COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) XXXXX XXXXXXXX VELI Membro designato dalla Banca d'Italia (BO) DI STASO Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) SOLDATI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(BO) ALVISI Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXXX
Seduta del 30/11/2017
FATTO
Con ricorso presentato in data 20.2.2017, previo reclamo presentato in data 14.11.2016, il ricorrente, in qualità di titolare dell’omonima ditta, lamentava l’usura sia genetica che sopravvenuta in relazione agli addebiti effettuati nel periodo 30 aprile - 31 dicembre 2013 e nell’anno 2014 dall’intermediario sul c/c n. ***819 collegato, insieme al c/c anticipi n. *** 818, al contratto di factoring dd. 8 marzo 2012, perfezionato inter partes, laddove i due conti correnti erano preordinati alla disciplina del dare e dell’avere reciproco in esecuzione del contratto di factoring. Tramite la perizia stragiudiziale allegata al ricorso l’attore lamentava che, nel detto periodo, gli fossero state addebitate competenze ed interessi per operazioni di factoring, per un totale di 17.728,86 euro, ad un tasso TAEG (rispettivamente nella misura dell’11,22% per l’anno 2013 e del 15,65% per l’anno 2014) asseritamente superiore alla soglia usura rilevata ex l. n. 108 del 1996 e pari rispettivamente al 4,21% per l’anno 2013 e al 4,81% per l’anno 2014.
Il ricorrente chiedeva, pertanto, in via principale, l’accertamento dell’usura originaria e la restituzione, ex art. 1815, comma 2 c.c., di tutti gli interessi pagati; in via subordinata, l’accertamento dell’usura sopravvenuta e il ricalcolo degli interessi corrispettivi entro soglia, nonché di ordinare all’intermediario la restituzione degli interessi pagati ultra soglia; in ogni caso, chiedeva il rimborso delle spese di procedura.
Parte resistente, ritualmente costituitasi, deduceva che lo schema negoziale sub iudice prevedeva che il cliente cedesse alla banca, in unica soluzione, i crediti sorti ed insorgendi nei confronti di clienti previamente selezionati dalle parti, secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge n. 52/1991. La banca, acquisito il credito al suo valore nominale, ne avrebbe curato la gestione e l’incasso, potendo erogare anticipazioni (produttive di interessi) in favore del cedente. Incassato il credito, la banca avrebbe provveduto infine all’accredito della differenza fra l’anticipato (oltre competenze) e l’incassato in favore del cliente. L’intermediario deduceva inoltre che, nel caso di specie, le parti avevano concordato la cessione di tutti i crediti presenti e futuri del cedente nei confronti di un medesimo cliente “derivanti dalle forniture e/o prestazioni di servizi effettuate dalla cedente in esecuzione di contratti già stipulati o che saranno stipulati entro 24 mesi dalla data di sottoscrizione della presente (…)”. La cessione era stata notificata, in data 26.3.2012, al debitore ceduto, il quale, con comunicazione del 28.3.2012, aderiva alla cessione. In esecuzione del predetto rapporto di factoring, il ricorrente confermava alla banca la cessione dei crediti sorti nei confronti del debitore ceduto. Pertanto la banca, accogliendo le richieste in tale senso formulate dal cedente, decideva di anticipare in parte il corrispettivo. Tuttavia il debitore ceduto provvedeva al pagamento dei crediti oggetto di cessione direttamente al cedente, il quale pertanto, al fine di rientrare della propria esposizione debitoria nei confronti del cessionario, annunciava, con missiva del 9.4.2014, una prima proposta di rientro, mai pervenuta. A fronte di ciò la banca, con comunicazione del 18.2.2015, recedeva dai richiamati rapporti di conto corrente. Nell’agosto 2015 il ricorrente avanzava una proposta di rientro dilazionato della propria esposizione debitoria in 30 rate mensili, cui la banca prestava il proprio assenso con comunicazione del novembre 2015. A seguito del perdurante inadempimento degli accordi presi, la banca, con comunicazione del 15.6.2016, intimava al ricorrente la decadenza dal beneficio del termine. Con missiva del 14.11.2016, pervenuta in data 30.11.2016, il ricorrente contestava la decadenza dal beneficio del termine in relazione al piano di rientro, nonché l’addebito sul c/c n. ***819 di competenze per operazioni di factoring pari ad 17.728,86 euro, relativamente al periodo aprile 2013 – dicembre 2015, “ad un tasso (TAEG) superiore al tasso soglia fissato dalla Banca d’Italia ai sensi della L. 108/96”, senza tuttavia specificare le modalità di determinazione del predetto importo (cfr. all. 4 alle controdeduzioni). Con missiva del 10.1.2017, l’intermediario riscontrava tali doglianze insistendo sulla legittimità della decadenza dal beneficio del termine, in particolare alla luce dell’inadempimento dell’ulteriore obbligazione di rientro dilazionato, in quanto il cedente aveva provveduto al pagamento di una sola delle rate previste ed anch’essa con più di due mesi di ritardo. Quanto poi all’asserita applicazione di un tasso (TAEG) in misura ultra legale, l’intermediario eccepiva l’estrema genericità della contestazione di usura, evidenziando come, a fronte delle verifiche effettuate sulle voci di addebito presenti sui c/c intestati alla ditta, non emergesse alcuna violazione del tasso soglia usura applicabile al caso di specie (cfr. all. 5 alle controdeduzioni).
L’intermediario concludeva chiedendo il rigetto delle richieste del ricorrente in quanto generiche ed infondate.
DIRITTO
Come eccepito da parte resistente, il ricorrente ha contestato in termini generici l’usura, genetica e sopravvenuta, degli addebiti in relazione ai quali gli viene chiesto il rientro dalla banca.
A. La contestazione dell’usura genetica.
A supporto della contestazione dell’usura genetica il ricorrente si è limitato a produrre una perizia contabile di parte, non asseverata, contenente un mero prospetto riepilogativo delle competenze addebitate sul conto ordinario *** 819 nel periodo 30 aprile – 31 dicembre 2013 e nell’anno 2014. Come è noto, il valore legale di una perizia stragiudiziale, per di più non asseverata, è quello di una mera allegazione difensiva (cfr. Cass. civ., sez. II, 19 maggio 1997, n. 4437; Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 2002, n. 1902). Da tale prospetto, non è poi possibile ricavare quali commissioni e spese siano state incluse nel calcolo effettuato dal perito di parte né, comunque, le modalità con le quali gli importi contestati siano stati ricavati, rendendo così impossibile verificare la correttezza dei calcoli effettuati dal ricorrente.
In secondo luogo, la perizia stragiudiziale allegata dal ricorrente fonda erroneamente la contestazione dell’usura sul calcolo del TAEG (secondo la formula TAEG = competenze del periodo X 36.500 / numeri debitori) che, come è noto, costituisce un mero indicatore sintetico di costo, avente finalità di trasparenza ma non rilevante ai fini dell’accertamento dell’usura. È invece al TEG che occorre fare riferimento ai fini della verifica dell’eventuale superamento del tasso soglia usura. La formula per il calcolo del TEG dei contratti di factoring, sulla base delle Istruzioni U.I.C. 2006 e delle Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura (L. 108/96) emanate dalla Banca d’Italia, sez. I, § C3, è la seguente:
dove: gli “interessi” sono dati dalle competenze di pertinenza del trimestre di riferimento, ivi incluse quelle derivanti da maggiorazioni di tasso applicate in occasione di sconfinamenti rispetto al fido accordato. Per le operazioni rientranti nelle Cat. 2 e 5, nelle quali gli interessi sono determinati con la formula dello sconto, per “interessi” si intendono il totale delle competenze calcolate; i “numeri debitori” sono dati dal prodotto tra i “capitali” ed i “giorni”: nel caso dei conti correnti si fa riferimento ai numeri risultanti dall’estratto conto trimestrale c.d. “scalare”. Nel caso di operazioni rientranti nelle Cat. 2 e 5 i numeri debitori sono comprensivi esclusivamente dei giorni strettamente necessari per l’incasso; qualora la determinazione degli interessi sia effettuata con la formula dello sconto, i numeri debitori andranno ricalcolati in funzione del valore attuale degli effetti anziché di quello “facciale”; gli “oneri su base annua” sono calcolati includendo tutte le spese sostenute nei dodici mesi precedenti la fine del trimestre di rilevazione, a meno che queste siano connesse con eventi di tipo occasionale, destinati a non ripetersi. Nel caso di nuovi rapporti o di variazione delle condizioni nel corso del trimestre di rilevazione (ad es. variazione dell’accordato, erogazione di un finanziamento su un conto di deposito preesistente, ecc.) gli oneri attuali dovranno essere stimati sulla base delle condizioni contrattuali applicate.
Pertanto, la formula di calcolo utilizzata dal perito di parte ricorrente risulta errata e il TEG non risulta essere stato conteggiato né i contratti allegati riportano la specifica indicazione del TEG contrattuale. D’altro canto, il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte del ricorrente non può essere sanato dall’espletamento da parte di ABF di attività di natura consulenziale, estranea ai suoi scopi ed alle sue funzioni.
La domanda risulta, inoltre, infondata in quanto si basa su errori metodologici. Infatti, il prospetto prodotto dal ricorrente riporta dei conteggi effettuati in modo scorretto anche per la ragione che accorpa il c/c ordinario ed il c/c anticipi in un unico conto, con conseguenti
inevitabili approssimazioni in relazione alla scelta di numerose variabili previste dalla formula di Banca d’Italia (categoria, classe di importo accordato).
Secondo la giurisprudenza dell’ABF se «risulta con sufficiente evidenza che la perizia prodotta, oltre ad effettuare alcune commistioni fra indicatori tra loro diversi, non segue comunque una metodologia conforme alle indicazioni di Banca d’Italia di cui alle Istruzioni, in data 28 agosto 2009, per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge 108/96” essa allora “non può essere posta a fondamento della (supposta) usurarietà genetica del finanziamento”. Se ad esempio nella perizia di parte, su cui si fonda la contestazione dell’usura genetica, “figurano costi che, secondo tali istruzioni, non vanno inclusi nel calcolo del TEG (come l'imposta sostitutiva) e il calcolo è effettuato non in termini di tasso effettivo, ma attribuendo a ciascun costo un peso calcolato rapportando il valore assoluto del costo al capitale mutuato” allora “tale modalità di calcolo si basa su un evidente errore metodologico portando a un risultato finale che, al di là dell’errata denominazione come TAEG, non è in effetti un tasso effettivo e quindi non è un TEG. Per questo profilo il ricorso è pertanto infondato» (cfr. in tal senso Collegio di Roma n. 3492/17).
B. Divieto di attività consulenziale da parte dell’ABF ed onere della prova.
Come si è detto, la “perizia di parte” allegata al ricorso illustra le contestazioni del ricorrente in modo confuso e non trasparente, in quanto opera commistioni tra indicatori diversi (in particolare, il tasso soglia usura è messo a confronto con il TAEG e non con il TEG) e presenta errori metodologici. Pertanto, le eccezioni sollevate sul punto dall’intermediario colgono nel segno.
Parte ricorrente, inoltre, non ha depositato copia degli estratti dei conti correnti cui si riferiscono le sue contestazioni, né risulta provato l’effettivo pagamento delle somme oggetto della domanda di ripetizione. Il ricorrente non ha pertanto assolto all’onere, ex art. 2697 c.c., di provare i fatti su cui si fondano le sue domande che, pertanto, devono essere rigettate siccome infondate (in materia di onere della prova cfr.: Collegio di Coordinamento, decisione n. 7716/17).
Né il collegio adito può supplire alla carenza di prova circa i fatti dedotti ad oggetto delle domande del ricorrente, atteso che tale onere grava esclusivamente su chi agisce, mentre esula dalla competenza dell’ABF qualsiasi attività di tipo consulenziale funzionale a fornire la prova dei fatti dedotti ad oggetto delle domande delle parti.
Secondo la giurisprudenza costante dell’ABF, quando la domanda intesa all’accertamento, sotto vari profili, dell’usura genetica non è sufficientemente circostanziata, in quanto non procede alla quantificazione del TEG né definisce il metodo di calcolo a tal fine utilizzato, il ricorso risulta indeterminato e deve perciò essere respinto “in quanto fini[sce] per atteggiarsi quale «strumento volto a sollecitare lo svolgimento di una attività di tipo consulenziale estranea agli scopi ed alle funzioni dell’ABF» (cfr. Collegio di Milano, decisione n. 1897/14); inoltre, il «mancato assolvimento dell’onere di allegazione e di prova che incombe al ricorrente ai sensi dell’art. 2697, 1° comma, c.c. non può essere supplito da quest’Arbitro mediante lo svolgimento di un’attività consulenziale equiparabile a una perizia tecnico-contabile» (cfr. Collegio di Roma, decisione n. 2261/14). Con più specifico riferimento alla domanda di restituzione degli interessi usurari connotata da un lacunoso quadro probatorio, va richiamato l’orientamento dei Collegi in materia, secondo cui trova applicazione il principio sancito dall’art. 2697 c.c., per cui è onere del cliente che agisce per la tutela dei propri interessi provare i fatti che costituiscono fondamento della propria pretesa, cioè nella specie contratto e successivi estratti conto. Sulla mancanza di allegazione della parte, cfr. Collegio Napoli, decisione 939/2014: «quel che deve
segnalarsi è come, nel caso di specie, non sembri possano dirsi adeguatamente soddisfatti dalla parte ricorrente i necessari oneri di allegazione e prova del carattere illecito delle condizioni contrattuali applicate dal resistente in relazione alla misura degli interessi e alle modalità di capitalizzazione» (cfr. in tal senso Collegio di Napoli, decisione
n. 6836/15; in senso conforme, cfr. ex multis Collegio di Milano, decisione n. 4716/14; Collegio di Milano, decisione n. 6979/16: «In primo luogo, il Collegio osserva che, a supporto della pretesa de qua, il ricorrente produce una perizia non asseverata contenente il ricalcolo del TAEG secondo criteri che assume corretti, basato sulla formula prevista dal
D.M. dell’8.7.92 e confermata da Banca d’Italia, che riproduce. Non offre, tuttavia, lo sviluppo di tale conteggio, ciò che richiederebbe all’Arbitro di ripetere tale operazione per verificarne la correttezza e, pertanto, un’attività di tipo consulenziale che non può essere richiesta all’ABF»; Collegio di Milano, decisione n. 9347/15; Collegio di Roma, decisione n. 7037/2015).
C. Usura sopravvenuta.
Parte ricorrente chiede, in subordine, l’accertamento e la dichiarazione dell’usura sopravvenuta, con conseguente condanna della banca al ricalcolo degli interessi convenzionalmente pattuiti in modo da ricondurli entro il tasso soglia.
Anche con riferimento alla contestazione dell’usura sopravvenuta la perizia stragiudiziale non asseverata prodotta dal ricorrente mostra gli stessi vizi metodologici nel calcolo degli interessi e degli indici di riferimento precedentemente rilevati con riferimento alla contestazione dell’usura genetica.
Anche sotto questo profilo, pertanto, la domanda del ricorrente è generica ed esplorativa, in quanto pare volta esclusivamente ad ottenere dal Collegio un’attività di tipo consulenziale, “da svolgersi autonomamente mediante l’analisi della parziale documentazione confusamente prodotta”, attività che esula dalle sue competenze (cfr. Collegio di Milano, decisione n. 272/12).
Ad ogni buon conto, la recente pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 24675 del 19.10.2017 ha espresso il seguente principio di diritto: “Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1