse ad abusi, ma continuerà a trovare applicazione per l’intero anno 2017 (limitatamente ai “buoni lavoro” già acquistati), dopo tale data i contratti di lavoro accessorio saranno nulli. Trattasi di prestazioni di lavoro rese al di fuori di schemi contrattuali prestabiliti, ma con forme di tutela proprie che garantiscono ai prestatori una copertura previdenziale ed assicurativa. Sempre grazie al Jobs Act, questa tipologia contrattuale è stata estesa a tutte le attività produttive ed a tutti i settori. L’unico limite è di tipo economico, cioè il lavoratore non può percepire un compenso superiore ad euro 7.000,00 nel corso di un anno civile (possono però essere svolti più lavori occasionali, a patto che non si superi, cumulativamente, il tetto reddituale dei 7.000 euro). La grande novità rispetto al passato, inoltre,
è che possono venire assunti anche lavoratori in mobilità e in cassa integrazione (cd. percettori di trattamenti a sostegno del reddito), ma per loro il tetto reddituale massimo, da non superare in un anno, è di 3.000 euro. La modalità è semplice: il datore di lavoro acquista dei voucher, ovvero dei “buoni lavoro”, che hanno un valore nominale fissato in euro 10,00 ed in esso è compresa la quota da versare a titolo contributivo, assicurativo e di gestione del servizio allo Stato. Il lavoratore, che come compenso per l’opera prestata riceve questi voucher, dovrà recarsi presso enti concessionari (come le Poste italiane, l’Inps, le agenzie per il lavoro) e convertire i “buoni” in denaro (la somma percepita, come spiegato sopra, sarà al netto di quanto trattenuto dallo Stato). Prima dell’inizio della prestazione, il committente deve darne notizia alla Direzione territoriale del lavoro affinché sia tutto trasparente e registrato (oggi avviene per via telematica), con indicazione della mansione e del luogo in cui si svolge l’attività lavorativa.
Il contratto di lavoro a tempo parziale o part-time è un tipo di contratto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato, che si caratterizza per la riduzione dell’orario di lavoro rispetto all’orario “normale” (solitamente individuato in 40 ore settimanali).
Il contratto a tempo parziale si articola secondo tre diverse tipologie:
• orizzontale, in cui l’orario giornaliero di lavoro risulta inferiore all’orario normale (per esempio 4 ore al giorno);
• verticale, in cui l’attività è svolta a tempo pieno ma per periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno (per esempio 8 ore al giorno, per 3 soli giorni alla settimana o 7 mesi all’anno);
• misto, in cui si ha una combinazione delle due modalità sopra indicate (per esempio 5 ore al giorno per una settimana ogni mese).
Altra tipologia contrattuale molto usata oggigiorno è il cd. lavoro intermittente. Più comunemente definito anche “lavoro a chiamata” o “job on call”, si tratta di un contratto mediante il quale un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che, nell’arco di tempo previsto dal contratto, può chiamarlo ad operare, a seconda delle esigenze produttive.
Viene soprattutto utilizzato nei pubblici esercizi o nel turismo e cioè in quelle attività che hanno picchi lavorativi in determinati periodi dell’anno.
Il lavoratore riceve una retribuzione per le ore di lavoro effettivamente svolte e un importo definito indennità “di disponibilità”, ove prevista, per le ore non lavorate. Il lavoratore è così tenuto a prestare la propria opera ogni volta che il datore di lavoro lo richiede e a rimanere a disposizione per il periodo stabilito, fino alla successiva chiamata.
Il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
Questa tipologia di impiego non può essere utilizzata per sostituire lavoratori in sciopero o all’interno di unità produttive in cui, nei sei mesi precedenti, siano stati effettuati licenziamenti collettivi o ci sia stata una sospensione dei rapporti di lavoro o una riduzione dell’orario di lavoro, salva diversa disposizione degli accordi sindacali.
Da tenere a mente che il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo di preavviso di chiamata che deve essere indicato nel contratto di lavoro e che, comunque, non può essere inferiore ad un giorno lavorativo (dunque la sua reperibilità non può essere illimitata). Il rifiuto ingiustificato del lavoratore di rispondere alla chiamata può comportare la risoluzione del contratto di lavoro e la restituzione della quota di disponibilità maturata nel periodo successivo al rifiuto, nonché il risarcimento del danno arrecato al datore.
Il contratto di somministrazione lavoro, invece, è un particolare contratto di lavoro subordinato che coinvolge tre soggetti:
▪ il somministratore (un soggetto autorizzato, come le agenzie di somministrazione ovvero enti autorizzati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali a offrire i servizi relativi a domanda e offerta di lavoro; svolgono attività di somministrazione di lavoro, intermediazione, ricerca e selezione del personale, formazione e attività di supporto alla ricollocazione professionale ),
▪ l'utilizzatore,
▪ il lavoratore.
Il lavoratore è assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la propria attività presso l'utilizzatore (c.d. missione).
Questo tipo di rapporto prevede quindi due contratti:
▪ un contratto di somministrazione, di natura commerciale, tra l'utilizzatore e il somministratore;
▪ un contratto di lavoro tra il somministratore e il lavoratore.
Il contratto di somministrazione di lavoro deve essere stipulato in forma scritta, altrimenti è considerato nullo ed i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'utilizzatore.
Il contratto di somministrazione può essere a tempo determinato oppure a tempo indeterminato e può essere concluso anche come rapporto a tempo parziale.
Durante i periodi di non utilizzazione, il lavoratore rimane a disposizione del somministratore e percepisce un'indennità di disponibilità. Il lavoratore, anche se assunto dall'agenzia somministratrice, svolge la sua attività sotto la direzione e il controllo dell'impresa utilizzatrice. Pertanto, egli è tenuto ad osservare le disposizioni date dall'impresa stessa per l'esecuzione del lavoro, come se fosse un dipendente di quest'ultima. Egli può fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell'impresa utilizzatrice. Il lavoratore, durante la missione, ha diritto a percepire la stessa retribuzione che spetta ad un lavoratore dell'impresa utilizzatrice che svolge la stessa attività. Dunque, l'impresa fornitrice deve informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute connessi allo svolgimento della missione, nonché formarli all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie per lo svolgimento dell'attività prevista. Quest'ultimo obbligo può essere adempiuto anche dall'impresa utilizzatrice. Il lavoratore può esercitare i diritti di libertà e attività sindacale presso l'impresa utilizzatrice e partecipare alle assemblee del personale
dipendente. Ha inoltre uno specifico diritto di riunione, da esercitarsi fuori dall'orario di lavoro in locali messi a disposizione dall'impresa fornitrice.
Infine, di particolare interesse per la nostra analisi, anche in ragione della vostra età, è il
contratto di apprendistato.
L'apprendistato rappresenta un'opportunità per i giovani: si propone, infatti, di favorire l'inserimento nel mercato del lavoro completando in azienda la formazione. Si tratta di un contratto di lavoro subordinato a "causa mista", poiché l'azienda impartisce all'apprendista assunto alle proprie dipendenze la formazione professionale durante il rapporto di lavoro.
Il contratto di apprendistato è, per definizione, un contratto di lavoro a tempo indeterminato, rivolto ai ragazzi di età compresa fra i 15 e i 29 anni. Nell’apprendistato i vantaggi sono reciproci: il datore di lavoro, nell’esecuzione dell’obbligazione posta a suo carico, è tenuto ad erogare, come corrispettivo della presentazione di lavoro, non solo la retribuzione, ma anche la formazione necessaria all’acquisizione o alla riqualificazione di una professionalità; il lavoratore viene retribuito e, nel contempo, acquisisce una formazione professionale spendibile nel tempo. Il contratto di apprendistato, inoltre, determina numerose agevolazioni (incentivi economici e normativi) a favore degli imprenditori che decidono di assumere con questa tipologia contrattuale.